Testa la tua resistenza al lavaggio del cervello che abbiamo subito e stiamo subendo
15 aprile 2016 a 17:13 (Miti da sfatare, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto, Verità scomode)
Tags: arabi, cambi di regime, discorso di Gheddafi, Gheddafi, Islam, islamofobia, Israele, Libia, Palestina, Territori Occupati, unità araba
Guerra in Libia 3.0 – dalla farsa alla parodia della farsa
15 febbraio 2015 a 17:25 (Guerra al Terrore)
Tags: Cina, Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Francia, Gentiloni, guerra in Libia, intervento armato, intervento in Libia, Isis, Libia, mafia islamista, ONU, petrolio, Russia, terrorismo islamico
Sebbene i curdi, per conto loro, senza avere un esercito regolare, siano ormai alle porte della capitale del Califfato, dimostrando così l’evanescenza della POMPATISSIMA MAREA NERA DI ISIS CHE MINACCIA LA LIBIA E L’ITALIA
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Siria-forze-curde-alle-porte-di-Raqqa-la-roccaforte-Isis-0df1ea1e-55ff-4620-8858-df4f7c3bbbd9.html
ancora una volta gli italiani si interrogano sulla bontà di un intervento militare contro i fondamentalisti islamici che sicuramente aggraverà ulteriormente le tensioni di un paese che, già ora, è dilaniato dagli scontri tra fazioni (la Libia è il terreno di scontro tra i fratelli musulmani a Tripoli e i filo-Sisi a Tobruck: in pratica la guerra civile strisciante in Egitto si combatte in Libia)
http://www.ilpost.it/2015/02/15/crisi-libia-italia/
L’Egitto già riceve annualmente 1 miliardo e 300 milioni di dollari di aiuti dagli Stati Uniti.
http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2014/12/egypt-military-aid-obama-congress-human-rights.html#
Al-Sisi non venga a chiedere aiuto agli europei.
E’ perfettamente in grado di cavarsela per conto suo.
È verosimile che in Italia un’ampia maggioranza sia favorevole all’intervento (guerra al cancro, guerra al terrore, guerra alla droga, guerra al crimine, guerra all’anidride carbonica: la manipolazione è permanente e capillare).
Siamo intrappolati in un unico tipo di narrazione bicolore: bianco (non dobbiamo fare nulla) vs nero (dobbiamo intrvenire militarmente, subito e massicciamente).
Se il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non ci darà il benestare, i media occidentali potranno accusare Cina e Russia di essere COMPLICI DI ISIS!
YAWN
Restano i fatti:
- L’ONU chiarisce al governo italiano che la soluzione al problema ISIS in Libia sarà politica, non militare. ISIS vive di pubblicità, sono teatrali, tutto quel che fanno è pensato per avere risonanza internazionale e rafforzare il loro appeal presso giovani alienati e/o mitomani.
Invece di avere un governo che informa i suoi cittadini che lo Stato italiano se ne infischia di un branco di criminali che infangano la fede musulmana con le loro pratiche mafiose e che si fanno battere dalle donne curde, abbiamo un governo che impanica l’opinione pubblica, annuncia che mobiliterà l’esercito perché rischiamo l’invasione nera, ecc.
ISIS gongola.
L’ONU interviene e smentisce il nostro governo.
Figuraccia internazionale.
Ma siamo pur sempre messi meglio dell’Ucraina. - nessuno può portare avanti una guerra senza armi, soldi, energia, risorse umane e queste cose non crescono sugli alberi, possono essere tracciate. Quindi basterebbe tagliare le fonti di approvvigionamento (anche se sono nostri alleati). Se non lo si è fatto è per ragioni politiche, perché si vuole che la gente creda che ci sono solo due opzioni: pacifismo arrendevole o virilismo bellico;
- finora quale intervento militare è servito a sopprimere il terrorismo islamista (qualunque sia la sua origine e i suoi sponsor)? Se attacchi i terroristi in Libia si sposteranno nel Niger, nel Mali (da lì e dalla Siria sono tornati in Libia, che è casa loro), nel Ciad, nel Sudan. Dall’Iraq sono passati in Siria e poi sono rientrati in Iraq. Dall’Afghanistan sono passati in Pachistan per poi rientrare;
- gli interventi militari occidentali servono solo a creare martiri nella lotta contro il Grande Male Occidentale: l’idea di mandare oltre 5mila italiani a combattere in Libia è semplicemente folle! L’unica opzione interventista è truppe locali o comunque arabe sotto l’egida ONU e con l’appoggio aereo occidentale (non certo truppe a terra) – niente furbate come l’ultima volta, dove la missione ONU è stata tradita e vilipesa in ogni modo possibile;
- ISIS E’ UN’ORGANIZZAZIONE MAFIOSA E LA SI COMBATTE COME SI COMBATTE LA MAFIA: Jean-François Gayraud, Divorati dalla mafia. Geopolitica del terrorismo mafioso, 2015. I leader di ISIS hanno agganci nelle alte sfere e sanno che nel mondo post-petrodollaro il controllo dell’energia e dei metalli preziosi resteranno la chiave per conservare il potere: usano il denaro per reclutare gli avidi e la religione per reclutare gli idealisti. L’unica cosa da bombardare sono i pozzi petroliferi che cadono nelle loro mani (in Iraq come in Libia e in Siria: guarda caso si piazzano sempre in zone estrattive o strategiche per il passaggio di gasdotti-oleodotti);
- Continuiamo a fregarcene delle varie questioni regionali che spingono i giovani all’estremismo (tuareg nel Mali, anarchia in Libia, rivalità tra sciiti e sunniti nel Medio Oriente, disoccupazione/emarginazione);
- Quante volte dobbiamo commettere lo stesso errore prima di dire “mmmh, in effetti la guerra perpetua potrebbe essere una cazzata”?
La Francia si è rifiutata di intervenire in Libia qualche settimana fa, perché è più saggia di noi.
La guerra civile libica e l’Impero del Caos
29 dicembre 2014 a 13:50 (Verità scomode)
Tags: Bengasi, ENI, gas, Gheddafi, guerra civile, guerra civile libica, Impero del Caos, interessi italiani, Isis, islamisti, jihadisti, Libia, petrolio, Tripoli
L’esercito libico ha effettuato per la prima volta raid contro alcune roccaforti islamiste a Misurata, la città da dove proviene la maggior parte delle milizie che si sono impadronite della capitale Tripoli. Lo riferisce una fonte militare. I raid contro la terza città della Libia, situata a 200 km a est della capitale, sono i primi dalla caduta del colonnello Muammar Gheddafi nel 2011
http://africa.blog.ilsole24ore.com/2014/12/28/libia-raid-aerei-contro-roccaforti-islamisti/
A rendere esplosivo il conflitto libico è proprio questa miscela di interessi energetici e islamismo. L’ultima notizia è che i depositi di carburante di Es Sider, vicino a Ras Lanuf, in Cirenaica, sono in fiamme per gli scontri tra le milizie del governo autoproclamato di Tripoli [sostenuto da Turchia e Qatar, NdR] e quelle del governo “legittimo” di Tobruk [che gode dell’appoggio di Egitto ed Emirati Arabi Uniti, NdR]. Ma di legittimo in questo Paese non c’è nulla. È in corso una lotta a coltello per il controllo di gas e petrolio e la spartizione di profitti. Il governo di Tobruk, appoggiato dagli stati del Golfo e dall’Egitto, che lo tiene in pugno con le milizie del generale [già gheddafiano, NdR] Khalifa Heftar, sta mettendo in piedi un circuito alternativo per gestire i ricavi energetici con lo scopo di tagliare fuori i rivali. L’altro governo, quello di Tripoli, sostenuto dagli islamici di Alba Libica e dalle milizie di Misurata, sta replicando con attacchi ai due grandi porti dell’export, Es Sider e Ras Lanuf, in Cirenaica.
