A proposito del Brexit e dell’elvetizzazione europea
11 giugno 2016 a 11:27 (Stati Uniti d'Europa)
Tags: Brexit, democrazia diretta, elezione di richiamo, governance globale, integrazione europea, porcospini, recall, referendum, referendum inglese, Schopenhauer, Svizzera, Unione Eurasiatica, Unione Europea, uscita dall'Europa
Micheline Calmy-Rey, Donata Borgonovo Re e la sfida dell’essere una leader in una società patriarcale
30 giugno 2013 a 08:09 (Territoriali#Europei, Verso un Mondo Nuovo)
Tags: attivismo, Bruno Leoni, Calmy-Rey, capitalismo, civiltà dell'empatia, democrazia, dialogo, Donata Borgonovo Re, donne, donne in politica, empatia, fascismo, giornalismo, informazione, Istituto Bruno Leoni, Kreisky, leadership, maschilismo, mentalità fascista, Micheline Calmy-Rey, misoginia, neoliberismo, neutralità attiva, patriarcato, politica, Rifkin, Roger Köppel, Svizzera, SVP, Tettamanti, Tito Tettamanti, Trentino, universalismo, virilismo, Weltwoche
La generazione che si è affacciata alla conoscenza nel terzo millennio dà per scontato che il mondo è fatto di condivisione e cooperazione. Le vecchie generazioni hanno ancora un´idea del cambiamento dettato dall´alto verso il basso, i giovani vivono in una dimensione decentrata, sono interconnessi orizzontalmente, senza gerarchie. La mia generazione ammirò le foto della terra prese dall´Apollo nella spedizione sulla luna, fu la nostra prima esperienza di empatìa verso l´intero pianeta visto da fuori. I nostri figli ogni giorno attraverso GoogleMap si percepiscono come cittadini del pianeta terra. Disastri come i terremoti ad Haiti e in Cile, con Twitter si trasformano nell´occasione di un´immediata solidarietà umana su scala globale. Questi ragazzi abituati a usare Skype per parlarsi col compagno di Tokyo intuiscono che siamo un´unica famiglia planetaria, per loro è più facile comprendere che ogni gesto quotidiano in ogni angolo del mondo ha un impatto in tempo reale sulla biosfera e colpisce la specie umana ovunque essa si trovi. Lì si è già avviata la transizione verso una nuova forma di coscienza
Jeremy Rifkin
Nel 2008, Micheline Calmy-Rey, seconda presidente nella storia della confederazione elvetica, rieletta nel 2011, è stata accusata da Roger Köppel, giornalista e imprenditore proprietario del settimanale elvetico Weltwoche, che prima del suo arrivo era orientato a sinistra ed ora è apertamente di destra, di aver predicato e praticato una rottura con il passato che ha messo a repentaglio lo status elvetico, “una neutralità che non è sempre stato eroica, ma generalmente saggia e corretta per un piccolo paese”, spesso visto come “innocuo e noioso”.
Calmy-Rey si è impegnata per anni a chiedere più giustizia sociale nel mondo, a lamentarsi del fatto che l’Unione Europea non riesce a farsi sentire o valere e procede sempre in ordine sparso sui grandi problemi internazionali, a dialogare con palestinesi e nordcoreani per attuare dei piani di pace duraturi, a condannare l’attacco all’Iraq e gli eccessi del globalismo finanziario, stipulare contratti per l’approvvigionamento energetico con gli iraniani, costruire “alleanze strategiche” con i paesi emergenti.
Köppel descrive il suo universalismo e neutralismo attivo come anti-americano, anti-israeliano e perciò “una minaccia per gli interessi elvetici”. Secondo lui la politica elvetica avrebbe costretto la Svizzera a giocare un ruolo internazionale che non competeva a “quel piccolo paese” e già questa è una ragione sufficiente per fermarla. Svezia e Danimarca però non si sono fatte troppe remore in tal senso ed hanno operato efficacemente, così come l’Austria del grande cancelliere Kreisky.
Köppel, fiero sostenitore dei neoconservatori svizzeri dell’SVP, nonché partner d’affari di Tito “come disse Marx, sono i capitalisti i migliori rivoluzionari” Tettamanti, finanziere d’assalto e tycoon ticinese orgogliosamente neoliberista (cf. Istituto Bruno Leoni), riserva a Calmy-Rey l’appellativo di “utile idiota di regimi brutali” in preda ad istintualità, emotività, imprevedibilità, sterile indignazione, mancanza di realismo e di una visione strategica, unicamente interessata ad apparire sui media, incapace di capire che non sarà la solidarietà internazionale a ridurre la miseria nel mondo.
Cioè a dire la quintessenza della donna che, nella mentalità della destra, dovrebbe restare presso il focolare domestico invece di occuparsi di cose da uomini e credere di poter trasformare la Svizzera in una superpotenza morale.
