Il futuro che non avremo dopo l’esito del voto americano

Lady Gaga neonazi futuristica a un comizio pro-Hillary

Lady Gaga neonazi futuristica a un comizio pro-Hillary

Molti progressisti si aspettano un futuro del genere per colpa della vittoria di #Trump.

Intanto però questa comparsata c’è stata a un comizio della candidata democratica, non di Trump, e sappiamo anche che è stato il partito democratico a inviare militanti facinorosi per provocare scontri ai comizi di Trump (e di #BernieSanders).
Non è accaduto il contrario.
La realtà è complessa.
http://www.nytimes.com/2016/10/21/us/politics/video-dnc-trump-rallies.html

Al di là della soddisfazione personale, che condivido con la mistica scimmietta oracolare cinese #Geda, i sondaggisti del #TrafalgarGroup, #HAGoodman e #JulianAssange e il team di #Wikileaks, quella di oggi è la perdita dell’innocenza per milioni di occidentali.

Si consoleranno ripetendosi che i #barbari, i #deplorevoli, le #forzeoscure hanno vinto, ma in loro si è ormai insinuato il germe del dubbio nei confronti dei mass media e della loro indipendenza, obiettività, lucidità (v. copertina dell’edizione di #Newsweek già pervenuta in edicola il giorno prima del voto).

L’incantesimo di massa sta per essere infranto.
#Trump è sempre stato il candidato multipolarista: si è espresso e si è comportato come tale, anche nel discorso di vittoria.
Lui e #Putin potranno sconfiggere ISIL-Daesh e perfino scongiurare la distruzione di #Israele e della #Palestina in un #Armageddon messianico.

#HillaryClinton è sempre stata la detestata candidata unipolarista (l’ordine del centralismo finanziario e del re dollaro): si è espressa e si è comportata come tale e se non avesse goduto del costante, fazioso sostegno dei media avrebbe fatto la fine di #JebBush.

La partita è tutt’altro che chiusa. Anzi, è appena cominciata.
Chi ha seguito i comizi di Trump sa che arriveranno le purghe contro i neocon-sionisti (l’importante è che ciò non alimenti l’antisemitismo).
Ci sarà una grande #tempestafinanziaria da qui al giorno dell’insediamento che sarà imputata a Trump. Gli orchestratori potrebbero perdere il controllo di quell’operazione, a causa degli algoritmi che gestiscono le transazioni. Sconsiglierei di investire nelle borse occidentali e nei titoli di stato americani. Usate i dollari per qualche investimento produttivo. Nei prossimi mesi l’euro potrebbe, temporaneamente, salire alle stelle diventando un bene rifugio.
Penso che il Sì al #referendumcostituzionale abbia ricevuto un durissimo colpo, forse fatale, tenuto conto del clintonismo spinto dei suoi fautori.

TUTTO QUESTO NON E’ ANTICIPAZIONE, E’ UN GIOCO.
L’anticipazione non ti dice cosa succederà, ti spiega come devi prepararti per questa o quell’eventualità che non avevi considerato.

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La Cina uccide il dollaro

C’è un nuovo sceriffo in città (parte II) – governo mondiale o governance mondiale?

cityscape

Non ho ancora incontrato nessuno che abbia ben chiaro in mente cosa succederà. Chi lo sa tiene la bocca chiusa. Possiamo solo limitarci a ricostruire uno scenario più plausibile di altri sulla base dei tasselli del mosaico che abbiamo a disposizione:

  1. La manipolazione da parte dei banchieri occidentali del prezzo dell’oro ha avvantaggiato la Cina (e Russia, India, ecc.) che ha accumulato “furtivamente” immense riserve auree, liberandosi nel contempo dei titoli di stato americani, che al momento sono ampiamente sopravvalutati, anche grazie ad una politica monetaria della BCE che ha (volutamente?) indebolito l’euro e rafforzato il dollaro, rendendo possibile (autolesionisticamente o scaltramente?) il più imponente trasferimento aureo della storia, da Occidente a Oriente;
  2. L’economia americana è alla frutta e il governo cinese ha preso delle contromisure per sostenere comunque la domanda della sua produzione, autorizzando una grandiosa strategia edilizia e delle infrastrutture, in Cina ma anche in Africa (le famigerate “città fantasma”), in vista di un prevedibile boom dei consumi domestici dovuto al forte innalzamento del tenore di vita afro-asiatico e all’accelerazione della migrazione verso i centri urbani;
  3. La guerra valutaria globale non dichiarata che è in corso terminerà con una Depressione fenomenale, che si farà sentire ferocemente nel Nord America e in Europa, ad iniziare, come negli anni Trenta, dal sistema bancario austriaco e dall’eredità avvelenata di Haider (In Austria il primo fallimento pilotato di una banca: per Hypo Alpe pagheranno anche i creditori, Repubblica, 1 marzo 2015; La regione austriaca che rischia il default, Linkiesta, 10 marzo 2015);
  4. Questa depressione metterà fuori gioco il dollaro. L’euro, da moneta unica di una parte del continente potrebbe diventare moneta comune dell’intero continente, per essere usato un giorno fino a Vladivostok. Con la fine della Depressione, anticipata grazie a un piano Marshall cinese, l’Europa non sarà più parte della NATO ma appendice occidentale dell’Asia;
  5. Lo yuan/renminbi sarà già stato inserito nel paniere dei Diritti Speciali di Prelievo del FMI, la Cina dichiarerà le sue riserve auree e la sua valuta diventerà la nuova moneta egemone, la nuova valuta di riserva globale, finalmente sostenuta dall’oro, da una solida base manifatturiera e dall’alleanza strategica con la Russia, che può coprire il suo fabbisogno energetico. In pratica i cinesi hanno ricreato le condizioni in cui si trovavano gli USA prima di Nixon;
  6. A quel punto la strategia obamiana di contenimento della Cina diventerà oggetto di cordiale dileggio (il contenimento della Cina, Limes, 9 settembre 2014);
  7. Nel giro di una generazione le lingue europee assimileranno un considerevole numero di termini ed espressioni cinesi ed orientali (come già successe con l’arabo e l’inglese) e vice versa.

CONTINUA QUI

http://www.futurables.com/2015/04/02/ce-un-nuovo-sceriffo-in-citta-parte-ii-governo-mondiale-o-governance-mondiale/

Aggiornamenti

 https://plus.google.com/+StefanoFaitFuturAbles/posts

Le 3+1 cause della nuova crisi irachena

a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles

 

Mosul

La premiata ditta Isis, che ufficialmente si compone di militanti islamisti, si occupa di:
narcotraffico;
traffico d’armi;
schiavismo (!);
contrabbando;
rapimenti;
riscossione del pizzo;
distruzione di moschee;
uccisione in massa di musulmani;
stupri di massa di musulmane;

Il Profeta ha detto:
“Dio non ha pietà per coloro che non hanno pietà per gli altri”.
“Nessuno di voi è un vero credente finché non desideri per i suoi fratelli ciò che desidera per sé”.
“Colui che mangia a sazietà mentre il suo vicino è senza cibo non è un credente”.
“L’uomo di affari onesto e affidabile è paragonabile ai profeti, ai santi, ai martiri”.
“Potente non è colui che getta a terra l’avversario, bensì è potente colui che controlla se stesso in un attacco di ira”.
“Dio non giudica basandosi sulle vostre apparenze o sul vostro fisico, ma scandaglia il vostro cuore e osserva il vostro operato”.
“Un uomo che percorreva un sentiero fu assalito dalla sete. Raggiunto un pozzo vi si calò dentro, bevve a sazietà e ne uscì. Poi vide un cane con la lingua penzolante, che cercava nel fango qualche goccia per placare la sua sete. L’uomo, accortosi che il cane era assetato come lo era stato lui poco prima, discese di nuovo nel pozzo, riempì la sua scarpa d’acqua e fece bere il cane. Dio perdonò i suoi peccati per questa azione”.
Fu chiesto al Profeta: “Messaggero di Dio, siamo ricompensati per la gentilezza verso gli animali?” Egli disse: “C’è una ricompensa per la gentilezza verso ogni essere vivente.”

SONO PIU’ MUSULMANO IO DI LORO.
Chi li ha creati? Chi li finanzia? Chi li organizza? A quale scopo? Come può pensare di poterli controllare?

E’ l’ennesima operazione occidentale camuffata da “fondamentalismo islamico”

Sono poche migliaia di militanti circondati da 6 milioni di musulmani e cristiani che li considerano blasfemi o comunque nemici: quanto potrebbero resistere, senza assistenza?

Più importante ancora:

  • Chi li ha addestrati a usare e fare la manutenzione di armi sofisticate lasciate molto opportunamente dagli americani nei depositi che hanno assalito?
  • Chi ha preparato i loro espertissimi comandanti, che sembrano così versati nelle strategie e tecniche di combattimento di quarta generazione?
  • Quali sono le loro linee di rifornimento e perché dovrebbe essere così arduo reciderle?
  • Da dove partono?
  • Chi compra il petrolio da loro e perché lo fa?
  • Quali sono gli oleodotti che trasportano il petrolio venduto e perché non si possono sigillare?
  • Chi eroga servizi finanziari a questa gente e chi ha educato alcuni di loro a muoversi su un terreno così delicato e complicato come quello dei mercati internazionali? (la stessa domanda vale per i guerriglieri libici di Bengasi, diventati improvvisamente degli specialisti della finanza in grado di inaugurare dopo poche settimane dall’inizio della rivolta una loro propria banca centrale e una borsa del petrolio).

Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (SIIS – ISIS in inglese): Organizzazione islamista sunnita che al momento infesta un’area che si estende da Aleppo fino al Kurdistan iracheno.

Generosamente finanziata da sauditi e kuwaitiani

http://www.independent.co.uk/voices/iraq-crisis-sunni-caliphate-has-been-bankrolled-by-saudi-arabia-9533396.html

Non dai qatarioti, che sono in rotta con le altre petromonarchie del Golfo e rischiano di essere invasi dai sauditi

http://www.futurables.com/2014/03/17/mauro-ottobre-gli-imprenditori-trentini-e-lo-scontro-tra-le-petromonarchie-del-golfo/

In lotta contro governo siriano, governo iracheno e gli sciiti (Iran e Hezbollah).

CHI SPONSORIZZA QUESTA PARTICOLARE OFFENSIVA DI ISIS?

Si dà per scontato che i sauditi siano gli sponsor di questo attacco all’Iraq (che è un attacco all’Iran)

http://www.foreignpolicy.com/articles/2014/06/12/iraq_mosul_isis_sunni_shiite_divide_iran_saudi_arabia_syria

Anche se ISIS sembra operare anche contro il regime saudita

http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2014/05/isis-saudi-arabia-qaeda-terrorism-syria.html

L’Iran accusa invece Israele e Stati Uniti

http://www.jpost.com/Iranian-Threat/News/Iran-intelligence-minister-blames-Israel-US-for-Iraq-crisis-359296

In effetti sappiamo dalla documentazione ufficiale che la spartizione dell’Iraq (e la balcanizzazione del Medio Oriente in nazioni deboli e instabili) è un tassello fondamentale della politica estera israeliana:

“La dissoluzione della Siria e dell’Iraq in aree distinte su base etnica o religiosa, come già avviene in Libano, è l’obiettivo primario di Israele sul fronte orientale. L’Iraq, ricco di petrolio da una parte, e dall’altra lacerato internamente, è certamente  candidato ad essere preso di mira da Israele. La sua dissoluzione è per noi addirittura più importante di quella della Siria. L’Iraq è più forte della Siria. A breve termine, è proprio la potenza irachena che rappresenta la più grande minaccia per Israele. Una guerra tra Iran e Iraq frazionerà l’Iraq e causerà la caduta del suo regime interno. Addirittura prima che esso sia in grado di organizzare una lotta su un ampio fronte contro di noi. Ogni tipo di scontro inter-arabo sarà a nostro favore nel breve periodo e accelererà il nostro scopo più importante che è quello di frantumare l’Iraq in vari staterelli come in Siria e in Libano. In Iraq è possibile realizzare una divisione in province su base etnica o religiosa come avveniva in Siria durante l’impero ottomano. Così tre (o più stati) si formeranno intorno alle tre principali città: Bassora, Baghdad e Mosul, e così le regioni sciite del sud si staccheranno dal nord sunnita e curdo.”