L’Unione Europea si trova dunque con l’incubo della bandiera nera dell’Isis alle porte di casa, separata da un braccio di mare… Nell’indifferenza del mondo, questa città strategica di 80mila abitanti, adagiata su una ridente baia della Cirenaica a 200 km da Bengasi, era divenuta una sorta di città-Stato, sfuggita al controllo del governo di Tripoli. Tanto che il 25 giugno, il giorno delle elezioni parlamentari, tutti i seggi di Derna erano rimasti chiusi. Perché Derna non era più la Libia.
A dire il vero la città è sempre stata una spina nel fianco di Gheddafi. Dal 2005 al 2007 era stata la fucina degli jihadisti libici pronti a immolarsi in Iraq.
Questi miliziani sono gli stessi che combattevano contro Gheddafi.
I bombardamenti NATO hanno portato a una Libia spaccata in 3:
- il governo dei Fratelli Musulmani a Tripoli (presente anche a Bengasi);
- il governo “legittimo” filo-egiziano di Tobruk (votato dal 18 per cento degli aventi diritto al voto);
- il feudo del Califfato a Derna (presente anche a Bengasi).
Il problema è che l’Italia, come diversi altri paesi europei, si trova nel mezzo di un “dilemma diplomatico”, come l’ha definito Karim Mezran del centro studi sul Medio Oriente dell’Atlantic Council. Appoggiare il governo ufficiale della Libia, quello che ha sede a Tubruq ed è stato votato dal 18 per cento degli aventi diritto al voto lo scorso giugno, significherebbe rompere i rapporti con gli islamisti dell’ovest. Cioè significherebbe danneggiare gli interessi dell’ENI, e creare grossi problemi di sicurezza all’ambasciata italiana a Tripoli, l’unica che è rimasta aperta senza interruzioni dalla caduta di Mu’ammar Gheddafi.
http://www.ilpost.it/2014/12/05/libia/
Qualcosa del genere è già accaduto in Iraq e in Siria, nello Yemen, in Somalia, in Afghanistan e nel Mali:
Il caos accompagna sempre ogni “intervento umanitario” dell’Occidente.
Siamo la Nuova Atlantide, l’Impero del Caos
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2014/09/24/isis-e-la-rivoluzione-globale/
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2014/09/26/isis-e-la-terza-guerra-mondiale/
http://www.futurables.com/2014/11/01/il-nascente-nuovo-ordine-mondiale-post-coloniale/
http://www.futurables.com/2014/11/02/vladimir-putin-prospettive-sul-futuro-qa-a-sochi/
I cinque Paesi del Sahel – Mauritania, Ciad, Niger, Mali e Burkina Faso – si sono riuniti oggi a Nouakchott e chiedono “un intervento internazionale” contro i gruppi armati in Libia, “in accordo con il Consiglio di Sicurezza“.
All’Impero del Caos interessa spargere caos. Dato che la Libia è già nel caos, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non deciderà in favore di un intervento in Libia.
Vladimir Putin: prospettive sul futuro (Q&A al Club Valdai)
2 novembre 2014 a 18:08 (Verso un Mondo Nuovo)
Tags: conservatorismo, Crimea, Donbas, Israele, Libia, nazionalismo russo, Novorussia, Occupy Wall Street, Palestina, Putin, rivoluzione, Russia, Ucraina, Valdai
Esercizi di analisi predittiva (social forecasting) per il periodo 2015-2020
Risposte di Putin in occasione della sessione plenaria finale del “Club internazionale di discussione Valdai”
LE TESI DI VILLEPIN E SCHÜSSEL
Vorrei iniziare dicendo che nel complesso sono d’accordo con quel che hanno detto sia Wolfgang [Wolfgang Schuessel, ex cancelliere austriaco > di fatto il portavoce della Mitteleuropa: dice quel che pensa l’establishment austro-tedesco senza compromettere Berlino o Vienna, NdT] sia Dominique [de Villepin, NdT]. Condivido pienamente le loro affermazioni. Tuttavia, ci sono alcune cose che vorrei precisare.
Credo che Dominique ritenga che la crisi ucraina sia il motivo per cui le relazioni internazionali si sono deteriorate. Naturalmente questa crisi ne è una causa, ma non è la causa principale. La crisi in Ucraina è di per sé il risultato di pre-esistenti squilibri nelle relazioni internazionali.
GLI OTTIMISTI E I PESSIMISTI
Non posso fare a meno di ripetere la storiella del pessimista e dell’ottimista. Il pessimista beve del cognac e dice: “sa un po’ di cimici”. L’ottimista prende una cimice, la schiaccia, la annusa e poi dice: “avverto un sentore di cognac”. Ecco, io preferisco essere il pessimista che si beve il cognac che l’ottimista che sniffa cimici.
Anche se sembra che gli ottimisti se la passino meglio, il nostro obiettivo comune è quello di vivere una vita dignitosa (senza esagerare con l’alcool). A questo scopo, abbiamo bisogno di evitare le crisi, gestire assieme tutte le sfide e le minacce e costruire quel tipo di relazioni sulla scena mondiale che possono aiutare a raggiungere questi obiettivi.
CRIMEA
Non capisco perché gli abitanti del Kosovo si vedono riconosciuto il diritto all’autodeterminazione mentre questo dovrebbe essere negato agli abitanti della Crimea.
[…].
Dominique ha menzionato l’Iraq, la Libia, l’Afghanistan e prima ancora la Jugoslavia. È stato davvero tutto gestito nel quadro del diritto internazionale? Non raccontiamoci delle favolette. Ciò significa che alcuni possono ignorare ogni norma, mentre noi non possiamo proteggere gli interessi della popolazione di lingua russa e i russi della Crimea. Scordatevelo. Vorrei che fosse chiaro a tutti questo concetto: abbiamo bisogno di sbarazzarci di questa tentazione di plasmare il mondo a nostro piacimento, e invece creare un sistema equilibrato di interessi e relazioni come è stato a lungo la norma nel mondo. Dobbiamo solo mostrare del rispetto.
PALESTINA E ISRAELE
Un gran numero di persone provenienti dall’ex Unione Sovietica oggi vivono in Israele e non possiamo rimanere indifferenti al loro destino. Allo stesso tempo abbiamo tradizionali rapporti con il mondo arabo, in particolare con la Palestina. Inoltre, l’Unione Sovietica – e lo stato russo ne è l’erede, giuridicamente parlando –, ha riconosciuto lo stato palestinese. Per noi non è cambiato nulla. Riguardo agli insediamenti, condividiamo il giudizio di più o meno tutti i partecipanti a questo dibattito. È un errore e l’ho già comunicato ai nostri partner israeliani. Lo considero un ostacolo alla normalizzazione delle relazioni e mi aspetto vivamente che questa prassi venga interrotta e l’intero processo per una soluzione pacifica riprenda il suo corso nell’alveo della legalità e degli accordi, perché questo conflitto è una delle cause principali della destabilizzazione non solo del Medio Oriente, ma del mondo intero. Le umiliazioni di un popolo in quell’area o in qualunque altra area del mondo sono destabilizzanti e devono finire. Naturalmente questo dovrebbe essere fatto utilizzando strumenti e misure che siano accettabili per tutti i partecipanti al processo e per tutti coloro che vivono nella zona. È un processo molto complicato ma la Russia è pronta a utilizzare tutti i mezzi che ha per raggiungere un accordo, comprese le sue buone relazioni con le parti in causa.
UCRAINA E DONBAS
Siamo pronti a fare ogni sforzo per garantire l’attuazione degli accordi di Minsk. Vorrei approfittare della domanda per sottolineare la posizione della Russia: siamo a favore del pieno rispetto degli accordi di Minsk da entrambe le parti.
Qual è il problema? A mio avviso, ilproblema principale è chenoi non vediamo la volontà da partedei nostri partnera Kiev, in primo luogo leautorità, di risolvere pacificamente il problemadei rapporti con il sud-estdel paese, attraverso i negoziati.Noicontinuiamo a vederela stessa cosain varie forme: la soppressionecon la forza. Tutto è cominciato conMaidan, quando hanno decisodi sopprimereYanukovichcon la forza. Ci sono riuscitiehanno sollevatoquesta ondata dinazionalismo epoi formato alcunibattaglioninazionalistici.
