La trappola della Guerra al Terrore permanente dopo l’11 settembre parigino

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Quello di cui oggi abbiamo bisogno in più è che a Parigi si incontrino subito Obama, Putin, Xi Jinping e Juncker per decidere insieme su come proteggere noi e le prossime generazioni da un nemico crudele e terribilmente ramificato…
Il terrorismo si vince con la politica e con gesti coraggiosi come quello di Papa Francesco che, nel suo prossimo viaggio in un paese devastato da una lotta sanguinosa fra bande armate di cristiani e mussulmani, ha deciso di essere presente nella cattedrale cattolica e nella moschea.
Con grande coraggio personale ma con altrettanta lungimiranza politica
.
Romano Prodi, Obama, Putin, Xi Jinping e Juncker si incontrino subito a Parigi per decidere insieme come proteggerci, 15 novembre 2015

Caro direttore Alberto Faustini, col tempo, invecchiando, ho imparato ad apprezzare gran parte delle sue prese di posizioni equilibrate in risposta alle riflessioni o provocazioni dei lettori.
In questo caso, però, non mi trovo d’accordo con l’incipit del suo editoriale (il resto è davvero molto bello): “Siamo in guerra. La prima guerra globale”.

Mi è del tutto chiaro che lo spavento, anche per ragioni personali, sia stato indescrivibile ed è comprensibile che la reazione sia conseguente, però questo meme della guerra, del nostro essere in guerra e della nostra determinazione a risolvere la questione bellicamente è pericoloso, nella stessa misura in cui, specularmente, lo sarebbe un meme pacifista passivo.
È pericoloso perché fa il gioco di questa “internazionale del terrorismo”.
La Guerra al Terrore prosegue ininterrottamente dal 2001 e a quali risultati ha portato? Diverse nazioni in pezzi, milioni di profughi (afgani, iracheni, curdi, yemeniti, somali, palestinesi, siriani, ecc.) e organizzazioni terroristiche ancora più agguerrite ed espansive di prima.

Prosegue su Medium
https://medium.com/@stefano_fait/la-trappola-della-guerra-al-terrore-permanente-dopo-l-11-settembre-parigino-eb33f03ea10

Quel che ha veramente detto il Capo di Stato Maggiore USA, gen. Martin Dempsey

a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles

Questo è quel che probabilmente leggeremo sui giornali: “forze armate americane pronte alla guerra contro la Russia per l’Ucraina
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=7202

Non è così. Questa è l’arbitraria interpretazione (con parafrasi ingannevoli) dell’Atlantic Council che, per usare un eufemismo, non ha la pace e la prosperità del mondo al centro delle sue preoccupazioni.
Martin Dempsey ha scelto con accortezza le sue parole e, per come la vedo io (ingenuamente? arbitrariamente?), ha dimostrato di essere la persona giusta, al posto giusto, nel momento giusto (anche perché Obama, ogni volta che è sotto pressione, cede e si chiude in se stesso, stando a quel che si può ricostruire dalle sue azioni e da certi aneddoti riferiti da membri del suo entourage).

Dempsey ha già contribuito a tenerci (noi della NATO) fuori da due conflitti, uno in Iran e uno in Siria, e sta facendo il possibile per tenerci fuori da quello più terribile di tutti: Occidente contro Oriente (“Oceania” contro “Eurasia” – cf. Orwell).

Ho messo in risalto le frasi chiave che aiutano a capire il messaggio che stava lanciando all’opinione pubblica e agli analisti in ascolto. Quel che ho inteso io  – e chiaramente mi auguro di non scambiare i miei desideri per la realtà – è quanto segue:

  1. reassure our allies”: i dispiegamenti americani in Europa e nel Mar Nero servono per placare le ansie dei paesi ex-comunisti;
  2. not to escalate this thing further into Eastern Ukraine and allow the conditions to be set for some kind of resolution in the Crimea”: se i russi si limiteranno a riprendersi la Crimea e non avanzeranno alcuna pretesa nell’Ucraina orientale, tutto andrà bene [il che permetterebbe di arrivare all’ottimo piano informalmente proposto da Kissinger-Brzezinski-Lavrov]
    resolve this diplomatically/ without it being escalatory/avoid escalating this thing”: la questione va risolta assolutamente per vie diplomatiche (come da insistenza cinese). Qualunque altra azione sarebbe un errore (“miscalculation”);
  3. everything that we have done, I tell him, here’s what we’re doing”: sto facendo quel che va fatto per creare un rapporto di reciproca fiducia con la mia controparte russa ed evitare equivoci dalle conseguenze potenzialmente disastrose;
  4. a question that I think deserves to be assessed and reassessed and refreshed”: entrare in guerra con la Russia è decisamente l’ultima cosa che vorrei trovarmi a fare.
  5. we do have treaty obligations with our NATO allies“: Noi interveniamo solo per difendere membri della NATO e l’Ucraina non è nella NATO.

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TRASCRIZIONE DELLLA PARTE “INCRIMINATA”

JUDY WOODRUFF: The United States is sending more military material, forces into Eastern Europe, F-15s into the Baltics, F-16s to Poland, another warship into the Black Sea. What message is the U.S. trying to send to Russia right now?

GEN. MARTIN DEMPSEY: We’re clearly trying to send a message to Russia, almost exclusively through diplomatic channels, so that I do have an open line with my Russian counterpart that I have used twice the last two days.

But we’re trying to tell them not to escalate this thing further into Eastern Ukraine and allow the conditions to be set for some kind of resolution in the Crimea. But the message we are sending militarily is to our NATO allies.

So, one of our responsibilities at times like this is to reassure our allies. And so the deployments you mentioned into the Baltic air policing mission, into the aviation detachment in Poland, the deployment of the ship, are really intended to reassure our allies.

JUDY WOODRUFF: So, the U.S. is saying to the allies, if this were to come to some sort of military conflict, the U.S. would back up NATO?

GEN. MARTIN DEMPSEY: Well, don’t forget, we have — actually, we have NATO treaty obligations under Article 5 for collective defense.

And, so, when they ask us for reassurance or they ask us to — for contingency planning, we respond, and we do have obligations with NATO.

JUDY WOODRUFF: But, if there were to be a misunderstanding of some sort, if there were to be an accident that were to lead to something bigger, has the administration thought through the consequences of what that means, the two countries that are the greatest armed powers on the planet involved?

GEN. MARTIN DEMPSEY: Well, that’s why we’re seeking aggressively to resolve this diplomatically, before we would reach the point where there could be a miscalculation.

It’s probably worth mentioning why this is so unsettling to the Eastern Europeans. You know, we live here in America and sometimes don’t understand the realities of geography and demographics in Eastern Europe.

There are — if Russia is allowed to do this, which is to say move into a sovereign country under the guise of protecting ethnic Russians in Ukraine, it exposes Eastern Europe to some significant risk, because there are ethnic enclaves all over Eastern Europe and the Balkans.

I will give you one example. There are 400,000 ethnic Romanians living in Ukraine. So this is enormously unsettling.

JUDY WOODRUFF: But you know what the Russians are saying is that they have an historic relationship with — with Crimea, and they’re saying the Crimean legislature has voted now to have a referendum, and they’re saying what the government in Kiev did was illegal.

GEN. MARTIN DEMPSEY: Of course they are. And they’re trying to roll back to the February 21 agreement, and we’re trying to suggest that, really, the clock started on February 24.

Those are matters of diplomacy. Our role, as the military, is to seek ways to influence this without it being escalatory. And, by the way, I do have this open line with my Russian counterpart. So, everything that we have done, I tell him, here’s what we’re doing. Here’s why we’re doing it. We disagree fundamentally about your claim of legitimacy, but, as militaries, let’s try to avoid escalating this thing.

JUDY WOODRUFF: But there is a chance it could escalate?

GEN. MARTIN DEMPSEY: Of course there is.

JUDY WOODRUFF: There is a chance of military conflict?

GEN. MARTIN DEMPSEY: Sure. Yes.

JUDY WOODRUFF: And is the U.S. prepared if that happened?

GEN. MARTIN DEMPSEY: Well, that’s a question that I think deserves to be assessed and reassessed and refreshed as this thing evolves.

But, remember, we do have treaty obligations with our NATO allies. And I have assured them that, if that treaty obligation is triggered, we would respond”.