Oded Yinon, funzionario del ministero israeliano degli Affari Esteri

http://www.tlaxcala.es/imp.asp?lg=it&reference=227

http://www.amazon.com/Zionist-Plan-Middle-Special-Document/product-reviews/0937694568/ref=dpx_acr_txt?showViewpoints=1

https://archive.org/details/TheZionistPlanForTheMiddleEast

In questo documento [“A clean break”] potremmo trovare le ragioni di fondo del singolare sviluppo della politica statunitense in Iraq, il cui fallimento nel pacificare il paese è parso a tutti incredibile: se la logica è quella di giocare le une contro le altre le fazioni islamiche (sunnisti e shiiti) e shiiti irakeni, legati alla monarchia Ashemita, con shiiti iraniani – allora l’incomprensibilità del quadro trova una spiegazione, così come la suddivisione di fatto dell’Irak in tre aree geografiche, di cui, non a caso dunque, gli Stati Uniti cercano di controllare quella centrale pro Israele….Solo comprendendo il profondo lavoro compiuto da questi gruppi dirigenti misti israelo-statunitensi, si comprende allora anche il fatto che gli USA abbiano assunto in Medio Oriente posizioni sempre meno comprensibili, rispetto ad una normale logica di puro interesse statunitense.

http://www.clarissa.it/editoriale_int.php?id=173&tema=Divulgazione

http://en.wikipedia.org/wiki/A_Clean_Break:_A_New_Strategy_for_Securing_the_Realm

Neocon americani sulla stessa linea, dai tempi dell’invasione in poi:

http://www.nytimes.com/2003/11/25/opinion/the-three-state-solution.html

Al Maliki (Iraq) aveva chiesto agli USA di aiutarli contro ISIS, prima che la cosa degenerasse. Non è arrivato nessun soccorso

http://www.nytimes.com/2014/06/12/world/middleeast/iraq-asked-us-for-airstrikes-on-militants-officials-say.html?_r=1

In cambio ISIS ha razziato le armi americane in depositi dove giacevano inutilizzate (perché?)

http://www.ilgiornale.it/news/esteri/rapida-avanzata-delle-milizie-islamiche-costringe-casa-1027311.html

È falso che la Casa Bianca non sapesse che ISIS stava tornando ad est, dopo aver gettato nel caos il nord della Siria e, prima ancora, il nord dell’Iraq. Era una notizia già apparsa sulla stampa libanese

http://www.dailystar.com.lb/News/Middle-East/2014/Mar-14/250272-al-qaeda-splinter-group-in-syria-leaves-two-provinces-activists.ashx#axzz34Pm6wbRZ

In alternativa significa che Obama è stato tenuto all’oscuro di tutto dalla CIA e dal Pentagono e questa nuova invasione dell’Iraq è un’operazione targata neocon e destra sionista (altamente probabile).

McCain è già passato all’offensiva, accusando Obama di inettitudine

http://www.politico.com/story/2014/06/john-mccain-iraq-obama-us-heavy-price-107825.html

Obama è anche accusato di aver liberato il leader di ISIS

http://www.dailymail.co.uk/news/article-2657231/Revealed-Obama-RELEASED-warlord-head-ISIS-extremist-army-five-years-ago.html

La crisi irachena sta rinviando la morte del petrodollaro (la detronizzazione del dollaro)

http://uk.reuters.com/article/2014/06/13/uk-markets-global-idUKKBN0EO0S120140613

The Project for the New Middle East

IL FATTORE CURDO

I miliziani di ISIS hanno occupato l’Iraq del nord, lasciando in pace i kurdi che hanno anzi colto l’occasione per impadronirsi di una città irachena, Kirkuk, che considerano la futura capitale di uno stato indipendente curdo che ancora non esiste.

Uno stato curdo alimenterebbe il separatismo curdo in Iran, in Siria e in Turchia.

Israele è schierato coi curdi dal 1964

http://www.meforum.org/3838/israel-kurds

e, ancora più strettamente, dai tempi della guerra in Iraq

http://www.newyorker.com/archive/2004/06/28/040628fa_fact

http://www.timesofisrael.com/is-a-free-kurdistan-and-a-new-israeli-ally-upon-us/

Gli Stati Uniti (amministrazione Obama) sono l’unico ostacolo all’indipendenza del Kurdistan, auspicata invece da Israele, che la considera imminente, dopo il completamento di una conduttura petrolifera che consente al Kurdistan iracheno di esportare il suo greggio in maniera del tutto indipendente, aggirando Bagdad: Tel Aviv potrebbe essere la prima capitale a riconoscere l’indipendenza del Kurdistan, come già fece con il Sudan del Sud

http://www.jpost.com/Middle-East/Iraqi-Kurds-close-to-declaring-independence-355717

Ora i curdi si sono ripresi Kirkuk praticamente senza dover sparare un colpo, grazie al collasso dell’esercito iracheno (generali corrotti?): il loro sogno si è avverato con una facilità che ha dell’incredibile e hanno risolto in un colpo solo le dispute territoriali: ogni area “arabizzata” ora tornerà sotto la sovranità kurda

http://www.haaretz.com/news/middle-east/1.598650

Potrebbe essere una pericolosa illusione. Se la minoranza sunnita in un eventuale Kurdistan indipendente chiedesse aiuto a ISIS, quest’organizzazione non potrebbe rifiutarsi di combattere anche i kurdi, oltre agli sciiti.

Sarebbe il caos assicurato per tutte le nazioni con forti minoranze curde: Turchia, Iran, Siria, Iraq. Forse è proprio questo l’obiettivo.

Ci sono comunque forze e interessi curdi, visibili anche sui principali media mondiali, contrari alla balcanizzazione di quell’area del Medio Oriente, in quanto perfettamente consapevoli del fatto che i curdi sarebbero le principali vittime dell’anarchia

http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/jun/13/iraq-separate-sunni-shia-regions-kurds-autonomy

Questi interessi preferirebbero sfruttare le proprie risorse petrolifere senza scatenare il caos separatista.

Uno scenario (sponsor saudita) non esclude l’altro (sponsor destra sionista), dato che sauditi e israeliani sono in buoni rapporti (per ora)

http://www.richardsilverstein.com/2014/03/08/saudi-arabia-finances-most-of-israels-weapons-build-up-against-iran/

IRAN

Le azioni di ISIS rendono più probabile la virtuale annessione dell’Iraq sciita all’Iran (già ora Baghdad è completamente allineata alla politica estera iraniana)

http://www.huffingtonpost.com/raghida-dergham/isis-achievements-in-iraq_b_5490381.html?utm_hp_ref=world&ir=WorldPost

Il collasso dell’esercito iracheno può essere spiegato con la corruzione dei generali e la salvezza dell’Iraq potrà venire solo dagli sciiti, dai pasdaran iraniani, dai miliziani di Hezbollah e dall’assistenza siriana, ora che Assad sta riprendendo il controllo della nazione.

BRICS

La Russia è stata premiata dal governo siriano per la sua lealtà: giga-contratto petrolifero

http://rt.com/op-edge/syria-russia-war-oil-528/

“Nonostante una serie di attacchi a grandi impianti e terminal petroliferi, a marzo la produzione di oro nero è arrivata a oltre 3 milioni e mezzo di barili al giorno (tornando ai livelli del 1989). A marzo, la russa Lukoil ha cominciato a pompare petrolio dal mega giacimento West Qurna-2 (uno dei più grandi del mondo, con riserve stimate in 14 miliardi di barili), nella zona di Bassora. Il governo di Baghdad spera che entro la fine dell’anno la produzione possa raggiungere i quattro milioni di barili al giorno.  “Sarebbe un traguardo straordinario, perché permetterebbe al governo di aumentare le entrate e attuare il suo programma di sviluppo”, ha detto il ministro del Petrolio, Abdul Kareem Luaybi. Nonostante queste buone notizie il nuovo Parlamento iracheno dovrà tentare di risolvere una delle questioni più importanti per il futuro del Paese: il rapporto con la regione del Kurdistan. I curdi hanno avviato lo sfruttamento e l’esportazione di petrolio verso la Turchia aggirando il controllo di Baghdad così da non versare denaro nella casse statali”.

http://www.formiche.net/2014/04/28/elezioni-iraq-il-futuro-passa-dal-petrolio/

L’Iraq guarda(va) a est (Iran, Russia, Cina, India)

http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2014/02/baghdad-gradual-return-east-china-russia-iran.html

http://www.ndtv.com/article/india/iraq-s-prime-minister-nouri-al-maliki-to-begin-four-day-visit-to-india-today-408755

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POSTA IN GIOCO

A mio avviso ci sono 4 obiettivi principali.

1. Il petrolio curdo;

2. L’egemonia israeliana e saudita sul Medio Oriente (finché Israele non deciderà di averne abbastanza dei sauditi);

3. Il controllo iraniano del petrolio medio – orientale (Golfo Persico);

4. La difesa del dollaro e quindi dell’egemonia americana sul pianeta;

http://www.futurables.com/2014/06/22/the-isis-crisis-a-regime-change-too-far/

http://www.futurables.com/2014/05/29/festival-delleconomia-2014-elefanti-ignorati-scheletri-occultati-tabu-intatti/ 

Se ISIS dovesse essere sconfitta rapidamente, prima che gli indipendentisti curdi prendano il sopravvento sugli autonomisti, l’Iran si ritroverebbe con uno stato vassallo e i piani di balcanizzazione del Medio Oriente fallirebbero, con grave smacco per gli ultranazionalisti israeliani e neocon.

Il Grande Riaggiustamento Finanziario andrà in porto?

a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles

memo

L’insolvenza privata si è trasferita sui conti pubblici (locali e nazionali) passando per le banche (banche zombie). Ora nessuno può più far fronte all’esplosione della prossima bolla. Nessuno tranne il FMI, che è solvente e può stampare denaro (Diritti Speciali di Prelievo) per il prossimo giga-bailout planetario e ristrutturazione del debito mondiale (l’alternativa sarebbe un caos incontrollabile e non sarebbe gradita a chi governa le sorti del mondo).

Questa è la relazione ciclica (30-40 anni: l’ultimo evento è del 1971) tra caos finanziario, guerre e ristrutturazioni sistemiche globali

http://www.econ-pol.unisi.it/~bosco/int/mat/SMI.pdf

Il petrolio sarà presto pagato in Diritti Speciali di Prelievo del Fondo Monetario Internazionale (DSP; Special Drawing Rights, SDR) e non più in dollari.

Questa opzione era già stata valutata alla fine degli anni Settanta in una nota confidenziale per il presidente Carter: il prezzo del petrolio non sarebbe cambiato, ma il dollaro si sarebbe deprezzato. Perciò conveniva evitare un tale scenario. L’OPEC aveva precedentemente rinunciato a questa mossa per via della forza del dollaro. Avrebbe cambiato idea solo nell’eventualità di un forte indebolimento del dollaro (ci siamo). Da notare comunque che la nota accenna anche a dei “pro” in caso dell’abbandono del dollaro come valuta di riserva globale. Perciò la posizione implicitamente possibilista di Obama non è sorprendente.

Odiernamente il mondo sta abbandonando il dollaro e quindi è pressoché inevitabile che il petrolio sarà sganciato dal dollaro.

In una prima fase si useranno valute regionali, come il rublo e lo yuan. Poi si richiederà ufficialmente uno stabilizzatore dei mercati, ossia i DSP, appunto, con un paniere che verosimilmente includerà anche i dollari canadesi e australiani, perché il nuovo ordine sarà più produttivo (economia reale) che parassitario (rendite finanziarie) e avrà bisogno di risorse energetiche e minerarie.
[NOTA BENE: di per sé, questa soluzione non è male: andava bene a Roosevelt, De Gaulle e Keynes. Come sempre, però, dipende dall’uso che uno ne fa: con una corda posso aiutarti a uscire da un fosso, oppure posso impiccarti].

Se Ucraina, Siria, Libia, Egitto, Nigeria e, più recentemente, il Vietnam sono al centro di dispute interne ed internazionali è perché – per via della loro produzione energetica o della loro posizione geostrategica in relazione al commercio energetico – sono dei tasselli cruciali per la costruzione di questo nuovo ordine incentrato sul FMI.

Quando la transizione sarà completata assisteremo a un boom del mercato energetico e delle risorse estrattive.

Questa priorità annulla qualunque altra contesa, reale o fittizia che sia (es. sanzioni contro la Russia, respinte da Canada, Giappone e Germania perché danneggerebbero le loro imprese).

Il mondo va avanti anche se il Congresso americano si rifiuta di ratificare la riforma del FMI che ridurrebbe il peso americano e aumenterebbe quello dei BRICS. Il G20 aveva avvertito: dovremo ricorrere a misure aggressive casomai non ci fosse la collaborazione del Congresso ed è precisamente quel che sta accadendo

http://www.reuters.com/article/2014/04/11/us-g20-economy-idUSBREA3A1FC20140411

Nei prossimi mesi il FMI sopprimerà il diritto di veto statunitense e ristrutturerà il suo consiglio di amministrazione per diventare una banca centrale mondiale, in vista di una conciliazione degli interessi euro-atlantici con quelli euro-asiatici (tesi > antitesi > sintesi), sotto l’egida della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI)

http://www.bancaditalia.it/studiricerche/coop_intern/partecipa_org_int/bri

Le aree di crisi sono quelle in cui il dollaro e i vari interessi in competizione per accaparrarsi la fetta più grossa della torta stanno lottando per conservare o migliorare le loro posizioni prima del Grande Riaggiustamento (leggi: Grande Accentramento post-nazionale)

http://www.futurables.com/2014/04/24/la-grande-trasformazione-del-2015-2016-due-scenari/

Da notare che Russia e FMI erano/sono favorevoli a concedere prestiti all’Ucraina in DSP, invece che in dollari

http://www.reuters.com/article/2013/12/27/us-ukraine-bailout-idUSBRE9BQ09F20131227

Ucraina, 2014: prima volta che i DSP di un prestito FMI non sono convertiti in dollari o euro ma direttamente in oro e poi nella valuta nazionale

https://www.imf.org/external/np/sec/pr/2014/pr14189.htm

Attendiamo la dichiarazione congiunta sino-russa della prossima settimana (alla presenza di Ban Ki-moon)

http://thediplomat.com/2014/05/iranian-russian-presidents-to-visit-china/

Come andrà a finire?

