“Sono passati vent’anni da quel weekend di fine settembre 1996, quello in cui ci siamo tutti uniti alla fila per entrare in sala a vedere Independence Day. Un evento cinematografico lucidato al meglio da Hollywood, un kolossal di fantascienza che è stato l’ultimo blockbuster di fine millennio e allo stesso tempo il primo del nuovo secolo. Due decenni dopo ci prepariamo a una nuova invasione aliena orchestrata ancora una volta da Roland Emmerich.
In che modo ha previsto il futuro? C’è spazio per gli alieni buoni in quest’era cinematografica? E rovesciando anche la logica: cosa succederebbe se gli alieni venissero realmente a farci visita. O forse sarebbe meglio riformulare la domanda: gli extra-terrestri sono già qui tra noi? Lo abbiamo chiesto al Professor Roberto Poli, docente di previsione sociale all’Università di Trento e prima cattedra Unesco sui sistemi anticipanti.
L’unica maniera per sconfiggerci (e liberarci dagli schiavisti) è prendere il controllo del sistema economico-finanziario che sostiene la fazione sociopatica, tracotante e guerrafondaia, momentaneamente dominante, la quale può sopravvivere solo grazie ai tributi dei sudditi e delle colonie e, essendo insaziabile, finisce per generare gli anticorpi che la distruggeranno.
L’unico merito di “Elysium” è che ci rammenta che le società egoiste fondate sull’arrivismo e sulla prevaricazione sono intrinsecamente instabili.
La base della piramide preme per prendere il posto di chi risiede sulla sua sommità.
L’apice non può disfarsi della base e dei corpi intermedi se vuole continuare a “vivere alla grande” e quindi è condannato a vivere in uno stato di ansia e diffidenza.
Non è una società, è un incubo sociopatico: come un magnete, può solo attirare disgrazie, deprimere la natalità, moltiplicare la violenza e la paura, cronicizzare un’insoddisfazione inappagabile, a ogni livello.
È come essere prigionieri di un videogioco in cui – anche da protagonisti – si recita la parte di una comparsa unidimensionale, non si riesce a passare di livello nemmeno con i trucchi e, giorno dopo giorno, vita dopo vita, si batte il muso contro l’eterno ritorno dell’uguale a se stesso.
La fiera della prevedibilità e quindi del tedio esistenziale, un insulto all’intelligenza umana, postumana, transumana, ecc. L’antitesi delle utopiche aspirazioni di Elysium, che sarebbe dovuta essere un’oasi di pace, benessere, serenità, ordine, armonia ma, date le premesse, non può essere qualcosa di diverso da un nido di serpi, o da una banda di parassiti che, spolpata la carcassa, cominciano a consumarsi tra loro.
Il concetto di fondo è che nessuno ha valore di per sé, ma solo in quanto possessore/proprietario e quindi nella misura in cui è capace di sottrarre ad altri ciò che la cultura dominante considera degli status symbol. Un’esistenza falsamente attiva, che in realtà è passiva, a rimorchio di bisogni indotti che formano un guinzaglio attorno al collo di tutti i combattenti della lotta di classe. Chi è libero? Nessuno. Chi è schiavo? Tutti, ciascuno a modo suo.
Una caricatura neomarxista del capitalismo e del feudalesimo, dove né gli uni né gli altri vedono i propri antagonisti come esseri umani degni di rispetto, se non di cameratismo, ma come avversari da disprezzare e sottomettere, cioè a dire come cose, in conformità con quel feticismo degli oggetti che li porta a idolatrare la materia che vogliono dominare al fine di stabilire la propria superiorità. Perché è questo che desiderano più di ogni altra cosa: vincere, fortissimamente vincere. E quindi bramano l’altrui disfatta. Questa è la mentalità che guida le loro azioni.
Elysium è un cantico dell’invidia, del cliché, del materialismo e della totale assenza di senso dell’umorismo, creatività, inventiva, empatia. È lo specchio di Hollywood, la fabbrica degli sbadigli e dello spreco di risorse (un potlatch del terzo millennio). L’anti-Mida: ogni ispirazione immaginifica che tocca riesce a trasmutarla in qualcosa di dozzinale, puerile e decerebrante.
La Hollywood decadente di un Occidente decaduto richiama alla mente quelle file di auto parcheggiate nelle nostre città: più o meno tutte uguali, più o meno tutte dello stesso colore (grigio, bianco o nero).
Non c’è alcuna ragione di interessarsi alle vicende di una tale società – Elysium, come l’Occidente decaduto –, se non sulla scia di uno stravagante e transitorio slancio mirmecologico. L’antropologia s’interessa di esseri umani a tutto tondo e deve quindi rivolgersi altrove.
Ed è precisamente quel che ho fatto, delineando un’alternativa alla società zombie, necrofila e decadente che certuni, morbosamente eccitati dalla mania del controllo, del possesso, del dominio, tentano di spacciare come inevitabile (“non ci sono alternative” – TINA)
La dissoluzione totale del Libano in cinque province serve come precedente per tutto il mondo arabo, inclusi l’Egitto, la Siria, l’Iraq e la penisola arabica e sta già percorrendo quella strada. La successiva dissoluzione della Siria e dell’Iraq in aree etnicamente o religiosamente distinte, come in Libano, è l’obiettivo primario di Israele sul fronte orientale nel lungo periodo, mentre la dissoluzione del potere militare di questi stati costituisce l’obiettivo primario a breve termine. La Siria si disgregherà in diversi staterelli, in conformità con la sua struttura etnica e religiosa, come succede nell’attuale Libano.
Oded Yinon, consulente del ministero degli esteri israeliano, “A Strategy for Israel in the Nineteen Eighties”, 1982
“World War Z. La guerra mondiale degli zombi” è un perfetto film di propaganda sionista: al di qua del muro arabi ed israeliani cantano e ballano assieme. Al di là ci sono gli zombie che cercano di irrompere nell’“utopia sionista” e vanno sterminati. L’esercito israeliano in versione hollywoodiana è un’armata del Bene che lotta per salvare il resto del mondo.
Israele sta scavandosi la fossa con una solerzia quasi senza paragoni
Dan Gillerman, banchiere, neoliberista, fino al 2008 ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, spiega perché Iran e Corea del Nord dovrebbero essere cancellati dalla faccia della terra (!!!)
