E quelli che danzavano furono scambiati per folli da chi non sentiva alcuna musica
21 febbraio 2016 a 12:23 (Verso un Mondo Nuovo)
I punti controversi del referendum sulla riforma costituzionale
13 febbraio 2016 a 09:50 (Resistenza e Rivoluzione, Verità scomode)
Tags: autoritarismo, costituzionalisti, ddl Renzi-Boschi, elezione dei senatori, Italicum, le ragioni del NO, Porcellum, referendum, revisione costituzionale, riforma costituzionale, riforma del Parlamento, riforma del Senato, Senato
Il ddl Renzi-Boschi:
– nega l’elettività diretta del Senato, ancorché gli venga contraddittoriamente ribadita la spettanza della funzione legislativa e di revisione costituzionale;
– privilegia la governabilità sulla rappresentatività;
– elimina i contro-poteri esterni alla Camera senza compensarli con contropoteri interni;
– riduce il potere d’iniziativa legislativa del Parlamento a vantaggio di quella del Governo;
– prevede almeno sette/otto tipi diversi di votazione delle leggi ordinarie con conseguenze pregiudizievoli per la funzionalità delle Camere;
– sottodimensiona la composizione del Senato (100 contro 630) rendendo irrilevante il voto dei senatori nelle riunioni del Parlamento in seduta comune relative alla elezione del Presidente della Repubblica e dei componenti del CSM (mentre per quanto riguarda i giudici della Corte costituzionale ne attribuisce irrazionalmente tre ai 630 deputati e addirittura due ai 100 senatori);
– pregiudica il corretto adempimento sia delle funzioni dei senatori, divenute part-time, sia quelle ad esse connesse, dei consiglieri regionali e dei sindaci;
– prevede degli inutili senatori pro-tempore di nomina presidenziale, ancorché il Senato non svolga più quelle alte funzioni che giustificavano la presenza di senatori a vita eletti dal Capo dello Stato.
– Inoltre ciò che preoccupa di più è il combinato disposto della riforma costituzionale e dell’Italicum (che è il bis del Porcellum), in conseguenza del quale il Premier-segretario conseguirebbe uno smisurato accumulo di poteri.
http://temi.repubblica.it/micromega-online/pace-%E2%80%9Crenzi-vuole-un-principato-ecco-le-ragioni-del-no%E2%80%9D/
The mother of all financial collapses, and a new beginning
12 febbraio 2016 a 11:52 (Uncategorized)
Stefano Fait, forecasting foresight anticipation
A dysfunctional debt-based monetary system, massive imbalances in the markets, immunity from prosecution for those responsible for the 2007-2009 crash, and inadequate responses on the part of Western central banks and governments have created gigantic, global commodity derivatives bubbles that will most likely burst by year’s end, causing a global financial collapse (Our Dysfunctional Monetary System, Forbes, 6 Feb 2016;Analyst: Here Comes the Biggest Stock Market Crash in a Generation, Fortune, 13 Jan 2016).
In such a scenario, banks would be bailed-in and this would produce huge layoffs. The US would hit the debt ceiling earlier than foreseen and would be forced to issue debt-free money (The Trillion-Dollar Platinum Coin Is Back, Bloomberg, 13 Mar 2015) to fund job-creating government spending.
This would, in turn, cause a worldwide flight from US$, a dramatic loss of confidence in the Federal Reserve, hyperinflation in the States…
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L’Autonomia di Nettuno, ovvero della vocazione apocalittica delle Terre Alte
11 febbraio 2016 a 23:03 (Antropologia, Resistenza e Rivoluzione, Territoriali#Europei, Verso un Mondo Nuovo)
Tags: alchimia, autonomia trentina, coscienza, coscienza oceanica, filosofia politica, Fontana del Nettuno, mistica, mistica occidentale, terzo statuto di autonomia, trasmutazione, utopia
Dal lat. apocalypsis, gr. ἀποκάλυψις «rivelazione»
Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto.
Paolo di Tarso
La “rivoluzione esistenziale” non è un qualcosa che un giorno ci cadrà in grembo dal cielo, o che un nuovo Messia ci porterà. È un compito che ogni uomo ha davanti a sé in ogni momento. Possiamo “fare qualcosa in proposito” e dobbiamo farlo tutti, qui e ora. Nessuno lo farà mai per noi e quindi non possiamo aspettare nessuno.
