Siamo tutti rossobruni! Nazioni Unite, Unione Europea, Brasile e India…tutti alleati di Assad?

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La Crisi di Suez è un conflitto che nel 1956 vide l’Egitto opporsi all’occupazione militare del Canale di Suez da parte di Francia, Regno Unito ed Israele. La crisi si concluse quando l’URSS minacciò di intervenire al fianco dell’Egitto e gli Stati Uniti, temendo l’allargamento del conflitto, costrinsero inglesi, francesi ed israeliani al ritiro. Per la prima volta USA e URSS si accordarono per garantire la pace.

http://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_di_Suez

La maggior parte dei combattenti ribelli siriani non vuole la democrazia e la guerra civile sta producendo sempre maggiori atrocità ed una crescente radicalizzazione

Inchiesta delle Nazioni Unite

Testimonianze raccolte dal nostro team di monitoraggio indicano che gruppi armati ribelli hanno usato i civili come scudi umani, che i rapimenti sono in aumento, che alcuni gruppi di opposizione hanno costretto giovani donne e ragazze minorenni a sposare dei combattenti. Continuiamo a ricevere segnalazioni di gruppi anti-governativi che commettono crimini raccapriccianti come la tortura ed esecuzioni sommarie

Navi Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani

http://www.guardian.co.uk/world/2013/may/27/eu-arms-embargo-syrian-opposition

Il segretario generale delle Nazioni Unite si è sempre opposto a riversare altre armi in una situazione di guerra. Fornire più armi all’opposizione significa assicurare più armi al governo. Questo non risolverà il problema.

Lakhdar Brahimi, mediatore di Onu e Lega Araba per la crisi siriana 

http://www.guardian.co.uk/world/middle-east-live/2013/mar/29/un-envoy-says-arming-rebels-not-the-answer-live

Togliere l’embargo sulle armi dell’UE per gli insorti siriani potrebbe avere conseguenze devastanti. Non ci sono rimedi facili per lo spargimento di sangue in Siria, ma l’invio di altre armi e munizioni chiaramente non è uno di quelli. Gli sforzi internazionali devono essere concentrati sul blocco integrale delle forniture di armamenti e per una soluzione politica alla crisi. Ci sono seri rischi che le armi potrebbero essere usate per commettere violazioni dei diritti umani…le probabili conseguenze umanitarie sono molto reali stiamo già vedendo il catastrofico impatto umanitario di questa crisi sui civili. Il trasferimento di altre armi alla Siria può solo esacerbare uno scenario già infernale per i civili. Se il Regno Unito e la Francia intendono essere all’altezza dei propri impegni internazionali, compresi quelli che figurano nel nuovo trattato sul commercio delle armi, devono semplicemente non inviare armi in Siria
Anna Macdonald, Oxfam
http://www.oxfam.org.uk/blogs/2013/05/eu-foreign-ministers-must-bite-the-bullet-and-extend-the-arms-embargo-on-syria-says-oxfam

Stando alle testimonianze raccolte i ribelli hanno usato armi chimiche, facendo ricorso al gas sarin
Carla Del Ponte, ex procuratore del Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia dal 1999 al 2007 e membro della commissione d’inchiesta Onu per le violazioni dei diritti umani in Siria
http://www.unimondo.org/Notizie/Siria-Carla-Del-Ponte-sotto-attacco-140636

Steve Bell 28.5.2013

Chiunque tifi contro gli insorti siriani perché non vuole vedere quel paese ridotto come la Libia, la Somalia, l’Afghanistan, l’Iraq, il Mali, ecc. viene accusato di rossobrunismo. Se le agenzie umanitarie dell’ONU, l’Oxfam, Svezia, Olanda e Brasile sono rossobruni, allora essere rossobruno è un vanto. Al contrario è più che probabile che i supporter di Francia, Regno Unito, Israele, Qatar, Turchia e Arabia Saudita stiano dalla parte sbagliata: C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra (Calvino, “Il sentiero dei nidi di ragno”)

“Gli eventi siriani successivi al marzo 2011 hanno cagionato notevoli esigenze umanitarie che si sono ormai diffuse in molte aree del paese, e si sono ulteriormente accresciute dopo la stesura del piano di assistenza umanitaria (ARPA) nel settembre 2012. Il governo della Siria, in collaborazione con le agenzie delle Nazioni Unite, sta lanciando un nuovo ARPA per il periodo che va dal 1 ° gennaio 2013 alla fine di giugno 2013. Questo piano servirà circa quattro milioni di persone, secondo le stime delle Nazioni Unite, che sono state direttamente o indirettamente colpite dagli eventi attuali, compresa la siccità, tra le quali quei due milioni che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni…L’assistenza umanitaria è, e continuerà ad essere, fornita nel pieno rispetto della sovranità della Repubblica Araba di Siria. Questo piano ha lo scopo di sostenere l’azione di assistenza umanitaria del governo siriano alle popolazioni colpite. Esso copre il periodo dal 1° gennaio 2013 fino alla fine di giugno 2013. L’importo finanziario erogato ammonta a 519.627.047$“.
http://www.unocha.org/cap/appeals/humanitarian-assistance-response-plan-syria-1-january-30-june-2013

Gran Bretagna e Francia hanno chiesto una revoca dell’embargo sulle armi, al fine di fornire armi a quella che identificano come l’opposizione “moderata” al regime di Bashar al-Assad, incontrando l’opposizione di 23 Stati membri dell’Unione Europea (Italia e Germania si sono astenute).
http://www.guardian.co.uk/world/2013/may/27/syria-eu-weapons-embargo-deadlock

PROPAGANDA: i media franco-inglesi (BBC, France 24) stanno spacciando il MANCATO ACCORDO sul prolungamento dell’embargo che scadeva a fine mese, causato dall’intransigenza di Francia e UK, come una decisione collegiale europea di togliere l’embargo. E’ finita 23 a 2 (con 2 astenuti). La Bonino era cautamente e selettivamente pro-fornitura armi: siamo timidamente dalla parte del MALE. [aggiornamento: il giorno dopo ha criticato i franco-inglesi]

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Persino Israele teme che le armi vadano a finire nelle mani sbagliate e siano poi usate contro gli israeliani e Obama resta contrario ad armare direttamente i ribelli
http://www.guardian.co.uk/world/middle-east-live/2013/may/28/eu-lifts-arms-embargo-on-syrian-rebels-live-updates#start-of-comments

Si può dare torto agli Israeliani? Jugoslavia, Afghanistan e Libia sono prove storiche documentate che le armi finiscono sempre in mano a cricche mafiose ed estremiste che le usano contro la popolazione e per ricattare l’Occidente. Li combattiamo in Afghanistan, Iraq, Libia, Somalia, Yemen, Mali (+Algeria) e ora anche in Niger: ma li armiamo in Siria!!!

