La pace, la vita e la nuova guerra di Crimea

a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles

Dmytro YaroshDmytro Yarosh, il nuovo responsabile della sicurezza e della difesa ucraina

Nel pieno di una crisi internazionale esplosa sul territorio europeo, la Casa Bianca invita la Georgia a entrare nell’Unione Europea e nella NATO ed esorta Mosca a consegnarle Abkhazia (21% della popolazione di etnia georgiana) e Ossezia del Sud (29%), che la stessa Georgia aveva cercato di conquistare

http://archive.is/jvFGJ

al tempo della presidenza Bush, quando Saakashvili prese per buone le parole di John McCain e David Cameron

http://blogs.spectator.co.uk/coffeehouse/2008/08/mccain-and-cameron-close-for-now/

e attaccò la Russia

http://www.ceiig.ch/pdf/IIFFMCG_Volume_I.pdf

nella convinzione di godere del pieno appoggio anglo-americano.

Perché proprio ora? Perché in un momento così delicato, in cui tutto dovrebbe far propendere per il dialogo con i russi, nel tentativo di risolvere felicemente la crisi ucraina e quella siriana, congiuntamente alle trattative sul programma atomico civile iraniano, si sceglie di accendere gli animi e rinfocolare i sospetti? Perché i media occidentali non si allarmano per questa completa assenza di volontà di pace che può trascinarci oltre il bordo del precipizio?

Esaminiamo quel che abbiamo appreso in questi anni.

Sappiamo (Dilip Hiro, “After Empire: The Birth of a Multipolar World”) che negli anni successivi all’11 settembre i governi/regimi di Libia e Siria avevano autorizzato l’approdo delle navi della marina russa nei porti di Bengasi e di Tartus. Gheddafi aveva dichiarato che questa decisione serviva a garantirlo contro le ambizioni del Pentagono, perché la sua partecipazione alla Guerra al Terrore non gli pareva un’assicurazione sufficiente. Bengasi, Tartus, Sebastopoli (Crimea). Forse una coincidenza, o forse no.

Sappiamo che l’Occidente appoggia fermamente la candidatura a sindaco di Mosca dell’oppositore russo Alexei Navalny, un avvocato che nel 2012 ha invocato la riunificazione di Russia, Ucraina e Bielorussia e che ha paragonato gli indipendentisti del Caucaso a degli scarafaggi. Certamente non un uomo di pace.

In Ucraina la rivolta antigovernativa è stata guidata dall’estrema destra ultranazionalista, antisemita, omofoba e russofoba, che ora è arrivata al governo ed è a capo della sicurezza nazionale (!!!). Una serie di attacchi a sinagoghe ed ebrei ucraini hanno spinto il rabbino Menachem Margolin, direttore generale dell’Associazione delle organizzazioni ebraiche in Europa, a chiedere al governo israeliano di proteggere gli ebrei ucraini da eventuali pogrom ad opera della destra giunta al potere.

In Siria il lassismo (e connivenza?) occidentale hanno fatto sì che la guerra civile ora veda ribelli siriani, militanti kurdi e truppe regolari siriane alle prese con migliaia di mercenari fondamentalisti sunniti giunti da tutto il mondo arabo e retribuiti da Arabia Saudita e Qatar.

La NATO, che aveva promesso che in cambio della riunificazione tedesca avrebbe rinunciato ad incorporare l’Est Europa, ha spostato a est i suoi confini fino alla Russia e ora si prepara ad inglobare Georgia e Ucraina. Il dislocamento delle sue batterie missilistiche in prossimità delle basi russe consente allo scudo antimissile “Guerre Stellari” di intercettare eventuali missili balistici intercontinentali russi prima che raggiungano la velocità di crociera. La questione, però, è che questo sistema di difesa sarebbe utile solo in caso di attacco americano e quindi una sua maggiore efficacia data dalla accresciuta vicinanza aumenta di fatto le probabilità che un’amministrazione statunitense aggressiva possa decidere di tentare la sorte.

Quest’aggressività per nulla dissimulata ha persuaso grandi potenze emergenti come la Cina, la Russia, l’India, il Brasile e il Sudafrica a far fronte comune (Kent Calder, “The New Continentalism: Energy and Twenty-First-Century Eurasian Geopolitics”) e, nel contempo, ha prodotto un avvicinamento tra la Russia e l’Ungheria, la Grecia, Cipro, l’Armenia e perfino la Germania (cf. nomina di Gernot Erler).

Non ci è dato sapere come andrà a finire, ma uno scenario che purtroppo non è da escludere è quello di una nuova guerra di Crimea.

http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_di_Crimea

Francia e Regno Unito sono le stesse nazioni che volevano intervenire militarmente in Siria, anche se questo comportava il rischio di un conflitto con la Russia. Al posto del Piemonte questa volta ci sarebbe l’Italia, ma c’è da augurarsi che Renzi non veda in Tony Blair un modello anche per gli “interventi umanitari”.

Se il fine ultimo è davvero quello di scacciare i russi dal Mediterraneo allora, dopo Bengasi (Libia) e Tartus (Siria), potrebbe essere la volta di Sebastopoli.

http://www.juancole.com/2014/02/reason-crimean-war.html

specialmente dopo l’accordo russo-ucraino del dicembre 2013 per un’ulteriore espansione della presenza russa

http://www.eurasianet.org/node/67882

Ormai da anni siamo sull’orlo di un conflitto mondiale. Ci siamo andati vicini nel 2008, quando Israele aveva chiesto il via libera a Bush per un bombardamento. Poi di nuovo in Siria nel 2013. Ora è il momento dell’Ucraina (e della Georgia?).

Se davvero forze influenti vogliono lo scontro sarà praticamente impossibile evitarlo.

L’unico aspetto positivo di tutta questa faccenda è che per i media occidentali è sempre più difficile prendere per i fondelli l’opinione pubblica: quando uno constata che un governo legittimamente eletto è stato abbattuto per sostituirlo con un altro governo che pullula di neofascisti e neoliberisti è difficile che la retorica “libertaria” e “democratica” faccia presa su chi ancora possiede qualcosa di più di un cervello a mezzo servizio.

PACE E VITA NON SONO MAI STATE COSI’ INDISSOLUBILMENTE INTRECCIATE

Guru che odiano le donne (e gli uomini) – da Rachel Carson a Gore e Latouche

A cura di Stefano Fait

Web Caffè Bookique [Facebook]

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Mi amareggia sapere che Serge Latouche goda in Italia di una popolarità sproporzionata rispetto a quella riservatagli nel resto d’Europa e dell’Occidente, dove è relativamente poco conosciuto. E per fortuna, dico io

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/04/perche-grillo-fa-bene-a-non-credere-nella-decrescita-felice/

Latouche è uno dei tanti frutti di una corrente reazionaria e misantropica dell’ambientalismo. Reazionaria perché rimuove il benessere umano dal centro del discorso politico e lo sostituisce con un distorto “amore” per il pianeta / terra / natura che, per qualche ragione, esclude l’umanità.
Se questa corrente non sarà sconfitta sul terreno delle idee e dei dati empirici finirà per pugnalare alle spalle il pensiero progressista e lo stesso ecologismo.

Infatti il suo principale effetto è quello di dirottare l’attivismo progressista in campagne contro il meteo (tra lo scetticismo di tutti gli esperti che cercano di far capire che clima e tempo meteorologico sono cose diverse) e contro il progresso economico, anche se ciò condanna a morte e alla miseria milioni di esseri umani.

Questi nostri fratelli dei paesi in via di sviluppo desiderano ardentemente energia elettrica abbondante e poco costosa, acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati, non vogliono morire prematuramente di indigenza e indifferenza o guardare i loro figli morire o appassire. Vogliono sfuggire alla prigione della povertà. È un loro diritto, è una scelta perfettamente razionale e moralmente inappuntabile.

http://www.nytimes.com/2013/12/04/opinion/the-poor-need-cheap-fossil-fuels.html?_r=3&#h[]

Ma apparentemente non per Latouche o per Al Gore. Per loro crescita equivale a consumismo, mentre per il resto del mondo crescita significa speranza di diventare un po’ più liberi, un po’ meno discriminati, un po’ meno disuguali.
I dati reali danno ragione ai due miliardi di abitanti del pianeta privi di elettricità e torto ai guru dell”ecologismo reazionario:

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http://www.ted.com/talks/lang/it/hans_rosling_shows_the_best_stats_you_ve_ever_seen.html

Non è una questione di dover fare un po’ meno shopping, è una questione di trovare finalmente la forza, la volontà e il modo di dimostrare che ce ne importa qualcosa dei nostri fratelli di colore più scuro.

I poveri del mondo non hanno solo bisogno di un po’ di luce elettrica e di alcuni gadget elettronici per condurre una vita dignitosa. Oltre all’energia necessaria per alimentare una moderna produzione industriale e agricola, prerequisito per una vita dignitosa per centinaia di milioni di poveri, c’è la questione di come cucinare il cibo. Al momento moltissimi di loro disboscano per poter cucinare e ogni anno decine di milioni di (per lo più) donne soccombono di malattie polmonari conseguenti ai sistemi di cottura a legna e carbone in ambienti chiusi. Queste persone devono poter essere in grado di cucinare su fornelli elettrici e avere frigoriferi, sia a casa che durante lo stoccaggio e il trasporto.

Non è normale che qualcuno ci venga a dire che questi sono privilegi e non diritti per i quali si sono battuti i nostri genitori, nonni e bisnonni. E’ il pensiero di persone dissociate dalla realtà o, come nel caso del multimiliardario Gore, in malafede.

Dovremo abituarci a vivere con meno, ci spiega James Cameron, regista di Avatar, proprietario di 3 ville a Malibù con 3 piscine riscaldate, un ranch di 100 acri, un elicottero privato, 3 Harley-Davidson, una Corvette, una Ducati, uno yacht, un Humvee, una Ford GT, una flotta di sottomarini (ne ha donato uno da 10 milioni di dollari alla Woods Hole Oceanographic Institution).

Non che Latouche se la cavi troppo male, nel centro di Parigi.

Tornando al cuore della questione, la decrescita e l’aumento dei costi energetici in un paese sviluppato non sono fatali (salvo che per quegli anziani che non si potranno permettere di riscaldare le case in inverno). Se lo stesso però succede in un paese in via di sviluppo, si avrà un enorme disastro umanitario che costerà la vita a milioni di persone e condannerà a languire in miseria un numero ancora maggiore di esseri umani.

Una cosa del genere non è altro che un moderno programma eugenetico, dove una parte dell’umanità viene sacrificata per far sentire meglio i privilegiati.

Per fortuna il resto del mondo non ascolta le prediche di Latouche e Gore. Non è infatti concepibile difendere la tesi che la gente dovrebbe volontariamente restare povera. Non succederà mai ed è meglio che i decrescisti/serristi se ne facciano una ragione.

Miliardi di esseri umani, chi più chi meno, vogliono la stessa cosa, ossia una ragionevole aspettativa di vita, una ragionevole prosperità materiale, un posto in cui vivere che sia ragionevolmente piacevole, energia abbondante e a costi ragionevoli, opportunità di viaggiare, educarsi, curarsi e migliorarsi, acqua potabile, igiene, ordine e sicurezza. Sono diritti fondamentali di ciascun essere umano, o comunque dovrebbero essere riconosciuti come tali.

In ogni caso nessun politico può pensare di rimanere a lungo al potere impedendo alle future generazioni di soddisfare queste legittime ambizioni.

162628126-0e10219d-91ea-4526-a517-9420c7ae54bdIntroduzione di Al Gore, appunto

È questo che alla fine ci salverà dal radicalismo chic, cioè da chi, come giustamente nota Laura Fedrizzi, firma appelli e parla ex indignata conscientia, e troppo poco ex informata conscientia.

Fedrizzi si riferisce alla vergogna dell’affaire Silent Spring.

http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/quanta-nostalgia-del-ddt

L’ondata di panico generata da “Silent Spring” (“Primavera silenziosa”, 1962) della biologa e ambientalista Rachel Carson, ha ucciso oltre 40 milioni di persone, tra le quali moltissimi bambini. Lo sta ancora facendo. Il libro ha contribuito in modo significativo alla decisione di bandire l’insetticida Ddt (1972 negli Stati Uniti, 1978 in Italia), un modo sicuro e molto efficace per frenare la malaria, la prima causa di morte nell’Africa sub-sahariana, e un’invenzione per la quale il chimico elvetico Paul Hermann Müller era stato insignito del Nobel per la Medicina nel 1948.