Vàclav Havel
Il Canada al quale dobbiamo devozione è il Canada che non siamo riusciti a creare….l’identità che non siamo riusciti a realizzare. È espressa nella nostra cultura ma non realizzata nella nostra vita, come la nuova Gerusalemme di Blake da costruire nella verde e bella terra inglese non è ideale meno genuino solo perché non è stata edificata laggiù. Ciò che resta della nazione canadese può ben essere distrutto da quella sorta di dispute settarie che per molta gente sono più interessanti della vita vera dell’uomo. Ma, mentre entriamo nel secondo secolo di vita contemplando un mondo in cui il potere e il successo si esprimono così ampiamente in menzogne stentoree, in una leadership ipnotizzata e nell’atterrita repressione della libertà e della critica, l’identità non creata del Canada forse non è, dopotutto, un retaggio così brutto da accollarsi.
Northrop Frye, “Cultura e miti del nostro tempo”
L’unico mito su cui vale la pena di ragionare nell’immediato futuro è un mito che parli del pianeta, non di una città o di un popolo, ma del pianeta e di tutti quelli che ci vivono… Avrà a che fare con la maturazione dell’individuo, dalla dipendenza fino all’età adulta, alla maturità e poi al trapasso; e poi il modo in cui ci relazioniamo con questa società e come essa si relaziona con la natura e il cosmo. Questo è ciò di cui hanno sempre parlato i miti ed è anche quello di cui dovrà parlare questo mito. La società al centro della sua narrazione sarà la società planetaria. Fino ad allora, non avremo niente in mano.
Joseph Campbell, intervista
Una crescita materiale illimitata, unita a una crescita spirituale pressoché nulla. Invenzioni che promettevano di farci risparmiare soldi e tempo ma non ci impediscono di avere sempre fretta e pochi quattrini e in cambio ci mantengono perennemente distratti.
Le zuffe indecorose, la prosaicità di molti protagonisti e molte argomentazioni del nostro tempo, la scadente comunicazione politica, l’indifferenza della gente, le oscene iniquità, i minacciosi squilibri e la violenza spicciola della nostra epoca mettono a dura prova la dedizione e la determinazione di quei cittadini che credono ancora che l’umanità — localmente e globalmente — abbia un futuro più degno del suo presente.
È chiaro che chi ci governa o è guidato da pulsioni egoistiche sociopatiche o, quando è in buona fede, non sa bene che pesci pigliare. In qualche caso è possibile che tra i decisori ci siano figure maggiormente consapevoli della natura del nostro tempo, ma possono solo sforzarsi di contenere i danni.
Non prendiamoci in giro: senza un risveglio di massa la nostra sorte non sarà piacevole e dare tutta la colpa ai politici è infantile.
Questo è un tempo apocalittico. Segni premonitori e letteratura, analisi dotte ed elevate (non ciarpame new age o ciarlatani pseudo-religiosi e millenaristi) colgono nel tempo presente segni catastrofistici che spianano la strada a una mentalità apocalittica…
Gustavo Zagrebelsky, “La felicità della democrazia: un dialogo”
Il nostro è, indubbiamente, un tempo apocalittico, un tempo da fine dei tempi e cominciamento di un evo nuovo.
Che la classe dirigente del Trentino Alto Adige lo capisca meno che altrove (non ci è dato saperlo con certezza) è irrilevante: mentre le sale dei dibattiti politici sono disertate, quelle della divulgazione spirituale e scientifica sono gremite.
Chi, avvinghiato a una mentalità manageriale in assenza di visioni, ideali e lucidità, si affida a paradigmi obsoleti in via di estinzione, sarà trascinato a fondo assieme ai relitti a cui si aggrappa.
Se ci domandassero come ci immaginiamo la società in cui vorremmo vivere, molti di noi non saprebbero cosa rispondere.
Non siamo più abituati a esaminare la società in cui viviamo in maniera radicalmente critica, a ragionare strategicamente, a immaginare creativamente le nostre utopie.
E in ogni caso ci ripetono continuamente che questo tipo di pensiero è vano, puerile, perfino pericoloso.
La megamacchina dello spettacolo ci ammannisce quasi esclusivamente cronaca nera e futuri distopici: la paura è il miglior guinzaglio, lo schiavo che non sa di esserlo non necessita di troppa sorveglianza.
Eppure la storia insegna che mentre gli incubi di oggi sono molto tangibili, i sogni di oggi possono essere le realtà di domani, o di dopodomani.
Siamo chiamati a nutrirci di principi e pratiche più nobili, a lasciarci guidare da forze superiori (spirituali) verso opportunità e in direzioni che ci sarebbero precluse, se facessimo leva solo sui nostri sforzi personali.