Da 0:55 in poi: “Penso che se la Corea del Nord non modifica il suo atteggiamento, dovrebbe essere cancellata dalla faccia della terra. Sarebbe un messaggio eccellente e molto chiaro per il resto del mondo e specialmente per gli Iraniani…il mondo non tollererà questo tipo di aspirazioni e la Corea del Nord sarà un’opportunità per mandare quel messaggio all’Iran”
– gli insorti (e mercenari) stanno perdendo terreno così rapidamente e rovinosamente che entro la fine dell’estate potrebbero subire la sconfitta definitiva;
– Francia, Regno Unito (incluso il solito Tony Blair), Arabia Saudita, Qatar, Erdogan (Turchia) e Israele vogliono intervenire direttamente in Siria, ossia sono pronti ad entrare in guerra con la Russia e l’Iran (tanto per cominciare);
– Obama e Putin (e tutti i BRICS), in questo momento, sono alleati per evitare uno scontro dalle conseguenze imprevedibili (come USA e Unione Sovietica al tempo della Crisi di Suez). Ogni volta che Fabius o Hague parlano di prove certe che Assad ha usato le armi chimiche, gli americani (e le Nazioni Unite) li smentiscono ribattendo che sono tutt’altro che certe (la dottrina Brzezinski impone di evitare in ogni modo uno scontro militare diretto, considerandolo controproducente per gli interessi americani);
– Francia e Regno Unito sono isolati nell’Unione Europea: gli altri paesi non vogliono un’escalation;
– la BBC è forsennatamente pro-intervento, il Telegraph si è schierato contro: sono i media più filo-establishment e rispecchiano le fratture interne allo stesso governo inglese e al Parlamento;
– Erdogan deve fronteggiare proteste interne che gli impediscono di agire in Siria (sommovimenti spontanei successivamente “carburati” dalla fazione anti-guerra in Turchia e nella NATO?);
– due blockbuster di Hollywood “avvisano” il presidente dei rischi che corre (i neocon preferirebbero uno dei loro alla presidenza):
Unitevi e impegnatevi a non deporre le armi e a non lasciare le vostre trincee fino all’insediamento in Oriente di uno Stato islamico che apra alla restaurazione del califfato
Ayman al Zawahri, leader di al-Qaeda, ai ribelli siriani
La Francia ha fornito degli elementi di prova che ora obbligano la comunità internazionale ad agire. Ma possiamo agire solo nel quadro della legalità internazionale
François Hollande 5 giugno 2013
Elementi armati finanziati e riforniti da Arabia Saudita e Qatar sono stati presenti fin dall’inizio dell’insurrezione. Il loro scopo fondamentale non aveva nulla a che fare con i diritti umani e la tutela delle minoranze. Intendevano destabilizzare e distruggere il presidente Assad, alleato dell’Iran nella regione, e quindi assicurare il dominio saudita. In che misura Gran Bretagna e Stati Uniti ne sono stati complici? È difficile giudicare. Quel che si può dire con certezza è che negli ultimi dieci anni il Medio Oriente, e in qualche misura il mondo islamico, si è scisso in due fazioni armate. Da una parte ci sono l’Arabia Saudita e gli Stati del Golfo, appoggiati dagli Stati Uniti e (tacitamente) da Israele. Nell’imbarazzo generale, al-Qaeda si è posizionato saldamente al loro fianco. Noi non siamo dalla parte della democrazia. Come Sir Peter Tapsell ha accennato nel suo discorso alla Camere dei Comuni, la Gran Bretagna ha sostenuto al 100 per cento la fazione sunnita – Arabia, Stati del Golfo, e al-Qaeda – nella sua lotta sempre più sanguinaria e terrificante contro l’Islam sciita. Ci possono essere alcune valide ragioni per farlo, ma desidero che il primo ministro torni a confrontarsi con il mondo reale, spiegando pubblicamente quali esse siano.
Editoriale killer del quotidiano pro-establishment Telegraph, intitolato “Cameron ci può spiegare perché siamo alleati di Al-Qaeda?”
Gli eventi in Siria stanno favorendo l’Iran. Il regime di Assad sta vincendo, la guerra ha reso l’Iran più confidente nei suoi progetti atomici, e i successi iraniani imbarazzato gli alleati degli Stati Uniti che sostengono la rivolta siriana.
Analisi di Bloomberg dal titolo: “l’Iran ha la meglio sugli USA nella guerra siriana per procura”
verde: kurdi (stanno con chi vincerà) – viola: ribelli – giallo: lealisti – grigio: aree contestate – bianco: aree desertiche o semi-desertiche di nessun valore strategico
All’inizio dell’offensiva su Qusayr, centro-ovest, vicino al confine libanese (qui era ancora verde). Ora le truppe siriane si dirigono alla volta di Rastan e si stanno ammassando intorno ad Aleppo.
Solo un quarto degli americani e dei britannici appoggia i ribelli
donne siriane si arruolano volontariamente dalla parte di Assad per impedire agli jihadisti di vincere ed imporre la Sharia (gli insorti le chiamano “puttane di Assad”) – Reuters
Per due anni certi analisti molto ascoltati dai media occidentali ci hanno assicurato almeno un paio di volte al mese che Assad aveva le settimane contate.
Invece l’offensiva primaverile dell’esercito siriano ha recentemente riconquistato Al-Qusayr, roccaforte dei ribelli e centro di enorme importanza strategico-logistica e ha già avviato l’offensiva finale su Aleppo e Homs, le due grandi città siriane che dall’inizio del conflitto sono diventate un fronte di guerra.
Vale la pena notare che ogni città ripresa (liberata?) dall’esercito regolare siriano subisce un trattamento infinitamente migliore di quello riservato dagli americani a Falluja (o al Guatemala, o al Vietnam del Nord, o al Pachistan, ecc.) e dagli israeliani a Gaza o al Libano.
Vale anche la pena notare che ogni volta che l’esercito siriano registra un successo militare, i francesi o gli inglesi ritirano fuori l’accusa di uso di armi chimiche, per giustificare l’intervento della NATO, senza scomodarsi di spiegare perché l’Occidente dovrebbe appoggiare insorti e mercenari incapaci di accordarsi su alcunché (si accusano a vicenda di tradire la rivoluzione) e contrari a qualunque serio negoziato (chiedere come precondizione che Assad se ne vada significa rendere completamente futile ogni trattativa ginevrina):
le Nazioni Unite accusano gli insorti di crimini di guerra e crimini contro l’umanità fin dal 2012 (e ancora oggi nessuno sa che fine facciano i soldati siriani prigionieri!!!):
che sono incapaci o non hanno alcuna intenzione di stabilire l’ordine nelle aree che occupano, abbandonate all’anarchia ed all’arbitrio (rapporto ONU documenta stupri, giustizia sommaria, tortura, saccheggi, contrabbando, rapimenti a scopo di estorsione, ecc.)
Insorti continuano a fare esplodere autobombe tra i civili (generalmente si chiama terrorismo e generalmente è un crimine condannato dall’Occidente e dalle Nazioni Unite)
Il fatto indisputabile è che, come in ogni guerra civile, entrambe le parti sono colpevoli di atrocità. La differenza, in Siria, è che se vincessero i ribelli prenderebbero il potere gli jihadisti di al-Nusra, che sono la fazione di gran lunga più potente (numericamente e militarmente) e più determinata e che sono affiliati ad Al-Qaeda.
In effetti si potrebbe dire che in due anni Assad ha causato più danni ad Al-Qaeda della Guerra al Terrore degli ultimi 12 anni.
Perché gli anglo-francesi sono così ansiosi di entrare in guerra al punto da rischiare che il governo di Cameron cada per l’opposizione di alcuni suoi ministri e parlamentari della maggioranza? (quando persino la destra si oppone a una guerra c’è da riflettere)
Perché hanno capito che armare gli insorti non basta. La loro intelligence possiede le stesse informazioni dei servizi segreti tedeschi, che hanno riferito al loro paese che Assad è più forte che mai, la ribellione è sfilacciata ed isolata, sta perdendo terreno in tutti i settori chiavi, l’esercito regolare sta tagliando le sue linee di approvvigionamento
Ci hanno provato per 2 anni e occorre riconoscere che alcuni giornalisti del Guardian hanno fatto un lavoro superbo nel rivelare la natura delle iniziative di certi gruppi di interesse occidentali sponsor degli insorti siriani:
Chi è capace di aprire gli occhi ha capito, gli altri continuino pure a recitare la parte degli utili idioti (non saprei che altro termine usare di fronte a gente troppo pigra e intontita per informarsi adeguatamente)
Armare e finanziare gli insorti non basta, dicevamo:
Senza una zona d’interdizione al volo (ZIV, no-fly zone) non hanno più alcuna chance. Ma i BRICS e gran parte dell’Unione Europea si opporranno e l’hanno già fatto sapere nei voti alle Nazioni Unite e nelle dichiarazioni pubbliche dei loro leader. Russia e Cina sono tutt’altro che isolate su questa questione:
Si dovevano attaccare i civili, la gente, donne, bambini, persone innocenti, gente sconosciuta molto lontana da ogni disegno politico. La ragione era alquanto semplice: costringere … l’opinione pubblica a rivolgersi allo stato per chiedere maggiore sicurezza.
