Testa la tua resistenza al lavaggio del cervello che abbiamo subito e stiamo subendo
15 aprile 2016 a 17:13 (Miti da sfatare, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto, Verità scomode)
Tags: arabi, cambi di regime, discorso di Gheddafi, Gheddafi, Islam, islamofobia, Israele, Libia, Palestina, Territori Occupati, unità araba
La guerra civile libica e l’Impero del Caos
29 dicembre 2014 a 13:50 (Verità scomode)
Tags: Bengasi, ENI, gas, Gheddafi, guerra civile, guerra civile libica, Impero del Caos, interessi italiani, Isis, islamisti, jihadisti, Libia, petrolio, Tripoli
L’esercito libico ha effettuato per la prima volta raid contro alcune roccaforti islamiste a Misurata, la città da dove proviene la maggior parte delle milizie che si sono impadronite della capitale Tripoli. Lo riferisce una fonte militare. I raid contro la terza città della Libia, situata a 200 km a est della capitale, sono i primi dalla caduta del colonnello Muammar Gheddafi nel 2011
http://africa.blog.ilsole24ore.com/2014/12/28/libia-raid-aerei-contro-roccaforti-islamisti/
A rendere esplosivo il conflitto libico è proprio questa miscela di interessi energetici e islamismo. L’ultima notizia è che i depositi di carburante di Es Sider, vicino a Ras Lanuf, in Cirenaica, sono in fiamme per gli scontri tra le milizie del governo autoproclamato di Tripoli [sostenuto da Turchia e Qatar, NdR] e quelle del governo “legittimo” di Tobruk [che gode dell’appoggio di Egitto ed Emirati Arabi Uniti, NdR]. Ma di legittimo in questo Paese non c’è nulla. È in corso una lotta a coltello per il controllo di gas e petrolio e la spartizione di profitti. Il governo di Tobruk, appoggiato dagli stati del Golfo e dall’Egitto, che lo tiene in pugno con le milizie del generale [già gheddafiano, NdR] Khalifa Heftar, sta mettendo in piedi un circuito alternativo per gestire i ricavi energetici con lo scopo di tagliare fuori i rivali. L’altro governo, quello di Tripoli, sostenuto dagli islamici di Alba Libica e dalle milizie di Misurata, sta replicando con attacchi ai due grandi porti dell’export, Es Sider e Ras Lanuf, in Cirenaica.
L’Unione Europea si trova dunque con l’incubo della bandiera nera dell’Isis alle porte di casa, separata da un braccio di mare… Nell’indifferenza del mondo, questa città strategica di 80mila abitanti, adagiata su una ridente baia della Cirenaica a 200 km da Bengasi, era divenuta una sorta di città-Stato, sfuggita al controllo del governo di Tripoli. Tanto che il 25 giugno, il giorno delle elezioni parlamentari, tutti i seggi di Derna erano rimasti chiusi. Perché Derna non era più la Libia.
A dire il vero la città è sempre stata una spina nel fianco di Gheddafi. Dal 2005 al 2007 era stata la fucina degli jihadisti libici pronti a immolarsi in Iraq.
Questi miliziani sono gli stessi che combattevano contro Gheddafi.
I bombardamenti NATO hanno portato a una Libia spaccata in 3:
- il governo dei Fratelli Musulmani a Tripoli (presente anche a Bengasi);
- il governo “legittimo” filo-egiziano di Tobruk (votato dal 18 per cento degli aventi diritto al voto);
- il feudo del Califfato a Derna (presente anche a Bengasi).
Il problema è che l’Italia, come diversi altri paesi europei, si trova nel mezzo di un “dilemma diplomatico”, come l’ha definito Karim Mezran del centro studi sul Medio Oriente dell’Atlantic Council. Appoggiare il governo ufficiale della Libia, quello che ha sede a Tubruq ed è stato votato dal 18 per cento degli aventi diritto al voto lo scorso giugno, significherebbe rompere i rapporti con gli islamisti dell’ovest. Cioè significherebbe danneggiare gli interessi dell’ENI, e creare grossi problemi di sicurezza all’ambasciata italiana a Tripoli, l’unica che è rimasta aperta senza interruzioni dalla caduta di Mu’ammar Gheddafi.
http://www.ilpost.it/2014/12/05/libia/
Qualcosa del genere è già accaduto in Iraq e in Siria, nello Yemen, in Somalia, in Afghanistan e nel Mali:
Il caos accompagna sempre ogni “intervento umanitario” dell’Occidente.
Siamo la Nuova Atlantide, l’Impero del Caos
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2014/09/24/isis-e-la-rivoluzione-globale/
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2014/09/26/isis-e-la-terza-guerra-mondiale/
http://www.futurables.com/2014/11/01/il-nascente-nuovo-ordine-mondiale-post-coloniale/
http://www.futurables.com/2014/11/02/vladimir-putin-prospettive-sul-futuro-qa-a-sochi/
I cinque Paesi del Sahel – Mauritania, Ciad, Niger, Mali e Burkina Faso – si sono riuniti oggi a Nouakchott e chiedono “un intervento internazionale” contro i gruppi armati in Libia, “in accordo con il Consiglio di Sicurezza“.
All’Impero del Caos interessa spargere caos. Dato che la Libia è già nel caos, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non deciderà in favore di un intervento in Libia.
