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L’uomo è la sola creatura che si rifiuta di essere ciò che è
Albert Camus
La mia umanità è legata a quella di chiunque altro, perché noi possiamo essere umani solamente insieme
Desmond Tutu
In ogni persona ritrovo me stesso e il bene e il male che dico di me lo dico anche di loro
Walt Whitman
I bambini non hanno colore, basta guardarli quando sono tra di loro, non sanno cosa sia la differenza e allora vuol dire che la differenza non c’è. Per me i bambini non hanno nazionalità. La discriminante non può essere il colore dalla pelle o la forma degli occhi. Da bambino quando subisci una discriminazione non sai fartene una ragione, io lo so bene.
Gianangelo Bof, sindaco leghista di Tarzo (TV)
Gli organismi crescono e cambiano in ogni istante. Non sono fabbricati sulla base di una serie di istruzioni di montaggio, non ci sono capacità innate (abilità, disposizioni, motivazioni, sensibilità) pre-programmate uniformemente. Ciascun individuo si sviluppa in modo peculiare nel suo ambiente.
I geni o la cultura non interagiscono con l’ambiente naturale e tra di loro, è l’organismo a farlo e l’organismo è in costante mutamento, come lo è l’ambiente.
Perciò non c’è alcuna ragione di fissarsi sui geni o sugli elementi culturali. Non c’è alcuna ragione scientifica per descrivere gli esseri umani indipendentemente da un’immensa pluralità di circostanze storiche ed ambientali nelle quali crescono e vivono la loro vita.
Ogni persona è un’eccezione vivente (Fait/Fattor 2010).
Le persone non debbono essere incarcerate in celle identitarie che mettono a repentaglio l’integrazione e la coesione sociale, con conseguenze che possono essere sanguinose. Una comunità è coesa e robusta solo quando è anche sufficientemente flessibile da dare ai singoli la libertà di scegliere la propria vita. Una società rigida può spezzarsi molto più facilmente di una società flessibile, quando è sottoposta a forti pressioni.
È possibile fondare una società sostenibile solo sulla base del pluralismo, di alcuni valori fondamentali condivisi e di un minimo di solidarietà.
Omogeneità culturale e purezza etnica non solo non hanno nulla a che vedere con questo, ma ne sono l’antitesi, come l’entropia (l’antitesi dello sviluppo: è alta nei sistemi isolati) è la negazione della vita (che fiorisce nella diversità, non nell’omogeneità e nell’isolamento).
Non abbiamo altra scelta che convivere con la differenza, senza rinunciare in tal modo a dei valori fondamentali che non sono solo nostri, ma sono un bene comune del genere umano.
Questo è il significato di “fare comunità” nel terzo millennio.
Come il grande antropologo Eric R. Wolf, anch’io voglio ribadire che il compito dell’antropologia, in quanto scienza dell’uomo, sia quello di vedere l’unità della specie nella multiformità delle sue espressioni. Il punto di vista antropologico, come quello umano, dovrebbe essere quello di una cultura mondiale in fasce, che unisce invece di dividere, che affratella invece di contrapporre.
Il compito degli antropologi non dovrebbe essere quello di focalizzarsi unicamente sulle differenze, perché ciò significa perdere di vista una realtà fatta di unitarietà dell’esperienza umana, pur nella sua sensibile diversità. Questa constatazione ci spinge ad abbracciare una certa idea di civiltà ed evoluzione umana – in linea con i valori e finalità dell’UNESCO – che è anche l’unica che ci potrebbe consentire di maturare ed evitare un tragico tracollo.
Se questa idea di cultura fallirà, non avrà più alcun senso fare antropologia.
Ma questo significa anche capire che il mondo non starebbe meglio senza gli umani.
un mondo senza Mozart, Heisenberg, Aung San Suu Kyi, Michelangelo, i Beatles, Truffaut, Kandinsky, Dostoevskij, Omero, Calvino, Socrate, Gesù, il Buddha, Goethe, senza le danze, canti e musiche tradizionali, senza i piatti tradizionali, i giardini zen, gli orti, l’artigianato, le chiesette di montagna, i templi shintoisti e le cattedrali gotiche, senza la moda al suo meglio, senza la fede, senza l’altruismo disinteressato, senza la capacità di tradurre i sogni in realtà, ecc. sarebbe triste e povero in senso assoluto, non solo per gli umani.
Questo perché l’umano è nella natura ma contemporaneamente la trascende. E questo spiega perché Mozart sembra far bene ai criminali, alle mucche e alle piante e perché ci sembra perfettamente plausibile che la regola d’oro, che trova riscontri a qualunque latitudine, possa contenere un significato universale che va ben oltre i confini di questo pianeta. D’altra parte, quale animale potrebbe esperire e comunicare l’estasi poetica e spirituale di un Walt Whitman nell’entrare in contatto con la natura?
Tutti gli animali sono speciali, ma gli umani sono più speciali nella loro specialità. La differenza sta nel grado di profondità con cui si percepisce e si comprende la realtà: la consapevolezza di una formica è meno profonda di quella di un gatto. Un gatto ha una comprensione di universali come la matematica e la musica più estesa e complessa di quella di una formica.
Gli esseri umani – se liberi dalle inclinazioni psico e sociopatiche che ci fanno vivere all’insegna del motto mors tua vita mea – sembrano essere l’unica forma di vita in grado di integrare la natura in modo qualitativamente radicale. Una volta maturati, una volta apprese certe lezioni, gli esseri umani possono accelerare l’evoluzione e possono stabilizzarla, responsabilmente. Si potrebbe perfino immaginare che la natura ci abbia creati perché potevamo tornarle utili, come tutto il resto.
Questa, dopo tutto, è sempre stata la prospettiva dei popoli “primitivi” che, anche se non sempre erano in perfetta armonia con la natura, avevano trovato nella figura e nelle mansioni dello sciamano un connubio degli archetipi del guerriero e del guaritore che, per lo più, assicurava l’equilibrio nel cambiamento e garantiva che la natura, in un certo senso, potesse dire la sua.
Per questo solo noi “civilizzati” siamo misantropici, cinici, nichilisti e psichicamente instabili a livello collettivo, pur possedendo tutte le risorse intellettuali e creative per riscoprire il nostro ruolo ed assolvere i nostri compiti in maniera mirabile, senza paralleli nella storia.
Superata questa fase adolescenziale, passato l’esame di maturità che stiamo affrontando in questi anni, potremo diventare quel che siamo destinati ad essere: creatori responsabili, non bulletti distruttori e sfruttatori.