NATO il 4 luglio – gli schuetzen americani del 2013 e il fallito golpe del 1934

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Questo sarà un evento non-violento, a meno che il governo non scelga di renderlo violento…C’è una remota possibilità che ci possano essere atti di violenza da parte del governo, come è già successo e penso che dovrebbe essere chiaro che se un qualche partecipante sarà avvicinato con rispetto dagli agenti, si sottometterà all’arresto senza opporre resistenza. Stiamo veramente dicendo nel modo più sottile possibile che preferiamo morire in piedi che vivere in ginocchio.
Adam Kokesh, 2013

La commissione ha raccolto prove che dimostrano che alcune persone hanno effettuato un tentativo di dar vita ad una organizzazione fascista in questo paese…Non vi è alcun dubbio che questi tentativi sono stati discussi, sono stati pianificati, e potevano essere attuati, se e quando i finanziatori lo avessero ritenuto opportuno.

Relazione finale della commissione d’inchiesta del Congresso sulle accuse del generale Smedley D. Butler

James E. Van Zandt, comandante nazionale dei veterani di guerra era stato contattato da Butler subito dopo la riunione del 22 agosto con MacGuire ed avvertito che … stava per essere avvicinato dai golpisti…Confermò che, proprio come gli era stato anticipato da Butler, era stato avvicinato “da agenti di Wall Street”, che avevano cercato di arruolarlo nella loro trama.

New York Times, 23 novembre 1934

Il colpo di stato mirava a rovesciare il presidente Franklin D. Roosevelt con l’aiuto di mezzo milione di veterani di guerra. I congiurati, che sono stati accusati di coinvolgere alcune delle più famose famiglie in America (proprietari di Heinz, Birds Eye, Goodtea, Maxwell Hse e il nonno di George Bush, Prescott Bush) credevano che il loro paese avrebbe dovuto adottare le politiche di Hitler e Mussolini per battere la grande depressione. Mike Thomson indaga le ragioni per cui si sa così poco sulla più grande minaccia della storia alla democrazia americana in tempo di pace

http://www.bbc.co.uk/radio4/history/document/document_20070723.shtml

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/la-famiglia-bush-e-il-terzo-reich.html

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Gli eventi del 4 luglio potrebbero essere sanguinosi, a causa della stupidità o doppiezza di Adam Kokesh, ex marine dissidente fondatore dell’associazione veterani per Ron Paul (candidato alle presidenziali e pro-secessionismo), conduttore radiofonico, libertario in stile Tea Party (anarco-capitalista), con un largo seguito tra i feticisti delle armi, che qui discute con Webster G. Tarpley, rooseveltiano-gollista (come me)

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“L’attivista libertario e conduttore radiofonico, Adam Kokesh vuole organizzare una marcia armata su Washington, DC per il giorno dell’Indipendenza. Lanciato come un gruppo su Facebook,  lo “Open Carry March on Washington“ spera di portare 1.000 sostenitori a marciare nella capitale della nazione con fucili carichi. Il gruppo prevede di incontrarsi al cimitero nazionale di Arlington in Virginia. Da lì, marciare attraverso il ponte di Memorial a Washington, DC e proseguire lungo Viale Indipendenza. Mentre la Virginia permette di portare armi cariche, Washington, DC non rilascia alcun permesso / licenze o porto d’armi”.
http://voxnews.info/2013/05/06/la-marcia-su-washington-armi-in-pugno/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/10/tea-party-il-totalitarismo-anarchico-alla-conquista-degli-stati-uniti/

Finora gli iscritti alla marcia sono circa 5mila (ma quanti verranno veramente?).

*****

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Ecco il recente appello di Kokesh dopo il suo arresto per un presunto assalto ai danni di un agente:

“Quando un governo ha ripetutamente e deliberatamente omesso di rispettare le proprie leggi, violato i diritti umani fondamentali dei suoi cittadini,  minacciato la santità di una stampa libera, creato istituzioni per la soppressione della privacy, intrapreso guerre per venire incontro ad interessi particolari che minacciano la sicurezza pubblica, ucciso centinaia di bambini con attacchi di droni, imprigionato e distrutto la vite di innumerevoli individui per crimini senza vittime, soffocato opportunità economiche per mantenere il dominio delle élite finanziarie, rubato al popolo attraverso un assurdo sistema di tassazione e attraverso l’inflazione, svenduto le future generazioni in una condizione di servitù del debito, abusato del suo potere per reprimere l’opposizione politica, non è degno di continuare ad esistere – e fin qui nulla da eccepire [NdT] – e il dovere del popolo è quello di cambiare o abolire quel governo con qualsiasi mezzo necessario per garantire la libertà e garantire la pace.

