La generazione che si è affacciata alla conoscenza nel terzo millennio dà per scontato che il mondo è fatto di condivisione e cooperazione. Le vecchie generazioni hanno ancora un´idea del cambiamento dettato dall´alto verso il basso, i giovani vivono in una dimensione decentrata, sono interconnessi orizzontalmente, senza gerarchie. La mia generazione ammirò le foto della terra prese dall´Apollo nella spedizione sulla luna, fu la nostra prima esperienza di empatìa verso l´intero pianeta visto da fuori. I nostri figli ogni giorno attraverso GoogleMap si percepiscono come cittadini del pianeta terra. Disastri come i terremoti ad Haiti e in Cile, con Twitter si trasformano nell´occasione di un´immediata solidarietà umana su scala globale. Questi ragazzi abituati a usare Skype per parlarsi col compagno di Tokyo intuiscono che siamo un´unica famiglia planetaria, per loro è più facile comprendere che ogni gesto quotidiano in ogni angolo del mondo ha un impatto in tempo reale sulla biosfera e colpisce la specie umana ovunque essa si trovi. Lì si è già avviata la transizione verso una nuova forma di coscienza
Jeremy Rifkin
Nel 2008, Micheline Calmy-Rey, seconda presidente nella storia della confederazione elvetica, rieletta nel 2011, è stata accusata da Roger Köppel, giornalista e imprenditore proprietario del settimanale elvetico Weltwoche, che prima del suo arrivo era orientato a sinistra ed ora è apertamente di destra, di aver predicato e praticato una rottura con il passato che ha messo a repentaglio lo status elvetico, “una neutralità che non è sempre stato eroica, ma generalmente saggia e corretta per un piccolo paese”, spesso visto come “innocuo e noioso”.
Calmy-Rey si è impegnata per anni a chiedere più giustizia sociale nel mondo, a lamentarsi del fatto che l’Unione Europea non riesce a farsi sentire o valere e procede sempre in ordine sparso sui grandi problemi internazionali, a dialogare con palestinesi e nordcoreani per attuare dei piani di pace duraturi, a condannare l’attacco all’Iraq e gli eccessi del globalismo finanziario, stipulare contratti per l’approvvigionamento energetico con gli iraniani, costruire “alleanze strategiche” con i paesi emergenti.
Köppel descrive il suo universalismo e neutralismo attivo come anti-americano, anti-israeliano e perciò “una minaccia per gli interessi elvetici”. Secondo lui la politica elvetica avrebbe costretto la Svizzera a giocare un ruolo internazionale che non competeva a “quel piccolo paese” e già questa è una ragione sufficiente per fermarla. Svezia e Danimarca però non si sono fatte troppe remore in tal senso ed hanno operato efficacemente, così come l’Austria del grande cancelliere Kreisky.
Köppel, fiero sostenitore dei neoconservatori svizzeri dell’SVP, nonché partner d’affari di Tito “come disse Marx, sono i capitalisti i migliori rivoluzionari” Tettamanti, finanziere d’assalto e tycoon ticinese orgogliosamente neoliberista (cf. Istituto Bruno Leoni), riserva a Calmy-Rey l’appellativo di “utile idiota di regimi brutali” in preda ad istintualità, emotività, imprevedibilità, sterile indignazione, mancanza di realismo e di una visione strategica, unicamente interessata ad apparire sui media, incapace di capire che non sarà la solidarietà internazionale a ridurre la miseria nel mondo.
Cioè a dire la quintessenza della donna che, nella mentalità della destra, dovrebbe restare presso il focolare domestico invece di occuparsi di cose da uomini e credere di poter trasformare la Svizzera in una superpotenza morale.
E’ ciò che succede, malauguratamente, a molte donne che entrano in politica non per fare le comparse ma per cambiare le cose, in Svizzera, in Trentino-Alto Adige (cf. Donata Borgonovo Re) e nel resto del mondo (e che vengono ostacolate anche dalle altre donne, in una feroce contesa per le magre briciole concesse dagli uomini).
Più donne capaci in politica, se non volete subire un’altamente spiacevole scottificazione