Resto pessimista. Anche se numerosi grandi manovratori avessero davvero a cuore il nostro migliore interesse (da “ciò che va a mio vantaggio beneficia tutti” /trickle down –  a “ciò che va a vantaggio di tutti beneficia anche me”/ama il prossimo tuo…) non credo che abbiano il pieno controllo della situazione.

Mutamento climatico; Cintura di Fuoco in subbuglio; umanità sempre più sospettosa delle intenzioni dell’1%; incapacità di valutare oggettivamente certe variabili (tipica di personalità sociopatiche); la maggior parte dei politici che non ha la più vaga idea di quel che sta succedendo oppure non può permettersi di dire quel che pensa; i media che distorcono la realtà invece di descriverla…Qualunque sia il piano, non credo che dobbiamo attendere alcuna soluzione dall’alto. O ci diamo da fare noi, oppure affonderemo assieme ai capitani del bastimento.

FONTI:

http://philosophyofmetrics.com/2014/05/16/oil-sdrs-and-the-new-currency-basket/

http://philosophyofmetrics.com/2014/05/16/the-america-dollar-is-dumping-vietnam/

http://blogs.reuters.com/breakingviews/2014/03/21/review-a-world-of-reasons-for-the-dollar-to-crash/

http://www.financialsense.com/contributors/jim-rickards/death-of-money-china-gold-financial-warfare

http://www.financialsense.com/contributors/jim-rickards/death-of-money-interview-part-2

Vem pra Rua – tentativo di rivoluzione colorata in Brasile? (Resisti Dilma!)

dilma2

https://twitter.com/stefanofait

Signore e signori, la parola “segretezza” è ripugnante in una società libera e aperta e noi, come popolo, ci siamo opposti, intrinsecamente e storicamente, alle società segrete, ai giuramenti segreti e alle riunioni segrete. Siamo di fronte, in tutto il mondo, ad una cospirazione monolitica e spietata, basata soprattutto su mezzi segreti per espandere la sua sfera d’influenza, sull’infiltrazione anziché sull’invasione, sulla sovversione anziché sulle elezioni, sull’intimidazione anziché sulla libera scelta. È un sistema che ha reclutato ampie risorse umane e materiali nella costruzione di una macchina affiatata, altamente efficiente, che combina operazioni militari, diplomatiche, di intelligence, economiche, scientifiche e politiche. Le sue azioni non vengono diffuse, ma tenute segrete. I suoi errori non vengono messi in evidenza, ma vengono nascosti. I suoi dissidenti non sono elogiati, ma ridotti al silenzio. Nessuna spesa viene contestata. Nessun segreto viene rivelato. Ecco perché il legislatore ateniese Solone decretò che evitare le controversie fosse un crimine per ogni cittadino. Sto chiedendo il vostro aiuto nel difficilissimo compito di informare e allertare il popolo americano. Sono convinto che con il vostro aiuto l’uomo diventerà ciò che per cui è nato: un essere libero e indipendente.

JFK, discorso tenuto all’hotel Waldorf-Astoria di New York, 27 aprile 1961

Il gradimento della Rousseff ai massimi anche se economia risente della recessione europea

http://www.lindro.it/economia/2013-01-02/63794-brasile-2013-le-previsioni-economiche

solo il 9% della popolazione pensa che il suo operato sia insufficiente o pessimo, il 57% approva le sue politiche e se ci fossero altre elezioni vincerebbe a mani basse

http://wp.clicrbs.com.br/rosanedeoliveira/2013/06/10/dilma-perde-popularidade-mas-oposicao-patina/?topo=13,1,1,,,13

un sondaggio brasiliano indica che il 75% della popolazione appoggia le proteste ma il 69% è soddisfatto del suo tenore di vita ed ottimista sul futuro
http://www.washingtonpost.com/world/the_americas/150000-brazilians-return-to-streets-as-protests-increasingly-focus-on-government-corruption/2013/06/22/f7694bf4-db9e-11e2-b418-9dfa095e125d_story.html

Allora perché ci sono manifestazioni contro il suo governo? Se lo chiedono anche i corrispondenti stranieri, che ammettono la loro perplessità: “ il Brasile è messo peggio oggi rispetto a dieci anni fa? No, è messo meglio. È più ricco, ha un minor numero di poveri e un maggior numero di ricchi. È più democratico e meno iniquo…Come si spiega che Dilma Rousseff, che gode di un consenso maggiore di quello di Lula da Silva, sia stata fischiata allo stadio da 80mila tifosi della classe media che si sono potuti permettere il lusso di pagare fino a 400 dollari per il biglietto d’ingresso?

Perché scendono in piazza a protestare contro l’aumento dei prezzi dei trasporti pubblici giovani che normalmente non utilizzano questi mezzi perché hanno delle automobili, una cosa impensabile dieci anni fa?

Perché protestano gli studenti provenienti da famiglie che fino a poco tempo fa non potevano neppure sognare di vedere i loro figli al college?

Perché il Brasile, sempre così orgoglioso del suo calcio, ora sembra essere contro il mondiale?

Perché queste proteste, anche violente, in un paese invidiato dall’Europa e dagli Stati Uniti per il suo tasso di disoccupazione quasi nullo?

http://internacional.elpais.com/internacional/2013/06/17/actualidad/1371432413_199966.html

La risposta che si dà il giornalista del Paìs è che la popolazione ha visto quel che ha potuto ottenere e si è resa conto di quel che ancora le manca. Insomma è passata dalla rassegnazione fatalistica alla rivendicazione attiva.

Questa è certamente una spiegazione valida, ma io sono più cinico del buon Juan Arias e mi domando, mutatis mutandis, perché allora non ci siano proteste ancora più vigorose in Europa, dove la gente ha perso o sta perdendo ciò che ha conquistato con immensi sforzi. Inoltre, forse i brasiliani pensano di poter ottenere di più da un governo di destra? Hanno visto cosa ha fatto e sta facendo la destra (e la finta sinistra) in Occidente? Dilma Rousseff, in Italia, sarebbe accusata di populismo ed antipolitica dalla dirigenza del PD.

La mia impressione è che la gente che protesta contro il governo brasiliano sia la stessa che vorrebbe un golpe di destra in Venezuela. Una parte della classe media brasiliana (e di quella euro-americana) non ha alcuna intenzione di condividere il suo benessere con il resto della popolazione e se ne fotte dell’uguaglianza e della giustizia sociale, specialmente ora che la crescita è più lenta e non ci sono risorse abbondanti per tutti. Quindi è una mera questione di egoismo di classe strumentalizzata da una opposizione ancora invischiata nel passato dittatoriale e con forti simpatie per le politiche neoliberiste. 

CONTESTO STORICO E GEOPOLITICO

In Brasile la dittatura è terminata l’altroieri: “Il blocco dominante riesce a mantenersi al potere con una politica gattopardesca di cambiare tutto per non cambiare niente. I militari si ritirano discretamente di scena senza subire quei processi che hanno subito in altri paesi dell’America Latina; mantenendo una certa influenza nei centri economici di potere, ma allontanandosi sempre più dai centri politici di decisione. E riescono così a controllare la transizione politica senza grossi traumi (sarebbe opportuno discutere sulle similitudini e differenze fra le varie dittature militari latino-americane, soprattutto fra quella brasiliana e argentina). L’elite economica e politica che era cresciuta e si era modernizzata sotto i militari continua a dare le carte riciclandosi come partito “democratico” (per lo meno la parte più opportunista)”

http://www.juragentium.org/topics/latina/it/tosi.htm

Destabilizzazione in corso del Venezuela: Scontro diplomatico tra Caracas e Bogotà, dopo che il presidente colombiano Juan Manuel Santos ha ospitato ieri il leader dell’opposizione venezuelana Henrique Capriles. Quest’ultimo sta cercando di raccogliere consensi internazionali dopo aver perso contro Nicolas Maduro le elezioni del 14 aprile, di cui non ha riconosciuto i risultati.

http://it.notizie.yahoo.com/santos-ospita-capriles-%C3%A8-scontro-diplomatico-tra-venezuela-155516668.html

Tentativo fallito di rivoluzione colorata in Argentina?

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11076

SONO PROTESTE SPONTANEE?

Agenti infiltrati (agenti provocatori) nelle manifestazioni di protesta responsabili di atti vandalici, violenze contro agenti anti-sommossa e radicalizzazione della protesta

http://www.cartamaior.com.br/templates/materiaMostrar.cfm?materia_id=22194

Stati Uniti vedono il Brasile come una futura minaccia

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/14/gli-stati-uniti-in-declino-si-fanno-un-altro-nemico-uno-piccolino-il-brasile/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/31/ritornello-atlantideo-2013-2015-i-protocolli-di-un-savio-fautore-della-pax-americana/

Brasile non sta simpatico nemmeno ad Israele

http://fanuessays.blogspot.it/2011/12/cuba-venezuela-brasile-messico-e-il.html

e men che meno ai classici giornali e periodici neoliberisti

http://www.economist.com/topics/dilma-rousseff

Rousseff contraria ad escalation militare in Siria

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/28/siamo-tutti-rossobruni-nazioni-unite-unione-europea-brasile-e-india-tutti-alleati-di-assad/

stringe alleanza con Argentina

http://exame.abril.com.br/brasil/noticias/brasil-e-argentina-discutirao-controversias-e-alancas

condona il debito di 12 paesi africani

http://exame.abril.com.br/economia/noticias/brasil-perdoa-us-840-mi-de-divida-externa-de-africanos

viene punita dalle agenzie di rating per le sue politiche sociali espansive

http://exame.abril.com.br/economia/noticias/sinais-economicos-negativos-afetam-popularidade-do-governo?page=2

ostacola speculatori e latifondisti difendendo i diritto degli indigeni alla terra;

http://g1.globo.com/economia/agronegocios/noticia/2013/04/dilma-rousseff-enfrenta-protestos-de-agricultores-em-evento-em-ms.html

usa i proventi del petrolio per educare la popolazione

http://www.reuters.com/article/2013/05/02/us-brazil-oil-royalties-idUSBRE94101020130502

e quelli delle estrazioni minerarie per aiutare le popolazioni locali

http://latino.foxnews.com/latino/news/2013/06/18/rousseff-proposes-new-regulatory-framework-for-brazil-mining/

prende accordi con le altre potenze emergenti per emanciparsi dal dollaro e dall’egemonia americana

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/26/brics-nuova-banca-mondiale-per-paesi-emergenti/543364/

introduce quote per aiutare poveri, neri e indios ad ottenere una formazione accademica

http://www.scappoinbrasile.com/2012/10/18/brasile-quote-razziali-per-favorire-neri-indios-e-poveri-ad-entrare-all-universita/

promuove la parità dei sessi (di genere)

http://www.scappoinbrasile.com/2012/09/28/brasile-dilma-rousseff-potere-e-donna/

viene attaccata dai conservatori omofobi

http://www.blitzquotidiano.it/politica-mondiale/rousseff-gay-brasile-conservatori-omosessuali-1030745/

e il suo blog è attaccato da hackers

http://blogdadilma.com/brasil/3296-ind9s3.html

RESISTI DILMA!

Dollaro contro euro è come carta contro forbice

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La “crisi dell’euro” è il tentativo di far perdere la fiducia nell’euro (uccidendolo), prima che siano dollaro e sterlina a lasciarci le penne.
La Bundesbank è il cavallo di Troia e/o il governo tedesco sta usandoci come carne da cannone? Oppure la Merkel fa il più ardito doppiogioco della storia? (in ogni caso è una guerra tra fazioni, non certo tra buoni e cattivi)

Ecco, grosso modo, la strategia che è stata messa in atto:

1. Minimizza la responsabilità americana per la crisi finanziaria mondiale – fatto;

2. Mina la fiducia nella moneta (euro) dei nostri principali rivali per lo status di valuta di riserva mondiale – fatto;

3. Mina la reputazione delle banche europee costringendole a stress test di liquidità, ma evita in ogni modo di parlare della condizione delle banche americane – fatto;

4. Provoca una fuga dei risparmiatori dalle banche europee – tentativo fallito (riprova, sarai più fortunato);

5. Manifesta “preoccupazione” circa la liquidità delle filiali delle banche europee sul suolo americano, incoraggiando così i correntisti americani a trasferire liquidità negli Stati Uniti – fatto;

6. Segnala i problemi di liquidità derivanti dal prelievo dei correntisti americani – in attesa;

7. Incolpa le banche europee della suddetta mancanza di liquidità che hai causato – in attesa;

8. Incoraggia il crollo di Euro – in programma;

9. Incoraggia il crollo delle banche europee – in programma;

10. Dai il benvenuto ai nuovi investitori in fuga verso il porto “sicuro” americano;

La spiega meglio Alessandro Politi, analista politico e direttore dell’Osservatorio scenari strategici di Nomisma Bologna:

C’è qualcuno che vuole annientare l’euro?