Una nuova rivoluzione americana è attesa da tempo. L’idea di questa rivoluzione è maturata nei cuori e nelle menti delle persone nel corso di molti anni, ma questo Independence Day, essa prende una nuova forma, quando l’Esercito Rivoluzionario Americano marcerà su ogni capitale dello stato per chiedere che i governatori di questi 50 membri avviino immediatamente il processo di ordinata dissoluzione del governo federale attraverso la secessione e la ridistribuzione delle proprietà federali.

Qualora trascorresse un anno intero da questo 4 luglio senza che i crimini di questo governo fossero interrotti, si potrebbe superato il punto in cui la rivoluzione non violenta diventa impossibile.

Il tempo di stare a guardare è passato. Restare neutrali è essere complici, limitarsi a fare il proprio lavoro non è una scusa: il dado è tratto.

Mentre alcuni animi miti diranno che è troppo presto, che siamo in grado di risolvere questo problema attraverso mezzi democratici forniti dal governo, che gli attuali livelli di tassazione sono ragionevoli per i servizi forniti, e che i crimini di questo governo sono solo un fastidio tollerabile, potrebbe essere già troppo tardi.

È vero che un’azione drastica comporta dei rischi, ma il maggiore pericolo sta nel permettere a questo governo di proseguire il suo operato in modo incontrastato.

Quindi, se siete soddisfatti dello status quo, rimanete a casa, ingrassate, guardate i fuochi d’artificio a distanza di sicurezza, e permettete che questo Independence Day sia come tutti quelli che l’hanno preceduto. Ma se anche tu vedi quel che vediamo e senti quel che sentiamo, ci incontreremo sul fronte della libertà il 4 luglio 2013 per la definitiva Rivoluzione Americana

Adam Kokesh, 23 maggio 2013, da una cella di una prigione federale di Philadelphia.

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Ora io vi chiedo: come può qualcuno che è rinchiuso in una prigione federale rilasciare qualsiasi tipo di dichiarazione, e specialmente un appello alla guerra civile e alla dissoluzione degli Stati Uniti in un’anarchica congerie di staterelli?

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L’establishment finanziario sta fomentando una violenta risposta popolare per giustificare misure da stato di polizia? È un trabocchetto? Manifestazione armata > rivolte > rivoluzione > guerra civile > dittatura?
Obama ha una vaga idea di quello che sta facendo e di quel che potrebbe succedere? E’ un burattino? E’ un idiota all’oscuro di tutto quel che conta? E’ un complice?

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/04/under-the-dome-linvoluzione-degli-stati-uniti-verso-un-quarto-reich/

Sei un terrorista? Sì, tu!

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“Attività criminale” e “terrorismo domestico”: sono questi i termini che l’Fbi avrebbe utilizzato per riferirsi a Occupy Wall Steet, la protesta degli indignati partita da New York nel settembre 2011 e diffusasi nei mesi seguenti per tutto il Paese, da San Francisco, in California, ad Anchorage, in Alaska…. Secondo i documenti, di cui parla l’Huffington Post, nel corso delle indagini l’Fbi avrebbe collaborato strettamente con le banche americane e le società private entrate nel mirino dei protestanti.

http://america24.com/news/fbi-riferimenti-a-occupy-wall-street-come-terrorismo-domestico-

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È emerso che solo grazie all’intervento provvidenziale di un giudice federale che ha interrotto l’interrogatorio dell’FBI Dzhokhar Tsarnaev si è visto leggere i suoi diritti, sebbene Tsarnaev avesse ripetutamente richiesto di poter parlare con un avvocato (cosa che rientra tra i suoi diritti fondamentali di cittadino statunitense)

http://www.latimes.com/news/nationworld/nation/la-na-boston-bombing-20130426,0,5051005.story

Ogni passo lungo la strada che conduce ad uno stato di polizia è piccolo e incrementale. Inizia con casi come questo, in cui la gente è restia a difendere il diritto dell’accusato ad un giusto processo, perché lo considera colpevole. Così non si preoccupa più di tanto se i suoi diritti sono stati violati, in primis quello a ricevere una rappresentanza legale ed essere trattato come una persona che è innocente finché non è stata comprovata la sua colpevolezza.

È precisamente quando è più spiacevole farlo che diventa particolarmente necessario difendere lo stato di diritto, perché non è concepito per consumare vendette o placare gli animi dei famigliari delle vittime, ma per onorare il principio di giustizia. Altrimenti ogni “nonchalance” ed omissione posteriore sarà giustificata da quella, eclatante, che l’ha preceduta: “se lo si è fatto per lui, lo si può fare anche per quest’altra”.

A ciò si aggiunge il fatto che l’opinione pubblica internazionale non ha mai avuto l’opportunità di assistere ad un singolo processo di una persona accusata di complicità in atti terroristici di matrice islamica da parte delle autorità statunitensi. Tutti i sospettati sono morti, oppure sono internati (in sciopero della fame), oppure sono stati sequestrati a nostra insaputa e giacciono in qualche prigione segreta della CIA che Obama aveva promesso di chiudere. L’occultamento non è una prassi democratica, è il classico comportamento di un governo che ha qualcosa da nascondere. o di un’organizzazione terroristica.