Vincenzo Vinciguerra, ex agente Gladio, deposizione
La vera notizia è come è bastato un decennio per addomesticare i cittadini americani e far loro accettare detenzione permanente, tortura, esecuzione sommaria di cittadini americani, in patria o all’estero, una massiccia presenza di paramilitari nelle loro strade e nelle loro case. Ogni richiesta fatta dalle autorità era a titolo volontario, ma quasi nessuno si è rifiutato di ottemperare. E’ vero che Boston è un caso particolare: una città particolarmente rispettosa della legge e con forti simpatie per il presidente Obama. Tuttavia resta il dato davvero inquietante di una popolazione fin troppo facilmente malleabile e disposta a credere, obbedire, combattere la “Guerra al Terrore”. La buona notizia è che le voci di dissenso stanno facendosi sentire in rete e nei forum dei quotidiani, in modo articolato e fermo. Boston è servita da monito.
Allo stato attuale, non vi è nulla di sostanziale che colleghi i due indagati al delitto. Ci sono voci, 32 secondi di video per nulla incriminante (così tante telecamere a circuito chiuso ma nessuna registrazione utile?), alcune fotografie non troppo chiare, i loro zaini sembrano diversi da quelli incriminati. Non c’è un movente, non c’è una prova visiva che mostri i sospetti che dispongono la bomba sulla scena del crimine e non c’è alcun filmato dei sospetti in fuga da una qualunque scena del crimine. L’automobilista rapito che, ci viene detto, ha riferito che i due, prima di lasciarlo andare senza torcergli un capello, si sono autoaccusati dell’attentato (!!!??? per farsi prendere più facilmente?), non è stato intervistato da nessuno, si è letteralmente volatilizzato. Ci sono ben 6 versioni discordanti di come è avvenuta la cattura.
Al momento nessun giudice li condannerebbe.
Obama, in quanto presidente, non deve permettersi di emettere sentenze, come ha implicitamente fatto e come esplicitamente fa con le sue liste di persone da uccidere con i droni.
Il ragazzo è un cittadino americano, non un “nemico combattente” come John McCain vorrebbe che fosse considerato, in modo da farlo internare e processare da un tribunale militare, a porte chiuse .
Non deve essere interrogato dall’FBI e giudicato a livello federale. La giurisdizione è quella del Massachussetts: si sta forse cercando di sfruttare il caso per degli scopi che hanno poco a che vedere con la sicurezza dei cittadini e molto a che vedere con ulteriori restrizioni dei loro diritti (se possono fare a pezzi la costituzione per un cittadino americano, lo possono fare per tutti)? Oppure si sta cercando di evitare che qualcuno capisca in che rapporti erano stati il fratello maggiore e l’FBI nel corso degli ultimi 3 anni?
L’FBI organizza complotti terroristici, agevolando gli estremisti, fornendo loro idee, logistica, contatti ed armi per arrestarli preventivamente, senza che i cittadini si chiedano se non sia istigazione a delinquere, se queste persone avrebbero realmente compiuto certe azioni se non fossero stati inseriti in un certo tipo di dinamica:
L’FBI sorvegliava Tamerlan, il fratello maggiore, da 3 anni e lui lo sapeva, perchè avevano informato i suoi genitori (!). Allora perché quell’appello ai cittadini affinché aiutino ad identificare dei sospetti che già conoscono?
Il giovane Dzhokar Tsarnaev era un giovane cittadino Americano modello. Era un calciatore e si allenava tre volte in settimana con i suoi compagni di squadra e, non contento, era anche il capitano della squadra di wrestling del suo istituto: i suo compagni di wrestling lo ricordano come una persona sempre disponibile pronta ad elargire consigli. Aveva ottenuto una borsa di studio in medicina, voleva diventare un infermiere, era stato un bagnino perché “voleva salvare la gente”, nel tempo libero assisteva come volontario ragazzini affetti dalla sindrome di Down. Nessuno dei suoi amici più stretti l’ha mai considerato una persona religiosa. I suoi insegnanti lo hanno descritto come uno studente ideale. I suoi vicini come un ragazzo adorabile. Era l’incarnazione del sogno Americano ma, da un giorno all’altro, ci viene detto che è diventato uno jihadista che uccide civili ad una competizione sportiva (lui che adora lo sport) e la sera stessa va ad una festa (mentre il fratello va tranquillamente in palestra ad allenarsi), poi a dormire nella sua stanza. Il giorno dopo si rende conto che è in corso una caccia all’uomo, scappa con suo fratello maggiore, ruba un’auto ma rilascia il proprietario dopo avergli detto che è l’autore dell’attentato (!!! – questo sostengono le autorità investigative: nessuno ha visto e intervistato questo tizio), sfugge alla cattura anche se dopo la prima sparatoria è circondato da poliziotti.
Per qualche ragione le sue radici cecene non lo spingono ad attaccare la Russia ma gli Stati Uniti che gli hanno dato tutto quel che poteva desiderare, inclusa la cittadinanza (qualche mese fa). È uno jihadista ma non si immola e non si comporta come tale; è come se avesse due personalità e nessuno avesse mai visto quella islamista.
Ancora più drammatica è la criminalizzazione dei giovani: secondo la stessa versione ufficiale in cui cambiano i nomi e i connotati ma gli altri dettagli si ripetono, gli autori di attentati e stragi sono immancabilmente giovani immaturi, inquieti e, soprattutto, indignati con il governo. Questi escono di testa per ragioni che non sono mai chiare, agiscono da soli e sfruttano insospettabili abilità militari per uccidere degli innocenti e/o sfuggire alla cattura: fino alla loro uccisione o suicidio, come in ogni film americano che si rispetti.
Il copione è ripetitivo e meccanico, ma le serie TV (24, Homeland) ed i blockbuster lo hanno reso plausibile per un pubblico ovinizzato che delega ad altri le attività cerebrali non necessarie alla sopravvivenza fisica.
Le autorità ci assicurano che il fratello maggiore era un integralista, a dispetto delle apparenze (era appassionato di hip-hop, skateboard e droghe leggere)
e, stando al racconto della madre, Zubeidat K. Tsarnaeva, negli ultimi anni l’FBI l’aveva avvertita del fatto che il figlio Tamerlan era su una brutta strada e che lo stavano sorvegliando [NB, l’FBI ha ammesso che le cose stavano così solo DOPO l’intervista della madre ad una TV russa]. Questo significa che dovevano sapere che aveva consultato dei siti per costruire bombe fatte in casa (se è vero) e che dovevano sapere che si era comprato un arsenale di armi…però…boh?
Nel 2011 l’intelligence russa aveva chiesto all’FBI di indagare su di lui, per capire se era “a rischio”. L’FBI fece delle scrupolose investigazioni (internet, telefonate, conoscenze, biografia, movimenti, domande a parenti e conoscenti, ecc.) senza trovare alcuna attività sospetta o legame con associazioni terroristiche, ma riferì di un’evidente tendenza integralista:
Dopo l’attentato Tamerlan non si è suicidato: è tornato a casa dalla bella moglie americana – Katherine Russell – e dalla figlia.
Le autorità, a partire dal presidente, stanno trattando dei sospetti alla stregua di colpevoli già condannati.