“Sminuire l’Euro, tenendolo sotto pressione, evitando di deprezzare troppo il dollaro. E’ una chiara manovra bancaria per guadagnare tempo rispetto ad un dollaro in crisi che non può più pretendere signoraggio. Nuovo denaro fresco e vero arriverà dallo spezzatino degli asset pubblici in Europa. Insomma gli attori al di fuori dell’area euro stanno shortando la nostra moneta vendendola allo scoperto e al ribasso. E’ il gioco di chi buttare giù prima dalla torre. I gruppi finanziari internazionali attaccano l’Eurozona con la tattica del salame, colpendo via via i singoli paesi, come si è visto con Grecia e Italia, partendo dai più vulnerabili, i cosiddetti PIIGS, per poi tenere sotto scacco i sopravvissuti con la tripla A come la Germania. E’ la vecchia formula del divide et impera.

Da chi sarebbe mossa questa guerra?

Da una decina di società. Oggi la parola mercati non ha più senso. L’Ocse ha potuto osservare che, dopo 30 anni di fusioni e acquisizioni, ci sono 10 attori che controllano oltre il 90% del mercato dei derivati. E poi i 4 arbitri che così imparziali non sono: le agenzie di rating.

Dunque Stati Uniti contro Europa?

Due guerre rovinose in Iraq e Afghanistan, nonché uno sforzo antiterroristico giudicato sproporzionato anche nei sondaggi del  pubblico americano, hanno creato una situazione economico-finanziaria difficile da sostenere per un paese che è importatore netto di merci e capitali, nonché il debitore più importante del sistema globale. La paura di perdere il signoraggio del dollaro, grande moltiplicatore dei propri interessi strategici, e la necessità di far affluire profitti ad un  sistema  bancario che ha subito serie perdite tra il 2008 e il 2009, hanno creato le condizioni per una convergenza di interessi contro l’euro visto geoeconomicamente come un elemento di rischio ed economicamente come un’opportunità di profitto.

La responsabilità è anche di Obama allora?

Obama in prima persona non ha la potenza di fuoco finanziaria per fare ciò. Però è anche il presidente con il maggior sostegno finanziario da parte delle banche della storia americana. Nonostante i suoi attacchi verbali alle banche Obama ne ha favorito la ripresa…

Che ruolo ha la tecnologia in questa “guerra”?

Esiste un sistema che somiglia molto alla rete robotizzata Skynet del film Terminator che decide di fare la guerra da sola in automatico, infischiandosene degli umani. Nel mondo militare di sistemi informatizzati ce ne sono milioni: i missili Cruise, i Tornado che volano bassissimi per mezzo del controllo automatico. La finanza non ha fatto altro che applicare la stessa logica ai mercati attraverso l’High frequency trading, un sistema informatico che guida le transazioni come il pilota automatico guida l’aereo. Solo che è programmato per fare profitti e basta, senza preoccuparsi delle vittime umane che falcia sul suo cammino.

Come ci possiamo difendere?

La politica deve riprendere in mano le redini. Dobbiamo creare un Crisis Group dei 5 paesi debitori perché solo unendo la propria rappresentanza si può cominciare a negoziare seriamente il nostro debito. I PIIGS devono fare lobby per evitare di essere macellati. Seconda mossa creare un’agenzia Europea dei Beni Comuni in cui i beni e gli asset dei paesi indebitati vengono gestiti in maniera trasparente e mantenuti a reddito finché questi non possono riscattarli.

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/04/20/news/intervista_politi-33636717/

**********

È sufficiente resistere ancora alcuni mesi.

Le banche del Regno Unito sono sull’orlo dell’abisso e avrebbero bisogno di altri 25 miliardi di sterline entro la fine dell’anno, senza che siano i cittadini a sborsarli. E tutto questo sebbene il Regno Unito abbia la piena sovranità sulla sua moneta ed abbia continuato a stampare sterline (ora svalutate di almeno un terzo, senza che questo abbia salvato il Regno Unito dalla recessione: la crisi è globale e la gente non consuma)

http://finanza.tiscali.it/news/dettaglio_news.asp?id=201303271531149216&chkAgenzie=TMFI&tipoNews=CAL

Entro un anno l’Iran avrà l’atomica. Netanyahu ha cercato in tutti i modi di convincere gli USA ad attaccare l’Iran, ma Obama si è sempre rifiutato, anche perché sarebbe stato un atto illegale per il diritto internazionale. Romney, che era disponibile ed era amico personale di Netanyahu, ha perso le elezioni. Il nuovo governo israeliano non potrà restare a guardare la costruzione della bomba iraniana, dopo che per decenni gli israeliani sono stati educati alla paura ed all’odio nei confronti dell’Iran.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/22/pentagono-letale-cipro-israele-siria-turchia-iran/

Il presidente Usa Barack Obama ha dichiarato che «ci vorrà oltre un anno o giù di lì», perché l’Iran realizzi una bomba atomica, ma «faremo in modo che neanche riescano ad avvicinarsi», a questo obiettivo.

http://www.corriere.it/esteri/13_marzo_14/obama-iran-pericolo-atomica_6a0f08da-8cd3-11e2-ab2c-711cc67f5f67.shtml

Israele, suicidandosi, ci toglierà le castagne dal fuoco?

 DRAGHI

FEBBRAIO 2010

Le più grandi banche americane e i più grandi hedge funds, fondi d’investimento ad alto rischio, hanno sferrato un massiccio attacco all’euroE’ la massima speculazione monetaria, scrive il Wall Street Journal, da quella del ’92 contro la sterlina inglese, che fruttò a George Soros, il mago delle valute, e ai suoi pari 1 miliardo di dollari.

http://www.corriere.it/economia/10_febbraio_26/banche-attacco-euro-ennio-caretto_aa28346e-2313-11df-8195-00144f02aabe.shtml

La finanza vuole la rovina della zona euro?“, è la domanda che secondo Libération riecheggia da venerdì scorso nelle cancellerie nazionali e nei corridoi delle istituzioni europee…El País osserva che “nulla di ciò che sta accadendo, compresi gli editoriali di alcuni giornali esteri con i loro commenti apocalittici, è una semplice coincidenza, ma obbedisce a interessi particolari”.

http://www.presseurop.eu/it/content/article/185701-leuro-contro-gli-speculatori

Il primo punto da capire è che agli americani serve un default nell’area dell’euro. Serve perché c’è un rischio sostanziale di default USA, e l’unico modo che hanno gli USA di evitarlo è di diventare un rifugio stabile in un momento di turbolenze.

http://italian.irib.ir/analisi/articoli/item/94388-colpire-il-debito-europeo-agli-usa-serve-un-default-nelleurozona

E che dire dei grandi strategist di alcune banche americane, che da mesi profetizzano un default dell’intera Eurozona, con la conseguente fine della moneta unica?

http://it.finance.yahoo.com/blog/dietrolanotizia/eurozona-sotto-attacco-chi-ci-guadagna-144253746.html

SETTEMBRE 2011

Il punto vero sarebbe che la Fed deve mantenere ad ogni costo il dollaro come moneta di riserva mondiale, mentre ne annacqua il potere di acquisto stampandolo a fiumi. Deve stamparlo a fiumi per annacquare il debito americano in mano a cinesi e giapponesi ma nello stesso tempi fare in modo che questi e altri operatori continuino a comprare e richiedere dollari. Invece che euro, come stavano già facendo.

http://www.lastampa.it/2011/09/16/blogs/underblog/attacco-all-euro-spontaneo-o-pilotato-zmuTmvCpTyGXEVmEYrhtiO/pagina.html

 

GENNAIO 2012

La polemica lanciata da de Gaulle-Rueff [contro il dollaro egemone] aveva finito per convincere anche i tedeschi. I governanti della Repubblica federale si rendevano conto che ogni accesso di febbre del dollaro (memorabili le crisi del 1974, 1983, 1992 e 1995) generava caos anche all’interno dell’Europa. Più volte il Sistema monetario europeo fu sul punto di soccombere per le tempeste venute dagli Stati Uniti. […]. Dietro il dollaro c’è la forza militare degli Stati Uniti espressa dalle basi che costellano il pianeta dal Pacifico al Golfo Persico; dietro il dollaro c’è una politica estera unica, per quanto controversa, che viene espressa dalla Casa Bianca. Dietro l’euro non c’è un esercito, non c’è una Sesta Flotta a guardia delle rotte petrolifere; non c’è una politica estera unica; non c’è neppure un governo.

http://rampini.blogautore.repubblica.it/2012/01/02/10-anni-di-euro-ma-il-dollaro-resta-leader-ecco-perche/

Una sonora sconfitta e il dollaro farà puff

 

MARZO 2013

I media in lingua inglese avevano terrorizzato il mondo: “Cipro scatenerà l’effetto-domino con la riapertura delle banche”.

Tutto tranquillo, non è successo nulla. Propaganda fallita.

Krugman aveva consigliato Cipro di uscire dall’eurozona:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/29/krugman-cipro-esca-dalleuro-una-quarantina-di-obiezioni/

Il 62% degli intervistati si è detto ancora favorevole alla permanenza di Cipro nell’eurozona contro il 28% che preferirebbe che il Paese abbandonasse la moneta unica per tornare alla sterlina cipriota.

http://www.milanofinanza.it/trader/dettaglio_news_trader.asp?id=201303181318595570&chkAgenzie=TMFI&sez=trader&titolo=Sondaggio,%20da%20ciprioti%20no%20a%20prelievo,%20si%27%20a%20eurozona

ESITO FINALE

Il dollaro e gli Stati Uniti faranno la fine della carta (bruciata)

Torio per un Mondo Nuovo

thorium1

La meravigliosa energia atomica è stata usata per distruggere, oppure senza garantire dei ragionevoli margini di sicurezza (es. centrali costruite su faglie sismiche attive, come ad Oi, in Giappone).

Ora è tempo di passare dallo stadio embrionale alla maturità e questo non potrà avvenire finché il paradigma dell’uranio impedirà l’affermarsi dell’era del torio che comporta un rischio molto minore, se non nullo, di proliferazione nucleare, annulla la possibilità di una fusione del nocciolo (meltdown), smaltisce le scorie radioattive che non sappiamo ancora dove sistemare generando energia nel farlo (!), decade in poche centinaia di anni invece delle decine di migliaia del materiale usato oggi, è più abbondante dell’uranio ed ha un’altissima resa.

Rubbia spiega il torio

Questo metallo leggermente radioattivo, scoperto nel 1828 dal chimico svedese Jons Jakob Berzelius e che prende il nome dal dio Thor, ha il potenziale di rivoluzionare completamente l’evoluzione della civiltà umana, da un punto di vista economico, sociale e culturale, emancipando la nostra specie dal materialismo, dalla lotta per le risorse, dal soggiogamento a mestieri spiacevoli o umilianti, dalla miseria e dall’austerità indotta da scaltre strategie di profitto basate su una falsa scarsità di risorse.

Lo sfruttamento del torio, sviluppato negli anni Sessanta e Settanta, è stato ostacolato da tutti quegli interessi legati allo sfruttamento dei combustibili fossili e che ora cercano di rifarsi un nome “verde”, pur sapendo che per molte generazioni le energie rinnovabili, senza dubbio fondamentali, saranno insufficienti per i nostri bisogni e soprattutto per riscattare dalla miseria milioni di esseri umani del terzo e quarto mondo.