Tommy Ray Franks, il generale che guidò le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq ha descritto molto realisticamente (Time, 21 novembre 2003) quel che succederebbe se dei terroristi si impadronissero di armi di distruzione di massa: “l’Occidente, il mondo libero, perderebbe ciò a cui tiene di più, la libertà che abbiamo ammirato per un paio di secoli in questo grande esperimento che chiamiamo democrazia…significherebbe la possibilità di una massiccia distruzione con moltissime vittime in qualche regione dell’Occidente – potrebbe essere negli Stati Uniti – che indurrebbe la nostra popolazione a mettere in discussione la nostra Costituzione ed iniziare a militarizzare la nostra nazione per poter evitare un altro evento del genere. Una decisione che finirebbe per cancellare la stessa Costituzione”.

Stiamo assistendo ad una svolta nella narrazione: l’islamofobia cederà il primo posto alla paura della minaccia interna. In questo modo l’establishment degli Stati Uniti potrà “fare ordine” all’esterno e contemporaneamente all’interno.

Nella Guerra al Terrore permanente, i due fratelli Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev sono il perfetto trait d’union tra l’islamismo e l’eversione domestica. Il primo era un integralista legalmente residente negli Stati Uniti, il secondo era un cittadino americano di origini cecene, perfettamente integrato (di più: un giovane di condotta esemplare) ed assolutamente insospettabile.

Abbiamo visto funzionari e commentatori volgere ogni notizia o diceria in un vantaggio tattico a breve termine, in vista delle elezioni del 2014. Come se l’unica vera importanza di questo orribile ma modesto attacco terroristico stesse nella sua capacità di comprovare la correttezza della propria visione del mondo. A destra, la gente era sicura che i terroristi di Boston facevano parte di un enorme complotto jihadista. A sinistra abbiamo sentito un sacco di teorie sulla Giornata dei Patrioti e Waco e Oklahoma City, assieme all’argomento che sarebbe stato meglio per la pace globale se gli attentatori fossero stati americani bianchi, piuttosto che musulmani stranieri…[…]. Lo spettacolo mediatico fatto di paura e irrazionalità, l’isteria nazionale che ha fatto di un atto atroce apparentemente perpetrato da due perdenti con zainetti esplosivi una “minaccia esistenziale” (per prendere a prestito un’espressione tratta dalla serie “Homeland”) per la nazione più potente del mondo”.

http://www.salon.com/2013/04/20/how_boston_exposes_americas_dark_post_911_bargain/?ok

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John W. Whitehead, giurista, Rutherford Institute:

Per quelli che, come me, hanno studiato l’emergere degli stati di polizia, la vista di una città posta sotto legge marziale, i suoi cittadini agli arresti domiciliari, elicotteri militareschi dotati di telecamere termiche che ronzano per i cieli, carri armati e veicoli blindati per le strade, cecchini appollaiati sui tetti, mentre migliaia di poliziotti vestiti di nero sciamavano per le strade e le squadre speciali in uniforme paramilitare effettuavano perquisizioni casa per casa alla ricerca di due giovani e apparentemente improbabile sospetti – evoca in noi un crescente disagio.

Intendiamoci, questi non sono più i segni premonitori di un crescente stato di polizia. Lo stato di polizia è già qui.

Altrettanto inquietante è la facilità con cui gli americani hanno accolto con favore il blocco della città, l’invasione routinaria della loro vita privata e lo smantellamento di ogni diritto costituzionale destinato a servire come un baluardo contro gli abusi del governo. Guardando lo svolgersi degli eventi, non ho potuto fare a meno di pensare alle osservazioni del feldmaresciallo nazista Hermann Goering, durante il processo di Norimberga:

Naturalmente, la gente comune non vuole la guerra; né in Russia, né in Inghilterra, né in America, né in Germania. Questo è chiaro. Alla fine, però, è il leader di un Paese a determinare la politica ed è sempre abbastanza semplice costringere la gente a seguirlo, che ci sia una democrazia, una dittatura fascista, un Parlamento o una dittatura comunista. Che abbiano voce o meno, le persone possono sempre essere portate a seguire i propri leader. È semplice. Tutto quello che bisogna fare è dire loro che sono sotto attacco e denunciare i pacifisti per la mancanza di patriottismo, per esporre la nazione al pericolo. Funziona allo stesso modo in ogni Paese.

Come gli eventi di Boston hanno dimostrato, funziona davvero allo stesso modo in ogni paese. Le stesse tattiche di propaganda e di stato di polizia che hanno funzionato per Adolf Hitler 80 anni fa continuano ad essere impiegate con grande successo nell’America post-11 settembre.