E’ ciò che succede, malauguratamente, a molte donne che entrano in politica non per fare le comparse ma per cambiare le cose, in Svizzera, in Trentino-Alto Adige (cf. Donata Borgonovo Re) e nel resto del mondo (e che vengono ostacolate anche dalle altre donne, in una feroce contesa per le magre briciole concesse dagli uomini).
Più donne capaci in politica, se non volete subire un’altamente spiacevole scottificazione
Omaggio a Pino Scaglione
15 giugno 2013 a 16:21 (Verso un Mondo Nuovo)
Tags: Albert Camus, Alex Langer, Alexander Langer, Alpi, altius, ambiente, architettura, Armani, Camus, Cassano, citius, contesto, Daniel Libeskind, design, ecologia, fascismo, fortius, Franco Cassano, Futuro Presente, ingegneria, landscape sensitive design, Langer, lentius, Libeskind, MART, Mesiano, Michael Jakob, modernismo, Mosè Ricci, natura, Nuovi paradigmi, paesaggio, Paesaggio in Movimento, Pensiero meridiano, Perini, Pino Scaglione, postmodernismo, profundius, Salvotti, suavius, Svizzera, Trentino, Trento, urbanistica, valori
https://twitter.com/stefanofait
Una persona davvero amabile, appassionata, briosa e colta.
Lieto di averlo intervistato.
Questo mio pezzo gli è piaciuto e allora lo condivido.
“Sinora si è agito all’insegna del motto olimpico citius, altius, fortius – più veloce, più alto, più forte – che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la mobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana ed onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in lentius, profundius, suavius – più lento, più profondo, più dolce -, e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso”.
Questa saggia esortazione di Alexander Langer è sempre più attuale e vale per ogni contesto, anche per il nostro rapporto con il territorio, al centro della rassegna intitolata “Paesaggio in Movimento”, che è il tema dell’edizione di quest’anno del laboratorio permanente “Futuro Presente”. Intellettuali, filosofi, architetti, scrittori, fotografi dialogheranno con il pubblico approfondendo quattro filoni: architettura e urbanistica, letteratura e reportage, cinema e documentari e, infine, fotografia.
La chiave di lettura di questi incontri è la ricerca di un futuro possibile che scaturisca da una soluzione ai mali del presente che sia assennata. Una via di mezzo tra il regresso nel passato del neotradizionalismo e la fuga in avanti di quello sperimentalismo sensazionalistico che produce quelle che al profano sembrano stanze per bimbi giganti sospese nel cielo, mostruose creature cristalline che sbucano da una dimensione parallela per divorare edifici storici, fortezze crepuscolari insofferenti alla luce, astronavi in attesa di decollare. Un architetto-star, Daniel Libeskind, arriva a descrivere l’architettura come “la macchina che produce l’universo che a sua volta produce gli dèi”.
L’alternativa, più mite e sensibile, che non rinuncia alla modernità e non ricorre a furbi mimetismi, prende il nome di landscape sensitive design (un design sensibile e attento al contesto paesaggistico) e ce l’ha spiegata in un’intervista Pino Scaglione, architetto e urbanista che insegna alla facoltà di ingegneria di Trento. Calabrese di nascita e trentino di adozione, sarà protagonista dell’incontro dal titolo “Architettura e arti nella costruzione del paesaggio della modernità in Trentino”, che si terrà OGGI a Rovereto, nella Sala conferenze del Mart, alle 18.00 e si soffermerà sul periodo fascista; non per fare del revisionismo apologetico, ma per far capire ai contemporanei che, per un accidente del caso, all’Italia toccò in sorte di provare a creare un paesaggio moderno, compatibile con la natura e la cultura, proprio durante il fascismo ed è un peccato che ciò abbia gettato un’ombra su una sperimentazione che andrebbe recuperata e aggiornata.
“L’errore che si è commesso nel dopoguerra”, afferma Scaglione, “è stato quello di fagocitare il paesaggio nella convinzione che fosse sovrabbondante. Poi, dopo averlo martoriato, siamo corsi ai ripari. La questione è di enorme importanza, perché occuparsi di paesaggio vuol dire occuparsi del futuro, in un ciclo economico che si chiude per l’insostenibilità del consumismo a tutti i livelli, incluso quello del paesaggio”.
Per Scaglione “il paesaggio è il nostro contesto di vita, l’insieme di tutto ciò che ci circonda e quindi anche le opere umane come le boscaglie, i vigneti, i prati, che richiedono un uso intelligente del territorio per trovare un equilibro con la natura, equilibrio che è esiziale, ma che si è perso”.
Né museificazione della natura, né abuso dissennato: una via di mezzo che ci faccia ritrovare la bussola.