L’Ucraina può essere salvata

a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles

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[Per arrestare la violenza] bisogna fermare la polizia, fermare i manifestanti, imporre una DMZ, una zona demilitarizzata e spostare questo conflitto dalle strade al Parlamento. Voglio essere molto franco: il governo non controlla la polizia antisommossa ed è molto difficile per l’opposizione controllare Maidan. E ci sono una serie di forze che sono prive di controllo. Questa è la verità … è il caos, ora. L’Ucraina è in un gran casino

“To stop the riot police, to stop the protesters, to impose a DMZ, like demilitarized zone, and to move this conflict from the streets to the Parliament. I would be very frank that the government does not control the riot police and its very difficult for the opposition to control Maidan. And there are a number of forces who are uncontrolled. This is the truth…is in chaos now. Ukraine is in a big mess”

Arseniy Yatsenyuk, il leader dell’opposizione che fa riferimento alla Casa Bianca

http://www.rte.ie/news/player/2014/0220/20529559-ukraine-is-in-a-big-mess-yatsenyuk/

Tener conto che l’Ucraina proprio in quanto terra di “frontiera” tra Europa e Russia, in virtù della sua storia, della forte presenza di minoranze russe non può essere assimilata forzatamente e sic et simpliciter all’Unione Europea. E poi quali sono gli interessi che sono dietro quella manovra. Allora perché non pensare ad una forma “ibrida”,nella quale si tenga conto della diversità culturale ed etnica dell’Ucraina, che non può fare a meno né della Russia né dell’Europa? Ma non della Russia che è rappresentata dalla politica di potenza di Putin o dell’Europa delle lobby economiche. Ci vuole uno sforzo di creatività, quando i conflitti sono così complessi e si intrecciano al pregresso storico, agli interessi geopolitici e geostrategici, alle contraddizioni mai risolte degli stati-nazione. Allora per iniziare si sgombri il campo da estremismi, si chieda subito che le armi tacciano da una parte e dall’altra, si faccia chiarezza su chi c’è dietro le manifestazioni a Maidan (ci vuole poco a capire che ci sono forti infiltrazioni di gruppi paramilitari di destra e nazisti che sparano come sparano le forze di sicurezza governative), si portino ad un tavolo di trattativa le forze politiche “vere”, da una parte e dall’altra. Si ragioni su ipotesi come quella proposta nell’articolo di Pagina99, di una “doppia partnership” che veda l’Ucraina in parte legata alla UE in parte al nascente blocco eurasiatico costruito da Mosca. Le zone di frontiera, i territori “faglia”, nei quali non sono stati mai sopiti gli effetti di guerre devastanti come la Seconda guerra Mondiale, non possono esser governati secondo i criteri propri degli stati-nazione. Perché sono zone culturalmente, etnicamente, religiosamente ibride. Terre cerniera. Ed allora le soluzioni dovranno tenerne conto. E se l’Unione Europa oggi è troppo coinvolta direttamente, (o meglio Berlino) allora perché non affidare al Consiglio d’Europa la proposta di una mediazione?

Francesco Martone, da facebook

http://www.futurables.com/2014/02/20/la-via-del-dialogo-per-la-salvezza-dellucraina-e-delleuropa/

Retorica di guerra…di nuovo…pervicacemente

a cura di Stefano Fait

 

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Oggi la Francia ha posto il veto alla pace…Nessun accordo in questo round di colloqui a Ginevra. Possiamo ringraziare i francesi per aver ammazzato le trattative e informato il mondo del loro lavoretto da sicari…Nonostante l’intransigenza francese, è importante restare concentrati sugli importanti progressi compiuti a Ginevra. La diplomazia sta lavorando e riprenderà i colloqui in 7-10 giorni… Chi era scettico riguardo al ruolo della diplomazia non può appigliarsi a nulla. È stato smentito ancora una volta… Stare qui a Ginevra ha rafforzato la mia fiducia nel potere della diplomazia…Se siete iraniani o americani dovreste essere orgogliosi dei vostri diplomatici. Hanno lavorato duramente per la pace e riprenderanno i colloqui in vista di un imminente accordo. Non importa come sarà riportata la notizia, avevamo un accordo fino a quando i francesi hanno fatto un’entrata a gamba tesa. Il resto della giornata è stata trascorsa cercando di contenere i danni.

http://inagist.com/all/399300659063037952/

Siamo pronti a contrastare ogni possibile forma di  pressione da parte dei nostri alleati? Pressioni economiche, condite da velate minacce di influire negativamente sul nostro spread; pressioni diplomatiche; pressioni politiche, magari in veste di un aperto sostegno a partiti d’opposizione nel tentativo di favorire governi più inclini all’intervento; pressioni morali, con incessanti richiami alla solidarietà atlantica. Pensiamoci bene prima di rispondere al quesito. Soprattutto, non lasciamoci forzare la mano”.

Giuseppe Cucchi, Generale di Corpo d’Armata dell’Esercito Italiano, consigliere del Ministro della Difesa – Limes, settembre 2013, pp. 189-192

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/10/01/litalia-non-cada-nella-trappola-mediorientale-g-cucchi-generale-e-consigliere-della-difesa/

“La Casa Bianca domanda ai leader ebraici di non fare lobbismo per altre sanzioni contro l’Iran”.

Un titolo surreale, ma reale. E abbiamo anche appreso che Fabius è stato informato che, se la Francia non avesse sabotato le trattative, Israele avrebbe attaccato l’Iran (un bluff?)

http://www.timesofisrael.com/?p=744462

Questa faccenda non ha però NULLA a che vedere con gli EBREI. Ci sono importanti esponenti della comunità ebraica americana all’interno dell’amministrazione Obama che si oppongono alle politiche di Netanyahu. Il problema è il sionismo e il modo in cui viene usato da certi interessi forti transnazionali per ricavarne lauti profitti a spese del genere umano.

A differenza delle potenze occidentali, l’Iran ha rispettato integralmente i protocolli contro la proliferazione nucleare (anche se poteva legalmente abbandonare il Trattato di non-proliferazione nucleare), l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, la CIA e il Mossad (!!!) hanno ribadito che non esiste alcuna evidenza di un programma atomico militare iraniano, un programma atomico civile è perfettamente legale e le aperture iraniane erano state prese sul serio dalla Casa Bianca, da Bruxelles e da Berlino.

Anche perché il ministro degli esteri iraniano aveva lealmente contribuito a salvare la faccia di Obama nell’affare della linea rossa in Siria, prima del voto del Congresso.

Washington e Mosca non vogliono assolutamente farsi coinvolgere nell’ennesimo conflitto medio – orientale voluto da Israele e dalle petromonarchie, ma Parigi ha detto “non”. Si badi bene, la volta precedente è toccato a Londra e così sarà la prossima volta. Stanno equamente dividendosi il fardello del disprezzo del mondo.

La Francia, la potenza nucleare che ha fornito ad Israele il know-how per creare il suo arsenale atomico, non ha più una politica estera indipendente e obbedisce servilmente alla volontà di Israele e dei munifici emiri del Golfo – sì, sto insinuando: Hollande ha in programma una visita in Israele tra qualche giorno e “il principe Bandar avrebbe espresso loro l’intenzione di ridurre la cooperazione con gli Stati Uniti nelle operazioni volte a sostenere i ribelli siriani, rafforzandola invece con altri paesi, tra cui Giordania e Francia”.

http://www.ilmondo.it/esteri/2013-10-23/wsj-riad-pronta-ad-abbandonare-usa-protesta-siria-iran_347336.shtml

http://www.emptywheel.net/2013/11/09/after-reportedly-being-offered-saudi-weapons-sales-france-blows-up-iran-deal/

Sembra di essere tornati ai tempi di Pierre Laval.

Fabius avrebbe fatto naufragare qualunque accordo e continuerà a cercare di silurare le trattative. Il governo “socialista” francese, vigorosamente detestato dall’opinione pubblica francese come nessun altro prima, è un’onta per la storia del socialismo e una minaccia per la stabilità mondiale e per gli interessi italiani ed europei. Poiché, a parte gli inglesi, gli altri paesi europei si sono dissociati dalle posizioni francesi, la prossima mossa, se avessimo dei leader con la spina dorsale e non corrotti o ricattati con le intercettazioni, sarebbe quella di isolare la Francia all’interno dell’Unione Europea. Non succederà, perché questa è la classe dirigente peggiore del dopoguerra.

Nel frattempo il Consiglio Nazionale Siriano ammette di non avere più alcun controllo sui combattenti in Siria. Anche se volesse perseguire delle trattative con Assad la sua volontà sarebbe ignorata – la Siria sta diventando l’ennesimo Afghanistan

http://disquietreservations.blogspot.it/2013/11/update-on-syria-syrian-national.html

I sauditi non sono interessati a un semplice cambio di regime in Siria, ma allo smantellamento di una società eterogenea, laica e tollerante per istituire al suo posto un qualcosa di reazionario, particolarista, integralista, balcanizzato e settario che è arduo chiamare società.

Se Israele e i sauditi avversano le politiche mediorientali di Obama e Kerry significa che queste ultime sono essenzialmente positive per tutti. Forse è uno di quei casi in cui gli interessi statunitensi possono vagamente coincidere con quelli del mondo (magari anche solo come “meno peggio” e “male minore”).

Brzezinski sull’attacco alla Siria e sull’inettitudine di Obama

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…perché ciò che l’uomo semina, quello pure raccoglierà.