Qualunque sia la minaccia alla cosiddetta sicurezza – se si vocifera di armi di distruzione di massa, sparatorie scolastiche o presunti atti di terrorismo -, non ci vuole molto perché il popolo americano si metta in riga rispetto ai dettami del governo, anche se questo significa sottomettersi alla legge marziale, vedere le proprie case perquisite, essere spogliati dei propri diritti costituzionali senza alcun preavviso e dibattito.

[…].

Particolarmente sconfortante è il fatto che gli americani, consumati dal bisogno di vendetta, sembrano ancor meno preoccupati di proteggere i diritti degli altri, soprattutto se questi “altri” hanno un diverso colore della pelle o una diversa nazionalità. La risposta pubblica alla caccia all’uomo, la cattura e il successivo trattamento dei fratelli Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev è solo l’ultimo esempio della mentalità xenofoba dell’America, che è anche stata il motivo trainante del rastrellamento e detenzione di centinaia di arabi, persone provenienti dal subcontinente indiano e musulmani in conseguenza dell’11 settembre; dei campi di internamento che ospitavano più di 18.000 persone di origine giapponese durante la seconda guerra mondiale [in realtà furono decine di migliaia, NdT]; dell’arresto e deportazione di migliaia di residenti “radicali” durante le ondate di panico anticomunista statunitense (cf. Red Scare: http://it.wikipedia.org/wiki/Paura_rossa).

[…].

Come ha notato la giornalista Emily Bazelon (Slate): “Perché dovrei preoccuparmi del fatto che nessuno abbia letto i suoi diritti a Dzhokhar Tsarnaev? Perché quando la legge viene distorta per lui, è più facile farlo anche per il resto di noi”.

[…]

Poco dopo aver preso Tsarnaev in custodia, il dipartimento di polizia di Boston ha twittato “Catturato! La caccia è finita. La ricerca ha avuto successo. Il terrore è finito. La giustizia ha vinto”. Eppure, con Tsarnaev e suo fratello già accusati, processati e condannati dal governo, dai media e dalla polizia, il tutto senza aver mai messo piede in un’aula di tribunale, resta da vedere se la giustizia abbia davvero vinto.

La lezione per il resto di noi è questa: una volta che un popolo libero permette al governo di erodere la sua libertà o baratta quelle stesse libertà per la sicurezza, ci si trova su un piano inclinato verso una tirannia. E non importa che al governo ci sia un democratico o un repubblicano, perché la mentalità burocratica su entrambi i lati sembra ora incarnare la stessa filosofia di governo autoritario. Sempre più spesso quelli di sinistra, che una volta celebravano Barack Obama come un antidoto per il ripristino delle numerose libertà civili che erano state perse o compromesse a seguito delle politiche dell’era Bush, si ritrovano costretti a riconoscere che le minacce alle libertà civili sono anche peggiori sotto Obama.

Chiaramente le prospettive per le libertà civili sotto Obama diventano ogni giorno più tetre, dal suo appoggio alla detenzione a tempo indeterminato per i cittadini degli Stati Uniti, alle liste di bersagli umani per i suoi droni, alla sorveglianza telefonica, postale ed elettronica senza mandato, ai procedimenti contro le gole profonde (funzionari onesti che informano la popolazione di ciò che non va, NdT).

Più di recente, capitalizzando sulla confusione e paura della popolazione, la tragedia della maratona di Boston è stata usata come un mezzo per estendere la portata dello stato di polizia, a cominciare dall’approvazione a larga maggioranza della CISPA.

Questi sviluppi preoccupanti sono le manifestazioni esteriori di un cambiamento del modo in cui il governo vede non solo la Costituzione e la Carta dei Diritti, ma anche “noi il popolo” (“we the people”). Ciò riflette un allontanamento da un governo in cui vige lo stato di diritto a uno che cerca il controllo totale attraverso l’imposizione di leggi che lo favoriscono, a detrimento della popolazione.

Intanto, gli americani rimangono in gran parte ignari delle minacce incombenti sulle loro libertà, desiderosi di essere persuasi che il governo può risolvere i problemi che ci affliggono – che si tratti di terrorismo, di una depressione economica, di un disastro ambientale o anche di un’epidemia di influenza.

Eppure, dopo essersi bevuti la fallace idea che il governo può garantire non solo la nostra sicurezza, ma la nostra felicità e che si prenderà cura di noi dalla culla alla tomba, cioè dagli asili nido alle case di cura, abbiamo in realtà permesso a noi stessi di essere imbrigliati e trasformato in schiavi agli ordini di un governo che se ne infischia delle nostre libertà o della nostra felicità.

http://original.antiwar.com/jwhitehead/2013/04/22/boston-strong-marching-in-lockstep-with-the-police-state/

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Abbiamo già visto che le autorità americane mentono compulsivamente: ci era stato detto che il più giovane dei terroristi di Boston era stato preso dopo una sparatoria e che il suddetto si era ferito gravemente tentando di suicidarsi. Tutto falso.