Quando le persone a sud-est dell’Ucraina hanno deciso che non erano d’accordo, hanno cercato di eleggere i propri organi di governo e amministrazione e sono stati arrestati e portati in carcere a Kiev durante la notte. A quel punto la gente ha preso le armi e, invece di bloccare tutto e ricorrere al negoziato, il nuovo governo hanno mandato le truppe, i carri armati e gli aerei.
Per inciso, la comunità internazionale tace, come se non vedesse niente di tutto questo, come se non vi fosse alcun “uso sproporzionato della forza”. Se ne sono improvvisamente dimenticati. Mi ricordo tutto lo zelo quando abbiamo avuto una situazione complicata nel Caucaso. Si sentiva sempre e solo il mantra dell’uso sproporzionato della forza. Oggi no, mentre piovono bombe a grappolo e vengono usate anche armi tattiche.
Vedete, date le circostanze, è molto difficile per noi in Russia coordinarci con la gente nell’Ucraina sudorientale in modo tale da indurla a rispettare pienamente tutti gli accordi. Continuano a dire che neppure le autorità di Kiev rispettano pienamente gli accordi.
[…].
La cosa più importante è fermare immediatamente la guerra e frapporre una distanza tra le rispettive truppe. Se l’Ucraina vuole mantenere la sua integrità territoriale, e questo è quel che preme anche a noi, i suoi governanti devono capire che non ha alcun senso fissarsi sul presidio di questo o quel villaggio – è inutile. L’idea di fondo dev’essere quella di fermare lo spargimento di sangue e di avviare un negoziato normale, per costruire relazioni basate sul dialogo e ripristinare quanto meno le comunicazioni, soprattutto per l’economia, e via via le altre cose seguiranno. Poi potremo andare avanti.
SULLA NOVORUSSIA
Non ho mai contestato il fatto che l’Ucraina sia a tutti gli effetti uno stato sovrano, un paese moderno ed europeo…Il punto è il processo storico della sua formazione. Solo nel 1921-22, con la nascita dell’Unione Sovietica, la regione denominata Novorussia (Kharkov, Lugansk, Donetsk, Nikolayev, Chersoneso e il distretto di Odessa) venne trasferita dalla Russia all’Ucraina. I comunisti avevano una logica molto semplice: il loro obiettivo era quello di aumentare la quota di proletari in Ucraina, in modo da garantirsi un maggiore sostegno in vari processi politici, perché dal punto di vista dei comunisti i contadini erano un’ostile categoria piccolo borghese e quindi avevano bisogno di ingrossare le file del proletariato.
[…].
Nel 1954, Krusciov decise per qualche motivo [amore, lussuria, NdT] di trasferire la Crimea all’Ucraina. Lo fece in flagrante violazione delle leggi sovietiche…
[…]
Tuttavia, ciò non significa in alcun modo che non rispettiamo la sovranità dell’Ucraina. Noi rispettiamo la sovranità dell’Ucraina e continueremo a farlo in futuro. Confido molto nella normalizzazione e nello sviluppo delle relazioni russo-ucraino e credo che questo sia un processo inevitabile.
LA RUSSIA
La Russia può ovviamente fare a meno di gente come me. Non è che abbia carenza di persone. Ma dal momento che sono venuto a trovarmi qui, oggi, a rivestire questo incarico, ritengo mio dovere fare tutto il possibile per assicurare alla Russia prosperità e sviluppo e per proteggere i suoi interessi.
GLI STATI UNITI (E LA LIBIA)
Il Consiglio di Sicurezza [dell’ONU] decise ad un certo punto di dichiarare una no-fly zone in Libia, in modo che gli aerei di Gheddafi non potessero bombardare i ribelli. Non credo che questa sia stata la decisione più saggia, ma è andata così. Però cos’è successo alla fine? Gli Stati Uniti hanno iniziato a effettuare attacchi aerei, anche contro bersagli a terra. Questa è stata una grave violazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed essenzialmente un atto di aggressione senza alcuna risoluzione che lo sanzionasse. Abbiamo forse colpa di questo? Avete fatto queste cose con le vostre proprie mani. E qual è stato il risultato? Il vostro ambasciatore è stato ucciso. Di chi è la colpa? Potete incolpare solo voi stessi. È stata una buona cosa per gli Stati Uniti che un loro ambasciatore morisse? È stata una cosa terribile, una terribile tragedia.
Ma non si dovrebbero cercare capri espiatori, quando si commettono degli errori. Al contrario, è necessario superare la voglia di dominare sempre e comunque, e lavorare per tenere a bada le proprie ambizioni imperiali. È necessario smettere di avvelenare le menti di milioni di persone con l’idea che la politica degli Stati Uniti non può che essere una politica di ambizioni imperiali. Non dimenticheremo mai come la Russia abbia aiutato gli Stati Uniti ad ottenere l’indipendenza e non dimenticheremo mai la nostra cooperazione e l’alleanza durante la prima guerra mondiale e la seconda guerra mondiale. Credo che i popoli americano e russo abbiano molti profondi interessi strategici in comune ed è su questi interessi reciproci che dobbiamo costruire le nostre fondamenta.
UN LEADER CONSERVATORE
Il conservatorismo non è auto-isolamento e riluttanza a svilupparsi. Un sano conservatorismo significa usare il meglio di tutto ciò che è nuovo e promettente per lo sviluppo progressivo. Tuttavia, prima di abbattere il vecchio, le basi che ci hanno portato al punto in cui siamo oggi in termini di sviluppo, abbiamo bisogno in primo luogo di capire come i nuovi meccanismi funzioneranno. Questo è estremamente importante. Questo significa che se vogliamo sopravvivere, dobbiamo sostenere i pilastri fondamentali su cui abbiamo costruito la nostra società nel corso dei secoli. Questi pilastri fondamentali comprendono la cura delle madri e dei bambini, conservare e valorizzare la nostra storia e le nostre realizzazioni, e prendersi cura delle nostre tradizioni e fedi tradizionali. La Russia ha quattro religioni tradizionali riconosciute dalla legge ed è un paese molto vario.
[…].
Mi rivolgo quindi a tutti voi chiedendo di non distorcere le nostre parole: quando parlo di conservatorismo non significa che stiamo pensando a come chiudere la porta al mondo e sederci sul passato. Ciò non ha nulla a che vedere con i nostri piani.
INVESTIMENTI IN RUSSIA
L’anno scorso siamo arrivati al terzo posto per capacità di attrarre investimenti diretti esteri, dopo gli Stati Uniti e la Cina.
RIVOLUZIONI, PROTESTE, OCCUPY WALL STREET
Non ho un atteggiamento severo verso le proteste di massa. Ce l’ho nei confronti di chi infrange la legge. Le proteste e raduni di massa sono un metodo del tutto legittimo di esprimere la propria opinione e di lottare per i propri interessi, ma tutto questo deve avvenire nel quadro della legge. Le rivoluzioni sono una brutta cosa. Abbiamo già avuto anche troppe rivoluzioni nel 20° secolo. Quello che ci serve è un’EVOLUZIONE. Sono certo che possiamo progredire seguendo questa strada…Non abbiamo bisogno di una rivoluzione per far funzionare le cose effettivamente. Parliamo invece di evoluzione. Tra l’altro, per quanto riguarda le manifestazioni di massa, diamo un’occhiata a Occupy Wall Street. Dove è andato a finire quel movimento? È stato stroncato sul nascere. E nessuno dice che siano stati maltrattati. Sono stati trattati bene, ma sono stati soppressi. Li hanno abbracciati così forte che nessuno ha avuto il tempo di dire una parola, e non è chiaro dove tutto si sia dissipato. A questo proposito, dobbiamo render merito agli americani: ci sanno fare.
SVILUPPO ECONOMICO E TECNOLOGICO
Non è possibile sopprimere la tecnologia o gli investimenti se sono redditizi e benefici. È impossibile. È solo possibile rallentarli un po’, per un certo periodo.
