Non chiedetemi di andare a vivere a Orlando

Cattura

L’Ucraina dopo il colpo di stato

a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles

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A scontrarsi con la polizia provvedono formazioni paramilitari bene addestrate, afferenti agli ultranazionalisti di Svoboda, del Pravy Sektor o di Spilna Sprava, fautori della “Ucraina agli ucraini”, segnati dai miti razziali otto-novecenteschi distillati dai teorici locali dello Stato etnico, profondamente russofobi, polonofobi e antisemiti. Sotto la pelle della piazza s’infiltrano provocatori di regime (titushki) e agenti più o meno collegati ai servizi segreti russi od occidentali, come si conviene nelle aree di crisi particolarmente strategiche.

A questo punto solo un negoziato fra tutte le forze interne ed esterne che partecipano alla battaglia d’Ucraina può impedire una prolungata guerra civile, che cambierebbe comunque il volto della Russia e dell’Europa. È tempo che Washington e Mosca scendano in campo non per sostenere i loro campioni locali, ma per salvare gli ucraini da se stessi e dagli europei che pretendono di salvarli. Obama e Putin hanno dimostrato di sapersi intendere, quando le alternative al compromesso sono disastrose. Il tempo stringe, nella speranza che non sia già tardi.

Lucio Caracciolo, Repubblica, 20 febbraio 2014

Quando è affidabile la fazione filo-occidentale che sta prendendo il controllo di Kiev?

L’accordo prevedeva il disarmo della bande che avevano attaccato i poliziotti. Sono ancora armate. Le elezioni dovevano essere anticipate a dicembre, ma ora si terranno il 25 maggio. Il parlamento ha rimosso dalla presidenza Yanukovich – senza aver raggiunto il quorum per essere legittimati a farlo (328 voti contro i 338 richiesti) -, che aveva appena firmato l’accordo, rendendolo di fatto nullo. Non erano interessati alla riforma costituzionale, a un governo di coalizione o a qualunque compromesso: volevano il potere, ad ogni costo.

Timoshenko era in buoni rapporti con Putin. Anzi, era in carcere per malversazione per aver favorito i russi di Gazprom in un accordo sul costo del gas. Non è insensibile a chi la paga bene. Potrebbe forse riuscire a evitare una guerra civile?

Guerra-Civil-Espanola-Agosto-Septiembre-1936RussianUseEnE quali saranno questi costi?

– L’arrivo al potere degli ultranazionalisti, omofobi, antisemiti e russofobi di Svoboda, che in precedenza hanno presentato in Parlamento disegni di legge per l’abolizione dell’aborto, il divieto di adozione di bambini ucraini da parte di coppie straniere, l’introduzione dell’identificazione etnica sui passaporti e certificati di nascita. Tiagnibok ieri, in parlamento, ha chiesto di vietare l’uso del russo in Ucraina. E’ degno di nota che i media se la siano presa con Putin per una legge contro la “propaganda gay” ai minori ma non si dicano preoccupati per l’ascesa di una formazione che ha ben altri piani per gli omosessuali ucraini o per chiunque non la pensi come loro e sia diverso da loro (tra parentesi, com’è che il totalitarismo omofobo, misogino, razzista, militarista e schiavista dei sauditi e dei qatarini non è sulle prime pagine dei nostri giornali?)

– Le regioni meridionali e orientali si stanno preparando a resistere anche con le armi ad un’eventuale cambio di regime palesemente anti-russo: se la Timoshenko non si muoverà con cautela e astuzia, la prospettiva è quella della creazione di un’Ucraina filorussa, più ricca, che rifiuterà l’autorità (in primis quella di tassare) di un’Ucraina filo-occidentale più povera (gli 11 distretti più poveri dell’Ucraina sono nella macroregione nord-occidentale che ha scatenato la rivolta, mentre 7 distretti del sud-est filorusso producono quasi metà del PIL ucraino: la “Padania ucraina” tollererà di essere governata da golpisti occidentali?) , che cercherebbe di assicurarsi il controllo della capitale, Kiev. La nuova capitale orientale sarebbe Kharkov, capitale di tutta l’Ucraina fino al 1936. La nuova Ucraina replicherà alle accuse dei leader occidentali rammentando loro che l’Occidente si è fatto paladino della sacralità dell’autodeterminazione dei popoli;

– L’Occidente dovrà farsi carico, in qualche modo, della parte povera dell’Ucraina, pur non avendo soldi per pagare i propri debiti con le imprese, i servizi pubblici, le pensioni e tantomeno per salvare banche nuovamente sull’orlo del collasso. Ci pensa il Fondo Monetario Internazionale: è già stato richiesto un prestito, che arriverà col suo corollario di austerità, licenziamenti di massa, congelamento dei salari e delle pensioni, crescita delle bollette, svendita dei beni pubblici, ecc.;

– I russi, aggrediti 4 volte in 200 anni da potenze europee (1812, 1914, 1919 e 1941), non staranno a guardare, come non lo farebbero gli Stati Uniti se Russia o Cina cercassero di installare un governo amico in Messico o in Canada. Ma cosa faranno? Resteranno sulla difensiva. L’esplicita volontà di apertura di Siria, Ucraina, Iran e Venezuela nei confronti degli Stati Uniti non è un sintomo di debolezza, ma della consapevolezza che il tempo gioca a loro favore e contro l’Alleanza Atlantica

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2014/02/11/quando-i-banchieri-si-suicidano-e-vengono-suicidati/

L’enorme errore commesso dai decisori occidentali è stato quello di credere di poter vincere un’altra volta la Guerra Fredda (o la Guerra Civil Española). La differenza, rispetto agli anni Ottanta, è che le parti sono invertite. È l’economia euroamericana a trovarsi sul bordo del precipizio ed è l’opinione pubblica occidentale a disprezzare e odiare i propri governanti ed oligarchi che, consci di questo, hanno istituito un sistema di sorveglianza e prevenzione di rivolte degno della DDR.

Il mondo si sta già schierando con lo sfidante, contro l’imbolsito campione in carica, che tipicamente sopravvaluta le sue forze e sottovaluta l’avversario

http://www.tmnews.it/web/sezioni/nuovaeuropa/leader-dell-apec-cantano-happy-birthday-per-il-61enne-putin-PN_20131007_00091_NE.shtml

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Come nel 1989, ma a parti invertite, è sufficiente che uno dei due contendenti attenda il collasso dell’altro, per poi proclamarsi vincitore. La differenza è che mentre nel 1989 la cosa avvenne con un minimo spargimento di sangue, questa volta gli oligarchi non hanno alcuna intenzione di togliersi di mezzo. Il loro obiettivo è chiaramente quello di reinventarsi gattopardescamente e, se possibile, sfruttare la crisi per realizzare la Perfetta Controrivoluzione, la rivoluzione finale. Sono irriformabili.

La variabile X di cui non hanno tenuto conto è la Natura (e quindi anche la natura umana). Gaia si è dotata di anticorpi e il virus psicopatico ha gli anni contati.

http://www.futurables.com/category/editoriali/

CasaPound, Alba Dorata, Breivik – Combattiamo le idee, non le persone

 a cura di Stefano Fait

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Casa Pound arriva a Trento, forte dei suoi 50mila voti scarsi

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alcune reazioni

Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale…I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi...I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

Costituzione della Repubblica italiana (articoli 16, 17, 18)

“Uccidere i fascisti non è un reato” stava scritto sulla mia scuola, anni fa. Ho sempre odiato quello slogan. E detesto i fascisti.

Paolo Ghezzi

Un mondo fondato sulle quattro libertà umane: la libertà di parola e di espressione, la libertà per ogni persona di pregare Dio nel modo che preferisce, il diritto di vivere al riparo dall’indigenza e il diritto di vivere al riparo dalla paura.

Franklin D. Roosevelt, 6 gennaio 1941

In realtà, la libertà è aristocratica, non democratica. Dobbiamo riconoscere, sconfortati, che la libertà è cara solo a chi pensa creativamente. Non è necessaria per chi non dà valore al pensiero. Nelle cosiddette democrazie, che si fondano sul principio della sovranità popolare, una proporzione considerevole della cittadinanza non possiede ancora la consapevolezza di essere libera, di recare con sé la dignità della libertà

Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Regno dello Spirito e Regno di Cesare”, 1951

La libertà di espressione si afferma e si difende anche con l’ascolto di chi non la pensa come noi e magari utilizza metodi che non condividiamo. Questo non significa accettare acriticamente tutto ma penso sia necessario portare eventualmente chi professa idee contrarie alle nostre sul terreno del confronto, anche aspro ma sempre entro i limiti della tolleranza. La cultura della pace si coltiva anche in questo modo, smascherando quella che si definisce la banalità del male.

Roberto Maestri

CasaPound non è Alba Dorata. Ezra Pound non è Breivik.

Si definiscono “fascisti del terzo millennio”. Fascisti anti-xenofobi (“Nel Dna di Casapound non è contemplata la xenofobia” – homepage, 2011) e favorevoli al riconoscimento delle unioni di fatto tra cittadini dello stesso sesso. Come tutti i rosso-bruni, ammirano Mussolini (specialmente quello “sociale” di Salò, burattino nelle mani di Hitler e volonteroso complice dell’Olocausto) e, non sporadicamente, Hitler stesso, ma anche Che Guevara e Pier Paolo Pasolini.

Pound, poeta esoterista antisemita rosacrociano, l’uomo che, dopo la morte di Hitler, definì quest’ultimo “una Giovanna d’Arco, un santo. Un martire. Come molti martiri, porta con sé visioni estreme”, era anche ammiratore di Lenin e Stalin (così tipico di tutte le personalità autoritarie: rosso o nero, basta che sia granitico-fallico).