La crisi egiziana in 23 cinguettii – il vaso di Pandora è scoperchiato
26 agosto 2013 a 08:12 (Controrivoluzione e Complotti, Guerra al Terrore, Resistenza e Rivoluzione, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto, Verità scomode)
Tags: africani, al-Sisi, arabi, Arabia Saudita, Argentina, armi di distruzione di massa, Assad, Blair, Boeing, cecchini, chiese, CIA, Cile, colpo di stato, Costituzione, cristiani copti, Danimarca, Ebrei, Egitto, esercito egiziano, fascismo, Fratelli Musumani, General Electric, Gheddafi, giornalisti, giornalisti stranieri, golpe, golpisti, Hamas, Hezbollah, Iran, islamisti, Israele, Kerry, laici, laicità, Lega Nord, leghisti, libertà di stampa, Lockheed Martin, Morsi, multinazionali, NATO, Northrop Grunman, Orwell, Pinochet, regime, regime golpista, Saddam Hussein, salafiti, sharia, Sikorsky, sionisti, Sisi, Skull and Bones, Tony Blair, Turchia, Videla
- – il regime golpista s’inventa un legame tra Fratelli Musulmani e Al Qaeda: a quando l’accusa di detenere armi di distruzione di massa?
- – sto ancora aspettando le prove del legame tra Al Qaeda e Saddam Hussein: dovremo aspettare all’infinito anche in questo caso?
- – Morsi non uccideva, non arrestava in massa, non torturava. L’esercito sì, prima e dopo di lui. Chi è terrorista?
- – la costituzione approvata con un referendum a dicembre 2012 conteneva le stesse disposizioni sulla Sharia della costituzione del 1971. Com’è che il “popolo” si è convertito al laicismo nel giro di pochi mesi?
- – la moglie del Videla egiziano, al-Sisi, indossa il niqab (velo integrale): è questo il campione dell’anti-islamismo?
- – il premier egiziano ad interim ha raccomandato lo scioglimento dei Fratelli Musulmani, giusto per impedire che possano trionfare nuovamente alle prossime elezioni. In genere questo si chiama fascismo. Lo facevano le dittature sudamericane contro i comunisti, i socialisti e i socialdemocratici.
- – nessun giornalista straniero sarà accreditato in Egitto senza l’approvazione dell’intelligence del regime e dell’esercito.
- – cecchini totalmente fuori controllo: sparano a donne e persino alle auto sull’autostrada per l’aeroporto http://www.independent.co.uk/news/world/africa/the-police-keep-firing-the-bodies-pile-up-in-cairo-bloodbaths-are-now-a-daily-occurrence-8771529.html
- – musulmani hanno formato una catena per proteggere una chiesa cristiana copta durante una messa: il mondo come potrebbe essere, se l’Occidente non continuasse a interferire https://www.facebook.com/photo.php?fbid=570460449683829&l=ea081c8eb3
- – Lockheed Martin, Northrop Grunman, General Electric, Boeing, Sikorsky sono i principali beneficiari dei miliardi di dollari che i contribuenti americani sono stati costretti e sono ancora costretti a versare all’esercito egiziano annualmente
- – il fascismo che non è fascismo, la democrazia che non è democrazia, il golpe che non è golpe, il massacro che non è massacro – Orwell preveggente
- – Invece di usare gli idranti, Sisi è andato subito al sodo, il sodo del piombo: esperti pensano che la terribile repressione doveva servire a indurre i Fratelli Musulmani a ricorrere alla violenza, e fornire così una protesta per farsi massacrare più rapidamente e massicciamente http://www.nytimes.com/2013/08/17/world/middleeast/attacks-on-protesters-in-cairo-were-calculated-to-provoke-some-say.html?_r=0 …
- – al-Sisi – il Pinochet egiziano – ha accusato Morsi di aver complottato con Hamas, il nemico storico di Israele
- – Non funziona sempre come a Tienanmen. I tank egiziani falciano con il piombo un manifestante disarmato, invece di manovrare http://www.youtube.com/watch?v=BhaEM_2QC9g&feature=youtu.be
- – il messaggio a reti unificate dei media controllati dai golpisti: “L’Egitto combatte i terroristi”
- – Turchia, Iran, Hezbollah, Hamas schierati con Morsi / Tony Blair, neocon, sionisti, Israele, Arabia Saudita (12 milioni di dollari a fondo perduto), salafiti (destra islamista: 28% dell’elettorato egiziano che considera i fratelli musulmani moderati), leghisti e destre radicali occidentali con al-Sisi
- – se Morsi avesse ordinato queste stragi – prima mensili, ora quotidiane – come avrebbero reagito i leader e media occidentali?
- – dittatura militarista golpista sospinta da masse tripudianti che approvano il massacro degli avversari: un tempo si chiamava fascismo
- – dopo i primi 2 massacri “Skull&Bones” Kerry ribadiva che l’esercito era intervenuto per “ripristinare la democrazia”. Dopo i 700 morti del terzo eccidio parla di “eventi deplorevoli”. Nessuna condanna.
- – la Danimarca ha interrotto ogni accordo economico con l’Egitto. Obama li ha confermati.
- – come mai il dittatore Sisi non è il nuovo Hitler dei media occidentali, come è successo a Saddam Hussein, Gheddafi, Assad, ecc.? Forse perché sta dalla parte “giusta”? E’ il “nostro” Hitler?
- – i laici egiziani, che alle elezioni prendono percentuali a una cifra, hanno intenzione di ricorrere ai militari ogni volta che perdono le elezioni?
– quando i soldati egiziani – in larga parte musulmani – decideranno che massacrare civili egiziani musulmani è contro la loro fede e la loro coscienza, non sarà solo al-Sisi a fare una brutta fine…
La crisi egiziana è l’ennesimo spolpamento di una nazione da parte del FMI e l’ennesima destabilizzazione sionista di una nazione confinante, realizzata grazie ad al-Sisi, grande amico della famiglia reale saudita, che gli ha regalato 12 MILIARDI di dollari.