Ci sono voluti oltre 30 anni perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconoscesse l’errore commesso e tornasse a raccomandare l’uso mirato del  Ddt.

Il Ddt comporta alcuni rischi per gli uccelli, ma vale la pena di salvare milioni di uccelli al costo di milioni di vite umane e, chi dovesse rispondere affermativamente, ha pensato che potrebbero essere i suoi figli (se le temperature mondiali dovessero riprendere a salire)?
È un libro che ha promosso un tipo di ambientalismo che prioritarizza l’ambiente sempre e comunque, anche a discapito del benessere umano ed è la ragione per cui ha successo anche e soprattutto negli ambienti reazionari – il conservazionismo è nato su iniziativa di quelli stessi magnati che predicavano l’austerità e la sterilizzazione eugenetica al tempo della Depressione e poi della crisi del 1973-1974 –, in cui il riscatto delle masse dalla miseria e dall’ignoranza non è visto come un obbligo ma come una minaccia per lo status quo.

Non sarò complice di questo abominio.

La via maestra è sempre quella diplomatica – Miliband (UK) e Villepin (Francia)

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Vers un monde nouveau sans rien rompre de ses liens avec son milieu originel, son ambiance antérieure et ses affinités profondes.

Saint-John Perse

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Netanyahu, lo sconfitto

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Se Giordania, Egitto, Canada e Italia si rifiutano di assistere l’attacco americano è perché questa è la volontà della Casa Bianca e del Pentagono. La decisione di Obama di lasciare che sia il Congresso a decidere – ben sapendo che il voto sarà contrario (e farà in modo che lo sia) – è la riprova che Putin, Cameron, Obama e Hollande erano contro un’escalation e si sono accordati per salvare la faccia a tutti e mettere nel sacco Netanyahu; il quale ha ricevuto un messaggio forte e chiaro: NESSUNO INTENDE ATTACCARE L’IRAN.

301199_296336940377443_1554510342_nIl monocolo Polifemo è da sempre il riferimento simbolico degli psicopatici, che vedono il mondo a due dimensioni e non sono in grado di prevedere le conseguenze delle loro azioni (wishful thinking). Vignetta magistrale.

Solo Israele e i neoconservatori americani (che al Congresso saranno attaccati dal Tea Party quando si voterà sull’attacco) vogliono questa guerra e, per qualche ragione che va forse ricondotta agli eventi dell’11 settembre, pare che molti governi cerchino di compiacere questa piccola Prussia mediorientale, anche se solo all’apparenza. Un false flag contro la Tour Eiffel e/o il Big Ben non è un’eventualità piacevole.

http://www.repubblica.it/esteri/2013/08/09/news/parigi_evacuata_tour_eiffel_per_un_allarme_bomba-64543469/

Israele non la prenderà bene e agirà d’impulso, commettendo quasi certamente un errore grossolano. Attendiamo speranzosi che Netanyahu si impicchi con la sua stessa corda e che lo stesso succeda a Bandar e all’Arabia Saudita

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Nel frattempo, riporto i pareri di due leader politici, uno inglese e l’altro francese, che prediligono il dialogo e l’accordo con la Russia e la Cina.

 Mandate for Change

Ed Miliband, leader dell’opposizione laburista al governo conservatore britannico di David Cameron:

“Ci sarà chi crede che il voto di giovedì alla Camera dei Comuni significa che la Gran Bretagna non può aiutare concretamente i civili siriani innocenti che soffrono per una simile catastrofe umanitaria. Non sono d’accordo. Dobbiamo usare l’incontro del G20 della prossima settimana in Russia, che avrà gli occhi del mondo puntati sulla Siria, per cercare di riunire la comunità internazionale e costringere le parti coinvolte nel conflitto verso quella soluzione politica che è indispensabile.

[…].

Alcune persone hanno sostenuto che il significato di questo episodio è che la Gran Bretagna sta facendo un passo indietro rispetto al suo ruolo da protagonista nel mondo. Si è parlato di un giorno cupo e deprimente. Ci sono stati avvertimenti che la Gran Bretagna sta scivolando in un gretto isolazionismo, una dottrina che danneggia nel lungo termine gli interessi del nostro paese e che minaccia la pace e la sicurezza del mondo.

Non sono d’accordo. Gli inglesi sanno che il nostro paese prospera quando ci vogliamo al mondo, non quando ci ritiriamo in noi stessi. E il popolo britannico è disposto ad accettare i nostri obblighi verso gli altri, come lo era quando i miei genitori sono stati accolti come rifugiati in questi lidi al tempo della seconda guerra mondiale.

[…].

I britannici si aspettano però che la politica estera del nostro paese sia condotta in modo diverso da come è stato fatto in questi ultimi anni. A dieci anni dall’inizio della guerra in Iraq, è fondamentale dimostrare che abbiamo imparato la lezione. Ci ricordiamo come le decisioni di allora sono state raggiunte sulla base di prove meno che convincenti, con una perentorietà che ha impedito agli ispettori delle Nazioni Unite di avere il tempo di cui avevano bisogno per riferire. Dobbiamo ricordare anche che le vitali istituzioni internazionali vitali sono state aggirate in momenti cruciali. E dobbiamo ricordare che le conseguenze di un’azione militare non sono stati ponderate a sufficienza.

[…]

Il voto in parlamento ha dimostrato che…ci aspettiamo che la serietà delle nostre deliberazioni corrisponda alla gravità delle decisioni che siamo chiamati a prendere. L’evidenza delle prove deve sempre precedere le decisioni e, indipendentemente dalla forza delle emozioni, i britannici hanno il diritto di attendersi una leadership pacata e riflessiva.

In secondo luogo, quando si tratta di interventi militari, è chiaro che un impegno efficace con le istituzioni internazionali è essenziale. La Gran Bretagna deve quindi sempre cercare di lavorare con le Nazioni Unite e in conformità con il diritto internazionale, non respingendo l’ONU come nel migliore dei casi un fastidio e nel peggiore un ostacolo.

[…]”.

http://www.theguardian.com/commentisfree/2013/aug/30/britain-still-difference-syria

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Dominique de Villepin, ex primo ministro francese e uno dei leader dell’opposizione gollista al governo Hollande:

Non cediamo all’illusione della scorciatoia militare – apparso su Le Figaro, 29 agosto 2013

“L’indignazione per i massacri perpetrati in Siria gas è unanime. Non ci sarebbe peggior politica che non fare nulla. Ma una politica del peggio sarebbe quella di aggiungere guerra alla guerra senza prove inconfutabili e senza strategia. La determinazione del presidente Hollande e dei nostri partner è lodevole, ma  che cosa vogliamo veramente? Punire? Non è il ruolo di un esercito, ma quello di un tribunale internazionale. Placare la nostra coscienza? Farlo a rischio di peggiorare la situazione dei civili sarebbe cinico. Un cambio di regime? Non sta a noi decidere, soprattutto in assenza di un’alternativa credibile.

No, proteggere i civili è il compito primario della comunità internazionale. L’unico dibattito deve riguardare come farlo.

Ciò implica riflettere sulle esperienze passate. La strategia occidentale in Medio Oriente è un vicolo cieco basato sull’illusione di forza che non ho mai smesso di denunciare.

Si oscilla infatti tra la guerra contro il terrorismo e la guerra contro i tiranni. Vorremmo unificare i due obiettivi, ma abbiamo imparato a nostre spese che non è così che funziona la cosa. L’occupazione dell’Iraq ha alimentato un terrorismo senza fine. L’operazione in Libia ha armato, direttamente o indirettamente, tutti i jihadisti del Sahara, portando a una nuova guerra in Mali. Il circolo vizioso non si ferma qui. Preoccupati per l’islamismo in Egitto, consentiamo nuovi colpi di stato che, da sempre, sono un terreno fertile per i tiranni di domani. Dobbiamo una buona volta imparare la lezione in merito al ricorso alla forza. Ovunque, in Libia, Iraq, Afghanistan si è verificato il collasso di una nazione e la destabilizzazione della regione.

[…].
La spedizione punitiva simbolica che incombe su di noi metterebbe a rischio ingranaggi regionali che coinvolgono Libano, Iran e Israele, con pochi benefici per i siriani. Il futuro della Siria, dopo una nuova avventura militare, sarebbe la frantumazione etnica e territoriale e la radicalizzazione degli estremismi.

La Siria non esisterebbe più.

Attacchi di droni su personalità ritenute responsabili della strage sarebbero in linea con la nuova guerra al terrorismo dell’America di Obama. Ma possiamo uccidere gli assassini senza abbattere l’idea stessa di giustizia internazionale ?

Una grande offensiva, con l’obiettivo di un cambio di regime ? Gli stessi stati maggiori occidentali hanno smesso di crederci.

La guerra per procura armando ulteriormente l’opposizione? Ma come prevedere contro chi saranno rivolte queste armi, domani?

Rimane un’ultima opzione, l’azione a fini umanitari, combinando strumenti politici e militari per una strategia sostenibile di corridoi umanitari, zone cuscinetto e soprattutto zone interdizione al volo, l’unica soluzione per evitare massacri ed assumersi la responsabilità di proteggere la comunità internazionale.

Riducendo la violenza, creeremo le condizioni per un necessario intervento.

A volte è necessario effettuare la politica del “meno peggio”. Oggi potrebbe portare a una risoluzione delle Nazioni Unite, sostenuta dal Sud del mondo, e dare un mandato per attuare una no-fly zone o per creare una forza di pace internazionale. Penso che sia possibile, i russi potrebbero accettarla [N.B. Villepin mantiene rapporti molto amichevoli con l’establishment russo, essendo ostile alle politiche anti-russe della NATO].

Con questi strumenti la comunità internazionale avrebbe la migliore occasione per rilanciare i negoziati politici che per il momento si trovano in un vicolo cieco, coinvolgendo le potenze regionali e la Lega Araba.

Non dobbiamo cedere alla tentazione della scorciatoia militare che aumenterà i problemi della regione.

Dobbiamo scegliere invece la via della pace e della responsabilità collettiva”.

http://www.republiquesolidaire.fr/11791-ne-cedons-pas-aux-illusions-du-raccourci-militaire-29082013/

“La politica internazionale , non è un’avventura”.

Nel 2003 si oppose alla guerra in Iraq. Dieci anni più tardi Dominique de Villepin ritiene che l’intervento militare in Siria “non è la soluzione giusta”

“Non credo che possiamo decidere una strategia militare senza una visione politica”, ha detto mercoledì a BFM TV.

Dopo aver precisato che non ci sono prove che Assad abbia usato le armi chimiche [inizio dell’intervista, non riportata dalla sintesi che sto traducendo], pur comprendendo “la volontà del presidente di non rimanere con le mani in mano” dopo la strage di Damasco, l’ex primo ministro ha detto che “degli attacchi militari allontaneranno una soluzione politica e non daranno alcun sollievo al popolo siriano”.

[…].

Per Dominique de Villepin la Francia e la comunità internazionale devono concentrarsi principalmente sulla risposta umanitaria in Siria per proteggere le persone. Questo implica, secondo lui, una migliore organizzazione di “zone cuscinetto”, con “la possibilità di utilizzare corridoi umanitari” e la creazione di una no-fly zone [concordata con i russi e i cinesi, “dettaglio” che la sintesi omette, facendo pensare ad un pretesto per un “cambio di regime” come in Libia che Villepin ha sempre rifiutato categoricamente e condannato nel caso libico].

“Se è per evitare stragi, non è troppo tardi”, dice l’ex inquilino di Matignon .

“L’attacco è un salto nel buio…cosa faremmo se non cambiasse nulla?”. Ha continuato dicendo di aspettarsi una “vera e propria strategia” sul lungo termine e non una “strategia cieca”. “La politica internazionale non è un’avventura ( … ) non credo che la scorciatoia militare sia la soluzione ideale in emergenze complesse”. “La scelta non è tra fare qualcosa o non fare nulla, ma cosa fare e come farlo”.