Per tre anni dimorò a Tirolo, capitale del Tirolo storico, dove gli è stato dedicato un centro studi.
Nei “Canti Pisani” interloquisce con Marinetti:

“Vai! Vai! Da Macalè sul lembo estremo del gobi, bianco nella sabbia, un teschio CANTA e non par stanco, ma canta, canta: -Alamein! Alamein! Noi torneremo! NOI TORNEREMO!-” “Lo credo”, diss’io, e mi pare che di codesta risposta ebbe pace” (72).

E fa una dedica ai volontari della Repubblica di Salò:

“Gloria della patria!…Nel settentrion rinasce la patria, / Ma che ragazza! / che ragazze, / che ragazzi, / portan’ il nero!” (73)

C‘è poco da aggiungere: “fascisti del terzo millennio”.

Eppure Ezra Pound godette della stima di Dag Hammarskjöld, segretario generale della Nazioni Unite, una delle figure che più ammiro in assoluto.

Ora arrivano a Trento: “Città blindata e alta tensione per l’inaugurazione di Casa Pound a Trento, oggi. In occasione dello sbarco in città del movimento neofascista, le associazioni di sinistra hanno organizzato una serie di manifestazioni di protesta. La festa per l’apertura di casa Pound è prevista per le 13, ma fin dalla mattina ci saranno manifestazioni di protesta. Alle 10, in piazza Pasi, il neonato Coordinamento unitario antifascista del Trentino ha organizzato un sit-in democratico in piazza Pasi. Ma il clou delle manifestazioni di protesta sarà alle 14 in piazza Dante dove il Centro Sociale Bruno ha promosso un’assemblea antifascista dal titolo più che eloquente: «No nazi in my town». Sono attese almeno 700 persone anche da fuori città”.

http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/cronaca/2013/11/09/news/casa-pound-oggi-la-citta-sara-blindata-1.8077255

Che si fa?

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L’ESTREMA DESTRA IN EUROPA E NEGLI STATI UNITI

Gli eccidi perpetrati negli Stati Uniti e nel Nord Europa da giovani neonazisti super-armati, da integralisti islamici, da neocrociati norvegesi islamofobi, hanno prodotto un sottofondo di costante tensione che autorizza implicitamente i governi a restringere le libertà civili di tutti i cittadini in nome della sicurezza. Nel corso del suo processo, Breivik in persona ha dichiarato che il suo obiettivo, nel breve e medio periodo, era quello di provocare una caccia alle streghe contro gli estremisti cristiano-nazionalisti come lui, perché solo così si sarebbe prodotta quella polarizzazione che innesca processi di radicalizzazione, “man mano che sempre più persone perdono fiducia e fede nella democrazia”. I nuovi radicali sarebbero poi stati reclutati [ma da chi?] per proteggere i popoli europei autoctoni e le loro culture dalla minaccia islamica, con l’uso della forza.

Una vera e propria strategia della tensione finalizzata alla sistematica destabilizzazione dello stato diritto, quasi certamente condivisa da altri attivisti con i quali si teneva in contatto, e che è sostanzialmente identica a quella descritta da Osama Bin Laden nei suoi farneticanti videomessaggi.

Possiamo escludere che quest’odio verso lo stato non si tradurrà, prima o poi, in azioni apertamente eversive, di stampo brigatista?

Negli anni bui del dopoguerra, le forze a difesa della democrazia e dello stato di diritto hanno trionfato, in Italia e in Germania. Lo si è fatto allora, lo si può rifare.

La Norvegia ci ha indicato la strada giusta, quella della dignità (verdighet). Le autorità e la popolazione norvegese si sono comportate con dignità, decoro, civiltà, umanità. Il rispetto che hanno dimostrato per l’imputato che si è comportato come un mostro, ma resta pur sempre un essere umano, onora la Norvegia e la democrazia. È certamente vero che gli è stata data la possibilità di avere un’audience mondiale a cui rivolgersi per comunicare il suo pensiero, ma è un prezzo che è stato ampiamente ripagato dall’effetto di questa sua performance. Molti dei sopravvissuti, dopo averlo visto al processo, si sono sentiti sollevati nel vedere un piccolo uomo con una vocina sottile. Tutt’altra cosa rispetto al carnefice di Utoya. Il mostro è stato esorcizzato, ed è tornato a essere un ometto viziato con la vocetta immatura.

Oggi oltre 40mila persone si sono trovate nel centro di Oslo per cantare insieme “Bambini dell’arcobaleno” (“Barn av regnbuen”), un adattamento in norvegese della canzone “Rainbow Race” di Pete Seeger del 1973. Lo hanno fatto come atto dimostrativo contro Anders Behring Breivik, l’autore degli attentati a Oslo e della strage di Utøya del luglio dello scorso anno, che nel corso del proprio processo ha detto di odiare la canzone di Seeger. Secondo Breivik la canzone ha contenuti chiaramente di stampo marxista e verrebbe utilizzata per fare il lavaggio del cervello ai bambini… Il testo della versione norvegese parla di un cielo pieno di stelle, del mare azzurro e di terre piene di fiori, dove vivono i bambini dell’arcobaleno. È una canzone di speranza, che invita a cercare il bene e a convivere in pace insieme, evitando la violenza”.

http://www.ilpost.it/2012/04/26/la-canzone-odiata-da-anders-breivik/

I norvegesi hanno ascoltato Breivik e gli hanno chiesto di ascoltare. Hanno sorpreso il mondo. Alcuni sono rimasti sbigottiti e negativamente impressionati. In realtà non è che non ci sia rabbia e desiderio di vendetta, in Norvegia, è che la cultura locale è una sorta di viatico a quell’ideale di disciplinamento delle emozioni che può essere riscontrato anche in Giappone e che avrebbe piacevolmente sorpreso Spock, o gli stoici, o i buddhisti, o i taoisti.

Questa umiltà, semplicità, padronanza di sé, rispetto per la dignità delle persone e per la diversità (“infinita diversità in infinite combinazioni”, direbbe Spock), ragionevolezza, sollecitudine, pacatamente ma senza fatalismo, l’espressione del dolore che non diventa esibizione, può sembrare quasi disumana, inquietante. È probabile che in diversi casi lo sia, o quantomeno sia una maschera per l’ipocrisia, il cinismo e un malcelato impulso autoritario (es. film “Festen” e tirannia umanitaria).

Ma, in questo caso, i norvegesi, con il loro atteggiamento, hanno comunicato a Breivik e a quelli come lui che i loro valori sono agli antipodi dei suoi e sono prevalenti, vale a dire che la sua crociata era persa in partenza. Si aspettava di essere ucciso dalle forze dell’ordine, oppure torturato. Non è successo nulla di tutto questo. Il principio guida è stato: non ci farà diventare come lui, altrimenti avrà vinto.

Re Haakon VII, che ha regnato tra il 1905 e il 1957, dichiarava di essere anche “il re dei comunisti”. Re Harald V ha annunciato alla popolazione che è anche “il re dei musulmani, sikh, ebrei e indù norvegesi”.

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LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Viviamo in un mondo spaventato dalla libertà. Il politicamente corretto soffoca preventivamente il pensiero critico, chiamando in causa il dovere di rispettare le sensibilità altrui (!!!). Certe idee non solo non possono essere espresse, ma non devono essere neppure concepite. Si cerca di proibire per legge persino a degli accademici di fare storiografia. Certe figure istituzionali sono poste automaticamente al di là del diritto di critica. I media impediscono a certi comici o a certi intellettuali di venire a contatto con lettori e spettatori. Intanto le comunicazioni dei nostri politici sono registrate sistematicamente per poterli ricattare o manipolare.

Chi è veramente libero di dire ciò che pensa all’alba del terzo millennio?

Com’è possibile che la popolazione occidentale abbia accettato passivamente tutto questo?

Non si dovrebbe avere paura di questa libertà, che include anche la libertà di non rispettare le idee altrui (pur rispettando l’interlocutore), di canzonare e di rappresentare un inconveniente per le opinioni altrui.

Un principio cardine della costituzione come la libertà d’espressione non può essere fatto valere in certi casi ed ignorato in altri, anche perché una parola è una parola e non serve dare alle parole più peso di quel che meritano. Non siamo automi che rispondono meccanicamente a sollecitazioni verbali e le nostre personali credenze non sono tutelate da alcun diritto inviolabile a non essere messe in discussione, con tutto il tatto ed il senso di responsabilità necessari. Sono le parole o gli atti che distruggono le persone e le cose? Un effetto indiretto è moralmente equivalente a un effetto diretto? Le parole esercitano un’influenza sulle persone solo se queste decidono che così dev’essere, perché attribuiscono credibilità ed autorevolezza a chi le pronuncia e perché vogliono o temono che il messaggio sia vero. Le parole hanno potere solo se chi le ascolta o legge glielo conferisce. Altrimenti sono solo vibrazioni nell’aria. Dunque attribuire uno speciale potere alle parole è una semplice credenza che ciascuno può respingere coscientemente. Se certe parole ci irritano la responsabilità è nostra, perché lasciamo che ciò avvenga. Possiamo forse plasmare il prossimo in modo da costringerlo ad essere più sensibile? Sarebbe giusto? È sbagliato cercare di controllare gli altri, è una forma di manipolazione tanto deprecabile quanto l’uso di parole al fine di ferire la sensibilità altrui. E siccome non è giusto controllare gli altri, non è nemmeno giusto censurare gli altri.