Cita “Pensiero meridiano” di Franco Cassano, che deve molto alle riflessioni di Albert Camus sul giusto mezzo, l’equilibrio delle forze, il disciplinamento delle proprie pulsioni. Rileva che la recente traduzione inglese sta avendo un successo strepitoso proprio nei “celerissimi” Stati Uniti. Parla di lentezza come valore, di un uso della tecnologia che non deve per forza accelerare le nostre vite e farci mettere da parte il senso estetico e l’attenzione al mondo. Menziona Mosè Ricci, autore di “Nuovi paradigmi”, che illustra la transizione da un sistema incentrato sulla quantità ad uno pregno di valori che emergono dal basso, da una sensibilità popolare sempre più orientata al rispetto, alla cura, all’attenzione a ciò che si mangia, ciò che si consuma, ciò che si butta, alla sostenibilità del luogo in cui si risiede e quindi al paesaggio, che è insieme di valori nei quali ci identifichiamo.
“Non si fanno più piani urbanistici guidati dall’idea che il territorio è infinitamente disponibile, ma si comincia a capire che il paesaggio va re-introdotto nel contesto. Le arti disvelano le diverse forme del paesaggio e delle sensibilità e, come nel caso dei trentini Armani, Perini e Salvotti, lottano, magari donchisciottescamente, contro un sistema che quantifica e sacrifica la qualità.
Fortunatamente, constata Scaglione, “il contesto alpino, gelosamente possessivo nei confronti del territorio, ha retto meglio di altre realtà e questo è particolarmente vero in Svizzera, come potrà capire chi, il 16 giugno, andrà ad ascoltare Michael Jakob, sempre al Mart, in un incontro dal titolo “Costruire nuovi paesaggi: architettura contemporanea nelle Alpi”.
Il paradiso fiscale cipriota e le basi inglesi sull’isola
20 marzo 2013 a 08:46 (Economia e Società, Miti da sfatare)
Tags: antiriciclaggio, Ateniesi, attacchi speculativi, banche, banche centrali, banchieri, Cipro, Citibank, Citigroup, debito privato, Deutsche Bank, elusione fiscale, finanziarizzazione, geopolitica, Guernsey, HSBC, Irlanda, Israele, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, mafia, mafia bancaria, Meli, narcotrafficanti, NATO, paradisi fiscali, riciclaggio, soldati inglesi, Svizzera, terroristi, trasparenza bancaria, troika, truppe inglesi, Tucidide
«Non siamo venuti fin qui ad infliggervi discorsi moralistici. No, queste argomentazioni funzionano solo quando si è su un piano di parità; se c’è disparità di forze come in questo caso, i più forti esigono e i più deboli abbozzano; ora siamo qui ad offrirvi un patto che garantisca i nostri interessi, e la salvezza vostra».
Al ché gli isolani obiettarono: «E come potrebbe convenire a noi esser dominati mentre voi dominate?»
Dialogo tra gli Ateniesi e i Meli (Tucidide)
Tutto molto melodrammatico, però i ciprioti non sono i meli e i tedeschi non sono gli ateniesi. I tedeschi non sono neanche nazisti, i russi non sono mafiosi e l’Unione Europea non ha suggerito nulla di diverso da quel che propone il governo neozelandese per salvare una banca locale. I Ciprioti sono relativamente ricchi, per gli standard della regione, solo grazie al fatto che sono diventati un paradiso fiscale. Se perdesse quello status, l’isola andrebbe in rovina. Perché gli elettori non hanno detto nulla quando i loro governi cedevano il controllo della loro economia alle banche ed agli investitori/speculatori internazionali? (e perché non l’hanno fatto gli inglesi, che pur con la sterlina svalutata di quasi un terzo registrano un calo nelle esportazioni, avendo un’economia completamente finanziarizzata?)
Le nazioni dell’eurozona e l’FMI erano disposti ad accettare che i piccoli risparmiatori fossero esentati dalla tassa straordinaria, che avrebbe colpito solo i depositi oltre i 100mila euro. Era una misura abbastanza ragionevole (N.B. l’unica soluzione seria sarebbe una sospensione del pagamento dei debiti, una verifica dei conti, l’introduzione di una Tobin Tax all’1% e la proibizione dei credit default swaps) che colpiva i ricchi e gli elusori stranieri. Invece i parlamentari hanno votato contro, esaudendo il desiderio del governatore della banca centrale cipriota:
La proposta di maggiore tutela per i piccoli risparmiatori – sostenuta dall’Eurogruppo – è rifiutata da Anastasiades, che teme il fuggi fuggi dei correntisti stranieri, soprattutto degli oligarchi russi che hanno scelto Cipro come loro rifugio fiscale. E non trova il sostegno di Panicos Demetriades, il governatore della Banca Centrale.
E’ prevedibile che alla riapertura dei conti ci sarà comunque una fuga di capitali dall’isola, ormai “insicura”: il danno è fatto, ma era solo una questione di tempo. Così anche questa volta i furbi se la cavano senza pagare dazio e sarà pantalone a pagare per tutti. Saranno i soliti dipendenti pubblici a pagare al posto dei ricchi, che troveranno un altro paradiso fiscale europeo in cui depositare i loro fondi. C’è poco da esultare, ma gli eurofobi tripudiano!