Perché, secondo lui, “se la Francia decide di impegnarsi militarmente nella guerra civile siriana, ne diventerà parte e sarà responsabile del destino siriano, mese dopo mese, anno dopo anno”.

http://www.republiquesolidaire.fr/11788-villepin-la-politique-internationale-ce-nest-pas-laventure-jdd/

“Qual è il senso di un’azione da parte dei paesi europei o paesi occidentali se viene eseguita al di fuori del diritto internazionale e perfino al di fuori di una logica di efficienza, con il solo desiderio di placare le nostre coscienze?”

“Per almeno un decennio si è prodotta una militarizzazione delle menti nelle democrazie occidentali”. “L’ipotesi è che la risposta a tali disastri dovrebbe essere quasi sempre essere di natura militare”. “Io non la penso così”, ha detto de Villepin, che si era opposto all’intervento francese in Mali nel gennaio 2013.

http://www.republiquesolidaire.fr/11780-villepin-en-syrie-la-solution-militaire-nest-pas-la-bonne-28082013/

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Scemo e più scemo alla campagna di Siria, ovvero scemo di guerra

Scemo di guerra

https://twitter.com/stefanofait

Cosa intendiamo fare rispetto al problema che nel nostro [sic!] mondo di oggi c’è un leader dittatoriale e brutale che sta usando armi chimiche sotto il nostro naso contro il suo popolo?

David Cameron, aspirante criminale di guerra, giugno 2013

Il regime di Saddam Hussein è spregevole, sta sviluppando armi di distruzione di massa e non possiamo permetterglielo. È una minaccia per il suo popolo e per la regione e, se gli sarà concesso di sviluppare queste armi, diventerà una minaccia anche per noi.

Tony Blair, criminale di guerra, aprile 2002

Il governo siriano ha usato armi chimiche contro i ribelli: è la conclusione a cui sono giunte le autorità americane ed europee secondo quanto riporta il New York Times. Le autorità militari americane propongono una ‘no fly zone’ in Siria al fine di armare i ribelli e proteggere i rifugiati. Lo riferisce il Wall Street Journal citando una funte dell’amministrazione Obama.

Ansa 14 giugno

“Non è chiaro come l’amministrazione Obama sia giunta a queste conclusioni definitive circa l’uso di armi chimiche in Siria”.

http://www.nytimes.com/2013/06/14/world/middleeast/syria-chemical-weapons.html

Se non è chiaro è perché sono stronzate.

Quel che è chiaro è che ci stanno trattando come:

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Un funzionario dell’amministrazione Obama si affretta a specificare che “sarà una no-fly zone limitata che non richiederà la distruzione delle batterie anti-aeree siriane”. Messaggio ai russi: non vi attaccheremo.

Qualcuno mi sa spiegare come sia possibile istituire una zona d’interdizione al volo su uno stato sovrano senza attaccare la sua contraerea?

AGGIORNAMENTO: Rhodes ha precisato che non c’è alcuna intenzione di imporre una zona di interdizione di volo e non ha chiarito che tipo di supporto militare intende fornire
http://nbcpolitics.nbcnews.com/_news/2013/06/13/18940169-us-offers-syrian-rebels-military-support-alleges-assad-used-chemical-weapons?lite

Quindi il New York Times e il Wall Street Journal hanno gonfiato e distorto la notizia, citando una fantomatica fonte interna all’amministrazione che o parla a titolo personale e quindi dovrebbe essere rimosso, oppure rivela la duplicità di Obama. Sospetto che questo funzionario non esista, oppure che Obama non sia veramente padrone di casa nella Casa Bianca. E’ un’ulteriore prova del fatto che Obama è estremamente riluttante e che la lobby della guerra controlla buona parte dei media e non solo.

Per come la vedo io questo non è un tentativo di Obama di distrarre l’attenzione dallo scandalo datagate. Mi pare più plausibile che Obama sappia che questa guerra è un’idiozia e stia concedendo ai neocon-sionisti-anglo-francesi solo il terreno che gli serve per allontanare la prospettiva dell’impeachment e quindi dell’avvento di un presidente guerrafondaio e apertamente dispotico. Ma se i lealisti non si affrettano a porre fine alla guerra civile (sviluppo certamente non auspicato da Obama, perché sarebbe una vittoria russo-iraniana), si avvererà lo scenario pronosticato da Brzezinski, che è totalmente contrario all’intervento: contagio dell’intera regione; conflitto con l’Iran; Russia e Cina coinvolti per ridimensionare l’egemonia americana e per ristabilizzare Medio Oriente a loro vantaggio:

http://swampland.time.com/2013/05/08/syria-intervention-will-only-make-it-worse/

Non è stata presentata alcuna prova dell’uso di armi di distruzione di massa da parte dell’esercito regolare siriano, mentre sono stati arrestati in Turchia degli insorti siriani che preparavano un attentato chimico. La cosa non sembra interessare i governanti ed i media occidentali che hanno cancellato quella notizia dal panorama dell’informazione italiana (Democrazia? Informazione obiettiva e pluralista? Puah! Per noi straccioni basta la propaganda: ci siamo bevuti Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, le larghe intese, la riforma elettorale, la luce in fondo al tunnel, ecc.):

http://qn.quotidiano.net/esteri/2013/05/30/896917-siria-opposizione-minaccia-non-partecipare-conferenza-pace-turchia-ribelli-gas-nervino.shtml

Finora pretendono che ci fidiamo ciecamente di politici che fin dall’inizio volevano la guerra e che hanno spudoratamente mentito sull’austerità e l’assenza di una qualunque alternativa al taglio dei nostri diritti sociali sanciti dalla dichiarazione universale dei diritti umani, come hanno mentito sul vasto consenso popolare siriano per il cambio di regime (se i ribelli sono in rotta è perché i siriani hanno potuto constatare che Assad è il male minore).

Vogliono che entriamo in una probabile guerra mondiale senza fornirci alcuna prova, solo sulla parola. Alcuni di noi andranno a morire sulla fiducia, altri vedranno un’esplosione del costo della vita e la dovranno sopportare passivamente, sulla fiducia.

Hagel, Biden, Kerry, Rice erano pro-guerra in Iraq e ora sono pro-guerra in Siria. Obama li ha nominati per guadagnare tempo ed allentare la pressione neocon su di lui ma sa, come il suo mentore Brzezinski, che l’escalation militare in Siria sarebbe un suicidio per la NATO. Non è un pacifista o un democratico, è semplicemente un pragmatico che non vuole la fine dell’egemonia globale americana, che sarebbe la conseguenza certa di una sconfitta in Medio Oriente.

Domandiamoci perché il rapporto su uso delle armi chimiche in Siria non era convincente prima ma lo è diventato adesso?

Forse perché i lealisti stanno riprendendo il controllo di Aleppo?

Magari perché non è stato possibile inventarsi qualche orribile eccidio nelle ormai numerose città riprese dal regime e visitate dai giornalisti occidentali?

Perché gli americani e gli israeliani usano il fosforo bianco e l’uranio impoverito e nonostante questo si sentono autorizzati a stabilire a loro discrezione linee rosse da non oltrepassare?

Questa è una guerra decisa dal Bilderberg, che nel 2012 aveva appoggiato la candidatura di Romney proprio perché garantiva l’escalation e che ora, verosimilmente, ha approvato l’offensiva anti-Obama:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/06/07/la-siria-e-il-golpe-anti-obama-il-momento-monica-lewinsky-di-obama/

Gli oligarchi sanno benissimo che una solida maggioranza dell’opinione pubblica di ogni paese NATO (specialmente negli USA e Regno Unito) è contraria all’intervento militare in Siria (figuriamoci nelle altre nazioni) ma…come dire…se ne fottono.

A voi vi hanno detto che le proteste di massa turche sono iniziate per difendere degli alberi, quando invece risalgono all’attentato nella cittadina turca di Reyhanli che Erdogan ha imputato ad Assad, come se quest’ultimo fosse così scemo da cercare rogne con la NATO uccidendo civili del suo stesso gruppo etnico senza alcun obiettivo strategico (nessun convoglio, nessuna base degli insorti, nessun deposito d’armi, niente). I turchi sono meno scemi di noi e hanno fatto partire le manifestazioni contro il governo. In caso di attacco turco alla Siria capirete presto se sono gli alberi al centro dei loro pensieri. Il parco ha catalizzato il risentimento, ma le motivazioni trascendono le ansie ecologiste ed estetiche:

http://www.foreignpolicy.com/articles/2013/06/11/how_the_war_in_syria_has_helped_to_inspire_turkeys_protests?wp_login_redirect=0

Se vivessi in un mondo in cui i giornalisti fanno il loro dovere non dovrei perdere tempo con queste cose.

*********
A proposito di Coluche e Grillo:
Il 30 ottobre del 1980, in un periodo critico per la Francia,in cui la disoccupazione e l’inflazione galoppavano, durante una conferenza stampa presso il théâtre du Gymnase annunciò di volersi candidare alle elezioni presidenziali francesi del 1981. Tutti pensavano stesse scherzando, anche se in seguito perfino alcuni intellettuali del calibro di Pierre Bordieu, Félix Guattari e Gilles Deleuze presero a sostenerlo accaloratamente; abbandonò il progetto a causa delle forti tensioni scatenate dai sondaggi a lui favorevoli (alcuni dei quali rilevarono fino al 16% dei consensi). In tale occasione, il suo collaboratore René Gorlin fu assassinato, ed egli ricevette anche delle minacce. Per questo motivo, nell’aprile del 1981, annunciò il suo ritiro dalla candidatura.
http://it.wikipedia.org/wiki/Coluche

La Siria e il golpe anti-Obama (il “momento Monica Lewinsky” di Obama)

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Fighting Eagles

perfetta metafora dello scontro mortale (per gli USA) tra neocon (male maggiore) e obamiani (male minore)

RICAPITOLANDO

– gli insorti (e mercenari) stanno perdendo terreno così rapidamente e rovinosamente che entro la fine dell’estate potrebbero subire la sconfitta definitiva;

– Francia, Regno Unito (incluso il solito Tony Blair), Arabia Saudita, Qatar, Erdogan (Turchia) e Israele vogliono intervenire direttamente in Siria, ossia sono pronti ad entrare in guerra con la Russia e l’Iran (tanto per cominciare);

Obama e Putin (e tutti i BRICS), in questo momento, sono alleati per evitare uno scontro dalle conseguenze imprevedibili (come USA e Unione Sovietica al tempo della Crisi di Suez). Ogni volta che Fabius o Hague parlano di prove certe che Assad ha usato le armi chimiche, gli americani (e le Nazioni Unite) li smentiscono ribattendo che sono tutt’altro che certe (la dottrina Brzezinski impone di evitare in ogni modo uno scontro militare diretto, considerandolo controproducente per gli interessi americani);

– Francia e Regno Unito sono isolati nell’Unione Europea: gli altri paesi non vogliono un’escalation;

– la BBC è forsennatamente pro-intervento, il Telegraph si è schierato contro: sono i media più filo-establishment e rispecchiano le fratture interne allo stesso governo inglese e al Parlamento;

– Erdogan deve fronteggiare proteste interne che gli impediscono di agire in Siria (sommovimenti spontanei  successivamente “carburati” dalla fazione anti-guerra in Turchia e nella NATO?);

– nelle prossime settimane l’offensiva anti-Obama, cominciata con l’attentato di Bengasi e il “film” anti-islamico (probabilmente entrambi degli inside job dei neocon che speravano di far vincere Romney), continuerà, fino all’impeachment, o peggio. Non a caso si parla già di Verizon-gate, si paragona Obama a Nixon e gli si dà il nomignolo di “Grande Fratello Barack” (anche se la raccolta dei metadati è prassi purtroppo comune in Occidente, ufficialmente o non ufficialmente, ed è certamente legale negli USA). Finché avete una batteria nel cellulare, siete monitorabili e monitorati. Queste sono cose note da tempo e tutto questo improvviso cancan è sospetto. Il New York Times titola: “L’amministrazione ha perso credibilità”, l’Huffington Post: “George W.Obama”, il Washington Post lo accusa di spiare milioni di email ed evoca anche il PRISM-GATE (altra prassi per nulla sorprendente) – i neocon e i sionisti lo odiano per le purghe post-rielezione (Notte dei lunghi coltelli americana) e perché si ostina a sabotare i loro intenti guerrafondai, che invece godono dell’approvazione del Bilderberg fin dal 2012