Senza la libertà di dire qualcosa di sconveniente non c’è libertà. Se le mie azioni sono giudicate in base alla sconvenienza, potrò fare solo quello che gli altri mi consentono graziosamente di fare e, poiché moltissimi sono suscettibili e permalosi, ciò decreterebbe la morte della libertà

Le società democratiche sono conflittuali perché sono formate da esseri umani con punti di vista anche molto diversi riguardo alla realtà, ciascuno convinto che il suo sia più fedele al vero. Nessuno di noi è consapevole dell’intera estensione delle sue credenze e convinzioni e ancor meno di quanto unica e peculiare sia la sua percezione della realtà. 

La libertà di espressione consente a superstizioni, preconcetti e pregiudizi di essere vagliati, separati e respinti dal maggior numero possibile di persone, che potranno invece avvalersi delle idee originali e promettenti. È quindi nel nostro stesso interesse rispettare la libertà del nostro prossimo di dire la sua, anche quando ci infastidisce, ci sciocca, c’indigna, ci oltraggia, ci disgusta, ci ferisce. Solo difendendo la libertà altrui posso continuare a difendere la mia, anche se questa libertà sarà da loro impiegata per ridursi in un angolo, per scegliere di condurre una vita convenzionale, di rinunciare a esercitare i propri diritti, di consegnarsi a rapporti vincolanti, affiliazioni soffocanti, appartenenze totalizzanti.

Se la ricerca della verità e dell’autenticità li conduce in quei paraggi, allora hanno la prerogativa di comportarsi di conseguenza senza che una tutela paternalistica li inibisca, senza trattarli come degli infanti plagiabili, plasmabili, eternamente sprovveduti, inculcando in loro il sospetto di esserlo veramente anche quando si tratta di una mera divergenza d’opinioni. Soprattutto, nessuno osi censurare il prossimo per il mero fatto di essersi permesso di esprimere un punto di vista differente. 

La casa comune dell’umanità che verrà, nel Mondo Nuovo dovrà essere tollerante. Se noi stessi decretiamo che un diritto universale non è più universale, ma vale solo quando pare a noi, la nostra credibilità ed autorevolezza saranno compromesse, la forza di quel principio sarà compromessa, la possibilità di tutelare le persone vulnerabili in nome di quello stesso principio sarà compromessa.

Se la nostra casa comune avrà timore di idee diverse, allora non avrà un futuro. Un soffio e il castello di carte cadrà: “Far apparire come necessario ciò che è assurdo – che si debba difendere il “mondo libero” rendendolo meno libero, salvare la civiltà occidentale minacciando i principi della sua identità –, e dall’altro cerca di rendere credibile ciò che è incredibile, ovvero che si possa diffondere nel mondo la libertà con l’occupazione militare, instaurare la democrazia con la coazione, istituire l’autonomia con l’eteronomia” (Bovero, 2004, p. X).

La libertà che conta è quella da forze e circostanze che trasformano l’uomo in una cosa e la sua vita interiore in un processo meccanico, automatico, prevedibile, inerziale, come la materia stessa. Se la libertà è come un volo, allora più si mozzano le ali per circoscriverla, più basso ed incerto sarà il volo stesso, a discapito dell’intera comunità. Non si può essere sicuri, nel volo, la libertà non è rassicurante, non dà garanzie, ma è l’unico modo che ci è dato di essere autentici (di non limitarci ad essere ciò che gli altri hanno stabilito per noi) e di diventare più vivi (gioia di vivere) e consapevoli, come il prigioniero rilasciato nella parabola della caverna di Platone. A quel punto la sicurezza che si acquista sarà più stabile, più affidabile, ma mai completa.

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CASA POUND A TRENTO

Trento può fungere da modello? Può incarnare il cambiamento che vuole vedere nel mondo? Può vedere una sfida laddove altri vedono unicamente una minaccia? Può odiare il fascismo ma vedere nei membri di CasaPound prima di tutto degli esseri umani con dei diritti fondamentali, poi dei cittadini con dei diritti civili, poi degli avversari da sfidare sul terreno delle idee e dei valori e infine dei fascisti?

Non vorrei che la formula della “banalità del male” diventasse una scusa per trovare demoni anche dove non ce ne sono e inscenare crociate, cacce alle streghe, “sante” inquisizioni, che servono solamente a estremizzare chi le subisce e chi le compie.

L’importante è che il Trentino divenga un territorio esente da fascismo per scelta, perché si dimostra un terreno infecondo per il fascismo, perché la sensibilità della popolazione l’ha immunizzata. Non per bullismo. Il bullismo lasciamolo ai fascisti.

È peraltro giusto e necessario che una comunità si mobiliti pacificamente e costruttivamente per testimoniare il suo pensiero, come hanno fatto meravigliosamente bene i norvegesi con Breivik, cantando la canzone che lui più odiava.

E poi rimane sempre la satira – la satira intelligente, che fa pensare, non quella pecoreccia, che spegne il senso critico –, che funziona eccellentemente quando dall’altra parte non c’è volontà di dialogo (e questo non va imposto).

Salvate i gay russi! La consueta porcilaia mediatica occidentale, dopo Kony 2012

https://twitter.com/stefanofait

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Quest’immagine che ha fatto il giro del mondo dovrebbe mostrare un attivista russo per i diritti degli omosessuali preso a calci nelle strade di Mosca per aver osato protestare contro la legge anti-sensibilizzazione pro-gay. Notare come il contesto somigli a quello di un set fotografico.
Il tutto ricorda Kony 2012

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/12/kony-2012-la-stucchevole-pornografia-umanitaria-i-bambini-pensate-ai-bambini/

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Con la Cina si erano usate altre tattiche. Il Premio Nobel per la Pace nel 2009, il dissidente cinese Liu Xiaobo, è noto per aver difeso le seguenti tesi:

  1. il problema della Cina è che sarebbe dovuta essere colonizzata e civilizzata dall’Occidente o dal Giappone 300 anni fa;
  2. la guerra nel Vietnam era una guerra giusta e ha accresciuto lo status morale degli Stati Uniti;
  3. la guerra in Iraq e in Afghanistan erano/sono guerre giuste;

http://www.lrb.co.uk/blog/2010/12/11/tariq-ali/the-nobel-war-prize/#sthash.SXzUni7v.dpuf

Giustificare l’imperialismo militare, economico e culturale americano: non c’è modo migliore per ottenere il Nobel per la Pace.

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Per lanciare un attacco alle leggi che vietano la sensibilizzazione della popolazione ai diritti dei gay, il Guardian ha dato spazio a Masha Gessen, già direttrice di Radio Liberty in Russia:

http://www.usgbroadcasts.com/bbgwatch/2013/04/30/masha-gessen-resigns-from-radio-liberty-in-russia/

creata e finanziata dalla CIA e dal Congresso americano per promuovere gli interessi statunitensi:

http://it.wikipedia.org/wiki/Radio_Free_Europe

La signora Gessen sostiene di doversi trasferire a New York per proteggere suo figlio omosessuale, ma risulta impiegata e residente a Praga dal 2012 e non risulta che la Repubblica Ceca sia una provincia russa (anzi, è una delle nazioni più filo-americane d’Europa).

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Molto sobriamente, la Gessen considera Putin la peggior minaccia per la Russia e per il mondo

 

Una disposizione analoga era stata introdotta da Margaret Thatcher nel 1988, con la famigerata clausola 28 che vietava espressamente a tutte le «autorità locali» di «promuovere intenzionalmente l’omosessualità o pubblicizzare materiale con l’intento di promuovere l’omosessualità» e «di promuovere l’insegnamento in ogni scuola pubblica riguardo l’accettabilità dell’omosessualità come una relazione che pretende di farsi famiglia». Fu abolita solo nel 2003 e solo in Inghilterra.

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Agli americani non gliene può fregar di meno dei diritti degli omosessuali. Qatar, Arabia Saudita e Yemen sono sommerse di lodi, armi, sostegno da Obama pur essendo un inferno per gli omosessuali (e non solo per loro). Come sempre, Washington sta usando l’umanitarismo (la “Responsibility to Protect”/R2P e i Nobel per la Pace) per fini che nulla hanno a che vedere con il bene della collettività.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/25/la-tirannia-umanitaria-e-i-falsi-profeti-cosa-ci-ha-insegnato-kony-2012/

I paralleli che sono stati tracciati tra Putin e Hitler, gli ebrei e gli omosessuali e tra i gay rinchiusi nei campi di sterminio nazisti e i gay russi sono abominevoli e richiamano alla mente l’hitlerizzazione che ha colpito ogni leader e paese bersaglio della NATO. Qualcosa bolle in pentola.

L’omosessualità è legale in Russia dal 1993, nel Regno Uniti lo è diventata nel 1982, negli Stati Uniti solo grazie alla Corte Suprema, nel 2003 (!!!).

È illegale, tra gli altri, nei seguenti paesi alleati degli Stati Uniti: Afghanistan, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Kuwait, Libia, Marocco, Nigeria, Qatar, Singapore, Sudan del Sud, Turchia, Yemen.

Obama ha appena definito il presidente yemenita un uomo di ampie visioni e un partner cruciale per gli Stati Uniti:

http://www.theguardian.com/world/2013/aug/09/us-drone-strikes-yemen-al-qaida?CMP=twt_fd&CMP=SOCxx2I2

Lo Yemen è una delle sette nazioni che possono giustiziare due adulti consenzienti dello stesso sesso che hanno una relazione carnale.
Ma è tutto OK, viva il presidente Hadi!!

