L’Ucraina può essere salvata
21 febbraio 2014 a 11:16 (Stati Uniti d'Europa, Verso un Mondo Nuovo)
Tags: Arseniy Yatsenyuk, Bielorussia, cambio di regime, corridoio umanitario, diplomazia, giochi olimpici, Iraq, Jugoslavia, Libia, Mosca, natsiokratiia, opposizione, Prodi, Russia, Siria, Ucraina, Unione Europea, Washington, Yanukovich, Yatsenyuk
a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles
[Per arrestare la violenza] bisogna fermare la polizia, fermare i manifestanti, imporre una DMZ, una zona demilitarizzata e spostare questo conflitto dalle strade al Parlamento. Voglio essere molto franco: il governo non controlla la polizia antisommossa ed è molto difficile per l’opposizione controllare Maidan. E ci sono una serie di forze che sono prive di controllo. Questa è la verità … è il caos, ora. L’Ucraina è in un gran casino
“To stop the riot police, to stop the protesters, to impose a DMZ, like demilitarized zone, and to move this conflict from the streets to the Parliament. I would be very frank that the government does not control the riot police and its very difficult for the opposition to control Maidan. And there are a number of forces who are uncontrolled. This is the truth…is in chaos now. Ukraine is in a big mess”
Arseniy Yatsenyuk, il leader dell’opposizione che fa riferimento alla Casa Bianca
http://www.rte.ie/news/player/2014/0220/20529559-ukraine-is-in-a-big-mess-yatsenyuk/
Tener conto che l’Ucraina proprio in quanto terra di “frontiera” tra Europa e Russia, in virtù della sua storia, della forte presenza di minoranze russe non può essere assimilata forzatamente e sic et simpliciter all’Unione Europea. E poi quali sono gli interessi che sono dietro quella manovra. Allora perché non pensare ad una forma “ibrida”,nella quale si tenga conto della diversità culturale ed etnica dell’Ucraina, che non può fare a meno né della Russia né dell’Europa? Ma non della Russia che è rappresentata dalla politica di potenza di Putin o dell’Europa delle lobby economiche. Ci vuole uno sforzo di creatività, quando i conflitti sono così complessi e si intrecciano al pregresso storico, agli interessi geopolitici e geostrategici, alle contraddizioni mai risolte degli stati-nazione. Allora per iniziare si sgombri il campo da estremismi, si chieda subito che le armi tacciano da una parte e dall’altra, si faccia chiarezza su chi c’è dietro le manifestazioni a Maidan (ci vuole poco a capire che ci sono forti infiltrazioni di gruppi paramilitari di destra e nazisti che sparano come sparano le forze di sicurezza governative), si portino ad un tavolo di trattativa le forze politiche “vere”, da una parte e dall’altra. Si ragioni su ipotesi come quella proposta nell’articolo di Pagina99, di una “doppia partnership” che veda l’Ucraina in parte legata alla UE in parte al nascente blocco eurasiatico costruito da Mosca. Le zone di frontiera, i territori “faglia”, nei quali non sono stati mai sopiti gli effetti di guerre devastanti come la Seconda guerra Mondiale, non possono esser governati secondo i criteri propri degli stati-nazione. Perché sono zone culturalmente, etnicamente, religiosamente ibride. Terre cerniera. Ed allora le soluzioni dovranno tenerne conto. E se l’Unione Europa oggi è troppo coinvolta direttamente, (o meglio Berlino) allora perché non affidare al Consiglio d’Europa la proposta di una mediazione?
Francesco Martone, da facebook
http://www.futurables.com/2014/02/20/la-via-del-dialogo-per-la-salvezza-dellucraina-e-delleuropa/
Piccolo nel grande è meglio
1 novembre 2013 a 08:46 (Etnofederalismo/Etnopopulismo, Verso un Mondo Nuovo)
Tags: balcanizzazione, campanilismo, chiusura, disgregazione, E.F. Schumacher, etnocentrismo, etnopopulismo, ex-Jugoslavia, gigantismo, globalizzazione, immigrazione, interazione, Jugoslavia, localismo, Magris, piccolo è bello, piccolo è brutto, razzismo, San Cristoforo, Schumacher, unità nella diversità, uniti nella diversità, universalismo, xenofobia
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PICCOLO È BRUTTO
Piccolo è bello e soprattutto è più facile prendere a calci chi sta sui cojones.
Anonimo
Si parla tanto di superare la prospettiva degli stati-nazione, ma la tendenza è diametralmente opposta. Invece di accorpare gli stati in organizzazioni transnazionali si stanno formando dei poli confederali circondati da una sovrabbondanza di micro e nano-stati, microscopiche entità amministrative con un Pil spesso inferiore al fatturato di una multinazionale o di una grande banca d’affari. C’erano circa una cinquantina di stati dopo la fine della seconda guerra mondiale. Oggi dopo la decolonizzazione, ma anche dopo la balcanizzazione del globo, sono quasi 200, senza contare certi distretti (es. City di Londra) o aree metropolitane (es. Chicago o New York) che si comportano come città-stato. Gli egoismi collettivi stanno spingendo verso la frammentazione, dividendo le aree più ricche da quelle meno privilegiate
Più frontiere ci sono, maggiori sono i rischi di frizione. Più piccoli sono gli stati, minori saranno le loro prospettiva economiche e militari (diventare un paradiso fiscale o un protettorato significa dipendere interamente dall’interesse altrui) e maggiori le probabilità che divengano delle pedine per i grandi giocatori dello scacchiere inglobale.
Quanto contano nel mondo Croazia, Slovenia, Macedonia, Serbia? Davvero poco. La Jugoslavia era il leader di un centinaio di paesi non-allineati.
Le nazioni più piccole e più deboli possono opporre ben poca resistenza agli oligopoli economico-finanziari e alle potenze egemoni. Così, per loro, la globalizzazione dei mercati si traduce in coercizione, intimidazione, sfruttamento, corruzione, autoritarismo: culture, valori, tradizioni, comunità locali contano davvero poco agli occhi dei grandi manovratori di ricchezze, che sono nella posizione di decidere che cosa e come debbano produrre le nazioni emergenti, quando e dove possano vendere la loro produzione, a che prezzo, quale debba essere il salario dei lavoratori, le condizioni di lavoro, le tutele, i sussidi, ecc. E, attraverso le istituzioni globali, possono anche decretare le politiche monetarie, fiscali, commerciali e bancarie di queste nazioni, punendo i riottosi. Gli abitanti del Terzo Mondo sanno molto bene che piccolo non è per niente bello in un mondo iniquo e prevaricatore.
Anche le piccole nazioni più ricche patiscono le conseguenze delle loro dimensioni ridotte. Le popolazioni di Belgio, Austria, Olanda, Svizzera, Danimarca sono in parte accomunate dalla paura di essere sommerse dagli immigrati, specialmente quelli musulmani, e di essere sminuzzate dal processo di integrazione europea e dalla globalizzazione. Molti cittadini di queste piccole patrie si sentono vittime di una manovra a tenaglia che li sta progressivamente snazionalizzando e votano in massa per dei partiti xenofobi e per dei quesiti referendari discriminatori. La paura è una cattiva consigliera e chi è piccolo tende ad essere più insicuro ed ad ingigantire i problemi.
Senza entità nazionali e federali chi amministrerebbe i parchi nazionali, la viabilità transcontinentale, i soccorsi ed aiuti di emergenza, la difesa, la lotta alla criminalità transnazionale? Chi tamponerebbe le conseguenze delle crisi cicliche della finanza? Chi si sforzerebbe di contrastare le disparità dovute alle rendite di posizione che nascono dalla concentrazione di ricchezze e di competenze in certi luoghi strategici? Migliaia di micro-comunità diventerebbero un gradito dono per quella porzione avida e priva di scrupoli delle élites, che prenderebbe il controllo di tutto le esistenti strutture di potere sfruttandole per i propri fini egoistici.