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/19/obama-non-vuole-questa-guerra-libero-lo-definisce-burattino-di-mosca/

due blockbuster di Hollywood “avvisano” il presidente dei rischi che corre (i neocon preferirebbero uno dei loro alla presidenza):

Unitevi e impegnatevi a non deporre le armi e a non lasciare le vostre trincee fino all’insediamento in Oriente di uno Stato islamico che apra alla restaurazione del califfato

Ayman al Zawahri, leader di al-Qaeda, ai ribelli siriani

La Francia ha fornito degli elementi di prova che ora obbligano la comunità internazionale ad agire. Ma possiamo agire solo nel quadro della legalità internazionale

François Hollande 5 giugno 2013

Elementi armati finanziati e riforniti da Arabia Saudita e Qatar sono stati presenti fin dall’inizio dell’insurrezione. Il loro scopo fondamentale non aveva nulla a che fare con i diritti umani e la tutela delle minoranze. Intendevano destabilizzare e distruggere il presidente Assad, alleato dell’Iran nella regione, e quindi assicurare il dominio saudita. In che misura Gran Bretagna e Stati Uniti ne sono stati complici? È difficile giudicare. Quel che si può dire con certezza è che negli ultimi dieci anni il Medio Oriente, e in qualche misura il mondo islamico, si è scisso in due fazioni armate. Da una parte ci sono l’Arabia Saudita e gli Stati del Golfo, appoggiati dagli Stati Uniti e (tacitamente) da Israele. Nell’imbarazzo generale, al-Qaeda si è posizionato saldamente al loro fianco. Noi non siamo dalla parte della democrazia. Come Sir Peter Tapsell ha accennato nel suo discorso alla Camere dei Comuni, la Gran Bretagna ha sostenuto al 100 per cento la fazione sunnita – Arabia, Stati del Golfo, e al-Qaeda – nella sua lotta sempre più sanguinaria e terrificante contro l’Islam sciita. Ci possono essere alcune valide ragioni per farlo, ma desidero che il primo ministro torni a confrontarsi con il mondo reale, spiegando pubblicamente quali esse siano.

Editoriale killer del quotidiano pro-establishment Telegraph, intitolato “Cameron ci può spiegare perché siamo alleati di Al-Qaeda?

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/syria/10100943/Can-David-Cameron-explain-why-he-has-put-us-on-al-Qaedas-side.html

Gli eventi in Siria stanno favorendo l’Iran. Il regime di Assad sta vincendo, la guerra ha reso l’Iran più confidente nei suoi progetti atomici, e i successi iraniani imbarazzato gli alleati degli Stati Uniti che sostengono la rivolta siriana.

Analisi di Bloomberg dal titolo: “l’Iran ha la meglio sugli USA nella guerra siriana per procura

http://www.bloomberg.com/news/2013-06-04/iran-outmaneuvers-u-s-in-the-syrian-proxy-war.html

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verde: kurdi (stanno con chi vincerà) – viola: ribelli – giallo: lealisti – grigio: aree contestate – bianco: aree desertiche o semi-desertiche di nessun valore strategico

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All’inizio dell’offensiva su Qusayr, centro-ovest, vicino al confine libanese (qui era ancora verde). Ora le truppe siriane si dirigono alla volta di Rastan e si stanno ammassando intorno ad Aleppo.

Solo un quarto degli americani e dei britannici appoggia i ribelli

http://blogs.wsj.com/washwire/2013/06/05/poll-finds-little-support-for-arming-syrian-rebels/

http://www.guardian.co.uk/world/2013/jun/01/syria-hague-arms-intervention-military

donne siriane si arruolano volontariamente dalla parte di Assad per impedire agli jihadisti di vincere ed imporre la Sharia (gli insorti le chiamano “puttane di Assad”) – Reuters

http://news.yahoo.com/assads-syria-women-small-symbolic-part-fighting-force-140459920.html

jihadisti massacrano e saccheggiano le comunità cristiane:

http://www.fides.org/it/news/52904-ASIA_SIRIA_Villaggi_cristiani_nell_area_di_Homs_invasi_e_devastati_da_bande_armate#.UbBjMNh4NQE

e intascano dazi (pizzo) e riscatti “per la rivoluzione contro Assad”

http://www.fides.org/it/news/41528-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_Hindo_le_tangenti_per_la_rivoluzione_delle_milizie_anti_Assad#.UbBjfNh4NQE

Per due anni certi analisti molto ascoltati dai media occidentali ci hanno assicurato almeno un paio di volte al mese che Assad aveva le settimane contate.

Invece l’offensiva primaverile dell’esercito siriano ha recentemente riconquistato Al-Qusayr, roccaforte dei ribelli e centro di enorme importanza strategico-logistica e ha già avviato l’offensiva finale su Aleppo e Homs, le due grandi città siriane che dall’inizio del conflitto sono diventate un fronte di guerra.

http://www.lastampa.it/2013/06/05/esteri/siria-cade-qusayr-insorti-in-rotta-assad-e-hezbollah-puntano-su-aleppo-Mm2HaYhSONjX6IvsysypyN/pagina.html

Negli ultimi due mesi gli insorti hanno perso ogni singolo scontro significativo

http://www.guardian.co.uk/world/2013/jun/05/syria-president-assad-forces-qusair

Vale la pena notare che ogni città ripresa (liberata?) dall’esercito regolare siriano subisce un trattamento infinitamente migliore di quello riservato dagli americani a Falluja (o al Guatemala, o al Vietnam del Nord, o al Pachistan, ecc.) e dagli israeliani a Gaza o al Libano.

Vale anche la pena notare che ogni volta che l’esercito siriano registra un successo militare, i francesi o gli inglesi ritirano fuori l’accusa di uso di armi chimiche, per giustificare l’intervento della NATO, senza scomodarsi di spiegare perché l’Occidente dovrebbe appoggiare insorti e mercenari incapaci di accordarsi su alcunché (si accusano a vicenda di tradire la rivoluzione) e contrari a qualunque serio negoziato (chiedere come precondizione che Assad se ne vada significa rendere completamente futile ogni trattativa ginevrina):

http://www.iljournal.it/?p=473650

le Nazioni Unite accusano gli insorti di crimini di guerra e crimini contro l’umanità fin dal 2012 (e ancora oggi nessuno sa che fine facciano i soldati siriani prigionieri!!!):

http://www.lettera43.it/cronaca/onu-in-siria-commessi-crimini-contro-l-umanita_4367561309.htm

gli insorti si producono il loro sarin in Iraq:

http://www.aljazeera.com/news/middleeast/2013/06/20136117362322130.html

e cercano di usarlo in Turchia per coinvolgere un paese NATO (e quindi tutta la NATO) nella guerra in Siria:

http://qn.quotidiano.net/esteri/2013/05/30/896917-siria-opposizione-minaccia-non-partecipare-conferenza-pace-turchia-ribelli-gas-nervino.shtml

e in Siria per le stesse ragioni:

http://www.repubblica.it/ultimora/esteri/siria-carla-del-ponte-i-ribelli-hanno-usato-gas-sarin/news-dettaglio/4340112

che sono incapaci o non hanno alcuna intenzione di stabilire l’ordine nelle aree che occupano, abbandonate all’anarchia ed all’arbitrio (rapporto ONU documenta stupri, giustizia sommaria, tortura, saccheggi, contrabbando, rapimenti a scopo di estorsione, ecc.)

http://www.aljazeera.com/news/middleeast/2013/06/20136483110675340.html

Insorti possiedono armi chimiche:

http://brown-moses.blogspot.co.uk/2013/05/jabhat-al-nusra-photographed-with.html

Insorti sparano sui civili pro-Assad

http://news.sky.com/story/1091428/syria-civilians-come-under-fire-from-rebels

Insorti continuano a fare esplodere autobombe tra i civili (generalmente si chiama terrorismo e generalmente è un crimine condannato dall’Occidente e dalle Nazioni Unite)

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/05/15/Siria-esplosione-cuore-Damasco_8707378.html

Insorto si dedica entusiasticamente al cannibalismo

http://www.lettera43.it/cronaca/ribelle-mangia-cuore-l-opposizione-condanna_4367595083.htm

http://www.dazebaonews.it/primo-piano/item/18499-siria-video-choc-miliziano-squarcia-e-addenta-il-corpo-del-miliziano-morto

Insorti introducono tribunali islamici in ogni zona “liberata”

http://uk.news.yahoo.com/islamist-rebels-execute-11-syrian-soldiers-massacres-video-080902244.html

Insorti combattono tra loro e si uccidono

http://www.news.com.au/breaking-news/world/rebel-groups-clash-in-northern-syria/story-e6frfkui-1226646000090

Il fatto indisputabile è che, come in ogni guerra civile, entrambe le parti sono colpevoli di atrocità. La differenza, in Siria, è che se vincessero i ribelli prenderebbero il potere gli jihadisti di al-Nusra, che sono la fazione di gran lunga più potente (numericamente e militarmente) e più determinata e che sono affiliati ad Al-Qaeda.

In effetti si potrebbe dire che in due anni Assad ha causato più danni ad Al-Qaeda della Guerra al Terrore degli ultimi 12 anni.

Perché gli anglo-francesi sono così ansiosi di entrare in guerra al punto da rischiare che il governo di Cameron cada per l’opposizione di alcuni suoi ministri e parlamentari della maggioranza? (quando persino la destra si oppone a una guerra c’è da riflettere)

http://www.independent.co.uk/news/uk/politics/david-cameron-faces-serious-cabinet-split-over-over-arming-syrian-rebels-8646433.html

Perché hanno capito che armare gli insorti non basta. La loro intelligence possiede le stesse informazioni dei servizi segreti tedeschi, che hanno riferito al loro paese che Assad è più forte che mai, la ribellione è sfilacciata ed isolata, sta perdendo terreno in tutti i settori chiavi, l’esercito regolare sta tagliando le sue linee di approvvigionamento

http://www.spiegel.de/politik/ausland/syrien-bnd-rechnet-mit-offensive-der-assad-truppen-im-buergerkrieg-a-901132.html

e questo può succedere solo perché una maggioranza di siriani appoggia il regime (governo?) con ancora maggior convinzione che nel 2012:

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/jan/17/syrians-support-assad-western-propaganda

Ci hanno provato per 2 anni e occorre riconoscere che alcuni giornalisti del Guardian hanno fatto un lavoro superbo nel rivelare la natura delle iniziative di certi gruppi di interesse occidentali sponsor degli insorti siriani:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/11/il-bilderberg-2012-decide-le-sorti-della-siria-e-del-mondo-articolo-del-guardian/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/27/uninchiesta-del-guardian-ci-spiega-chi-ci-vuole-portare-in-guerra-e-perche/

come pure la stampa alternativa:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/12/01/sapete-chi-e-il-nuovo-leader-dei-ribelli-siriani-un-ex-lobbista-della-shell/

Chi è capace di aprire gli occhi ha capito, gli altri continuino pure a recitare la parte degli utili idioti (non saprei che altro termine usare di fronte a gente troppo pigra e intontita per informarsi adeguatamente)

Armare e finanziare gli insorti non basta, dicevamo:

http://www.lettera43.it/cronaca/siria-ft-dal-qatar-aiuti-per-3-miliardi-ai-ribelli_4367595482.htm

Senza una zona d’interdizione al volo (ZIV, no-fly zone) non hanno più alcuna chance. Ma i BRICS e gran parte dell’Unione Europea si opporranno e l’hanno già fatto sapere nei voti alle Nazioni Unite e nelle dichiarazioni pubbliche dei loro leader. Russia e Cina sono tutt’altro che isolate su questa questione:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/28/siamo-tutti-rossobruni-nazioni-unite-unione-europea-brasile-e-india-tutti-alleati-di-assad/

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turarsi il naso e difendere Obama, il male minore

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/11/03/se-romney-vince-siamo-tutti-nel-guano/

https://twitter.com/stefanofait

Winter is coming – La Grande Guerra 1914-2014

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Posso dire che le spedizioni [di armi russe] non sono ancora partite. Spero che non partiranno, e se, Dio non voglia, raggiungeranno la Siria, sapremo cosa fare

Moshe Yaalon, Ministro della Difesa di Israele

Gli Stati Uniti approvano la decisione della Ue di togliere l’embargo sugli armamenti destinati ai ribelli siriani. Lo ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato, Patrick Ventrell.

http://www.ansa.it/web/notizie/collection/rubriche_mondo/05/28/Siria-Usa-bene-Ue-armi-ribelli_8782319.html

Il presidente americano Barack Obama ha chiesto al Pentagono di mettere a punto piani per una possibile no fly zone da imporre in Siria

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2013/05/28/Siria-media-Obama-pensa-fly-zone_8782675.html

Il ministro degli esteri Bonino bolla come ‘momento non glorioso’ l’apertura dell’Ue alla vendita di armi all’opposizione siriana e chiarisce: proporrò che l’Italia non lo faccia.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2013/05/28/Bonino-proporro-che-Italia-fornisca-armi_8779877.html

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Le lezioni della prima guerra mondiale, di cui ricorre l’anniversario proprio l’anno prossimo, sono state dimenticate. Gli allineamenti e gli impegni di ingaggio sono inquietantemente simili – un perfetto effetto-domino – e i politici di oggi sembrano essere disposti, al pari degli idioti del 1914, a farci precipitare in una guerra completamente insensata, naturalmente sponsorizzata dai media, dall’industria degli armamenti e dagli oligarchi che non sanno come uscire dalla catastrofe finanziaria incombente. Se Israele e Russia saranno coinvolti, la guerra arriverà in Europa: la base navale russo-siriana di Tartus si trova a meno di 180km da Cipro (Unione Europea + Turchia membro NATO + due basi inglesi).