Dopo il voto i Russi hanno reagito annunciando che doteranno l’esercito siriano delle migliori armi difensive, precisando che non potranno essere usate contro i ribelli, che non possiedono navi ed aerei, ma serviranno invece per impedire a qualche “testa calda” (!) di farsi venire strane idee (es. Israele?)
http://www.guardian.co.uk/world/middle-east-live/2013/may/28/eu-lifts-arms-embargo-on-syrian-rebels-live-updates#start-of-comments

“Il regime ha utilizzato armi chimiche in numerose città. Siamo alla vigilia di un disastro” insiste il portavoce dei ribelli.

Evidentemente Svezia, Olanda, Austria, Finlandia e Repubblica Ceca, per citare solo i più tenaci oppositori sono governate da “irresponsabili” (responsabilissimi!) che non prendono per buone le accuse dei ribelli.

Quando diventeremo meno vassalli e più simili ai paesi nordici, almeno in questo?
O anche ai paesi emergenti – ci si può anche accontentare: Brasile, Sudafrica, Argentina, Uruguay, Nigeria, Nepal, India e Indonesia – 59 nazioni in tutto (incluso il Mali!) – si sono astenute dal votare una risoluzione di condanna al regime siriano, con un voto che si è concluso 107-12 a favore della risoluzione (cioè 107 – 71).
http://www.newsit24.com/notizie/siria-assemblea-onu-approva-risoluzione-di-condanna-governo

Quel che Morgan Freeman avrebbe potuto dire sulla strage di bambini

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12 dicembre 2012: Un uomo armato di fucile semiautomatico ha sparato ieri sulla folla in un centro commerciale di Portland, nell’Oregon, uccidendo almeno due persone e seminando il panico tra la gente. L’omicida, che indossava un giubbotto antiproiettile e una maschera da hockey, è stato poi “neutralizzato”: secondo quanto riferito dalla polizia, l’uomo è “deceduto”.

http://www.today.it/mondo/sparatoria-centro-commerciale-oregon-morti.html

15 dicembre 2012: Nell’Oklahoma, l’amico di un potenziale omicida plurimo lo denuncia alla polizia, che lo ferma prima che possa fare una strage come quella del Connecticut:

http://www.nydailynews.com/news/national/oklahoma-student-plotting-mass-shooting-police-article-1.1221032#ixzz2FAjooXrR

16 dicembre 2012: All’indomani della strage in Connecticut, in Alabama un uomo ha aperto il fuoco in un ospedale, ferendo tre persone, tra cui un agente di polizia, prima di essere ucciso da un altro agente. La sparatoria è avvenuta nel quinto piano dell’ospedale St. Vincent di Birmingham, dove sono ricoverati diversi pazienti con problemi cardiaci. I motivi non sono stati ancora chiariti.

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/articoli/1073475/usasparatoria-in-ospedaleun-morto.shtml

16 dicembre 2012: Marcos Gurrola spara 50 colpi contro un ipermercato in California e poi viene arrestato (nessun ferito)

http://www.huffingtonpost.com/2012/12/16/marcos-gurrola-arrested-_n_2309425.html

Una serie di episodi che potrebbero dar forma ad un nuovo 11 settembre: i cittadini americani saranno sottoposti a crescenti controlli (negli autobus di San Francisco sono già stati installate telecamere e microfoni) e non protesteranno, perché si convinceranno che è per il loro bene. Poi l’eccezione diventerà la norma.

Le armi sono il mezzo e il sintomo, non la causa.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/12/15/quel-che-zucconi-bloomberg-e-michael-moore-non-vi-hanno-spiegato-sulla-questione-delle-armi-negli-stati-uniti/

Svizzera, Finlandia, Norvegia, Svezia, Canada, Germania e Islanda hanno altissimi tassi di possesso di armi da fuoco ma, salvo rare eccezioni, non succedono cose del genere. I loro cittadini si sentono, di regola, al sicuro, in una società pacifica.

La Cina è un altro caso di paese colpito da “epidemie” di eccidi nelle scuole (con uso di altri tipi di armi).

Qualcosa, negli Stati Uniti, sta andando storto – prima che altrove –, ed è un fenomeno relativamente recente:

http://books.google.com/ngrams/graph?content=school+shooting&year_start=1800&year_end=2000&corpus=15&smoothing=3&share=

C’è sempre un modo per uccidere decine di persone (appiccare il fuoco ad un edificio, ad esempio) ed è fin troppo allettante lasciarsi sedurre dalle soluzioni facili: una legge, una riforma costituzionale, tutto si risolve e la gente si mette il cuore in pace.

Invece occorre fare le domande giuste, anche se sono complicate e tanta gente fa un’enorme fatica a concentrarsi e fare attenzione per più di pochi minuti. Altrimenti daremo delle risposte sbagliate che aggraveranno il problema. Oltre alla questione della reazione violenta di quelle migliaia di cittadini che vogliono tenersi le loro armi acquistate legalmente – che godrebbero del sostegno di molti stati repubblicani –, bisognerebbe preventivare la trasformazione degli Stati Uniti in una gigantesca Gaza, con passaggi e cunicoli che attraversano le frontiere con il Messico e con il Canada per introdurre armi, come ai tempi del Proibizionismo.

La domanda più giusta da fare è: perché queste tragedie erano così rare prima degli anni Novanta. Negli Stati Uniti, fino al 1968, chiunque poteva comprare armi per corrispondenza e si potevano comprare ovunque, anche ai distributori di benzina. C’erano molti meno controlli.

Che cosa è cambiato? Cos’è successo nella società americana?