Galati 6:7

 

Zbigniew-Brzezinski-MCS

Il temuto Brzezinski – ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale e co-fondatore della Commissione Trilaterale – è sempre stato molto lucido e schietto sulla questione siriana, ben sapendo che Israele e i neocon stavano cercando di far scattare una trappola per Obama:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/09/persino-zbigniew-brzezinski-e-allarmato-non-fate-sciocchezze-in-siria-si-rischia-grosso/

dalle conseguenze disastrose per l’Occidente

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/06/27/il-golpe-anti-obama-e-il-secondo-olocausto-intervista-a-zbigniew-brzezinski/

Non posso nascondere una certa ammirazione per un avversario che gioca di fino e non usa la clava come i neocon.

Per di più la sua analisi della situazione siriana non si discosta sostanzialmente dalla mia:

1. Obama non vuole la guerra;

2. È stato un inetto e si è fatto mettere con le spalle al muro (cf. assurda linea rossa);

3. Ormai è costretto a compiere un gesto simbolico per salvare la faccia;

4. Dovrà cercare di ammansire i russi per fare in modo che l’attacco simbolico non porti ad un’escalation e il tutto possa essere risolto diplomaticamente-politicamente, una volta per tutte (leggi: Israele deve darsi una calmata].

5. [l’ironia della cosa è che, usando questi criteri, Pearl Harbor non era un atto di guerra, ma un attacco chirurgico senza il coinvolgimento di forze di terra, un gesto simbolico – non lo sapevano neppure i giapponesi]

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FAREED ZAKARIA (CNN): Zbigniew, il segretario Kerry ha rivelato alla CNN, nel precedente show, che gli Stati Uniti hanno ora una conferma indipendente che si trattava di sarin. Credi che il caso sia chiuso e sufficientemente importante da obbligare gli Stati Uniti ad agire?

ZBIGNIEW BREZEZINSKI: [sorvola sulla questione sarin, ben sapendo che si tratta di una menzogna] Il fatto è che siamo assolutamente tenuti ad agire. È in gioco la leadership presidenziale, la credibilità americana. Credo che la cosa peggiore sarebbe agire senza determinazione. Il voto del Congresso, per esempio, se si risolve in un nulla di fatto, o se c’è un voto decisamente contro l’intervento, complicherà ulteriormente la questione.

Mi auguro che gli Stati Uniti siano coerenti con gli impegni presi [leggi: stupido Obama, ti avevo ben avvertito di non parlare di linee rosse vincolanti e adesso ti sei cacciato in un vicolo cieco]. Spero che il Congresso sostenga il presidente. E spero che saremo in grado di chiudere questo capitolo che, come hai spiegato [l’intervistatore, l’ottimo Fareed Zakaria, aveva detto: “È difficile non concludere che la gestione dell’amministrazione della Siria nel corso dell’ultimo anno sia stata un caso esemplare di come non andrebbe condotta la politica estera”], è stato gestito davvero in modo inetto dagli Stati Uniti, a livello internazionale.

Ora dobbiamo pensare in una prospettiva più ampia. Dobbiamo chiederci se l’area non stia scivolando verso una situazione esplosiva e che cosa possiamo fare, insieme agli altri [non si riferisce ad Israele, ma a Russia, Iran e Cina, NdT], per evitarlo.

ZAKARIA: Zbigniew, è possibile? Perché, in fine dei conti, si tratta di una guerra civile e, attaccando Assad, stiamo aiutando indirettamente (?) le milizie sunnite che stanno cercando di scacciarlo, la più forte e meglio organizzata delle quali è Al-Nusra, che è strettamente legata ad al-Qaeda. Quindi, finiremo per schierarci in una guerra civile in cui aiuteremo quelli che in Afghanistan e nello Yemen stiamo cercando di uccidere con i droni.

BREZEZINSKI: Oh, hai assolutamente ragione [Quindi Putin diceva il vero e Kerry ha mentito, un’altra volta]. È quel che vado dicendo da quasi due anni. Penso che l’intero approccio sia stato mal concepito. Ma ormai bisogna ragionare nei termini della situazione attuale. Cosa facciamo adesso?

E mi sembra che Obama debba ormai ricorrere a qualche azione militare simbolica, perché si è vincolato mani e piedi. Mi auguro che il paese lo sostenga. Ma, oltre a questo, dobbiamo andare verso una più ampia iniziativa internazionale per affrontare il problema della Siria, anche in un contesto regionale più ampio. Dobbiamo mobilitare non solo le nostre [!] ex potenze coloniali, vale a dire la Francia e il Regno Unito, in uno sforzo comune, e non necessariamente i turchi, anch’essi con una storia di dominio della regione. Dobbiamo anche coinvolgere le potenze orientali, i paesi asiatici, che sono così dipendenti dal flusso costante di olio di questa regione. Sono certamente molto preoccupati di dove questa cosa sta andando a parare.

Ciò comporta anche un qualche impegno russo nonostante il linguaggio aggressivo e offensivo che stanno usando [Brzezinski, polacco, è russofobo e ragiona ancora in termini di Guerra Fredda]. Sai, uno dei più stretti collaboratori del signor Putin ha detto l’altro giorno, testualmente: “L’Occidente si comporta nei confronti del mondo islamico come una scimmia con una granata” [si tratta del vicepremier russo Dmitri Rogozin, che non solo ha totalmente ragione, ma è stato applaudito in vari forum del Guardian, un quotidiano generalmente schierato per l’intervento – a dimostrazione del fatto che l’Occidente ha già perso la guerra massmediatica]

Dobbiamo essere consapevoli del fatto che i russi possono utilizzare questo conflitto, se esplode, per minare la nostra posizione globale in Medio Oriente [ci puoi scommettere, altro che Vietnam].

Dobbiamo creare una situazione in cui sia nel loro interesse partecipare a una più grande iniziativa internazionale per definire le regole del gioco e le soluzioni dei problemi attuali, che vanno oltre la Siria, vale a dire la condizione esplosiva del Medio Oriente [leggi: risolvere le controversie che dividono Israele e Palestina, Israele e Iran – impossibile].

ZAKARIA: Tu conosci Obama. Sei stato consigliere per la sicurezza nazionale. Questa pessima situazione rispecchia un’involuzione nel processo decisionale? Che cosa è andato storto?

BREZEZINSKI: Beh, in un certo senso, credo che un sacco di cose siano andate storte. Penso che il presidente sia diventato contemporaneamente il decisore, il principale portavoce e il pianificatore senza che ci fosse una chiara indicazione di quale fosse la strategia [totale bocciatura dell’amministrazione Obama].

Penso che sia inciampato in una serie di problemi tattici che ora incombono su di noi come pericoli potenzialmente strategici. Questa è una parte del problema.
In secondo luogo, credo che la nostra politica estera in Medio Oriente sia stato essenzialmente ad hoc [parcellizzata]. Non si è mai affrontata la regione nel suo complesso, ma solo in porzioni separate. Penso che stiamo ora iniziando a pagare lo scotto.

Dobbiamo riscattarci questo riguardo. Ma un voto negativo al Congresso potrebbe creare altri problemi, perché stabilirebbe che il presidente non può agire militarmente anche nel caso di missioni militari limitate

 [non ci vedo nulla di male, caro Zbig. Rileggiti cosa dicevano Obama e Biden qualche anno fa, riferendosi alla presidenza Bush:

Il presidente non ha l’autorità costituzionale … per portare in guerra questa nazione… a meno che non sia sotto attacco o che ci siano le prove che stiamo per essere attaccati. E, se lo facesse, chiederei io stesso il suo impeachment.

Joe Biden, attuale vicepresidente, intervista, 2007

La Costituzione non autorizza il presidente ad ordinare unilateralmente un attacco militare in una situazione che non comporta la neutralizzazione di una minaccia reale ed imminente per la nazione.

Barack H. Obama, attuale presidente, intervista, 20 dicembre 2007

I democratici erano pronti a chiedere l’impeachment di Bush, ora i neocon stanno rendendo la pariglia].

BRZEZINSKI: Dobbiamo liberarci di questo malaugurato passato e lanciare un’iniziativa internazionale che coinvolga i principali paesi del mondo che hanno interesse a che questa regione non salti in aria, non solo i paesi occidentali.

In tale contesto, potremmo essere in grado di indurre i russi ad un atteggiamento più conciliante, perché i russi non vogliono essere isolati [17 a 3 al G20 CONTRO l’intervento: chi è isolato?], alla fine, e temono per la stabilità nel Caucaso.

Putin deve gestire le Olimpiadi invernali. Questa è la leva che possiamo usare con intelligenza, se abbiamo una politica a lungo termine per il Medio Oriente nel suo complesso e non solo per le parti più disparate.

http://transcripts.cnn.com/TRANSCRIPTS/1309/01/fzgps.01.html

Interpretiamo le ultime parole di Brzezinski: attento Putin che se non ci dai una mano contro i neocon e sionisti solo perché pensi che ne trarrai vantaggio, i terroristi ceceni e del Daghestan ti rovineranno la festa a Sochi.