PICCOLO NEL GRANDE È MEGLIO
Il piccolo non è bello in quanto tale, come vuole un retorico slogan; lo è se rappresenta e fa sentire il grande, se è una finestra aperta sul mondo, un cortile di casa in cui i bambini giocando si aprono alla vita e all’avventura di tutti. L’identità autentica assomiglia alle Matrioske, ognuna delle quali contiene un’altra e s’inserisce a sua volta in un’altra più grande. Essere emiliani ha senso solo se implica essere e sentirsi italiani, il che vuol dire essere e sentirsi pure europei. La nostra identità è contemporaneamente regionale, nazionale — senza contare tutte le vitali mescolanze che sparigliano ogni rigido gioco — ed europea; del nostro Dna culturale fanno parte Manzoni come Cervantes, Shakespeare o Kafka o come Noventa, grande poeta classico che scrive in veneto. È una realtà europea, occidentale, che a sua volta si apre all’universale cultura umana, foglia o ramo di quel grande, unico e variegato albero che era per Herder l’umanità.
Claudio Magris
“Piccolo è bello” è un titolo che non è mai piaciuto a E.F. Schumacher, che lo considerava ingannevole, in quanto era convinto che l’obiettivo dovesse essere quello di realizzare il piccolo nel grande, non certo quello di ridimensionare tutte le attività umane. Fu scelto dall’editore perché “suonava bene”, ma l’economista restò convinto che offuscasse quello che era il messaggio del suo studio: non conta che un progetto sia piccolo o grande, conta che sia la scala appropriata e sostenibile, nel quadro di un consumo ottimale. Schumacher rigettava l’idea della decrescita, della miniaturizzazione dei cicli economici e delle società: “non è questione di scegliere tra crescita moderna e stagnazione tradizionale. Si tratta di trovare il giusto percorso di sviluppo, la Via di Mezzo tra materialismo dissennato e immobilismo tradizionalista”.
Ciò che importava, per lui, è che un’intrapresa non sia affetta da hybris (illusione di un potere illimitato) e avidità, che l’obiettivo non sia quello di dominare la natura, espandere illimitatamente i bisogni non spirituali (e quindi la dipendenza), addomesticare la natura umana meccanizzandola e focalizzando la sua attenzione su aspirazioni esclusivamente materiali e quantitative e monetizzare ogni valore non legato al profitto, bensì quello di garantire una prosperità universale che permetta di seguire un percorso di progresso qualitativo e morale.
Per farlo, Schumacher non raccomandava di tornare indietro: “L’uomo non può vivere senza la scienza e la tecnologia più di quanto egli possa vivere contrapposto alla natura”. Chiedeva una tecnologia dal volto umano, non in guerra con la natura, più originalità e creatività, più educazione e consapevolezza, più autodeterminazione a livello locale, più democrazia partecipata, meno gerarchie piramidali. Il che vuol dire anteporre le persone a tutto il resto: teorie, macchine, produzione, merci, profitto, ecc.
Dobbiamo uscire dalle logiche dicotomiche, dai dualismi che ci imprigionano: piccolo e grande possono e devono stare assieme (cf. Tao). Scegliere tra l’uno e l’altro è suicida.
“L’Italia non cada nella trappola mediorientale” – G. Cucchi, generale e consigliere della Difesa
1 ottobre 2013 a 08:36 (Controrivoluzione e Complotti, Guerra al Terrore, Miti da sfatare, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto, Verità scomode)
Tags: Afghanistan, armi chimiche, armi di distruzione di massa, Assad, coalizione dei volonterosi, Colin Powell, complotti, complotto, Cucchi, cui prodest, estremisti, generale, GIuseppe Cucchi, jihadisti, Jugoslavia, Kosovo, Libano, Libia, limes, menzogne, montature, NATO, pressioni, ribelli, ricatti, Sarajevo, sarin, Siria, spread, Tony Blair
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“Tutta la storia recente dei nostri rapporti con il mondo arabo abbonda di bugie, mistificazioni e (nel migliore dei casi) di errori che sarebbe stato bene trasformare in esperienza. Quando si parlò di guerra all’Iraq, Stati Uniti e Gran Bretagna esibirono presunte “prove certe” della presenza di armi di distruzione di massa nel paese: tutti credemmo al segretario di Stato Colin Powell – che brandì un incriminante provetta durante uno dei suoi discorsi – e al premier britannico Tony Blair, che lo sosteneva a gran voce. L’invasione dimostrò poi come di tali armi non vi fosse traccia.
Successivamente, quando si parò di guerra in Bosnia, il casus belli per l’intervento occidentale fu il fuoco dei mortai – ufficialmente serbi – contro la popolazione civile nel mercato musulmano di Sarajevo. Al quartier generale NATO di Bruxelles si mormorava però di come i tracciati di alcuni radar inglesi mostrassero chiaramente che i colpi erano partiti da un’area sotto il controllo di unità bosniache musulmane, non di truppe serbe. Una mistificazione quindi, tecnicamente ben creata e ancor meglio gestita mediaticamente, che ci spinse a intervenire. In questo caso forse fu un bene, visto che il successivo episodio di Srebenica dimostrò come atrocità ben peggiori fossero in ogni caso possibili.
Anche nel caso del Kosovo accadde qualcosa di molto simile, ovvero il tentativo di attribuire a forze serbe un eccidio di massa di popolazione kosovara. In questo caso il tentativo fu più maldestro e la sua risonanza mediatica si attenuò rapidamente, sebbene da parte occidentale e sotto la spinta americana si tentasse di far passare quasi senza discussione le ipotesi peggiori.
Tutto questo per segnalare che sarebbe stata necessaria una certa cautela prima di attribuire ad al-Asad e alle sue truppe l’eccidio. Innanzitutto perché l’attuale caos siriano rende possibile che una parte dell’arsenale chimico di Damasco sia caduto in mano dei ribelli. Poi perché nelle file di questi militano, specie nel Nord e nell’Est, elementi di estremismo tali da rendere possibile ogni ipotesi. Infine perché, di fronte all’eterna domanda “cui prodest?”, un atto del genere ha una sola possibile risposta razionale, che esclude la responsabilità del regime.
[…].
In Iraq gli attentati si succedono al ritmo di mille morti al mese…il Libano si sta destabilizzando…nella Libia del dopo Gheddafi regna una completa anarchia, resa sanguinosa dal continuo scontro di circa 35 fazioni armate che neanche la vecchia struttura tribale (un tempo solida) riesce più a contenere..
[…].
In queste condizioni, il momento peggiore in Siria per noi verrà quando Washington cercherà di passare la palla alla NATO, evitando d’impegnare i propri soldati in azioni di terra e per questo patrocinando una nuova “coalizione dei volonterosi” disposti a morire per Damasco (peggio, per una Damasco sunnita).
Siamo disposti a sopportare perdite simili a quelle di Nassiriyya o dell’Afghanistan? In caso contrario, siamo pronti a contrastare ogni possibile forma di pressione da parte dei nostri alleati? Pressioni economiche, condite da velate minacce di influire negativamente sul nostro spread; pressioni diplomatiche; pressioni politiche, magari in veste di un aperto sostegno a partiti d’opposizione nel tentativo di favorire governi più inclini all’intervento; pressioni morali, con incessanti richiami alla solidarietà atlantica. Pensiamoci bene prima di rispondere al quesito. Soprattutto, non lasciamoci forzare la mano”.