I cittadini tedeschi stanno ora facendo i conti, dolorosamente, con le scelte populistiche e scellerate dei loro governanti:

http://qualenergia.it/articoli/20120904-la-germania-tra-carbone-e-caro-bolletta-da-rinnovabili

Energie rinnovabili e reattori al torio [LFTR – Liquid Fluoride Thorium Reactor] possono e devono procedere mano nella mano, fino all’avvento della fusione nucleare. Si possono amare allo stesso tempo l’energia “verde” e l’energia nucleare senza dover scegliere tra “mamma” e “papà” e senza che i tifosi dell’una insultino quelli dell’altra, quando invece dovrebbero essere alleati, nel nome di una verità inoppugnabile: E = mc2

Mentre l’infame Nixon tagliava le gambe alla ricerca sul torio negli Stati Uniti, Francia, Canada, Cina ed India hanno continuato su questa strada promettente e siamo vicini alla sua applicazione:

http://www.newscientist.com/article/mg21628905.600-indias-thoriumbased-nuclear-dream-inches-closer.html

L’Italia dovrebbero fare la sua parte, seguendo l’esempio del Nobel Carlo Rubbia, uno dei suoi massimi promotori e di tanti ecologisti pro-torio:

http://www.greenme.it/informarsi/ambiente/4476-centrali-nucleari-le-5-ragioni-di-rubbia-per-sostituire-luranio-con-il-torio

http://www.greenstyle.it/centrali-nucleari-al-torio-vantaggi-e-svantaggi-2528.html#ixzz2NQHh0oat

http://www.ecoblog.it/post/13583/lindia-progetta-un-nucleare-piu-sicuro-con-il-torio

 

Perfino tra i grillini ci sono dei sostenitori

http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2013/02/nucleare-sicuro-col-torio-parola-di-carlo-rubbia.html

Il successo dello sfruttamento del ciclo del torio metterebbe fuori gioco Chevron, BP, ExxonMobil, ecc. che hanno lucrato sulla menzogna del picco del petrolio (scarsità artificiale = estorsione):

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/12/la-colossale-menzogna-delle-guerre-per-il-petrolio/

Le loro azioni crollerebbero, il loro dominio sull’economia e la geopolitica mondiale terminerebbe. Le centrali a carbone sarebbero un ricordo del passato, così come il fracking con i suoi rischi sismici

http://it.wikipedia.org/wiki/Fratturazione_idraulica

Il prezzo del gas naturale declinerebbe stabilmente.

Addirittura, le navi da trasporto, che consumano il 20-30% del petrolio impiegato nel mondo, potrebbero essere equipaggiate con dei mini reattori LFTR.

Il dollaro, agganciato al petrolio, collasserebbe, e con lui l’egemonia della NATO e dell’OPEC sul mondo.

La Cina non sarebbe più costretta a dipendere dalle importazioni americane per poter acquistare il petrolio saudita (teocrazia militarista alleata con gli USA e con Israele).
Le guerre in Iraq, Afghanistan e Libia, infatti, non erano per controllare il petrolio (gli USA saranno presto il maggior produttore mondiale di petrolio), ma per impedire alla Cina di accedere alle riserve medio-orientali ed africane e possibilmente spingerla a cercare miglior fortuna in aree strategiche per la Russia (divide et impera). Cosa penserebbero gli Americani se scoprissero che le ingentissime spese militari del Pentagono che li hanno indebitati fino al collo non servono a tener basso il prezzo dell’energia e della benzina negli Stati Uniti, ma unicamente a sabotare la Cina, inimicandosela sempre di più?

Occorre capire che il paradigma della scarsità delle risorse è l’architrave del sistema oligarchico mondiale. Quelle poche migliaia di individui (la stima era di 8000 circa persone e 147 imprese/banche) che controllano la finanza e la politica, non avrebbero alcuna chance in un regime di abbondanza energetica

 

PROLIFERAZIONE NUCLEARE (LA GUERRA AL TERRORE FA UN’ALTRA VITTIMA: LA SCIENZA)

Già nel 2005 i massimi specialisti mondiali di proliferazione nucleare (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) avevano mostrato che il rischio è molto inferiore rispetto ai reattori ad uranio:

http://www-pub.iaea.org/mtcd/publications/pdf/te_1450_web.pdf

Robert Hargraves e Ralph Moir “Liquid Fluoride Thorium Reactors” (American Scientist July–August 2010) hanno ribadito che il rischio è inferiore per le seguenti ragioni:

Un reattore commerciale produrrà uranio quel tanto che basta per alimentare la produzione di energia. Qualunque sottrazione fermerebbe il reattore, avvisando le autorità di una violazione, con blocco immediato delle uscite.

Certamente dei terroristi non potrebbero rubare dall’interno di un reattore sigillato U-233 disciolto in una soluzione di sale fuso [i reattori a sale fuso che utilizzano torio liquido come combustibile sono la soluzione tecnica ideale per lo sfruttamento del torio, NdT] con prodotti di fissione letalmente radioattivi.

Il protocollo di sicurezza dell’agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) richiederebbe rigidi controlli, la contabilizzazione di tutto il materiale nucleare, la sorveglianza ed ispezioni meticolose.

È concepibile che una nazione o gruppo rivoluzionario possano espellere gli osservatori dell’AIEA, fermare il reattore torio e tentare di rimuovere l’U-233. Ma servirebbero ingegneri particolarmente capaci per alterare le apparecchiature di fluorurazione e separare l’uranio dal sale.

In ogni caso, l’U-233 è una pessima scelta per chi vuole creare un’arma nucleare perché gli stessi neutroni che lo producono, generano anche l’U-232, altamente contaminante e facilmente individuabile per la sua fortissima radioattività, migliaia di volte maggiore di quella del “normale” plutonio.

L’esposizione all’U-232 renderebbe probabile la morte dell’eventuale terrorista o malintenzionato entro 72 ore. Questo isotopo di uranio non può essere rimosso chimicamente ed una separazione tramite centrifuga contaminerebbe irreparabilmente il dispositivo.

Inoltre l’uso del torio porterebbe allo smantellamento degli impianti di arricchimento dell’U-235, dal quale si può effettivamente ricavare materiale radioattivo impiegabile per azioni terroristiche.

I due scienziati concludono: “Questa fonte di energia è più conveniente del carbone, può aumentare la prosperità e può ridurre il rischio di guerre per le risorse.

http://www.americanscientist.org/issues/pub/2010/5/a-thorium-future

FONTI

http://www.amazon.com/SuperFuel-Thorium-Energy-Source-Future/dp/0230116477

http://www.amazon.com/THORIUM-energy-cheaper-than-coal/dp/1478161299/ref=pd_bxgy_b_text_y

Is there a safer future for nuclear? Dr Geoff Parks, Cambridge University, June 2012

Safer nuclear – let the thorium debate begin, SmartPlanet, May 2012

New Life for Forgotten Fuel, FT Magazine, September 2011

The Nuclear Renaissance?, BBC Business Daily, September 2011

Thor Forges Safer Nuclear Power, The Sunday Times (PDF 1.6 Mb)

Thorium: the Element that Could Power our Future, Wired.co.uk, September 2011

Safer nuclear does exist, The Telegraph, August 2011

Why thorium nuclear power shouldn’t be written off, Bryony Worthington, The Guardian, July 2011

Uranium is so last century – enter thorium, the green nuke, Wired, December 2009

“La situazione è irta di difficoltà e noi dobbiamo essere all’altezza della situazione” (Risposta a Mauro Poggi)

I dogmi di un passato tranquillo sono inadeguati al presente tempestoso. La situazione è irta di difficoltà, e noi dobbiamo essere all’altezza della situazione. Poiché il nostro caso è nuovo, dobbiamo pensare in modo nuovo e agire in modo nuovo. Dobbiamo emanciparci.

Abraham Lincoln

Il post sullo sciopero europeo ha dato il via ad uno scontro sul futuro dell’Unione che non si vedeva dai tempi di Lincoln e Jefferson Davis ;oDDDDD

Io sono unionista (ma solo a certe condizioni) e Mauro è secessionista (dall’eurozona e non solo).

La mia più recente e massiccia contro-offensiva (“il nemico è alle porte”!) richiede un post specifico.

[le metafore belliche sono frivolo intrattenimento: il dibattito tra noi due è civilissimo anche se il tema è di importanza storica].

Ecco la mia più recente replica.

“Bernanke non è certo Mr. Trasparenza. Ha il compito di mentire per rassicurare i mercati. Gli Stati Uniti hanno deciso di potersi indebitare a piacere per sostenere l’export mondiale stampando dollari a manetta come se non ci dovessero mai essere delle conseguenze, come se il dollaro dovesse restare per sempre la valuta di riferimento globale. Ma se i soldi stampati servono solo per gonfiare bolle e non per investire nell’economia reale, gli effetti non possono che essere catastrofici.

Lincoln: “Il Governo dovrebbe creare, emettere e far circolare tutta la valuta ed il credito necessario per soddisfare il potere di vendita del Governo ed il potere d’acquisto dei Cittadini consumatori. Il privilegio di creare ed emettere moneta non è solo la suprema prerogativa del Governo, ma è anche la sua più grande opportunità creativa. Con l’adozione di questi princìpi, ai Contribuenti saranno risparmiate enormi quantità di interessi. Il denaro cesserà di essere il padrone e diventerà il servitore dell’Umanità“.

Quanti paesi hanno la massa critica necessaria per dirottare i loro investimenti nell’economia, lasciando che la finanza sia esposta ai suoi stessi marosi, senza dover pagare un dazio terribile a chi, per il momento, ha il coltello dalla parte del manico?

Non certo l’Argentina, per citare uno di quegli esempi che sempre si tirano in ballo in questo dibattito.

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Non mi pare che l’Argentina sia libera da turbamenti nei suoi rapporti con FMI e Banca Mondiale. Mi pare invece che sia perennemente sotto attacco e che le cose potrebbero andare anche peggio, se l’obiettivo primario non fosse l’eurozona:

http://www.ft.com/cms/s/0/d0213464-22b5-11e2-938d-00144feabdc0.html#axzz2BzeIa6Xg

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-09-25/ultimatum-argentina-ecco-perche-204319.shtml?uuid=Abnc8djG

E non sono solo le agenzie internazionali a tenerla sotto pressione:

“Il recente voto a sfavore dei tedeschi, insieme a Stati Uniti e Spagna, a una richiesta di prestito di 60 miliardi di dollari fatta dall’Argentina alla Banca Inter-Americana di Sviluppo per un progetto nella provincia di San Juan”

http://www.eurasia-rivista.org/argentina-e-fmi-a-confronto/17452/

Al di là dell’indegna faziosità dell’articolo che segue, i problemi esistono e l’Argentina si sta comportando proprio come la Germania e come la Grecia (su istruzione dell’FMI): riduce le importazioni ed espande le esportazioni (ma qualcuno però dovrà pure importare più di quel che esporta se vogliamo evitare che l’economia globale collassi – pio desiderio) e, ciò nonostante, “l’Argentina in pochi anni è stata costretta a passare da paese esportatore a importatore di energia, pur avendo tra le maggiori riserve di gas e petrolio del mondo”: http://www.linkiesta.it/buenos-aires-argentina#ixzz2BzmbsIZn

Le critiche a questo articolo di linkiesta del lettore Dave sono intelligenti:

“Fermo restando che l’incidente di Once non è una sorpresa per chi abbia almeno visto “La próxima estación” di Solanas e la relativa analisi del decadimento della rete ferroviaria argentina, l’articolo mi pare ingannevole.

È vero, infatti, che la situazione del Paese è assai meno florida di quanto possa apparire ad un osservatore idealizzante: l’inflazione è tale che non ha senso affiggere i prezzi sulle vetrine dei negozi, il pagamento a rate comporta interessi da strozzino anche solo per pagamenti da terminare in sei mesi. Ed è vero che il sistema di sussidi rende quasi più conveniente la disoccupazione (ma questa critica era stata rivolta anche al Regno Unito durante i disordini della scorsa estate), creando una sorta di clientelismo “io ti voto, tu mi mantieni”.

Tuttavia, non si vede come questo supporti il titolo per cui sarebbe una balla che “senza l’FMI si [stia] meglio”. L’Argentina ha dei problemi strutturali che non possono certo essere superati in dieci anni dopo una crisi, specialmente da un governo come quello dei “K”. L’articolo non storicizza la situazione attuale, sembra piuttosto uno stizzito cahier de doléances, talvolta basato su generalizzazioni (tutti cattolici appassionati di Evangelina Anderson: un’analisi profonda e per nulla razzista).

Storicizzando, si vedrebbe quanto le ricette dell’FMI abbiano contribuito alla situazione attuale: durante la stagione in cui l’Argentina veniva lodata dal FMI, le maggiori imprese e i servizi pubblici vennero svenduti ad offerenti esterni (p.es. Iberia e Marsans con Aerolíneas Argentinas) interessati a far profitto, socializzando le eventuali perdite. Infatti, anche TBA rientrò nel quadro di privatizzazioni selvagge effettuate da Menem.

In sintesi, la mia idea è che, se non si può dire che l’Argentina ora stia meglio, è forse plausibile affermare che stia “meno peggio”. D’altronde, se la situazione attuale, per difficile che sia, sembra un miglioramento, questo non depone certo a favore delle precedenti politiche iperliberiste. Prima di trasformare l’Argentina post-2001 in uno spot a favore dell’FMI, però, ce ne vuole”.

Anche il lettore “Andrea Corno” dice cose sensate senza nascondere i problemi:

“Vivo da 6 anni in Argentina, non sarebbe male che chi scrive sull’Argentina facesse un giro da queste parti e parlasse con chi ci vive, stante che i media principali hanno ormai la credibilita’ di Studio Aperto. Il riassuntino di 2 anni di Clarin che vediamo qui sopra, coglie molti punti rilevanti ma manca della profondita’ di analisi che solitamente contraddistingue linkiesta.