Bandar ha detto a Putin: “Ci sono molti valori e obiettivi che abbiamo in comune e che ci uniscono , in particolare la lotta contro il terrorismo e contro l’estremismo in tutto il mondo. La Russia, gli Stati Uniti, l’Unione europea e i sauditi sono d’accordo sulla promozione e il consolidamento della pace e della sicurezza internazionale. La minaccia terroristica sta aumentando anche per effetto dei fenomeni generati dalla primavera araba. È caduto qualche regime ma in cambio si sono allargate molte esperienze di terrorismo, come dimostra l’esperienza dei Fratelli Musulmani in Egitto e dei gruppi estremisti in Libia. … Per fare un esempio, io posso garantire protezione sulle Olimpiadi invernali di Sochi del prossimo anno sul Mar Nero. I gruppi ceceni che minacciano la sicurezza dei giochi sono sotto il nostro controllo e non si muoveranno verso la Siria senza coordinarsi prima con noi. Questi gruppi non ci spaventano. Li stiamo usando contro il regime siriano, ma non avranno nessun ruolo e nessuna influenza nel futuro politico della Siria”.

http://www.telegraph.co.uk/finance/newsbysector/energy/oilandgas/10266957/Saudis-offer-Russia-secret-oil-deal-if-it-drops-Syria.html

http://www.zerohedge.com/news/2013-08-30/dont-show-obama-report-about-who-really-behind-syrian-chemical-attacks
30.08.2013

[Da che parte sta Bandar?]

La via maestra è sempre quella diplomatica – Miliband (UK) e Villepin (Francia)

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Vers un monde nouveau sans rien rompre de ses liens avec son milieu originel, son ambiance antérieure et ses affinités profondes.

Saint-John Perse

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Netanyahu, lo sconfitto

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Se Giordania, Egitto, Canada e Italia si rifiutano di assistere l’attacco americano è perché questa è la volontà della Casa Bianca e del Pentagono. La decisione di Obama di lasciare che sia il Congresso a decidere – ben sapendo che il voto sarà contrario (e farà in modo che lo sia) – è la riprova che Putin, Cameron, Obama e Hollande erano contro un’escalation e si sono accordati per salvare la faccia a tutti e mettere nel sacco Netanyahu; il quale ha ricevuto un messaggio forte e chiaro: NESSUNO INTENDE ATTACCARE L’IRAN.

301199_296336940377443_1554510342_nIl monocolo Polifemo è da sempre il riferimento simbolico degli psicopatici, che vedono il mondo a due dimensioni e non sono in grado di prevedere le conseguenze delle loro azioni (wishful thinking). Vignetta magistrale.

Solo Israele e i neoconservatori americani (che al Congresso saranno attaccati dal Tea Party quando si voterà sull’attacco) vogliono questa guerra e, per qualche ragione che va forse ricondotta agli eventi dell’11 settembre, pare che molti governi cerchino di compiacere questa piccola Prussia mediorientale, anche se solo all’apparenza. Un false flag contro la Tour Eiffel e/o il Big Ben non è un’eventualità piacevole.

http://www.repubblica.it/esteri/2013/08/09/news/parigi_evacuata_tour_eiffel_per_un_allarme_bomba-64543469/

Israele non la prenderà bene e agirà d’impulso, commettendo quasi certamente un errore grossolano. Attendiamo speranzosi che Netanyahu si impicchi con la sua stessa corda e che lo stesso succeda a Bandar e all’Arabia Saudita

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Nel frattempo, riporto i pareri di due leader politici, uno inglese e l’altro francese, che prediligono il dialogo e l’accordo con la Russia e la Cina.

 Mandate for Change

Ed Miliband, leader dell’opposizione laburista al governo conservatore britannico di David Cameron:

“Ci sarà chi crede che il voto di giovedì alla Camera dei Comuni significa che la Gran Bretagna non può aiutare concretamente i civili siriani innocenti che soffrono per una simile catastrofe umanitaria. Non sono d’accordo. Dobbiamo usare l’incontro del G20 della prossima settimana in Russia, che avrà gli occhi del mondo puntati sulla Siria, per cercare di riunire la comunità internazionale e costringere le parti coinvolte nel conflitto verso quella soluzione politica che è indispensabile.

[…].

Alcune persone hanno sostenuto che il significato di questo episodio è che la Gran Bretagna sta facendo un passo indietro rispetto al suo ruolo da protagonista nel mondo. Si è parlato di un giorno cupo e deprimente. Ci sono stati avvertimenti che la Gran Bretagna sta scivolando in un gretto isolazionismo, una dottrina che danneggia nel lungo termine gli interessi del nostro paese e che minaccia la pace e la sicurezza del mondo.

Non sono d’accordo. Gli inglesi sanno che il nostro paese prospera quando ci vogliamo al mondo, non quando ci ritiriamo in noi stessi. E il popolo britannico è disposto ad accettare i nostri obblighi verso gli altri, come lo era quando i miei genitori sono stati accolti come rifugiati in questi lidi al tempo della seconda guerra mondiale.

[…].

I britannici si aspettano però che la politica estera del nostro paese sia condotta in modo diverso da come è stato fatto in questi ultimi anni. A dieci anni dall’inizio della guerra in Iraq, è fondamentale dimostrare che abbiamo imparato la lezione. Ci ricordiamo come le decisioni di allora sono state raggiunte sulla base di prove meno che convincenti, con una perentorietà che ha impedito agli ispettori delle Nazioni Unite di avere il tempo di cui avevano bisogno per riferire. Dobbiamo ricordare anche che le vitali istituzioni internazionali vitali sono state aggirate in momenti cruciali. E dobbiamo ricordare che le conseguenze di un’azione militare non sono stati ponderate a sufficienza.

[…]

Il voto in parlamento ha dimostrato che…ci aspettiamo che la serietà delle nostre deliberazioni corrisponda alla gravità delle decisioni che siamo chiamati a prendere. L’evidenza delle prove deve sempre precedere le decisioni e, indipendentemente dalla forza delle emozioni, i britannici hanno il diritto di attendersi una leadership pacata e riflessiva.

In secondo luogo, quando si tratta di interventi militari, è chiaro che un impegno efficace con le istituzioni internazionali è essenziale. La Gran Bretagna deve quindi sempre cercare di lavorare con le Nazioni Unite e in conformità con il diritto internazionale, non respingendo l’ONU come nel migliore dei casi un fastidio e nel peggiore un ostacolo.

[…]”.

http://www.theguardian.com/commentisfree/2013/aug/30/britain-still-difference-syria

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Dominique de Villepin, ex primo ministro francese e uno dei leader dell’opposizione gollista al governo Hollande:

Non cediamo all’illusione della scorciatoia militare – apparso su Le Figaro, 29 agosto 2013

“L’indignazione per i massacri perpetrati in Siria gas è unanime. Non ci sarebbe peggior politica che non fare nulla. Ma una politica del peggio sarebbe quella di aggiungere guerra alla guerra senza prove inconfutabili e senza strategia. La determinazione del presidente Hollande e dei nostri partner è lodevole, ma  che cosa vogliamo veramente? Punire? Non è il ruolo di un esercito, ma quello di un tribunale internazionale. Placare la nostra coscienza? Farlo a rischio di peggiorare la situazione dei civili sarebbe cinico. Un cambio di regime? Non sta a noi decidere, soprattutto in assenza di un’alternativa credibile.

No, proteggere i civili è il compito primario della comunità internazionale. L’unico dibattito deve riguardare come farlo.

Ciò implica riflettere sulle esperienze passate. La strategia occidentale in Medio Oriente è un vicolo cieco basato sull’illusione di forza che non ho mai smesso di denunciare.

Si oscilla infatti tra la guerra contro il terrorismo e la guerra contro i tiranni. Vorremmo unificare i due obiettivi, ma abbiamo imparato a nostre spese che non è così che funziona la cosa. L’occupazione dell’Iraq ha alimentato un terrorismo senza fine. L’operazione in Libia ha armato, direttamente o indirettamente, tutti i jihadisti del Sahara, portando a una nuova guerra in Mali. Il circolo vizioso non si ferma qui. Preoccupati per l’islamismo in Egitto, consentiamo nuovi colpi di stato che, da sempre, sono un terreno fertile per i tiranni di domani. Dobbiamo una buona volta imparare la lezione in merito al ricorso alla forza. Ovunque, in Libia, Iraq, Afghanistan si è verificato il collasso di una nazione e la destabilizzazione della regione.

[…].
La spedizione punitiva simbolica che incombe su di noi metterebbe a rischio ingranaggi regionali che coinvolgono Libano, Iran e Israele, con pochi benefici per i siriani. Il futuro della Siria, dopo una nuova avventura militare, sarebbe la frantumazione etnica e territoriale e la radicalizzazione degli estremismi.

La Siria non esisterebbe più.