Questo normalmente succede in un sistema giuridico primitivo come quello giapponese, dove l’imputato deve dimostrare di essere innocente. In un sistema giuridico civile l’accusa deve dimostrare la colpevolezza. Dal Patriot Act in poi gli Stati Uniti non sono più un paese civile e, anche grazie a certe leggi controfirmate da Obama, il nostro presunto terrorista rischia di scomparire per anni in un labirinto giudiziario, come se fosse a tutti gli effetti morto (morte civile): http://www.informarexresistere.fr/2012/01/07/ndaa-torneranno-i-campi-di-concentramento-in-america/#axzz2QwmMcGkz
Nessuno si curerà della sorte di Tsarnaev, preventivamente condannato dall’opinione pubblica, allo stesso modo in cui praticamente nessuno si preoccupa dei diritti degli internati nei campi di prigionia antiterroristi americani. Però è così che i diritti di tutti vengono amputati: prima si colpiscono le figure marginali, detestate o appena tollerate (zingari, ebrei, comunisti, gay, ecc.) e poi, nel constatare che la popolazione non reagisce, l’abolizione della tutela giuridica si istituzionalizza, si espande e diventa sempre più arduo contestarla. Per abolirla non resta altro da fare che combattere e sacrificare la propria vita. E’ quel che succederà negli Stati Uniti nei prossimi anni, con buona pace degli obamofili. https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/28/children-of-men-i-figli-degli-uomini-un-film-preveggente/
Boston, una città di oltre 600mila abitanti è stata, virtualmente, messa agli arresti domiciliari (chiunque si fosse trovato in strada era passibile di fermo e perquisizione corporale – in un caso un tizio è stato denudato e dei poliziotti hanno inveito contro i giornalisti) e sotto legge marziale (con migliaia di paramilitari che entravano nelle case per setacciarle, senza alcuna autorizzazione) per la durata della caccia allo studente diciannovenne modello-assistente di ragazzini down-terrorista jihadista a tempo perso.
La militarizzazione della metropoli ora costituisce un precedente. Invece di usare i cani per rintracciare rapidamente il ricercato, che perdeva sangue ed aveva abbandonato l’auto, 9mila agenti militarmente equipaggiati hanno trascorso la notte perlustrando le abitazioni di una vasta sezione della città (senza un permesso, in piena violazione del quarto emendamento), come se fosse la cosa più naturale del mondo. Nessuno ha protestato, la folla alla fine festeggiava per le strade, senza rendersi conto dell’implicita carta bianca che hanno fornito al governo.
In nessun paese europeo, dopo la sconfitta di Hitler, la minaccia terroristica è mai stata gestita in questo modo. Queste sono “cose da Hollywood”:
Ora qualunque cellula terroristica (e presidente) sa che basta davvero poco per mettere in stand-by gli Stati Uniti e che la popolazione accetterà con entusiasmo che la sua libertà sia sacrificata in nome della sicurezza. Il sogno di Bush è realtà, ma con Bush tutto questo non sarebbe stato possibile. Obama il Buono, invece, può, perché è “animato dalle migliori intenzioni”, nonostante tutto:
Perciò non è un problema se il confino domestico dei cittadini elimina possibili testimoni delle azioni delle forze dell’ordine paramilitari (stavano cercando indizi o disseminando “prove”? Chi può dirlo?), se il ragazzo è stato scovato da un privato cittadino che aveva violato il coprifuoco perché non ne poteva più, se l’atmosfera diventa ancora più agghiacciante, amplificando gli effetti dell’atto terroristico.
Chiunque contesti questo genere di prassi poliziesca viene bollato come complottista (yawn/sbadiglio) o apologeta di terrorismo (!!!).
Molti di quelli che hanno seguito Obama durante la crisi hanno osservato che il suo atteggiamento era freddo, distante, privo di emozioni, meccanico nel pronunciare parole di pura circostanza.
Il mio timore è che si stia chiudendo nel suo guscio, come accade agli schizoidi quando la situazione si fa seria. A quel punto è difficile distinguerli dagli psicopatici. A quel punto, tutto diventa possibile:
La questione, allora, è la seguente: gli americani sono stati ammaestrati come i tedeschi negli anni Trenta, oppure saranno capaci di ridestarsi dall’ipnosi collettiva?
I poteri del capitalismo finanziario avevano un obiettivo più ampio, niente meno che la creazione di un sistema globale di controllo finanziario in mani private in grado di dominare il sistema politico di ciascuna nazione e l’economia mondiale nel suo complesso. Questo sistema andava controllato in stile feudale dalle banche centrali di tutto il mondo, agendo di concerto, per mezzo di accordi segreti raggiunti in frequenti incontri privati e conferenze. Al culmine della piramide ci doveva essere l’elvetica Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea, una banca privata posseduta e controllata dalle banche centrali mondiali che a loro volta erano imprese private…non bisogna immaginare che questi dirigenti della principali banche centrali del mondo fossero loro stessi dei ragguardevoli potenti nel mondo della finanza. Non lo erano. Erano piuttosto dei tecnici e gli agenti dei massimi banchieri commerciali delle loro rispettive nazioni, che li avevano allevati ed erano perfettamente capaci di liberarsene…e che rimanevano in gran parte dietro le quinte…Questi costituivano un sistema di cooperazione internazionale e di egemonia nazionale più privato, più potente e più segreto di quello dei loro agenti nelle banche centrali. Il dominio dei banchieri commerciali era fondato sul controllo dei flussi di credito e dei fondi di investimento nelle loro nazioni e nel mondo….potevano dominare i governi attraverso il controllo dei debiti nazionali e dei cambi. Quasi tutto questo potere era esercitato dall’influenza personale e dal prestigio di uomini che in passato avevano dimostrato la capacità di portare a compimento con successo dei golpe finanziari, di mantenere la parola data, di mantenere la mente fredda nelle crisi e di condividere le loro opportunità più vantaggiose con i loro associati.
Carroll Quigley, docente di storia, scienze politiche e geopolitica a Princeton, Harvard e Georgetown e mentore del giovane Bill Clinton, da “Tragedy and Hope: A History of the World in Our Time” (New York: Macmillan, 1966).
**********
«In effetti, meno dell’1 per cento delle società risulta in grado di controllare il 40 per cento dell’intero intreccio», sostiene Glattfelder. La maggior parte è costituita da istituti finanziari. La Top 20 comprende: Barclays Bank, JPMorgan Chase & Co, nonché il Goldman Sachs Group. Le prime 50 fra le 147 società superconnesse: 1. Barclays plc 2. Capital Group Companies Inc 3. FMR Corporation 4. AXA 5. State Street Corporation 6. JP Morgan Chase & Co 7. Legal & General Group plc 8. Vanguard Group Inc 9. UBS AG 10. Merrill Lynch & Co Inc 11. Wellington Management Co LLP 12. Deutsche Bank AG 13. Franklin Resources Inc 14. Credit Suisse Group 15. Walton Enterprises LLC 16. Bank of New York Mellon Corp 17. Natixis 18. Goldman Sachs Group Inc 19. T Rowe Price Group Inc 20. Legg Mason Inc 21. Morgan Stanley 22. Mitsubishi UFJ Financial Group Inc 23. Northern Trust Corporation 24. Société Générale 25. Bank of America Corporation 26. Lloyds TSB Group plc 27. Invesco plc 28. Allianz SE 29. TIAA 30. Old Mutual Public Limited Company 31. Aviva plc 32. Schroders plc 33. Dodge & Cox 34. Lehman Brothers Holdings Inc* 35. Sun Life Financial Inc 36. Standard Life plc 37. CNCE 38. Nomura Holdings Inc 39. The Depository Trust Company 40. Massachusetts Mutual Life Insurance 41. ING Groep NV 42. Brandes Investment Partners LP 43. Unicredito Italiano SPA 44. Deposit Insurance Corporation of Japan 45. Vereniging Aegon 46. BNP Paribas 47. Affiliated Managers Group Inc 48. Resona Holdings Inc 49. Capital Group International Inc 50. China Petrochemical Group Company”
L’incredibile omissione è quella della vera SPECTRE della finanza mondiale, la BlackRock, che molto probabilmente ha in mano i vostri fondi pensione: “Oggi la società di gestione patrimoniale statunitense è divenuta, ad esempio, la principale azionista della borsa tedesca (che di recente si è fusa proprio con quella di New York) e controlla quote azionarie delle principali aziende della Germania: Adidas, Allianza, Basf, Deutsche Bank, le industrie farmaceutiche Merck, il produttore di materiali edili HeidelbergCement, solo per fare qualche nome. Lo stesso è avvenuto anche altrove, come in Italia, a seguito di una delle più importanti operazioni sviluppate da BlackRock, la fusione con Barclays Global Investor, rilevata da BlackRock nell’estate 2009 per 13,5 miliardi di dollari. Questa operazione, alla quale hanno partecipato con 2,8 miliardi di dollari anche i fondi sovrani, si noti, di Cina (Cic) e Kuwait (Kia), il super gestore Usa ha ora in portafoglio fra l’altro il 2,7% di Eni, il 3,8% di Unicredit (dal 2,2% della sola Barclays), il 3% di Enel, Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Ubi (rispetto a quote Barclays pari al 2%), il 2,9% di Generali (dal 2%) e di Fonsai, il 2,8% di Telecom e di Bulgari, il 5,8% di Mediaset (prima era sotto il 5% e diventa così il secondo socio dopo Fininvest), il 2,7% di Fiat, il 2,2% di Atlantia e di Finmeccanica, il 3,5% di Banco Popolare (dal 2%), il 2% di Terna (2).