Qui la foto di lui che esce dalla barca sulle sue gambe:

http://boston.cbslocal.com/2013/04/20/cbs-news-dzhokhar-tsarnaev-may-have-attempted-suicide-before-capture/

Non era armato, non ha mai potuto rispondere al fuoco, dovevano prenderlo vivo, ma hanno crivellato di colpi la barca:

http://www.washingtonpost.com/world/national-security/officials-boston-suspect-had-no-firearm-when-barrage-of-bullets-hit-hiding-place/2013/04/24/376fc8a0-ad18-11e2-a8b9-2a63d75b5459_story.html

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LA PROSSIMA MENZOGNA?

L’FBI e la CIA prepareranno l’opinione pubblica americana al nuovo credo della Guerra al Terrore: “la più grave minaccia per l’America è interna. Ci sono cellule eversive AMERICANE ben armate che pianificano l’abbattimento dello stato federale ed hanno come obiettivo la cattura di una città”. Prima o poi questo scenario si materializzerà magicamente e la santabarbara esploderà.

Il governo federale affermerà che ha il dovere di ristabilire l’ordine, i ribelli si appelleranno a questo tipo di argomentazione:

A tutti quelli che vorrebbero proibire le armi dico solo che se gli ebrei europei avesse avuto il diritto di portare armi prima dell’Olocausto i nazisti e i loro collaboratori avrebbero avuto un bel daffare nell’attuare la “Soluzione Finale”. (Questo tipo di situazione era precisamente il motivo per l’introduzione del 2° emendamento – serviva ad eliminare il monopolio di Stato sulla violenza, armando la popolazione). Questo è il problema fondamentale che riguarda il controllo delle armi in America. Senza un’arma da fuoco si è in balia del linciaggio, la vostra sicurezza dipende dalla buona volontà degli altri cittadini. Se improvvisamente questi se la prendono con te perché sei ebreo, musulmano, nero, gay, o qualsiasi altra cosa, allora tanti saluti. Per questo esiste un’associazione ebraica in favore del secondo emendamento come baluardo contro l’antisemitismo e per la stessa ragione il movimento delle Pantere Nere (Black Panther) lottò strenuamente contro il divieto di portare armi. Un’arma da fuoco dà alle minoranze una serie di diritti che non potrebbero altrimenti essere protetti, in particolare la garanzia di protezione dalla tirannia”.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/12/23/ora-sono-diventato-la-morte-il-distruttore-dei-mondi-100-1000-waco/

Quel che Zucconi, Bloomberg e Michael Moore non vi hanno spiegato sulla questione delle armi negli Stati Uniti

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“Commentatori e politici dicono: “Non è il momento di parlare di controllo delle armi”. Davvero? E quando allora?”.
Twitter di Michael Moore

Vittorio Zucconi scrive un pezzo molto bello, struggente, convincente, da viralizzare sui social networks:

http://www.repubblica.it/esteri/2012/12/15/news/il_sacrificio_al_dio_delle_armi-48787846/?ref=HREA-1

Non vi dicono però che la “loro” soluzione – il controllo delle armi e la requisizione di quelle semiautomatiche – è foriera di conseguenze catastrofiche.

Procediamo con ordine.

**********

Obama (Nobel per la Pace) ha autorizzato l’uccisione per mezzo di droni di qualunque maschio in età da combattimento in Afghanistan e Pachistan – un trucco che permette di ridurre il numero di civili uccisi, in quanto quasi tutti gli uomini dai 15 anni in su non sono più tecnicamente civili.

http://www.salon.com/2012/05/29/obama_the_warrior/singleton/

“Si tratta del secondo più sanguinoso massacro avvenuto negli Stati Uniti, dopo le 32 vittime del Virginia Tech nel giugno del 2007”.

http://www.lastampa.it/2012/12/15/esteri/sparatoria-a-scuola-uccisi-venti-bambini-XoXXydLhQMmgbDz5t8LwLM/pagina.html

La differenza tra Adam Lanza e Barack H. Obama non mi è del tutto chiara.

Se uccidi un uomo sei un assassino…

…se ne uccidi dieci sei un mostro…

…se ne uccidi cento sei un eroe…

…se ne uccidi mille sei un conquistatore…

Il massacro coincide con la vigilia dell’anniversario del famoso (famigerato) secondo emendamento della Costituzione statunitense

Un furioso Michael Bloomberg, sindaco di New York: «Abbiamo sentito che era troppo presto per parlare di riforma delle leggi sulle armi dopo Columbine, Virginia Tech, Tucson e Aurora. Ora lo sentiamo di nuovo. Per ogni giorno che passa, 34 persone vengono uccise a colpi di armi da fuoco e oggi molte di queste erano bimbi di cinque anni», ha detto.