PUTINISMO
Quando Bismarck fece la sua prima apparizione sulla scena europea internazionale, lo trovarono pericoloso perché diceva quel che pensava. Cerco anch’io di dire sempre quello che penso e di rendere la conversazione puntuale ed efficace. Da un lato, questo può essere interessante per alcuni. D’altra parte, ciò può stupire alcune altre persone perché pochi possono permetterselo. La Russia può.
NAZIONALISMO
Se il nazionalismo significa intolleranza verso altre persone, sciovinismo, allora questo distruggerebbe la Russia, che fin dall’inizio è nata come stato multi-etnico e multi-confessionale. Questo ci condurrebbe non solo in un vicolo cieco, ma anche all’auto-distruzione. La Russia farà tutto il possibile per assicurarsi che ciò non accada.
Il disastro aereo ucraino: cosa ci sfugge?
19 luglio 2014 a 12:38 (Controrivoluzione e Complotti, Miti da sfatare)
Tags: abbattimento, aeroporto di Amsterdam, Amsterdam, armi chimiche, armi di distrazione di massa, armi di distruzione di massa, atrocità, attentato, attentato terroristico, Buk, colpa, complotto, cospirazione, crimini di guerra, disinformazione, false flag, fosforo bianco, fosse comuni, Gaza, giornalismo, Gladio, ICTS, incidente aereo, informazione, Iraq, Israele, KAL 007, Kiev, Kuala Lumpur, Libia, manipolazioni, MANPAD, missile aria-aria, MIT, montature, Mosca, Obama, Operazione Northwoods, Paolo Rumiz, pista israeliana, Putin, responsabilità, Rumiz, russi, Saddam Hussein, sarin, scatole nere, separatisti russi, Shin Bet, Siria, Tawergha, terrorismo, Timisoara, Ucraina, ucraini, Unione Sovietica, volo malese, volo MH17, Yoichi Shimatsu
Come sempre, i media di entrambe le parti stanno creando notizie (es. il volo di Putin in quell’area poco prima dell’abbattimento del volo malese: sconfessato dalle autorità moscovite) e fungendo da megafoni per i vari potentati, invece di descrivere quel che accade.
Continua a succedere e ogni volta si rischia (o avviene) un’escalation bellica.
I lettori più frettolosi possono saltare a piè pari tutto quel che segue e atterrare sani e salvi all’ultima sezione, intitolata “voci fuori dal coro”
IL MIT SUL SARIN IN SIRIA
Anche il Massachussetts Institute of Technology mette in dubbio la versione dell’amministrazione Obama sull’attacco chimico di Ghouta, in Siria, il 21 agosto scorso…Per i due studiosi infatti la gittata del missile rudimentale trovato dagli ispettori Onu non poteva essere superiore ai due chilometri e considerando la mappa delle forze in campo sul territorio siriano in possesso di Washington il 30 agosto, il punto da cui era partito il missile si trovava nelle aree controllate dai ribelli jihadisti che stanno combattendo Assad.
Un risultato che conferma, secondo Lloyd e Postol, la possibilità che parte dell’amministrazione americana volesse utilizzare delle informazioni ‘sbagliate’ per convincere il Congresso ad autorizzare un intervento militare contro il governo di Damasco. A settembre infatti si era arrivati ad un passo dai bombardamenti ma poi la proposta russa sulla consegna alla comunità internazionale dell’arsenale chimico di Assad aveva fermato Obama e lasciato spazio alla diplomazia
PAOLO RUMIZ SULLE FOSSE COMUNI LIBICHE E SUL MASSACRO RUMENO
Negli stessi giorni, un «filmato del 22 febbraio» di One World mostra le «fosse comuni»: morti fatti dai governativi inumati su una spiaggia dopo i massacri ordinati da Gheddafi. Il 24 si dimostra che il video era stato girato nell’agosto 2010 nel cimitero Ashat ed era una normale operazione di rinnovamento del suolo e spostamento dei resti, abituale ogni 10-20 anni:
Paolo Rumiz: Anche in Libia la situazione per i media occidentali sembra difficile da interpretare. Un esempio che rischia di ricordare il finto massacro di Timisoara è il video circolato nei giorni scorsi dove si vedono degli uomini scavare delle fosse. I media hanno parlato in un primo momento di fosse comuni. Salvo avanzare qualche dubbio subito dopo
Sì, in Libia potrebbero aver agito come in Romania. E come avviene sempre durante le guerre, che ormai si combattono anche con l’uso dell’informazione. Ovviamente, non possiamo nemmeno escludere che chi ha girato quelle immagini lo abbia fatto in buona fede. Ma che non fossero delle fosse comuni mi sembrava chiaro sin dall’inizio. Dal video si capisce che non c’è un’unica fossa ma tante fosse, una cosa che assomiglia molto di più a un cimitero.
Però i media, almeno all’inizio, hanno parlato di fosse comuni in Libia
E’ l’indiscutibilità della morte che ti frega. Davanti a dei cadaveri uno non può fare a meno che prenderli per tali. Quando c’è una guerra, la confusione, la concitazione e la fretta giocano sempre a favore di chi vuole mettere in giro notizie false. Tutte queste cose chi manipola l’informazione le sa. Durante le guerre, i servizi segreti o chi vuole condizionare l’opinione pubblica usa i cadaveri per raccontare cose non vere. E’ un trucco antico. Non scopriamo niente di nuovo.
PIETRO FOLENA SULLE ARMI CHIMICHE DI SADDAM HUSSEIN
E’ chiaro oramai che le armi di distruzione di massa non sono tra queste: in due mesi ogni tentativo di ritrovamento è fallito miseramente. Il presidente Bush ha persino ipotizzato, oltrepassando la soglia del ridicolo, che Saddam abbia fatto distruggere le armi poco prima della guerra, come se sbarazzarsi di testate chimiche e nucleari fosse un lavoro di pochi giorni. Ancora più gravi sono le rivelazioni sulle “prove” prodotte (nel senso proprio di “fabbricate”) da Bush e Blair per giustificare la guerra. Già sapevamo del dossier rivelatosi una tesi di laurea di uno studente di origini irakene risalente a 10 anni fa. Già sapevamo dell’inattendibilità del Rapporto Powell al Consiglio di sicurezza che suscitò le perplessità di Blix e di El-Baradei e l’ilarità di tutti i media indipendenti del mondo. Oggi sappiamo anche che il governo britannico ha letteralmente costretto i servizi segreti a fornire prove false e a ingigantire fatti che altrimenti sarebbero passati inosservati. Sappiamo che la Cia aveva dimostrato l’inesistenza di prove concrete contro il regime di Saddam. Bush e Blair hanno mentito. Hanno detto grossolane e incredibili bugie ai loro parlamenti, all’opinione pubblica dei loro paesi e del mondo intero, ai governi alleati. Hanno ostacolato e ancora ostacolano il lavoro degli ispettori dell’ONU che, come ci ha raccontato El-Baradei in una conferenza organizzata dalla Fondazione Di Vittorio, non possono ancora riprendere appieno il loro lavoro a causa dell’ostilità delle forze occupanti. Hanno cercato di gettare fango su un onesto funzionario qual è Hans Blix….Berlusconi, Aznar e gli altri capi di governo della coalizione dei volenterosi sono anch’essi complici di questa colossale menzogna.