Le origini del disagio profondo sono di lunga data e collegano a doppio filo Argentina ed Italia, dai legami tra Peron ed i fascismi europei, all’ultima dittatura piduista degli anni 70 che ha fatto le prime voragini nei bilanci pubblici e distrutto l’industria nazionale, al governo Menem degli anni 90 che ha Craxianamente distrutto economia e senso dello stato. Non a caso Menem ha privatizzato cio’ di cui si parla nell’articolo, Treni, Energia, Aerei, intascandosi tangenti smisurate e favorendo imprese Statunitensi ed Europee, senza tralasciare l’Italia che in Argentina ha fatto affari come pochi altri paesi, lasciando gli argentini con un pugno di debiti.

In questo contesto, andrebbero affrontate alcune inesattezze o precisazioni:

1) le importazioni non vengono bloccate solo per riequilibrare la bilancia commerciale, ma anche e soprattutto perche’ il piano dell’Argentina e’ quello di ricostruire il suo tessuto industriale per ricominciare a creare lavoro. Non a caso si tratta del secondo paese al mondo dopo la Cina per creazione di posti di lavoro negli ultimi 10 anni. Senza copiare pedissequamente, dovremmo rifletterci.

2) ovviamente una crescita del 5/8% l’anno per 10 anni, con una riconversione industriale, e con un notevole miglioramento della qualita’ di vita delle fasce basse della popolazione, porta ad un aumento della matrice energetica del 15/18% l’anno, ovvero a piu’ che duplicare il consumo energetico in 10 anni. YPF che controlla gas e petrolio e’ ancora (si spera per poco) in mani straniere. L’Argentina ha un piano di generazione di energia sul nucleare che farebbe invidia alle destre piu’ destre d’europa ed uno su eolico e solare che farebbero invidia ai verdi piu’ verdi del mondo (guardare il sito ENARSA).

3) i sussidi per le famiglie con bambini poveri hanno come condizionante il fatto che i bambini partecipino alle attivita’ scolastiche ed a controlli medici. questo, assieme agli investimenti in educazione, passati dall’1,8 % sul PIL al 6.8% (!), sta ricomponendo la breccia culturale tra classi svantaggiate e classi alte.

4) piuttosto logico che quando cresci in forma sostenuta per diversi anni, riconvertendoti da una politica di importazione ad una di produzione nazionale, si generi un’inflazione a due cifre. concordo sull’articolo della scarsa affidabilita’ degli organismi di statistica ufficiali … ma non mi pare molto diverso dalle risate che ci facevamo sull’ISTAT in periodi similari italiani

… senza voler a tutti i costi difendere un governo che ha mille pecche, mi pare che l’Argentina abbia un progetto, che viene portato avanti tra mille problemi storici ed attuali, che le cose funzionino anche perche’ tenute assieme con il fil di ferro … ma quanto meno un’idea di futuro c’e’, sicuramente perfettibile, ma c’e’. A differenza di un’Europa senza piu’ idee e visione che quando avra’ finito di tagliare, si sara’ accorta di essersi letteralmente tagliata anche gli organi produttivi …”

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Il vincolo esterno non è di per sé un concetto sbagliato. Siamo e dobbiamo essere interdipendenti e dobbiamo assumerci delle responsabilità, per migliorare tutti assieme. Il problema è che invece di essere impiegato per creare un circolo virtuoso che tenga conto dei modi e dei tempi più idonei per popoli che hanno stili di vita diversi e che non vanno omologati, è diventato un circolo vizioso in cui lo standard è quello neoliberista e tutti si devono adeguare, volenti o nolenti. Se ci si disfacesse di questo dogma, resterebbero valide le osservazioni di un critico (censurato, come tanti altri) di Bagnai:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/11/11/emilio-l-un-punto-di-vista-scomodo-su-eurozona-ed-economia-italiana/

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Sui separatismi non te la puoi cavare così ;op
è pressoché certo che la scissione in un’Europa di serie A ed una di serie B porterebbe al collasso di qualche stato nazionale, incluso il Belgio, se dovesse essere lasciato fuori dall’euronucleo assieme alla Francia, evento non improbabile, dato l’andamento dell’economia belga. Io sono contro la dicotomia “tutto proceda come sta procedendo” vs. “usciamo dall’eurozona”. Non puoi appiattirmi sul primo estremo per difendere il secondo. Uscire dall’eurozona avrebbe delle conseguenze geopolitiche immense e non si può far finta che tanto le cose vanno male comunque. Questa è proprio una delle ragioni per cui occorre restarci e combattere (lincolnianamente) per cambiarla.

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Ho già spiegato in molti post perché:

  1. per difendere il dollaro, ossia l’egemonia NATO nel mondo. Per lo stesso motivo entreremo in guerra con la Cina e la Russia;
  2. per portare avanti il progetto (razzista ed imperialista) dell’euronucleo (euro-marco):

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/27/lucio-caracciolo-leuropa-e-finita-considerazioni-di-immenso-buon-senso-sulleuropa-sullitalia-e-su-altro-ancora/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/20/bruno-luvera-tg1-rai-sulla-jugoslavizzazione-dellitalia-e-la-balcanizzazione-delleuropa/

Nei progetti delle oligarchie anglo-americane e di quelle europee continentali l’Unione Europea doveva essere serva della NATO (cf Brzezinski) e l’unione mitteleuropea fa parte di questo schema geopolitico (che Caracciolo e Luverà hanno denunciato qui sopra).

Naturalmente all’interno dello schema generale squali e squaletti portano avanti i propri rispettivi progetti, non sempre in linea con le linee guida – dubito ad esempio che la Germania non abbia un piano B se gli USA dovessero implodere in seguito all’ennesima crisi dei derivati e/o di una sconfitta bellica (la posizione sulla Libia farebbe intendere una volontà di dialogare con la Russia, come nelle intenzioni di Karl Haushofer) -, e quindi non esisterà mai una spiegazione generale perfettamente coerente.
Anche quella di Giorgio Gattei di UniBo ha le sue pecche.

Se ti ostini a non porti delle domande sulle motivazioni di chi sta muovendo i pezzi continuerai a vedere solo una parte della realtà e non sarai in grado di fare delle valutazioni realistiche di decisioni che avranno enormi ripercussioni per tutti noi. Peggio: farai il gioco di altri.

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CALIFORNIA: appunto e non vedo quale sia il problema nell’unificazione europea (anzi, euro-mediterranea) sul modello americano, se portata avanti con lo spirito di un F.D. Roosevelt o di un De Gaulle o di un Tsipras, ossia senza abolire gli stati e riservando loro una forte autonomia/sovranità. Lo sciopero generale europeo servirà ad infondere coraggio ai politici, intellettuali ed imprenditori di buona volontà.

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In precedenza la situazione non era mai stata così grave e le famiglie italiane non erano mai state così prossime al baratro. Perciò non si può dare per scontato che “anche stavolta ce la caveremo”.

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Il protezionismo lo fanno l’Argentina, lo fanno gli USA e lo facciamo noi nei confronti del Terzo Mondo (+ sussidi all’agribusiness che mettono fuori gioco i contadini africani). Figurati se Francia e Germania accetterebbero di lasciarci uscire dall’eurozona per poi distruggere le loro esportazioni, ossia l’unica possibilità che hanno di tirare avanti (nonché uno dei dogmi del neoliberismo che punta tutto sull’aumento delle esportazioni). Persino la Cina ci romperà i maroni, dato che rischia sommosse mastodontiche se solo la crescita scende sotto una certa soglia. Non solo, ci saranno guerre commerciali anche tra gli stessi PIIGS, in lotta per la sopravvivenza. Credere che le cose andranno diversamente è credere alle favole. La realtà non corrisponde ai nostri desideri.

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Senza capitali non ci può essere alcun rilancio dell’economia.

La guerra in corso tra Germania e USA – un’interpretazione della crisi (Gattei di UniBo)

Premetto il commento critico di un lettore
“Una buona sintesi del pensiero repubblichino, cioè una costruzione basata su articoli di Repubblica, che tende raggiungere gli obiettivi prefissati in partenza:
– la colpa è della Germania (da personalizzare come Merkel per avere un migliore effetto antropomorfo, il nemico deve essere un umano);
– non c’è alternativa a questo pensiero economico;
– la NATO non c’entra niente;
– Goldman Sachs poverina, cerca di aiutare questi europei disastrati;
– le agenzie di rating fanno del loro meglio per riportare onestamente il valore delle valute.
C’è una parte iniziale promettente sul partito della finanza (citazione inziale di Giannuli) ma serve solo per colpire l’attenzione, perchè poi si devono raggiungere le conclusioni prefissate.
In realtà siamo in un gioco dove tutti barano e la prima regola per ristabilire ordine al tavolo da gioco è cacciare i bari. Con le buone o con le cattive”.

Giudizio mio: Gattei aggira un po’ troppo facilonamente un paio di contraddizioni fondamentali nel suo ragionamento, attribuendo il comportamento dei politici tedeschi allo choc dell’iperinflazione di un secolo fa e ad un atteggiamento dottrinale in materia di politiche economiche. Mi pare francamente implausibile. C’è del buono in quest’analisi e c’è del meno buono, ossia buchi, segnalati dal lettore summenzionato che ha ragione da vendere nel sottolineare come lo studioso abbia preso per buona la lettura della crisi fatta dalla Repubblica, che non è certo imparziale. Tali buchi andrebbero riempiti con argomentazioni solide, che qui non ci sono. Non credo che Gattei sia in malafede. E’ che un economista tende a vedere solo alcuni aspetti di certe questioni e non altri, come tutti. Se, per di più, fa un eccessivo affidamento sul punto di vista di un quotidiano dell’establishment, difficilmente potrà procedere spediatamente sulla strada della ricerca della verità.
Comunque ecco l’analisi in questione.

“La Germania contro tutti”

di Giorgio Gattei, docente di Storia del pensiero economico presso la Facoltà di Economia di Bologna.

1. Se la Grande Germania ritorna.

Quando i giornali raccontano la speculazione finanziaria in atto come un attacco dei “mercati” contro l’Europa, non la dicono giusta. Innanzi tutto, cosa sono mai questi “mercati”? «Hanno fisionomia giuridica, un portavoce, un responsabile, un legale rappresentante, qualche nome e cognome al quale, all’occorrenza, presentare reclamo? Qualcuno ha mai votato per loro? Se sbagliano, si dimettono? Quando e dove è stato deciso che il loro giudizio (il famoso “giudizio dei mercati”) conta di più dell’intera classe politica mondiale?» (M. Serra, “La Repubblica”, 19.6.2012).

E poi, siamo proprio sicuri che essi si muovano contro l’Europa od il suo omologo monetario, l’euro, e non piuttosto contro qualcosa di ben più specifico e nazionale come la Germania? Per capirlo, bisogna partire da lontano.

Si è ormai costituito da tempo a livello planetario un vero e proprio partito della finanza che comprende tutti coloro che guadagnano dai movimenti dl capitale speculativo. Stimabile attorno ai 90 milioni di persone, questo vero e proprio “blocco sociale” opera sui mercati di Borsa «come un partito informale ma solidissimo, in grado di determinare l’andamento dell’economia e di condizionare in modo determinante la politica» (A. Giannuli, Uscire dalla crisi è possibile, Milano 2012, p. 43). È questo “partito della finanza” che agita i “mercati”, i quali però vanno declinati al plurale perché non hanno un comportamento univoco secondo a come si muovono nei confronti delle due valute monetarie che si contendono gli scambi internazionali: il dollaro e l’euro. Conseguentemente due sono i suoi poli geografici di riferimento: da un lato gli Stati Uniti e dall’altro la Germania, che è la vera custode della solidità di quella moneta unica europea decisa a fare concorrenza al dollaro.

È questa una contrapposizione recente. Gli accordi di Bretton Woods del 1944 avevano consegnato agli Stati Uniti il monopolio della emissione della moneta mondiale e nemmeno la fine della convertibilità del dollaro in oro nel 1971 era riuscita a scalfirne la supremazia valutaria. È solo con la ricomposizione delle due Germanie nel 1990 che le cose sono cambiate. La divisione della Germania in due unità separate e contrapposte era stata la conseguenza/punizione per i due disastrosi “assalti al potere mondiale” che aveva tentato manu militari nel 1914-1918 e nel 1939-1945. Per evitarne un terzo gli alleati vincitori l’avevano smilitarizzata e tagliata in due come una sogliola. Ma con la riunificazione successiva alla implosione dell’URSS, il problema geopolitico si è ripresentato: quale collocazione internazionale, adeguata alla sua potenza non più militare bensì economica, dare alla rinata Grande Germania?