Questo a prescindere dai lazzi, improperi e rimproveri dei sempliciotti e falsi dotti.
Se il nostro uomo ridiscendesse e si rimettesse a sedere sul medesimo sedile, non avrebbe gli occhi pieni di tenebra, venendo all’improvviso dal sole? — Sí, certo, rispose. — E se dovesse discernere nuovamente quelle ombre e contendere con coloro che sono rimasti sempre prigionieri, nel periodo in cui ha la vista offuscata, prima che gli occhi tornino allo stato normale? E se questo periodo in cui rifà l’abitudine fosse piuttosto lungo? Non sarebbe egli allora oggetto di riso? E non si direbbe di lui che dalla sua ascesa torna con gli occhi rovinati e che non vale neppure la pena di tentare di andar su? E chi prendesse a sciogliere e a condurre su quei prigionieri, forse che non l’ucciderebbero, se potessero averlo tra le mani e ammazzarlo? — Certamente, rispose.
Socrate aiuta Glaucone a prendere coscienza dell’Apocalisse
Le circostanze sono propizie. La convergenza di un numero strabiliante di Crisi Strutturali Globali (indica che siamo prossimi a una sintesi ascendente oppure discendente. Enorme opportunità, enorme minaccia.
Il che ci conduce al tema del nuovo statuto e dell’autonomia.
LA NECESSITÀ DI UN PREAMBOLO DEGNO DI QUESTO NOME
Lo statuto dev’essere una Grande Idea, una di quelle idee che non appartengono a nessuno in particolare, essendo patrimonio di tutti. Le grandi idee, distillato di sapienza, aiutano a crescere anche chi viene dopo di noi. Serve un preambolo che esprima questa grande idea.
LO SPIRITO DI UN’AUTONOMIA AVANZATA: POST-ETNICO E POST-TERRITORIALE
Con buona pace del Dolomiten, l’autonomia su base etnica è un vicolo cieco: i residenti immigrati aumentano di anno in anno.
Con buona pace dei fautori del “piccolo è bello”, l’autonomia non può nemmeno essere legata a rigidità territoriali o particolari condizioni orografiche: la globalizzazione annulla le distanze, spiana le montagne.
La globalizzazione è la presa di coscienza del fatto che siamo tutti interconnessi e che ciascuna persona è responsabile del fato di tutte le altre.
Pertanto l’unica autonomia che ha un futuro non è l’autonomia del creditore (che cosa mi deve il mondo?) ma un’autonomia kennediana (non chiederti cosa il mondo può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il mondo e per il tuo prossimo).
Nessuna comunità e nessuna specie può avere successo se sacrifica l’interesse generale al proprio utile ed identità.
Se la natura fosse il risultato della competizione tra le specie non ci sarebbe più vita su questo pianeta.
La condizione umana si eleva con: (a) sicurezza sociale, (b) sicurezza finanziaria, (c) pace interiore, (d) salute fisica. Se queste garanzie mancano gli esseri umani si ripiegano in se stessi, nelle loro paure e rancori che castrano i loro talenti, buon senso (coscienza), sentimenti più nobili, senso di responsabilità.
(a) e (b) si conseguono attraverso 1. stabilizzazione delle valute; 2. regolamentazione dei commerci; 3. salvaguardia e radicale espansione dei beni comuni (es. energia, fibra ottica, ricerca & sviluppo pubblica).
Resta la dimensione spirituale, di gran lunga la più importante.
L’AUTOGOVERNO ESISTENZIALE E SPIRITUALE
L’autonomia è una specifica forma di governo che ha il compito di assistere i cittadini nello sforzo di migliorarsi e di migliorare la vita umana sulla terra. Parte dal presupposto che se non cambiano le teste delle persone non cambia realmente nulla: l’ingiustizia è nei cuori e nelle menti delle persone che creano determinate circostanze inique, non è un qualcosa di esterno, alieno.
L’autonomia deve creare un paese materialmente prospero ma deve anche dar vita a un luogo dell’anima, in cui le persone devono avere la possibilità di cercare la verità, ascoltare le proprie coscienze, coltivare la vita interiore e lavorare assieme nell’interesse generale (globale). Questa dimensione spirituale non può essere incidentale.
L’umanità deve rivendicare l’autorità di un contratto sociale, che rappresenti la volontà di stabilire su questo pianeta una forma di civiltà basata sulla giustizia e sulla trasformazione della coscienza umana nel senso dell’autogoverno morale e solidale delle persone e delle comunità.