Pietro Folena, l’Unità
http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/90000/89589.xml?key=Pietro+Folena&first=41&orderby=1&f=fir
RW JOHNSON (OXFORD) SULL’ABBATTIMENTO DI UN AEREO COREANO PER MANO DEI SOVIETICI (1983)
RW Johnson era una delle poche persone su entrambe le sponde dell’Atlantico a resistere [alle pressioni a conformarsi alla versione ufficiale sull’abbattimento del volo KAL 007]. I suoi articoli sul Guardian sollecitarono un messaggio da un parlamentare Tory (generosamente lasciato anonimo in questo libro) al capo del Magdalen College di Oxford suggerendo che il signor Johnson era ‘inadatto’ al suo incarico. Johnson difese la sua visione scettica, tuttavia e la arricchì con una ricerca meticolosa. Il risultato non è solo una storia terribile – molto più terrificante di qualsiasi opera di narrativa potrebbe mai essere – ma una denuncia politica di primissimo ordine….Il velivolo era stato dotato delle più sofisticate tecnologie computerizzate di assistenza alla navigazione. Il percorso da Anchorage a Seoul passava così vicino alla Russia che era costellata di punti di segnalazione per la guida alla navigazione, tutti ugualmente ben attrezzati. Se l’apparecchiatura funziona, un aereo di linea non può deviare fuori rotta. Se non funziona, i meccanismi di allarme sull’apparecchio e a terra si incaricano di avvisare il pilota in pochi secondi. Eppure, quasi dal momento in cui lasciò Anchorage, il KAL 007 deviò verso nord allontanandosi dal suo percorso corretto. Era 365 miglia fuori rotta quando fu abbattuto: nessuno altro aereo si era mai allontanato così tanto dalla rotta programmata nella storia dell’aviazione civile. Prima di partire da Anchorage, il capitano del velivolo aveva segnato un percorso molto simile a quella che poi seguì. Aveva caricato carburante in eccesso senza registrarlo. In qualche modo, quando i caccia russi sciamavano attorno a lui sparando proiettili traccianti, cercava di schivarli con cambiamenti di rotta e altitudine, regolarmente notificati al controllo a terra.
London Review of Books
http://www.lrb.co.uk/v08/n13/paul-foot/the-scandal-that-never-was
Il pilota dello 007, considerato il migliore della compagnia (un vero e proprio “robot umano”:
– mentì sulla quantità di carburante che caricava;
– abbandonò ad Anchorage un carico pagato che era tenuto a trasportare;
– aveva pianificato su delle note il percorso che poi avrebbe seguito (365 miglia fuori rotta: che non sono bruscolini);
– fece 3 manovre che non potevano essere compiute inconsciamente;
– riportò falsamente la sua posizione ad ogni waypoint in cui poteva correggere la rotta;
– modificò la velocità ben al di fuori dei parametri previsti;
– usò misteriosamente il codice transponder sbagliato;
– non poteva non sapere che era su territorio sovietico per via delle mappature meteo che aveva a disposizione;
– non si è curato di rispondere alle comunicazioni e poi agli avvertimenti radio sovietici, o ai traccianti di avvertimento che sono stati sparati proprio di fronte a lui;
– quando un caccia sovietico lo ha affrontato, ha falsamente informato il suo controllo a terra che stava effettuando una salita, mentre in realtà stava scendendo rapidamente;
– nei 56 secondi in cui rimase in onda dopo che l’aereo era stato colpito da un missile si astenne dal lanciare l’obbligatorio segnale di richiesta di soccorso.
http://www.lrb.co.uk/v08/n13/paul-foot/the-scandal-that-never-was
L’OPERAZIONE NORTHWOODS
L’operazione Northwoods (Operation Northwoods)[1] fu un piano concepito nel 1962 da alti dirigenti del Ministero della Difesa statunitense, (firmato dal generale Lyman Lemnitzer, capo degli stati maggiori riuniti e futuro responsabile di GLADIO) allo scopo di indurre l’opinione pubblica statunitense a sostenere un eventuale attacco militare contro il regime cubano di Fidel Castro[2]. Il piano, che non fu mai messo in atto, prevedeva l’esecuzione di una serie di azioni organizzate da entità governative USA operanti sotto le mentite spoglie di nazionalisti cubani; il piano prevedeva anche attacchi terroristici contro obiettivi all’interno del territorio nazionale degli Stati Uniti.
http://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Northwoods
http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/
LA SCIAGURA DELL’AEREO MALESE IN UCRAINA
Mi rifiuto di prendere in considerazione i vari tuit/tweet, dell’una e dell’altra parte, perché non ritengo credibile lo scenario in cui gente che si trova sotto attacco o che potrebbe essere un bersaglio, userebbe twitter per comunicare al mondo i suoi stati d’animo, imprese, congetture. Un tweet non è una prova.
Non è chiaro perché, in un conflitto contro ribelli privi di aviazione, l’esercito regolare ucraino abbia deciso di collocare dei sofisticati sistemi antiaerei in un’area in cui potevano essere catturati.
Finora i separatisti non avevano mai usato un sistema di lancio di missili terra-aria Buk in dotazione all’esercito ucraino (e russo) per abbattere gli aerei lealisti (volano a quote molto più basse), ma esclusivamente i MANPAD (un sistema missilistico antiaereo a corto raggio trasportabile a spalla, con una gittata di 4 km)
Il sistema Buk è in grado di identificare un aereo civile (radar > transponder sull’aereo: l’eventuale comunicazione dovrebbe essere stata registrata nella scatola nera) perciò è da escludere un incidente (un solo tiro, con 60% di probabilità di colpire un bersaglio mobile se si è perfettamente addestrati al suo uso: come si può parlare di miliziani ubriachi che non si rendono conto di quel che fanno, come nella “versione ufficiale”?).
Se quella è stata l’arma impiegata (il tempo dirà se hanno ragione coloro i quali sospettano che la pista del Buk sia fuorviante e che si sia trattato di un missile aria-aria o di una bomba programmata per attivarsi al cambio di quota imposto da terra al momento dell’ingresso nello spazio aereo ucraino), chi ha sparato sapeva cosa stava facendo e sapeva che a quell’altezza volavano solo aerei civili.
Non esiste alcuna spiegazione razionale del perché i separatisti pro-russi e gli specialisti russi che li avrebbero dovuto assistere, avrebbero deliberatamente effettuato un attacco del genere, che non avrebbe potuto fornir loro alcun beneficio tangibile e, al contrario, poteva solo produrre una massiccia e forse fatale reazione internazionale contro la loro causa.
Perché un aereo che, in genere, vista la sua destinazione, passerebbe sopra il mare di Azov, si è ritrovato 2-300 miglia fuori rotta, in un’area ad alto rischio e ad un’altezza di 33mila piedi, ossia al limite della zona rischio? La Malaysia Airlines contesta ai controllori dello spazio aereo ucraino di aver chiesto al loro pilota di abbassare la quota da 35mila piedi a 33mila piedi
ma non sapremo mai cosa si sono detti i controllori di volo e l’equipaggio, dato che i servizi di sicurezza ucraini hanno confiscato le registrazioni della suddetta conversazione
http://www.bbc.com/news/world-us-canada-28360784
Chi ha fatto circolare le supposte prove del coinvolgimento russo, una comunicazione tra separatisti e russi in cui si afferma di aver abbattuto l’aereo sbagliato, un video che, in realtà, è stato creato alle 19 e 10 del giorno prima, il 16 luglio 2014? Chi sapeva con largo anticipo che il 17 ci sarebbe stato un incidente aereo addebitato alle ingerenze russe?
http://rghost.net/private/56950510/78d787acfabcaf840cfa213e7221a060
http://www.mmnews.de/index.php/etc/19144-mh17-angebliche-youtube
LA REAZIONE RUSSA
È abbastanza sorprendente, se si presume che siano in qualche modo responsabili. Non hanno nulla da obiettare all’acquisizione e analisi da parte di Kiev delle scatole nere
http://italian.ruvr.ru/news/2014_07_18/Mosca-non-portera-via-le-scatole-nere-del-Boeing-0147/
È possibile che reputino di avere già sufficiente materiale per screditare qualunque tentativo di false flag?
Un aspetto estremamente gustoso della situazione è che se si dimostrasse che la colpa è dei ribelli filorussi e l’Occidente riuscisse a convincere la “comunità internazionale” che Putin è responsabile per i crimini dei ribelli ucraini ai quali garantisce il suo supporto (peraltro non certo assoluto, come si è già visto in varie occasioni, inclusi i referendum), automaticamente Bush, Blair, Cameron, Sarkozy, Merkel, ecc. sarebbero da considerare responsabili per i crimini commessi dai loro soldati (torture, eccidi di civili con o senza droni) e dalle varie formazioni di insorti che godono del loro sostegno (es. la pulizia etnica dei libici di colore a Tawergha, realizzata grazie alla copertura aerea della NATO, le decine di violazioni di risoluzioni ONU e l’uso del fosforo bianco da parte di Israele; Guantanamo, Abu Ghraib, ecc.)