 

2. Due visioni geopolitiche.

Secondo la dottrina geopolitica anglosassone, come è stata elaborata da Halford Mackinder e Nicholas Spykman, ci sarebbe nel mondo un luogo privilegiato, detto il “Cuore della terra” (Heartland), il cui controllo politico assicurerebbe il governo del pianeta [NOTA MIA: il famigerato ed in fluentissimo Zbigniew Brzezinski sottoscrive questa visione geopolitica]. Questo centro strategico della storia è posizionato nelle grande steppe euroasiatiche, così che soltanto la Russia può impadronirsene. Con una limitazione, però: che per esercitare nei fatti la supremazia geopolitica, essa deve traboccare su qualcuna delle “Terre di contorno” (Rimlands) che la circondano e che si affacciano sui mari caldi degli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico. Da qui l’obiettivo permanente della Russia (zarista, sovietica o quant’altro) di muoversi verso l’Europa, il Medio Oriente, l’Afghanistan o la Corea, ma con la Gran Bretagna prima e gli Stati Uniti poi a contrapporle una accorta ed efficace (finora) azione di “contenimento-respingimento”.
Però la Germania ha dato alla geopolitica un proprio ed originale contributo per opera di Karl Haushofer (1869-1946). Secondo questa diversa “visione” del mondo non è più questione di “Cuore della terra” e “Terre di contorno” ad esso concentriche, bensì di Pan-Regioni che si estendono nel senso dei meridiani, da polo a polo, avendo ciascuna uno stato-guida dominante [NOTA MIA: Carl Schmitt, l’eminente giurista filo-nazista che tanto influenzò Leo Strauss, il padre dei neocon americani, apparteneva a questa stessa scuola di pensiero].

Esse sono quattro, e quindi Pan-America con a capo gli Stati Uniti, Pan-Asia guidata dal Giappone (ma oggi si dovrebbe dire meglio la Cina), Pan-Eurasia dominata dalla Russia e Pan-Europa a direzione tedesca. E siccome ogni Pan-Regione dovrebbe godere del proprio “spazio vitale geopolitico” in reciproco rispetto con quello di ogni altra, alla Germania, in rapporti di buon vicinato con la Russia (il capolavoro di Haushofer è stato il patto Ribbentrop-Molotov del 1939), il Giappone e pure gli Stati Uniti, avrebbe dovuto spettare la guida delle penisole mediterranee che allora era facilitata dalla somiglianza di regime fascista presente in Portogallo (Salazar), Italia (Mussolini), Grecia (Metaxas) e Spagna (Franco): quattro paesi che nell’insieme già facevano in sigla PIGS = “maiali”.

Restavano estranee a questo Nuovo Ordine Europeo con mire espansionistiche sul Medio Oriente ed il continente africano soltanto le democrazie di Francia e Gran Bretagna, che comunque sarebbero state ridotte all’obbedienza con la forza. Si sa però che, se con la Francia la sottomissione riuscì, non altrettanto avvenne con la più ostica Gran Bretagna, nonostante il volo conciliatore tentato nel 1941 da Rudolph Hess (il vice di Hitler che era anche il migliore allievo di Haushofer) per trovare un accomodamento spartitorio col governo britannico. Ma proprio in quello stesso anno Hitler, smentendo le buone regole della geopolitica tedesca, dichiarava guerra all’Unione Sovietica ed agli Stati Uniti (fu solo allora che la guerra “europea” divenne “mondiale”), votandosi a quella clamorosa sconfitta da cui dovevano nascere le due Germanie separate da una “cortina di ferro”, poi materializzatasi fisicamente nel Muro di Berlino, che doveva sancire la fine di una Pan-Europa autonoma dalle altre Pan-Regioni.

 

3. “Framania” e i suoi “maiali”.

Con la riunificazione del 1990 il gioco geopolitico tedesco si è però riaperto e ha trovato una esplicita manifestazione di volontà nel documento elaborato nel 1994 per conto della CDU/CSU da Wolfgang Schäuble (cfr. Bonn va avanti con pochi sponsor, “Il Sole-24 Ore”, 12.9.1994 – artefice del progetto dell’Europa a due velocità:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/14/che-fine-fara-litalia-dopo-leutanasia-dellunione-europea/

http://www.alternativaeuropea.org/documenti/aemag/Edit26.htm).

Vi si teorizzava che senza un consolidamento interno l’Unione Europea avrebbe rischiato «di crollare per tornare ad essere un debole raggruppamento di Stati incapaci di soddisfare il bisogno di stabilità della Germania,… che è in linea di principio identico a quello dell’Europa considerata nel suo insieme,… in quanto gli USA non possono più svolgere il loro ruolo tradizionale ora che il conflitto Est-Ovest è un ricordo del passato». Però questa volta a «nocciolo duro» della rinascente Pan-Europa doveva essere posta una alleanza organica con la Francia, che da De Gaulle in poi si era mostrata insofferente della stretta tutela americana sulle cose europee. Attorno a questa Framania avrebbero ovviamente gravitato nazioni “satelliti” come l’Olanda, mentre i paesi “maiali” del Mediterraneo, ad esempio Spagna ed Italia, e perfino la Gran Bretagna avrebbero dovuto essere «convinti» ad aderire al Nuovo-Nuovo Ordine Europeo non appena avessero «risolto alcuni dei loro attuali problemi». Ma quali?

Se nella sua nuova offensiva geopolitica la Grande Germania non avrebbe fatto questione di supremazia militare (lasciando alla Francia il compito di assicurare all’Europa unita la deterrenza nucleare) bensì soltanto di egemonia finanziaria, ad essa i paesi mediterranei e la Gran Bretagna si sottraevano, come doveva vedersi negli anni successivi, per ragioni differenti. Intanto la Gran Bretagna, che batteva una moneta propria come la sterlina, ad essa non avrebbe rinunciato quando è nato l’euro, la moneta unica europea esemplata sul marco tedesco. A loro volta i paesi “maiali” vi hanno aderito gravati da debiti sovrani esagerati che i c.d. “parametri di Maastricht” non sono arrivati nel tempo a ridimensionare.

C’è però da dire che questo indebitamento sovrano non è tanto l’effetto di governi eccessivamente spendaccioni (come di solito si giudica), bensì del mal riuscito amalgama, all’interno dell’Unione Monetaria Europea, di economie nazionali organicamente difformi per capacità di produzione e, soprattutto, di esportazione – e questo proprio quando la moneta unica toglieva ai paesi in deficit commerciale la possibilità di adottare “svalutazioni competitive” della propria moneta per pareggiare i conti con l’estero, come era stato il caso della svalutazione della lira nel 1992. All’ombra dell’euro si è così “cronicizzato” lo squilibrio tra i paesi esportatori netti di merci (il “nocciolo duro” con esportazioni maggiori delle importazioni) e quelli che invece importano più di quanto esportano (che è la vera causa del loro essere “maiali”). Ma ciò nemmeno basta perché, se lo scompenso della bilancia commerciale è stato pagato dai “maiali” in moneta comune, essi se la sono vista restituire dal “nocciolo duro” in cambio di titoli dei loro debiti sovrani così da lucrare interessi fino al loro rimborso. Se quindi il “nocciolo duro” ha finito per risultare esportatore netto di merci e creditore di capitali ed i paesi “maiali” importatori netti e debitori, tuttavia si riteneva che l’asimmetria si sarebbe sanata quando quei capitali ricevuti in prestito si fossero indirizzati alla produzione di merci per l’estero, riportando progressivamente la bilancia commerciale in pareggio. Nell’attesa di tanto risultato in Europa si pazientava, finché a mezzo 2011 non è successo qualcosa che ha fatto precipitare la situazione.

 

4. I “mercati” tra dollaro ed euro.

Nel pieno dell’estate del 2011, quale conseguenza del duro braccio di ferro dei “mercati” contro il governo di Washington che era necessitato a violare il limite di legge posto all’indebitamento pubblico, quel limite è stato sforato ma le agenzie di rating (longa manus dei “mercati”) hanno punito il debito sovrano americano togliendogli la valutazione massima di tripla A (cfr. G. Gattei, La grande guerra dei rating (2011-2011), Bologna, 2012). Siccome però il debito sovrano tedesco manteneva la valutazione AAA, si è creata una fastidiosa disparità di rating che avrebbe potuto portare i risparmiatori internazionali, nelle proprie scelte d’investimento, a preferire i Bund di Berlino ai Bond di Washington. Che i “mercati” avessero finito per fare gli interessi della Germania? A ciò bisognava porre urgentemente rimedio, ma senza rinnegare la punizione inflitta al governo di Obama.

I titoli pubblici tedeschi a tripla A sono espressi in euro. Ed è un paradosso che in euro siano espressi anche i debiti sovrani dei paesi “maiali” che costituiscono l’anello debole della Unione Monetaria Europea e che godono (si fa per dire…) di rating di bassa, se non di pessima qualità. Perché allora non approfittare del difficile momento congiunturale per deprezzare ulteriormente i loro rating, così da allontanare i risparmiatori dall’acquisto di titoli sempre più “maiali” ma più di tutto svalutando il portafoglio di quanti (siano Stati, banche o imprese) li detengono? È stata così innescata l’arma micidiale dello spread che paragona il prezzo d’acquisto dei titoli in euro dei paesi “maiali” con i migliori sul mercato quali sono, per l’appunto, i Bund tedeschi. Se i risparmiatori, a fronte di rating peggiorati, si fanno riluttanti ad acquistarli, per indurli a sottoscrivere bisognerà offrire loro migliori condizioni di rendimento, da cui consegue l’aumento dello spread. Ma a tassi d’interesse più alti peggiorano i bilanci pubblici dei paesi “maiali” che potrebbero finire per trovarsi addirittura costretti a ripudiare quei debiti diventati troppo onerosi per le loro finanze (qualcosa di simile non è forse successo in Argentina qualche tempo fa e non si è ripetuto in Islanda nel 2010?). In caso di default di Grecia, Portogallo, Spagna o Italia i possessori dei loro titoli si troverebbero con quella loro parte di portafoglio inesigibile e le agenzie di rating avrebbero tutte le buone ragioni per abbassare i rating delle imprese private e degli Stati “incagliati” in quei crediti a rischio. Sia uno di questi Stati la Germania: non si meriterebbe allora di perdere la tripla A equiparandosi al rating americano?

 

5. “Fiscal compact”.

Di fonte alla minaccia la Germania è corsa subito ai ripari. Ma come difendere la massima valutazione del proprio debito sovrano? Imponendo ai paesi “maiali” di non far scherzi e di obbligarsi a ripagare i loro creditori “senza se e senza ma”. Lo strumento è stato l’accordo di fiscal compact sottoscritto dai governi europei nel marzo 2012 (solo Gran Bretagna e Repubblica Ceca non hanno firmato) poi passato alla ratifica dei parlamenti nazionali. La “filosofia” del fiscal compact è presto detta: se lo spread peggiora la situazione finanziaria dei bilanci pubblici dei paesi “maiali” minacciandone il default, il rimedio sta nel rimborsare la più parte del debito sovrano esistente vincolandosi contemporaneamente a non accenderne più altro. È per questo che due sono i termini del patto a cui i governi si sono impegnati a dare esecuzione a partire dal 2013.

Il primo vincolo è l’obbligo del bilancio statale in pareggio, così che le spese pubbliche vengano interamente coperte dal gettito fiscale. Ma siccome tra le spese sono compresi pure gli interessi da pagare sul debito esistente, i governi firmatari si obbligano in verità a realizzare un avanzo di bilancio primario, che è il saldo positivo d’imposte e tasse sulle spese statali. Se così non verrebbero più contratti nuovi debiti, per quelli vecchi che fare? Qui interviene il secondo vincolo che prevede il rientro in vent’anni della parte di debito eccedente il 60% del PIL, che è la percentuale originariamente prevista dagli accordi di Maastricht. Allo scopo di capire l’entità dello sforzo finanziario richiesto ai paesi “maiali”, si consideri il caso dell’Italia: a fronte di un debito pubblico che sfiora i 2000 miliardi di euro (120% del PIL), in vent’anni lo si dovrebbe ridurre della metà a colpi di 50 miliardi all’anno (50×20 = 1000). Ma considerando che ci sono anche gli interessi dai pagare sul debito esistente (sebbene in diminuzione per la riduzione progressiva del suo ammontare), si stima la necessità di un avanzo primario di 65 miliardi di euro all’anno da coprirsi con l’imposizione fiscale anche in assenza di qualsiasi spesa pubblica!

Comunque tanta severità di manovra era giustificata dall’idea della c.d. austerità espansionistica: se gli investimenti privati oggi difettano perché il risparmio viene “spiazzato” dallo Stato che lo sequestra per i propri fini improduttivi, con il bilancio in pareggio ed il rientro (almeno parziale) del debito sovrano si rimetterebbero in circolo capitali che affluirebbero spontaneamente verso i migliori impieghi occupazionali. Per questo (come spiegato da Wolfgang Schäuble, l’autore del programma geopolitico del 1994 che adesso è ministro delle finanze) «i piani di austerità non creano recessione» (“La Repubblica”, 1.3.2012), bensì sviluppo. Ma chi garantisce che, restituito dallo Stato ai creditori il “maltolto”, essi lo rivolgano ad investimenti produttivi e non invece a speculazioni finanziarie senza ricaduta in termini di produzione e occupazione? E poi nello specifico dei paesi “maiali”, essendo buona parte dei creditori straniera (quasi il 50% per l’Italia), a rimborsarla il risparmio nazionale non andrebbe a finire all’estero rilanciando altrove, ad esempio in Germania, la produzione per l’esportazione? Ma per esportare dove (si replica) se non proprio verso quei paesi “maiali” penalizzati dalla fuoriuscita dei propri capitali? Non ci sarebbe quindi convenienza per la Germania ad un programma di austerità, a meno che non si trovassero altri mercati di sbocco al posto di quelli, ormai avviati ad estinzione, dell’Europa mediterranea. È giusto, ma non è un caso che la Cancelliera Merkel sia corsa più volte a Pechino per concordare contratti d’esportazione con la Cina, ferrovia transiberiana coadiuvando.