Al 31 marzo 2011, BlackRock dichiara nei suoi documenti ufficiali pubblici di gestire 3.648 miliardi di dollari di patrimoni amministrati: una cifra incredibile, pari all’intero Prodotto Interno Lordo della Germania [verificate voi stessi], superiore anche a quello italiano che oltrepassa i 2.000 miliardi di dollari. Si tratta probabilmente della più grande azienda finanziaria della storia che, in virtù dei collegamenti con i maggiori investitori privati e istituzionali del mondo, dispone ovviamente di un potere senza equivalenti.
In una recente occasione (3), abbiamo già visto infatti che BlackRock detiene quote azionarie anche delle maggiori agenzie di rating, come Moody’s e Standard&Poor’s, agenzie che hanno acquisito il potere, da una parte, di valutare l’affidabilità di banche e Stati, ma, dall’altra, anche degli stessi prodotti che BlackRock controlla e offre ai suoi clienti, senza che questo abbia dato finora luogo a nessun tipo di reazione politica”.
La giornalista Emma Alberici (ABC) intervista alcuni funzionari bancari ed operatori finanziari pentiti (diversamente da quel che molti credono, è una vita abbastanza spiacevole, per chi ha una coscienza)
JONATHAN SUGARMAN: Ci sono reparti ospedalieri e scuole che chiudono, servizi pubblici tagliati perché non ci sono soldi. I soldi sono andati alle banche. I vostri soldi, i miei soldi – i soldi di tutti sono finiti nelle banche. Ciò di cui abbiamo bisogno è che le normative esistenti siano fatte rispettare.
ALBERICI: Finora Jonathan Sugarman non ha mai parlato pubblicamente delle sue esperienze. Nel 2007 è diventato un dirigente di alto livello di UniCredit, la più grande banca d’Italia – una delle prime cinque banche in Europa. È stato il responsabile della gestione del rischio in Irlanda.
JONATHAN SUGARMAN: In banca abbiamo una licenza per operare come una banca che è molto simile ad una patente di guida. Spiega che questa è la velocità a cui si può andare, questo è quello che si può fare e che si deve operare all’interno di questi limiti e il mio compito era fare in modo che ciò avvenisse ogni giorno.
ALBERICI: Jonathan Sugarman sorvegliava i responsabili del controllo delle operazioni e gli operatori finanziari. Ben presto si rese conto che i conti non tornavano. Sospettava che la sua banca violasse le rigide regole sulla quantità di denaro e beni che è obbligatorio mantenere come riserva.
JONATHAN SUGARMAN: Ed ho insistito che si informasse immediatamente il responsabile dell’osservanza di queste regole, che è esattamente ciò che è prescritto dai termini della nostra licenza e dalle norme del diritto irlandese.
ALBERICI: Quanto è sicuro che UniCredit abbia infranto la legge mentre lei lavorava lì?
JONATHAN SUGARMAN: Sicuro al 100% ed è per questo che ho chiamato questa società informatica londinese che aveva una buona reputazione a Dublino e il risultato è stato abbastanza orribile, perché, mentre la violazione che avevo segnalato al regolatore costituisce una violazione del venti per cento, mentre la deviazione ammissibile era dell’uno per cento, mi telefonarono una sera poco dopo che si erano collegati ai nostri sistemi per dirmi che in realtà la violazione era del quaranta per cento.
ALBERICI: Quando ha avvertito il suo direttore generale, la risposta è stata sprezzante. Era un errore di sistema. Gli è stato chiesto di continuare ad approvare i contratti. Jonathan Sugarman era nel bel mezzo di una cultura bancaria spericolata che era in rotta di collisione con un disastro.
JONATHAN SUGARMAN: Beh, nei giorni in cui il sistema ha vomitato queste cifre che mi dicevano fossero errate dovevamo firmare e dire: “Oh, questo è un errore di sistema e siamo sicuri che è tutto a posto” e andare avanti come se niente fosse. Non abbiamo mai notificato nessuno. Tenete presente che, quando Nick Leeson ha fatto crollare la Barings Bank, si trattava di una questione di ottocento milioni di sterline, io stavo sottoscrivendo più di cinque miliardi al giorno che non possedevamo.
NICK LEESON: Stando alla definizione del vocabolario ed al fatto che ho trascorso quattro anni e mezzo in carcere io sono un criminale. Ho sempre saputo che quel che stava facendo era sbagliato e credevo di essere un criminale fin dall’inizio? Assolutamente no.
ALBERICI: Sono passati sedici anni da quando Nick Leeson, da solo, ha fatto fallire la più vecchia banca della Gran Bretagna, Barings. È un caso spettacolare, audace e scandaloso di imbrogli finanziari e Hollywood ne ha ricavato un film.
NICK LEESON: Il successo è stata la cosa che ho sempre voluto e viceversa la mia più grande paura era quella di sentirmi un fallito; la paura del fallimento è stata probabilmente quel che mi ha impedito di ammettere che avevo commesso un errore e questo errore aveva portato ad altri errori peggiorando il problema: era l’unica cosa che non mi sentivo di fare.
ALBERICI: La banca esisteva da 233 anni. Era sopravvissuta a guerre ed alla Grande Depressione, ma è bastato un operatore di future di 25 anni per mandarla gambe all’aria.
NICK LEESON: In primo luogo non sapevo che la banca stesse per crollare. Non sapevo quale fosse la base di capitale della banca e non ero realmente interessato alla cosa fino a quando i soldi continuavano ad arrivare; capivo che l’effetto delle mie azioni sarebbe stato drammatico, ma non mi ero reso conto di quanto sarebbe stato catastrofico.
ALBERICI: Prima che Leeson diventasse un operatore di Barings a Singapore, era un contabile a Londra. Sapeva come funziona il sistema, come nascondere le perdite in un fondo segreto. Era così bravo a coprire le sue tracce che Barings pensava che rendesse milioni e gli mandava sempre più soldi con cui giocare. Ci sono voluti tre anni perché la banca si accorgesse di cosa stava succedendo, ma a quel punto era troppo tardi.
NICK LEESON: Non me la stavo godendo. C’era sempre il timore che quello che stava accadendo sarebbe diventato di dominio pubblico, e quella è sempre stata la mia più grande paura, perché avrebbe rivelato a tutti la mia incompetenza, negligenza ed incapacità e quella era l’unica cosa che non volevo che accadesse.
ALBERICI: Ti sei mai fermato a pensare che stavi perdendo i soldi di qualcuno?
NICK LEESON: mmmh, no, non penso che uno stia a pensare a quello.
ALBERICI: Nick Leeson è stato condannato per frode e ha trascorso quattro anni in un carcere di Singapore. È stato rilasciato nel 1999 ed è tornato in Irlanda per rifarsi una vita.