Leggi che discriminano gli omosessuali in violazione della sentenza della Corte Suprema sono in vigore in Texas, Oklahoma, Louisiana e nell’Arkansas di Bill Clinton.  

La vasta maggioranza della popolazione russa è contraria alle campagne pro-gay e approva il fatto che Putin abbia controfirmato questa legge.

http://www.repubblica.it/esteri/2013/06/30/news/putin_ha_firmato_la_legge_contro_i_gay_vietata_la_propaganda_omosessuale-62124563/

Un eventuale referendum sancirebbe un trionfo per lui. Invece non sembra che gli americani siano in maggioranza favorevoli alle leggi/disposizioni pro-Monsanto, pro-arresto senza MIRANDA, pro-austerità, o alle “guerre umanitarie”.

Chi contesta la bontà delle intenzioni occidentali nell’invocare il boicottaggio delle manifestazioni sportive internazionali che si svolgono e svolgeranno in Russia – ma non i mondiali di calcio che si svolgono in Qatar – viene accusato di omofobia, indifferenza, o cinismo, o simpatie pro-Putin – “o con noi, o contro di noi”, come spiegava Bush. Se sei contro Obama sei solo un utile idiota dei cinesi e dei russi. Chissà perché il contrario non dovrebbe valere. Chissà perché uno non dovrebbe essere contro tutti i nemici della democrazia, e a maggior ragione contro quelli che si spacciano per democratici e soffocano la democrazia dall’interno.

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Vem pra Rua – tentativo di rivoluzione colorata in Brasile? (Resisti Dilma!)

dilma2

https://twitter.com/stefanofait

Signore e signori, la parola “segretezza” è ripugnante in una società libera e aperta e noi, come popolo, ci siamo opposti, intrinsecamente e storicamente, alle società segrete, ai giuramenti segreti e alle riunioni segrete. Siamo di fronte, in tutto il mondo, ad una cospirazione monolitica e spietata, basata soprattutto su mezzi segreti per espandere la sua sfera d’influenza, sull’infiltrazione anziché sull’invasione, sulla sovversione anziché sulle elezioni, sull’intimidazione anziché sulla libera scelta. È un sistema che ha reclutato ampie risorse umane e materiali nella costruzione di una macchina affiatata, altamente efficiente, che combina operazioni militari, diplomatiche, di intelligence, economiche, scientifiche e politiche. Le sue azioni non vengono diffuse, ma tenute segrete. I suoi errori non vengono messi in evidenza, ma vengono nascosti. I suoi dissidenti non sono elogiati, ma ridotti al silenzio. Nessuna spesa viene contestata. Nessun segreto viene rivelato. Ecco perché il legislatore ateniese Solone decretò che evitare le controversie fosse un crimine per ogni cittadino. Sto chiedendo il vostro aiuto nel difficilissimo compito di informare e allertare il popolo americano. Sono convinto che con il vostro aiuto l’uomo diventerà ciò che per cui è nato: un essere libero e indipendente.

JFK, discorso tenuto all’hotel Waldorf-Astoria di New York, 27 aprile 1961

Il gradimento della Rousseff ai massimi anche se economia risente della recessione europea

http://www.lindro.it/economia/2013-01-02/63794-brasile-2013-le-previsioni-economiche

solo il 9% della popolazione pensa che il suo operato sia insufficiente o pessimo, il 57% approva le sue politiche e se ci fossero altre elezioni vincerebbe a mani basse

http://wp.clicrbs.com.br/rosanedeoliveira/2013/06/10/dilma-perde-popularidade-mas-oposicao-patina/?topo=13,1,1,,,13

un sondaggio brasiliano indica che il 75% della popolazione appoggia le proteste ma il 69% è soddisfatto del suo tenore di vita ed ottimista sul futuro
http://www.washingtonpost.com/world/the_americas/150000-brazilians-return-to-streets-as-protests-increasingly-focus-on-government-corruption/2013/06/22/f7694bf4-db9e-11e2-b418-9dfa095e125d_story.html

Allora perché ci sono manifestazioni contro il suo governo? Se lo chiedono anche i corrispondenti stranieri, che ammettono la loro perplessità: “ il Brasile è messo peggio oggi rispetto a dieci anni fa? No, è messo meglio. È più ricco, ha un minor numero di poveri e un maggior numero di ricchi. È più democratico e meno iniquo…Come si spiega che Dilma Rousseff, che gode di un consenso maggiore di quello di Lula da Silva, sia stata fischiata allo stadio da 80mila tifosi della classe media che si sono potuti permettere il lusso di pagare fino a 400 dollari per il biglietto d’ingresso?

Perché scendono in piazza a protestare contro l’aumento dei prezzi dei trasporti pubblici giovani che normalmente non utilizzano questi mezzi perché hanno delle automobili, una cosa impensabile dieci anni fa?

Perché protestano gli studenti provenienti da famiglie che fino a poco tempo fa non potevano neppure sognare di vedere i loro figli al college?

Perché il Brasile, sempre così orgoglioso del suo calcio, ora sembra essere contro il mondiale?

Perché queste proteste, anche violente, in un paese invidiato dall’Europa e dagli Stati Uniti per il suo tasso di disoccupazione quasi nullo?

http://internacional.elpais.com/internacional/2013/06/17/actualidad/1371432413_199966.html

La risposta che si dà il giornalista del Paìs è che la popolazione ha visto quel che ha potuto ottenere e si è resa conto di quel che ancora le manca. Insomma è passata dalla rassegnazione fatalistica alla rivendicazione attiva.

Questa è certamente una spiegazione valida, ma io sono più cinico del buon Juan Arias e mi domando, mutatis mutandis, perché allora non ci siano proteste ancora più vigorose in Europa, dove la gente ha perso o sta perdendo ciò che ha conquistato con immensi sforzi. Inoltre, forse i brasiliani pensano di poter ottenere di più da un governo di destra? Hanno visto cosa ha fatto e sta facendo la destra (e la finta sinistra) in Occidente? Dilma Rousseff, in Italia, sarebbe accusata di populismo ed antipolitica dalla dirigenza del PD.

La mia impressione è che la gente che protesta contro il governo brasiliano sia la stessa che vorrebbe un golpe di destra in Venezuela. Una parte della classe media brasiliana (e di quella euro-americana) non ha alcuna intenzione di condividere il suo benessere con il resto della popolazione e se ne fotte dell’uguaglianza e della giustizia sociale, specialmente ora che la crescita è più lenta e non ci sono risorse abbondanti per tutti. Quindi è una mera questione di egoismo di classe strumentalizzata da una opposizione ancora invischiata nel passato dittatoriale e con forti simpatie per le politiche neoliberiste. 

CONTESTO STORICO E GEOPOLITICO

In Brasile la dittatura è terminata l’altroieri: “Il blocco dominante riesce a mantenersi al potere con una politica gattopardesca di cambiare tutto per non cambiare niente. I militari si ritirano discretamente di scena senza subire quei processi che hanno subito in altri paesi dell’America Latina; mantenendo una certa influenza nei centri economici di potere, ma allontanandosi sempre più dai centri politici di decisione. E riescono così a controllare la transizione politica senza grossi traumi (sarebbe opportuno discutere sulle similitudini e differenze fra le varie dittature militari latino-americane, soprattutto fra quella brasiliana e argentina). L’elite economica e politica che era cresciuta e si era modernizzata sotto i militari continua a dare le carte riciclandosi come partito “democratico” (per lo meno la parte più opportunista)”

http://www.juragentium.org/topics/latina/it/tosi.htm

Destabilizzazione in corso del Venezuela: Scontro diplomatico tra Caracas e Bogotà, dopo che il presidente colombiano Juan Manuel Santos ha ospitato ieri il leader dell’opposizione venezuelana Henrique Capriles. Quest’ultimo sta cercando di raccogliere consensi internazionali dopo aver perso contro Nicolas Maduro le elezioni del 14 aprile, di cui non ha riconosciuto i risultati.

http://it.notizie.yahoo.com/santos-ospita-capriles-%C3%A8-scontro-diplomatico-tra-venezuela-155516668.html

Tentativo fallito di rivoluzione colorata in Argentina?

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11076

SONO PROTESTE SPONTANEE?