Questo non significa che tedeschi, austriaci e finlandesi siano innocenti: hanno scelto la strada del cappio al collo che li sta spingendo in recessione, quando dei compromessi sull’entità del debito e le modalità di pagamento avrebbero garantito la crescita dei paesi dell’eurozona e quindi l’arricchimento dei paesi del nord. E’ chiaro che la Merkel non ha l’interesse tedesco al centro dei suoi pensieri. Per chi lavora?
Sarebbe anche interessante capire come mai il governo Cameron sia dovuto intervenire direttamente per pagare i salari dei soldati inglesi di stanza a Cipro. Cosa ci fanno così tante truppe inglesi a Cipro? Non è già finita la Guerra Fredda? (risposta: Cipro non è ancora ufficialmente un avamposto NATO, ultimo tassello per il controllo del Mediterraneo, ma…)
A chi interessano il gas cipriota e le basi navali dell’isola? Solo ai Russi ed all’Unione Europea?
http://www.eilmensile.it/2012/05/21/cipro-20mila-soldati-israeliani-per-proteggere-il-gas/
Finché la gente non comincerà ad informarsi e a votare dei galantuomini pronti a discutere dello stato di salute delle banche nazionali e della loro regolamentazione, se la continuerà a prendere in quel posto e sarà co-responsabile di ciò che le accadrà (es. quanto stupida è stata la decisione di abolire le imposte di successione, l’unico modo in cui si possono recuperare e ridistribuire i soldi dei ricchi, che in qualche modo devono pur trasmetterli agli eredi? Invece ciascuno ha pensato ai suoi risparmi e ha favorito i Berlusconi del mondo).
*****
Anche questa volta nessuna grande banca sarà punita.
Non le ha punite Obama, non le ha punite Cameron, non le ha punite Monti, non le ha punite la Merkel, non le ha mai punite il governo di Cipro.
Citibank e HSBC hanno riciclato denaro sporco per narcotrafficanti e terroristi e lo hanno fatto per anni, infischiandosene delle vibrate proteste del governo americano:
Qualcuno è stato punito?
Hanno imboccato la retta via, pentiti delle loro malefatte?
Citibank nel 2001
http://www.wallstreetitalia.com/article/19222/usa-denaro-sporco-abbonda-nelle-banche.aspx
Citigroup nel 2013, assieme a Deutsche Bank e agli altri allegri compagni della banda del buco e dei titoli tossici da rifilare a stati ed amministrazioni locali (c’è anche il Vaticano, naturalmente):
“Buchi di bilancio, bilanci forse truccati, polizze inesigibili e altre frodi. “Deutsche Bank inghiotte carichi da $4 miliardi per ripulirsi”, titola Reuters. Credit Agricole idem, e perde anche di più, le megabanche inglesi nella bufera, collezionano scandali uno dopo l’altro. Le americane continuano a patteggiare. Indagini e cause dilagano. Multe e risarcimenti pure. Ma poi…?”
E CIPRO, IN TUTTO QUESTO?
La Germania aveva detto: nessun bail out per le banche cipriote, perché i soldi finirebbero nelle tasche di magnati russi ed inglesi.
Hanno ragione da vendere. È però interessante notare la disparità di trattamento riservata dai tedeschi ai ciprioti rispetto ad altri paradisi fiscali e centrali di riciclaggio europee come Svizzera, Guernsey, Lussemburgo, Lituania, ecc.
In quanto al riciclaggio, la stessa Germania è messa peggio di Cipro in relazione a normative, trasparenza, corruzione e stato di diritto:
http://index.baselgovernance.org/Index.html#ranking
Si dovrebbe aggiungere che le banche di Cipro hanno agito in collaborazione con altre banche europee intoccabili. Le autorità russe hanno fatto sapere di esserne al corrente nel 2009, quelle cipriote nel 2008. Le autorità bancarie europee lo dovevano sapere da molti anni. Nulla è stato fatto. Non mi risulta che ci sia stato alcun movimento cipriota contro la trasformazione del proprio paese in un paradiso fiscale. Ora le cose vanno male? Fatti vostri. Pagate!
Lo stesso vale per l’Irlanda: ora la sua economia è interamente dipendente dalla disponibilità delle multinazionali di mantenere lì le loro sedi. Quanti Irlandesi hanno protestato per questo stato di cose?
La Lettonia, il fiore all’occhiello dell’economia neoliberista, in pieno crollo demografico e migratorio, ma invasa dai capitali mafiosi e dei magnati elusori, senza che la cosa sollevi delle preoccupazione nell’Unione Europea. Proteste di massa dei lettoni? Nessuna.
A Cipro, in Irlanda, in Lettonia nessuno ha visto niente, nessuno ha sentito niente, nessuno ha detto niente.