Forse qualcuno deciderà di arrivare alla resa dei conti anche nell’Estremo Oriente (Corea del Nord, Taiwan?).
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/12/la-crisi-coreana-spiegata-a-dennis-rodman/
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/16/miti-da-sfatare-sulle-coree-informarsi-non-fa-ingrassare/

Gli Israeliani, come gli Austro-Ungarici nel 1914, non sembrano voler lasciare in pace la Serbia/Siria e daranno il via ad un qualcosa che non possono controllare e che li travolgerà. Il bulletto sionista che manda avvertimenti al gigante russo, minacciando di bombardare un suo convoglio: pura follia!!!

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/11/israele-e-gli-usa-cercavano-rogne-le-hanno-trovate-e-hanno-perso-la-partita-in-siria/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/10/lantisemitismo-lanti-sionismo-e-la-mentalita-apocalittica/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/02/israele-la-destabilizzazione-del-medio-oriente-ed-il-neonazismo/

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ALCUNI ELEMENTI DEGNI DI CONSIDERAZIONE

  • Quando la popolazione urbana di Aleppo comprese che agli occhi degli insorti (in gran parte provenienti dalle campagne) anche loro erano nemici (perché laici, educati, benestanti) e che l’obiettivo principale non era il regime ma l’opportunità di saccheggio e di contrabbando http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2013/05/syria-revolution-aleppo-assad.html?utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter
  • Francia e Regno Unito (leali vassalli degli USA nella NATO) stanno ripetendo le loro peripezie libiche, solo che questa volta il bersaglio è una nazione solida, governata da un leader colto che risulta convincente nelle interviste alla stampa internazionale (un jolly di valore inestimabile) e che gode dell’appoggio di una potenza regionale (Iran) e di due superpotenze (Russia e, dietro le quinte, Cina);
  • Il governo francese e quello inglese non sono solo isolati nell’Unione Europea, sono in netta minoranza nei loro stessi paesi, le cui opnioni pubbliche sono recisamente anti-coinvolgimento: vedremo presto una serie di cambi di regime, ma non in Siria, bensì in Europa;
  • Nel 2015 il governo conservatore sarà ignominiosamente espulso dal governo dagli elettori inglesi: questa è la loro ultima chance di servire i loro sponsor;
  • 22 paesi su 27 hanno votato contro la fine dell’embargo alle armi per gli insorti siriani: questi 22 paesi hanno onorato il Nobel per la Pace assegnato all’Unione Europea – chiamateli pure rosso-bruni, loro stanno dalla parte del giusto https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/28/siamo-tutti-rossobruni-nazioni-unite-unione-europea-brasile-e-india-tutti-alleati-di-assad/
  • Il vero motore dell’economia israeliana è l’industria militare http://opinion.financialpost.com/2013/01/04/lawrence-solomon-israels-growth-industry/
  • Intanto l’esercito regolare siriano si sta preparando a riprendere Aleppo, la principale città siriana, che era stata occupata dai ribelli a luglio, mentre Damasco è al sicuro e Homs è di nuovo in gran parte sotto il controllo del governo: http://www.dailystar.com.lb/News/Middle-East/2013/May-28/218614-regime-forces-ready-to-retake-syrias-aleppo-report.ashx
  • riversare armi in Siria non servirà ad ottenere un cambio di regime e ostacolerà i negoziati USA-Russia;
  • non c’è alcun modo di evitare che le armi arrivino solo ai ribelli buoni e non siano trasferite o prese da quelli cattivi;
  • non c’è alcuna ragione morale che giustifichi la decisione di armare i ribelli siriani ma non quelli palestinesi: NESSUNA;
  • promettere armi ma non truppe è ipocrita: i franco-inglesi sanno benissimo che prima o poi dovranno impegnare delle truppe;
  • il comandante delle forze aeree israeliane, Amir Eshel, ha affermato che Israele non potrà fare a meno di invadere la Siria per impedire che armi tecnologicamente avanzate arrivino ai fondamentalisti e ai guerriglieri Hezbollah del Libano (Reuters, 22 maggio 2013);
  • Austria annuncia ritiro dei suoi caschi blu dal Golan come ritorsione per stolta decisione dei guerrafondai anglo-francesi (28 maggio 2013)
  • Regno Unito, Germania, Francia chiedono che Hezbollah (che in passato ha governato il Libano) sia riconosciuto internazionalmente come un’organizzazione terroristica;
  • John McCain, già candidato alle presidenziali americane, una persona traumatizzata e sociopatizzata dalla tortura, chiede che gli USA intervengano militarmente in Siria;
  • Alcuni analisti sospettano che il Regno Unito abbia agito su commissione, per massaggiare l’UE senza che fosse esplicita la mano americana, come è già successo in passato: http://www.bbc.co.uk/news/world-us-canada-22683261;
  • Ora Turchia, Libano, Giordania, Iraq e Israele sono quasi certamente sulla via del coinvolgimento nella crisi siriana;
  • L’Occidente è economicamente moribondo e recentemente gli stati maggiori anglo-americani si sono incontrati proprio per discutere su come far fronte ai tagli: una guerra con la Russia terminerebbe con la loro sconfitta;

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La Commissione generale della rivoluzione siriana, i Comitati di coordinamento locali in Siria, l’Unione dei coordinatori siriani della Rivoluzione e il Consiglio Supremo per la direzione della rivoluzione siriana ce l’hanno con la Coalizione nazionale siriana. Poi ci si domanda come mai Assad si lamenti che non ha ancora capito quali siano gli interlocutori con cui dovrebbe negoziare.

http://www.guardian.co.uk/world/middle-east-live/2013/may/29/syrian-opposition-asks-eu-to-send-weapons-quickly-live-updates

 

BRIAN: Siete del Fronte Popolare Giudeo?
REG: Vaffanculo!
BRIAN: Prego?
REG: Il Fronte Popolare Giudeo! Siamo del Fronte Popolare di Giudea!
FRANCIS: Figurati!
REG: Il Fronte Popolare Giudeo, eh!
FRANCIS: Quei froci...
BRIAN: Chiedo di... entrare nel vostro gruppo.
REG: Naa, fatti un giro.
BRIAN: Io non voglio vendere questa roba, è solo un lavoro. Io odio i Romani più di tutti quanti voi!
FRONTE POPOLARE DI GIUDEA: Shhh!
JUDITH: Ne sei sicuro?
BRIAN: S.P.Q.R. Sono Porci Questi Romani.
REG: Ehi! Se vuoi entrare nel F.P.G. li devi odiare sul serio, i Romani.
BRIAN: Li odio.
REG: Ah, sì? E quanto?
BRIAN: Un sacco!
REG: Sei dei nostri. Senti, le sole persone che odiamo più dei Romani sono quegli stronzi del Fronte Popolare Giudeo.
FRONTE POPOLARE DI GIUDEA: Sì!
LORETTA: Sì, giusto, fanculo!
FRANCIS: E anche quelli del Fronte Giudeo del Popolo!
FRONTE POPOLARE DI GIUDEA: Sì! Parolai! Parolai!
LORETTA: E quelli del Fronte Popolare di Giudea!
FRONTE POPOLARE DI GIUDEA: Sì!
REG: Che cosa?
LORETTA: Il Fronte Popolare di Giudea. Tutti parolai!
REG: Siamo noi il Fronte Popolare di Giudea!
LORETTA: Oh. Ma non siamo il Fronte del Popolo?
REG: Il Fronte Popolare!
FRANCIS: E che fine ha fatto il Fronte del Popolo, Reg?
REG: Eccolo laggiù.
FRANCIS: Oh...
FRONTE POPOLARE DI GIUDEA: Parolaio!
http://anjaqantina.jimdo.com/brian-di-nazareth/

To be continued

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Chi vuole la morte dell’euro e perché? Dell’insostenibile superficialità e/o malafede degli eurofobi

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Il 99% dei climatologi crede nel riscaldamento globale perché ha delle ottime ragioni per farlo: è (è stato?) un evento reale. Il disaccordo è ristretto alle cause (cicliche?) e conseguenze (glaciazione?) di un fenomeno innegabile.

Al contrario, gli eurofobi, per difendere la loro fede, devono cosiderare validi i seguenti (irrazionali) enunciati:
1. Il 99% ( stragrande maggioranza) degli economisti ed analisti finanziari ha torto, in quanto contrario all’uscita dall’euro [qui e qui per un’analisi marxista europeista della crisi dell’eurozona e delle sue soluzioni];
2. Il 99% (stragrande maggioranza) dei politici della sinistra anti-liberista non ha capito niente, in quanto contrario all’uscita dall’euro;
3. Le proprie competenze macroeconomiche sono sufficienti per stabilire che Bagnai – professore di Politica Economica all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara – e Messora – responsabile del gruppo di comunicazione del Senato per il M5S – sono nel giusto mentre tutti i premi Nobel per l’Economia (inclusi quelli citati con favore dalla sinistra, come Krugman e Stiglitz, che considerano l’uscita dall’euro l’extrema ratio, da usare solo se Francia, Italia, Spagna & co. non fanno fronte comune contro il governo tedesco) sbagliano.
Contenti loro.
D’altronde molti eurofobi sono anche convinti che l’Islanda abbia sconfitto l’FMI e la finanza internazionale e che l’Argentina se la passi bene. Ma questa è un’altra, triste, storia.

*****

La (deliberatamente) irresponsabile gestione della crisi cipriota – tra parentesi, pare che i ricchi siano riusciti a mettere in salvo i loro soldi durante il congelamento dei conti – dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che non esiste la benché minima volontà di unificare l’Europa. In questi anni è stato fatto di tutto per distruggere l’unione, fomentando localismi, razzismi e nazionalismi ed ostacolando qualunque sforzo di correggere i gravi difetti strutturali, realizzare un autentico risanamento, ridurre la disoccupazione. Lungi dall’unire, ogni possibile iniziativa divisoria è stata intrapresa.

Non riesco a capire come mai così tante persone credano alla favola del complotto europeista. Con il passare del tempo il capitale di eurofilia è stato sprecato, mentre l’eurofobia aumenta. I dirigenti della troika vedono che l’austerità aumenta l’indebitamento e scatena l’eurofobia ma continuano imperterriti. Li crediamo davvero così idioti? E’ molto più probabile che sappiano perfettamente quel che stanno facendo e che si stiano avvicinando alla meta  (divide et impera).

Stanno eutanasizzando l’eurozona e l’Unione Europea: Cipro è solo la più recente dimostrazione di questo fatto.

Se di complotto si tratta, ha evidentemente l’obiettivo di far odiare l’Unione Europea e di avviare la sua disgregazione. Washington, Wall Street, City di Londra e Francoforte sentitamente ringraziano: un temibile avversario in meno.