Attacchi di droni su personalità ritenute responsabili della strage sarebbero in linea con la nuova guerra al terrorismo dell’America di Obama. Ma possiamo uccidere gli assassini senza abbattere l’idea stessa di giustizia internazionale ?

Una grande offensiva, con l’obiettivo di un cambio di regime ? Gli stessi stati maggiori occidentali hanno smesso di crederci.

La guerra per procura armando ulteriormente l’opposizione? Ma come prevedere contro chi saranno rivolte queste armi, domani?

Rimane un’ultima opzione, l’azione a fini umanitari, combinando strumenti politici e militari per una strategia sostenibile di corridoi umanitari, zone cuscinetto e soprattutto zone interdizione al volo, l’unica soluzione per evitare massacri ed assumersi la responsabilità di proteggere la comunità internazionale.

Riducendo la violenza, creeremo le condizioni per un necessario intervento.

A volte è necessario effettuare la politica del “meno peggio”. Oggi potrebbe portare a una risoluzione delle Nazioni Unite, sostenuta dal Sud del mondo, e dare un mandato per attuare una no-fly zone o per creare una forza di pace internazionale. Penso che sia possibile, i russi potrebbero accettarla [N.B. Villepin mantiene rapporti molto amichevoli con l’establishment russo, essendo ostile alle politiche anti-russe della NATO].

Con questi strumenti la comunità internazionale avrebbe la migliore occasione per rilanciare i negoziati politici che per il momento si trovano in un vicolo cieco, coinvolgendo le potenze regionali e la Lega Araba.

Non dobbiamo cedere alla tentazione della scorciatoia militare che aumenterà i problemi della regione.

Dobbiamo scegliere invece la via della pace e della responsabilità collettiva”.

http://www.republiquesolidaire.fr/11791-ne-cedons-pas-aux-illusions-du-raccourci-militaire-29082013/

“La politica internazionale , non è un’avventura”.

Nel 2003 si oppose alla guerra in Iraq. Dieci anni più tardi Dominique de Villepin ritiene che l’intervento militare in Siria “non è la soluzione giusta”

“Non credo che possiamo decidere una strategia militare senza una visione politica”, ha detto mercoledì a BFM TV.

Dopo aver precisato che non ci sono prove che Assad abbia usato le armi chimiche [inizio dell’intervista, non riportata dalla sintesi che sto traducendo], pur comprendendo “la volontà del presidente di non rimanere con le mani in mano” dopo la strage di Damasco, l’ex primo ministro ha detto che “degli attacchi militari allontaneranno una soluzione politica e non daranno alcun sollievo al popolo siriano”.

[…].

Per Dominique de Villepin la Francia e la comunità internazionale devono concentrarsi principalmente sulla risposta umanitaria in Siria per proteggere le persone. Questo implica, secondo lui, una migliore organizzazione di “zone cuscinetto”, con “la possibilità di utilizzare corridoi umanitari” e la creazione di una no-fly zone [concordata con i russi e i cinesi, “dettaglio” che la sintesi omette, facendo pensare ad un pretesto per un “cambio di regime” come in Libia che Villepin ha sempre rifiutato categoricamente e condannato nel caso libico].

“Se è per evitare stragi, non è troppo tardi”, dice l’ex inquilino di Matignon .

“L’attacco è un salto nel buio…cosa faremmo se non cambiasse nulla?”. Ha continuato dicendo di aspettarsi una “vera e propria strategia” sul lungo termine e non una “strategia cieca”. “La politica internazionale non è un’avventura ( … ) non credo che la scorciatoia militare sia la soluzione ideale in emergenze complesse”. “La scelta non è tra fare qualcosa o non fare nulla, ma cosa fare e come farlo”.

Perché, secondo lui, “se la Francia decide di impegnarsi militarmente nella guerra civile siriana, ne diventerà parte e sarà responsabile del destino siriano, mese dopo mese, anno dopo anno”.

http://www.republiquesolidaire.fr/11788-villepin-la-politique-internationale-ce-nest-pas-laventure-jdd/

“Qual è il senso di un’azione da parte dei paesi europei o paesi occidentali se viene eseguita al di fuori del diritto internazionale e perfino al di fuori di una logica di efficienza, con il solo desiderio di placare le nostre coscienze?”

“Per almeno un decennio si è prodotta una militarizzazione delle menti nelle democrazie occidentali”. “L’ipotesi è che la risposta a tali disastri dovrebbe essere quasi sempre essere di natura militare”. “Io non la penso così”, ha detto de Villepin, che si era opposto all’intervento francese in Mali nel gennaio 2013.

http://www.republiquesolidaire.fr/11780-villepin-en-syrie-la-solution-militaire-nest-pas-la-bonne-28082013/

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Ex ministro degli esteri francese: UK e Israele (non USA) hanno ordito l’insurrezione siriana

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Roland Dumas, ex ministro degli esteri e capo della diplomazia francese al tempo di Mitterrand

http://it.wikipedia.org/wiki/Roland_Dumas

Da 0:12 in poi:
“Mi trovavo [in Inghilterra] grosso modo due anni prima che iniziassero le ostilità in Siria; ero lì per altre cose, non per la Siria. Ho incontrato dei funzionari inglesi e alcuni sono miei amici che mi hanno informato, sollecitando un mio coinvolgimento, che si stava preparando qualcosa in Siria. In Inghilterra, non negli Stati Uniti. Il Regno Unito preparava l’invasione dei ribelli in Siria. E hanno persino chiesto proprio a me, in quanto ex ministro degli Esteri, se volevo prendervi parte… ovviamente ho risposto negativamente, sono francese, ma non mi interessa. Questo per dire che questa operazione viene da lontano, è stata preparata, concepita, organizzata allo scopo, molto semplicemente, di rimuovere il governo siriano, poiché è importante sapere che, nella regione, il regime siriano ha dei propositi anti-israeliani e quindi tutto ciò che nell’area orbita intorno a… io godo della fiducia del primo ministro israeliano che mi ha detto che l’intenzione era quella di mettersi d’accordo con gli stati confinanti e quelli che non fossero stati d’accordo sarebbero stati abbattuti. Questa è una politica. Si tratta di una concezione della storia, perché no dopo tutto, ma è necessario saperlo”.

Il piano era già stato approntato verso la metà degli anni Cinquanta
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/31/loccidente-e-la-destabilizzazione-della-siria-1957-2011-articolo-del-guardian/

https://twitter.com/stefanofait

Miti da sfatare sulle Coree – informarsi non fa ingrassare

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La situazione coreana è molto più complessa di come la descrivono i media occidentali, più interessati al pittoresco, al sensazionale ed al luogo comune che all’approfondimento.

Le relazioni tra la Cina e la Corea del Nord non sono di buon vicinato, se non addirittura di ferrea alleanza, come normalmente si crede. Se la Cina aiuta la CdN è per ragioni puramente pragmatiche: se la società nordcoreana implodesse si troverebbe in casa centinaia di migliaia di profughi ed una rivoluzione/guerra civile alle porte di casa. La CdN è un grattacapo, non certo una risorsa. La Cina avrebbe tutto da guadagnare dall’unificazione coreana. È già di gran lunga il principale partner commerciale della Corea del Sud e una Corea unificata non avrebbe più bisogno di “ospitare” le truppe statunitensi. Quindi sarebbe nell’interesse della Cina, che non è certamente felice di avere basi americane a poche centinaia di chilometri da Shanghai (e ce ne sono altre 13 in Giappone).

*****

La Corea del Sud (CdS) ha il più alto tasso di suicidi del mondo. È in cima alla classifica anche per numero di ore lavorate (i greci recentemente erano al secondo posto) e per tasso di infelicità dei bambini tra le nazioni “sviluppate” (studio dell’Università Yonsei). Si tratta di una società maniacalmente competitiva, fin dalla scuola materna (il Giappone segue lo stesso modello, ma è un po’ meno ossessivo). Nick Connelly, insegnante di inglese nella Corea del Sud, poco prima di ripartire, quando era già in corso l’escalation di minacce e contro-minacce tra Corea del Nord e Stati Uniti, chiese ai suoi studenti quali siano i loro sentimenti: sei studenti su dieci gli risposero che speravano in un attacco della Corea del Nord perché desideravano morire, non ce la facevano più. Connelly riferisce che è un fenomeno diffuso nelle scuole coreane, dove la pressione è incredibile (Nick Connelly, The west seems more concerned about North Korea than most Koreans, Guardian, 14 April 2013)

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La maggior parte dei sudcoreani (54%) vorrebbe che le truppe americane fossero rimpatriate. Solo il 16% vorrebbe che restassero su base permanente

http://www.angus-reid.com/polls/15427/south_koreans_want_us_troops_to_leave/

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Se gli americani vogliono la pace perché compiono manovre militari a poche miglia dai confini nordcoreani che includono lo scenario di un’invasione della Corea del Nord? È la maniera migliore per evitare l’intensificazione dei sospetti, della sfiducia, della paura e dell’aggressività nella penisola coreana?