*****
Vi è un debito privato elevatissimo: il debito delle famiglie cipriote è pari al 170,9% del reddito disponibile lordo, a fronte di una media del 99,8% per l’area-euro nel suo insieme; il debito delle imprese non finanziarie è pari al 156% del PIL, a fronte del 103,8% della media dell’area-euro. Questa condizione di elevatissimo debito privato, in una fase in cui l’economia decelera, per cui il PIL nazionale è in costante diminuzione da giugno 2011 ad oggi, e nel 2012 ha accusato un calo, in termini reali, del 3,3%, è una vera e propria bomba ad orologeria per il sistema bancario dell’isola, perché, non generandosi risorse aggiuntive per ripagare il debito, l’elevatissima esposizione di famiglie ed imprese rischia di tradursi in una catena di insolvenze tale da mettere in ginocchio l’intero sistema….Per un Paese che deve il suo benessere economico agli ingenti flussi di denaro che entrano nel suo circuito bancario…una misura come quella del prelievo forzoso sui depositi bancari è semplicemente la fine. Senza contare che gli aiuti dell’ESM contribuiranno a far salire fino al 107% del PIL un debito pubblico che finora era dell’84,4%, creando le basi per un successivo attacco speculativo sui titoli del debito pubblico nazionale, il cui conseguente calo nelle quotazioni danneggerà ulteriormente l’attivo patrimoniale delle banche cipriote che li detengono…La soluzione avrebbe dovuto essere quella di disincentivare i flussi di capitale in entrata puramente finanziari, incentivandone un utilizzo produttivo…Infine, un serio controllo internazionale sull’effettiva applicazione delle normative di trasparenza bancaria e di antiriciclaggio solo formalmente condivise da Cipro, e severe sanzioni, ad esempio nei trasferimenti finanziari di varia natura che la Ue eroga per tale Paese, servirebbe per contribuire ad eliminare l’anomalia cipriota, senza distruggerne l’economia…Il sospetto è che dietro a tale manovra non vi siano interessi economici, ma eminentemente politici e strategici…Ma ciò che colpisce negativamente, in questa vicenda per certi versi esemplare, è la totale assenza di una qualsiasi capacità, da parte della Trojka, di condurre politiche economiche che siano effettivamente mirate non alla distruzione, ma alla ricostruzione su basi più robuste della pericolante economia europea e del suo fragile sistema creditizio. Non è su queste basi che sarà possibile uscire dalla crisi con un’Europa più unita e coesa. Non sono queste le politiche che possono costruire un percorso di unificazione politica europea condiviso e accompagnato dai popoli, e non disegnato a tavolino da una élite.
http://bentornatabandierarossa.blogspot.it/2013/03/cipro-ed-il-prelievo-forzosoquestioni.html
Quel che Zucconi, Bloomberg e Michael Moore non vi hanno spiegato sulla questione delle armi negli Stati Uniti
15 dicembre 2012 a 15:14 (Controrivoluzione e Complotti, Guerra al Terrore, Miti da sfatare, Verità scomode)
Tags: Adam Lanza, Afghanistan, armi, armi da fuoco, Aurora, Austria, bagno di sangue, bambini, Bloomberg, Boulder, civili, Columbine, combattenti, Connecticut, controllo delle armi, criminali, crimine, democrazia, diritti civili, diritto inalienabile, droni, eccidi, FBI, Florida, fucili, governo federale, ispanici, legge marziale, legittima difesa, McVeigh, Michael Bloomberg, Michael Moore, miliziani, milizie, nativi americani, nazionalisti, neri, Nobel per la Pace, Obama, Oklahoma City, orientali, Pakistan, Patriot Act, patrioti, pistole, Politecnico della Virginia, proibizionismo, Regno Unito, Sandy Hook, scuola elementare, seconda guerra civile americana, seconda guerra di secessione, secondo emendamento, serial killer, sicurezza, Sons of Anarchy, sparatorie, Stati Uniti, Sudafrica, suicidi, Svizzera, tasso di omicidi, tasso di suicidi, Texas, Timothy McVeigh, tirannia, Tucson, vendita di armi, Vittorio Zucconi, Zucconi
“Commentatori e politici dicono: “Non è il momento di parlare di controllo delle armi”. Davvero? E quando allora?”.
Twitter di Michael Moore
Vittorio Zucconi scrive un pezzo molto bello, struggente, convincente, da viralizzare sui social networks:
http://www.repubblica.it/esteri/2012/12/15/news/il_sacrificio_al_dio_delle_armi-48787846/?ref=HREA-1
Non vi dicono però che la “loro” soluzione – il controllo delle armi e la requisizione di quelle semiautomatiche – è foriera di conseguenze catastrofiche.
Procediamo con ordine.
**********
Obama (Nobel per la Pace) ha autorizzato l’uccisione per mezzo di droni di qualunque maschio in età da combattimento in Afghanistan e Pachistan – un trucco che permette di ridurre il numero di civili uccisi, in quanto quasi tutti gli uomini dai 15 anni in su non sono più tecnicamente civili.
http://www.salon.com/2012/05/29/obama_the_warrior/singleton/
“Si tratta del secondo più sanguinoso massacro avvenuto negli Stati Uniti, dopo le 32 vittime del Virginia Tech nel giugno del 2007”.