L’esercito egiziano, come quello israeliano, è virtualmente parte della NATO. Ha armi NATO, soldi NATO, si esercita con la NATO. Il generale golpista è stato addestrato dalla NATO negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Israele e l’Egitto sono basi avanzate della NATO e sono pedine sacrificabili in vista di un disegno più vasto.
Non mi è invece chiara la strategia israeliana: sembra che stia compiendo un mucchio di passi falsi nella convinzione che siano quelli giusti. Pensano di essere molto più furbi di quello che sono, oppure lo sono veramente? Pensano davvero di essere loro a controllare la NATO?
Io penso che stiano mettendo a repentaglio la vita di milioni di ebrei, arabi, africani, “occidentali” innocenti. La stessa esistenza di Israele non è più certa. Perché collaborano con chi li vuole morti (es. i neocon, che vogliono far avverare l’Armagedon e Armageddon = distruzione di Israele)? Pensano che alla fine li faranno fessi? Io non prenderei mai un rischio del genere.
*****
Pepe Escobar ha scritto un bel pezzo in cui ricalca le “mie” posizioni MA, sul finale, si distacca e suggerisce che neppure Israele possa essere sicuro di quali siano le reali intenzioni di Sisi, che sembra più interessato al potere in quanto tale e quindi potrebbe anche disallinearsi, se gli convenisse.
Questa è un’opzione che non avevo considerato e può essere vera:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=12204
Secondo me, finora, in tutte le analisi, manca la questione chiave. Sappiamo che neocon e liberal stanno combattendo la loro guerra civile americana non dichiarata in tutto il mondo e specialmente in Siria e in Egitto. I neocon vogliono lo scontro finale con l’Iran e i BRICS, i liberal preferiscono le rivoluzioni colorate, perché sanno che l’America perderebbe una guerra del genere.
Questo golpe è stato festeggiato dai neocon e quindi dovrebbe essere una sconfitta per Obama, che infatti viene sbeffeggiato dai manifestanti pro-golpe con manifesti che lo chiamano “la puttana di Morsi” (!!!).
Ma, se diamo ragione a Escobar, chi può dirsi certo che Sisi non cambierà alleanze?
E, dopo i massacri, perché i Fratelli Musulmani dovrebbero fidarsi di Obama?
Può succedere ancora di tutto, ma una cosa mi pare certa: non è un golpe anti-NATO, perché neocon e liberal sono pro-NATO e l’esercito egiziano non esisterebbe senza la NATO
L’Egitto, i bulldozer, le vittime della repressione, l’orrore del golpe – per tutti quelli che “il golpe era il male minore” (lo dicevano anche Videla e Pinochet)
“Ora sono diventato la morte, il distruttore dei mondi” – 100, 1000 Waco
23 dicembre 2012 a 08:31 (Controrivoluzione e Complotti, Guerra al Terrore, Verità scomode)
Tags: aggressori, anarchia, antisemitismo, armi, armi d'assalto, armi semiautomatiche, Assad, bambini, bando, campi di concentramento, caos, civili, corsa agli armamenti, danni collaterali, democrazia, divieto, droni, Ebrei, escalation, familismo, fascismo, fiducia, Gheddafi, Giapponesi, governo federale, guerra civile, guerriglia, guerriglia urbana, guerrilla, individualismo, insicurezza, insurrezione, internamento, legge marziale, linciaggio, miliziani, milizie, nativi americani, nazionalisti, neri, Netanyahu, Obama, olocausto, Pachistan, Pakistan, proibizione, punto di non ritorno, resistenza armata, Ruby Ridge, Sandy Hook, secondo emendamento, sicurezza, sovversione, Stati Uniti, Timothy McVeigh, tortura, uccisioni mirate, veterani, violenza, vittime, Waco
“A tutti quelli che vorrebbero proibire le armi dico solo che se gli ebrei europei avesse avuto il diritto di portare armi prima dell’Olocausto i nazisti e i loro collaboratori avrebbero avuto un bel daffare nell’attuare la “Soluzione Finale”. (Questo tipo di situazione era precisamente il motivo per l’introduzione del 2° emendamento – serviva ad eliminare il monopolio di Stato sulla violenza, armando la popolazione). Questo è il problema fondamentale che riguarda il controllo delle armi in America. Senza un’arma da fuoco si è in balia del linciaggio, la vostra sicurezza dipende dalla buona volontà degli altri cittadini. Se improvvisamente questi se la prendono con te perché sei ebreo, musulmano, nero, gay, o qualsiasi altra cosa, allora tanti saluti. Per questo esiste un’associazione ebraica in favore del secondo emendamento come baluardo contro l’antisemitismo e per la stessa ragione il movimento delle Pantere Nere (Black Panther) lottò strenuamente contro il divieto di portare armi. Un’arma da fuoco dà alle minoranze una serie di diritti che non potrebbero altrimenti essere protetti, in particolare la garanzia di protezione dalla tirannia”.
Anonimo
Questo è il punto di vista di molti difensori del secondo emendamento negli Stati Uniti. Non lo condivido – come ho già scritto qui – ma chiunque può capire che ci può essere molta gente pronta a morire per questo ideale. Molta gente che non può essere dichiarata malvagia o fanatica. Ha le sue ragioni, magari non condivisibili, ma la vicenda dell’assedio di Waco e di quel che vari governi americani hanno fatto ai cittadini nativi americani, giapponesi, musulmani e neri (uccisi, internati, torturati, incarcerati a milioni) e ai civili non-americani nel mondo (ora si usano i droni) – oltre all’esame di quel che le recenti leggi autorizzano il governo a fare – non può essere trascurata nel nostro giudizio complessivo.