VOCI FUORI DAL CORO
Su vari forum si è fatta avanti una lettura dell’evento che si distingue da quelle dell’una e dell’altra fazione. La ripropongo in sintesi; ciascuno ne faccia ciò che vuole.
Chi ne tra vantaggio? Qual è il vero obiettivo di questo attacco? Al di là della funzione propagandistica, non sembra essere un evento cataclismico e certamente non servirà a scatenare una guerra internazionale. L’opinione pubblica internazionale darà in gran parte la colpa ai separatisti per un incidente disastroso e continuerà a chiedersi chi abbia permesso a dei voli civili di transitare in un’area di guerra. I leader europei non sono intenzionati a cambiare la propria posizione di dialogo diplomatico con Mosca. Obama ha escluso che l’Ucraina possa diventare un campo di battaglia per soldati americani.
Non è abbastanza, ci dev’essere dell’altro. Queste voci fuori dal coro suggeriscono che si tratti di una distrazione che svia l’attenzione da ciò che sta accadendo sul campo, in Ucraina, ma anche nel mondo. Mentre tutti si concentrano su questo evento, perdono di vista sviluppi più importanti. La stessa guerra civile ucraina potrebbe avere questo fine, in un contesto più ampio.
Ipotizziamo che questa interpretazione sia corretta.
Che cosa ci sfugge? L’intervento terrestre israeliano avvenuto in pratica sincronicamente rispetto all’incidente in Ucraina?
Segnalo l’ipotesi delineata dal giornalista giapponese Yoichi Shimatsu, che già aveva individuato una pista israeliana grazie ad un’inchiesta sui retroscena di un precedente incidente aereo collegato all’aeroporto di Amsterdam, dove la sicurezza è gestita da una ditta israeliana (ICTS) fondata da un ex ufficiale dello Shin Bet.
Forse proprio la coincidenza dei tempi è un segnale che esiste un qualche tipo di coordinamento?
Non ci resta che attendere e osservare.
http://www.futurables.com/2014/07/21/israele-un-monito-per-lumanita/
Il Grande Riaggiustamento Finanziario andrà in porto?
17 Maggio 2014 a 13:23 (Controrivoluzione e Complotti, Verità scomode)
Tags: banca centrale mondiale, Banca dei Regolamenti Internazionali, BRICS, De Gaulle, Diritti Speciali di Prelievo, dollaro, DSP, Egitto, FMI, Fondo Monetario Internazionale, G20, Jimmy Carter, Keynes, Libia, Nigeria, petrodollaro, Roosevelt, Siria, Ucraina, valuta di riserva mondiale, Vietnam
a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles
L’insolvenza privata si è trasferita sui conti pubblici (locali e nazionali) passando per le banche (banche zombie). Ora nessuno può più far fronte all’esplosione della prossima bolla. Nessuno tranne il FMI, che è solvente e può stampare denaro (Diritti Speciali di Prelievo) per il prossimo giga-bailout planetario e ristrutturazione del debito mondiale (l’alternativa sarebbe un caos incontrollabile e non sarebbe gradita a chi governa le sorti del mondo).
Questa è la relazione ciclica (30-40 anni: l’ultimo evento è del 1971) tra caos finanziario, guerre e ristrutturazioni sistemiche globali
http://www.econ-pol.unisi.it/~bosco/int/mat/SMI.pdf
Il petrolio sarà presto pagato in Diritti Speciali di Prelievo del Fondo Monetario Internazionale (DSP; Special Drawing Rights, SDR) e non più in dollari.
Questa opzione era già stata valutata alla fine degli anni Settanta in una nota confidenziale per il presidente Carter: il prezzo del petrolio non sarebbe cambiato, ma il dollaro si sarebbe deprezzato. Perciò conveniva evitare un tale scenario. L’OPEC aveva precedentemente rinunciato a questa mossa per via della forza del dollaro. Avrebbe cambiato idea solo nell’eventualità di un forte indebolimento del dollaro (ci siamo). Da notare comunque che la nota accenna anche a dei “pro” in caso dell’abbandono del dollaro come valuta di riserva globale. Perciò la posizione implicitamente possibilista di Obama non è sorprendente.
Odiernamente il mondo sta abbandonando il dollaro e quindi è pressoché inevitabile che il petrolio sarà sganciato dal dollaro.
In una prima fase si useranno valute regionali, come il rublo e lo yuan. Poi si richiederà ufficialmente uno stabilizzatore dei mercati, ossia i DSP, appunto, con un paniere che verosimilmente includerà anche i dollari canadesi e australiani, perché il nuovo ordine sarà più produttivo (economia reale) che parassitario (rendite finanziarie) e avrà bisogno di risorse energetiche e minerarie.
[NOTA BENE: di per sé, questa soluzione non è male: andava bene a Roosevelt, De Gaulle e Keynes. Come sempre, però, dipende dall’uso che uno ne fa: con una corda posso aiutarti a uscire da un fosso, oppure posso impiccarti].
Se Ucraina, Siria, Libia, Egitto, Nigeria e, più recentemente, il Vietnam sono al centro di dispute interne ed internazionali è perché – per via della loro produzione energetica o della loro posizione geostrategica in relazione al commercio energetico – sono dei tasselli cruciali per la costruzione di questo nuovo ordine incentrato sul FMI.
Quando la transizione sarà completata assisteremo a un boom del mercato energetico e delle risorse estrattive.
Questa priorità annulla qualunque altra contesa, reale o fittizia che sia (es. sanzioni contro la Russia, respinte da Canada, Giappone e Germania perché danneggerebbero le loro imprese).
Il mondo va avanti anche se il Congresso americano si rifiuta di ratificare la riforma del FMI che ridurrebbe il peso americano e aumenterebbe quello dei BRICS. Il G20 aveva avvertito: dovremo ricorrere a misure aggressive casomai non ci fosse la collaborazione del Congresso ed è precisamente quel che sta accadendo
http://www.reuters.com/article/2014/04/11/us-g20-economy-idUSBREA3A1FC20140411
Nei prossimi mesi il FMI sopprimerà il diritto di veto statunitense e ristrutturerà il suo consiglio di amministrazione per diventare una banca centrale mondiale, in vista di una conciliazione degli interessi euro-atlantici con quelli euro-asiatici (tesi > antitesi > sintesi), sotto l’egida della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI)
http://www.bancaditalia.it/studiricerche/coop_intern/partecipa_org_int/bri
Le aree di crisi sono quelle in cui il dollaro e i vari interessi in competizione per accaparrarsi la fetta più grossa della torta stanno lottando per conservare o migliorare le loro posizioni prima del Grande Riaggiustamento (leggi: Grande Accentramento post-nazionale)
http://www.futurables.com/2014/04/24/la-grande-trasformazione-del-2015-2016-due-scenari/
Da notare che Russia e FMI erano/sono favorevoli a concedere prestiti all’Ucraina in DSP, invece che in dollari
http://www.reuters.com/article/2013/12/27/us-ukraine-bailout-idUSBRE9BQ09F20131227
Ucraina, 2014: prima volta che i DSP di un prestito FMI non sono convertiti in dollari o euro ma direttamente in oro e poi nella valuta nazionale
https://www.imf.org/external/np/sec/pr/2014/pr14189.htm
Attendiamo la dichiarazione congiunta sino-russa della prossima settimana (alla presenza di Ban Ki-moon)
http://thediplomat.com/2014/05/iranian-russian-presidents-to-visit-china/
Come andrà a finire?
Resto pessimista. Anche se numerosi grandi manovratori avessero davvero a cuore il nostro migliore interesse (da “ciò che va a mio vantaggio beneficia tutti” /trickle down – a “ciò che va a vantaggio di tutti beneficia anche me”/ama il prossimo tuo…) non credo che abbiano il pieno controllo della situazione.