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Secondo un sondaggio eseguito nel 2006 per conto dello Jung Ang Ilbo, un importante quotidiano della Corea del Sud, il 54% dei disertori nordcoreani che vivono in Corea del Sud sosteneva di voler tornare in Corea del Nord, se avessero avuto garanzie di non essere puniti. Per questo il governo del Nord ha istituito una politica di grazia automatica

http://english.donga.com/srv/service.php3?biid=2012072371048

Così il tasso di disertori che rientra in CdN è in crescita

koreajoongangdaily.joinsmsn.com/news/article/article.aspx?aid=2957044&cloc=joongangdaily|home|newslist1

Questo è il risultato delle discriminazioni che subiscono da parte dei sudcoreani. Il che ribadisce che la libertà non è tutto e non basta per rendere una società degna di essere considerata democratica. Sentirsi parte di una comunità è essenziale.

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Chi pensa che il regime voglia usare la bomba atomica non sa quello che dice: sarebbe la sua fine.

Chi auspica la linea dura non sa quello che dice: la conurbazione di Seoul (20 milioni di abitanti) si trova a circa 40 km dal confine. In caso di guerra la capitale sudcoreana sarebbe distrutta in meno di un’ora da una tempesta di proiettili di artiglieria: le stime parlano di un numero che oscilla tra i mille ed i 30mila colpi al minuto (non intercettabili). Non è un videogioco: ci sono centinaia di migliaia di vite umane in gioco e anche uno psicopatico capirebbe che la rovina di uno dei maggiori centri economici del pianeta non è nel suo interesse.

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La CdS ha completamente cambiato il suo atteggiamento verso la Corea del Nord dal 2008, con l’elezione alla presidenza del sindaco di Seoul, Lee Myung-Bak, un conservatore che ha posto fine alla politica di distensione che aveva portato al ripristino di voli commerciali, ai lavori per la riapertura della linea ferroviaria Pyongyang-Seoul, al turismo, alla nascita del complesso industriale di Kaesong, ai permessi di ricongiungimento delle famiglie del sud e del nord, separate dalla guerra. Ora la Corea del Nord ha davvero poco o nulla da perdere e non sorprende che i nordcoreani si aggrappino fanaticamente al leader (caricature e insulti razzisti non aiutano, in questo senso). Se era questo l’obiettivo, allora è un successo pieno.

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Il primo governo veramente democratico della Corea del Sud risale al 1992 (ed ogni presidente è stato condannato per corruzione). In precedenza si incarcerava in massa, si torturava, si massacrava (Gwangju, 1980), si facevano sparire i dissidenti, senza che l’Occidente si turbasse più di tanto. Ancora oggi una legge per la sicurezza nazionale fa sì che si possa essere arrestati per aver ricevuto un twitter dalla CdN.

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un ex ambasciatore americano in Corea del Sud ha aspramente criticato la continuità dell’atteggiamento delle amministrazioni USA nella politica di isolamento della Corea del Nord, che spinge quest’ultima sempre più verso la modalità “paranoia” – l’alternativa più sana di mente è il negoziato: “Per quelli che sono disposti ad ascoltare, la Corea del Nord ha chiarito che vuole discutere di un processo di pace che conduca ad un trattato di pace. Un processo di pace necessita di una base di fiducia reciproca, fiducia che manca del tutto tra Washington e Pyongyang, al momento”

http://koreatimes.co.kr/www/news/nation/2013/04/113_133776.html

La crisi coreana spiegata a Dennis Rodman

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a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles

L’uso di minacce e dell’isolamento ai danni di Iran e Corea del Nord è un modo strano e pericoloso di gestire le relazioni internazionali…Se è offensivo per la Corea del Nord parlare di lanciare un attacco nucleare contro gli Stati Uniti (una vuota minaccia, poiché il paese non ha un sistema per farlo), perché dovrebbe essere meno offensivo che gli Stati Uniti avvertano l’Iran che sarà bombardato se non interrompe la sua ricerca nucleare?…Non vi è alcun ipotizzabile scenario in base al quale il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite autorizzerebbe gli Stati Uniti, per non parlare di Israele, ad intraprendere un’azione militare, anche se l’Iran dovesse cambiare idea sul fatto che le bombe nucleari sono non-islamiche e produrne una. Allora perché Washington prosegue con le sue minacce illegali?… Cerchiamo anche di far cadere la finzione della “comunità internazionale” che, almeno nella sua attuale definizione occidentale, significa “gli Stati Uniti e i loro amici”. Per lo stesso motivo, cerchiamo di correggere la miopia intorno al concetto di isolamento. Quando i leader di 120 nazioni si recano a Teheran per ratificare la presidenza iraniana del Movimento dei Paesi Non Allineati, com’è successo lo scorso agosto, erano risibili quei funzionari statunitensi che continuavano a parlare dell’Iran come di “uno stato canaglia”.

A Washington e Whitehall può sembrare ovvio che la comunità internazionale debba armare l’opposizione al presidente siriano Assad, ma non è il punto di vista dell’India, del Sudafrica e del Brasile. Quando i loro leader si sono incontrati con Russia e Cina a Durban il mese scorso, hanno “ribadito la nostra contrarietà a qualsiasi ulteriore militarizzazione del conflitto” e hanno invocato una soluzione politica.

Jonathan Steele, Guardian, 9 aprile 2013

Solo ora diventa chiaro perché le Nazioni Unite siano guidate da una larva smidollata, ex ministro degli Esteri SUDCOREANO come Ban Ki-moon il quale, invece di organizzare una missione ONU neutrale che riporti la pace e rilanci le politiche di apertura tra le due coree (“politica del sorriso” – “sunshine policy”) sabotate da Bush, mette il tutto nelle mani degli Stati Uniti – che sono parte in causa e non sono certo una nazione che ama la pace – rischiando di condannare a morte milioni di compatrioti del nord e del sud. 

Alcuni fatti che i media italiani – come sempre schierati inequivocabilmente con quel Bene che ha benedetto con colpi di stato, destabilizzazioni, sanzioni, embarghi, invasioni e guerre di droni Nicaragua, El Salvador, Cile, Cambogia, Cuba, Laos, Vietnam, Panama, Iraq, Afghanistan, Iran, Pachistan, Yemen, ecc. -, non sembrano desiderosi di comunicare o comunque enfatizzare:

  • Le esercitazioni congiunte di USA e Corea del Sud ora includono anche simulazioni di attacchi preventivi alla Corea del Nord con artiglieria, migliaia di soldati americani, sottomarini nucleari, bombardieri nucleari e oltre 40 aerei da combattimento;
  • Nei media sudcoreani si è cominciato a parlare apertamente di cambio di regime e “guerra asimmetrica” con la Corea del Nord;
  • Gli scenari di guerra americani ora includono l’invasione della Corea del Nord;
  • Sono nate nuove basi americane nella regione e sono stati aggiunti nuovi sistemi di difesa missilistica. Nella famosa e bellissima isola di Jeju (Corea del Sud) sorgerà una delle più grandi basi navali degli Stati Uniti in assoluto – Jeju si trova a c. 500 km da Shanghai e oltre 600 km da Pyongyang;
  • Gli USA possiedono centinaia di basi militari in decine di nazioni [http://www.defense.gov/pubs/BSR_2007_Baseline.pdf];
  • Libia ed Iraq sono stati attaccati ed invasi anche dopo aver rinunciato ai loro programmi atomici e dopo essere stati alleati degli USA;
  • L’amministrazione Obama condanna l’aggressività della Corea del Nord ma intanto programma lanci di missili balistici intercontinentali, fa arrivare in Corea del Sud diversi caccia invisibili F-22 e fa sorvolare l’area da bombardieri B-2;
  • La Corea del Sud è stata una dittatura filo-americana fino al 1987;

Se voi foste un Nobel per la Pace intenzionato a pacificare la regione, agireste allo stesso modo?

Non è mai stata siglata una pace tra Stati Uniti, le due coree e la Cina, dopo la guerra del 1950-53. È in vigore un armistizio, come tra Siria e Israele. La Corea del Nord si considera nuovamente in stato di guerra dal 4 aprile 2013. La stampa di lingua inglese non prende la cosa troppo sul serio.

In generale, l’idea è che una parte (Kim Jong-Un) stia usando la tensione per consolidare la sua base di potere e l’altra (Stati Uniti) per rafforzare le sue alleanze nell’estremo Oriente, in caso di conflitto mediorientale (Siria e/o Iran).

Ma ci sono indicazioni che fanno pensare a qualcosa di più serio – magari non nell’immediato, ma tra non molto.