Le armi sono un sintomo, appunto, non una causa e curare un melanoma con un cerotto è stupido.

LE POSSIBILI CAUSE

Il sensazionalismo mediatico.Ecco il parere di un anonimo, attribuito erroneamente a Morgan Freeman:

“Volete sapere perché. Può sembrare cinico, ma ecco quel che penso. È a causa del modo in cui i media coprono questi eventi. Guardate come è stato trattato l’omicida della prima di Batman, o quello del centro commerciale dell’Oregon: come delle celebrità. Dylan Klebold e Eric Harris sono diventati nomi familiari, ma chi conosce il nome di una sola delle vittime della strage di Columbine? Persone con disturbi psicologici che altrimenti si suiciderebbero nei loro scantinati vedono queste notizie e decidono di voler fare qualcosa di ancora peggiore, ed uscire di scena alla grande, restando impressi nella memoria collettiva. Perché una scuola elementare? Perché i bambini? Perché sarà ricordato come un orribile mostro, invece di un triste signor nessuno.

L’articolo della CNN dice che se il numero di corpo “non scende”, questo farà arrivare la sparatoria al secondo posto dietro Virginia Tech, come se le statistiche potessero in qualche modo stabilire una gerarchia del peggio. Poi rendono pubblica una video-intervista di studenti di terza elementare che rivelano tutti i dettagli di ciò che hanno visto e sentito, mentre si consumava l’eccidio. Fox News ha diffuso l’immagine del volto del killer in tutti i loro servizi per ore. Esistono articoli e servizi che si concentrano sulle vittime ignorando l’identità del killer? Non ne ho ancora visto uno. Perché non vendono. Quindi congratulazioni, media sensazionalistici, avete appena innescato il prossimo sterminatore che voglia fare “meglio” del precedente, in una scuola materna o un reparto maternità.

Tutti possono aiutare dimenticando di aver mai letto il nome di quest’uomo e ricordando il nome di almeno una vittima. È possibile aiutare con donazioni alla ricerca sulla salute mentale invece di concentrarsi sul controllo delle armi come il problema principale. Potete aiutare spegnendo la TV”.

La glorificazione della violenza. Quel che TV e cinema blockbuster chiamano “cultura” ed “intrattenimento” è solo glorificazione della violenza utile a chi vuole “esportare la democrazia” a colpi di droni e destabilizzazioni e a chi vuole vendere un certo tipo di prodotto ed ha bisogno che i consumatori siano indottrinati al verbo della pretesa illimitata: “perché io valgo!”.

Empatia, solidarietà, cooperazione, senso di comunità stanno soffrendo come forse non mai nella storia. Chi si dimostra capace di un gesto generoso è quasi eroico. Sono virtù che non piacciono allo status quo dei nostri giorni perché ostacolano il privatismo, l’individualismo e le dipendenze edonistico-consumistiche. Vale per gli Stati Uniti ma anche per la Cina, che li ha scimmiottati quasi in tutto e per tutto.

La crisi sistemica. Troppe persone sono precipitate nel precariato esistenziale e si sentono tremendamente insicure, in una società sempre più iniqua ed aggressiva, in cui il rispetto e la cura per la dignità del lavoratore e della persona nel suo complesso è un ricordo del passato, la corruzione nelle alte sfere è sconfinata e i cittadini vengono spiati 24 ore su 24 da un numero impressionante di agenzie e dipartimenti federali.

La crisi della democrazia e del contratto sociale. Il carattere oligarchico delle democrazie contemporanee è sempre più evidente. La Guerra al Terrore ha reso possibili restrizioni ai diritti civili che prima erano impensabili. La Guerra alla Crisi economica viene impiegata per smantellare i diritti dei lavoratori e privatizzare i beni comuni. Chi può dire cosa potrebbe succedere dopo lo scoppio di un’eventuale Terza Guerra Mondiale? Le proteste resteranno pacifiche o bombe molotov e armi semiautomatiche giustificheranno l’imposizione di uno stato di polizia in molti paesi occidentali?

Quel che è facile notare è che sta cambiando la mentalità della gente, in peggio. C’è sempre più paura ed aggressività. Sempre più persone cominciano a credere che i problemi possano essere risolti efficacemente solo con la violenza. Il che vuol dire che stiamo perdendo la libertà prima ancora che ce la tolgano (per il nostro bene). Abbiamo incontrato il nemico e siamo noi. Stiamo perdendo la libertà di esprimere le nostre migliori qualità dell’animo, quelle che fanno comunità, che fanno fratellanza, perché siamo sempre più sulla difensiva, sempre più orientati a distruggere invece di costruire: le nostre vite sono pervase di violenza psicologica e fisica che avvelena i nostri pensieri e sentimenti. Chi di spada ferisce, di spada perisce. Penso che questo faccia molto comodo a chi detesta la democrazia ed ama le oligarchie. Il caos, l’anarchia è ciò che questi segmenti della società (una larga fetta della classe dirigente, assistita da politici corrotti o troppo pigri ed ignoranti per cogliere il quadro generale) vogliono, perché hanno un “nuovo” prodotto da vendere, un “nuovo” modello sociale che avvantaggia i loro interessi a spese di tutti gli altri.

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COME EVITARE DI FARE LA FINE DEGLI STATI UNITI?

Forse la rivoluzione è inevitabile, ma non è la soluzione migliore, essendo gravida di ripercussioni terribili. Proteste di massa, coordinate, in tutta Europa, che sfidino l’establishment, che blocchino la macchina produttiva: servirebbero a risvegliare molte altre coscienze, a scatenare i necessari dibattiti, a preservare la libertà interiore – il rifiuto di sentirsi, pensare e comportarsi come gli oligarchi vogliono che ci si senta, pensi e comporti –, che è un bene di valore inestimabile. Bisogna uscire dalla modalità degli automatismi egoistici da istinto di sopravvivenza.

È una guerra per il controllo delle coscienze, non per il controllo dei corpi. Questa cosa andrebbe capita, una volta per tutte. Se perdiamo la coscienza (cuore e mente) nessuna rivoluzione ce la restituirà. Saremo pedine, non protagonisti.