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/usa_strage_scuola_bambini_morti_connecticut_obama_lanza/notizie/238202.shtml

Questo è il tema-chiave, quello da tenere d’occhio: il controllo delle armi, che può violare il secondo emendamento, concepito per consentire ai cittadini statunitensi di proteggersi da un governo dispotico.

La prospettiva di una rielezione di Obama ha prodotto un massiccio incremento delle vendite di armi (perché c’era la percezione diffusa che avrebbe vietato l’acquisto di armi semiautomatiche)

http://www.liberoquotidiano.it/blog/1078512/Il-rischio-di-un-Obama-bis-fa-impennare-le-vendite-di-armi.html

Già nel 2008 si era registrato un aumento del 25% di vendite “grazie” all’elezione di Obama. Nel 2012 l’aumento è stato del 56% rispetto al picco del 2008.

Le armi semiautomatiche uccidono in massa ma, anche in loro assenza, certi episodi continueranno a succedere (anche altrove):

http://www.agi.it/estero/notizie/201212141343-est-rt10130-cina_folle_con_coltello_ferisce_22_bambini_arrestato

Il Massachusetts è uno dei pochi stati con leggi molto restrittive sulla vendita e possesso di armi e il suo tasso di omicidi con uso di armi da fuoco è di circa un terzo rispetto alla media nazionale, ma era già basso di suo anche prima della promulgazione di tali leggi. È la cultura che è diversa, nel New England.

In ogni caso le armi possono essere acquistate negli stati vicini, dove queste leggi non ci sono.

Negli stati del sud sono state approvate leggi che consentono ai cittadini di uccidere altri cittadini se si sentono minacciati (non è necessario che siano in casa o in auto), con un aumento del 250% degli omicidi per “legittima difesa”.

FLORIDA

http://www.politifact.com/florida/statements/2012/mar/26/christopher-l-smith/sen-chris-smith-claimed-deaths-due-self-defense-fl/

TEXAS

http://www.foxnews.com/us/2012/07/03/texas-justifiable-homicides-reportedly-rise-with-castle-doctrine/#ixzz29P4P1ePq

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Il tasso di omicidi statunitense è rimasto sostanzialmente invariato, di generazione in generazione. Nel 2009 il Regno Unito aveva un tasso di reati violenti molto più alto di quello degli USA e persino del Sudafrica e sono più elevati oggi di quando le armi non erano controllate.

D’altra parte la Svizzera ha un altissimo tasso di possesso di armi (e un referendum ha difeso il diritto di detenere mitragliatori in casa), per via del tipo di servizio militare in uso nel paese e, proporzionalmente, i reati con armi da fuoco sono i più alti d’Europa (di poco inferiori agli USA). Però sono in gran parte suicidi e in Austria il tasso di suicidi è solo di poco inferiore.

La questione è dunque più complessa di quel che si vuol far credere e non si può risolvere con una bacchetta magica legislativa.

 Alcune domande da porsi:

  1. Perché i massacri nelle scuole si verificano quasi esclusivamente nelle aree dei “bianchi”?
  2. Perché gli ispanici, neri, orientali, nativi americani (complessivamente quasi un terzo della popolazione statunitense), pur avendo lo stesso accesso alle armi, non sono quasi mai coinvolti in queste atrocità (con l’importante eccezione dei due studenti sudcoreani al Virginia Tech ed all’Oikos (Oakland), nel 2007 e nel 2012)?
  3. Come si può pretendere che i cittadini rinuncino a difendersi “efficacemente” da criminali ben armati?
  4. Chi è in grado di togliere di mezzo oltre 20 milioni di armi semiautomatiche (300 milioni di armi in totale, senza contare quelle non registrate) e come?
  5. Che tipo di armi devono essere bandite (Adam Lanza ha usato delle pistole, non il fucile d’assalto)?
  6. Ha dato dei risultati il Proibizionismo negli USA?
  7. Quanto costerà allo stato compensare i cittadini per la sottrazione di armi acquistate legalmente?

ALCUNE VERITÀ SCOMODE

Una maggioranza di stati americani non ratificherà mai un emendamento costituzionale che limiti il secondo emendamento. Inoltre, la maggior parte delle disposizioni sul diritto di possedere armi non è federale, dipende dalle scelte dei singoli stati. Anche se venisse a mancare il secondo emendamento, questi stati elaborerebbero i loro specifici emendamenti. Il che significa che si rischia un’altra guerra di secessione (la prima per il possesso degli schiavi, la seconda per il possesso di armi semiautomatiche).

La verità è che recuperare le armi è impossibile.