La nuova amministrazione Obama ha recentemente messo sotto pressione – irragionevolmente – la leadership coreana per un lancio satellitare (del tutto legittimo) che non aveva alcuna possibilità di servire come test balistico (sarebbe legittimo anche quello, per le Nazioni Unite). La cosa è servita come pretesto per aggiungere altre sanzioni ad un paese già stremato (si veda anche l’Iran, un altro paese che ha il diritto di sviluppare un programma nucleare, ma è sotto embargo, illegalmente). E così, il 12 febbraio, per ripicca e per protesta, la Corea del Nord ha eseguito il suo terzo test nucleare. In conseguenza di ciò, il 7 marzo del 2013 è arrivata una risoluzione ancora più restrittiva per le operazioni finanziarie internazionali della Corea del Nord, un colpo terribile per il suo sistema bancario, che non potrà più ricevere alcun aiuto da nessuna banca al mondo. Dopodiché l’amministrazione Obama ha seguito la procedura dell’escalation militare e della prova di forza per mostrare che fa sul serio, finché ha valutato che la corda era molto tesa e rischiava di spezzarsi – “voglio la pace ed una soluzione diplomatica”, dichiara oggi Obama.

La cosa più preoccupante è che è stato chiesto alla Cina di partecipare allo strangolamento economico della Corea del Nord per evitare la militarizzazione americana dell’area (pericolosa per la stessa Cina), senza però che ci sia alcuna garanzia che il do-ut-des sia rispettato dagli americani e che la cosa non sia un pretesto per accerchiare ulteriormente la Cina. Si è creato un circolo vizioso per cui più gli Stati Uniti puniscono la Corea del Nord, più forte è la resistenza dei nordcoreani e quindi più dure saranno le sanzioni successive. Gli analisti cinesi suggeriscono che Washington non abbia alcuna intenzione di risolvere la questione nucleare con Pyongyang perché è utile per portare avanti un’escalation nel Pacifico occidentale e per realizzare esercitazioni militari nella regione che fanno parte dei piani di Obama circa un maggiore impegno strategico americano nel Pacifico (intende spostare la maggior parte della flotta nel Pacifico, come dopo Pearl Harbor).

http://www.counterpunch.org/2013/04/09/whats-annoying-the-north-koreans/

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Ripassiamo la storia recente.

Il 9 ottobre del 2006 la Corea del Nord è diventata la nona potenza atomica mondiale.

Prima di quel test l’amministrazione Bush era divisa tra isolazionisti e diplomatici.

Nel 2003 il Washington Post citava una fonte del Senato che riferiva l’intenzione dell’amministrazione Bush di non ostacolare il programma atomico nordcoreano [“The administration has acquiesced in North Korea becoming a nuclear power”]

http://transcripts.cnn.com/TRANSCRIPTS/0303/06/ip.00.html

perché ciò avrebbe portato all’ulteriore isolamento della Corea del Nord (ma quindi anche alla sua radicalizzazione ed all’effettiva impossibilità di negoziare).

Dopo il test del 2006, Condoleezza Rice si compiaceva del fatto che l’evento aveva spinto la Cina a compiere passi importanti nel contenimento delle aspirazioni nord-coreane

http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2006/10/21/AR2006102100296.html

In ogni fase gli Stati Uniti hanno spostato la linea teoricamente invalicabile, quasi sfidando il regime a procedere oltre. Hanno fatto lo stesso con l’Iran. In entrambi i casi nessuno ha denunciato la manipolazione in corso, per ragioni di opportunità, e perché Iran e Corea del Nord godono di pessima fama – in gran parte meritata – e rendono tutto più facile.

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Nello stesso anno, il 2002, Bush menziona la possibilità di un attacco preventivo alla Corea del Nord e il Nuclear Posture Review del 2002 (un rapporto sulla dottrina nucleare americana) conferma che la Corea del Nord era un possibile bersaglio di un attacco atomico statunitense

http://en.wikipedia.org/wiki/Nuclear_Posture_Review

Cosa fareste se una superpotenza vi mettesse nel suo mirino e sapeste che non si tira indietro quanto si tratta di fare la guerra?

Cerchereste di dotarvi di una difesa poderosa, di un deterrente nucleare.

Tra l’altro, il caso di Saddam Hussein dimostra che anche se uno si libera delle armi di distruzione di massa, verrà attaccato ugualmente. Quindi, tanto vale tenersele.

È esattamente quel che è successo e l’amministrazione Bush non poteva non saperlo: ha adescato i nordcoreani, oppure è responsabile della più stupida e controproducente attività diplomatica dai tempi di Chamberlain. Mike Chinoy, corrispondente della CNN e uno dei massimi esperti di questioni coreane, pensa che sia vera la prima, dato che ogni volta che la Corea del Nord interrompeva il suo programma in cambio di aiuti e pace accadeva qualcosa che la rendeva insicura sulle reali intenzioni americane e la spingeva a rilanciarlo:

http://www.amazon.com/Meltdown-Inside-Korean-Nuclear-Crisis/dp/B005ZOBFIC

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Altrimenti come si spiega la vicenda del Banco Delta Asia?

“Al dialogo dei sei del 19 settembre 2005 venne firmata una dichiarazione di principi sul disarmo nucleare tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Democratica della Corea (DPRK)…L’inchiostro si era appena asciugato sul documento quando, immediatamente, gli Stati Uniti violarono uno dei suoi punti principali. Anche se secondo l’accordo gli Stati Uniti erano tenuti a cominciare a normalizzare le relazioni con la Corea del Nord, proprio il giorno seguente annunciarono l’imposizione di sanzioni sui conti nordcoreani depositati nella sede del Banco Delta Asia di Macao, con il pretesto che questa banca fosse usata per mettere in circolazione valuta contraffatta. Se ci fosse o no qualche fondamento all’accusa deve ancora essere dimostrato (anche se c’è più di un motivo di scetticismo). L’esperto di contraffazioni tedesco Klaus Bender crede che, dal momento che la valuta USA è stampata su carta esclusivamente prodotta in Massachusetts, usando inchiostro basato su una formula chimica segreta, “è inimmaginabile” che chiunque altro, oltre agli americani “potrebbe conseguire questi materiali”.

http://www.resistenze.org/sito/os/mo/osmo6m27-000746.htm

La questione si risolse nel 2007, con lo scongelamento dei fondi nordcoreani:

http://www.asianews.it/notizie-it/Scongelati-i-fondi-di-Pyongyang-a-Macao,-atteso-lo-stop-al-programma-nucleare-8964.html

È assai probabile che il vero obiettivo di queste schermaglie sia la Cina e che una Corea nuclearizzata sia un’ottima schermatura mimetica delle reali intenzioni americane: “non ce l’abbiamo con la Cina, ma con la Corea del Nord!”. Che è poi quello che succede con i missili patriot in Polonia (“non sono contro i Russi, ma contro gli Iraniani!”) e in Turchia (“non sono contro gli Iraniani, ma contro i Siriani!”) o con le difese antimissile israeliani (“non servono per fare la guerra all’Iran, ma per difenderci da Hamas!”).

Il “giochino di prestigio” è un filino stantio, ormai, ma con le opinioni pubbliche semianalfabete dell’Occidente funziona sempre a meraviglia.

Ci troveremo ingolfati in una guerra mondiale e il 90% della gente non avrà capito come diavolo sia successo:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/verso-la-terza-guerra-mondiale.html

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/terza-guerra-mondiale-scacchiera-pezzi.html

Gli Stati Uniti sembrano aver calcolato che il gioco valeva la candela: la bomba nordcoreana in cambio di un isolamento perpetuo ed una costante spina nel fianco delle tre potenze dell’Estremo Oriente che funga anche da cuneo per dividerle. Con il valore aggiunto della possibilità di mantenere le basi militari americane in Giappone e Corea del Sud nonostante la contrarietà delle due popolazioni.

Una crisi perpetua è quel che ci vuole per rafforzare lo schieramento anti-cinese nell’Estremo Oriente in vista di un possibile scontro, sempre smentito a parole, ovviamente, ma quasi inevitabile, se si considera il mondo una scacchiera:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/10/brzezinski-atlantide-e-la-supernova/

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http://temi.repubblica.it/limes/il-contenimento-della-cina/40968

Che la situazione sia più complessa di quel che ci è stato fatto credere è testimoniato dal fatto che la Corea del Nord aveva già suggerito (2009) di essere pronta a tradire la Cina, se avesse ricevuto consistenti aiuti dagli Stati Uniti – gli Americani riferirono subito la cosa ai Cinesi, che ora si mostrano più prudenti (era l’occasione giusta per risolvere la questione, invece si è provveduto ad isolare ulteriormente la Corea del Nord):

http://www.ft.com/intl/cms/s/0/9e2f68b2-7c5c-11e2-99f0-00144feabdc0.html#axzz2Q9e4r3Un

Dopo la fine della guerra fredda c’erano state diverse opportunità per integrare pacificamente la Corea del Nord in un consorzio nord-asiatico sul modello dell’Unione Europea – progetto che piace a molti statisti, industriali e diplomatici giapponesi, cinesi e coreani, anche se non viene pubblicizzato molto, e che sta decollando in questi anni:

“Ad area di libero scambio ultimata, i tre giganti dell’Asia potranno contare su un livello di efficienza e integrazione tale da eliminare qualsiasi concorrente”

http://economia.panorama.it/mondo/Cina-Giappone-e-Corea-del-Sud-creano-il-loro-mercato-comune

Nei primi anni ’90 c’erano stati degli abboccamenti tra Corea del Nord e Giappone ed il ripristino delle relazioni diplomatiche. La Corea del Nord era disposta ad offrire la pace in cambio di generose compensazioni per il dominio coloniale subito dal Giappone. L’opinione pubblica giapponese era ben disposta, la classe dirigente giapponese sa che la Corea del Nord è l’unico ostacolo ad un corridoio commerciale euroasiatico (con tunnel sottomarini, ferrovie, gasdotti, la PESETO, una mega-autostrada che dovrebbe congiungere Pechino e Tokyo passando per Seoul) che renderebbe il Giappone meno dipendente dall’egemonia americana nel Pacifico.