Tra il 2010 ed il 2013 si sono espressi a favore della dissoluzione o frazionamento dell’eurozona:: Bundesbank, Lega Nord (Borghezio, Speroni), Berlusconi, UKIP, destra sudtirolese, destra austriaca, destra bavarese e tedesca, Marine Le Pen, Viktor Orban, Geert Wilders (destra olandese), “Veri finlandesi” (destra finnica) una parte del M5S, Magdi “ex Cristiano” Allam, BRZEZINSKI, SOROS, Thilo Sarrazin, The Economist, Wall Street Journal, Luigi Zingales, Otmar Issing (ex dirigente Bundesbank, ora GOLDMAN SACHS). C’è anche Claudio Borghi Aquilini, editorialista del GIORNALE, ex managing director di DEUTSCHE BANK, esperto di intermediazione finanziaria e di economia e mercato dell’arte, legato agli ambienti neoliberisti e reazionari che vogliono una scissione semi-permanente tra Nord e Sud Europa (Bundesbank e confindustria tedesca).
Il gotha del neoliberismo odia l’euro e non l’ha mai nascosto: David Cameron e le redazioni del Telegraph e della Frankfurter Allgemeine Zeitung, due quotidiani ultraconservatori.

Antonio Fazio: “l’ultimo Governatore di Bankitalia a vita, poiché a causa del suo comportamento si è ritenuto necessario prevedere una durata di 6 anni, con mandato rinnovabile una sola volta, per questa carica” (wikipedia)

Milton Friedman, padre del neoliberismo, l’ideologia di riferimento delle banche d’affari e della Bundesbank. Martin Feldstein, già consigliere di Ronald Reagan. Cesare Romiti.

Barbara Spinelli: “Quel che si nasconde, tuttavia, è che non esistono solo due linee: da una parte Monti, dall’altra i populismi antieuropei. Esistono due europeismi: quello conservatore dell’Agenda, e quello di chi vuol rifondare l’Unione, e perfino rivoluzionarla. Tra i sostenitori di tale linea ci sono i federalisti, i Verdi tedeschi che chiedono gli Stati Uniti d’Europa, molti parlamentari europei. Ma ci sono anche quelle sinistre (il primo fu Papandreou in Grecia, e il Syriza di Tsipras dice cose simili) secondo le quali le austerità sono socialmente sostenibili a condizione che l’Europa cambi volto drasticamente, e divenga il sovrano garante di un’unità federale, decisa a schivare il destino centrifugo della Confederazione jugoslava”.

http://www.repubblica.it/politica/2012/12/27/news/moderatamente_europeo-49496435/

E se scoprissimo che le “autorità europee” in realtà sono anti-europee, un virus che sta uccidendo l’organismo europeo dall’interno, nella maniera più subdola?

Scrive Alfonso Gianni: “Servirebbe una svolta radicale nelle politiche economiche europee e italiane. Invece assistiamo all’esatto contrario. Il bilancio europeo viene ridotto per la prima volta nella storia della Ue di ben tre punti e mezzo; i settori che sono tagliati sono quelli che più di altri potrebbero fornire fiato per una ripresa di tipo diverso, sia dal punto di vista economico generale che da quello occupazionale; il tutto viene ulteriormente blindato dalla decisione degli organi europei di intervenire direttamente nella formulazione dei bilanci nazionali affinché non sforino rispetto ai trattati, provocando quindi un’ulteriore spoliazione della sovranità nazionale. Per questo Mario Draghi può persino minimizzare le conseguenze del voto italiano, affermando che in ogni caso è stato innestato un “pilota automatico” che guida senza bisogno di governi nella pienezza dei poteri. Se quindi si vuole realmente correggere le politiche europee di stabilità, bisognerebbe in primo luogo rimettere in discussione tutta la governance europea e i suoi atti concreti…Nel frattempo in Germania nasce “Alternativa per la Germania” un partito antieuro, favorevole al ritorno al marco o quantomeno a un’unione monetaria più concentrata sul grande paese tedesco e i suoi satelliti. In un quadro di questo genere fa persino tenerezza pensare che la recente campagna elettorale è stata condotta dalla coalizione bersaniana all’insegna del discrimine tra europeisti e antieuropeisti. Appare chiaro che chi vuole l’implosione dell’Europa non ha che da perseverare nelle politiche di austerità…”

http://temi.repubblica.it/micromega-online/gli-otto-punti-del-pd-sono-inadeguati-ad-affrontare-la-crisi-europea/

Esasperi i popoli europei e ripeti, ossessivamente, il mantra “ce lo chiede l’Europa”. Sai perfettamente che non otterrai alcuna legittimazione al disegno di unificazione europeo, ma semmai il contrario.

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MARIO MONTI È EUROPEISTA?

«Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di crisi gravi, per fare dei passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali al livello comunitario… è chiaro che (…) i cittadini possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo di farle, perché c’è una crisi grave, conclamata».

(M. Monti, alla Luiss 22 febbraio 2011)

Machiavellismo conclamato: benzina sul fuoco del complottismo. La crisi dell’eurozona è stata pianificata per imporre l’Unione Europea a popoli riottosi? Difficile liberarsi dal sospetto quando uno si esprime pubblicamente in questi termini, ben sapendo che il video circolerà viralmente.

Perché spiattellare tutto con questa sfacciataggine?

Forse per alimentare l’anti-europeismo?

Barbara Spinelli dubita che Monti sia un sincero europeista: “Monti ha appena firmato una lettera con Cameron e altri europei in cui non si parla affatto di nuova Unione, ma di completare il mercato unicoCulturalmente, stiamo ricadendo indietro di novant’anni, nei rapporti fra europei. Ad ascoltare i cittadini, tornano in mente le chiusure nazionali degli anni ’20-’30, più che la ripresa cosmopolitica del ’45. Sta mettendo radici un risentimento, tra Stati europei, colmo di aggressività…La regressione ha effetti rovinosi sulla politica. Come può nascere l’Europa federale, se vince una cultura che ha poco a vedere con quello che gli europei appresero da due guerre?”

http://www.repubblica.it/politica/2012/02/22/news/tentazione_muro-30294783/

Italien/ Merkel-Karikatur

ANGELA MERKEL È EUROPEISTA?

«Sta rovinando la mia Europa».

Helmut Kohl, riferendosi alla Merkel

 “Per alcuni questo rimandare all’unione politica, questo discorso che vola alto sul piano diplomatico e che rimanda all’arco di almeno dieci anni è un modo per apparire più europeista di quanto non sia: le misure a breve termine per uscire dalla crisi la Germania non è disposta a vararle. […]. La presa di posizione della cancelliera continua a ricevere critiche. Angela Merkel “Dia un segnale che il futuro dell’Europa è più importante della pace interna nella sua coalizione” ha dichiarato il capogruppo socialdemocratico al Parlamento Ue, l’austriaco Hannes Swoboda. “E’ scandaloso – aggiunge Swoboda – che mentre la casa brucia, la cancelliera chieda piani di lungo termine per attrezzare il dipartimento dei vigili del fuoco“.

http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=166060

È peraltro la stessa Angela Merkel che a Strasburgo ha bloccato qualunque soluzione ipotizzata per risolvere la crisi, impedendo ulteriori interventi mirati della Bce sui titoli degli Stati membri e negando ogni possibile emissione di eurobonds. Eppure è sempre la stessa Angela Merkel che una settimana prima, al Congresso a Lipsia del suo partito, la Cdu, rivendicava il ruolo dell’Europa per la pace nel mondo.

Il cancelliere citava i suoi predecessori Adenauer e Kohl, paladini di una integrazione europea nello stesso evidente interesse della Germania. Si è trattato ovviamente di dichiarazioni generiche e vuote che corrispondono esattamente al contrario del suo comportamento, proprio mentre all’interno della stessa Cdu si rivendica anche la possibilità di lasciare agli Stati membri la possibilità di uscire volontariamente dall’euro.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-11-27/merkel-rovini-europa-kohl-081045.shtml?uuid=AaS9A3OE

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Thilo Sarrazin

PERCHÉ? CUI PRODEST?

I comportamenti del cancelliere sembrano essere dettati da Jens Weidmann, il capo della Bundesbank, il quale in una recente intervista al Financial Times ha dichiarato che l’aiuto alla finanza degli Stati membri è assolutamente illegale e che l’opera della Bce come prestatore di ultima istanza per il debito dei Paesi membri è contro la lettera dei Trattati e finirebbe per ridurre la pressione per le riforme di austerity volute dalla Germania per gli altri. Una Germania che addirittura, per farsi forte del suo scetticismo verso l’Europa che l’ha così possentemente risollevata, ricorre a cavilli legali con la grande soddisfazione del leader della Cdu al Parlamento tedesco, V. Kauder, che ha dichiarato trionfante: «Improvvisamente l’Europa sta parlando tedesco».

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-11-27/merkel-rovini-europa-kohl-081045.shtml?uuid=AaS9A3OE

Posto che la posizione del governo tedesco è ufficialmente diversa da quella di Weidmann, si deve credere che il capo della Buba stia facendo le scarpe alla signora Merkel, o che i due stiano camminando assieme, fingendo di andare in direzioni diverse? Formulata in modo diverso: è una divergenza reale, o non potendo tenere il punto più di tanto, il governo tedesco usa la propria banca centrale per sabotare le scelte che non condivide? Se il governatore della Banca d’Italia giungesse ad una tale proclamazione di dissenso dal governo italiano, su questioni di tale rilievo, è certo che trenta secondi dopo si chiederebbe la sua testa. Non per negarne l’autonomia, ma per sradicarne la tentazione di soppiantare il governo. Non tocca a noi chiedere le dimissioni di Weidmann, ma ai politici e ai commentatori tedeschi. Una cosa deve essere chiara: se fosse fondato (il cielo non voglia) il sospetto di gioco delle parti, allora i tedeschi sarebbero sulla via d’assumersi una gravissima responsabilità storica. Gli altri europei sarebbero non solo autorizzati, ma tenuti a fare il necessario per fermarli. Il tutto senza mai cedere all’alibi che sia tutta colpa loro, perché il nostro debito, la nostra spesa pubblica dissennata e la nostra bassa produttività solo tutte e solo colpe nostre.

http://www.iltempo.it/economia/2012/09/14/bundesbank-e-merkel-un-gioco-delle-parti-1.7729

La Bce e Draghi sono ormai apertamente nel mirino della stampa tedesca e non solo. Uno stillicidio di critiche e attacchi contro la linea interventista tracciata all’inizio di agosto, con l’impegno ad acquisti illimitati, ma condizionati, dei bond dei Paesi in crisi. Il fronte vede schierati appunto la Bundesbank, parlamentari della coalizione di Governo e dell’opposizione e ampi settori dei media. In un’editoriale di prima pagina, dal titolo «Salvataggi senza frontiere», il condirettore della Frankfurter Allgemeine Zeitung, Holger Steltzner, venerdì scorso aveva accusato Draghi di minare l’indipendenza dell’Eurotower: «Anche l’Italia chiede aiuti finanziari a voce sempre più alta e Draghi si offre. Per i politici che vogliono salvare l’euro è bello che Draghi abbia imparato dalla Banca d’Italia come una banca centrale può essere messa al servizio delle casse dello Stato». Alla Faz aveva fatto eco la Süddeutsche Zeitung, con un’intervista all’economista Manfred Neumann, professore dell’università di Bonn e relatore della tesi di dottorato del presidente della Bundesbank Weidmann. Neumann ha rincarato la dose denunciando che Draghi rischia di condurre la Germania ai livelli di inflazione della Repubblica di Weimar.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-08-26/weidmann-eu-144607.shtml?uuid=AbARwvTG

Ora è ufficiale: la Bce, nata sul modello della Bundesbank, si è tramutata nella Bundesbank tout-court e decide la politica monetaria dell’eurozona. Siamo alla follia totale: la Bce, per bocca del governatore di una delle banche centrali dell’eurozona e non del suo board, sta facendo l’esatto contrario di quanto operato dalle partner di tutto il mondo, ovvero sta lavorando per rafforzare ulteriormente l’euro. Il capo della Bundesbank, con le sue dichiarazioni, sta infatti incoraggiando una guerra valutaria, destinata a uno scopo geopolitico chiaro e reso palese dall’ultimo vertice sul Budget Ue: l’asse renano con la Francia è stato sostituito con quello tra Berlino e Londra, e se un euro forte può danneggiare la Germania, vedi l’export, questo danneggia molto ma molto di più la Francia, eliminata la quale dal quadro di controllo, Berlino sarà l’unico decisore interno all’eurozona.