Agenti infiltrati (agenti provocatori) nelle manifestazioni di protesta responsabili di atti vandalici, violenze contro agenti anti-sommossa e radicalizzazione della protesta

http://www.cartamaior.com.br/templates/materiaMostrar.cfm?materia_id=22194

Stati Uniti vedono il Brasile come una futura minaccia

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/14/gli-stati-uniti-in-declino-si-fanno-un-altro-nemico-uno-piccolino-il-brasile/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/31/ritornello-atlantideo-2013-2015-i-protocolli-di-un-savio-fautore-della-pax-americana/

Brasile non sta simpatico nemmeno ad Israele

http://fanuessays.blogspot.it/2011/12/cuba-venezuela-brasile-messico-e-il.html

e men che meno ai classici giornali e periodici neoliberisti

http://www.economist.com/topics/dilma-rousseff

Rousseff contraria ad escalation militare in Siria

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/28/siamo-tutti-rossobruni-nazioni-unite-unione-europea-brasile-e-india-tutti-alleati-di-assad/

stringe alleanza con Argentina

http://exame.abril.com.br/brasil/noticias/brasil-e-argentina-discutirao-controversias-e-alancas

condona il debito di 12 paesi africani

http://exame.abril.com.br/economia/noticias/brasil-perdoa-us-840-mi-de-divida-externa-de-africanos

viene punita dalle agenzie di rating per le sue politiche sociali espansive

http://exame.abril.com.br/economia/noticias/sinais-economicos-negativos-afetam-popularidade-do-governo?page=2

ostacola speculatori e latifondisti difendendo i diritto degli indigeni alla terra;

http://g1.globo.com/economia/agronegocios/noticia/2013/04/dilma-rousseff-enfrenta-protestos-de-agricultores-em-evento-em-ms.html

usa i proventi del petrolio per educare la popolazione

http://www.reuters.com/article/2013/05/02/us-brazil-oil-royalties-idUSBRE94101020130502

e quelli delle estrazioni minerarie per aiutare le popolazioni locali

http://latino.foxnews.com/latino/news/2013/06/18/rousseff-proposes-new-regulatory-framework-for-brazil-mining/

prende accordi con le altre potenze emergenti per emanciparsi dal dollaro e dall’egemonia americana

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/26/brics-nuova-banca-mondiale-per-paesi-emergenti/543364/

introduce quote per aiutare poveri, neri e indios ad ottenere una formazione accademica

http://www.scappoinbrasile.com/2012/10/18/brasile-quote-razziali-per-favorire-neri-indios-e-poveri-ad-entrare-all-universita/

promuove la parità dei sessi (di genere)

http://www.scappoinbrasile.com/2012/09/28/brasile-dilma-rousseff-potere-e-donna/

viene attaccata dai conservatori omofobi

http://www.blitzquotidiano.it/politica-mondiale/rousseff-gay-brasile-conservatori-omosessuali-1030745/

e il suo blog è attaccato da hackers

http://blogdadilma.com/brasil/3296-ind9s3.html

RESISTI DILMA!

Cosa succede in Ungheria?

autosmatrica

…l’ultima decisione del governo nazionalpopulista ed euroscettico ungherese del premier-autocrate Viktor Orbàn: il conferimento di tre importanti premi ufficiali per la cultura a tre ‘intellettuali’ notoriamente razzisti, antisemiti e vicini all’estrema destra…Ferenc Szanizslò, commentatore alla televisione Echo TV, ritenuto vicinissimo alla Fidesz, cioè al partito di Orbàn, e noto per le tesi apertamente razziste che espone in pubblico. Come quando nel 2011 paragonò i rom a “scimmie”…Kornel Bakay, che ha ricevuto per decisione del governo l’Ordine al merito. Bakay è un archeologo noto per il suo aperto, radicale antisemitismo. Tra l’altro aveva fatto scandalo a livello mondiale asserendo in pubblico che sarebbero stati gli ebrei a organizzare la tratta degli schiavi dal medioevo all’abolizionismo…Il terzo caso riguarda Janos Petras, cantante della rock band ‘Karpatia’. È in sostanza un gruppo nazirock, vicinissimo ai neonazisti antisemiti di Jobbik che amano ascoltare la loro musica nelle adunate. Petras ha ricevuto la croce d’oro al merito. Tra i motivi più noti cantati da lui e dal suo gruppo ce ne sono alcuni che inneggiano alla revisione delle frontiere europee con la ricostituzione della ‘Grande Ungheria’, cioè riprendendosi territori oggi slovacchi, ucraini, serbi e romeni. Il gruppo Karpatia ha anche partecipato a marce della Magyar Gàrda (Guardia magiara), il gruppo paramilitare di Jobbik con le uniformi nere e simboli fascistoidi, ufficialmente fuorilegge ma che continua a farsi vedere tranquillamente.
[…]. Il governo ha di fatto riabilitato l’ammiraglio Miklòs Horthy, cioè il dittatore antisemita che fu il più efficiente e zelante alleato di Hitler in Europa e grande complice dell’Olocausto e dell’aggressione all’Urss. A Horthy vengono erette statue e dedicate vie e piazze. A Budapest vengono invece smantellati i monumenti di grandi nomi della cultura democratica, dal ‘conte rossò Karoly Mihàly che divenne socialista e affrancò i suoi contadini, al poeta Attila Jòzsef, amico di Thomas Mann.

http://www.repubblica.it/esteri/2013/03/17/news/decorati_orban-54775715/

Nell’ottobre del 2011 avevo scritto questa nota allarmata:
http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/dove-sta-andando-lungheria-dove-sta.html

L’Ungheria ha scelto la via separatista. La via della secessione dal mondo. L’Unione Europea, che aveva fatto fuoco e fiamme contro Haider, arrivando alle sanzioni, si limita ad esprimere indignazione – a riprova del fatto che i dirigenti europei sono solo dei mediocri burattini installati dai governi nazionali europei –, mentre i neoliberisti europei si profondono in effusioni all’indirizzo di Viktor Orban, il leader autoritario ed austerista magiaro protagonista di una svolta confessionale ed ultranazionalista, e la sinistra eurofoba lo innalza a suo paladino (classico esempio di rossobrunismo). Le sofferenze degli ungheresi, che lo hanno eletto solo in segno di protesta contro un precedente governo impregnato di corruzione e non gli avevano dato alcun mandato “rivoluzionario”, non sono al centro di un qualche dibattito internazionale o anche solo europeo. Angela Merkel, che potrebbe fare la voce grossa, latita. Nicolas Sarkozy, figlio di un aristocratico ungherese naturalizzato francese – Pál István Ernő Sárközy de Nagy-Bócsa – e non privo di pulsioni autoritarie, è apparso quasi ben disposto, oppure è stato molto bravo a mascherare il suo sdegno.

Orban ha promulgato una nuova costituzione in cui è stato soppresso il riferimento alla Repubblica, ha elevato l’embrione umano allo status di persona, ha limitato i poteri della corte costituzionale e di vari organismi indipendenti, ha iniettato nelle istituzioni un carattere etnico-nazionalistico – il ritorno della retorica della Grande Ungheria, che si alleò con Mussolini e Hitler – incompatibile con il diritto europeo ed internazionale. I media sono gradualmente passati sotto il controllo del governo, le privatizzazioni si sono rivelate essere dei doni ad oligarchi amici del governo, i dirigenti delle maggiori istituzioni culturali magiare sono stati epurati se non erano in linea con il nuovo ordine ungherese, gli ebrei ungheresi sono stati accusati di slealtà.
Se la destra italiana avesse fatto anche solo una minima parte di quel che ha fatto Fidesz, il partito al potere, sarebbe scoppiato il finimondo: l’opinione pubblica internazionale avrebbe chiesto immediatamente sanzioni, condanne, ingerenze di vario genere.

Invece, incredibile a dirsi, Orban rimane il vicepresidente del Partito popolare europeo (Ppe). Tale è il livello di degrado raggiunto dai conservatori europei.

Fidesz ha portato a termine la sua missione: creare un sistema elettorale che renderà estremamente difficile destituirla. Questo sistema garantisce che l’équipe dirigente, anche nel caso in cui dovesse rimanere al potere, potrà continuare la sua assurda avventura con la minor legittimità democratica possibile…se vi dovesse essere alternanza le strutture politiche renderanno il paese ingovernabile per i nuovi dirigenti.

http://www.presseurop.eu/it/content/article/3050521-viktor-orban-prepara-la-sua-rielezione

“Non tacere, non scendere a patti”: il direttore del Teatro nazionale ungherese spiega in prima pagina sul Magyar Narancs che continuerà a prendere posizione nella diatriba che sta dividendo l’Ungheria. Róbert Alföldi, il cui mandato scade nel 2013, sarà sostituito da Attila Vidnyánszky, uomo vicino al governo di Viktor Orbán, che rimprovera ad Alföldi di non rappresentare abbastanza i valori nazionali. Da diversi mesi, inoltre, l’estrema destra critica la mancanza di patriottismo del direttore del teatro, e lo accusa di essere omosessuale.

http://www.presseurop.eu/it/content/news-brief/3188331-nazionalismo-sulla-scena

L’11 marzo il parlamento ungherese ha adottato una nuova modifica della costituzione che priva delle sue competenze essenziali la Corte costituzionale.

http://www.presseurop.eu/it/content/news-brief/3524821-la-fine-dell-era-costituzionale

Grazie alla maggioranza dei due terzi in parlamento di cui gode il suo partito, l’11 marzo il primo ministro Viktor Orbán ha fatto votare la quarta modifica alla costituzione redatta nel 2011.

http://www.presseurop.eu/it/content/press-review/3527621-orban-e-impermeabile-alla-democrazia

In Ungheria si dice che chi cambia paese cambia anima. Il problema è che nel corso degli ultimi due anni e mezzo 500mila ungheresi hanno lasciato il paese, cioè più del doppio rispetto al periodo corrispondente all’ondata di repressione che seguì la rivolta del 1956. Un numero consistente per un paese che conta appena dieci milioni di abitanti.

http://www.presseurop.eu/it/content/article/3608571-budapest-le-rovine-della-cultura

Com’è che la gente continua a farsi fregare dai nazionalisti, i quali ogni volta dimostrano di essere i peggiori nemici della nazione, dato che con loro trionfano ignoranza, paura, divisioni identitarie laddove non ce n’erano o erano latenti, oligarchismo, pregiudizi misogini, omofobi e razzisti, miti, illusioni, autoinganni, megalomania, hybris, autoritarismo, clericalismo, impoverimento culturale, morale, spirituale ed economico, diretta conseguenza del bullismo e dell’autarchia?

Omosessualità, islam ed europa

 

Ho notato una certa ritrosia da parte di molti blogger eterosessuali ad occuparsi di questioni relative ai diritti dei loro fratelli omosessuali (fratelli nell’umanità). Io stesso non mi sono degnato di farmi sfiorare dall’idea di farlo. Tempo di cambiare, tempo di comportarsi da fratello e non da estraneo.