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Nel 1991 le due Coree avevano siglato un trattato di non aggressione. Ancora nel 2002 ci si sforzava di fare dei passi in avanti in tal senso:

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2002/09_Settembre/17/giappone.shtml

Poi è arrivato il test atomico e così gli aiuti economici disperatamente necessari sono sfumati. Si è data la colpa agli imprevedibili ed inaffidabili nordcoreani, ma perché escludere a priori la possibilità che gli Stati Uniti abbiano un qualche interesse a vedere la nascita di un’Unione dell’Estremo Oriente (prospettiva impensabile finché la Corea del Nord rimarrà una mina vagante) e quindi siano intenzionati a sabotare ogni possibile accordo?

Una Corea del Nord nucleare avvantaggerebbe i piani americani per la conservazione del dominio globale – indispensabile per tenere in vita il dollaro e l’economia statunitense -, in qualità di unica superpotenza, e non è irragionevole notare come le minacce americane di attacco preventivo, le manovre militari congiunte davanti alla coste nordcoreane e le sanzioni abbiano avuto come risultato proprio quello di accelerare il programma atomico coreano (un po’ come avviene in Iran).

Allo stesso modo in cui la Guerra al Terrore è pensata per fallire, in quanto è solo un pretesto per fomentare il terrorismo in popolazioni risentite, giustificando così un perpetuo attivismo bellico americano, la Guerra alla non-proliferazione nucleare è concepita per favorirla e legittimare futuri interventi “pacificatori”. Non è certo la stabilità di un nuovo ordine mondiale l’obiettivo finale, ma un incessante contrapporsi di popoli e nazioni.

In un certo senso, si potrebbe dire che il famoso tema del Nuovo Ordine Mondiale è uno specchietto per le allodole: impedisce di capire che il dominio è già una realtà tangibile e che l’unico rimedio è un’alleanza di popoli che ponga fine ad ogni progetto egemonico di qualunque superpotenza e quindi elevi a parità di status i paesi del Terzo Mondo (che altrimenti resteranno eterne colonie oppure stati canaglia da attaccare al momento opportuno).

Il già citato Nuclear Posture Review del 2002 elencava le nazioni attaccabili: Iraq (fatto), Libia (fatta), Siria (in corso), Iran (a breve), Corea del Nord (a breve?), Russia e Cina. In piena continuità, si badi bene, con l’amministrazione Clinton:

In questo senso Bush mantiene una assoluta continuità con Clinton che, in un Rapporto di cinque anni fa (1997, NdR), rimasto allora segreto, denominato Presidential Decision Directive (PDD-60), prevedeva appunto uno spostamento dell’attenzione strategica dalla Russia alla Cina e introduceva per la prima volta l’indicazione delle cinque rogue nations indicate anche da Bush (Iraq, Iran, Corea del Nord, Libia e Siria) come possibili obiettivi di un attacco americano. […]. In questo modo il Pentagono sconfessa gli accordi internazionali che prevedono che non si usi l’armamento atomico contro paesi che non ne siano a loro volta dotati, e si arroga il diritto di scegliere senza nessun vincolo come garantire la propria sicurezza.

http://www.thefederalist.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=560&lang=it

Ripeto: chi non si armerebbe sapendo di essere sulla black list del bullo di turno?

Il ‘Nuclear Posture Review’ di Obama (2010) esclude attacchi a potenze non-nucleari che non cerchino di sviluppare armi atomiche. Il che significa che Iran e Corea del Nord (oltre a Cina e Russia) sono ancora nel mirino.

 kim-rodman-hug_2496688k

Ora il giovane leader nordcoreano Kim Jong-Un l’ha fatta grossa; forse per tenere a bada certi ambienti militari, come sostiene una ex spia nord-coreana (???)

http://it.euronews.com/2013/04/11/ex-007-nord-corea-kim-jong-un-minaccia-per-dimostrarsi-all-altezza/

Oppure per arrivare ad una crisi come quella cubana che ponga fine all’escalation una volta per tutte

https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_dei_missili_di_Cuba

Credo che Dennis Rodman abbia avuto quella funzione

http://www.lastampa.it/2013/03/01/esteri/rodman-e-la-diplomazia-del-canestro-incontra-kim-jong-un-amici-per-la-vita-NwUYupKLt0uO1uzuFtpZMO/pagina.html

Se è così potremo constatare se Obama è un nuovo Kennedy, oppure se è un burattino che, volente o nolente, obbedisce a poteri sovrastanti.

Nel primo caso la leadership coreana avrebbe fatto una mossa rischiosa ma eccellente. Nel secondo caso il giovane leader nordcoreano amante del basket avrebbe fatto il gioco degli americani e messo nelle peste i cinesi (e i russi): ora gli Stati Uniti hanno il jolly del nuovo leader incontrollabile da giocarsi con le Nazioni Unite e hanno potuto schierare sistemi di intercettazioni anti-missile che potranno essere usati per bloccare un attacco cinese in risposta ad un’eventuale aggressione americana alla Corea del Nord.  La vittoria sulla Corea del Nord e la riunificazione delle Coree dimostreranno che gli USA sono ancora i numeri 1 nel mondo.

Gli Stati Uniti manterranno uno stato di tensione fino a quando non decideranno che è il momento giusto per attaccare la Cina (per questo serve Obama, l’insospettabile). A quel punto faranno in modo di farsi attaccare dalla Corea del Nord – facendole credere che un loro attacco preventivo è imminente – per coinvolgere la Cina. La Corea diventerà il teatro di un conflitto atomico regionale in cui gli USA sperano forse di potersi prendere la rivincita per lo stallo imposto dai cinesi nel 1953 (nel 1951 il generale Douglas MacArthur aveva ventilato l’ipotesi di un attacco atomico alla Cina ed era stato rimosso dal comando delle forze alleate). Sono lieto di non vivere nei paraggi.

Con l’Iran questa tattica è impossibile, perché Israele non è la Corea del Sud (o il Giappone) e non ha alcuna intenzione di temporeggiare, anche perché è convinto che il suo sistema di difesa anti-missile, testato con Hamas, sia adeguato o lo stia per diventare:

“Il conflitto fra Hamas e Israele, conclusosi con una tregua, è a prima vista l’ ennesimo episodio di una resa dei conti ripetuta a cicli regolari. Eppure, secondo Usa e Israele, c’ è un’ altra chiave di lettura: l’offensiva è servita come prova generale per un eventuale scontro armato con l’Iran”.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/11/24/nella-striscia-le-prove-per-una-guerra.html

Per il resto la situazione è molto simile, con gli USA che parlano di pace ma appoggiano una fazione contro l’altra.

Un precedente storico è lo sguinzagliamento del Giappone contro l’impero russo da parte dell’impero britannico nella guerra del 1904.

Questo è il comportamento delle superpotenze quando non esiste un’alleanza di nazioni del mondo capace di imporre soluzioni diplomatiche.

*****

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A noi piace pensare (narcisisticamente) che i nordcoreani siano selvaggi irrazionali o umanoidi robotizzati guidati da pazzi mitomani, mentre noi siamo cittadini razionali, informati e governati più spesso che no da leader che non farebbero mai certe cose.

In fondo noi incarniamo il Bene, nonostante le varie defaillance, e quindi possiamo prenderci gioco degli altri, umiliarli, ucciderli. Le liste nere di “omicidi mirati con droni” e di “guerre mirate preventive” sono un lavoro sporco che produce “danni collaterali” ma che va portato a termine per garantire un futuro migliore per tutti.

Ogni volta ci caschiamo come degli imbecilli e i guerrafondai non devono neppure sforzarsi di alterare la propaganda – usano gli stessi, identici slogan, cliché, vocaboli:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/21/iraq-2002-iran-2012/

Anche i tedeschi buoni furono bombardati. Anche quelli contrari alle guerre naziste ma che non riuscirono a fermarle ci lasciarono la pelle.

Tra i sopravvissuti ci sarà chi avrà la coscienza a posto e chi si sentirà in colpa per il resto della sua vita.

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