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2013/2/14/FINANZA-Dalla-Bundesbank-un-nuovo-attacco-alla-Bce-di-Draghi/363610/

Voci autorevoli che non la pensano come Bersani sulla guerra nel Mali

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8 indizi (per una volta debitamente riportati dalla stampa internazionale) che fanno supporre che la questione sia un po’ più complicata di come la descrive Pierluigi Bersani:
1. La base di droni americana che sarà costruita nel Niger, vicino al confine con il Mali;
2. I numerosi testimoni che hanno segnalato la presenza di un canadese e di due francesi alla testa della banda di jihadisti che ha sconfinato in Algeria per prendere degli ostaggi (Tigantourine);
3. La presenza sul terreno di forze speciali americane per operazioni clandestine qualche mese prima dell’intervento francese;
4. Il fatto che nell’area tra Mali e Niger vi siano alcune tra le più importanti riserve mondiali di uranio (terzo posto nel mondo), oltre a petrolio e gas;
5. I recenti accordi commerciali e di sfruttamento delle risorse siglati da Mali, Niger e Cina;
6. Il fatto che gli jihadisti siano finanziati quasi certamente dal Qatar e probabilmente anche dall’Arabia Saudita, entrambi alleati della NATO;
7. L’opposizione algerina alle politiche NATO nel Nord-Africa (ma potrebbero anche cambiare casacca);
8. Il coinvolgimento dei presunti fondamentalisti islamici nel narcotraffico e nel traffico d’armi e il loro precedente servizio reso alla coalizione anti-Gheddafi (= il fattore religioso è secondario ma ai governi occidentali fa comodo continuare a sfruttare l’infinita Guerra al Terrore);

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Senza alcun dibattito parlamentare, il governo inglese ha già deciso che invierà un corpo di spedizione nel Mali.
Solo due settimane fa Cameron l’aveva escluso categoricamente.
Giusto perché sia chiaro che la guerra è appena agli inizi.
Dovremo partecipare anche noi? Ce lo chiederà l’Europa? Qualche caduto italiano per poterci sedere al tavolo delle trattative e delle spartizioni?

Anche tralasciando la parte in cui Al-Qaeda viene creata a tavolino dagli americani (cf. Brzezinski) per combattere i russi in Afghanistan, la parte in cui l’amministrazione Bush ignora sistematicamente ogni avvertimento dell’intelligence statunitense pre-11 settembre 2001 e la parte in cui Al-Qaeda viene incolpata di tutto, dal riscaldamento globale, alle fantasmatiche armi di distruzione di massa irachene, al tasso di obesità americano, la Guerra al Terrore rimane una criminale bestialità.

Serve solo ad ingigantire lo status dei terroristi: “l’America contro i terroristi yemeniti”, “Israele contro Gaza”, “la Francia contro i terroristi maliani”, “gli Stati Uniti e la Francia contro i terroristi somali”: i terroristi si spostano, riaffiorano carsicamente in un altro paese, godono di un’aura di invincibilità e di persecuzione da parte dei poteri forti che li rende “cool” e l’immagine dell’occidente finisce per deteriorarsi fino a rassomigliare a quella del patetico Wile E. Coyote alle prese con l’imprendibile ed invincibile “struzzo” Beep Beep.

In questo modo gli jihadisti sono consacrati agli occhi di migliaia di giovani musulmani che vedono i droni e i missili occidentali che causano eccidi di civili e che decidono a loro discrezione quali siano i tiranni da abbattere e quali invece quelli da sostenere anche contro la volontà dei loro sudditi.

In particolare, nel Mali, l’intervento francese in appoggio al Sud del Mali servirà solo a rinsaldare un’alleanza tra tuareg e jihadisti che era in crisi e che ora troverà nuovo vigore, con migliaia di combattenti che conoscono molto bene la regione e le tecniche di guerriglia.

Invece di isolare i terroristi dalla popolazione, quest’ultima si rassegnerà all’idea che sono l’unica autorità che possa tenere insieme il nord del Mali e proteggerli dalla pulizia etnica dei maliani del sud.

Contemporaneamente, il Sud del Mali diventerà uno stato fantoccio della Francia, tenuto in vita a forza per evitare l’anarchia, non diversamente dal Vietnam del Sud degli anni Sessanta e Settanta. L’unico risultato sarà quello classico (es. Iraq, Libia, Siria, Somalia, Yemen, Afghanistan): frammentazione e partizione dello stato, islamizzazione e terrorismo.

Poiché queste cose ormai non possono non saperle, ne consegue che lo fanno apposta: ordo ab chao.

L’obiettivo primario è la destabilizzazione dell’Algeria

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/23/fallimento-in-siria-ci-si-gioca-lalgeria/

e il controllo del Niger

http://www.lettera43.it/cronaca/africa-occidentale-forse-una-base-per-droni-usa_4367581683.htm
il Mali consente di prendere due piccioni con una fava.

Non tengono però conto del fatto che il boccone è troppo grosso persino per la NATO – evidentemente danno per persa la Siria, ma poi dovranno spiegare la cosa a milioni di persone che per mesi hanno ascoltato una singola versione dei fatti (“mancano pochi giorni alla caduta di Assad”, “la popolazione siriana non lo tollera più”, ecc.). Hanno commesso un enorme errore strategico.

LE VOCI DEL DISSENSO

“Un intervento armato internazionale è destinato ad aumentare l’entità delle violazioni dei diritti umani a cui stiamo già assistendo in questo conflitto… All’inizio del conflitto, le forze di sicurezza del Mali hanno risposto alla rivolta bombardando civili tuareg, arrestando, torturando e uccidendo la gente tuareg apparentemente solo per motivi etnici. L’intervento militare rischia di innescare nuovi conflitti etnici in un paese già lacerato da attacchi contro i Tuareg e altre persone di pelle più chiara”.

http://www.amnesty.org/en/news/armed-intervention-mali-risks-worsening-crisis-2012-12-21

“Il Mali, un paese amico, crolla. Gli jihadisti avanzano verso sud, e c’è una certa urgenza.

Ma non facciamoci prendere dal riflesso condizionato della guerra per la guerra. Quest’unanimità per l’andare in guerra, questa evidente precipitazione, argomenti già sentiti sulla “guerra al terrore”, mi preoccupano. Questa non è la Francia. Dovremmo aver tratto delle lezioni dal decennio di guerre perse in Afghanistan, Iraq, Libia. Queste guerre non hanno mai costruito uno Stato forte e democratico. Al contrario, hanno rinfocolato il separatismo, il fallimento degli Stati, la ferrea legge delle milizie armate.

Non hanno permesso di sconfiggere i terroristi che sciamano nella regione. Al contrario, ne hanno legittimate di ancora più radicali.

Nessuna di queste guerre ha assicurato la pace in una data regione. Al contrario, l’intervento occidentale ha consentito a tutti di scaricare le proprie responsabilità.
Peggio ancora, queste guerre sono un ingranaggio. Ciascuna crea le precondizioni per la prossima. Sono le battaglie di una singola guerra che si sta espandendo dall’Iraq verso la Libia e la Siria, dalla Libia verso il Mali inondando il Sahara con il traffico di armi di contrabbando. Tutto questo deve finire.

Nel Mali, non esiste una sola premessa per un successo finale. Combatteremo al buio, privi di un obiettivo bellico. Arrestare la progressione jihadista verso sud, riconquistare il nord, sradicare le basi AQIM: ciascuna di queste è una guerra a parte.

Noi ci dovremo battere da soli, senza un solido partenariato maliano. La rimozione del presidente a marzo e del primo ministro a dicembre, il collasso di un esercito del Mali segnato dalle divisioni, il generale fallimento dello Stato, a cosa ci appoggeremo?

Combatteremo nel vuoto per mancanza di un forte sostegno regionale. La Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale si muove al rallentatore e l’Algeria ha espresso la sua contrarietà.

Solo un processo politico è in grado di portare la pace nel Mali.

Ci vuole una dinamica nazionale per la ricostruzione dello stato del Mali. Puntiamo sull’unità nazionale, sulle pressioni sulla giunta militare, sul processo di garanzie democratiche e dello Stato di diritto attraverso politiche di cooperazione forti.

Occorre anche una dinamica regionale, coinvolgendo l’Algeria, che ha un ruolo centrale in quell’area, e la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale, per promuovere un piano di stabilizzazione del Sahel.

Serve infine una dinamica politica per negoziare, isolando gli islamisti ed accordandosi con i tuareg su una soluzione ragionevole.

Come è possibile che il virus neoconservatore abbia potuto conquistare tutte le menti? No, la guerra non è la Francia. È tempo di porre fine ad un decennio di sconfitte. Dieci anni fa, in questi giorni, eravamo riuniti alle Nazioni Unite per intensificare la lotta contro il terrorismo. Due mesi dopo è iniziato l’intervento in Iraq. Da allora in poi non ho mai smesso di impegnarmi per risolvere le crisi politiche e per uscire dal circolo vizioso della forza. Oggi il nostro paese può fare da battistrada per abbandonare questo stallo bellico, se si inventa un nuovo modello di impegno, fondato sulle realtà della storia, sulle aspirazioni dei popoli e sul rispetto per la diversità. Questa è la responsabilità della Francia di fronte alla storia”.

Dominique de Villepin, ex primo ministro francese

http://www.lejdd.fr/International/Afrique/Actualite/Villepin-Non-la-guerre-ce-n-est-pas-la-France-585627

Autore del celebre ed “eroico” discorso contro la guerra in Iraq, che non gli è mai stato perdonato dai neocon

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/12/25/la-nostra-capacita-di-costruire-un-mondo-migliore-buon-natale/

“La questione della guerra è entrata prepotentemente dentro la campagna elettorale. Si è aperta un’interessante dialettica fra Sel e il Pd, quest’ultimo immediatamente pronto a sostenere Hollande e a rendersi disponibile per un’avventura italiana. In effetti che non si tratterà di una marcia trionfale se ne è accorto anche Il Sole 24 Ore che dedica al tema l’editoriale di oggi firmato da Vittorio Emanuele Parsi (docente alla Cattolica di Milano, se non ricordo male): “Le guerre inutili dell’Occidente“, un articolo e un titolo sorprendenti per il luogo dove sono collocati. Come giustamente scrive Parsi: “più diventavamo consapevoli della insufficiente efficacia dello strumento militare e più ci abbiamo fatto ricorso: in parte perchè le circostanze lo consentivano in virtù della nostra straordinaria superiorità logistica e tecnologica; in parte perchè non sapevamo che altro fare in assenza di un altrettanto rampante superiorità politica”. Eh già, proprio così: l’Europa come soggetto politico non esiste”.

Alfonso Gianni, 18 gennaio 2013

“Sono deluso dalle potenze occidentali. Adesso, ad esempio, c’è la Francia che si è impegnata in Mali. Vorrei chiedere: qual è lo scopo reale del coinvolgimento militare, adesso, della Francia? È ancora una ri-colonizzazione? … Quando vedo interventi di altri Paesi europei, quando si decide – ad esempio – che non si daranno più aiuti finanziari a questo Paese, non si concederà più questo o quell’intervento, io mi domando: è proprio per fare fronte a quella crisi, oppure per creare una situazione molto più difficile, di dipendenza sempre maggiore dall’Europa?”

Charles Palmer-Buckle, arcivescovo di Accra, capitale del Ghana

http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/mali-mali-mali-21477/

“L’intervento francese sa molto di un’ennesima ingerenza di tipo neo-colonialista. Personalmente non lo vedo molto di buon occhio. E penso che non riusciranno a sconfiggere i terroristi.  Forse, però, anche noi, come Chiesa del Mali, avremmo dovuto fare molto di più in questi anni per mettere in guardia le autorità, far pressione sulle forze più moderate, denunciare le violazioni dei diritti umani e i molti traffici di cui tutti sapevano, ma pochi parlavano”.

padre Alberto Rovelli, per vent’anni missionario dei Padri Bianchi in Mali

http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/mali-mali-mali-21477/

“Quando si entra in un conflitto, si accendono dei fuochi che poi non si possono spegnere. E se la cura fosse peggiore del male? Il Burkina Faso e l’Algeria sono particolarmente restii all’idea di un intervento militare e sono due paesi estremamente importanti in quell’area. Senza un loro coinvolgimento le difficoltà si moltiplicheranno. Non sarà un intervento militare a risolvere la questione dell’unità del Mali, soprattutto quando si vede che il Mali è uno stato al collasso. Prendere il controllo del Nord senza che vi sia alcun fattore di disciplinamento equivale a fondare l’intera impresa sul vuoto”.