Articolo di Gaelle Roux tratto dal sito France24 del 30 marzo 2012, liberamente tradotto da Marco Galvagno.

“Ludovic Mohammed Zahed, il primo musulmano francese a essersi sposato religiosamente con un uomo, ha appena pubblicato “Le Coran et la Chair” (Il Corano e la carne). Racconta il suo percorso difficile e ci rivela un’audace interpretazione del Corano.

“Oggi sono convinto che se il profeta Maometto fosse vivo unirebbe in matrimonio coppie di omosessuali“.

L’autore di queste righe, Ludovic Mohammed Zahed, è un fervente musulmano, fine conoscitore del Corano, omosessuale e sposato dalla fine di febbraio con la benedizione di un imam francese a Quiya, un sudafricano, anche lui musulmano.

Nella sua opera “Le coran et la chair”, edizione Max Milo, uscito (ndr in Francia) il ventinove marzo (2012) in libreria, ci fornisce una testimonianza  straziante sul percorso  difficile di un omosessuale musulmano, pieno di dubbi ed umiliazioni.

“L’omosessualità […] non è una scelta e bisognerebbe essere matti per scegliere d’essere omosessuali quando si proviene dall’ambiente socio-culturale dal quale vengo”, scrive. Intellettuale brillante, scrittore dotato e militante intrepido, Ludovic Mohammed ha fatto dell’islam e dell’omosessualità, la propria ragione di vita, grazie alla sua associazione d’aiuto e difesa degli omosessuali musulmani, HM2F (Homosexuels musulmans de France), ma anche attraverso le sue ricerche universitarie. Il giovane che studia antropologia e psicologia nella prestigiosa École des hautes études en sciences sociales (EHESS) e sta preparando da diversi anni una tesi di dottorato appunto su islam e omosessualità.

Bastonate per imparare a essere un uomo

Nato in Algeria, nel 1977, Ludovic Mohammed è il secondo di tre fratelli. All’età di 3 anni i suoi genitori lasciano l’Algeria per trasferirsi nella regione parigina. La famiglia tornerà nel proprio paese solo l’estate durante le vacanze e durante la difficile situazione algerina degli anni 90.

Ludovic Mohammed è un bambino timido ed effeminato. “Ero una via di mezzo: un po’ bambino un po’ bambina”, si rende conto, a otto anni. Ma suo padre, una canaglia maschilista, e suo fratello non ci sentono da questo lato… Ho passato la mia infanzia con un padre che mi diceva che ero solo una femminuccia, una bambinetta, un piagnucolone. Per insegnarli a essere un uomo il fratello maggiore lo picchia di santa ragione fino a spaccargli il naso. Aveva  vergogna di avere un fratello malato.

In cerca  della propria identità

L’adolescente s’immerge nella religione, preso a carico da un gruppo di salafiti, impara a memoria in arabo una parte del Corano, prega cinque volte al giorno, osserva scrupolosamente gli insegnamenti dei maestri.

Ma anche là i suoi modi considerati troppo effeminati finiscono  con il disturbare “i fratelli” che lo emarginano dalla comunità. Siamo nel 1995, l’ Algeria s’impantana nella guerra civile. Il 30 gennaio un camion pieno d’esplosivi devasta il centro d’Algeri. Quarantadue persone perdono la vita. L’attentato è rivendicato dal gruppo salafita GIA.

Deserto spirituale

Quel giorno mi sono sentito sconvolto al solo pensiero che quella gente aveva anche solo una qualche vaga parentela con me. L’attentato e l’esclusione dal gruppo dei salafiti algerini segnano l’inizio di un lunghissimo deserto spirituale. Quindici anni durante i quali rifiuterà violentemente l’islam.
A ventun anni confessa alla famiglia di essere omosessuale. Sua madre é inconsolabile per vari mesi, ma suo padre, proprio lui che per anni, non rivolgeva nemmeno la parola a quel figlio ritenuto poco virile, risponde: “é così, capisco, bisogna accettare”, una mano tesa, alla fine benevola. A quell’epoca Ludovic Mohammed è sieropositivo da due anni.

Nonostante la rottura con i salafiti, la sete di spiritualità gli cova dentro. Il giovane per un breve periodo si avvicina al buddismo. “Mi sono reso conto che l’omofobia e la misoginia sono presenti ovunque” aggiunge con lo sguardo fisso dietro gli occhiali rotondi. A poco a poco l’islam prende di nuovo piede in lui.

“Ho ricominciato a poco a poco a pregare e poi sono andato per la prima volta a fare il pellegrinaggio alla Mecca, alle fonti dell’Islam per riappropriarmi della mia religione. Ho riscoperto una pace interiore che avevo perso dall’infanzia”. Dopo essere tornato in Francia fonda l’associazione “Les Enfants du sida” per la quale viaggia in tutto il mondo per un anno.

“Mi sono reso conto d’essere una persona buona, asserisce oggi. Ho capito anche che potevo essere omosessuale e praticare la mia religione”. Fonda allora una seconda associazione Hm2F (omosessuali musulmani francesi).

L’etica islamica attuale condanna questo orientamento sessuale, ma in effetti niente nel Corano lo vieta. Del resto nel corso dei secoli i musulmani non concepivano l’omosessualità come abominio, come vizio assoluto come invece fanno ora.

 La pace

Sul tema islam e omosessualità Ludovic Mohammed è inesauribile: “L’omosessualità non ha niente contro natura, secondo una certa rappresentazione dell’islam, al contrario […]”, scrive così nel Coran et la chair. H2Mf lo porta a viaggiare soprattutto in Sud Africa dove partecipa a una conferenza organizzata da un’associazione simile alla sua, fondata da un ex imam, che scoprendosi omosessuale, ha divorziato e si è consacrato all’organizzazione.
Ludovic ha incontrato Quiyammuden. Si sono sposati civilmente nel giugno 2011, il matrimonio legale in Sud Africa non è riconosciuto in Francia, poi nell’ottobre dello stesso anno, si trasferiscono alla periferia di Parigi. E li che il 18 febbraio celebrano religiosamente la loro unione, la prima in Francia.
Nonostante le lungaggini amministrative per ottenere i documenti per Quiyamuden, nonostante le email e le minacce telefoniche dopo che ha deciso di vivere alla luce del sole islam e l’omosessualità, Ludovic Mohammed ha infine trovato pace.

“Sono pacificato” afferma con un lieve sorriso disegnato sulle labbra. “Potrei andarmene domani, alla fine sono sereno”.

Testo originale: Concilier islam et homosexualité. Le combat de Ludovic Mohammed Zahed

http://www.gionata.org/index.php?option=com_content&view=article&id=3885:conciliare-islam-e-omosessualita-la-battaglia-di-ludovic-mohammed-zahed&catid=28&Itemid=100517

 

L’esecutivo francese ha approvato un progetto di legge per consentire il matrimonio omosessuale e permettere l’adozione alle coppie gay. L’organizzazione Calem , prima associazione europea che difende i diritti degli omosessuali di fede islamica, ha fatto molte pressioni per ottenere questa controversa norma. Un impegno che nasce dalla storia personale di Ludovic Mohamed Zahed, fondatore di questo gruppo. Questo ragazzo francese di origine algerina si è sposato con il suo compagno qualche anno fa in Sudafrica, ha celebrato la sua unione in Francia, alla presenza di un Imam, e aspetta di poter riconoscere le nozze anche nel suo Paese.

È stato difficile accettare la tua omosessualità?

All’ inizio non è stato facile. L’Islam mi è sempre interessato molto, sia perché fa parte della mia identità, sia perché è la mia guida morale e spirituale. Sono cresciuto in una famiglia musulmana non particolarmente praticante e mi sono avvicinato alla religione per una scelta personale. Durante la mia adolescenza, frequentavo la moschea e studiavo il Corano per memorizzarlo. A diciotto anni, quando ho scoperto di essere omosessuale, mi sono iniziato a domandare perché la mia religione, che avevo sempre considerato universale ed ecumenica, escludesse alcune persone a causa dell’orientamento sessuale. Quando mi sono trasferito in Francia, ho vissuto da omosessuale per un certo periodo, senza praticare la mia religione, ma non ero felice.

Questa sofferenza ha cambiato la tua opinione sull’Islam?

Ho imparato a distinguere tra religione e tradizione. Avevo appreso l’Islam in un ambiente conservatore e questo mi aveva allontanato dalla fede, perché mi sentivo escluso dalla comunità. Ho perciò cercato di ritrovare la mia spiritualità in un’altra filosofia di vita e ho fatto un pellegrinaggio in Tibet per approfondire la mia conoscenza del Buddismo. Tuttavia, anche in quel contesto, ho scoperto che c’erano delle idee e degli atteggiamenti omofobi e misogini. Ad esempio, alcuni monaci mi hanno detto che le persone, quando non hanno un “buon karma”, si reincarnano in un corpo femminile. Così sono tornato in Francia e ho ricominciato ad approfondire la mia conoscenza dell’Islam.

Come hai fatto a convincerti che non c’è contraddizione tra omosessualità e Islam?