NETTUNO COME PATRONO DELLA VOCAZIONE AUTONOMISTICA AVANZATA, OSSIA APOCALITTICA
Un particolare sentimento che, quanto a lui [Romain Rolland], non lo abbandonerebbe mai, che troverebbe attestato da molti altri e che supporrebbe presente in milioni di uomini, ossia in un sentimento che vorrebbe chiamare senso della “eternità”, un senso come di qualcosa di illimitato, di sconfinato, per così dire di “oceanico”…Le opinioni espresse dal mio stimato amico…mi hanno causato non lievi difficoltà. Per quel che mi riguarda, non riesco a scoprire in me questo sentimento “oceanico”.
Sigmund Freud, Il disagio della civiltà
Shiva, Poseidone e Nettuno imbracciano un tridente. Perché delle città alpine hanno adottato un dio marittimo? Perché, come il dio sumerico Enki-Ea, Nettuno è il dio delle acque sotterranee ossia, simbolicamente, il patrono della “coscienza oceanica”, quel grado di consapevolezza che permette al singolo di trascendere il proprio ego, disarmarlo, percepire l’unitarietà fondamentale della varietà del creato, apprezzare l’uguaglianza spirituale degli esseri umani, ridimensionare l’importanza dei possessi materiali che alimentano la nostra vanità, ritrarsi con orrore dalla predisposizione a vedere nel prossimo un rivale da schiacciare o una preda da spolpare (sempre “per il suo bene”).
Il fine ultimo dell’autodeterminazione personale e collettiva è la coltivazione di una coscienza oceanica (N.B. l’empatia espansiva e pacificante dell’ebbrezza ne è un assaggio).
Mi riferisco a un desiderio di partecipazione, di fusione con qualcosa di molto più vasto ed elevato di noi (le “nostre” montagne ne sono il riflesso, in un certo senso), un anelito verso Dio, verso qualcosa di profondo, nobile e intelligente nell’universo, che troviamo simultaneamente fuori e dentro di noi. Un desiderio di vivere più abbondantemente, più profondamente, più intensamente, di essere maggiormente presenti nel mondo, ma anche amorevolmente distaccati, come dei testimoni imparziali, per non farsi distrarre dalle trivialità, dalle banalità, dalle bramosie più deleterie, per poter arrivare al cuore delle cose e delle persone, per poter essere realmente di aiuto al prossimo.
Perché una domanda più profonda è più importante di una risposta superficiale. Perché un comportamento ponderato, un pensiero approfondito hanno tutto quel senso che manca alla reazioni meccaniche, agli automatismi comportamenti che determinano il nostro vivere, quasi nella sua interezza.
L’autonomia, personale e collettiva, è vocazione all’amore, cioè alla ricerca della libertà interiore, perché le due cose coincidono. L’autonomia non è un’idea, ma una pratica, un lavoro che dovrebbe condurre a una capacità di intuizione nascosta dentro di noi e che deve essere risvegliata (un altro livello di coscienza per un’altra qualità di conoscenza) perché se non cominceremo a vedere le cose come realmente sono potrebbe non esserci un futuro, per noi (il pianeta è resiliente, troverà il modo di rigenerare vite autocoscienti).
Non abbiamo bisogno di nuove ideologie o nuovi movimenti di massa o nuove filosofie. Abbiamo bisogno di persone nuove. La risposta alla crisi del mondo moderno è la comparsa di persone nuove.
Quando presentavo “Contro i miti etnici. Alla ricerca di un Alto Adige diverso” spiegavo sempre che la vera ricerca spettava a chi mi domandava soluzioni, che l’esito dipendeva dalle loro teste, prima ancora che dall’ingegneria istituzionale. Pochi hanno inteso perché pochi immaginano modalità di esistenza alternative e più profonde, sintesi hegeliane più alte.
Ora siamo arrivati a un punto di svolta estremamente critico in cui un po’ più di ottuso egoismo ci spingerà oltre l’orlo del baratro e un po’ più di consapevolezza altruista e risvegliata potrebbe salvarci dalla rovina. Dobbiamo sperare nella comparsa di esseri umani autentici, che costruiscano società autentiche adatte a cittadini autentici che non si facciano ipnotizzare da questa o quella grande idea, espunta dal suo contesto.
Nessuna “rivelazione” è definitiva: le rivelazioni continueranno a susseguirsi se una persona o una comunità è sufficientemente umile da riconoscere l’immensa distanza che la separa da ciò che vorrebbe diventare e potrebbe essere.