Com’era prevedibile, l’annuncio che si sta pensando di vietare la vendita di un certo tipo di armi e caricatori ha fatto impennare gli acquisti. In tre giorni si sono vendute armi e munizioni per una quantità che normalmente equivale a 3 anni e mezzo di commercializzazione e l’industria degli armamenti americana non è in grado di soddisfare le richieste: ci vorranno mesi prima che le consegne siano completate.
Il che significa che prima che la legge sia approvata il numero di armi d’assalto in circolazione sarà aumentato a dismisura (come quello di armi non registrate).
È evidente che l’America sarebbe un posto molto più sicuro se ci fossero meno armi in circolazione, ma questo lo sanno anche i cittadini americani che vogliono tenersi le loro armi.
È l’individualismo che li spinge a concepire l’idea che un certo numero di morti innocenti sia tollerabile per potersi sentire meno passivi e meno vulnerabili, per poter (pensare di) avere un certo livello di controllo personale sulla propria sicurezza. Il loro interesse principale non è la sicurezza della società ma la sicurezza della propria famiglia. Una logica della corsa agli armamenti devastante per la società perché più sono le armi in circolazione, meno ha senso essere tra quelli che si faranno trovare disarmati nell’affrontare dei loro potenziali aggressori. È come essere in piena Guerra Fredda.
È possibile che la popolazione possa essere disposta a disfarsi delle armi semiautomatiche, ma solo a patto che il governo federale sia considerato in grado di bandirle totalmente. Ma i cittadini che si sono armati l’hanno fatto proprio perché non si fidano né dell’efficienza né della buona fede del governo federale.
Negli Stati Uniti si è superato il punto di non ritorno, ma la maggior parte dei cittadini americani non vuole affrontare la tragica realtà dei fatti.
Ad un’escalation proibizionista corrisponderà un’escalation del risentimento, della paura, dell’aggressività.
Questa è la ragione per cui, nel futuro dell’America, ci sono centinaia, forse migliaia di Ruby Ridge e Waco.
E migliaia di Timothy McVeigh si stanno preparando alla guerra contro il governo federale
http://it.wikipedia.org/wiki/Timothy_McVeigh
Se consideriamo l’incapacità dimostrata dall’esercito americano di sconfiggere ribelli muniti di armi leggere in diversi paesi asiatici, non è chiaro come l’amministrazione Obama possa pensare di far applicare una legge che vieta le armi d’assalto senza far piombare la nazione nel caos per diversi anni, con migliaia di morti. Quanti soldati americani diserteranno e si schiereranno con i loro concittadini? Non svegliare il can (la guerriglia) che dorme, si dice.
Sarà interessante osservare l’arrampicata sugli specchi di chi proverà a dimostrare le “evidenti” differenze tra le azioni di Gheddafi/Assad/Netanyahu e quelle del Nobel per la Pace B.H. Obama.
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Scrive George Monbiot sul Guardian: “Le mere parole non sono all’altezza della profondità del vostro dolore, né possono guarire i vostri cuori feriti … Queste tragedie devono finire. E per porvi fine, dobbiamo cambiare”. Ogni genitore può identificarsi con il discorso del presidente Barack Obama sulla morte di 20 bambini a Newtown, Connecticut. Non ci può quasi essere una persona sulla terra con accesso ai mezzi di comunicazione che non sia toccata dal dolore della gente di quella città.
Ne consegue necessariamente che ciò che vale per i bambini uccisi da un giovane squilibrato vale anche per i bambini uccisi in Pakistan da un fosco presidente americano. Questi bambini sono altrettanto importanti, altrettanto reali, altrettanto degni della sollecitudine del mondo. Eppure non ci sono discorsi presidenziali o lacrime presidenziali per loro, nessuna foto sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, non ci sono interviste con i parenti in lutto, non c’è alcuna analisi minuto per minuto di quello che è successo e del perché sia successo.
Se le vittime degli attacchi dei droni di Obama sono citati dallo Stato è per discuterne in termini che suggeriscono la loro sub-umanità. Le persone che operano i droni, ci informa la rivista Rolling Stone, descrivono le loro vittime come “insetti spiaccicati”, “poiché la visualizzazione dei corpi attraverso uno schermo video verde-granulato dà il senso dello schiacciamento di un insetto”. Oppure sono ridotti alla categoria di vegetazione: per giustificare la guerra dei droni, il consigliere sull’antiterrorismo di Obama, Bruce Riedel, ha spiegato che “si deve continuare a rasare il prato. Se smetti di tagliarla, l’erba ricresce”.
Come il governo di George Bush in Iraq, l’amministrazione Obama non documenta né riconosce le vittime civili degli attacchi di droni della CIA nel Pakistan nord-occidentale. […]. Obama non uccide i bambini deliberatamente. Ma le loro morti sono una conseguenza inevitabile del modo in cui sono impiegati i suoi droni.
[…].
La maggior parte dei media di tutto il mondo, che ha giustamente commemorato i figli di Newtown, ignora gli omicidi di Obama o accetta la versione ufficiale che tutte le persone uccise sono “militanti”. I figli del nord-ovest del Pakistan, a quanto pare, non sono come i nostri figli. Non hanno nomi, nessuna foto, nessun memoriale di candele e fiori e orsacchiotti. Appartengono agli altri: al mondo non-umano di insetti, di erba e di tessuti organici.
Obama ha chiesto, domenica, “siamo pronti a dire che la violenza che colpisce i nostri bambini anno dopo anno è in qualche modo il prezzo da pagare per la nostra libertà?”. È una buona domanda. Potrebbe porsela anche riguardo ai bambini del Pakistan”.