OLIVER METZNER: Non penso che ci siano operatori disonesti in banche oneste. Le truffe avvengono perché le banche le autorizzano.
ALBERICI: Nonostante i progressi tecnologici dai tempi di Nick Leeson a Singapore, sofisticati sistemi di monitoraggio degli operatori e dichiarazioni delle banche che stanno in guardia, si sostiene che Kweku Adoboli abbia agito a loro insaputa. Le sue attività criminali sono iniziate nel 2008, al culmine della crisi finanziaria globale, e nello stesso periodo il contribuente svizzero è stato costretto a sborsare sei miliardi di dollari per salvare UBS dal baratro del fallimento.
OLIVER METZNER: La crisi del 2007-2008 ha portato a conferenze e dibattiti in cui abbiamo detto che avremmo fatto questo e quello, e nulla è stato fatto … nulla è stato fatto.
ALBERICI: Oliver Metzner è uno dei più ricercati avvocati penalisti del mondo in questo genere di casi. Il suo cliente, Jerome Kerviel, ha impugnato la sentenza di condanna per una frode alla banca francese Société Générale. Ha detto di aver perso sei miliardi e mezzo di dollari – la perdita più grande nella storia dei mercati finanziari. Proprio come nello scandalo UBS, Kerviel ha inventato acquirenti, venditori ed offerte fantasma per nascondere le sue perdite.
OLIVER METZNER: è normale che i padroni delle banche responsabili di aver portato alla rovina le proprie banche non vengano puniti per questo? Ci sono problemi reali ed in effetti è difficile per l’uomo della strada capire perché ci si concentri su un Jerome Kerviel o un Nick Leeson e non sulle banche stesse.
JEROME KERVIEL: Mi assumo la mia parte di responsabilità, ma vorrei che lo facessero anche gli altri. Tutti hanno approfittato di questo sistema e non voglio essere io a restare col cerino in mano. Tutto è stato monitorato dal sistema informatico della Société Générale.
[…].
JOHN COATES: Penso che il più grande bonus di cui abbia sentito parlare nel mondo bancario sia stato di circa 200 milioni [di dollari].
ALBERICI: Per un anno di lavoro?
JOHN COATES: sì.
ALBERICI: C’è davvero poca scienza rigorosa nelle azioni degli operatori del mercato finanziario, ma la scienza può aiutare a spiegare come si comportano.
JOHN COATES: “Durante la bolla di internet ho notato che il comportamento degli operatori aveva subito un cambiamento notevole. Di solito sono prudenti, yuppies con famiglia a carico, ma durante la bolla del dot com molti di loro divennero euforici, deliranti…I loro pensieri si rincorrevano, sentivano meno il bisogno di dormire. Stavano prendendo molti più rischi rispetto al passato. Il rischio era davvero eccessivo rispetto ai vantaggi possibili e sembravano anche più arrapati del solito data la quantità di pornografia sullo schermo dei loro computer. È stato solo più tardi che ho scoperto che si trattava dei sintomi clinici delle manie.
ALBERICI: John Coates ha trascorso dodici anni a Wall Street, lavorando per Goldman Sachs e Deutsche Bank. Ha mollato tutto per prendere un dottorato di ricerca a Cambridge. La sua specialità? Neuro-economia
JOHN COATES: L’altra cosa che avevo notato era che le donne erano relativamente immuni al comportamento che vedevo nei trader. Ho pensato che ci fosse una causa chimica ed è così che ho iniziato a fare ricerche su testosterone
[…].
SIR JOHN VICKERS: Se c’è una situazione in cui la gente crede che una banca non fallirà mai perché il governo la salverà con i soldi dei contribuenti, questa è una cosa che incoraggia … è quasi una licenza a rischiare indisciplinatamente…Se vogliono tentare cose sofisticate, complicate, internazionali, va bene, affari loro, ma abbiamo bisogno di una struttura che garantisca che il contribuente non sia chiamato a tappare i buchi quando le cose vanno male.
ALBERICI: gole profonde come Jonathan Sugarman non hanno molta fiducia nelle autorità di regolamentazione e nelle loro regole. Cosa hanno fatto finora?
JONATHAN SUGARMAN: In effetti niente, niente di niente. È come entrare in una centrale di polizia con un coltello insanguinato e dire “ho appena ucciso qualcuno” ed aspettarsi che la polizia chieda “dove sta il corpo, che cosa hai fatto?”. E invece ti dicono: “bene, basta che non lo fai di nuovo”. Il che mi ha lasciato interdetto….Mi ci è voluto un po’ per rialzarmi e poi quando ho iniziato a cercare altre posizioni come risk manager, ho trovato un sacco di porte chiuse e ho constatato che dire la verità non paga.
Nel mondo succedono cose indicibili – aggregazioni di un male ineffabile.
Purtroppo, nell’ articolo di Sofri, come, del resto, nella lettera della Francescato, manca il fatto. Non c’ è il sunto e non c’ è il senso di quel testo di trenta pagine che Cohn-Bendit scrisse nel 1976 e che nulla ha da spartire con «la scoperta del bambino come persona dotata di sessualità» (Francescato), né con «il rifiuto dell’ ipocrisia e della reticenza» (Sofri). Mi dispiace doverlo ricordare, ma il testo di Cohn-Bendit è, nei suoi passi più espliciti, talmente crudo che il Corriere, come qualsiasi altro giornale, non è contento di pubblicarlo e neppure di sunteggiarlo. Cohn-Bendit racconta infatti di come i bambini suoi allievi gli sbottonassero i pantaloni e lo carezzassero, e di come egli, il loro maestro, lasciandoli fare, li carezzasse a sua volta. Questo testo, nei suoi momenti più scabrosi, è certamente pedofilo. Anche se ora Cohn-Bendit, con l’ autorevole e credibile conforto dei suoi ex allievi diventati adulti, ci dice di non avere mai fatto le cose che racconta. Sappiamo valutare la differenza tra chi scrive sconcezze e chi le fa. Ma allora perché Cohn-Bendit non si prende la responsabilità – personale e non epocale – del suo scritto e la fa finita? Ci dispiace che un uomo raffinato come Sofri, del quale siamo sempre curiosi lettori, abbia citato, per difendere quel testo, il professore Marcello Bernardi, i cui libri, soprattutto «Il Nuovo Bambino», ci hanno svezzato nella strana professione di padre. Ci addolora per Bernardi, che è morto, ma anche per Sofri. Purtroppo infatti questo di Cohn-Bendit è un caso in cui il testo non può essere pretesto, in cui il fatto non può essere nascosto, se non per malafede (d’amico). A volte, però, per difendere un amico, è molto meglio dargli un calcio nel sedere.
Maria Grazia Cutuli, “Caso Dutroux, giustizia non è fatta”, Corriere della Sera, 23 agosto 2001
Cinque anni dopo l’ arresto di Marc Dutroux, il belga sospettato di pedofilia e assassinio, c’è un poliziotto in un bar che tormenta un bicchiere tra le mani. «I vertici della procura di Bruxelles, quelli della gendarmeria, tutti contro di me, Eimé Bille, le “petit policier” colpevole solo di aver denunciato un’ indagine zeppa di atti falsi e irregolarità». C’è una giovane avvocatessa dal sorriso gentile, Patricia van der Smissen, che ha dovuto spalare montagne di fango per difendere la sua cliente, «la testimone X1», accusata di mitomania e allucinazioni dopo aver raccontato di minorenni torturati, violentati, uccisi nei festini perversi dell’alta società. Ci sono i genitori di due bambine, Julie Lejeune e Mélissa Russo, stuprate e lasciate morire di fame in un sotterraneo dell’orrore, talmente stanchi da preferire il silenzio. «Troppe parole sono state fraintese», dice uno dei legali, l’avvocato Hissel. Ci sono altri protagonisti messi a tacere, minacciati, rimossi dai loro incarichi per lo stesso motivo: essere entrati in uno degli «affari» più torbidi del Belgio moderno.