Mutamento climatico; Cintura di Fuoco in subbuglio; umanità sempre più sospettosa delle intenzioni dell’1%; incapacità di valutare oggettivamente certe variabili (tipica di personalità sociopatiche); la maggior parte dei politici che non ha la più vaga idea di quel che sta succedendo oppure non può permettersi di dire quel che pensa; i media che distorcono la realtà invece di descriverla…Qualunque sia il piano, non credo che dobbiamo attendere alcuna soluzione dall’alto. O ci diamo da fare noi, oppure affonderemo assieme ai capitani del bastimento.
FONTI:
http://philosophyofmetrics.com/2014/05/16/oil-sdrs-and-the-new-currency-basket/
http://philosophyofmetrics.com/2014/05/16/the-america-dollar-is-dumping-vietnam/
http://blogs.reuters.com/breakingviews/2014/03/21/review-a-world-of-reasons-for-the-dollar-to-crash/
http://www.financialsense.com/contributors/jim-rickards/death-of-money-china-gold-financial-warfare
http://www.financialsense.com/contributors/jim-rickards/death-of-money-interview-part-2
La pace, la vita e la nuova guerra di Crimea
27 febbraio 2014 a 19:44 (Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto)
Tags: 2014, Abkhazia, Alexei Navalny, Armenia, Bengasi, Blair, BRICS, Cameron, Cipro, Crimea, Dilip Hiro, Ebrei, flotta del Mar Nero, flotta russa, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, guerra di Crimea, guerre stellari, Kent Calder, Libia, marina russa, McCain, media occidentali, Menachem Margolin, NATO, Ossezia del Sud, pace, pacifismo, Piemonte, programma atomico civile iraniano, Renzi, riunificazione tedesca, Russia, Saakashvili, Sebastopoli, Siria, Tartus, Terza Guerra Mondiale, Ucraina, Ungheria, Unione Europea, vita
a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles
Dmytro Yarosh, il nuovo responsabile della sicurezza e della difesa ucraina
Nel pieno di una crisi internazionale esplosa sul territorio europeo, la Casa Bianca invita la Georgia a entrare nell’Unione Europea e nella NATO ed esorta Mosca a consegnarle Abkhazia (21% della popolazione di etnia georgiana) e Ossezia del Sud (29%), che la stessa Georgia aveva cercato di conquistare
al tempo della presidenza Bush, quando Saakashvili prese per buone le parole di John McCain e David Cameron
http://blogs.spectator.co.uk/coffeehouse/2008/08/mccain-and-cameron-close-for-now/
e attaccò la Russia
http://www.ceiig.ch/pdf/IIFFMCG_Volume_I.pdf
nella convinzione di godere del pieno appoggio anglo-americano.
Perché proprio ora? Perché in un momento così delicato, in cui tutto dovrebbe far propendere per il dialogo con i russi, nel tentativo di risolvere felicemente la crisi ucraina e quella siriana, congiuntamente alle trattative sul programma atomico civile iraniano, si sceglie di accendere gli animi e rinfocolare i sospetti? Perché i media occidentali non si allarmano per questa completa assenza di volontà di pace che può trascinarci oltre il bordo del precipizio?
Esaminiamo quel che abbiamo appreso in questi anni.
Sappiamo (Dilip Hiro, “After Empire: The Birth of a Multipolar World”) che negli anni successivi all’11 settembre i governi/regimi di Libia e Siria avevano autorizzato l’approdo delle navi della marina russa nei porti di Bengasi e di Tartus. Gheddafi aveva dichiarato che questa decisione serviva a garantirlo contro le ambizioni del Pentagono, perché la sua partecipazione alla Guerra al Terrore non gli pareva un’assicurazione sufficiente. Bengasi, Tartus, Sebastopoli (Crimea). Forse una coincidenza, o forse no.
Sappiamo che l’Occidente appoggia fermamente la candidatura a sindaco di Mosca dell’oppositore russo Alexei Navalny, un avvocato che nel 2012 ha invocato la riunificazione di Russia, Ucraina e Bielorussia e che ha paragonato gli indipendentisti del Caucaso a degli scarafaggi. Certamente non un uomo di pace.
In Ucraina la rivolta antigovernativa è stata guidata dall’estrema destra ultranazionalista, antisemita, omofoba e russofoba, che ora è arrivata al governo ed è a capo della sicurezza nazionale (!!!). Una serie di attacchi a sinagoghe ed ebrei ucraini hanno spinto il rabbino Menachem Margolin, direttore generale dell’Associazione delle organizzazioni ebraiche in Europa, a chiedere al governo israeliano di proteggere gli ebrei ucraini da eventuali pogrom ad opera della destra giunta al potere.
In Siria il lassismo (e connivenza?) occidentale hanno fatto sì che la guerra civile ora veda ribelli siriani, militanti kurdi e truppe regolari siriane alle prese con migliaia di mercenari fondamentalisti sunniti giunti da tutto il mondo arabo e retribuiti da Arabia Saudita e Qatar.
La NATO, che aveva promesso che in cambio della riunificazione tedesca avrebbe rinunciato ad incorporare l’Est Europa, ha spostato a est i suoi confini fino alla Russia e ora si prepara ad inglobare Georgia e Ucraina. Il dislocamento delle sue batterie missilistiche in prossimità delle basi russe consente allo scudo antimissile “Guerre Stellari” di intercettare eventuali missili balistici intercontinentali russi prima che raggiungano la velocità di crociera. La questione, però, è che questo sistema di difesa sarebbe utile solo in caso di attacco americano e quindi una sua maggiore efficacia data dalla accresciuta vicinanza aumenta di fatto le probabilità che un’amministrazione statunitense aggressiva possa decidere di tentare la sorte.
Quest’aggressività per nulla dissimulata ha persuaso grandi potenze emergenti come la Cina, la Russia, l’India, il Brasile e il Sudafrica a far fronte comune (Kent Calder, “The New Continentalism: Energy and Twenty-First-Century Eurasian Geopolitics”) e, nel contempo, ha prodotto un avvicinamento tra la Russia e l’Ungheria, la Grecia, Cipro, l’Armenia e perfino la Germania (cf. nomina di Gernot Erler).
Non ci è dato sapere come andrà a finire, ma uno scenario che purtroppo non è da escludere è quello di una nuova guerra di Crimea.
http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_di_Crimea
Francia e Regno Unito sono le stesse nazioni che volevano intervenire militarmente in Siria, anche se questo comportava il rischio di un conflitto con la Russia. Al posto del Piemonte questa volta ci sarebbe l’Italia, ma c’è da augurarsi che Renzi non veda in Tony Blair un modello anche per gli “interventi umanitari”.
Se il fine ultimo è davvero quello di scacciare i russi dal Mediterraneo allora, dopo Bengasi (Libia) e Tartus (Siria), potrebbe essere la volta di Sebastopoli.
http://www.juancole.com/2014/02/reason-crimean-war.html
specialmente dopo l’accordo russo-ucraino del dicembre 2013 per un’ulteriore espansione della presenza russa
http://www.eurasianet.org/node/67882
Ormai da anni siamo sull’orlo di un conflitto mondiale. Ci siamo andati vicini nel 2008, quando Israele aveva chiesto il via libera a Bush per un bombardamento. Poi di nuovo in Siria nel 2013. Ora è il momento dell’Ucraina (e della Georgia?).
Se davvero forze influenti vogliono lo scontro sarà praticamente impossibile evitarlo.
L’unico aspetto positivo di tutta questa faccenda è che per i media occidentali è sempre più difficile prendere per i fondelli l’opinione pubblica: quando uno constata che un governo legittimamente eletto è stato abbattuto per sostituirlo con un altro governo che pullula di neofascisti e neoliberisti è difficile che la retorica “libertaria” e “democratica” faccia presa su chi ancora possiede qualcosa di più di un cervello a mezzo servizio.