La questione delle pistole – il possesso d’armi non è il problema principale. Il metodo della nonviolenza di massa è certamente il più efficace, perché nessuna società può funzionare senza la collaborazione dei cittadini (il Terzo Reich è sopravvissuto fino al 1945 non grazie ai fanatici nazisti come Adolf Eichmann, ma grazie agli sforzi sovrumani di milioni di operosi patrioti) ma è una tecnica che richiede intelligenza e lucidità.

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/etienne-de-la-boetie-un-uomo.html

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/nonviolenza-certamente-ma.html

Non basta mettersi davanti ad un carro armato o auto-immolarsi per fare la cosa giusta.

Tuttavia quanti sarebbero in grado di farvi completo affidamento quando la minaccia della violenza indiscriminata incombe?

Per questo le vendite di armi aumentano dopo ogni strage.

Per questo molti preferiscono dare il loro contributo ad una resistenza nonviolenta, ma tenendo da parte una pistola, che non si sa mai.

Potrebbe anche funzionare, ma un’eccessiva attenzione a scenari violenti impedisce di esprimere la nonviolenza, chiude la mente, sopprime la libertà interiore.

Il giusto mezzo è essere consapevoli del problema, ma senza farsi dominare da esso, senza concludere che è tutto un braccio di ferro in cui chi è più potente e risoluto alla fine deve prevalere ed è nel giusto. Altrimenti abbiamo perso in partenza.

Se il bullo ci fa diventare come lui, abbiamo perso, anche se lo sconfiggiamo. Saremo suoi cloni, una minaccia per gli altri, per la comunità, un pretesto per abolire la democrazia al fine di soggiogarci.

Se una persona è davvero forte interiormente si sentirà sicura e non avrà bisogno di dimostrare niente a nessuno: continuerà a fare quel che stava facendo, senza provocare nessuno, senza flettere i muscoli, senza richiamare l’attenzione di nessuno, perché sa di potersela giocare.

Se una pistola e ciò che serve ad alcuni per raggiungere questa condizione di equilibrio, per emanciparli dalla costante paura del futuro, allora così sia. Non si può pretendere troppo dalle persone e, a questo punto, chi non è spaventato è dissociato dalla realtà. È giusto essere spaventati quando si affrontano degli psicopatici al culmine del potere.

Chi se le va a cercare le troverà, allo stesso modo in cui le troverà chi nega la realtà perché gli sembra troppo spiacevole.

La questione è che un autentico maestro di arti marziali sa che il suo successo sta nel non dover usare ciò che ha appreso. Se diventa un esperto aspettandosi di mettere in pratica le lezioni ricevute allora ha perso: un vero guerriero dello spirito sa che l’obiettivo è controllare la violenza stessa, per non cadere in tentazione.

Analogamente, l’obiettivo di avere un’arma dovrebbe essere quello di arrivare a capire che non ci serve.

Se invece si sviluppa una dipendenza psicologica rispetto alle armi, è un segno di sconfitta: invece di possedere una pistola, è lei a possedere noi. Si diventa catalizzatori di violenza, come gli Stati Uniti che importano ed esportano violenza, come uno qualunque degli stati-canaglia che denunciano. Fissati sulla violenza e sulla distruzione, sugli scenari peggiori, è esattamente quel che esperiranno. Non sono più una nazione libera.

Gli Stati Uniti, come Weimar prima di loro, hanno raggiunto la condizione di “anarchia organizzata” (caos controllato)  in cui le masse sono malleabili, disposte ad approvare molte cose altrimenti improponibili. La differenza è che gli americani non sono i tedeschi dell’epoca della Depressione e quindi il loro destino non è segnato (né lo è il nostro). Nessuno può prevedere con certezza cosa succederà, men che meno chi pensa di poter controllare e dirigere gli eventi globali.

Quel che dobbiamo fare è essere determinati a sopravvivere, ma senza farne un’ossessione. La morte non è la fine del mondo:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/11/di-che-vita-parlava-gesu-della-vita-della-morte-e-delle-esperienze-extracorporee/

La luce nera in fondo al tunnel

 

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E’ proprio come la medicina medievale: salassavano i pazienti per curare i loro malanni, e quando il sanguinamento li faceva star peggio, li salassavano ancora di più.

Paul Krugman, NYT, dicembre 2012

FINLANDIA – recessione

http://www.milanofinanza.it/news/dettaglio_news.asp?id=201212051014108874&chkAgenzie=TMFI

FRANCIA – recessione

http://www.agi.it/economia/notizie/201212100903-eco-rt10027-francia_banca_centrale_prevede_recessione_a_fine_2012

GERMANIA – contrazione nel quarto trimestre.

http://it.reuters.com/article/itEuroRpt/idITL5E8NA1L820121210

Su base annua la produzione industriale tedesca ha registrato ad ottobre un calo del 3,7%.

http://www.borsainside.com/mercati_europei/2012/12/42241-crisi-la-produzione-industriale-tedesca-crolla-ad-ottobre.shtm

PAESI BASSI – contrazione dell’1,1%

http://www.tradingeconomics.com/netherlands/gdp-growth

AUSTRIA E DANIMARCA – crescita dello 0,1%

http://articles.economictimes.indiatimes.com/2012-11-30/news/35483426_1_growth-forecast-gdp-forecast-growth-view

REGNO UNITO – in recessione fino alle Olimpiadi, si prevede una ricaduta nella recessione

http://www.telegraph.co.uk/finance/festival-of-business/9620479/Accuracy-of-UK-GDP-data-worse-than-China-says-Jim-ONeill.html#

POLONIA – crescita quasi dimezzata

http://www.bloomberg.com/news/2011-11-28/poland-s-2012-2013-gdp-growth-forecasts-cut-to-2-5-by-oecd.html

ITALIA

Più di un miliardo di ore in 9 mesi…gli ultimi dati dell’Inps sulla cassa integrazione guadagni (cig), che è tornata ai livelli del 2010: l’anno nero della crisi economica internazionale….Una situazione simile si registra anche per gli altri due ammortizzatori sociali che, oltre alla cig, vengono erogati nel nostro paese, cioè i sussidi ordinari di disoccupazione e gli assegni di mobilità. Per questi ultimi, a ottobre, si sono registrate oltre 17mila richieste, con una crescita di ben il 67% rispetto al mese precedente. Per i sussidi alla disoccupazione, invece, da gennaio a novembre del 2012 sono state presentate 1 milione e 146mila domande, con un incremento del 16% rispetto ai primi 10 mesi del 2011.

http://economia.panorama.it/lavoro/cassa-integrazione-record

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Luciano Gallino, La strada da seguire per creare più lavoro, La Repubblica, 03/11/2012.