È il 13 agosto 1996. Marc Dutroux, 39 anni, un pregiudicato con una lista impressionante di delitti alle spalle – rapimenti, violenze sessuali, furti d’auto – viene arrestato su mandato della procura di Neufchâteau, una cittadina belga vicina ai confini con il Lussemburgo. Sotto la sua casa di Marcinelle, periferia di Charleroi, la polizia scopre un cunicolo scavato nella terra con dentro due ragazzine, Sabine (12 anni) e Laetitia (14 anni), terrorizzate ma ancora vive. Niente da fare invece per Julie e Mélissa, otto anni a testa, scomparse nel 1995. I loro corpi giacciono nel giardino di una seconda residenza dell’ uomo, a Sars-la-Buissière, sepolti sotto il cadavere di Bernard Weinstein, complice di Dutroux. Tre mesi dopo, i resti di altre due ragazze: Ann e Eefje, 17 e 19 anni, sparite a Ostenda nel 1995. Non c’ è solo Dutroux dietro la catena di orrori. La moglie, Michèle Martin, è accusata di aver filmato gli stupri del marito. Un tossicomane, Michel Lelièvre, è riconosciuto come complice. Appare un terzo personaggio, Michel Nihoul, il «principe della notte», sospettato di far da tramite in un commercio di minorenni tra Dutroux e le «alte sfere». Il Paese è sotto choc. Spuntano connessioni internazionali. Scenari foschi dove si materializzano incubi orgiastici, sadismi insospettabili, ma anche interessi d’ altro genere.
Il Belgio, quartiere generale dell’ Unione Europea, della Nato, di migliaia di multinazionali, scopre che dietro l’ affare della pedofilia si potrebbe nascondere una rete criminale che mina lo Stato dai vertici alle fondamenta.
Cinque anni dopo, nessun imputato è alla sbarra. I grossi nomi sono spariti dai dossier. Le connivenze sospette sono accantonate. L’ inchiesta, attualmente in mano a Jacques Langlois, giudice istruttore di Neufchâteau, è ferma all’ esame del Dna di 6 mila capelli prelevati sui luoghi dei delitti. A maggio scorso, e solamente sotto pressione del procuratore Michel Bourlet, il magistrato ha cominciato a ordinare i primi test, per scoprire che su 1.300 capelli analizzati, ce ne sono una ventina che non appartengono ai protagonisti della vicenda. Ma per Langlois, non esiste una rete criminale: il «mostro di Marcinelle» è un predatore isolato. Non ha stuprato Julie e Mélissa, sostiene il magistrato. La data del processo continua a slittare. Forse settembre 2002. Forse più in là. Forse alla fine Dutroux potrebbe cavarsela con cinque, dieci anni di galera o poco più. Il «mostro di Marcinelle» è rinchiuso nella prigione di Arlon, in una cella d’ isolamento dai muri imbottiti. Un secondino lo controlla ogni sette minuti. Ha un team di quattro prestigiosi avvocati che nessuno sa da chi vengano pagati. Sua moglie e il complice Lelièvre si trovano nella stessa prigione. Libero invece Nihoul, che continua a mandare messaggi ben indirizzati: «E’ vero – ammette durante un’ intervista televisiva – ho frequentato club dove si tenevano orge. Ho incontrato ministri, magistrati, gente piazzata ancora più in alto».
La casa reale? Anche questo è uno dei fantasmi che ossessionano il Belgio. Eppure all’inizio l’inchiesta parte bene. Un magistrato zelante, Jean Marc Connerotte, in brevissimo tempo riesce a trovare Sabine e Laetitia e a scoprire i quattro omicidi. La sua rimozione ad ottobre 1996, per aver partecipato a una spaghettata con i parenti delle vittime, fa esplodere la piazza: 600 mila persone protestano davanti al palazzo di Giustizia. Comincia l’affossamento: l’ investigatore Patrick De Baets e il suo aiutante Eimé Bille, dopo aver ascoltato una decina di testimoni che chiamano in ballo il jet set belga, vengono messi da parte e accusati di malversazioni.
«Tutti i procedimenti a carico nostro non hanno portato a nulla – dice le petit policier Bille mentre beve acqua minerale in un bar di Bruxelles -. Ma la persecuzione continua. Perché?». Stesse domande in un altro quartiere della città. A parlare è Patricia van der Smissen, l’ avvocatessa quarantenne dal viso da ragazzina: «E’ il 1997 a segnare la svolta: il giudice decide la rilettura delle testimonianze». La sua cliente, Régina Louf, testimone «X1», ha cominciato a parlare l’ anno prima. «Aveva riconosciuto Dutroux e Nihoul alla televisione. Voleva raccontare quello che sapeva degli ambienti pedofili». E’ stata violentata e venduta sin da bambina, Régina Louf. Dice di aver preso parte a orge con altri minorenni, di aver visto ragazzini costretti ad accoppiarsi con cani, torturati, uccisi. Ma soprattutto sostiene di aver riconosciuto Nihoul tra gli assassini di una sua amica, Christine van Hees, 16 anni, ritrovata carbonizzata nel 1984. «Régine è stata dichiarata pazza – racconta l’ avvocatessa -. E anche noi legali abbiamo passato anni a difenderci dalle accuse».
Inutile anche il lavoro della commissione d’inchiesta parlamentare, istituita ad ottobre 1996. Un deputato socialista che ne ha fatto parte racconta di minacce e intimidazioni. «Abbiamo raccolto migliaia di testimonianze, ma non avevamo i poteri di un giudice istruttore. Tutto è rimasto a livello di voci». Non crede, lui, alla teoria del grande complotto. Ma all’ effetto domino, sì. «Se si andasse troppo lontano con l’ inchiesta, Dutroux potrebbe far cadere una testa dopo l’altra». Il Belgio si ridurrebbe a un castello di carte.
Il cammino giudiziario
L’ ARRESTO
Marc Dutroux è arrestato il 13 agosto del ‘ 96: lo ha tradito il tubo di scappamento rumoroso del furgoncino Renault con cui prelevava le sue vittime. Due giorni dopo, l’ uomo conduce la polizia nella casa degli orrori di Marcinelle: in una cisterna-prigione la polizia trova ancora vive due dodicenni scomparse da alcune settimane, Sabina e Laetitia. In un’ altra casa, vengono rinvenuti i cadaveri di Julie e Mélissa, rapite nell’ estate del 1995, violentate e lasciate morire di fame. Il 3 settembre, sono rinvenuti i cadaveri di altre due ragazze, An e Edfje, 17 e 19 anni, nello chalet di un amico di Dutroux. Coinvolta anche la moglie, Michelle Martin
I PRECEDENTI
Trentanove anni al momento dell’ arresto, il «mostro di Marcinelle», elettricista disoccupato, era già stato condannato nell’ 86 a 13 anni di carcere per abusi su minori, ma rilasciato nel 1992 per buona condotta (una grazia con sigillo reale)
LA FAMIGLIA
I genitori di Dutroux si separano quando Marc è un adolescente. Il padre dubita della sua paternità biologica. La madre lo lascia per andare a vivere con un ragazzo di 17 anni. Marc, che allora ha 14 anni, va a stare con la madre ma tre anni dopo litiga definitivamente con la donna (che più tardi lo accuserà di incesto con uno dei suoi fratelli in cura psichiatrica) e se ne va di casa
IL CASO POLITICO
Nell’ agosto del’ 96 migliaia di belgi scendono in piazza. Chiedono giustizia. C’ è il sospetto che i pedofili abbiano goduto della protezione di politici e giudici. E’ istituita una commissione d’ inchiesta. Il suo verdetto, nel febbraio ‘ 98: nessuna copertura, ma grave incompetenza della polizia
LA FUGA
Aprile ‘ 98, Dutroux riesce a fuggire dal tribunale. Catturato dopo tre ore in un bosco. Si dimettono il capo della polizia e i ministri dell’ Interno e della Giustizia
Marcel Vervloesem, l’attivista arrestato perché ha osato denunciare la rete che è connessa con il mostro di Marcinelle (assomiglia vagamente a Renato Pozzetto, il che me lo rendo anche più simpatico):
Stanno isolando Marcel Vervloesem in carcere, perché hanno paura che faccia delle rivelazioni sulle reti pedopornografiche in relazione al Caso Amsterdam in atto in questi giorni. Si tratta di decine di abusi da parte di Robert M. su neonati e bambini molto piccoli in un asilo nido. Marcel Vervloesem, che studia ed analizza le reti da una quindicina di anni, aveva dato molte informazioni rilevatrici e prove anche sul nesso tra le reti e gli asili nido ad Amsterdam già anni fa al Procuratore Bourlet a Neufchâteau. A quest’ultimo è stato ordinato però di nòn fare indagini sul suddetto materiale, ma ad inviarelo a Turnhout ma… lì il materiale essenziale per indagini è stato insabbiato dal procuratore di Turnhout e un suo sostituto, proprio le stesse persone che ora stanno tenendo in carcere Marcel Vervloesem con delle accuse costruite di proposito. Lo vogliono azzittire. Stiamo parlando dell’insabbiamento del Dossier Zandvoort con quasi 90.000 files di bambini torturati, violentati e spesso anche amazzati per i cosiddetti snuffmovies che valgono decine di migliaia di euro. Molti bambini sono morti anche in rituali esoterici o satanici.