Lord Digory: “Non devi piangere per Narnia, Lucy. Tutto ciò che contava della vecchia Narnia, tutte le creature più care, sono state portate nella vera Narnia attraverso la Porta. E ovviamente è differente, tanto differente come lo può essere una cosa vera da un’ombra o la veglia dal sogno”.
Era quella la differenza tra la vecchia e la nuova Narnia. Quella nuova era una terra più profonda; ogni roccia e fiore e stelo d’erba sembrava significare qualcosa di più. Non posso descriverlo meglio di così. Se un giorno ci andrete capirete di cosa sto parlando.
La ragione per cui amavamo la vecchia Narnia è che qualche volta sembrava un pochino come questa.
[…]
Lucy: “Capisco. Questa è ancora Narnia e più reale e più bella della Narnia là sotto…capisco. Un mondo dentro un mondo. Narnia dentro Narnia”.
E qualunque cosa guardasse, non importa quanto distante fosse, una volta che aveva fissato lo sguardo su quella cosa, diventava nitidissima e vicina come se guardasse attraverso un telescopio.
“Pensavo che la casa fosse andata distrutta”, disse Edmund.
“È così”, disse il Fauno. “Ma adesso stai guardando l’Inghilterra nell’Inghilterra, la vera Inghilterra proprio come questa è la vera Narnia. E in quell’Inghilterra interiore nessuna cosa buona è andata distrutta”.
C.S. Lewis, “Le Cronache di Narnia”.
È scritto che la vita si rifugi in un sol luogo, apprendiamo cioè che esiste un paese nel quale la morte non toccherà gli uomini, quando sarà il terribile momento del duplice cataclisma. Tocca a noi cercare, poi, la posizione geografica di questa terra promessa, dalla quale gli eletti potranno assistere al ritorno dell’età d’oro. Perché gli eletti, figli di Elia, secondo le parole della Scrittura, saranno salvati. Perché la loro fede profonda, la loro instancabile perseveranza nella fatica avrà fatto meritare loro d’essere elevati al rango di discepoli del Cristo-Luce. Essi porteranno il suo segno e riceveranno da lui la missione di ricollegare all’umanità rigenerata la catena delle tradizioni dell’umanità scomparsa.
Fulcanelli
Lezioni di futuro: scrittori e lettori anticipatori – 2 febbraio, 17.30, Trento
1 febbraio 2016 a 15:54 (Futuro e Anticipazione, Letteratura, Web Caffè)
Tags: anticipazione, Anticipazione 2015, Asimov, Bradbury, fantascienza, Hari Seldon, Huxley, letture, prevedere il futuro, psicostoria, Roberto Maestri, servizi di anticipazione
Martedì 2 febbraio alle 17.30, la Biblioteca Civica di Trento ospiterà, nella Sala degli Affreschi, un evento culturale e divulgativo aperto a tutti e in special modo agli appassionati di fantascienza, di futuro e ai lungimiranti in generale.
Nel lontano 1941, Asimov inventava una scienza, la “psicostoria”, che consisteva nello studio statistico di ogni tipo di tendenza sociale.
Impiegando tecniche matematiche estremamente più progredite dell’epoca in cui scriveva, immaginava che la psicostoria prevedesse, con un elevato grado di precisione, i movimenti dell’intera società che avrebbero avuto luogo nel futuro, anche se il comportamento del singolo individuo umano sarebbe rimasto imprevedibile.
Partendo dalle suggestive letture di Roberto Maestri, si parlerà di una disciplina scientifica emergente che ha meritato il riconoscimento di una cattedra UNESCO e la prima conferenza internazionale con 260 relatori da 29 Paesi, ospitata recentemente a Trento (Anticipazione 2015).
Sul tema l’Università di Trento propone addirittura un master di secondo livello (Master in Previsione Sociale) dedicato ai professionisti interessati a nuovi strumenti di supporto alle decisioni strategiche. Rocco Scolozzi, uno dei fondatori della startup di Ateneo –skopìa che si occupa di “servizi di anticipazione”, introdurrà il Prof Roberto Poli, titolare della citata Cattedra UNESCO sui Sistemi Anticipanti.
Con buona pace di Asimov, nonostante i progressi tecnologici non si tratta (ancora?) di prevedere il futuro. Esso è e rimane imprevedibile. Il messaggio è che il futuro non si può prevedere ma si può pensare con metodo, per prepararci alle incertezze e per rendere più probabile il futuro desiderato.
Letture da Asimov, Huxley, Bradbury.