Sotto il profilo economico, quasi tre milioni di disoccupati comportano una riduzione del Pil potenziale dell’ordine di 70-80 miliardi l’anno… Quanto al rischio politico, qualcuno dovrebbe ricordarsi che uno dei fattori alla base dell’ascesa del fascismo e ancor più del nazismo è stata la disoccupazione di massa. E la capacità di ridurla mostrata da tali regimi dopo la crisi del ’29 è una delle ragioni del sostegno popolare di cui hanno goduto fino alla guerra che li ha abbattuti.

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Luciano Gallino, Sulla crisi pesano i debiti delle banche, La Repubblica, 30/07/2012.

IL 20 luglio la Camera ha approvato il “Patto fiscale”, trattato Ue che impone di ridurre il debito pubblico al 60% del Pil in vent’anni. Comporterà per l’Italia una riduzione del debito di una cinquantina di miliardi l’anno, dal 2013 al 2032. Una cifra mostruosa che lascia aperte due sole possibilità: o il patto non viene rispettato, o condanna il Paese a una generazione di povertà.

[…]

la crisi è nata dal fatto che le banche Ue (come si continuano a chiamare, benché molte siano conglomerati finanziari formati da centinaia di società, tra le quali vi sono anche delle banche) sono gravate da una montagna di debiti e di crediti, di cui nessuno riesce a stabilire l’esatto ammontare né il rischio di insolvenza. Ciò avviene perché al pari delle consorelle Usa esse hanno creato, con l’aiuto dei governi e della legislazione, una gigantesca “finanza ombra”, un sistema finanziario parallelo i cui attivi e passivi non sono registrati in bilancio, per cui nessuno riesce a capire dove esattamente siano collocati né a misurarne il valore. La finanza ombra è formata da varie entità che operano come banche senza esserlo. Molti sono fondi: monetari, speculativi, di investimento, immobiliari.

[…]

La finanza ombra è stata una delle cause determinanti della crisi finanziaria esplosa nel 2007. In Usa essa è discussa e studiata fin dall’estate di quell’anno. Nella Ue sembrano essersi svegliati pochi mesi fa. Un rapporto del Financial Stability Board dell’ottobre 2011 stimava la sua consistenza nel 2010 in 60 trilioni di dollari, di cui circa 25 in Usa e altrettanti in cinque paesi europei: Francia, Germania, Italia, Olanda e Spagna. La cifra si suppone corrisponda alla metà di tutti gli attivi dell’eurozona. […]. Nella sua genesi le banche europee hanno avuto un ruolo di primissimo piano a causa delle acrobazie finanziarie in cui si sono impegnate, emulando e in certi casi superando quelle americane. Ogni tanto qualche acrobata cade rovinosamente a terra; tra gli ultimi, come noto, vi sono state grandi banche spagnole. Frattanto in pochi mesi i governi europei hanno tagliato pensioni, salari, fondi per l’istruzione e la sanità, personale della PA, adducendo a motivo l’inaridimento dei bilanci pubblici. Che è reale, ma è dovuto principalmente ai 4 trilioni di euro spesi o impegnati nella Ue al fine di salvare gli enti finanziari: parola di José Manuel Barroso.

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La gestione del welfare è un bottino che fa gola ai privati. Le imprese, con la complicità dei governi europei, puntano a mercificare lo stato sociale e la spesa pubblica. Per loro parliamo di 3mila 800 miliardi l’anno di merci da comprare e da vendere, non più servizi da erogare.

http://pubblicogiornale.it/politica/i-tecnici-non-esistono-parola-di-luciano-gallino/

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«Le manovre tecniche hanno creato recessione»

Pubblicato da: Vladimiro Giacchè il 03 ottobre 2012 alle 04:58

I magistrati della Corte dei Conti hanno esaminato la Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza e hanno sottolineato con la matita blu la dubbia efficacia delle politiche governative e i loro sicuri effetti negativi sulla crescita del nostro Paese.

Per quanto riguarda gli effetti negativi, non hanno dovuto faticare molto. Come giustamente rilevano in apertura della loro relazione, infatti, «sul fronte delle prospettive economiche, il peggioramento rispetto all’aprile scorso appare assai netto e, per l’Italia, drammatico».

[….]

«secondo gli stessi parametri offerti dal documento governativo, quasi due terzi della riduzione del pil devono essere imputati alle dimensioni e alla composizione della mano- vra complessiva della finanza pubblica attuata a partire dall’estate 2011».

[…]

Il calo del prodotto comporta un peggioramento delle entrate fiscali.

http://pubblicogiornale.it/economia-2/corte-dei-conti-le-manovre-tecniche-hanno-creato-recessione/

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«Al punto in cui siamo, le politiche adottate per risolvere la crisi dell’eurozona stanno facendo più danni di qualunque cosa possa aver causato originariamente quei problemi». Con queste parole l’editorialista del Financial Times Wolfgang Münchau ha salutato giorni fa le più recenti proposte della cosiddetta troika (Fmi, Bce e Commissione europea) per aggiustare i conti della Grecia. […]. Il problema, fa osservare Münchau, è che quel crollo è dovuto in primo luogo proprio alle misure di austerity adottate. Ma questo la troika si ostina a ignorarlo. Così, quando «gli obiettivi economici vengono mancati, si applicano dosi maggiori di austerità, il che provoca una caduta ulteriore del pil, seguita da un ulteriore fallimento nel conseguire gli obiettivi», e così via. Questo è il girone infernale in cui sono ormai precipitati paesi come la Grecia, la Spagna e il Portogallo. Con l’ennesima manovra messa in campo dal governo Monti, l’Italia scende un ulteriore gradino di quel girone.

Vladimiro Giacchè il 17 ottobre 2012 Pubblico

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La spesa complessiva per i dipendenti pubblici? In Italia è di 172 miliardi, nel Regno Unito e in Germania di 194 miliardi, e in Francia addirittura di 259 miliardi.