In soldoni, Dutroux liberato nel 1992 per decreto ministeriale di Melchior Wathelet se n’è andato in Thailandia (Roosor ci traffica ed è uno degli indagati) e una volta domiciliato di nuovo in Belgio a Goutroux in via Ferrer continuava a ricevere da lui, nella sua casa d’accoglienza, (casa famiglia qui in Italia), bambini. È inoltre stato visto due volte da un bambino abusato – circolo satanista, a Valence ed a Tournai, non molto chiaro nelle sue deposizioni. 4 dossiers aperti a suo carico tra il 1981 ed il 1996. Quasi 12.000 K7 (credo che parlino di processori CPU) trovati al termine di questo dossier, (compreso quello bis), e nessuna conseguenza dopo il processo!
IL CASO SAVILE-BBC-CASA REALE
“Cade la prima testa nello scandalo del presentatore pedofilo della Bbc. Peter Rippon, responsabile di Newsnight, una delle più seguite trasmissioni di approfondimento giornalistico, ha lasciato l’incarico con effetto immediato. È accusato di non avere mandato in onda un anno fa un programma che rivelava il ruolo di predatore sessuale avuto da Jimmy Savile, per quattro decenni presentatore di classifiche della hit parade e di altri spettacoli televisivi dell’emittente radiotelevisiva pubblica britannica. Saville è morto nel 2011 e non può più rispondere direttamente dello scandalo. Ma sotto accusa ora è la Bbc, sospettata di avere saputo da tempo che il suo presentatore abusava ragazzine minorenni e di non avere fatto nulla per fermarlo. Non solo: una email pubblicata oggi dai giornali solleva un’imputazione anche più grave nei confronti della leadership del network, quella di avere deliberatamente cercato di mettere a tacere la vicenda”.
Sono probabilmente almeno 300 le vittime di Savile e di altri indagati dei quali non si conosce ancora l’identità.
Eccellente commento di un lettore del Guardian:
“Durante il programma Panorama la scorsa notte c’è stata una dichiarazione del giornalista investigativo Meirion Jones, la cui zia ha lavorato presso la scuola Duncroft (è lì che Savile ha perpetrato una parte dei suoi abusi [sessuali contro minori]), e che Jones stesso ha visitato un paio di volte per vedere la sua zia.
Le sue esatte parole sono state:
“Era un posto molto strano, pieno di celebrità e membri minori della famiglia reale”
Dato ciò che sappiamo circa le ragioni per la visita di Savile a Duncroft, sicuramente dovremmo chiederci chi sono queste altre celebrità e membri della famiglia reale?
Per che diamine di motivo queste persone facevano visite regolari a questa particolare scuola per ragazzine con disturbi psichici?
Cosa c’era di talmente speciale a Duncroft, da renderlo un posto ideale per le celebrità e i reali?
Sicuramente tutto questo merita una specifica investigazione della polizia, non vi pare?”
Altri commenti:
“Così la polizia non è riuscita ad individuare e fermare un molestatore seriale di bambini che ha operato per diversi decenni, il servizio sanitario nazionale e vari operatori sanitari hanno autorizzato questa celebrità a fruire di un libero accesso non-sorvegliato a pazienti vulnerabili e, a quanto pare, hanno ignorato le accuse delle vittime; i tabloid, felici di rivelare la privata quotidianità di innumerevoli celebrità, non hanno detto nulla in quaranta anni di questo individuo davvero molto singolare”.
“Ci sono interrogativi molto più importanti da affrontare. Come ha fatto quest’uomo ad ottenere soggiorni privati negli ospedali e in che modo si è procurato le chiavi dei reparti. Come è stata presa una tale decisione e da chi? Perché le ripetute denunce sono state ignorate? Sembra che tutti sapessero, ma nessuno ha fatto nulla. Perché?
Questo tizio è stato nominato cavaliere e aveva amici ai piani alti: che tipo di protezioni gli hanno queste relazioni? Sapeva troppo riguardo ad altre persone e ciò l’ha reso intoccabile? C’è molto da scoprire in questa storia sordida..”.
“Paul Gambaccini sostiene che Savile era ‘un necrofilo’ (prese i corpi dall’obitorio!), su Five Live.
Max Clifford reputa che ci fossero “molte altri” coinvolti con Savile in questi “eventi”. Quanti, e chi? Tutti hanno guardato dall’altra parte, o non volevano crederci. Orripilante”.
“Sì, e che dire delle scuole, ospedali, unità psichiatriche, persino gli obitori …
Perché gli hanno permesso di andare e venire a suo piacimento? Non hanno il dovere di prendersi cura delle persone che hanno la sfortuna di essere ricoverate o di giacere al loro interno?
Che cosa possiamo imparare da questo? Quanto sono sicuri i pazienti ricoverati negli ospedali, per esempio?”
“Savile, che è morto l’anno scorso a 84, ha rivelato: ‘Uno dei miei compiti è quello di portare via i defunti. Puoi prenderti cura di qualcuno, restare da solo con qualcuno, che ha vissuto tutta la vita, e io sto solo dicendo addio e prendendomi cura di lui”.
Exposure – The Other Side of Jimmy Savile | 2012 | Full Documentary – inchiesta dell’investigatore Mark Williams-Thomas: le testimonianze delle ragazzine violentate (ormai adulte) e dei colleghi; le relazioni di Savile con celebrità e potenti:
Attore Corey Feldman: “Posso dirvi che il problema numero 1 problema di Hollywood è stato, è e sempre sarà la pedofilia. Questo è il problema più grande per i bambini in questo settore …. È il grande segreto”
Social forecaster, horizon scanner
entrepreneur
Arts and Culture reporter for "Trentino" & "Alto Adige"
social media & community manager
professional translator
editor-in-chief of futurables.com
peer reviewer and contributor for Routledge, Palgrave Macmillan, University of British Columbia Press, IGI Global, Infobase Publishing, M.E. Sharpe, Congressional Quarterly Press, Greenwood Press.
Laurea in Political Science – University of Bologna (2000). Ph.D. in Social Anthropology – University of St. Andrews (2004).
Co-author of “Contro i miti etnici. Alla ricerca di un Alto Adige diverso” (2010)
https://medium.com/@stefano_fait