Giuseppe Cucchi, Generale di Corpo d’Armata dell’Esercito Italiano, consigliere del Ministro della Difesa – Limes, settembre 2013, pp. 189-192
Alba Dorata, Gandhi e la linea rossa della dignità umana
25 settembre 2013 a 15:10 (Controrivoluzione e Complotti, Etnofederalismo/Etnopopulismo, Resistenza e Rivoluzione)
Tags: Alba Dorata, Alexis Tsipras, appeasement, austerismo, austerità, Balcani, Bruegel, bulli, bullismo, Chamberlain, destabilizzazione, diritti civili, Gandhi, Germania, golpe, golpisti, Grecia, Jobbik, Jugoslavia, Lacordaire, Lincoln, Nea Demokratia, neofascismo, neofascisti, neonazi, neonazismo, nonviolenza, Orban, razzismo, rivoluzionari sintetici, scontro di civiltà, Tsipras, Ungheria, Viktor Orban, violenza, Washington Consensus
Il giovane neofascista Voridis (prima di diventare un parlamentare di Nea Demokratia, partito attualmente al governo) brandeggia un’ascia – ora è un sostenitore dell’equivalenza di Syriza e Alba Dorata
Tra il forte e il debole, il ricco e il povero, il padrone e il servo, è la libertà che opprime e la legge che affranca.
Henri Lacordaire
Come in Ungheria, anche in Grecia lo spauracchio è uno specchietto per le allodole. In Ungheria c’è Jobbik, in Grecia Alba Dorata. Nessuno dei due movimenti ha una singola possibilità di arrivare al potere (salvo necessità per i potentati di passare al piano B), ma la loro esistenza serve all’establishment per poter equiparare falsamente la sinistra moderata (es. Syriza) all’estrema destra, mettendola fuori gioco o comunque togliendole il vento dalle vele.
La vera minaccia sono i governi reazionari che si fingono moderati ma chiudono entrambi gli occhi di fronte alla strategia della tensione messa in atto dai loro manovali e intanto mettono in atto le politiche neoliberiste “consigliate” dai fautori del Washington Consensus (ricordo che Orban è un assiduo ed apprezzato frequentatore del think tank Bruegel ed è stato lui a invitare gli osservatori del FMI a Budapest, seguendo puntigliosamente le procedure standard, fino al pagamento del debito – purtroppo se la gente prende per buone le info riportate da David Icke e poi rimbalzate in rete…)
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/10/06/la-resistibilissima-ascesa-di-alba-dorata-e-dellestrema-destra/
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/07/cosa-succede-in-ungheria/
Alba Dorata è sotto il 6% nelle intenzioni di voto. Se la cava poco meglio di Monti
http://www.reuters.com/article/2013/09/23/us-greece-goldendawn-poll-idUSBRE98M07S20130923
Altro che 12-15%
http://www.europaquotidiano.it/2013/09/23/alba-dorata-romanzo-di-una-crisi/
Ha successo solo nei distretti dove la disoccupazione è ben oltre il 50%. Senza la letali politiche austeriste imposte da Berlino ritornerebbe sotto il 5%, permanentemente.
Alba Dorata non ha alcuna intenzione di governare e non è questo il suo compito. Non è quello l’obiettivo. Ci sono già ex fascisti picchiatori in parlamento, nella compagine che governa.
AD è uno spauracchio che serve solo a nascondere il fatto che il fascismo è già al potere in Grecia, sotto mentite spoglie.
Al massimo, se non ci fossero i numeri per governare senza l’estrema destra e se la demonizzazione di Syriza avesse successo, l’establishment potrebbe annunciare alla popolazione di voler governare assieme alla parte pulita di Alba Dorata. Ma queste uccisioni la rendono una prospettiva piuttosto remota.
Perché questo recente allarme?
Perché una popolazione spaventata è una popolazione mite e i Greci erano/sono sempre più irrequieti.
Perché una sinistra che reagisce difendendosi violentemente nel timore di un imminente golpe neofascista è una sinistra tagliata fuori da ogni chance di governare: verrà immediatamente equiparata ad Alba Dorata.
Perché disordini diffusi giustificano l’imposizione dello stato di polizia e l’impiego delle forze armate: Syriza farà la fine degli Fratelli Musulmani in Egitto (arresti, detenzioni e messa al bando)
Si chiama strategia della tensione.
Il fatto che si tratti di una formazione che ha come unico fine quello di seminare il caos, spaventare la popolazione e preparare il terreno ad una dittatura, un governo democratico avrebbe il pieno di diritto di bandirla. È un virus che indebolisce il sistema immunitario della democrazia greca e lo rende più facilmente attaccabile da ben altri aggressori, molto più potenti e organizzati, gli stessi che controllano i media e minimizzano le loro malefatte e le infamie commesse da chi governa.
Tsipras sconsiglia questa mossa, ma credo lo faccia per paura che l’ostracizzazione possa rendere più popolare l’estrema destra, quando invece le azioni di quest’ultima sono sufficienti a rendere sempre più detestata sia questa formazione di picchiatori, sia i suoi sponsor al governo. Conosce la situazione infinitamente meglio di me e avrà fatto i suoi conti.
Spero comunque che sappia bene quello che fa e che stia molto attento. La democrazia è una pianta che va coltivata quotidianamente e le idee, quando si diffondono e acquistano peso, possono evocare mostruosità che poi si materializzeranno, se la volontà collettiva è sufficientemente robusta e determinata. Il che non implica che bisogna proibire la circolazione di idee, ma solo che non bisogna mai mettersi nella situazione in cui le proprie idee non sono più autorizzate a circolare ed è precisamente quel che sta rischiando Syriza.
Esiste un limite alle ingiurie che la democrazia può sostenere, in nome dei nostri nobili principi o dei nostri calcoli elettorali, senza appassire.
Il rischio è quello di farsi intossicare dalla narcisistica compiacenza di chi si sente di incarnare il Bene nella battaglia contro il Male e per questo si permette di consentire al Male di continuare ad operare, per non macchiare la sua candida veste. Tipico dei fanatici della nonviolenza.
Se Lincoln avesse assunto questa posizione l’America avrebbe solo rinviato una guerra inevitabile, continuato ad opprimere un’altra generazione di innocenti e mostrato ai bulli che lo spirito della Costituzione è gracile e la tracotanza paga.
Se chi può intervenire lascia correre, i bulli continueranno ad infierire contro i deboli. Arrestare i singoli bulli è necessario, ma mettere fuorilegge la madre di tutti i bulli neonazi e neofascisti mi pare altrettanto opportuno. Qui non si tratta di censurare delle idee, ma di prevenire la violenza, il terrore, il crimine, prima che contagino l’intera società e divengano un pretesto per mettere fuorilegge anche i sinceri riformatori come Tsipras.
“È proibito proibire” è uno slogan sessantottino buono per il Regno di Dio, non per questo mondo. È sciocco e arrogante trattarli come vorresti essere trattato, se la loro intenzione è quella di toglierti di mezzo, se ne sbattono altamente della tua solenne magnanimità e non vedono l’ora di abbattere lo stato di diritto?
Le nobili intenzioni di una minoranza non servono a proteggere una maggioranza indifesa di donne, stranieri (europei ed extracomunitari, inclusi i loro eventuali coniugi greci), giornalisti, omosessuali, rom, disabili, anziani, ecc.) che hanno diritto alla pace e alla sicurezza.