Altro tema su cui l’uso dei dati è piuttosto opinabile è quello delle pensioni. La spesa pensionistica, ci dice Serra, nel 2010 è stata pari al 15,3% del prodotto interno lordo, a fronte di un 14,6% della Francia, di un 10,8% della Germania e via a scendere. Ma nello stesso grafico proposto si vede molto bene che questa spesa non crescerà di qui al 2050, mentre tutti gli altri paesi vedranno aumentare la loro in misura significativa. Del resto è ben noto a chiunque che il trattamento pensionistico italiano, grazie alle ultime “riforme”, è ormai tra i meno generosi del continente.

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secondo i dati Istat i redditi da lavoro nel periodo 2000-2011 sono cresciuti soltanto del 2% rispetto all’inflazione (e quel piccolo vantaggio è stato perso nel 2012).

Pubblicato da: Vladimiro Giacchè il 21 ottobre 2012 Pubblico del 21 ottobre 2012

Il Centro Studi di Confindustria boccia Monti, il World Economic Forum boccia la Fornero

“Le condizioni economiche dell’Area euro si stanno rivelando molto peggiori di quel che era stato previsto pochi mesi fa. Le misure finora adottate dalla BCE e dai governi, alla luce dell’andamento delle variabili reali e della reazione dei mercati finanziari (con una stretta interrelazione in entrambe le direzioni tra le prime e i secondi), si sono dimostrate del tutto inadeguate.

In particolare, le politiche di bilancio improntate al solo rigore, invece di stabilizzare il ciclo, stanno facendo avvitare su se stessa l’intera economia europea. Ormai non c’è più nessun economista che creda agli effetti espansivi non-keynesiani dei tagli ai bilanci pubblici attuati simultaneamente in più paesi fortemente integrati tra loro, come sono quelli dell’UE e in particolare dell’Eurozona.

L’esperimento in atto nell’Area euro di restrizione dei bilanci pubblici in presenza di un’ampia capacità produttiva inutilizzata dimostra, al rovescio, la validità delle prescrizioni contenute in ogni manuale di politica economica. Quando c’è ampia capacità produttiva inutilizzata, pari in media al 2,6% del PIL nell’Eurozona (e addirittura 2,9% in Italia, 3,7% nei Paesi Bassi, 4,4% in Spagna, 4,6% in Portogallo e 10,7% in Grecia), le politiche restrittive abbassano il PIL effettivo e distruggono base produttiva, quindi il PIL potenziale, minando la sostenibilità dei conti pubblici nel lungo periodo“.

http://www.confindustria.it/studiric.nsf/All/C9248C5753C45F0EC1257A29004051A4?openDocument&MenuID=42257EA28EF90910C1257547003B2F89

“L’asse Monti-Fornero vende all’opinione pubblica la flessibilità selvaggia e i conseguenti disastri sociali come necessità essenziali per rendere il Paese competitivo. Il teorema è: abbiamo un mercato del lavoro troppo regolamentato, soffoca la competitività, cioè da noi non investono e con paghe/regole troppo rigide non siamo competitivi all’estero. Confindustria dell’ignorante Squinzi approva. Ok.

Il World Economic Forum di Davos è la massima assise mondiale della finanza e dell’industria, più in alto di così non si va. Pubblicano ogni anno un rapporto sulla competitività dei Paesi nel mondo, il Global Competitiveness Index. Ogni Stato ha una pagella. Nelle pagelle di ogni nazione c’è la parte con la scritta in azzurro The most problematic factors for doing business, cioè quali sono gli ostacoli più problematici per investire in quei Paesi, e per quei Paesi per essere competitivi all’estero. Nelle pagelle di Svizzera, Svezia, Finlandia, e Germania, fra gli ostacoli più problematici ci trovate sempre la voce Restrictive Labour Regulations, cioè un mercato del lavoro troppo regolamentato. In Svizzera, Svezia, Finlandia, Germania il mercato del lavoro NON è flessibile a sufficienza. Ok.

Secondo il teorema Monti-Fornero, il World Economic Forum Global Competitiveness Index dovrebbe bocciare la competitività di Svizzera, Svezia, Finlandia, Germania, tutte piagate da troppa poca flessibilità del mercato del lavoro, e anche, vi si legge, da poca efficienza e da troppa burocrazia. Addirittura nel caso della Svizzera, il WEF lamenta una insufficiente formazione del personale al lavoro”. Peggio di così…

Ok, andiamo a vedere chi sono i Paesi giudicati dal World Economic Forum come i più competitivi al mondo nel 2011:

Primo posto: Svizzera

Terzo posto: Svezia

Quarto posto: Finlandia

Sesto posto: Germania

Su 193 Paesi nei primi sei posti ci sono proprio Svizzera, Svezia, Finlandia e Germania, i Paesi con altissima regolamentazione del mercato del lavoro, troppa burocrazia e anche inefficienze. Possibile? Ma la rigidità del mercato del lavoro non era la causa prima della perdita di competitività?

Se leggiamo la pagella dell’Italia, e sempre nella sezione The most problematic factors for doing business, cioè quali sono gli ostacoli più problematici per investire da noi e per noi per vendere all’estero, vi si trovano precisamente gli stessi problemi di Svizzera, Svezia, Finlandia e Germania: burocrazia, inefficienza e mercato del lavoro troppo regolamentato. Andiamo a vedere dove sta l’Italia nella classifica su 193 Paesi: Quarantatreesimo posto (43), dietro Tunisia e Barbados”.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=10528

Che fine farà l’Italia dopo l’eutanasia dell’Unione Europea?

Con l’euro abbiamo quasi un’Europa che procede a differenti velocità. Questa situazione si rafforzerà, perché chi è in un’unione monetaria deve cooperare più strettamente. Dobbiamo essere aperti e permettere sempre agli altri di collaborare, ma non possiamo fermarci perché qualcuno non vuole procedere.