 

6. I “mercati” contro la Germania.

La prospettiva di un’alleanza, anche solo logistica, della Germania con la Russia (che nella geopolitica anglosassone resta pur sempre il “Cuore della Terra”) preoccupa il governo di Washington, educato alla visione di Spykman-Mackinder. Per questo oltre Atlantico si giudica pericolosa una repressione finanziaria che finisca per marginalizzare il Mediterraneo spostando gli interessi commerciali della Germania verso l’Eurasia. Da qui nasce il sostegno ad un diverso trattamento dei debiti sovrani “maiali” che non passi attraverso quel loro rimborso coatto imposto dalle regole del fiscal compact.
Il soggetto dell’alternativa dovrebbe essere la Banca Centrale Europea che, rinunciando al proprio “principio di nascita” di sola difesa della stabilità dei prezzi, dovrebbe stabilire un livello tollerabile dello spread e, qualora i “mercati” lo superassero, intervenire acquistando i titoli sovrani dei paesi in sofferenza, così da riportarlo a quel giusto livello. Con peso finanziario ridotto i paesi “maiali” non dovrebbero più ricercare avanzi primari di bilancio esagerati e potrebbero dedicare le maggiori risorse a disposizione se non proprio ad aumenti della spesa pubblica (sempre malvista di questi tempi), almeno a riduzioni della pressione fiscale ormai a livelli insopportabili. Con più denaro in tasca, i cittadini potrebbero aumentare la domanda trascinando nella sua scia la produzione e l’occupazione. E quindi sarebbe crescita invece di austerità.

Ma come dovrebbe finanziarsi la BCE? Anche con la stampa di più moneta, così che i prezzi interni della zona-euro in aumento incentivassero le imprese alla produzione. Ma su quali sbocchi piazzare le maggiori merci prodotte? Intanto sul mercato europeo dove la domanda sarebbe in aumento anche per la sola crescita dell’occupazione; ma poi sui mercati esteri perché la maggior moneta circolante porterebbe ad una svalutazione dell’euro sul mercato dei cambi favorendo le esportazioni, anche dei paesi “maiali”, fuori dalla zona-euro. E qualcuno ha provato a quantificare la svalutazione che sarebbe necessaria per far riprendere a correre l’Europa: secondo Nouriel Roubini la BCE dovrebbe «mettere in circolazione più moneta e abbassare ancora i tassi, se non altro per far svalutare l’euro fino alla parità col dollaro» (“La Repubblica”, 2.4.2012).

Ma accetterebbe mai spontaneamente la Germania che la BCE si facesse artefice di una inflazione che nell’immaginario tedesco è parola (e cosa) tabù? La Germania non si è mai ripresa dallo shock della Grande Inflazione degli anni 1919-1923, a cui si addebita la responsabilità della salita al potere di Hitler. Così ragionando essa però rimuove il fatto inequivocabile che da quella iperinflazione si è usciti con la stabilizzazione del marco della socialdemocratica Repubblica di Weimar (1923-1932) e che la catastrofe elettorale del 1933 è stata piuttosto provocata dalla sciagurata politica di austerità deflattiva adottata dal governo Brüning (è ricorrenza storica che le dittature escano politicamente dalle deflazioni monetarie, mentre l’inflazione sposta l’elettorato a sinistra!). Ma tant’è. E allora, per superare la resistenza tedesca non resta che far agire i “mercati” che dovrebbero porre l’aut-aut a Berlino: o impegnare la BCE al salvataggio dei paesi “maiali” caricandosi in parte di quei debiti sovrani anche al prezzo d’indebolire l’euro, oppure spingere i “maiali” verso il default, così che le agenzie di rating siano giustificate ad abbassare le valutazioni di tutte le istituzioni (statali e non) che ne posseggono i titoli. Insomma, delle due l’una: o l’euro si svaluta rispetto al dollaro oppure la Germania perderà la tripla A.

7. “La finanza è un’arma e la politica è sapere quando tirare il grilletto” (F. F. Coppola, Il padrino, parte III).

A mezzo del 2011 l’asse “framanico” tra Angela Merkel e Nicholas Sarkozy sembra veramente inossidabile. Ne fa le spese Silvio Berlusconi, vaso di coccio tra due vasi di ferro, che quando si vede intimare ai primi di agosto dalla BCE di Jean Claude Trichet e del suo successore subentrante Mario Draghi di «rafforzare la reputazione della sua firma sovrana» adottando misure d’austerità estrema (leggere per credere!) da prendersi «il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di settembre 2011» (cfr. “Corriere della Sera”, 29.9.2011), tergiversa e lascia passare la scadenza di settembre. Ma ci si può fidare di un governo così “maiale”? Secondo i retroscena giornalistici è stata la Cancelliera tedesca, il 20 ottobre, a chiedere la testa di Berlusconi (cfr. “La Repubblica, 31.12.2011), eppure occorrono ancora tre settimane di pressioni concentriche perché quelle «dimissioni volontarie» giungano finalmente il 12 novembre, lasciando il posto ad un più malleabile (così si spera) Mario Monti, appena nominato senatore a vita perché la sostituzione non sembri extra-parlamentare.

E Monti, sebbene in precedenza “uomo Goldman Sachs”, sul momento viene incontro ai suoi sponsor europei facendo approvare da una alleanza parlamentare tripartisan (PD-UDC-PdL) l’anticipo del pareggio di bilancio al 2013 e quindi una manovra Salva-Italia d’inusitata durezza: i partiti, commenta, «non avrebbero potuto permettersi di correre il rischio di diventare così impopolari. Noi non abbiamo questo problema, non dobbiamo presentarci alle prossime elezioni» (cit. in C. Bastasin, Tra Atene e Berlino, Milano, 2012, p. 45). Però Monti è come Badoglio: proclama che la guerra continua, mentre già tratta l’armistizio con gli alleati. Infatti gli basta appena un viaggio a Washington nel febbraio 2012 per rivelarsi il migliore “amico americano”, come dimostra il 20 febbraio firmando, insieme ad altri 11 capi di governo europei (quello inglese in testa), una lettera di «misure coraggiose» per ripensare alla «crescita oltre l’austerità». Ma è fatica sprecata perché Merkel e Sarkozy non recepiscono. Comunque ad aprile lui ci riprova, in compagnia del presidente della Commissione Europea, per chiedere almeno un ripensamento delle regole del fiscal compact, ma la Merkel gli risponde che «il fiscal compact non si tocca» (“La Repubblica”, 28.4.2012).

Siamo quindi allo stallo e solo le elezioni francesi, che sostituiscono Sarkozy con il “socialista” Hollande, possono venire a fare la differenza. Lo si capisce il 30 maggio quando, in una teleconferenza, Obama e Monti ed Hollande vanno per tre volte alla carica del rigore di Berlino e «per tre volte Angela Merkel dice di no. In inglese e, per non sbagliare, anche in tedesco» (“La Repubblica”, 1.6.2012). Ma la resa dei conti non può tardare perché, come Obama ha suggerito a Monti, «se la Merkel non cede va messa spalle al muro» (“La Repubblica”, 7.6.2012). E’ il 28 giugno, al summit europeo di Bruxelles, quando va in scena lo psico-dramma: alle 19,30, in coincidenza con la partita di calcio Italia-Germania, Monti pone il veto dell’Italia su qualsiasi decisione comunitaria se prima non si costituisce un Fondo salva-Stati “maiali”. Lo spalleggia subito il presidente spagnolo Rajoy e «nella sala scende il gelo». Per il momento si sospende la seduta e si va a cena, così da vedersi anche la partita che finisce con l’Italia che batte la Germania e passa alla finale… con la Spagna! «Congratulations, Italy played very well», ammette alle 22,30 Angela Merkel, ma ben più esplicito è il commento del premier irlandese Enda Kenny perché (dice) adesso il veto di Italia e Spagna è diventato «di tutto rispetto perché è stato posto dalle due finaliste». Eppure esso potrebbe ancora non bastare se non vi si aggiungesse a sorpresa quello ben più pesante della Francia. La Germania è isolata e «alle 4,20 del mattino, dopo 15 ore di negoziati, la Merkel capitola» (“La Repubblica”, 30.6.2012). Lo scudo anti-spread si farà e «Vaffanmerkel» è il titolo liberatorio, ma poco elegante, di un giornale italiano di quel dì (però l’Italia dovrà pagare lo scotto di perdere la finale di calcio a ringraziamento di quell’aiuto spagnolo ricevuto a Bruxelles…).

 

8. Tempi supplementari.

Alla sconfitta la risposta di Berlino è rabbiosa. Il giorno dopo parte un ricorso alla Corte Costituzionale per verificare se possa la Germania firmare una partecipazione al Fondo salva-Stati senza preventiva autorizzazione del Parlamento nazionale. Contemporaneamente un altro ricorso arriva sul tavolo della Corte. In simultanea con il summit di Bruxelles è stato approvato dal Parlamento tedesco, con voto bipartisan CDU/CSU e SPD, l’accordo di fiscal compact. Questa volta è die Linke a non starci, promuovendo il giudizio di costituzionalità su di una misura che dall’estero condizionerebbe la libertà di decidere la politica di bilancio nazionale. Però la Corte prende tempo, annunciando il 17 luglio che darà il proprio parere solo il 12 settembre e che nel frattempo ci si affidi alla buona sorte. Subito, il 24 luglio, l’agenzia Moody’s ammonisce che la Germania mantiene ancora la tripla A, ma che il suo outlook (la previsione) da positivo passa a negativo dipendendo dall’esito della sentenza che sarà emessa su fiscal compact e scudo anti-spread.

Per più di un mese Borsa e spread vanno sulle montagne russe e solo il 6 settembre il presidente della BCE Mario Draghi riesce a mettere le mani avanti strappando al suo Consiglio Direttivo, col solo voto contrario della Bundesbank, l’autorizzazione di principio ad acquistare quantità «illimitate» di titoli dei paesi aggrediti dalla speculazione, qualora questi ne facciano esplicita richiesta. Ma c’è un codicillo. L’intervento della BCE non dovrà essere inflazionistico perché per l’ammontare del suo intervento dovranno essere ritirati altrettanti titoli dal mercato. Tecnicamente funzionerebbe così: la BCE immette moneta per acquistare i titoli “maiali” con vita residua da 1 a 3 anni (l’autorizzazione concessa consente solo questo), ma in contropartita venderà titoli che già possiede, non necessariamente “maiali” ed anche con scadenze superiori, per recuperare la maggior liquidità che ha messo in circolazione. Insomma, non ci sarà nessun aumento dei prezzi, men che meno svalutazione dell’euro e solo la BCE pagherebbe il proprio intervento peggiorando la qualità e la scadenza del proprio portafoglio titoli.

Poi finalmente arriva, il 12 settembre, la sentenza della Corte Costituzionale tedesca. Il Fondo salva-Stati è dichiarato legittimo (e quindi il presidente della BCE potrà dare esecuzione effettiva alla decisione di principio del 6 settembre), ma la Germania vi parteciperà solo fino al massimo di 190 miliardi di euro, così che quell’intervento “illimitato” diventa, almeno per i tedeschi, limitato. Ma pure il fiscal compact è dichiarato costituzionale, così che la sua approvazione da parte di Berlino può far legge per tutti i Parlamenti degli altri governi firmatari (in Italia si è già provveduto approvandolo ai primi di luglio). Come già spiegato, gli Stati aderenti si impegnano a rientrare del proprio debito sovrano fino al limite del 60% del PIL. Ma naturalmente non saranno i governi a rimborsarne i creditori, bensì i cittadini tutti a colpi di avanzi primari di bilancio che siano l’effetto di meno spese pubbliche e più tasse.
Così per il prossimo ventennio, che è il tempo stabilito per il rientro dell’eccedenza di debito sovrano, non ci potrà essere denaro per la crescita in Europa. E’ come nel Nuovo Ordine Europeo di nazista memoria: allora il Terzo Reich aveva risucchiato, come una enorme idrovora, nelle proprie fabbriche (anche di morte) la manodopera dei paesi vicini, alleati o sottomessi; adesso, nel Nuovo-Nuovo Ordine Europeo la Grande Germania ci riprova, ma questa volta più pacificamente risucchiando il denaro degli altri.

Giorgio Gattei, docente di Storia del pensiero economico presso la Facoltà di Economia di Bologna

http://www.carmillaonline.com/archives/2012/09/004458.html

20.09.2012

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