La differenza tra Adam Lanza e Barack H. Obama non mi è del tutto chiara.
Se uccidi un uomo sei un assassino…
…se ne uccidi dieci sei un mostro…
…se ne uccidi cento sei un eroe…
…se ne uccidi mille sei un conquistatore…
Il massacro coincide con la vigilia dell’anniversario del famoso (famigerato) secondo emendamento della Costituzione statunitense
Un furioso Michael Bloomberg, sindaco di New York: «Abbiamo sentito che era troppo presto per parlare di riforma delle leggi sulle armi dopo Columbine, Virginia Tech, Tucson e Aurora. Ora lo sentiamo di nuovo. Per ogni giorno che passa, 34 persone vengono uccise a colpi di armi da fuoco e oggi molte di queste erano bimbi di cinque anni», ha detto.
Questo è il tema-chiave, quello da tenere d’occhio: il controllo delle armi, che può violare il secondo emendamento, concepito per consentire ai cittadini statunitensi di proteggersi da un governo dispotico.
La prospettiva di una rielezione di Obama ha prodotto un massiccio incremento delle vendite di armi (perché c’era la percezione diffusa che avrebbe vietato l’acquisto di armi semiautomatiche)
Già nel 2008 si era registrato un aumento del 25% di vendite “grazie” all’elezione di Obama. Nel 2012 l’aumento è stato del 56% rispetto al picco del 2008.
Le armi semiautomatiche uccidono in massa ma, anche in loro assenza, certi episodi continueranno a succedere (anche altrove):
Il Massachusetts è uno dei pochi stati con leggi molto restrittive sulla vendita e possesso di armi e il suo tasso di omicidi con uso di armi da fuoco è di circa un terzo rispetto alla media nazionale, ma era già basso di suo anche prima della promulgazione di tali leggi. È la cultura che è diversa, nel New England.
In ogni caso le armi possono essere acquistate negli stati vicini, dove queste leggi non ci sono.
Negli stati del sud sono state approvate leggi che consentono ai cittadini di uccidere altri cittadini se si sentono minacciati (non è necessario che siano in casa o in auto), con un aumento del 250% degli omicidi per “legittima difesa”.
FLORIDA
TEXAS
Il tasso di omicidi statunitense è rimasto sostanzialmente invariato, di generazione in generazione. Nel 2009 il Regno Unito aveva un tasso di reati violenti molto più alto di quello degli USA e persino del Sudafrica e sono più elevati oggi di quando le armi non erano controllate.
D’altra parte la Svizzera ha un altissimo tasso di possesso di armi (e un referendum ha difeso il diritto di detenere mitragliatori in casa), per via del tipo di servizio militare in uso nel paese e, proporzionalmente, i reati con armi da fuoco sono i più alti d’Europa (di poco inferiori agli USA). Però sono in gran parte suicidi e in Austria il tasso di suicidi è solo di poco inferiore.
La questione è dunque più complessa di quel che si vuol far credere e non si può risolvere con una bacchetta magica legislativa.
Alcune domande da porsi:
- Perché i massacri nelle scuole si verificano quasi esclusivamente nelle aree dei “bianchi”?
- Perché gli ispanici, neri, orientali, nativi americani (complessivamente quasi un terzo della popolazione statunitense), pur avendo lo stesso accesso alle armi, non sono quasi mai coinvolti in queste atrocità (con l’importante eccezione dei due studenti sudcoreani al Virginia Tech ed all’Oikos (Oakland), nel 2007 e nel 2012)?
- Come si può pretendere che i cittadini rinuncino a difendersi “efficacemente” da criminali ben armati?
- Chi è in grado di togliere di mezzo oltre 20 milioni di armi semiautomatiche (300 milioni di armi in totale, senza contare quelle non registrate) e come?
- Che tipo di armi devono essere bandite (Adam Lanza ha usato delle pistole, non il fucile d’assalto)?
- Ha dato dei risultati il Proibizionismo negli USA?
- Quanto costerà allo stato compensare i cittadini per la sottrazione di armi acquistate legalmente?
ALCUNE VERITÀ SCOMODE
Una maggioranza di stati americani non ratificherà mai un emendamento costituzionale che limiti il secondo emendamento. Inoltre, la maggior parte delle disposizioni sul diritto di possedere armi non è federale, dipende dalle scelte dei singoli stati. Anche se venisse a mancare il secondo emendamento, questi stati elaborerebbero i loro specifici emendamenti. Il che significa che si rischia un’altra guerra di secessione (la prima per il possesso degli schiavi, la seconda per il possesso di armi semiautomatiche).
La verità è che recuperare le armi è impossibile.