Ho conosciuto alcuni membri dell’organizzazione “David and Jonathan”, un gruppo che difende i diritti degli omosessuali cristiani, e ho capito che dovevo studiare meglio la mia religione. Ho letto molto sulla storia dell’Islam, in particolare alcuni libri che trattano della presenza di omosessuali nel periodo di Maometto. Alcuni di loro partecipavano alla vita di diverse famiglie e il loro orientamento sessuale era, a volte, tollerato o accettato. Secondo alcune interpretazioni di un Hadith di Abu Dawood (libro 32, 4095), lo stesso Profeta avrebbe ammesso un “mukhannath” (effemminato o eunuco) alla presenza delle sue mogli per un certo periodo. Nel 2010 ho fondato l’organizzazione per i diritti dei musulmani omosessuali Calem. Ora prego cinque volte al giorno e studio il Corano. Recentemente ho fatto un pellegrinaggio alla Mecca.

Che tipo di discriminazioni subiscono i ragazzi omosessuali che aiutate in Francia?

Ci sono delle differenze tra gli omosessuali islamici che ho conosciuto in Algeria e in Francia. Nel Paese africano molti si nascondono, in Europa è più facile parlare. Tuttavia esistono delle discriminazioni anche in Francia. Una ricerca IFOP ha evidenziato che più del 75% dei musulmani francesi considera l’omosessualità un tabù. I musulmani più giovani sono invece più aperti e soltanto il 29% condivide questa opinione. In generale, molti dei problemi vengono dalla famiglia. La nostra sfida più importante è convincere i genitori che non c’è nulla di male ad avere un figlio omosessuale.

Che valore ha avuto per te il matrimonio?

Nella tradizione islamica, il matrimonio è un contratto, una testimonianza di fedeltà di fronte alla comunità, non un sacramento. Per me e mio marito è stata una festa ed una promessa pubblica di amore. Ovviamente, per noi il matrimonio ha anche un valore religioso e perciò abbiamo voluto la presenza di un Imam alla cerimonia. Inoltre volevamo dare un segnale a tanti altri musulmani che sono discriminati a causa del loro orientamento sessuale e dimostrare che si può essere gay e praticare la propria fede.

http://mondo.panorama.it/tra-istanbul-e-il-cairo/matrimonio-gay-Imam-Ludovic-Mohamed-Zahed

La democrazia diretta non ha mai ucciso nessuno…finora!

Non credete a chi vi dice che più democrazia diretta ci sarà, meno problemi avremo. Non è successo in Svizzera e non succederà altrove. La democrazia diretta è una buona cosa se usata con misura, sobrietà, buon senso, assennatezza e discernimento, altrimenti è un’arma micidiale. In ogni caso, i diritti fondamentali e la pari dignità di cittadini e residenti/soggiornanti NON DEVONO ESSERE MAI TOCCATI (se non per migliorarli ed ampliarli!)

Un estratto dal mio prossimo libro
:

“[…] Gli etnopopulisti elvetici dell’SVP, imprigionati dai vincoli costituzionali, adoperano la democrazia diretta, incluse le proposte di legge di iniziativa popolare e i referendum, per vincere delle battaglie che altrimenti non potrebbero neppure intraprendere. Questo, naturalmente, significa che la fede di carattere messianico dei campioni della democrazia diretta, che vedono nella democrazia diretta la soluzione alla gran parte del mali della società, è malriposta. Lungi dall’indebolire la partitocrazia, la democrazia diretta dal basso incentiva lo sviluppo di nuove forme di partitismo non meno manipolative e spregiudicate di quelle giustamente sotto accusa (Ladner/Brändle, 1999).

Uwe Serdült e Yanina Welp, due tra i massimi esperti elvetici di democrazia diretta, hanno studiato le iniziative popolari di democrazia diretta in tutto il mondo dalla prima (nel 1874) al 2009 (Serdült/Welp 2012) ed hanno scoperto che la diffusione della democrazia diretta non ha nulla a che vedere con la crisi della democrazia rappresentativa nelle democrazie consolidate. Infatti la spinta per una maggiore democrazia diretta ha riguardato soprattutto paesi non-europei. Sono solo quattro su 38 le nazioni dell’Europa occidentale che si sono dotate degli strumenti per attuare la democrazia diretta a partire dal basso. E di queste 38 nazioni solo 19 ne hanno fatto uso dalla fine degli anni Ottanta. La tanto bistrattata democrazia italiana risulta al secondo posto nel mondo, con 62 referendum a partire dal 1974, dopo la Svizzera (336 dal 1874) e davanti al Liechtenstein (56 dal 1925), San Marino (14 dal 1982) e Uruguay (11 dagli anni Cinquanta). Proprio in Uruguay dei referendum di riforma costituzionale sono stati promossi nel 1958, 1962 e 1966 per imprimere una svolta autoritaria al sistema di governo uruguagio. In Estonia, nel 1933, sotto la pressione della Depressione, il regime fascista fu instaurato proprio attraverso un’iniziativa popolare di democrazia diretta.

Più recentemente, numerosi studiosi hanno messo in guardia dal sottovalutare la capacità dei gruppi di pressione e dei poteri forti di influenzare l’andamento delle campagne referendarie e l’esito del voto: il cosiddetto “paradosso populista” (Gerber, 1999). David S. Broder (2000) ha evidenziato con abbondanza di riferimenti come, soprattutto in California, ma non solo, è tragicamente ingenua la fiducia che si ripone del potere taumaturgico dell’iniziativa popolare: laddove c’è un netto divario di risorse, demagoghi e lobbisti strumentalizzano la democrazia diretta senza che gli elettori se ne rendano conto e sussiste un rischio molto concreto che, prima o poi, il sistema democratico rappresentativo e, con esso, la cornice costituzionale, possa essere abbattuto dall’interno, a furor di plebiscito. In pratica, quella che doveva essere una cura contro il lobbismo si è trasformata in un’ulteriore opportunità di manipolazione degli orientamenti dei cittadini, perché la politica non ha ancora provveduto a regolamentare adeguatamente le attività di pressione e renderle trasparenti.

Barbara Gamble, che ha rianalizzato le esperienze di democrazia diretta negli Stati Uniti tra il 1959 ed il 1993, ha mostrato che le maggioranze hanno ripetutamente usato lo strumento referendario per tiranneggiare le minoranze, con iniziative contrarie ai loro diritti civili che hanno riscosso una serie straordinaria di successi (Gamble 1997, p. 261). Questo avviene ancora più di frequente nelle comunità più piccole, laddove manca quell’eterogeneità di interessi che rende più arduo formare delle maggioranze coese che possano spadroneggiare sulle minoranze (Donovan/Bowler 1998).

Il problema principale è che chi è in grado di investire molto denaro ha una concreta possibilità (statisticamente significativa) di far pendere la bilancia da una parte o dall’altra, in accordo con le sue preferenze (Hertig, 1982; Kriesi, 2005; Stratmann, 2006). Hanspeter Kriesi, direttore del dipartimento di politica comparata all’Università di Zurigo e specialista di democrazia diretta, ha rilevato che le iniziative di democrazia diretta in Svizzera sono molto spesso impregnate di emotivismi e di tenaci pregiudizi in favore delle indicazioni di voto del proprio partito di riferimento e moltissimi elettori decidono fin dall’inizio che cosa voteranno, cambiando idea molto di rado e facendo proprie le argomentazioni che raccolgono durante la campagna referendaria solo per razionalizzare scelte predeterminate e di carattere emotivo. In un intervento alla conferenza internazionale annuale dell’associazione di studi politici sul tema “in difesa della politica” (aprile 2012), Kriesi ha amaramente commentato che l’esercizio deliberativo nelle campagne di democrazia diretta non corrisponde ad uno scenario ideale in cui i votanti prendono delle decisioni sulla base delle argomentazioni più persuasive.

Mentre l’islamofobia e la xenofobia hanno pesantemente condizionato la pratica della democrazia diretta in Svizzera, ostacolando per esempio gli sforzi dei rappresentanti politici di naturalizzare gli immigrati e garantire i loro diritti civili (Hainmueller/ Hangartner 2012), l’omofobia ha più volte annullato virtualmente tutte le iniziative a livello rappresentativo negli Stati Uniti che volevano garantire pari diritti agli omosessuali. Negli Stati Uniti, tra il 1995 ed il 2004, gli stati che prevedevano la democrazia diretta hanno approvato molte più proposte di legge ostili alle minoranze di quelli che non la contemplano (Lewis, 2011). La Svizzera, avendo previsto questo tipo di risvolto, è meno affetta – ma tutt’altro che immune – da questa sindrome di populismo autoritario e discriminatorio perché ha cercato di mettere al sicuro i principi costituzionali ed i diritti civili già garantiti dalle aggressioni di un elettorato volubile (ma sulle naturalizzazioni ha potuto fare ben poco).

Dobbiamo, tristemente, prendere atto del fatto che James Madison, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, aveva ragione quando ammoniva che “quando una maggioranza è unita da un comune interesse, i diritti della minoranza sono incerti” (1787)”.

Kony 2012 – La stucchevole pornografia umanitaria (I bambini! Pensate ai bambini!)

a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles

Web Caffè Bookique [Facebook]

KONY 2012 (decine di milioni di visualizzazioni) è la consueta trappola “filantropico-umanitaria” in cui cadono fin troppi internauti.

Qui potere trovate il video, tediosamente manicheo, ipersemplificatore, manipolatore, razzista, ingannevole, omertoso:

http://www.informarexresistere.fr/2012/03/10/kony-2012-make-him-visible-rendiamolo-visibile/#axzz1od3sL7a5

Le critiche più superficiali a questa organizzazione umanitaria si concentrano sui ricchi emolumenti che si riservano i dirigenti di Invisible Children, sul fatto che solo un terzo del denaro delle donazioni finisce in Uganda (e, anche lì, siamo sicuri che arrivino alle persone giuste?), che la sua contabilità non è per nulla trasparente, che tende ad esagerare i fatti e le cifre per ragioni di autopromozione. Infine, che il video-documentario in questione contiene pochissime informazioni e moltissime esche emotive per spettatori dal cuore tenero e dallo spirito critico assopito, che manco si rendono conto che Kony (pronuncia: “Koon”) non è più in Uganda dal 2006 e che nell’Uganda del Nord la situazione è relativamente tranquilla da diversi anni, a dispetto delle immagini strazianti che ci vengono propinate:

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/africaandindianocean/uganda/9131469/Joseph-Kony-2012-growing-outrage-in-Uganda-over-film.html

Ci sono però ragioni molto più stringenti, profonde ed inquietanti.