Qualcuno ha visto la serie Sons of Anarchy? Ci sono centinaia di migliaia (milioni?) di americani che difenderanno anche con la vita ogni tentativo di violare quello che considerano un diritto inalienabile, indipendentemente da quanto ragionevoli siano le norme di legge che si intendono approvare ed attuare. Molti di questi cittadini sono ex-militari o comunque persone molto ben addestrate a sparare. Hanno già ucciso e lo rifaranno. Sarebbe un bagno di sangue terribile, molto più grave di quello si desidera evitare. Stiamo parlando di assalti a stazioni di polizia, famiglie trincerate in case o interi quartieri e paesi barricati, attentati con esplosivi.

Sappiamo di cosa sono capaci le milizie patriottiche americane:

http://it.wikipedia.org/wiki/Attentato_di_Oklahoma_City

Nessun governo federale statunitense potrà mai controllare la circolazione di armi semiautomatiche senza scontrarsi con questi miliziani e con quegli stati a maggioranza repubblicana che continueranno a tutelare il “diritto” dei loro cittadini a detenere le armi che vogliono.

Il che significa legge marziale e cittadinanza terrorizzata da continui scontri aperti tra governativi ed antigovernativi e quindi disposta a rinunciare a una gran parte dei suoi diritti civili in nome della sicurezza e della Guerra al Terrore interno. Saranno i cittadini americani ad esigere la fine della democrazia in America.

http://www.informarexresistere.fr/2012/04/08/sull%E2%80%99uso-delle-umiliazioni-sessuali-per-controllare-la-popolazione-statunitense-e-non-solo-quella/#axzz2F7yjqNLC

Il corpo di leggi necessario a ritorcere il Patriot Act contro i cittadini americani è già predisposto

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/07/ndaa-torneranno-i-campi-di-concentramento-in-america/

http://www.informarexresistere.fr/2011/12/17/lo-slittamento-giuridico-verso-la-dittatura-usa-2001-2012/#axzz2F7yjqNLC

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/28/children-of-men-i-figli-degli-uomini-un-film-preveggente/

Chi invoca queste misure non sa quello che dice e sarà moralmente responsabile della tragedia che seguirà.

MA ALLORA, CHE ALTERNATIVE PROPONGO?

Nessuna. Il processo ormai è irreversibile. Come già ripetuto in precedenza, tutti i nodi del nostro percorso di “civilizzazione” stanno venendo al pettine. L’America come ideale non morirà. Bisognerà ricostruirla ed aiutarla a diventare quel che i suoi padri fondatori volevano che fosse: un modello sperimentalista positivo per la civiltà umana.

Hans Karl Peterlini, “Capire l’altro. Piccoli racconti per fare memoria sociale” (2012)

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“Capire l’altro. Piccoli racconti per fare memoria sociale”, di Hans Karl Peterlini (2012), è un testo magnifico ed evocativo. L’Alto Adige diverso che auspicavamo io e Mauro Fattor (2010) traspare con forza nella sua analisi e nelle interviste mirate, ripetute ad una decina di anni di distanza per esplorare il cambiamento dell’orizzonte psicologico e morale (della coscienza) di alcuni giovani sudtirolesi che avevano scelto di diventare Schützen.

Oggi quelle stesse persone che, in precedenza, “guardavano il mondo da un oblò (etnonazionalista)” dimostrano di riuscire ad amare con autentico e commovente trasporto la propria terra senza essere patrioti, senza chiusure etnocentriche, aggressive e regressive. Riescono ad amare il prossimo, l’umanità ed il pianeta nelle sue espressioni locali e nei luoghi del mondo in cui hanno posato il loro cuore, senza scadere nel sentimentalismo umanitario globalista e dozzinale tipico dello stile pubblicitario della Benetton, Coca Cola, dei gestori della telefonia mobile, delle campagne virali sui social networks, spesso viziate da secondi fini.

Questi giovani stanno parlando di persone in carne ed ossa, di cose concrete, palpabili, di buon senso, non di astrazioni vuote, fredde o senza spessore, non di mondi fittizi da usare come ripari emotivi o come compensazioni narcisistiche. Il loro è un cosmopolitismo ancorato alla realtà vissuta (il Lebenswelt), non agli slogan edificanti, edonistici o consumistici.

La vista delle montagne è quello che dà loro i brividi, ma è una cosa che succede anche a mia moglie, extracomunitaria e non certo amante dell’escursionismo, quando rientra dalla Pianura Padana, pur vivendo a Trento solo da pochi anni.

Peterlini constata una vera e propria rivoluzione nella consapevolezza di Sigmar Decarli, rispetto a 10 anni prima (1997/1998). Ha esplorato altri paesi, ha fatto amicizia con degli italiani ed extracomunitari e si è anche trovato una ragazza di lingua italiana. Così si è allontanato dalla posizioni oltranziste del padre e del fratello minore. È diventato interculturale e si sente soffocare in un ambito orgogliosamente monoculturale.