Qualcuno ha visto la serie Sons of Anarchy? Ci sono centinaia di migliaia (milioni?) di americani che difenderanno anche con la vita ogni tentativo di violare quello che considerano un diritto inalienabile, indipendentemente da quanto ragionevoli siano le norme di legge che si intendono approvare ed attuare. Molti di questi cittadini sono ex-militari o comunque persone molto ben addestrate a sparare. Hanno già ucciso e lo rifaranno. Sarebbe un bagno di sangue terribile, molto più grave di quello si desidera evitare. Stiamo parlando di assalti a stazioni di polizia, famiglie trincerate in case o interi quartieri e paesi barricati, attentati con esplosivi.
Sappiamo di cosa sono capaci le milizie patriottiche americane:
http://it.wikipedia.org/wiki/Attentato_di_Oklahoma_City
Nessun governo federale statunitense potrà mai controllare la circolazione di armi semiautomatiche senza scontrarsi con questi miliziani e con quegli stati a maggioranza repubblicana che continueranno a tutelare il “diritto” dei loro cittadini a detenere le armi che vogliono.
Il che significa legge marziale e cittadinanza terrorizzata da continui scontri aperti tra governativi ed antigovernativi e quindi disposta a rinunciare a una gran parte dei suoi diritti civili in nome della sicurezza e della Guerra al Terrore interno. Saranno i cittadini americani ad esigere la fine della democrazia in America.
Il corpo di leggi necessario a ritorcere il Patriot Act contro i cittadini americani è già predisposto
http://www.informarexresistere.fr/2012/01/07/ndaa-torneranno-i-campi-di-concentramento-in-america/
Chi invoca queste misure non sa quello che dice e sarà moralmente responsabile della tragedia che seguirà.
MA ALLORA, CHE ALTERNATIVE PROPONGO?
Nessuna. Il processo ormai è irreversibile. Come già ripetuto in precedenza, tutti i nodi del nostro percorso di “civilizzazione” stanno venendo al pettine. L’America come ideale non morirà. Bisognerà ricostruirla ed aiutarla a diventare quel che i suoi padri fondatori volevano che fosse: un modello sperimentalista positivo per la civiltà umana.
La democrazia diretta non ha mai ucciso nessuno…finora!
17 settembre 2012 a 09:11 (Alto Adige / Sudtirolo, Diritti umani e bioetica, Economia e Società, Miti da sfatare, Verità scomode)
Tags: autoritarismo, California, coppie, coppie di fatto, costituzionalismo, Costituzione, dal basso, dall'alto, demagoghi, demagogia, democrazia diretta, democrazia rappresentativa, diritti civili, diritti costituzionali, diritti degli omosessuali, diritti fondamentali, gay, gruppi di pressione, immigrati, immigrazione, iniziativa popolare, interessi forti, islamofobia, James Madison, Liechtenstein, lobbismo, lobbisti, Madison, matrimoni, omofobia, omosessuali, paradosso populista, partitismo, partitocrazia, plebiscitarismo, populismo, proposte di legge di iniziativa popolare, razzismo, referendum, Stati Uniti, strumento referendario, Svizzera, tirannia della maggioranza, tutela delle minoranze, unioni dello stesso sesso, xenofobia
Non credete a chi vi dice che più democrazia diretta ci sarà, meno problemi avremo. Non è successo in Svizzera e non succederà altrove. La democrazia diretta è una buona cosa se usata con misura, sobrietà, buon senso, assennatezza e discernimento, altrimenti è un’arma micidiale. In ogni caso, i diritti fondamentali e la pari dignità di cittadini e residenti/soggiornanti NON DEVONO ESSERE MAI TOCCATI (se non per migliorarli ed ampliarli!)
Un estratto dal mio prossimo libro:
“[…] Gli etnopopulisti elvetici dell’SVP, imprigionati dai vincoli costituzionali, adoperano la democrazia diretta, incluse le proposte di legge di iniziativa popolare e i referendum, per vincere delle battaglie che altrimenti non potrebbero neppure intraprendere. Questo, naturalmente, significa che la fede di carattere messianico dei campioni della democrazia diretta, che vedono nella democrazia diretta la soluzione alla gran parte del mali della società, è malriposta. Lungi dall’indebolire la partitocrazia, la democrazia diretta dal basso incentiva lo sviluppo di nuove forme di partitismo non meno manipolative e spregiudicate di quelle giustamente sotto accusa (Ladner/Brändle, 1999).