“Scontri di civiltà”, scontri di inciviltà e strategie geopolitiche
13 settembre 2012 a 09:27 (Controrivoluzione e Complotti, Economia e Società, Guerra al Terrore, Miti da sfatare)
Tags: Al-Qaeda, ambasciatore, Arrigoni, Assad, atei militanti, ateismo militante, Bengasi, Blair, Bosnia, Breivik, Bush, consolato, copti, copti egiziani, destra radicale, fedi religiose, film trash, Flemming Rose, fondamentalismo islamico, Gheddafi, Huntington, imperialismo, imperialismo americano, integralismo, integralismo cristiano, islamismo, islamofobia, Israele, Jyllands Posten, Libia, Maometto, mujaheddin, neocon, neoliberisti, Netanyahu, Oriana Fallaci, Orwell, razzismo, reazionari, religione, religiosità, Romney, salafiti, Sam Bacile, Samuel P. Huntington, scontro di inciviltà, sikh, sionismo, sionisti, Siria, talebani, think tank, ultraconservatori, vignette, Vittorio Arrigoni, Wisconsin, xenofobia
Il successo ottenuto dal partito salafita alle elezioni (un quarto dei voti) indica che la corrente più radicale dell’islam egiziano è un fattore con cui i Fratelli – e i militari – devono fare i conti. Se il clima dovesse infiammarsi, a causa dell’ennesima provocazione dei crociati antimaomettani, e se la crisi economica dovesse inasprirsi, gli equilibri allestiti in questi mesi potrebbero saltare. Sempre che non ci pensino gli israeliani, attaccando l’Iran [vedi carta], a riazzerare l’intera partita mediorientale. Una mossa da roulette russa. Con i terroristi islamici che rialzano la testa, Gerusalemme potrebbe invocare una ragione in più per rovesciare il tavolo – e la mal digerita intesa Fratelli musulmani-Stati Uniti.
Lucio Caracciolo
http://temi.repubblica.it/limes/libia-ambasciatore-ucciso-bengasi-droni-navi/38112
Ancora una volta si è levato alto il grido: “Scontro di Civiltà!”
Uno slogan caro al teorico neoconservatore Samuel P. Huntington: che è diventato un mantra ed ottunde i cervelli.
Cosa diceva Huntington?
“La mia ipotesi è che la fonte di conflitto fondamentale nel nuovo mondo in cui viviamo non sarà sostanzialmente né ideologia né economica. Le grandi divisioni dell’umanità e la fonte di conflitto principale saranno legata alla cultura. Gli Stati nazionali rimarranno gli attori principali nel contesto mondiale, ma i conflitti più importanti avranno luogo tra nazioni e gruppi di diverse civiltà. Lo scontro di civiltà dominerà la politica mondiale. Le linee di faglia tra le civiltà saranno le linee sulle quali si consumeranno le battaglie del futuro”.
Il fatto, evidente a chi sia ancora in grado di usare il cervello che ha ricevuto in dono alla nascita, è che una manica di imbecilli scervellati – integralisti, fondamentalisti, razzisti del genere “supremazia ariana” – non bastano a fare uno scontro di civiltà. Centinaia di milioni di cristiani, musulmani, indù, ebrei, buddhisti, sikh, atei, ecc. sono determinati a vivere la loro vita senza creare problemi agli altri e senza che gli altri ne creino a loro, in ossequio alla regola d’oro: “non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te”.
Quel che invece c’è è uno scontro di inciviltà, ossia una strategia di estremisti islamofobi/razzisti (cf. i nipotini di Oriana Fallaci) che cerca in ogni modo di convincere il mondo che l’Islam è una minaccia e che nessuno vorrebbe avere un musulmano per amico, “perché non si sa mai”.
Un attacco generalizzato all’Islam può solo estraniare quella vasta maggioranza moderata che è la nostra naturale alleata. Se ce la rendiamo ostile sarà solo colpa nostra. Un esempio estremamente indicativo è la vergognosa provocazione della caricatura di Maometto-terrorista-bombarolo pubblicata dal giornale ultraconservatore danese Jyllands Posten, per volontà di Flemming Rose, giornalista e saggista legato agli ambienti euroamericani ed israeliani più reazionari ed anti-islamici, vicini all’amministrazione Bush, che ha espressamente commissionato le famigerate vignette e che, non contento, ha rincarato la dose mettendo in guardia gli Europei dall’elevato tasso di fertilità delle donne musulmane e dalla debolezza delle loro identificazioni con la civiltà europea. Il risultato è stata una futile e disastrosa degenerazione del clima internazionale nella direzione di quello scontro di civiltà annunciato ed auspicato appunto da Samuel Huntington.
Ora è arrivato il film-trash di produzione copto-ebraico-americana che insulta pesantemente Maometto, descrivendolo come stupratore pedofilo e tratta i musulmani come dei ritardati mentali. Il regista, apparentemente un copto che si è fatto passare per un israeliano con doppia cittadinanza residente in California, dopo aver falsamente dichiarato di essere stato finanziato da anonimi mecenati ebrei ha definito l’Islam “un cancro”.
Indipendentemente dal fatto che il film c’entrasse qualcosa con l’attacco, peraltro previsto con 48 ore di anticipo senza che si sia avvertito il “povero” ambasciatore (sacrificato alla realpolitik come un Alden Pyle qualunque?), è emerso che gli attori avevano firmato un contratto per tutt’altra “opera” – una commedia trash – e pare che le loro battute non abbiano nulla a che vedere con l’Islam. Gli attacchi islamofobi sono stati inseriti in fase di doppiaggio, senza farlo sapere agli attori. Nel copione il soggetto non era Maometto, ma un tale Padron George, il titolo dello script era “guerrieri del deserto” ed era ambientato nella Palestina dei tempi di Gesù (!!!). Così scrivono sul Guardian.