PACE E VITA NON SONO MAI STATE COSI’ INDISSOLUBILMENTE INTRECCIATE
L’Ucraina può essere salvata
21 febbraio 2014 a 11:16 (Stati Uniti d'Europa, Verso un Mondo Nuovo)
Tags: Arseniy Yatsenyuk, Bielorussia, cambio di regime, corridoio umanitario, diplomazia, giochi olimpici, Iraq, Jugoslavia, Libia, Mosca, natsiokratiia, opposizione, Prodi, Russia, Siria, Ucraina, Unione Europea, Washington, Yanukovich, Yatsenyuk
a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles
[Per arrestare la violenza] bisogna fermare la polizia, fermare i manifestanti, imporre una DMZ, una zona demilitarizzata e spostare questo conflitto dalle strade al Parlamento. Voglio essere molto franco: il governo non controlla la polizia antisommossa ed è molto difficile per l’opposizione controllare Maidan. E ci sono una serie di forze che sono prive di controllo. Questa è la verità … è il caos, ora. L’Ucraina è in un gran casino
“To stop the riot police, to stop the protesters, to impose a DMZ, like demilitarized zone, and to move this conflict from the streets to the Parliament. I would be very frank that the government does not control the riot police and its very difficult for the opposition to control Maidan. And there are a number of forces who are uncontrolled. This is the truth…is in chaos now. Ukraine is in a big mess”
Arseniy Yatsenyuk, il leader dell’opposizione che fa riferimento alla Casa Bianca
http://www.rte.ie/news/player/2014/0220/20529559-ukraine-is-in-a-big-mess-yatsenyuk/
Tener conto che l’Ucraina proprio in quanto terra di “frontiera” tra Europa e Russia, in virtù della sua storia, della forte presenza di minoranze russe non può essere assimilata forzatamente e sic et simpliciter all’Unione Europea. E poi quali sono gli interessi che sono dietro quella manovra. Allora perché non pensare ad una forma “ibrida”,nella quale si tenga conto della diversità culturale ed etnica dell’Ucraina, che non può fare a meno né della Russia né dell’Europa? Ma non della Russia che è rappresentata dalla politica di potenza di Putin o dell’Europa delle lobby economiche. Ci vuole uno sforzo di creatività, quando i conflitti sono così complessi e si intrecciano al pregresso storico, agli interessi geopolitici e geostrategici, alle contraddizioni mai risolte degli stati-nazione. Allora per iniziare si sgombri il campo da estremismi, si chieda subito che le armi tacciano da una parte e dall’altra, si faccia chiarezza su chi c’è dietro le manifestazioni a Maidan (ci vuole poco a capire che ci sono forti infiltrazioni di gruppi paramilitari di destra e nazisti che sparano come sparano le forze di sicurezza governative), si portino ad un tavolo di trattativa le forze politiche “vere”, da una parte e dall’altra. Si ragioni su ipotesi come quella proposta nell’articolo di Pagina99, di una “doppia partnership” che veda l’Ucraina in parte legata alla UE in parte al nascente blocco eurasiatico costruito da Mosca. Le zone di frontiera, i territori “faglia”, nei quali non sono stati mai sopiti gli effetti di guerre devastanti come la Seconda guerra Mondiale, non possono esser governati secondo i criteri propri degli stati-nazione. Perché sono zone culturalmente, etnicamente, religiosamente ibride. Terre cerniera. Ed allora le soluzioni dovranno tenerne conto. E se l’Unione Europa oggi è troppo coinvolta direttamente, (o meglio Berlino) allora perché non affidare al Consiglio d’Europa la proposta di una mediazione?
Francesco Martone, da facebook
http://www.futurables.com/2014/02/20/la-via-del-dialogo-per-la-salvezza-dellucraina-e-delleuropa/
“L’Italia non cada nella trappola mediorientale” – G. Cucchi, generale e consigliere della Difesa
1 ottobre 2013 a 08:36 (Controrivoluzione e Complotti, Guerra al Terrore, Miti da sfatare, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto, Verità scomode)
Tags: Afghanistan, armi chimiche, armi di distruzione di massa, Assad, coalizione dei volonterosi, Colin Powell, complotti, complotto, Cucchi, cui prodest, estremisti, generale, GIuseppe Cucchi, jihadisti, Jugoslavia, Kosovo, Libano, Libia, limes, menzogne, montature, NATO, pressioni, ribelli, ricatti, Sarajevo, sarin, Siria, spread, Tony Blair
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“Tutta la storia recente dei nostri rapporti con il mondo arabo abbonda di bugie, mistificazioni e (nel migliore dei casi) di errori che sarebbe stato bene trasformare in esperienza. Quando si parlò di guerra all’Iraq, Stati Uniti e Gran Bretagna esibirono presunte “prove certe” della presenza di armi di distruzione di massa nel paese: tutti credemmo al segretario di Stato Colin Powell – che brandì un incriminante provetta durante uno dei suoi discorsi – e al premier britannico Tony Blair, che lo sosteneva a gran voce. L’invasione dimostrò poi come di tali armi non vi fosse traccia.
Successivamente, quando si parò di guerra in Bosnia, il casus belli per l’intervento occidentale fu il fuoco dei mortai – ufficialmente serbi – contro la popolazione civile nel mercato musulmano di Sarajevo. Al quartier generale NATO di Bruxelles si mormorava però di come i tracciati di alcuni radar inglesi mostrassero chiaramente che i colpi erano partiti da un’area sotto il controllo di unità bosniache musulmane, non di truppe serbe. Una mistificazione quindi, tecnicamente ben creata e ancor meglio gestita mediaticamente, che ci spinse a intervenire. In questo caso forse fu un bene, visto che il successivo episodio di Srebenica dimostrò come atrocità ben peggiori fossero in ogni caso possibili.
Anche nel caso del Kosovo accadde qualcosa di molto simile, ovvero il tentativo di attribuire a forze serbe un eccidio di massa di popolazione kosovara. In questo caso il tentativo fu più maldestro e la sua risonanza mediatica si attenuò rapidamente, sebbene da parte occidentale e sotto la spinta americana si tentasse di far passare quasi senza discussione le ipotesi peggiori.
Tutto questo per segnalare che sarebbe stata necessaria una certa cautela prima di attribuire ad al-Asad e alle sue truppe l’eccidio. Innanzitutto perché l’attuale caos siriano rende possibile che una parte dell’arsenale chimico di Damasco sia caduto in mano dei ribelli. Poi perché nelle file di questi militano, specie nel Nord e nell’Est, elementi di estremismo tali da rendere possibile ogni ipotesi. Infine perché, di fronte all’eterna domanda “cui prodest?”, un atto del genere ha una sola possibile risposta razionale, che esclude la responsabilità del regime.
[…].
In Iraq gli attentati si succedono al ritmo di mille morti al mese…il Libano si sta destabilizzando…nella Libia del dopo Gheddafi regna una completa anarchia, resa sanguinosa dal continuo scontro di circa 35 fazioni armate che neanche la vecchia struttura tribale (un tempo solida) riesce più a contenere..
[…].
In queste condizioni, il momento peggiore in Siria per noi verrà quando Washington cercherà di passare la palla alla NATO, evitando d’impegnare i propri soldati in azioni di terra e per questo patrocinando una nuova “coalizione dei volonterosi” disposti a morire per Damasco (peggio, per una Damasco sunnita).
Siamo disposti a sopportare perdite simili a quelle di Nassiriyya o dell’Afghanistan? In caso contrario, siamo pronti a contrastare ogni possibile forma di pressione da parte dei nostri alleati? Pressioni economiche, condite da velate minacce di influire negativamente sul nostro spread; pressioni diplomatiche; pressioni politiche, magari in veste di un aperto sostegno a partiti d’opposizione nel tentativo di favorire governi più inclini all’intervento; pressioni morali, con incessanti richiami alla solidarietà atlantica. Pensiamoci bene prima di rispondere al quesito. Soprattutto, non lasciamoci forzare la mano”.
Giuseppe Cucchi, Generale di Corpo d’Armata dell’Esercito Italiano, consigliere del Ministro della Difesa – Limes, settembre 2013, pp. 189-192