Questo è un vero e proprio scontro di civiltà coi fiocchi.
http://www.theguardian.com/world/2013/sep/20/greece-foreboding-violence-flares-streets
L’organizzazione criminale chiamata Alba Dorata (e i poliziotti fascistizzati) deve avere ben chiaro, con assoluta certezza, che se non modifica radicalmente il suo atteggiamento è fuori. C’è una linea rossa che non va oltrepassata e non c’è nessun Neville Chamberlain da pigliare per i fondelli (appeasement).
La popolazione non può continuare a vivere nella paura, perché la paura spegne il cervello e la coscienza.
http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=4725&lang=it
La Germania sta giocando una partita suicida: strafregandosene del resto d’Europa e traendo il massimo profitto al minimo costo
sta destabilizzando non solo la Grecia, ma tutti i Balcani. È già successo una volta, con la Jugoslavia
e già due volte i tedeschi hanno subito una durissima lezione di vita, in questi ultimi 100 anni.
L’opinione pubblica tedesca sarà maturata a sufficienza, nel frattempo? Avrà capito? Si renderà conto in tempo delle conseguenze degli egoismi etnonazionalistici?
I vicini olandesi qualcosa stanno cominciando a subodorarlo:
http://www.gadlerner.it/2013/09/18/il-re-dolanda-da-laddio-allo-stato-sociale
L’unica cosa buona è che l’intero sistema economico occidentale è una bolla che produce bolle ed è quindi destinato ad esplodere. Può essere la bolla dei derivati, la bolla immobiliare britannica, un sistema bancario tedesco molto precario, l’instabilità internazionale, l’avidità estrema dei soliti speculatori. Ci possono essere molte cause, molti inneschi dell’effetto domino.
Poi dovremo stare attenti ai rivoluzionari sintetici (lupi travestiti da agnelli, come Saint-Just) che ci prometteranno mari e monti in cambio della nostra obbedienza e partecipazione alla Grande Purga.
Mai così vicini alla pace, mai così vicini alla guerra
22 settembre 2013 a 08:18 (Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto, Verità scomode, Verso un Mondo Nuovo)
Tags: Al-Qaeda, Assad, basket, catena umana, chiese copte, Cina, colloqui di pace, Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Corea, Coree, cristiani copti, Curdi, filistei, Francia, Gangnam style, Ginevra, Ginevra I, Ginevra II, Goering, guerra, insorti, Iran, Irlanda del Nord, Israele, Italia, jihadisti, Jugoslavia, Medio Oriente, mercenari, musulmani, Nazioni Unite, negoziati, Obama, opposizione, pace, pacifismo, Palestina, Regno Unito, Russia, Rwanda, Sanson, Siria, Stati Uniti, Terza Guerra Mondiale, trattative, veti, veto
Ringrazio “Lettere Dalla Germania“
*L’Iran rilascia detenuti politici, esclude la transizione da nucleare civile a nucleare militare, chiede dialogo costruttivo con l’Occidente ad ogni livello.
*Assad chiede ancora una volta – in precedenza l’opposizione si è sempre opposta – un cessate il fuoco, la fine di interventi esterni e un processo politico pacifico e democratico di soluzione del conflitto che coinvolga una forza di interposizione delle Nazioni Unite.
http://www.haaretz.com/news/middle-east/1.547923
Ossia quel che i politici europei più lucidi e in buona fede avevano proposto qualche settimana fa
*La Russia ha fatto tutte le aperture possibili. Già da tempo (prima di Ginevra I) ha proposto un governo di transizione che porti ad elezioni monitorate internazionalmente e ha salvato la faccia ad Obama rilanciando sul controllo delle armi chimiche e su Ginevra II. Possedeva tutte le informazioni che servivano per smerdare i paesi interventisti (come le hanno questi ultimi), ma ha scelto di non farlo, perché è assolutamente contraria alla guerra e vuole la pace. In questo frangente, Putin merita un grande plauso e un grande grazie.
La situazione in Siria è gravissima. Il massiccio afflusso di jihadisti-alqaedisti (provenienti da carceri pachistane, irachene, libiche e saudite)
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2013/08/03/Interpol-Qaida-dietro-evasioni_9115198.html
che ora costituiscono fino al 50% dei combattenti anti-Assad (studio di una società di consulenza della Difesa statunitense) – con meno di un terzo animato da sentimenti democratici
ha ricompattato i siriani dietro Assad
http://www.worldtribune.com/2013/05/31/nato-data-assad-winning-the-war-for-syrians-hearts-and-minds/
e ora ci sono scontri tra insorti anti-Assad e jihadisti stranieri per il possesso di città che saranno susseguentemente stalingradizzate (rase al suolo dagli scontri)
gli jihadisti rapiscono e massacrano civili alawiti e curdi
e sono in guerra con i curdi (che per questo si sono schierati con Assad) in tutta l’area
http://mondo.panorama.it/Siria-opposizione-ad-Assad-perde-i-curdi-e-si-indebolisce
e naturalmente con i cristiani
http://www.internazionale.it/news/siria/2013/09/11/ribelli-jihadisti-minacciano-cristiani-a-maalula/
Solo un’alleanza pan-siriana potrebbe spazzare via questi fanatici-psicopatici e mettere in salvo i civili, che hanno già sofferto abbastanza.
Forse questa volta Assad sa di trovarsi in una posizione di forza – strategica e politica – e sa anche che gli insorti sono più preoccupati degli jihadisti che dell’esercito regolare. Quindi si aspetta una risposta più costruttiva di: “non sarà con te che negozieremo un cessate il fuoco”.
Non ci possono essere precondizioni per partecipare a dei colloqui di pace. Parlare non ha mai fatto male a nessuno. Si possono mettere paletti e premettere che certe questioni non sono negoziabili, ma non c’è niente di più infame, in questi frangenti, che rifiutare un confronto finché l’altra parte non ha rimosso il suo leader e finché l’Iran pretende di sedersi al tavolo internazionale delle trattative. È un alibi per protrarre la guerra, oppure per continuare a nascondere il fatto che l’opposizione ad Assad non ha una leadership definita e quindi non potrà governare il paese. Non è certo una prova di serietà.
L’opposizione Siriana e gli Stati Uniti devono smettere di porre delle precondizioni per il negoziato. Deve essere la popolazione siriana a decidere le sue sorti, con delle elezioni ed è impensabile che ai negoziati partecipi l’Arabia Saudita, ma non l’Iran.
Non credo che Russia, Iran e Siria farebbero queste mosse se non pensassero che Obama continua ad opporsi a una guerra voluta da Netanyahu.
Obama è in grado di riprendere il controllo della Casa Bianca evitando anche un conflitto “incredibilmente piccolo”, come l’ha comicamente definito Kerry, per rimarcare come fosse un modo per cavarsi fuori da una trappola e non una vera volontà di belligeranza?
Forse questi sforzi non serviranno a evitare la guerra, o quantomeno il bombardamento missilistico della Siria (e dell’Iran), ma se c’è una cosa che possono ottenere è far pensare il mondo e persuadere miliardi di persone che la guerra non è inevitabile e può essere fermata, perché anche molti potenti – quali che siano le loro intenzioni – sono contrari alla terza guerra mondiale.
Questo è fondamentale: non è solo la gente comune a non volere questa guerra. Su questo possiamo trovare, provvisoriamente, alleati insperati che sanno che la guerra non è nel loro interesse.