Angela Merkel, 7 giugno 2012

Oggi le alternative secche sono due: o il debito dei vari paesi membri viene assunto dalla Ue in quanto tale e si va rapidamente ad un’unione politica (cioè ad uno Stato europeo), o la moneta salta in aria. Puramente e semplicemente: non ci sono alternative. In astratto, la soluzione più auspicabile sarebbe la prima, ma, personalmente non ci credo affatto: se l’unione politica non si è fatta in tempi favorevoli, quando il vento soffiava nelle vele dell’Europa, non si capisce perché dovrebbe riuscire ora che la crisi accentua tutti gli egoismi nazionali, con un ceto politico di mezza tacca in ciascuno dei paesi membri, dopo la raffica di fallimenti sul piano della politica estera (dove mai l’Unione è riuscita a parlare con una sola voce), in una situazione sociale difficilissima. Qualcuno pensa che sono proprio le asprezze della crisi a poter fare il miracolo, costringendo gli europei a fare per forza quello che non sono riusciti a fare per amore. Certamente la situazione richiederebbe una soluzione del genere, ma avere bisogno di 1000 talleri ed avere 1000 talleri non è la stessa cosa, avrebbe detto, più o meno, Kant. D’altra parte, le condizioni strutturali per l’edificazione di un “Io” collettivo europeo continuano a non esserci per la mancata unificazione linguistica e culturale del continente. Tutto quello che può venir fuori da un processo forzato di unificazione sarebbe una buro-tecnocrazia centralizzata e totalmente priva di qualsiasi legame con la base popolare, un orrendo pasticcio antidemocratico assai poco auspicabile. Ma in ogni caso, anche questo appare come un disegno del tutto velleitario.

Aldo Giannuli

Serpeggia persino la tentazione di divenire una “grande Svizzera”, ma da sola la Germania non ha la massa critica per un ruolo mondiale a pari dignità con Usa, Cina, India, Brasile. Ha bisogno allora, forse, di una moneta unica con un nucleo più piccolo. Si può immaginare un’eurozona con meno membri, con i pochi che hanno finanze solide e una situazione competitiva. Sempre più tedeschi giudicano sempre meno sensato continuare a difendere a ogni costo l’euro come è ora. Questi umori si diffonderanno sempre di più. Con la conseguenza che l’Europa non si sgretolerebbe, ma l’euro sì. Nuovi ombrelli di salvataggio per Spagna o Portogallo non basterebbero. L’unica via sarebbero gli eurobond che qui nessuno vuole. Lo sviluppo di una simile spaccatura dell’euro sarebbe poco confortevole: ci sarebbe uno squilibrio tra Nord e Sud dell’Europa, e anche tra la Germania e gli altri che resterebbero in un euro ridotto, o nell’area economica tedesca, dentro o fuori dall’euro, come polacchi e cechi. E il rapporto francotedesco dovrebbe essere mantenuto in vita, per ragioni politiche, geopolitiche, storiche. Hollande si adatterebbe. Immaginiamo uno scenario in cui l’euro si disintegra, e si forma un nuovo nucleo duro ristretto: Germania, Polonia, Francia e pochi altri. Con embrioni di Costituzione e politiche comuni. La Francia resterebbe nel club esclusivo, ma forse senza più parità o finzione di parità e di duopolio. Una tale situazione potrebbe evolvere verso un sovrappiù d’influenza della Germania. Un simile sviluppo avrebbe serie conseguenze sugli umori dell’Europa meridionale verso la Germania. Non a caso Helmut Schmidt ha recentemente ammonito i tedeschi a ricordare che i vecchi risentimenti riemergono facilmente.

Peter Schneider, “L’oro del Reno”, la Repubblica, 7 giugno 2012

Nella loro disperazione, le oligarchie sono disposte a sacrificare il sogno europeo sull’altare della loro avidità e paura, trasformando il problema di una unione monetaria senza unione politica in un problema di unione politica priva di uno stato-nazione coerente e con un enorme deficit democratico, senza chiedere il consenso dei cittadini europei.

Quel che è certo è che l’Europa a due velocità è una campana a morto che suona per l’Unione Europea

Infatti, allo scopo di garantire gli investitori, “il Trattato di Lisbona non prevede in modo espresso una procedura per l’uscita volontaria di uno stato membro dall’Eurozona. Per abbandonare la moneta comune, l’unica eventuale strada, per la Grecia o altri partner in difficoltà, sembra essere uscire del tutto dall’Unione europea. Un’ipotesi di scuola, improbabile, ma tecnicamente possibile. Proprio l’entrata in vigore, il 1° dicembre 2009, del Trattato di Lisbona offre anzi qualche strumento in più. Questo perché, per la prima volta, il Trattato Ue afferma, in modo espresso, il diritto di ogni Stato di uscire dalla Ue (articolo 50). […]. La Carta di Lisbona non dice nulla, invece, sulla possibilità di abbandonare solo l’Eurozona”.

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Editrice/IlSole24Ore/2010/04/29/Economia%20e%20Lavoro/4_E.shtml?uuid=0ca2d8ba-5352-11df-aa0b-e7dd342ffe1a&DocRulesView=Libero

“La mancanza di un processo costituzionale (o permesso da un trattato) per uscire dalla zona euro ha una solida logica solida alle spalle. Il punto di creare la moneta comune era quello di convincere i mercati che si trattava di un’unione permanente che avrebbe assicurato perdite enormi per chiunque avesse osato scommettere contro la sua solidità. Una singola uscita basta ad abbattere questa solidità percepita. Come una piccola crepa in una possente diga, un’uscita greca porterà inevitabilmente al collasso l’edificio…Nel momento in cui la Grecia viene spinta fuori accadranno due cose: una massiccia fuga di capitali da Dublino, Lisbona, Madrid, ecc, seguita dalla riluttanza della BCE e di Berlino ad autorizzare liquidità illimitata alle banche e stati. Questo significa il fallimento immediato di interi sistemi bancari, nonché dell’Italia e della Spagna. A quel punto, la Germania dovrà affrontare una terribile dilemma: mettere a repentaglio la solvibilità dello stato tedesco (devolvendo alcune migliaia di miliardi di euro per salvare ciò che resta della zona euro) o salvare se stessa, abbandonando la zona euro. Non ho alcun dubbio che sceglierà la seconda. E poiché questo significa strappare una serie di trattati e carte dell’UE e della BCE, l’Unione Europea, di fatto, cesserà di esistere”.