Questa vera e propria porcata si inserisce in un clima, in occidente, di strisciante o esplicita islamofobia, che risale a ben prima dell’11 settembre 2001 e che produce una costante serie di provocazioni, ben sapendo che qualcuno, dall’altra parte abboccherà e confermerà gli stereotipi applicati indistintamente a tutte le centinaia di milioni di musulmani del mondo, specialmente se arabi – ma non ai dittatori nostri alleati nella penisola arabica, non ai mujaheddin/talebani che hanno combattuto contro l’URSS prima e Gheddafi poi, né ai salafiti che vogliono abbattere Assad per prendere il potere e che godono dell’appoggio di Al-Qaeda: quelli vanno bene perché sono dalla nostra parte.
La situazione è esplosa proprio in Libia, il paese più recentemente democratizzato a suon di bombe, dove i fondamentalisti abbattono le moschee sufi senza che le forze dell’ordine intervengano, dove le milizie controllano il paese e stanno provocando un’escalation di violenze (Caracciolo). Proprio il giorno in cui gli eredi “democratici” di Gheddafi stavano per annunciare il nome del nuovo primo ministro, proprio nella città simbolo della rivolta anti-gheddafiana. E proprio il giorno dopo l’ennesima commemorazione del Male Islamico (11 settembre 2001), che ricorda tanto i due minuti d’odio orwelliani.
L’ambasciatore e i suoi tre assistenti sono stati uccisi da razzi sparati contro la loro auto in fuga, cioè sono stati presumibilmente uccisi dagli stessi guerriglieri che hanno armato e guidato alla volta di Tripoli (che ingrati!)
Quando un militante della supremazia ariana, cristiano, veterano dell’esercito americano ha ucciso sei sikh nel Wisconsin, i Sikh non hanno accusato i cristiani di essere sanguinari e mostruosi. Né i parenti delle vittime di Breivik se la sono presa con il protestantesimo. Né i superstiti delle stragi volute da Bush e Blair sembrano girare il mondo uccidendo un cristiano dopo l’altro, anche se entrambi i leader si proclamano ultra-cristiani.
Invece il 99% dei musulmani ha tutto il diritto di chiedersi perché debba essere tormentato ed ucciso dai salafiti (quelli che sono arrivati fino in Bosnia per menare le mani e che hanno ucciso Vittorio Arrigoni), che sono finanziati dalle petromonarchie nostre alleate e che uccidono i cristiani siriani occupandone le chiese.
ORA COSA SUCCEDERÀ?
La destra radicale europea gongolerà. I think tank neoconservatori americani gongoleranno. Breivik gongolerà. I due amiconi Romney e Netanyahu gongoleranno perché potranno dire che avevano ragione nel dire che le politiche israeliane in Medio Oriente sono defensive (scontro di civiltà!). Certi atei militanti avranno buon gioco a fare di tutte le erbe un fascio, accusando ogni persona religiosa di essere potenzialmente più violenta di loro (sebbene Robespierre, Stalin, Mao, Hitler e i Khmer rossi fossero atei/panteisti).
COSA POSSIAMO FARE?
Resistere alla propaganda, difendere gli innocenti, protestare contro ogni futuro conflitto, ostacolare la macchina infernale neoliberista (i think tank che propagandano l’islamofobia sono tutti neoliberisti).
Il dialogo tra le fedi portato avanti dalle maggiori figure religiose del mondo è un ottimo viatico verso un mondo in cui le virtù comuni a tutte le confessioni – carità, solidarietà, benevolenza, opere buone, buona volontà, concordia, pace e prosperità – possano una buona volta prevalere. Le religioni che conosciamo (incluso il buddhismo) sono destinate a perire, perché sono sorpassate, relitti di un passato che non vorrebbe passare; umane, troppo umane per essere adatte al Mondo Nuovo. Ma la religiosità/spiritualità è un bene inestimabile e permanente. L’inciviltà servirà solo a spianarle la strada.
Gli opportunisti dell’umanitarismo sono un pericolo per tutti noi (e ci porteranno in guerra)
16 luglio 2012 a 09:51 (Antropologia, Controrivoluzione e Complotti, Economia e Società, Guerra al Terrore, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto, Verità scomode)
Tags: agnelli, Alden Pyle, angelismo, armi chimiche, armi di distruzione di massa, Assad, bande armate, Bengasi, Brendan Fraser, casus belli, CIA, civili, diplomazia muscolare, Do Thi Hai Yen, eccidi, escalation, false flag, falsi umanitaristi, fanatici, fanatismo, faziosità, Finisterre, finto attentato, finto attentato terroristico, George Santayana, Gheddafi, Graham Greene, guerra nel Medio Oriente, guerrafondai, Guido Ruotolo, Hitler, Homs, insorti, intelligence, isolamento dalla realtà, Libia, lupi, manicheismo, massacri, media occidentali, Michael Caine, Misurata, narcisismo, narcisisti, NATO, offensiva diplomatica, opportunisti dell'umanitarismo, osservatori ONU, pacifisti, propaganda, ribelli, Shanghai, Siria, Terza Guerra Mondiale, Tremseh, Tripoli, umanitarismo, umanitaristi, umanitaristi part-time, Un Americano Tranquillo, Vietnam, Vladivostok, Yemen
Le guerre non sono catastrofi naturali, sono scelte, scelte variamente motivate, ma spesso dettate dalla brama di gloria, di potere, di ricchezza, ecc. Ci sono persone che le programmano e le scatenano.