QUESTA VOLTA CE LA POSSIAMO FARE, LA PACE PUÒ VINCERE PERCHÉ HA SPONSOR IMPORTANTI
L’Irlanda del Nord sembrava una causa persa, ora è in pace. Le squadre di basket della ex Jugoslavia sono tornate a giocare nella stessa lega dal 2001.
http://it.wikipedia.org/wiki/ABA_Liga
In futuro anche le due Coree saranno in pace: Operai sudcoreani si sono recati oggi in Corea del Nord in concomitanza con la ripresa delle attività nella zona industriale di Kaesong, co-gestita da Seoul e Pyongyang
http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIE98F01R20130916
Soldati israeliani ballano con palestinesi sulle note del Gangnam style che, imprevedibilmente, sta diventando un ballo di pace universale
Puniti dai vertici militari, festeggiati da moltissimi israeliani e palestinesi
http://www.huffingtonpost.it/2013/08/30/video-soldati-israeliani-ballano-gagnam-style_n_3842287.html
Egitto: musulmani pregano formando catena umane a protezione di chiesa copte
Chi le guerre le combatte, odia la guerra
http://it.wikipedia.org/wiki/Tregua_di_Natale
LA GENTE COMUNE NON VUOLE MAI LA GUERRA: «È ovvio che la gente non vuole la guerra. Perché mai un povero contadino dovrebbe voler rischiare la pelle in guerra, quando il vantaggio maggiore che può trarne è quello di tornare a casa tutto intero? Certo, la gente comune non vuole la guerra: né in Russia, né in Inghilterra e neanche in Germania. È scontato. Ma, dopo tutto, sono i capi che decidono la politica dei vari Stati e, sia che si tratti di democrazie, di dittature fasciste, di parlamenti o di dittature comuniste, è sempre facile trascinarsi dietro il popolo. Che abbia voce o no, il popolo può essere sempre assoggettato al volere dei potenti. È facile. Basta dirgli che sta per essere attaccato e accusare i pacifisti di essere privi di spirito patriottico e di voler esporre il proprio paese al pericolo. Funziona sempre, in qualsiasi paese.»
Hermann Göring
Chi si è adoperato in Irlanda, in Palestina, in Rwanda e in Siria per la pace è un eroe del genere umano. Chi ostacola la pace merita solo disprezzo.
Ora gli occhi del mondo sono puntati su Israele, la mina vagante, la reale minaccia per la pace su questo pianeta:
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/israele_libano_razzi_tensione/notizie/318048.shtml
http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=86778&typeb=0&Anche-l-Egitto-soffoca-Gaza
http://www.lindro.it/politica/2013-09-20/100417-sabra-e-shatila-la-ferita-sanguina-ancora
Ha già fatto sapere per bocca del suo ambasciatore a Washington che loro volevano la rimozione di Assad anche prima dello scoppio della guerra civile (quelli che hanno giurato e spergiurato che non erano coinvolti nella questioni siriane, coi soliti imbecilli che li prendevano in parola).
http://www.haaretz.com/news/diplomacy-defense/1.547538
Tanto per far capire che non intendono tollerare meno che una Siria non soggiogata e non allineata. Le loro preferenze vanno per un’altra Somalia ai loro confini
http://www.counterpunch.org/2012/07/30/israels-plan-for-syria/
La fazione bellicista (neoconservatori angloamericani e sionisti euroamericani e israeliani) non è mai stata così vicina alla sconfitta e dovrà reagire con un terribile colpo di coda: si gioca tutto e cercherà di trascinare tutti nell’abisso assieme a lei: dopo di me il Diluvio, muoia Sansone e tutti i filistei.
Sentiamo cosa ha da dire a proposito il senatore repubblicano L. Graham:
“Credo che se gestiamo male la Siria, entro sei mesi – e mi può citare su questo”, ha aggiunto Graham, facendo una pausa per ottenere un effetto drammatico – “Ci sarà una guerra tra Iran e Israele sul loro programma nucleare. Ma la cosa non si risolverebbe lì. Senza dubbio”, ha spiegato minacciosamente, “gli iraniani condividerebbero la propria tecnologia nucleare con i nemici degli Stati Uniti. Il mio timore è che essa non arriverà in America sulla testata di un missile, ma nel ventre di una nave a Charleston o nel porto di New York”.
Abbastanza incredibile, no? Sembra di essere in un episodio dei Soprano. Eppure non è fiction.
L’Italia dovrebbe porsi come interlocutore super partes, e spingere per una soluzione politico-diplomatica. L’Italia ha sempre avuto la vocazione di mediatore tra Terzo Mondo e Primo Mondo, tra Mediterraneo e Nord Europea, tra Est e Ovest: non può continuare a negare la sua natura, la sua missione.
La NATO non ha il diritto di stabilire quale sia l’interesse e il futuro del nostro paese e del mondo e l’Italia non può suicidarsi per far contenta la Prussia mediorientale e i suoi sponsor d’oltreoceano.
I leader occidentali pensano che siete dei colossali imbecilli (è ufficiale!)
27 agosto 2013 a 10:02 (Controrivoluzione e Complotti, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto)
Tags: 1789, 1968, armi chimiche, armi di distruzione di massa, Assad, Blair, Council on Foreign Relations, Egitto, Enrico Letta, guerra civile, Hague, impeachment, insorti, Iraq, ispettori, Israele, Italia, John McCain, Jugoslavia, Kissinger, Kosovo, Letta, Libia, McCain, Nazioni Unite, neocon, Obama, ONU, opinione pubblica, osservatori, proteste, repressione, risiko, rivolte, Saddam Hussein, Senato americano, Serbia, Siria, sondaggi, sondaggio, spese militari, Terza Guerra Mondiale, Tonchino, Tony Blair, Turchia, Vietnam
È la seconda volta che Hague [ministro degli Esteri britannico] ha rivolto ad Assad accuse riguardanti armi di distruzione di massa senza essere minimamente in grado di comprovarle
Alex Thomson @alextomo responsabile della corrispondenza all’estero di Channel 4 News
Il regime in Siria … ha armi chimiche, ma non le userebbe nei pressi di Damasco, a 5 km dalla missione degli ispettori ONU che stanno indagando proprio l’uso di armi chimiche. È ovvio che non sono così stupidi da fare una cosa del genere.
Saleh Muslim, leader del Partito dell’unione democratica curda
Mi trovavo [in Inghilterra] grosso modo due anni prima che iniziassero le ostilità in Siria; ero lì per altre cose, non per la Siria. Ho incontrato dei funzionari inglesi e alcuni sono miei amici che mi hanno informato, sollecitando un mio coinvolgimento, che si stava preparando qualcosa in Siria. In Inghilterra, non negli Stati Uniti. Il Regno Unito preparava l’invasione dei ribelli in Siria.
Roland Dumas, ex ministro degli esteri e capo della diplomazia francese al tempo di Mitterrand
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/06/16/ex-ministro-degli-esteri-francese-uk-e-israele-non-usa-hanno-ordito-linsurrezione-siriana/
http://www.paopaolo.it/risiko/medioriente.htm
La mia ponderata valutazione dei recenti eventi siriani: chiunque creda che Assad, che stava per ricevere il cavalierato britannico per mano di Tony Blair e che sta vincendo la guerra civile, abbia effettuato un attacco massiccio con armi chimiche contro donne e bambini, proprio sotto il naso degli osservatori delle Nazioni Unite da lui stesso invitati, mentre questi si trovavano a pochi chilometri dal luogo dell’attacco, sapendo che ciò fornirà un casus belli alla NATO e a Israele è UN IDIOTA XXXL ed è pregato di non insozzare/contaminare/contagiare con la sua imbecillità questo blog. VADE RETRO!