Farsi fotografare imbracciando armi automatiche dei ribelli del Sud Sudan, non è solo una pessima idea, è anche molto rivelatore. Infatti “Invisible Children” è ben vista dal presidente ugandese, al potere da 26 anni grazie all’appoggio degli Stati Uniti:

http://www.peacelink.it/conflitti/a/34895.html

Si dimostra utile anche per gli interessi industriali anglo-americani, specialmente quelli nel settore petrolifero e in quello del legname, ai danni delle popolazioni locali:

http://www.peacelink.it/ecologia/a/34854.html

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/mar/08/kony-2012-campaign-oprah-and-bracelets?INTCMP=SRCH

“Un altro elemento degno di nota è che in Kony 2012 si sostenga l’invio di militari statunitensi in Uganda, deciso da Obama. Il proseguimento del sostegno militare alle forze armate ugandese è anzi il principale obiettivo dell’intera campagna: si vuole proprio evitare che il Congresso possa scegliere un disimpegno dal paese africano. La scelta del presidente Obama è dipinta come il risultato delle pressioni dal basso esercitate negli anni passati dalla Invisible Children, Inc., e come una missione militare decisa semplicemente perché è la cosa giusta.

http://www.geopolitica-rivista.org/16839/dietro-kony-2012-cosa-succede-davvero-in-uganda/

Incredibile a dirsi, questi attivisti umanitari chiedono agli Stati Uniti di armare l’esercito ugandese, che è uno dei principali colpevoli del peggior genocidio della storia dopo quello nazista, ossia quello dei Congolesi, che hanno la sfortuna (!!!) di vivere in uno dei paesi più ricchi di risorse naturali del mondo, un boccone delizioso per le potenze occidentali:

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=print&sid=4546

Yoweri Museveni, presidente ugandese paladino delle privatizzazioni e del rigore fiscale, accusato di essere restato ininterrottamente al potere dal 1986 solo grazie ai brogli, responsabile della morte di più Ugandesi di quelli uccisi da Kony, è anche implicato nel genocidio ruandese:

http://www.percorsidipace.net/conflitti/conflitto-ruanda

La campagna per un intervento militare in Uganda ed in tutta l’Africa centro-orientale è promossa non soltanto da Invisible Children, ma anche da figure terribilmente sinistre come il senatore statunitense Jim Inhofe, nemico giurato di Joseph Kony.

http://inhofe.senate.gov/public/index.cfm?FuseAction=PressRoom.PressReleases&ContentRecord_id=039016be-bef0-0770-4f0e-3bcacdd69097

Inhofe, grande amico di Yoweri Museveni, è uno dei pezzi grossi di “The Family”, l’organizzazione cristiano-fascista che esercita un’enorme influenza sulla politica americana, nazionale ed estera:

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/09/quando-il-fascismo-giungera-in-america-sara-avvolto-nella-bandiera-e-brandira-una-croce-sinclair-lewis/#axzz1od3sL7a5

Tanto intensa è l’influenza di questi fanatici cristianisti, che in Uganda si continua a ventilare l’ipotesi di promulgare leggi che autorizzino la condanna a morte degli omosessuali:

http://it.globalvoicesonline.org/2012/02/uganda-torna-la-proposta-di-legge-anti-gay/

Museveni è un paladino dell’unificazione dell’Africa orientale, ufficialmente per “sviluppare un programma spaziale africano” (sic!), in realtà per favorire gli interessi anglo-americani a discapito di quelli cinesi:

http://www.zimbio.com/President+Yoweri+Museveni/articles/70/Africans+must+travel+moon+Uganda+president

Questa vicenda può essere uno spunto per comprendere meglio la maniera in cui gli psicopatici che governano il mondo (solo degli psicopatici potrebbero sacrificare le esistenze di milioni di persone per il loro profitto e status) manipolano le masse.

Il video incriminato esemplifica al meglio le tecniche messe in atto per strumentalizzare le emozioni della gente.

C’è il nauseante e paternalistico motivo del fardello dell’uomo bianco che deve ripetutamente farsi carico della sorte dei suoi fratelli neri, un po’ sfigati, un po’ sub-umani, incapaci di autogestirsi. Perfino un criminale di guerra in pre-pensionamento, circondato da poche centinaia di miliziani, e non più in Uganda, può essere un pretesto per “risolvere” certe questioni con l’uso della forza.

Presumo che nessuno abbia visto il video integralmente. Pochi minuti sono sufficienti per capire che l’obiettivo non è quello di aiutare a capire la situazione, ma di oscurarla, contando sul fatto che nessuno si interessa degli Africani. Non si sa nulla del contesto, dei protagonisti, delle loro motivazioni, delle relazioni di potere, dei coinvolgimenti stranieri, del punto di vista degli Ugandesi. Il tutto si riduce ad uno scontro tra esseri umani bestiali ed esseri umani inermi. Un clic, un twitter e possiamo sentirci angeli salvatori: eliminato il Grande Mostro tutto si risolverà. Il fatto che ciò autorizzi un intervento militare americano in una regione che è sostanzialmente pacifica da almeno 4 anni è un dettaglio di poco conto.

La democrazia diretta dell’era digitale è guidata dai buoni sentimenti, non dall’intelletto,  dalla curiosità, dal desiderio di approfondire, dall’umiltà di chi accetta che è necessario informarsi prima di trarre delle conclusioni.

Quante delle persone che hanno condiviso il video sanno anche solo dov’è l’Uganda (“sono neri, saranno da qualche parte in Africa”)? Quanti si sono chiesti se le immagini sono recenti o risalgono per caso ad una decina di anni fa e se l’accostamento di Kony e Hitler sia legittimo? Quanti si sono domandati la ragione di tutto questo scalpore per una guerra che è durata 20 anni (1986-2006), nell’indifferenza del mondo, proprio ora che le acque sono relativamente calme? Quanti hanno idea della guerra commerciale ed economica che si svolge tra Stati Uniti e Cina nel teatro dell’Africa orientale? Quanti hanno messo in discussione la contrapposizione tra assistenza occidentale allo sviluppo buona / colonialismo cinese cattivo? Quanti sono rimasti sconcertati dal linguaggio emotivo, pontificatore, vuoto di contenuti di questa campagna?

Un linguaggio che fa appello al nostro senso di colpa e razzismo inconsapevole (“gli Africani sono così, c’è poco da fare se non mettersi in mezzo e farli rigar dritti, questi selvaggi”) ed ignora il contesto, i conflitti di potere, l’occultamento dei moventi, la rimozione del boom economico dell’Uganda settentrionale dall’orizzonte degli eventi, ecc. C’è un uomo cattivo, ci sono delle vittime e c’è una soluzione: un “mi piace”, una condivisione, un sms e ci mettiamo il cuore in pace. Come vincere una guerra in un videogioco. Una mobilitazione istantanea ed asettica per la guerra (“guerra giusta”), una guerra che comporterebbe l’uccisione di centinaia di ragazzini-soldato che sono stati “reclutati” contro la loro volontà e di migliaia civili, quelli che incolpano non solo Kony ma anche il governo/regime ugandese.

30 minuti di propaganda melliflua sono sufficienti per mandarci il cervello in pappa, per farci credere di essere diventati sufficientemente competenti riguardo ad un tema che prima ignoravamo completamente da sapere cosa sia giusto fare, per spingerci ad attaccare chiunque critichi il video, a comprare le nostre brave t-shirt filantropiche, come dei bravi soldatini?

Goebbels sfruttava precisamente questi meccanismi di adesione spontanea, irriflessa, semi-consapevole.

Le guerre umanitarie sono state “autorizzate” dall’opinione pubblica internazionale in questa stessa maniera (cf. i neonati kuwaitiani infilzati dai soldati iracheni nelle incubatrici, i soldati di Gheddafi che usano viagra per stuprare meglio le donne libiche, Assad che fa saltare in aria le proprie forze dell’ordine per poter dare la colpa ad Al-Qaeda).

Useranno le stesse tecniche per farci accettare la prossima guerra mondiale e tutto ciò che seguirà.

In definitiva, Jason Russell, Bobby Bailey e Laren Poole, i giovani fondatori di “Invisibile Children”, sono forsi animati dalle migliori intenzioni, sono forse gli utili idioti di turno, ma è lecito chiedersi cosa li abbia spinti a scegliere di usare Kevin, il figlio di Jason Russell, per spiegare al mondo la bontà della causa, come se gli spettatori avessero l’età mentale di un bambino e non potessero gestire informazioni più complesse di quelle inserite nel documentario. Paternalistico è anche il nome della stessa organizzazione, che allude al fatto che siano stati loro a rendere visibili bambini che prima non lo erano, come se proprio il fatto di autoproclamarsene portavoce, senza farli parlare, non equivalesse a renderli muti ed invisibili.

Gli Ugandesi non hanno bisogno di questa carità pelosa e noi abbiamo invece bisogno di darci una svegliata, prima che sia troppo tardi.

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