Rony Brauman, già presidente di Medici Senza Frontiere – Francia, attuale direttore di ricerca presso la Fondazione Medici Senza Frontiere

http://www.journaldumali.com/article.php?aid=5513

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In Mali per ragioni umanitarie

“È la Françafrique, termine divenuto peggiorativo per la penna di François-Xavier Verschave, che la denunciò nel 1998 come organizzazione criminale segreta incistata nelle alte sfere della politica e dell’economia transalpina. Basata sulla corruzione, sui rapporti personali con questo o quel dittatore/padrone (franco)africano, sugli interessi dei “campioni nazionali” dell’industria transalpina, specie nel settore energetico e minerario. Una macchina da soldi, infatti ribattezzata France-à-fric da giornalisti malevoli.

Sarkozy prima e Hollande poi hanno preso le distanze dalla Françafrique, ma chiunque voglia vederle ne trova ancora forti tracce nei territori africani già inglobati nell’impero tricolore. Vi restano anzitutto i privilegi della grande industria, che incarna interessi strategici irrinunciabili (per esempio, lo sfruttamento dell’uranio nigerino da parte di Areva, vitale per la produzione energetica nazionale).

Parigi non rinuncia al ruolo di gendarme nella “sua” Africa – anche oltre, come dimostra il caso libico. Nel Continente nero restano schierati in permanenza circa 7.500 soldati francesi. Nel solo teatro maliano, il ministero della Difesa prevede di impegnarne a breve 2.500, e forse non basteranno per evitare l’insabbiamento della missione antiterrorismo. Certo, l’epoca dell’“unilateralismo” è passata, oggi Parigi cerca (e talvolta non trova) il sostegno degli alleati occidentali e dei paesi africani più vicini alle zone di crisi.

Più che una scelta, il “multilateralismo” – ossia l’impiego di risorse altrui per fini propri, o almeno il tentativo di farlo – è una necessità. Alla fine, quel che conta è proteggere il rango dell’Esagono nel mondo, la grandezza della Francia. Anche per questo, nelle carte mentali dei decisori francesi la memoria dell’ex (?) impero campeggia vivissima”.

Lucio Caracciolo

http://temi.repubblica.it/limes/quel-che-resta-del-colonialismo/41614

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“Mali, la guerra per l’uranio. Nell’area vi sono le più importanti riserve mondiali di uranio, oltre a petrolio e gas”.

http://www.peacelink.it/conflitti/a/37528.html

“I movimenti tuareg laici e progressisti sono stati marginalizzati, in particolare a causa dell’ascesa del gruppo salafita Ansar Dine. Potente e abbondantemente armato, quest’ultimo si è alleato con il gruppo islamico di Al Qaida nel Magreb (Aqmi), presentando un rischio sempre più evidente per le attività francesi di estrazione dell’uranio nel Nord del Niger. La Francia ha sostenuto con grande costanza i governi corrotti che si sono succeduti in Mali, portando a un indebolimento dello stato. È probabilmente questo crollo che ha condotto i gruppi islamisti a incalzare e ad avanzare verso Bamako.

Similmente, la Francia ha mantenuto da 40 anni il potere in Niger, in uno stato debole e dipendente dall’antica potenza coloniale e dalla sua compagnia di estrazione dell’uranio, la Cogéma, ora Areva. Mentre i dirigenti nigerini cercano di controllare in qualche modo ciò che Areva fa, la Francia riprende il controllo con il suo intervento militare.

I recenti movimenti di gruppi islamisti non hanno fatto altro che precipitare l’intervento militare francese che era in corso di preparazione. Si tratta indubbiamente di un colpo di forza neo-coloniale, anche se le forme sono state rispettate con un opportuno appello di aiuto del Presidente ad interim del Mali, la cui legittimità è nulla visto che lui è in funzione in seguito al colpo di stato che ha avuto luogo il 22 marzo 2012″.

http://www.peacelink.it/conflitti/a/37532.html

“Per il momento, non vogliono testimoni nè giornalisti pullulando nella zona del conflitto. Non vi chiedete per caso perchè non avete ancora visto nessuna immagine di quello che sta succedendo sul terreno? Dove sono le vittime? I feriti? Gli edifici bombardati? Le truppe in combattimento?

Le ragioni possono essere molteplici e sicuramente si può pensare che si stia cercando di evitare che si producano nuovi sequestri o di garantire la nostra sicurezza. Ma il risultato è solo uno: si sta occultando la possibilità di informare, e pertanto, si sta attaccando la libertà di stampa, e la verità. Ricordo una frase che ho imparato all’università (credo che non sia stato al bar, ma non ne sono sicuro), e diceva che “nelle guerre la prima vittima è la verità”. E in questa, come in altre, si corre lo stesso rischio se non arrivano presto i giornalisti al fronte.

E se il problema è la nostra sicurezza, solo aggiungo che ognuno dei giornalisti presenti in Mali è cosciente dei pericoli che può o che vuole assumere, e ognuno arriverà fino a dove gli sembri ragionevole nel suo desiderio di informare nella maniera più veridica e adeguata. Quello che voglio dire è che siamo persone adulte. Quello che voglio dire è che non mi piace che mi si limiti nel mio dovere di informare. E che i miei rischi sono miei, e solo miei. Non so come voi la vedete”.

http://www.peacelink.it/conflitti/a/37538.html

Il Mali è l’ottava nazione musulmana bombardata dall’Occidente negli ultimi 4 anni

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Nelle carte mentali dei decisori francesi la memoria dell’ex (?) impero campeggia vivissima.
Lucio Caracciolo, Repubblica, 17 gennaio 2013

Le dimensioni di Aqim non sono impressionanti. Qualche centinaio di miliziani armati di tutto punto, dediti al narcotraffico, ai rapimenti di walking money (cooperatori, turisti e spericolati giornalisti, per il cui riscatto le nostre intelligence versano milioni di dollari), alla propagazione dell’islam salafita in versione cruenta. Ma vale il marchio: al-Qa’ida. Brand di tragico successo, con il quale Stati Uniti e resto dell’Occidente identificano il “terrore globale”- leggi: capace di colpire in America e in Europa. Aqim non ha mai varcato gli oceani, eppure nella rappresentazione del Pentagono è l’ultimo anello della temibile “fascia salafita”, inquietante macchia jihadista che nella cartografia militare a stelle e strisce corre dallo Yemen all’Africa occidentale. Imperniata su quattro sigle, quattro facce del medesimo mostro: Aqap (al-Qa’ida nella Penisola Arabica), al-Shabab (Somalia), Boko Haram (Nigeria) e appunto Aqim.

Ma non siamo più alle crociate di Bush junior. A Washington tira aria di quaresima. Va di moda lo smart power. La guerra al terrore globale continua, ma con altri mezzi. Non più invasioni dai costi e dalle perdite insopportabili. Semmai, operazioni coperte e spiegamento di droni, armi democratiche per eccellenza, poiché servono alle democrazie occidentali per condurre una guerra invisibile alle proprie opinioni pubbliche, scottate dalle disastrose campagne afgana e irachena. Per il resto, l’America “guida da dietro”. In parole povere, usa risorse altrui per fini propri. O almeno spera di farlo. Salvo poi scoprire che sono altri – nella fattispecie qualche dittatore, tribù o mafia africana – a profittare del controterrorismo Usa fingendo di servirlo.

Lucio Caracciolo

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/11/20/mali-nuovo-fronte-contro-il-terrore.html

Negli ultimi giorni sul Guardian:
1. articolo in favore di uno stato curdo indipendente (= destabilizzazione di Iran, Iraq, Siria e Turchia);
2. articolo che chiede che il presidente iracheno si dimetta perché è un dittatore (sono dittatori quando non si schierano con l’Occidente);
3. articolo che condanna l’Algeria per il modo in cui ha gestito la faccenda degli ostaggi e descrive il suo governo come arretrato ed incivile.

Direi che coincide con la lista dei bersagli della prossima fase: l’Iraq permette alle armi iraniane di arrivare in Siria, l’Algeria si è opposta all’intervento in Libia, il Kurdistan è il classico neostato che serve a smantellare gli attuali “stati-canaglia” risparmiando al Pentagono/NATO una costosa e fallimentare guerra regionale. Se pensano di poter portare a termine con successo una tale impresa sono dei poveri mentecatti.

Domande che non hanno ancora trovato risposta:

1. Come possono i francesi giustificare la loro posizione sulla Siria, dove sostengono gli stessi jihadisti che invece combattono nel Mali e che, sempre in Siria, fanno saltare in aria decine di civili con autobombe nei mercati e nei dipartimenti universitari?

2. Se, come afferma Hollande, questi guerriglieri da estirpare sono solo un migliaio, che speranze avevano di attraversare mezzo paese in territorio ostile per conquistare la capitale Bamako (poco meno di 2 milioni di abitanti) e controllarla? Perché avrebbero dovuto farlo? Per farsi accerchiare e massacrare? Perché dovrebbero essere una minaccia per l’Europa, come invece sostiene la Merkel? Perché occorre usare mezzi corazzati contro di loro?

In barba all’intervento francese, i guerriglieri islamici hanno facilmente conquistato la città di guarnigione Diabaly, a circa 160 chilometri a nord di Segou, la capitale amministrativa del centro di Mali, dimostrando l’inconsistenza della volontà di combattere dell’esercito maliano. Così la Francia è stata costretta ad inviare altre migliaia di soldati. Sono già 30mila gli sfollati.

Sebbene l’Occidente non sia ufficialmente in guerra con l’Islam, il Mali è l’ottava nazione musulmana bombardata dall’Occidente negli ultimi 4 anni. Segue Iraq, Afghanistan, Pachistan, Yemen, Libia, Somalia e le Filippine [almeno il 5% della popolazione filippina è musulmano e l’arabo è una lingua riconosciuta dalla Costituzione] – senza contare le tirannie che continuano a godere del nostro pieno supporto:

http://www.atimes.com/atimes/Southeast_Asia/NB29Ae01.html

Sappiamo che gran parte dell’instabilità del Mali è conseguenza dell’intervento NATO in Libia.

Le truppe che hanno effettuato il più recente golpe in Mali sono state addestrate dagli americani e l’amministrazione Obama era contraria ad un intervento armato per il rischio di una proliferazione di attacchi terroristici contro l’Occidente in tutto il mondo:

http://www.nytimes.com/2013/01/14/world/africa/french-jets-strike-deep-inside-islamist-held-mali.html?pagewanted=1&_r=2&

il fallimento della campagna libica ha portato a questo: una mescolanza di guerriglieri islamisti, tuareg e di libici di pelle nera scacciati dai libici di pelle più chiara:

http://www.independent.co.uk/voices/comment/the-war-in-libya-was-seen-as-a-success-now-here-we-are-engaging-with-the-blowback-in-mali-8449588.html

Bombardati nel Mali, non è improbabile che li ritroveremo a combattere con qualche signore della guerra libico, che dovremo bombardare a sua volta.

Il contemporaneo intervento franco-americano in Somalia ha causato la morte di una decina di civili.

Le morti di civili non sembrano più essere una variabile di cui tener conto. Cameron ha deciso il coinvolgimento britannico nelle operazioni Mali senza neppure prendersi il disturbo di consultare il Parlamento.

È sufficiente che la propaganda occidentale etichetti come terroristi un gruppo di musulmani perché le forze armate di un paese NATO possano bombardarli impunemente, senza peraltro che sia chiaro perché le loro atrocità siano peggiori di quelle perpetrate dagli alleati dell’Occidente (es. uccisioni, torture e incarcerazioni di tuareg da parte delle forze governative maliane). Ai governi ed ai media delle democrazie occidentali piace dipingere il mondo in bianco e nero.

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2013/jan/14/mali-france-bombing-intervention-libya#start-of-comments

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I medesimi errori…ancora…e ancora…e ancora…e ancora…e ancora…
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/22/la-verita-sulla-nostra-conquista-di-caprica/

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