NOTA BENE SU TONY BLAIR: è a favore del golpe egiziano ed è a favore dell’intervento armato in Siria
http://www.theguardian.com/world/2013/aug/26/tony-blair-intervention-syria
IL PRECEDENTE DEL VIETNAM
Era falso il pretesto dell’incidente del Tonchino che ha dato l’avvio alla guerra del Vietnam. Come è stato accertato dalla consultazione dei Pentagon Papers del 1964, l’attacco alla nave americana Maddox fu una simulazione degli stessi americani o la versione autoassolutoria di un comandante entrato nel panico alla vista di alcune navi vietnamite. Ed era ipocrita perché nessuna minaccia navale vietnamita avrebbe potuto confrontarsi con la potenza americana. Tuttavia il presidente Lyndon Johnson non esitò a usare il pretesto per una escalation militare che finirà in tragedia nazionale.
Il manifesto del 25/08/2013
IL PRECEDENTE DEL KOSOVO
Il contesto geopolitico del Kosovo nel 1999 e quello della Siria del 2013 sono molto diversi, non dobbiamo ricorrere ad iniziative temerarie e bellicose come nel 2003.
Zbigniew Brzezinski
“Il testo di Rambouillet, che chiedeva alla Serbia di ammettere truppe NATO in tutta la Jugoslavia era una provocazione, una scusa per iniziare il bombardamento”
Henry Kissinger, Daily Telegraph, 28 giugno 1999.
http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/un-po-di-chiarezza-sullintervento-in.html
“Penso che i termini imposti a Milošević a Rambouillet fossero assolutamente intollerabili; come avrebbe mai potuto accettarli? Fu una scelta deliberata”
John William Gilbert, ministro della difesa inglese
http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/un-po-di-chiarezza-sullintervento-in.html
DICHIARAZIONI DI ESPERTI SCETTICI SUL RECENTE, PRESUNTO USO DI ARMI CHIMICHE IN SIRIA
http://www.trooth.info/troomla/syria/6240-experts-doubt-syrian-chemical-weapons-claims
CHI HA USATO ARMI CHIMICHE IN SIRIA?
In Siria, c’è un’unica fazione che è seriamente sospettata di aver fatto uso di armi chimiche, e non è quella governativa:
http://www.reuters.com/article/2013/05/05/us-syria-crisis-un-idUSBRE94409Z20130505
http://www.presstv.ir/detail/2013/01/30/286331/ukqatari-plot-against-syria-revealed/
http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-22424188
CHI SPARA SUGLI ISPETTORI ONU?
http://english.al-akhbar.com/content/un-begins-probe-damascus-chemical-attack
CHI HA AIUTATO SADDAM HUSSEIN A USARE ARMI CHIMICHE CONTRO L’IRAN?
SALVIAMO VITE UMANE DISTRUGGENDO UN PAESE
Se la giustificazione di un’azione militare occidentale è quello di prevenire ulteriori morti, l’invasione dell’Iraq ha portato all’uccisione di centinaia di migliaia di innocenti
http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_d%27Iraq#Il_totale_dei_morti_e_gli_studi_di_.22The_Lancet.22
L’IMPEACHMENT DI OBAMA
Obama non vuole concedere tempo a una missione ONU. Lo stesso comportamento di Bush al tempo dell’invasione dell’Iraq e non c’è una singola ragione credibile che spieghi perché, improvvisamente, gli ispettori ONU non debbano più servire a nulla – questo non è solo un attacco alla Siria, è l’ennesimo attacco all’ONU
http://berkeley.edu/news/media/releases/2004/03/18_blix.shtml
Tra 10 anni l’ONU sarà ancora lì, la NATO e Israele probabilmente no.
Obama sa che rischia l’impeachment e per questo ha intenzione di consultare il Senato prima di intraprendere ogni iniziativa, per pararsi il didietro (il che dimostra che resta contrario a questa guerra). I neocon sanno che dopo un impeachment la strada sarà spianata per l’Iran, che è il vero obiettivo.
http://blogs.rollcall.com/goppers/obama-will-consult-congress-on-syria/
Solo il 9% degli americani pensa che Obama debba intervenire in Siria
http://www.reuters.com/article/2013/08/25/us-syria-crisis-usa-poll-idUSBRE97O00E20130825
Situazione perfetta per un impeachment e l’avvento di un vero e proprio stato di polizia
Ma quello di cui i neocon non hanno tenuto conto è che il risultato della loro trappola porterà piuttosto ad un nuovo 1968 che, sulla scia degli indignati e per lo sdegno della repressione violenta, si trasformerà in un 1789.
COM’È ANDATA A FINIRE IN LIBIA?
Le autorità libiche hanno ammesso di non disporre di mezzi sufficienti per condurre le indagini e per proteggere i testimoni da bande e miliziani armati, che continuano a spadroneggiare.
COME PROCEDONO LE COSE IN EGITTO?
L’esercito egiziano recluta predicatori islamisti per convincere i soldati che uccidere civili musulmani egiziani è cosa buona e giusta
http://www.nytimes.com/2013/08/26/world/middleeast/egypt.html?smid=tw-share&_r=0
la cantante egiziana Shirine Abdelouahab fischiata e contestata in Marocco per il suo appoggio al golpe
http://www.h24info.ma/maroc/faits-divers/pro-sissi-la-chanteuse-shirine-sifflee-tetouan
Non credo che le forze occidentali abbiano calcolato attentamente le conseguenze di quello che hanno scatenato dando il loro benestare al Pinochet egiziano
PERCHÉ TUTTO QUESTO?
La nuova forma di imperialismo è il debito, ed è realizzato attraverso la finanza. La forza militare è il piano B, una soluzione di ripiego, ma lo strumento più utilizzato è l’imperialismo economico, l’economia…
John Perkins
ALLA GUERRA, ALLA GUERRA!
Tagli alla Difesa italiana? Non pervenuti. Anzi, quest’anno i fondi per l’acquisto di armamenti aumentano in modo clamoroso rispetto al 2012: complessivamente saranno 5,5 miliardi di euro, grazie al contributo del ministero dello Sviluppo Economico che mette a disposizione 2.182 milioni per comprare sistemi militari.
Lo rivela un’inchiesta sul numero de “l’Espresso” in edicola da venerdì 23 agosto.
Gran parte di questi soldi servono per finanziare l’acquisto dei caccia europei Eurofighter. Mentre si discute dei costi del Lockheed F-35 – stimati in 12 miliardi di euro – si scopre che il preventivo per gli Eurofighter italiani ha superato ogni record: il documento ufficiale indica in 21,1 miliardi di euro la spesa per questi aerei.
Non solo: il prezzo risulta aumentato di ben 3 miliardi rispetto alla previsione formulata lo scorso anno, che si fermava a 18,1 miliardi. Nel corso del 2013 soltanto per comprare gli Eurofighter il ministero Sviluppo Economico spenderà 1182 milioni di euro, mentre quello della Difesa sborsa mezzo miliardo per gli F-35.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/intanto-letta-compra-armi/2213628
COME ANDRÀ A FINIRE?
Male, per noi, che siamo quelli col cappello nero, quelli che alla fine le buscano.
Inizierà tutto con attacchi mirati, per “far capire ad Assad che la NATO non scherza”. Questa è la linea d’azione consigliata dal senatore McCain e dal Council on Foreign Relations (un think tank reazionario immensamente influente, purtroppo, tanto da aver trovato spazio sulla Repubblica, un quotidiano sempre più incresciosamente schierato dalla parte della destra più psicopatica).