Ingo Hört ha capito che, per continuare ad esplorare il Tirolo e la “tirolesità”, “non serve nessuna divisa e non serve nemmeno difendere in continuazione il proprio onore…Per me la questione se un confine passa da lì o da là non ha nessuna importanza. Mai potrei dire che il Sudtirolo è la mia Heimat, perché per esempio della Val Pusteria conosco forse un due per cento, ci sarò stato lì da bambino…ma intanto conosco certe parti tra il confine italiano e Vienna meglio che non la Val d’Ultimo. Perché me ne dovrei preoccupare della mia carta d’identità? Se non dovessi averla per legge, potrei anche buttarla via….l’identità è una cosa totalmente individuale…potresti scrivere che sono io stesso la mia Heimat” (p. 92)

Dagmar Lafogler era una sfegatata ammiratrice di Andreas Hofer con fortissimi pregiudizi contro gli extracomunitari. Oggi resta la diffidenza verso gli extracomunitari, ma si è trasferita a Lana e ha delle amiche extracomunitarie (una musulmana): “E sai perché? Perché la gente di Lana, quelli che sono nati qui…quelli trattano me, sì me, come se fossi un’extracomunitaria. Capisci?” (p. 106). Suo figlio l’ha chiamato André. Un po’ in onore di Andreas Hofer, ma con la pronuncia francese, perché ha scoperto che il suo cognome risale ad un tale Laffolier, un soldato napoleonico – un nemico di Hofer, uno di quelli che era tenuto ad ucciderlo, se ne avesse avuto la possibilità – rimasto in Alto Adige dopo la sconfitta dell’eroe tirolese.

Kriemhild Astfäller era vigorosamente pantirolista. Oggi Innsbruck rimane la sua città del cuore, ma spiega che “servire la Heimat può essere anche dare la vita a dei figli ed educarli bene, può essere la tutela dell’ambiente, della tradizione…E può anche significare: andare via e tornare con nuove idee ed un sapere arricchito” (p. 120).

Johann “Johnny” Ebner non ha più una Heimat ubicata in un luogo preciso: “Per me non ha alcuna importanza a che Stato appartiene il Sudtirolo. Nel mio passaporto c’è scritto Italia, ma anche se ci fosse scritto Uruguay, per me non farebbe differenza….Alla Heimat non appartiene tutta quella roba radicale, quelle cose, diciamo, esagerate, no, non hanno niente a che fare con la Heimat….è sempre un danno quando si esagera” (p. 133). “Qui è la Heimat” ed indica il tavolo, la casa, la ragazza e la vita che stanno cercando di costruire assieme. Questa sua ragazza, Priska, comincia a sentirsi a casa quando supera il Brennero entrando in Sudtirolo e avverte certe sensazioni piacevoli anche quando arriva da sud: “ma in quel caso ero sempre in Italia, allora non lo sento così forte” (p. 139). Si stupisce che il suo amato Johnny non senta alcun legame con la Heimat. Gli chiede: “Ma per te essere ad Amburgo o qui è la stessa cosa?”. E lui ribatte: “Perché no? Se è bello perché non dovrei sentirmi a casa…non mento. Basta che sia bello, che stia insieme a gente simpatica, allora può essere bello ovunque”.

In “Contro i miti etnici” ho condannato senza appello ogni genere di patriottismo, dedicandovi lunghe riflessioni che, da allora, hanno trovato molte più conferme che smentite e che sono diventate ancora più attuali alla luce del dibattito sui separatismi negli stati dell’eurozona più duramente colpiti dai diktat della troika. Ma nel frattempo ho imparato anch’io una cosa: il patriottismo contiene in sé un sentimento comunitario che può essere messo a frutto (non si butta il bambino con l’acqua del bagnetto). Un corso d’acqua può spazzare via tutto sulla sua strada quando esonda ma, se viene curato, disseta i campi ed illumina le città. Allo stesso modo, i tribalismi, se convogliati nella giusta direzione e senza eccessive impetuosità dalla politica, dai media, dall’associazionismo e dall’intellettualità, può aiutare chi non sa o non si sente o non vuole essere cosmopolita ad integrarsi in un mondo inevitabilmente cosmopolita senza sviluppare risentimento, voglia di rivalsa, rancore ed alienazione.

Non è facile, ma va fatto. Purtroppo la società civile non sempre aiuta; anzi, spesso ostacola questo processo di integrazione (Peterlini, op. cit. 144):

“Sarebbe troppo bello se da questa ricerca risultasse che la vita pone riparo a tutto. La vita aggiusta sicuramente tanto, ma gli eventi, le esperienze condotte nel mondo della vita non portano automaticamente a miglioramenti di sistema; anzi, certe ombre contenute nel sistema, certe immagini del nemico, certi stereotipi, certe minacce più psicotiche che reali sopravvivono anche quando sono fortemente contraddette nel mondo della vita. Lo dimostra in modo eclatante lo studio del caso di Dagmar, che nonostante le sue amiche musulmane e dell’Europa dell’Est, in linea di principio rimane ferma sulle sue posizioni contro gli immigrati”.

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