Uwe Serdült e Yanina Welp, due tra i massimi esperti elvetici di democrazia diretta, hanno studiato le iniziative popolari di democrazia diretta in tutto il mondo dalla prima (nel 1874) al 2009 (Serdült/Welp 2012) ed hanno scoperto che la diffusione della democrazia diretta non ha nulla a che vedere con la crisi della democrazia rappresentativa nelle democrazie consolidate. Infatti la spinta per una maggiore democrazia diretta ha riguardato soprattutto paesi non-europei. Sono solo quattro su 38 le nazioni dell’Europa occidentale che si sono dotate degli strumenti per attuare la democrazia diretta a partire dal basso. E di queste 38 nazioni solo 19 ne hanno fatto uso dalla fine degli anni Ottanta. La tanto bistrattata democrazia italiana risulta al secondo posto nel mondo, con 62 referendum a partire dal 1974, dopo la Svizzera (336 dal 1874) e davanti al Liechtenstein (56 dal 1925), San Marino (14 dal 1982) e Uruguay (11 dagli anni Cinquanta). Proprio in Uruguay dei referendum di riforma costituzionale sono stati promossi nel 1958, 1962 e 1966 per imprimere una svolta autoritaria al sistema di governo uruguagio. In Estonia, nel 1933, sotto la pressione della Depressione, il regime fascista fu instaurato proprio attraverso un’iniziativa popolare di democrazia diretta.
Più recentemente, numerosi studiosi hanno messo in guardia dal sottovalutare la capacità dei gruppi di pressione e dei poteri forti di influenzare l’andamento delle campagne referendarie e l’esito del voto: il cosiddetto “paradosso populista” (Gerber, 1999). David S. Broder (2000) ha evidenziato con abbondanza di riferimenti come, soprattutto in California, ma non solo, è tragicamente ingenua la fiducia che si ripone del potere taumaturgico dell’iniziativa popolare: laddove c’è un netto divario di risorse, demagoghi e lobbisti strumentalizzano la democrazia diretta senza che gli elettori se ne rendano conto e sussiste un rischio molto concreto che, prima o poi, il sistema democratico rappresentativo e, con esso, la cornice costituzionale, possa essere abbattuto dall’interno, a furor di plebiscito. In pratica, quella che doveva essere una cura contro il lobbismo si è trasformata in un’ulteriore opportunità di manipolazione degli orientamenti dei cittadini, perché la politica non ha ancora provveduto a regolamentare adeguatamente le attività di pressione e renderle trasparenti.
Barbara Gamble, che ha rianalizzato le esperienze di democrazia diretta negli Stati Uniti tra il 1959 ed il 1993, ha mostrato che le maggioranze hanno ripetutamente usato lo strumento referendario per tiranneggiare le minoranze, con iniziative contrarie ai loro diritti civili che hanno riscosso una serie straordinaria di successi (Gamble 1997, p. 261). Questo avviene ancora più di frequente nelle comunità più piccole, laddove manca quell’eterogeneità di interessi che rende più arduo formare delle maggioranze coese che possano spadroneggiare sulle minoranze (Donovan/Bowler 1998).
Il problema principale è che chi è in grado di investire molto denaro ha una concreta possibilità (statisticamente significativa) di far pendere la bilancia da una parte o dall’altra, in accordo con le sue preferenze (Hertig, 1982; Kriesi, 2005; Stratmann, 2006). Hanspeter Kriesi, direttore del dipartimento di politica comparata all’Università di Zurigo e specialista di democrazia diretta, ha rilevato che le iniziative di democrazia diretta in Svizzera sono molto spesso impregnate di emotivismi e di tenaci pregiudizi in favore delle indicazioni di voto del proprio partito di riferimento e moltissimi elettori decidono fin dall’inizio che cosa voteranno, cambiando idea molto di rado e facendo proprie le argomentazioni che raccolgono durante la campagna referendaria solo per razionalizzare scelte predeterminate e di carattere emotivo. In un intervento alla conferenza internazionale annuale dell’associazione di studi politici sul tema “in difesa della politica” (aprile 2012), Kriesi ha amaramente commentato che l’esercizio deliberativo nelle campagne di democrazia diretta non corrisponde ad uno scenario ideale in cui i votanti prendono delle decisioni sulla base delle argomentazioni più persuasive.
Mentre l’islamofobia e la xenofobia hanno pesantemente condizionato la pratica della democrazia diretta in Svizzera, ostacolando per esempio gli sforzi dei rappresentanti politici di naturalizzare gli immigrati e garantire i loro diritti civili (Hainmueller/ Hangartner 2012), l’omofobia ha più volte annullato virtualmente tutte le iniziative a livello rappresentativo negli Stati Uniti che volevano garantire pari diritti agli omosessuali. Negli Stati Uniti, tra il 1995 ed il 2004, gli stati che prevedevano la democrazia diretta hanno approvato molte più proposte di legge ostili alle minoranze di quelli che non la contemplano (Lewis, 2011). La Svizzera, avendo previsto questo tipo di risvolto, è meno affetta – ma tutt’altro che immune – da questa sindrome di populismo autoritario e discriminatorio perché ha cercato di mettere al sicuro i principi costituzionali ed i diritti civili già garantiti dalle aggressioni di un elettorato volubile (ma sulle naturalizzazioni ha potuto fare ben poco).
Dobbiamo, tristemente, prendere atto del fatto che James Madison, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, aveva ragione quando ammoniva che “quando una maggioranza è unita da un comune interesse, i diritti della minoranza sono incerti” (1787)”.