Pensano di risolvere la questione come hanno fatto con la Serbia in Kosovo. Non si rendono conto che dall’altra parte c’è un esercito di veterani temprati dalla guerra civile, che lotta per il suo paese contro gli jihadisti, armato e consigliato da russi e iraniani
“Mare Calmo” di Nicol Ljubić (Keller editore) – recensione
11 luglio 2013 a 08:23 (Recensioni)
Tags: Adalbert-Chamisso, Belgrado, Bosnia, crimini di guerra, Croazia, ex-Jugoslavia, Giulietta, Jugoslavia, Keller, Keller Editore, Lavinia, libro, Mare Calmo, Nicol Ljubić, novità, Roberto Keller, Romeo, Rovereto, Serbia, Shakespeare, Tito Andronico, Tribunale penale internazionale
https://twitter.com/stefanofait
“Mio padre è accusato di essere coinvolto nell’omicidio di quarantadue persone. Sarebbero state bruciate. Agli occhi della gente è un criminale di guerra. Ti sei innamorato della figlia di un criminale di guerra”.
Ecco una rivelazione che può mettere a dura prova la vita di coppia.
Accade a Robert, storico tedesco di genitori croati, protagonista di “Mare Calmo”, di Nicol Ljubić, anch’egli tedesco di origini croate. Il romanzo, vincitore del premio Adalbert-Chamisso nel 2011, edito da Keller, ha già entusiasmato migliaia di lettori europei.
Robert si è innamorato di Ana Šimiç, una serba che ha vissuto l’esperienza del bombardamento di Belgrado ed è figlia di Zlatko Šimiç, anglista all’università di Sarajevo e probabilmente il massimo conoscitore jugoslavo di Shakespeare.
Quattordicenne al tempo della guerra civile jugoslava, il giovane protagonista non conosce il serbo-croato e sa poco della tragedia jugoslava, perché il padre ha voluto bruciarsi i ponti alle spalle e risparmiare al figlio il peso di un passato terribile.
Ana non vuole perderlo e per diversi mesi non gli rivela che suo padre è sotto processo all’Aia, accusato dall’unica superstite e testimone, una bambina di 11 anni, di aver ingannato un gruppo di bosniaci per poterli infilare in una trappola mortale.
La famiglia croata di Robert è per lo più convinta che la sua ragazza sia tedesca, “altrimenti – gli assicura il padre – non capirebbero”.
Romeo e Giulietta uniti e divisi dal non-detto e dall’ignorato, da uno stile prevalentemente asciutto nell’affrontare dilemmi profondi, mai banalmente, a tratti anche poeticamente.
Perché Zlatko si paragona allo shakespeariano Tito Andronico, il vendicatore per antonomasia, dopo Ulisse? C’entra forse qualcosa la sorte di Lavinia, la più commovente vittima di questa prima tragedia di Shakespeare, con la nefandezza di cui è imputato al Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia?
Robert vorrebbe capire. Ana vorrebbe al contrario dimenticare. Non insegue una verità forse inconoscibile ma piuttosto, per la verità senza troppa fortuna, la bonaca, il “mare calmo” (in serbo), l’atarassia, uno stoico distacco da emozioni lancinanti.
C’è sfiducia, c’è scontento, c’è risentimento.
Pur innamorati, i due si lasciano.
Temporaneamente?
Robert si reca allora ad assistere al processo di quell’uomo che, visto solo in foto, sperava potesse un giorno diventare suo suocero; e poi in Bosnia, a rivivere pagine di storia non sua, ma che hanno fatto irruzione nella sua vita, imprevedibilmente.
Alto Adige, Baviera, Catalogna, Veneto, Parco della Vittoria, Viale dei Giardini – il Vaso di Pandora dei separatismi
3 dicembre 2012 a 08:18 (Alto Adige / Sudtirolo, Etnofederalismo/Etnopopulismo, Stati Uniti d'Europa, Territoriali#Europei)
Tags: 2013, Artur Mas, Austria, autodeterminazione, Baviera, Belgio, Cameron, Catalogna, Cecoslovacchia, diritto all’autodeterminazione dei popoli, divide et impera, egoismo, elezioni provinciali, Eva Klotz, Fiandre, identità etniche, incostituzionalità, indipendentismo, indipendentismo veneto, indipendentisti, indipendenza, Jugoslavia, Kenichi Ohmae, L'oro dal Reno, Lega Nord, limes, macroregioni, Mariangelo Foggiato, monopoli, Muro di Berlino, nazione, neoliberismo, Padania, Paesi Baschi, Parco della Vittoria, Pietrangelo Pettenò, PIGS, referendum, referendum scozzese, Regno Unito, Südtiroler Freiheit, sciovinismo, Scozia, secessione, secessionismo, separatismo, separatisti, solidarietà, Stato, Stato Libero del Sudtirolo, Stefano Fracasso, Steven Forti, Sudtirolo, Todorov, unificazione tedesca, Unione Europea, Vaso di Pandora, Veneto, Vertone, Viale dei Giardini, Wilfried Schnargl, Zaia
Le qualifiche necessarie per sedere al tavolo globale e attrarre soluzioni globali finiranno progressivamente per coincidere non più con i confini politici che separano artificiosamente i Paesi, ma con unità geografiche più focalizzate […], in pratica le aree dove si svolge il vero lavoro e dove fioriscono i veri mercati. Ho chiamato queste unità “Stati-regione”…eccellenti porti d’entrata per l’economia globale, poiché tendono a formarsi proprio in base ai criteri dettati da quell’economia…debbono essere abbastanza piccoli da consentire ai loro abitanti di condividere gli stessi interessi in quanto consumatori e, nello stesso tempo, sufficientemente estesi da giustificare non tanto economie di scala (ottenibili a partire da una base di qualunque entità, tramite esportazioni verso il resto del mondo) quanto economie di servizio – ossia, le infrastrutture rappresentate dalle comunicazioni, dai trasporti e dai servizi professionali indispensabili per partecipare all’economia globale.
Kenichi Ohmae, economista neoliberista [“lasciate fare ai mercati e tutto si sistemerà”], “La fine dello Stato-nazione”, 1996
Ma come si è mai potuto pensare che l’ideale di una vita riuscita fosse l’indipendenza totale, ossia l’assenza di ogni obbligo e di ogni attaccamento, non soltanto verso Dio ma anche verso gli uomini? La libertà illimitata, infatti, non può essere un ideale dell’esistenza umana – del resto, non ne è nemmeno il punto di partenza.
Tzvetan Todorov, I nemici intimi della democrazia, 2012, pp. 132-133
L’indipendenza è una via percorribile e seria per un paese europeo nel XXI secolo? E poi con che fine e con che programma? Uscire dalla Spagna per rientrare come paese indipendente nell’UE migliorerebbe la situazione economica del popolo catalano? Il rebus, come si diceva all’inizio, non è di facile soluzione. E la classe politica catalana, al pari di quella spagnola, sta dimostrando di non averla trovata e nemmeno pensata questa soluzione, se non con le solite risposte unilaterali, semplicistiche e di corte vedute, fautrici, come la storia ci ha dimostrato, solo di più grandi sciagure. In una crisi senza precedenti come quella attuale, la soluzione si deve trovare insieme, non con la secessione, ma con la solidarietà reciproca.