http://yanisvaroufakis.eu/2012/05/31/interviewed-by-fxstreet-com-on-grexit/

L’”Europa a due velocità” è un espediente semantico costituzionalmente inaccettabile e serve a nascondere la realtà. La realtà è che allo stesso modo in cui la Padania non è entusiasta di sovvenzionare (bail-out) permanentemente il resto d’Italia e California, Connecticut, Illinois, New Jersey, New York non sono entusiasti di farlo per Missouri, Mississippi, Tennessee, Kansas, ecc. (anche perché ora è l’indebitamento californiano ad essere esploso ed è ormai completamente fuori controllo), così Germania, Austria, Olanda, Danimarca, Finlandia e compagnia bella non intendono farsi carico del diverso stile di vita dei PIIGS. Se i cittadini dei PIIGS non intendono vivere per lavorare, sono affari loro. In quest’ottica scompare il dettaglio che l’introduzione dell’euro ha avvantaggiato le esportazioni tedesche e causato la deindustrializzazione di tutti i PIIGS e anche di Francia e Regno Unito (quest’ultimo si è buttato sui prodotti finanziari ed ora è la nazione europea messa peggio in assoluto, se si sommano debiti privati e debiti pubblici).

“Il grande problema di Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e, in misura minore ma sostanziale, Italia e Francia, è che all’ingresso nell’eurozona è corrisposta la deindustrializzazione. Nessuno di questi paesi poteva competere con la Germania senza svalutare (la dracma era stata svalutata del 45% rispetto al marco nel decennio precedente all’introduzione dell’euro). Così le esportazioni tedesche verso la Grecia sono aumentate a dismisura, tra il 47% ed il 94% a seconda dei settori”.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/15/le-cause-della-rivoluzione-in-europa-lhanno-fatto-una-volta-lo-rifaranno-ancora/

A dispetto della propaganda dell’élite tedesca e non solo tedesca, l’economia greca (e non solo quella) è sempre stata un problema per gli architetti dell’euro, contrari all’ammissione della Grecia, se è successo ugualmente è stato unicamente perché serviva a deprezzare l’euro, a beneficio delle esportazioni tedesche. Poi il surplus del sistema bancario tedesco e francese generato dall’effetto euro è stato reinvestito indebitando i PIGS con crediti a buon mercato completamente irresponsabili. Ora i PIGS sono presi tra l’incudine delle banche ed il martello degli eurarchi che vogliono liberarsi di loro, mandandoli al macello. Infatti un’uscita dall’Unione Europea e dall’eurozona sarebbe catastrofica: “Anche mettendo da parte le ramificazioni nazionali per la perdita dei sussidi all’agricoltura, fondi strutturali e forse interscambi commerciali (in seguito alla possibile introduzione di barriere commerciali tra la Grecia e l’UE), gli effetti sul resto della zona euro sarebbero catastrofici. La Spagna, già in un buco nero, vedrà il suo Pil ridursi di un valore superiore a quello dell’attuale tasso record di deflazione della Grecia, gli spread dei tassi di interesse tenderanno al 20% in Irlanda e in Italia e, in breve tempo, la Germania deciderà di darci un taglio e salverà se stessa assieme agli altri paesi con un surplus commerciale. Questa catena di eventi causerà una terribile recessione nei paesi in surplus raggruppati attorno alla Germania, la cui moneta si apprezzerebbe astronomicamente, mentre il resto d’Europa affonderebbe nella melma della stagflazione. Un habitat ideale per la Grecia? Assolutamente no!”

Varoufakis ribadisce in conclusione che la Grecia deve fare default, ma all’interno dell’eurozona:

http://yanisvaroufakis.eu/2012/05/16/weisbrot-and-krugman-are-wrong-greece-cannot-pull-off-an-argentina/#more-2171

IL RISCHIO DI UNA PAX GERMANICA (NEUORDNUNG EUROPAS)

L’Europa rischia di essere trasformata tramite un consenso estorto in un’appendice del blocco germanico in cui la periferia si troverebbe in un permanente stato di depressione che richiederebbe continui trasferimenti e/o costante repressione.

C’è un precedente importante da evitare in ogni modo.

Claudio Natoli, Profilo del nuovo ordine europeo, in: Hans Mommsen et al. “Totalitarismo, lager e modernità. Identità e storia dell’universo concentrazionario” + Alan Milward, “War economy and society 1939-1945”, ci spiegano gli obiettivi fondamentali del riordinamento europeo pianificato dagli economisti tedeschi al tempo del Terzo Reich:

* l’integrazione del commercio e della produzione europea in un grande spazio economico chiuso ed autosufficiente, con al centro la Grande Germania;

* l’estensione dell’influenza e del controllo delle imprese tedesche in tutta l’area geografica del Nuovo Ordine e in particolare nei paesi più sviluppati;

* il consolidamento nell’Europa orientale e sudorientale di una zona di esclusivo interesse per il commercio ed il capitale tedesco, destinata ad un permanente sottosviluppo industriale;

* la ricostruzione dell’Europa secondo una gerarchia razziale e sociale fondata sulla supremazia dei popoli del ceppo germanico;

Il Nuovo Ordine Europeo prevedeva “una struttura gerarchica con al centro una grande area germanica (comprendente almeno la Danimarca, l’Olanda, la Norvegia e la Svezia) altamente industrializzata e con un elevato standard di vita, una cerchia più vicina di stati subordinati con livelli di vita più modesti e con una struttura mista agricolo-industriale, gli stati satelliti dell’area balcanica legati al Grande Reich da un rapporto di tipo neocoloniale e infine la sfera illimitate dei territori dell’est, sottoposta a processi di sradicamento nazionale e culturale, di asservimento economico e sociale nella prospettiva di una futura estensione del Lebensraum…un doppio mercato del lavoro, al cui interno gli operai tedeschi erano collocati in una posizione privilegiata nelle garanzie sociali, nelle mansioni più qualificate e anche di sorveglianza rispetto ad altre categorie sottopagate e non garantite e soprattutto rispetto alla manodopera dequalificata e deprivata di ogni dignità e di ogni diritto rappresentata dalla massa della Gemeinschaftsfremde”.

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