Gli Osservatori ONU hanno confermato che l’ultimo massacro (in ordine di tempo), non ha colpito civili ma disertori e militanti (= ribelli armati). Il che conferma quando affermato dal regime siriano nella giornata di ieri: “Anche secondo i dati raccolti dal New York Times, quella di Tremseh più che una strage di civili è stata una carneficina di ribelli: uno scontro impari tra truppe siriane più numerose e ben armate e forze dell’opposizione in numero inferiore e dotate solo di armi leggere”.
http://www.repubblica.it/esteri/2012/07/14/news/siria_missione_onu-39073815/?ref=HRER2-1
Se non avessero estromesso le forze di opposizione che volevano negoziare fin dall’inizio con il governo, preferendo la via della violenza, non sarebbero morti a questo modo. Lo Yemen dimostra che si poteva fare altrimenti, ma nello Yemen l’Occidente voleva stabilità, in Siria no.
Ma la Repubblica riesce a distorcere quest’informazione, con un sapiente uso delle parole, al punto da far credere al lettore che invece confermano la versione dei ribelli (che ieri parlavano, invece, di civili disarmati).
Che interesse ha il gruppo la Repubblica/l’Espresso a spingerci verso l’intervento armato, a pochi mesi da quello in Libia, che si è concluso così:
“Nel caotico dopo-Gheddafi…in tutto il paese si registrano scontri armati. Bengasi da culla della Rivoluzione è diventata regno della paura controllato soprattutto dagli integralisti, con agguati e sparatorie (…) Gli islamisti si sentono i padri e i martiri della Rivoluzione e non sanno cosa sia il rispetto delle regole, delle leggi, dello Stato. Qualsiasi contrasto i bengasini lo risolvono con l’uso della forza (…) Oggi nel paese regna il caos. La tribù Mashashia ha combattuto con Gheddafi e oggi è in guerra con la tribù Gontran di Zintan. Misurata è in guerra con Taurga i cui uomini si schierarono con Gheddafi. Per Misurata, Taurga deve «sparire». Lo stesso accade tra Zwarah e Jmail e Regdaline. Tra Sabratah e Zwarah. E a Kufra è peggio ancora. A Derna, regno dei qaedisti e degli integralisti islamici, tutti gli occidentali, anche dei «paesi amici» come la Francia «sono nemici perché occidentali». La Libia è una polveriera, non c’è polizia e l’esercito nazionale, lasciando alle milizie il controllo del territorio”.
Guido Ruotolo, La Stampa, 29 giugno 2012
Resta il fatto che i ribelli siriani hanno mentito, per l’ennesima volta (come facevano quelli libici), ma ogni volta i media italiani prendono per oro colato tutto quel che dicono.
Resta anche il fatto che i ribelli stanno perdendo e quindi c’è da attendersi un false flag, un falso attentato terroristico con armi chimiche: infatti “fonti dell’intelligence” affermano che il regime sta spostando armi chimiche a Homs. Di tutti i posti possibili, proprio la cosiddetta “capitale dei ribelli”, che peraltro è ancora sotto controllo governativo? Vogliono gasare i propri cittadini pur avendo il controllo della città?
http://news.sky.com/story/959953/syria-military-moves-chemical-weapons-to-homs
Stiamo avvicinandoci a grandi falcate ad una terribile guerra nel Medio Oriente che si ripercuoterà sull’intero globo, con embarghi incrociati, escalation militari e uso di armi di distruzione di massa e di nuove tecnologie belliche.
L’umanità è solo responsabile della sua inerzia e della sua credulità. Non è l’umanità a volere questa guerra. L’umanità non ama le guerre, preferisce coltivare il proprio campicello (vivi e lascia vivere):
Non c’è un mostro sanguinario dentro di noi che è tenuto a bada dalle élite. Ci sono invece élite che, ripetutamente, per puntellare il proprio potere ed aumentare i propri profitti, ci mettono gli uni contro gli altri. élite occidentali ed euro-asiatiche.
Anche in Italia c’è un’élite che spinge per un intervento armato in Siria. Il nostro ministro degli esteri usa l’eufemismo “muscolare” al posto di “armato”.
Altri politici chiedono pressioni sempre più decise sulla Russia (“offensiva diplomatiche”)
Per avere successo, isolano le migliori personalità, quelle del dialogo, della negoziazione, del compromesso, quelle che veramente si spendono per la causa umanitaria, perché hanno sinceramente a cuore le sorti del proprio popolo e del proprio paese:
I falsi umanitaristi (quelli part-time: quando la causa ottiene il sostegno dei media e di Londra+Washington+Gerusalemme/Tel Aviv) spesso credono di essere in buona fede, sebbene siano lupi che si considerano agnelli. A differenza del lupo consapevolmente camuffato da agnello, l’umanitarista opportunista è un fanatico ed è quindi estremamente pericoloso per se stesso e per gli altri, specialmente per i popoli esotici:
Sono persone che ancorano la loro autostima ad una causa di vasto consenso e che piace ai potenti. Amano compiacere i potenti e lo fanno con veemenza ed estremismo, la fede cieca di chi, come tutti i narcisisti, ha bisogno di continuare a credere di non aver commesso un errore, pena il collasso del rispetto di sé. Sono quelli che in Germania combattevano per la patria nazista fino all’ultimo, per non dover ammettere di essersi schierati dalla parte sbagliata. Oggi sono gli utili idioti che facilitano l’incedere della macchina da guerra della NATO. Domani, quando la NATO sarà sconfitta a causa della sua hybris, faranno il salto della quaglia e sosterranno la causa dell’amicizia euroasiatica da Finisterre a Shanghai e Vladivostok.
Questo perché non è la propaganda ad ingannare le persone: le aiuta solo ad ingannarsi meglio.
Avendo poca fede in se stessi (tipico del narcisista che ha bisogno di continue rassicurazioni), si aggrappano ad un qualunque surrogato di fede, una santa causa, un relitto che funga da salvagente. Dichiarano di essere altruisti, di aver messo da parte il loro ego, di essere votati al bene del prossimo, ma in realtà la loro è vanità. Diversamente, si informerebbero in modo serio e responsabile a proposito della causa che appoggiano. Se non lo fanno è perché sono loro ad averne bisogno, non le persone che pretendono di voler aiutare. Le “vittime” sono solo un mezzo, uno strumento, perciò l’attenzione dell’umanitarista part-time sarà sempre altamente selettiva. Ci sarà sempre un Hitler di turno che perseguita degli eroi romantici. Ci sarà sempre una popolazione indifesa (la fanciulla, la principessa prigioniera) che necessita dell’aiuto di un cavaliere senza macchia e senza paura pronto a sfidare il drago (ma sempre e solo quando è certo di poterlo battere). Gli scettici saranno sempre complici dell’Hitler del menù del giorno, o idioti complottisti, indipendentemente dai precedenti storici (la storia è cancellata quando interferisce con la visione idealizzata della realtà che protegge un ego insicuro).
Il fatto è che chi non ha problemi ad ingannare se stesso è facile preda di chi lo vuole ingannare. Perciò circuire l’umanitarista opportunista è come rubare un leccalecca ad un bambino. E i risultati sono eccellenti: essendo isolato dalla realtà, non si rende neppure conto della sua meschinità, egocentrismo, vanità, superbia, faziosità, disonestà intellettuale, bullismo, ecc. Userà parole forti non per esprimere le sue emozioni, ma per evocarle in se stesso. Infatti c’è sempre una vocina che lo tormenta, che lo mette in discussione: va tacitata. Il fanatismo non è sintomo di ferma convinzione, ma di un’intollerabile ed intollerata incertezza.
Oggi c’è la Siria, qualche decennio fa c’era il Vietnam.
“Un Americano Tranquillo” è un eccellente romanzo-denuncia di Graham Greene scritto negli anni Cinquanta, quando l’autore era già in grado di prevedere gli esiti funesti del coinvolgimento statunitense nel Vietnam, allora una colonia francese che lottava per la sua indipendenza. Il tranquillo americano in questione è Alden Pyle, all’apparenza un medico volenteroso e posato, che si rivela poi essere uno zelante e spietato agente della CIA, disposto a massacrare decine di innocenti in nome della causa anti-comunista. Qui mi interessa soprattutto riproporre la caratterizzazione che Greene imprime sul personaggio: “Non era capace di immaginare il dolore o il pericolo per se stesso, allo stesso modo in cui non riusciva a riconoscere negli altri il dolore che causava loro” (Greene, 1983, p. 63) – “Mi accadde diverse volte di scorgere nei suoi occhi un’espressione di dolore e disappunto quando la realtà non corrispondeva alle idee romantiche che si era fatto, o quando qualcuno che amava o ammirava non riusciva ad dimostrarsi all’altezza dei suoi inarrivabili standard” (p. 75) – “Sarà sempre innocente, e non si può dare la colpa ad un innocente, perché sono sempre incolpevoli” (p. 183). Pyle è un fanatico ed il fanatico, diceva George Santayana, “è un uomo che raddoppia gli sforzi quando si dimentica dei fini”. Alla fine organizza un finto attentato terroristico (guarda caso!) che servirà a causare un’escalation e l’intervento militare americano: nella piazza devastata cerca prima di tutto di pulirsi i pantaloni dal sangue, invece di aiutare i feriti.
Sta succedendo di nuovo. Di nuovo le credenze sono più importanti dei fatti (loro continuano ad accusare i loro critici di non badare ai fatti, quando sono loro i primi a non degnarsi di considerare i fatti presentati dai critici), l’azione muscolare più importante della pace, le idee più vitali delle persone, la propria asserita innocenza più esiziale dell’innocenza delle vere vittime delle loro iniziative, dei loro errori, delle loro vulnerabilità e dei loro difetti caratteriali. Di nuovi gli opportunisti dell’umanitarismo si rifiutano di pensare e spengono il cervello. Mentre i soldati, che sanno cos’è la guerra, non venerano la forza, ma la temono e la rispettano, gli opportunisti dell’umanitarismo non si fanno troppi scrupoli. Professano di amare l’umanità, ma è lecito dubitarne, visto che non si domandano se certi attivismi siano generati da nobili motivazioni ed indirizzati a nobili scopi e se per caso l’esito finale non potrebbe essere una situazione molto più degradata (es. il narcofeudo del Kosovo, l’anarchia afghana e somala, i ghetti palestinesi).
Per proteggere la loro psiche hanno bisogno di credere ad una realtà manichea in cui la loro parte è sostanzialmente angelica e civile e l’altra è satanica e barbarica. Il fatto che la propria parte si proclami civile ma si comporti barbaramente dovrebbe farli esitare, ma non se lo possono permettere. Sono governati dalle parole, non dai fatti e dalle idee e, per quanto morte possano essere le parole della propaganda, le riempiranno loro di un conveniente e confortevole significato.
Sono pericolosi, perché le diversità di vedute “riconciliate” con l’uso della forza diventano contrapposizioni feroci, marcate da un odio viscerale, diventano un incendio difficilmente estinguibile, che rischia di bruciarci tutti.