Steven Forti, Catalogna: nuovo Stato d’Europa?
http://www.politicaresponsabile.it/pensiero/853/catalogna-nuovo-stato-deuropa.html
Fino a qualche mese fa i sondaggi gli promettevano al leader di Convergenza e Unione (CiU) e presidente in carica, Artur Mas, almeno 68 seggi su 135, invece è sceso a 50 (contro i 62 conquistati nel 2010). Il presidente della regione catalana conferma che il referendum si farà “nei tempi previsti”, ma è difficile pensare che CiU riuscirà a governare in modo stabile con le formazioni indipendentiste di sinistra ed ecologiste che si sono opposte nel biennio precedente alle politiche economiche dell’attuale leadership.
http://www.ilfoglio.it/soloqui/15910
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Il congresso della Südtiroler Freiheit, il movimento politico di Eva Klotz, ha votato ieri all’unanimità la proposta di referendum per separare la minoranza sudtirolese dall’Italia. L’intenzione emersa dall’assemblea del partito che si è tenuta ad Appiano è quella di votare due mesi prima delle prossime elezioni provinciali, nell’autunno del 2013. Tre i quesiti: rimanere in Italia, ritornare in Austria o autodeterminarsi come stato libero del Sudtirolo. Il referendum, è stato spiegato, sarà aperto «a tutti i cittadini con diritto al voto in Alto Adige». Circa trecento le persone presenti al congresso, tra cui anche esponenti di minoranze europee. La Südtiroler Freiheit aderisce infatti ad una raccolta di firme a livello europeo per ottenere il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Intanto il portavoce della commissione del Parlamento austriaco per le questioni altoatesine, Hermann Gahr, ha respinto nel modo più assoluto l’istanza di uno Stato libero del Sudtirolo, come riportato dal giornale Tiroler Tageszeitung.
Via dall’Italia, sì al referendum, Alto Adige, 25 novembre 2012
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Convocato un consiglio straordinario il 28 novembre per votare sul referendum per l’indipendenza veneta. La mozione del consigliere di Unione Nordest, Mariangelo Foggiato verrà discussa e sta già raccogliendo consensi, anche tra “insospettabili”.
Oltre ai pareri favorevoli di Lega e Pdl, il consigliere vicentino, Stefano Fracasso, è l’unico del Pd ad aver sottoscritto la richiesta di convocazione. “E’ proprio nei momenti di crisi che lo sguardo va lanciato un po’ lontano” ha dichiarato a Il Gazzettino. Con lui il rappresentante di Rifondazione Comunista, Pietrangelo Pettenò: “Con le opportune modiche si può approvare, anche il referendum si può fare purché non sia demagogia: lasciare l’Italia è fuori discussione, insistere sull’autodeterminazione del popolo veneto è doveroso – ha dichiarato, aggiungendo una frecciata ai colleghi di Fracasso – Quelli del Pd sono i più statalisti. Devono occupare lo stato per governarlo anche a costo di restringere spazi di democrazia: il governo Monti è il governo di Napolitano e del Pd, mica di Berlusconi”.
Resta solo da vedere se l’iniziativa sarà dichiarata inammissibile per motivi di incostituzionalità. La parola al consiglio veneto.
http://www.vicenzatoday.it/politica/indipendenza-veneto-referendum-stefano-fracasso.html
Referendum sull’indipendenza veneta, Zaia: “Voterei sì”
Domani in Consiglio regionale si discute sul referendum per l’indipendenza veneta proposto da Unione Nord Est e sostenuto trasversalmente.
„Se il voto fosse legale, come auspico, sulla scheda io segnerei si”’ anticipa Luca Zaia, presidente della giunta regionale, a proposito della discussione, domani, in Consiglio regionale, sulla proposta di un referendum sull’autonomia veneta, proposto da Mariangelo Foggiato di Unione Nordest“
”Sono per l’indipendenza perché il Veneto – spiega Zaia – ha determinati valori da tutelare e da promuovere e si sente senza dubbio piu’ vicino alla Baviera che alla Calabria”. Oltre ai pareri favorevoli di Lega e Pdl, il consigliere vicentino, Stefano Fracasso, è l’unico del Pd ad aver sottoscritto la richiesta di convocazione, mentre è entusiasta il consigliere di Rifondazione comunista, Pietrangelo Pettenò.“
http://www.vicenzatoday.it/politica/indipendenza-veneto-referendum-luca-zaia.html
‘L’autodeterminazione è il passaggio fondamentale per arrivare alla richiesta legittima di referendum per l’indipendenza. Referendum che si deve tenere rispettando le regole. Oggi non ci sono”. Lo ha detto il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, intervenendo all’assemblea regionale dove si sta discutendo del possibile referendum per l’indipendenza del Veneto. Zaia ha proposto la costituzione di un tavolo di ”autorevoli giuristi” per definire ”in maniera chiara” il percorso referendario ”affinché’ sia inquadrabile giuridicamente”. Un tavolo, ha precisato Zaia, a costi zero. ”Dopodiché’ ognuno deciderà secondo la propria coscienza”.
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La Baviera può farcela da sola … Der Spiegel ironizza, la FAZ prende la cosa sul serio, per la Merkel è un’altra grana, che si aggiunge alle tante che affliggono la sua coalizione. La Baviera vuole andarsene, o, almeno, c’è qualcuno – sempre di più – che in Baviera vuole andarsene dalla Repubblica Federale Tedesca. La Germania è uno stato federale e in questo sistema la Baviera gode di particolari autonomie: Freistaat Bayern, libero stato di Baviera. Ha una sua costituzione e una lunga tradizione di autonomismo. Ha un suo partito – la CSU – che è nella coalizione di governo ed è il più importante in Baviera. Ma oggi ai Bavaresi non basta più. Dal basso fioriscono le iniziative in cui si chiede di farla finita coi “Prussiani” e con un governo federale che sta svendendo il benessere bavarese ai poteri finanziari eurocratici. Così, anche nella CSU, che non vuole perdere il suo ruolo di rappresentanza territoriale, crescono le voci che invocano maggiore incisività nei rapporti con Berlino. Anche perché, in Baviera, guadagna sempre più consensi la Bayernpartei, partito politico apertamente separatista. Questo spiega perché sta diventando un best seller il libro pubblicato nello scorso mese di agosto dal giornalista Wilfried Schnargl: Bayern kann es auch allein, «La Baviera può farcela da sola», in cui il tema dell’indipendenza e della secessione sono trattati con toni che suonano di sfida aperta al sistema federale e al socialismo di stato della Merkel. Scharnagl ha avuto ruoli importanti nella CSU, come amico e consigliere di Franz Josef Strauss e come caporedattore del Bayernkurier. Il suo libro inizia con un appello ai suoi compatrioti: «è tempo ormai che la Baviera si sollevi!».
http://giuseppereguzzoni.blogspot.it/2012/09/se-la-baviera-se-ne-va.html
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La mia previsione? Scozia, Baviera e Corsica resteranno dove sono. La Scozia è solo uno specchietto per le allodole: gli Scozzesi vogliono più autonomia, non l’indipendenza; per questo Cameron ha approvato il referendum separatista al posto di quello sulla devolution. Sa di avere la vittoria in tasca.
Inoltre Alex Salmond, il leader dei nazionalisti scozzesi, è un ex consulente della Royal Bank of Scotland (famiglia Rothschild) per il settore petrolifero.
Germania, Regno Unito e Francia resteranno integri. I PIGS, invece, potrebbero essere fatti a pezzettini, per poi essere “privatizzati”. Il Belgio si spezzerà in 3 tronconi, con la parte germanofona e quella francofona assorbite da Germania e Francia e le Fiandre federate ai Paesi Bassi.
Qualcuno ha fatto notare che i movimenti separatisti europei – inclusi quelli in Jugoslavia e Cecoslovacchia hanno fatto il “salto di qualità” dopo l’unificazione tedesca. Il Movimento Lega Nord è nato il 4 dicembre 1989, poche settimane dopo la caduta del Muro di Berlino (forse con capitali bavaresi, cf. Saverio Vertone, “Padania e altre padanie: L’oro dal Reno? Finanza tedesca e Lega Nord”, Limes, (4), 1997, pp. 221-224)
Per approfondire: