Lo sfaldamento del PD, il rischio di cattura cognitiva del M5S e il recupero della Concordia

costa-concordia-recupero1

Inizia la fase decisiva per il recupero della nave da crociera: alla fine sarà raddrizzata e fatta galleggiare.

RomagnaNoi, 17 aprile 2013

L’Italia può essere raddrizzata a fatta galleggiare, se ci sarà concordia, rispetto e fiducia tra un PD rinnovato e il M5S.
Ci sono forze non-democratiche che avrebbero tutto da guadagnare da una giacobinizzazione del M5S e dalla formazione di un fossato invalicabile che separasse queste due espressioni della politica italiana:

Provo un certo godimento, degli orgasmi, a vedere Grillo sfasciare tutto. Il nostro sistema politico è talmente marcio che spero che dal grande caos rinasca tutto. Oggi voterei per lui.

Vittorio Feltri a La Zanzara, 6 novembre 2012

Dobbiamo riuscire a costruire, innovare, democratizzare e unire ciò che viene separato dai seminatori di zizzania.
Ho già spiegato che Fabrizio Barca-Mirabeau può essere la persona giusta (N.B. Non è l’unico! Non ci servono salvatori, ci si salva assieme o si affonda insieme):
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/15/a-roma-serve-un-barca-non-un-alcibiade-la-terza-repubblica-in-33-comode-rate/

A questo proposito, mi trovo, come sempre più spesso mi capita, in sintonia con Barbara Spinelli:

L’accordo fra sinistra e 5 Stelle sul nome del Presidente è infecondo solo se teniamo il naso schiacciato sull’oggi, anzi sull’ieri (le larghe intese erano solo con la destra). Se guardiamo lontano, se vediamo lo sfaldarsi del Pd non come una sciagura ma come un’opportunità, l’accordo con Cinque Stelle può essere reinvenzione democratica. Tra le righe è quel che dice Fabrizio Barca, nel programma presentato il 12 aprile in favore di un Pd disfatto e rifatto a nuovo.

I militanti di 5 Stelle preconizzano ad esempio l’immissione nella democrazia rappresentativa di esperienze sempre più estese di democrazia deliberativa, diretta. Non siamo lontani dallo sperimentalismo democratico che secondo Barca deve innervare il futuro Pd

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/15/a-roma-serve-un-barca-non-un-alcibiade-la-terza-repubblica-in-33-comode-rate/

[…].

Chi adotta il metodo minimalista non crede che lo Stato possa molto, per curare la democrazia malata o attenuare la povertà sociale. Quel che gli importa, è preservare una chiusa élite (di esperti politici, di tecnici) che prenderà decisioni senza curarsi se funzionino, convinta com’è che i piani di austerità daranno ineluttabilmente frutti anche se immiseriscono popoli interi.

Il candidato al Colle preferito da simili élite non deve essere popolare, non deve nemmeno rappresentare un emblema ideale per i cittadini: deve essere abile, e soprattutto omogeneo alle oligarchie che lo faranno re. Meno popolare sarà, più sarà scongiurato il pericolo, temuto dai benpensanti del vecchio ordine, del populismo. A parole, i minimalisti si augurano uno Stato leggero, non invadente. Nei fatti, le oligarchie partitocratiche vivono in osmosi con lo Stato e rendono quest’ultimo più che pervasivo, indifferente alla voce di chi (localmente, nelle Azioni Popolari, nei voti online) reclama cambiamenti.

Tutt’altra l’idea degli sperimentatori, o della democrazia deliberativa: è il metodo sfociato nel voto, da parte degli attivisti di M5S, dei candidati al Colle. L’esperimento è difficile, ma innovativo e molto più onesto di quel che era stato pronosticato. Non tutti i candidati vincenti erano graditi ai vertici del Movimento: tuttavia il verdetto è stato accolto democraticamente e con responsabilità istituzionale.

[…].

Stupidità fanfaronesche s’incrociano spesso sul web. Ma ancor più funeste dilagano nei non meno virtuali palazzi del potere. Le cerchie partitiche, o tecniche, mostrano una conoscenza del pubblico interesse infinitamente meno vigile. Sono le cerchie contro cui si scaglia Barca, quando denuncia i “partiti di occupazione dello Stato, dove si vende e si compra di tutto: prebende, ruoli, pensioni, appalti, concessioni, ma anche regole, visioni, idee”. Berlinguer usò parole quasi eguali, quando ruppe col compromesso storico e denunciò la degenerazione dei partiti, Pci compreso (“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo”, disse a Eugenio Scalfari su Repubblica, il 28-7-81).

[…].

Non sappiamo ancora se le strade di Barca e di Grillo si incontreranno. Se dall’eventuale incontro la democrazia uscirà più forte. Se il M5S intirizzirà, a forza di rifiutare alleanze. Resta che l’Italia ha bisogno di sperimentatori, non di minimalisti. Che solo i primi sono in grado di guardare in faccia la crisi, e di mutare anche l’Europa. Di ripensare l’austerità come aveva provato Berlinguer nel 1977, quando il capitalismo aveva appena cominciato a vacillare.

http://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni-presidente-repubblica-edizione2013/2013/04/17/news/coraggio_solitudine-56800260/?rss

L’alternativa è la giacobinizzazione…

Io ho amore per la ragione, ma non ne ho per il fanatismo. La ragione ci guida e ci illumina, ma quando ne avrete fatto una divinità, essa vi accecherà e vi indurrà al delitto.

Brotteaux (da Anatole France, “Gli dèi hanno sete”).

GIACOBINISMO

02_giacobina-napoleonica_672-458_resize

I popoli non giudicano come le corti giudiziarie, non emettono sentenze: lanciano la loro folgore; non condannano i re: li piombano nel nulla… quale altra legge può seguire il popolo se non quella della giustizia e della ragione sostenute dalla sua onnipotenza?

Maximilien Robespierre, “Discorso per la condanna a morte di Luigi Capeto”, 3 dicembre 1792.

Io ho sostenuto, tra persecuzioni incredibili e senza appoggi, che il popolo non ha mai torto, io ho osato proclamare questa verità in un tempo in cui non era ancora riconosciuta; il corso della rivoluzione l’ha dimostrato.

Maximilien Robespierre, 25 febbraio 1793

Il fine della rivoluzione è il trionfo dell’Innocenza.

Robespierre

Questa nostra Rivoluzione è una religione e Robespierre è il capo della setta. È un prete che governa i devoti…Robespierre predica, Robespierre censura, è furioso, solenne, melanconico, esaltato – ma tutto freddamente; i suoi pensiero fluiscono con regolarità, le sue abitudini sono regolari; tuona contro i ricchi e i grandi; vive con molto poco; non ha bisogni. Ha una sola missione – parlare, e parla incessantemente; crea discepoli…parla di Dio e della Provvidenza; si definisce amico degli umili e dei deboli…riceve la loro venerazione…è un prete e non sarà mai altro che un prete.

Condorcet (1743 –1794) su Robespierre, articolo apparso su Chronique de Paris

Voi dovete punire non solo i traditori, ma anche gli indifferenti; dovete punire chiunque sia apatico nella Repubblica e non faccia nulla per essa; giacché, dopo che il popolo ha manifestato la sua volontà, tutto ciò che si oppone ad essa si pone fuori del popolo sovrano, e tutto ciò che è fuori del popolo sovrano è nemico.

Saint-Just, “Sulla necessità di dichiarare il governo rivoluzionario fino alla pace”, 10 ottobre 1793

La rivoluzione deve fermarsi quando abbia raggiunto la perfezione della felicità e della libertà pubblica per mezzo delle leggi. I suoi slanci non hanno altro scopo, e devono spazzar via tutto ciò che vi si oppone.

Saint-Just, “Frammenti sulle istituzioni repubblicane”, 1794

Quello che costituisce una Repubblica è la distruzione di tutto ciò che la contraria.

Saint-Just

Molti dei Francesi che ci avevano appoggiato ci guardavano come dei pazzi, come degli energumeni, spesso persino come degli scellerati.

René Levasseur de la Sarthe, giacobino, 1795.

La rivoluzione francese mi ha influenzato molto e in special modo Robespierre…Robespierre è il mio eroe. Robespierre e Pol Pot: entrambi hanno la medesima qualità di determinazione ed integrità.

Suong Sikoeun, uno dei leader dei Khmer Rossi (1975-1979)

Il problema non è il terrore in quanto tale, il nostro compito è precisamente quello di reinventare il terrore emancipatore.

Slavoj Zizek, “In difesa delle cause perse: materiali per la rivoluzione globale”, 2009.

**********

Saint-Just, orfano di padre e di origine contadina, giunto squattrinato a Parigi e col vizio del gioco d’azzardo, si iscrive ad una loggia massonica che gli finanzierà le pubblicazioni sovversive e libertine e l’acquisto di 8 ettari di terreno.

“Intanto l’abilissimo Jean de Batz, che sembra avere innato il genio dell’intrigo e della corruzione, sta preparando il suo piano: suscitare di continuo tali dissensi e sospetti in seno alla Convenzione da spingerla a disfarsi, in fasi successive, di tutti i suoi uomini più rappresentativi. […]. De Batz ordina ai suoi agenti, che ostentano di proposito un esacerbato giacobinismo (tutti o quasi, si noti, ricchi banchieri e uomini d’affari come Dufourny, Proly, Desfieux, pereyra, Gusman, d’Espagnac e i due fratelli Frey), di spingere sempre più gli estremisti a favorire, con ogni mezzo, un’insurrezione popolare che faccia sparire i deputati della Gironda, tutti irrequieti partigiani della monarchia costituzionale”.

[Da: “Saint-Just”, di Mario Mazzucchelli. Milano : Dall’Oglio, 1980, p. 109].

GRILLISMO

direttorio

“Siamo la rivoluzione francese senza la ghigliottina” (Grillo 29 marzo 2013)

“Il Movimento 5 Stelle è il cambiamento che non si può arrestare, è il segno dei tempi. È l’avvento di una democrazia popolare che pretende di decidere, di controllare il destino del suo Paese, del suo Comune, della sua vita”

“In parlamento pronti alla rivoluzione”

 “Arrendetevi! Siete circondati dal popolo italiano. Uscite con le mani alzate. Nessuno vi toccherà. Il vostro tempo è finito, non abusate della fortuna che vi ha assistito finora. Di voi, ormai, nelle piazze, tra la gente, si parla al passato, come di persone estinte. Quando apparite in televisione scatta l’insulto che equivale al vilipendio di cadavere. Quello che stupisce è la vostra folle ostinazione a non farvi da parte come se foste investiti da una missione divina. C’è in ciò qualcosa di patologico, che richiede l’intervento di uno psichiatra”.

“Siete terrorizzati, in preda di attacchi d’ansia al pensiero di perdere il potere, di qualcuno che potrà rovistare nei vostri cassetti, capire, scoprire, denunciare. Vi consiglio comunque uno, due, tre, cento passi indietro. Se anche vinceste queste elezioni avrete solo rimandato il cambiamento, durerete un anno, forse meno, ha senso? Fate una pubblica ammissione di colpa e chiedete agli italiani di perdonarvi. Arrendetevi. La vostra stessa presenza è diventata insopportabile. Il vostro tirarvi fuori da ogni responsabilità, lo scuotere le piume e minacciare come dei guappi, lo stalking a cui sottoponete gli italiani sono al di là di ogni sopportazione. Arrendetevi. Non potrete dire che non vi ho avvisato”.

Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno”

“Siamo i pasdaran anti casta”

“Siamo i marziani a cinque stelle”

“So perfettamente che nei prossimi giorni ci sarà la fila di pennivendoli, di zoccoli dell’informazione, di specialisti della macchina della merda all’attacco del M5S. Lo so benissimo. Sono l’ultima barriera della Casta prima dell’urna. Ci vediamo in Parlamento e subito dopo in tribunale. Preparate il quinto dello stipendio se ne avete uno”.

“Un po’ Don Chisciotte e un po’ Savonarola”

“Il loro tempo è finito. Ci riprenderemo i nostri soldi”

“Niente onorevole, sarà Cittadino del MoVimento 5 Stelle, il leader sarà il MoVimento”.

**********

beppe_robespierre

Ci sono numerose analogie tra giacobinismo e grillismo più radicale: fede rivoluzionaria, esigenza di sovversione totale, epurazioni, “dispotismo della libertà”, magistero di ortodossia, implacabilità, radicalismo, assolutismo, egualitarismo radicale, messianismo, antiliberalismo, antiparlamentarismo, meccanismi di produzione dell’unanimità, centralismo decisionale, cinismo (e nichilismo rottamatore), sospensione della realtà e trionfo del principio sul fatto, virtù indivisibile del MoVimento che perciò deve restare unito, fanatismo, violenza verbale, terrorismo psicologico.

I leader rivoluzionari più estremisti sono più spesso ventenni-trentenni, con poca esperienza di vita, che impongono la loro rozza, inesperta visione del mondo a tutti gli altri. Coltivano orgoglio, a volte crudeltà, quasi sempre un appetito di dominazione. Sono tigri erudite che non hanno ancora avuto tempo di diventare adulte.

Un fanatico austero, dal cuore freddo come la sua morale, Saint-Just si paragona a Tarquinio e Muzio Scevola. Lui e Robespierre usano spessissimo i termini “cuore”, “sensibilità” e “virtù”, come se dovessero supplire verbalmente alla loro mancanza di cuore, sensibilità e virtuosità. Saint-Just si attribuisce una ragguardevole dose di virtù, ma è un pessimo giudice di se stesso – come tutti gli esseri umani.

Sfortunatamente le rivoluzioni spesso nutrono mostri in forma umana e da esse sono fatte degenerare. La rivoluzione è anche l’habitat per gli psicopatici integrati, quelli che s’irrigidiscono nei moralismi e si fissano intransigentemente sulle virtù etiche perché non hanno empatia e quindi non possono sapere cosa sia un comportamento spontaneamente morale.

I pifferai di Hamelin sono responsabili della conversione della rivoluzione in una crociata teocratica, in un moloch che divora gli esseri umani. In nome della loro certezza che siccome c’è una sola verità e loro sono riusciti a comprenderla, ad impadronirsene definitivamente, chiunque sia in disaccordo è motivato da propositi maligni.

Robespierre si considera e dichiara vittima di persecuzione tutte le volte che qualcuno lo contraddice, si sente investito di una sacra missione, e patisce un’immensa frustrazione quando il mondo si rifiuta di sottomettersi al suo volere.

Lo stesso discorso vale per Saint-Just. Sono entrambi sicuri che la cosa giusta da fare sia ridurre la diversità del mondo al proprio denominatore individuale. Il loro ego ipertrofico proietta sul gruppo la loro esigenza di uniformità, di una singola volontà, di un carattere unitario: la premessa di ogni politica genocidaria.

Sono l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine.

Notiamo la stessa logica in molti dittatori ma anche in Karl Rove. Nel 2002, un consigliere di George W. Bush, presumibilmente Karl Rove, spiegò a Ron Suskind: “Ora noi siamo un impero e quando agiamo, creiamo la nostra realtà. E mentre voi state giudiziosamente analizzando quella realtà, noi agiremo di nuovo e ne creeremo un’altra e poi un’altra ancora che potrete studiare. È così che andranno le cose. Noi facciamo la storia e a voi, a tutti voi, non resterà altro da fare che studiare ciò che facciamo”.

O tutto o niente, o con noi o contro di noi, ora o mai più.

Non c’è rivolta senza una filosofia del limite. Sono gli psicopatici che rifiutano i limiti e non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Il M5S va salvato dalla giacobinizzazione, prima che intossichi la vita del paese ed apra la strada a soluzioni autoritarie di giovani leader “salvifici”.

Casaleggio e Di Bernardo – titanismo 2.0

casaleggio-di-bernardo-ordine-mondiale

Giuliano Di Bernardo, ex gran maestro del Grande oriente d’Italia. L’ex massima autorità della massoneria italiana afferma che la sua visione e quella di Casaleggio «sono molto simili». E poi spiega: «Entrambi riteniamo che nel futuro dell’umanità scompariranno le differenziazioni ideologiche, religiose e politiche. Per me a governare sarà una comunione di illuminati, presieduta dal tiranno illuminato, per Casaleggio a condurre l’umanità sarà la Rete»…a sorpresa, svela di sentirsi vicino al movimento: «Io non votavo da 15 anni, ma sono tornato a farlo e ho dato la mia preferenza al Movimento 5 Stelle. E molte delle persone che conosco e che condividono la mia visione del mondo hanno fatto lo stesso. L’importante è che Casaleggio non si faccia corrompere, che non accetti il compromesso con le altre forze politiche. Il rinnovamento deve essere radicale».

http://www.corriere.it/politica/13_marzo_27/cinquestelle-massoneria-gran-maestro-confessa-ho-votatato-movimento_c6639250-96eb-11e2-b7d6-c608a71e3eb8.shtml

L’11 luglio 2002, a Roma nascono gli Illuminati, un gruppo che si richiama al gruppo degi Illuminati di Baviera fondato nel settecento. Il neogruppo ha come obbiettivo chiave quello di non ripetere gli errori storici degli Illuminati di Baviera, ossia quella di abbandonare l’idea universale originaria per appiattirsi sulla massoneria e altri poteri secolari come gli ordini preposti all’interno di della chiesa cattolica l’Opus Dei, certe organizzazioni ebraiche come B’nai B’rith (un associazione fraterna ebraica fondata negli Stati Uniti nel 1843) e l’Anti-Defamation League (considerato un vero e proprio braccio del B.B.) e altre. questi poteri forti erano spesso in conflitto poiché si contendevano lo stesso oggetto: il controllo della politica, dell’economia e dell’educazione delle nuove generazioni. Questi poteri secolari, presi singolarmente, non sono in grado di fronteggiare sfide ma potrebbero vincerle se si unissero realizzando un potere veramente mondiale. Ed ecco il progetto del Gran Maestro..

Estratto da “Fratelli d’Italia” di Ferruccio Pinotti:

https://www.facebook.com/notes/tania-nichi/gli-illuminati-e-giuliano-di-bernardo/386655298056249

Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno.

Matteo 24, 4-5

Giuliano Di Bernardo, La conoscenza umana : dalla fisica alla sociologia alla religione, Venezia : Marsilio, 2010.

p. 24: “resta, in definitiva, un’unica possibilità: l’etica mondiale deve essere imposta. Se la democrazia è incapace di imporla, allora è necessario pensare a un’altra forma di esercizio del potere. Aristotele direbbe che, dopo lo scivolamento della democrazia nell’anarchia, solo il tiranno può riportare ordine nella società e garantire a tutti non solo la sopravvivenza ma anche il benessere e la felicità. Oltre Aristotele, io direi che il tiranno deve essere “illuminato”, espressione più pura della saggezza. Il Tiranno illuminato, però, non nasce dal nulla: il suo avvento deve essere preparato da uomini di qualità, indipendentemente dal sesso, dalla lingua, dal colore della pelle, dalla religione, dalla cultura”.

p. 234: “chi scrive crede nell’etica e nella sua capacità di unire gli uomini intorno a un progetto futuro. Ma tale progetto, per esprimere il bene comune, se necessario, deve essere imposto. Se non può essere imposto da uno stato democratico, allora bisogna guardare a una diversa fonte di potere statale che, a mio modo di vedere, è rappresentata dal Tiranno illuminato. Il tiranno di cui qui si parla non è il tiranno che abbiamo conosciuto nella storia dell’umanità, nelle sue diverse apparizioni, dal tiranno di Siracusa a Hitler. Il Tiranno illuminato è un uomo dotato di grande carisma, di eccezionali doti intellettive e di profonda saggezza. Egli deve saper coniugare la ragione con le emozioni, che sono i pilastri che sorreggono l’uomo integrale. Egli dev’essere in grado di comprendere i bisogni materiali dell’umanità ma deve anche saperli plasmare con i più alti valori spirituali (il vero, il bene, il bello, il giusto). Un uomo con queste qualità governerà non con il terrore ma con il consenso, perché tutti riconosceranno e accetteranno la sua guida illuminata. Un uomo così potente, autorevole e saggio saprebbe in quale direzione orientare i cambiamenti genetici per la creazione dell’uomo nuovo. Sottomettendosi alla sua guida illuminata, l’umanità eviterebbe il rischio dell’autodistruzione. […]. [Gli uomini di qualità] creeranno le condizioni storiche e sociali da cui emergerà, al momento giusto, colui che dovrà assurgere a Guida suprema dell’umanità”.

p. 235: “come potrebbe…un uomo che vive in uno stato democratico, ove esiste la tendenza a livellare verso il basso l’umanità, acquisire il potere e l’autorità per governare il mondo come Tiranno illuminato? In condizioni normali sarebbe impossibile. Ma le condizioni in cui versa oggi l’umanità stanno degenerando gradatamente, per cui è facile prevedere che si arriverà a un punto in cui le regole sociali saranno rotte e si scivolerà inevitabilmente nell’anarchia. A quel punto, come Aristotele ha sostenuto, il superamento dell’anarchia sarà possibile solo con la creazione del tiranno cui si delegheranno tutti i poteri, a condizione che gli riporti l’ordine nella società. È solo in questo stadio dell’umanità che potrebbe fare la sua comparsa il Tiranno illuminato. A differenza di tutti gli altri tiranni, egli, dotato delle qualità già descritte, potrà orientare l’evoluzione della specie umana. Sarà lui, e solo lui, assistito da scienziati, a decidere come creare l’uomo nuovo”.

**********

Ci sono massoni e massoni. Ci sono una mano destra ed una mano sinistra anche all’interno della massoneria. Ci sono forti contrasti. Ci sono persone umili al servizio del bene comune e dell’umanità (es. molti padri fondatori degli Stati Uniti, Simon Bolivar, Salvador Allende, Churchill, Goethe, Mozart, Antonio Meucci, Montesquieu e molti altri) e poi ci sono i seguaci del titanismo, dell’hybris, dell’autovenerazione transumana, cioè la tracotanza di chi è convinto di sapere perfettamente cosa sia meglio per tutti e di essere la persona giusta per indirizzare l’evoluzione umana.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/11/01/totalitarismo-cosmico-grillo-gaia-casaleggio/

**********
Personalmente, vorrei dire che questo non è il tipo di mondo che vorrei lasciare alle future generazioni. Ma sono certo che molti altri siano invece troppo spaventati all’idea di essere liberi e perciò responsabili dei propri errori e sofferenze.
Credo che la volontà di queste persone vada rispettata. Non è giusto costringerle a snaturare se stesse.
Allo stesso tempo, però, desidero che sia rispettata anche la mia volontà e quella di chi la pensa come me.
Casaleggio, Di Bernardo e tutte le personalità autoritarie che desiderano approfittare della Crisi per azzerare tutto e creare la loro personale utopia totalitaria e messianica, in cui esiste un solo possibile futuro e corrisponde alla loro visione  – es. Venus Project e Zeitgeist -, lo possono fare in qualche regione del mondo. Qualcuno andrà con loro, altri no. Così tutti saranno contenti. A ciascuno il suo. Non è un accordo equo per tutte le parti?
Patti chiari, amicizia lunga.

Monte dei Paschi di Siena e PD: un crollo annunciato

natangelo7

Oggi su Repubblica, nel tentativo di difendere gli amati “progressisti” Scalfari sostiene che la vicenda Monte dei Paschi e’ solo panna montata. Il sistema sarebbe sano. Non si tratterebbe di limitare l’uso dei derivati, di separare lo ruolo del rischio dal risparmio, di proteggere la funzione pubblica delle Fondazioni, ossia di intervenire con riforme sistemiche. No basta fare fuori i mascalzoni che erano al vertice. In sostanza Scalfari si comporta come Craxi all’inizio di Tangentopoli: “Chiesa? Un mariuolo!”. Il fondatore di Repubblica non si accorge che “Bancopoli” e’ iniziata da tempo e Bersani invece di “sbranare” i suoi “avversari” fino a ieri sostenuti nel governo, farebbe bene a riflettere sui guasti del sistema. Altrimenti gli succede il contrario. Ovvero: da “abbiamo una Banca!” (Fassino) al melanconico “avevamo una Banca”.
Alfonso Gianni, 27 gennaio 2013

“Non c’è nessuna responsabilità del Pd, per amor di Dio: il Pd fa il Pd, le banche fanno le banche”.

Pier Luigi Bersani, 23 gennaio 2013

“Il Pd non si è mai occupato del Monte dei Paschi. Il sindaco non è il Pd, è eletto dal popolo, è un’istituzione, non c’è nulla di scandaloso e strabiliante”.

Massimo D’Alema, 24 gennaio 2013

Passare alla storia come il premier del governo dei banchieri non sarà certo piacevole, ma se il sistema creditizio italiano oltre a divenire ostaggio di una finanza opaca e massonica, oltre ad aver succhiato immense risorse dalle tasche degli italiani, oltre ad aver maltrattato imprese e clienti oggi si mostra come un verminaio di interessi inconfessabili di chi è la colpa? Solo di quel Giuseppe Mussari che il Pd non può aver licenziato se prima non lo avesse arruolato? E la lobby dei banchieri che lo ha voluto al vertice dell’Abi? E la Banca d’Italia che non si era accorta di nulla? E intanto il ministro dell’Economia Grilli di cosa si occupava, del suo bell’appartamento ai Parioli? Pagheranno sempre e solo i risparmiatori? Tra un mese si vota e sarà l’occasione più propizia che gli italiani avranno per regolare i conti con chi li ha truffati. Altro che fantasie elettorali, presidente Monti, queste sono solide realtà.

Antonio Padellaro, Il voto e il monte, Il Fatto Quotidiano, 25 gennaio 2013.

fondipd

Giuseppe Mussari, ex presidente del Monte dei Paschi di Siena e presidente dell’Associazione Bancaria Italiana fino al 22 gennaio, ed Ernesto Rabizzi (75.000€), Vice Presidente del Monte Paschi di Siena (Mps).

MPS

Mussari-Bersani

“Non so se Bersani dovrà chiedere l’aiuto alle forze di centro per poter governare. Ma penso che lo farà. Immagino che ci sarà un governo piuttosto ampio di forze che lo sostengono”.

Alessandro Profumo, presidente di Mps, 22 gennaio 2013

http://www.firstonline.info/a/2013/01/22/profumo-mps-bersani-governera-con-monti-e-sul-caso/c5c9cc18-9876-40d8-b128-b4c8bee8d501

Sebbene gli onorevoli democratici scartino l’idea di Profumo come candidato a palazzo Chigi, non negano che un futuro nel Pd per lui ci possa comunque essere. Magari, come ministro, sempre che si vincano le elezioni. Un avvicinamento, quello di Profumo al partito democratico, che non sarebbe poi così strano, scrive l’agenzia di stampa Dire. Nel 2007 l’ex ad di UniCredit era in fila ai gazebo per votare alle primarie che incoronarono Veltroni. Era lì per sostenere la moglie, Sabina Ratti, candidata come capolista nella lista di Rosy Bindi e poi eletta nell’assemblea costituente. Il capogruppo Pd in commissione Bilancio, Pier Paolo Baretta, dice che sarà difficile vederlo in politica, però «se è libero, un ministero per lui si trova».

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-09-21/gioco-preferito-palazzo-sara-181702.shtml?uuid=AYIWTASC

8365146944_a76bcf1464_z

Non ci sono solo i 98 mila euro donati dalla famiglia Riva (Ilva) a Pier Luigi Bersani. A sfogliare i libroni dei contributi registrati alla Camera dei deputati, si scopre che la sinistra italiana, negli ultimi dieci anni, spesso non ha guardato troppo per il sottile di fronte a un generoso imprenditore. Per restare in tema di acciaierie, Enrico Letta ha incassato 40 mila euro nel 2008, proprio come Bersani, dall’associazione padronale di categoria, quella Federacciai che vanta come vicepresidente Nicola Riva, ora indagato a Taranto per inquinamento. Letta è uno dei politici di sinistra più graditi agli imprenditori. […]. Impressionante anche l’elenco delle donazioni dei manager del Monte dei Paschi ai Ds di Siena. Ci sono molti nomi del presente e del passato del gruppo bancario nell’elenco degli ultimi dieci anni di contributi ai Ds locali: da Marco Spinelli a Moreno Periccioli dal compianto Stefano Bellaveglia ad Antonio Sclavi. In testa ai manager-finanziatori ovviamente c’è l’ex presidente Giuseppe Mussari. L’attuale presidente dell’Abi ha donato, negli ultimi dieci anni, 673 mila euro ai Ds senesi. Dei quali 100 mila nel 2010 e 99 mila euro nel 2011. Mentre il vicepresidente della banca, Ernesto Rabizzi, ha donato 125 mila euro nell’ultimo biennio. Nonostante i conti disastrosi della banca abbiano imposto al governo Monti di iniettare 4 miliardi di euro pubblici nell’istituto, i due manager e il loro partito non ne hanno risentito. Mussari è tuttora presidente dell’Abi e nel 2011 ha guadagnato ben 712 mila euro, mentre Rabizzi si è accontentato di 412mila euro”. (Marco Lillo e Valeria Pacelli,  il Fatto Quotidiano, 1 dicembre 2012)

http://shop.ilfattoquotidiano.it/2012/12/01/soldi-dalle-aziende-a-dalema-letta-vendola-e-gli-altri/

“Generoso si rivela pure Giuseppe Mussari, presidente del Monte Paschi di Siena, diessino di lungo corso e finanziatore dei Ds cittadini con 160 mila euro”.

13 marzo 2008

http://www.senzasoste.it/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=3764

“Prende le distanze anche il Pd, nonostante il ruolo degli enti locali toscani nella nomina dei vertici della Fondazione Mps e lo storico supporto a Mussari da parte di pietre miliari del partito come Giuliano Amato e Franco Bassanini, per quanto riguarda Roma, mentre a Siena l’ascesa dell’avvocato calabrese fin dall’inizio è stata sostenuta dall’ex responsabile locale del Pd, Franco Ceccuzzi, già sindaco della città fino al commissariamento e attuale candidato per riprendersi la poltrona”.

23 gennaio 2013

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/23/mps-sospesa-in-borsa-per-eccesso-di-ribasso-9-dopo-scandalo-derivati/477748/

Rossa da sempre, ma con un potere multicolore forte e compatto intorno alla banca, in un compromesso storico di ferro. Pci, Pds, Ds, i democratici governavano comunque si chiamassero, ma facendo tutti felici nel codice che funzionava garantendo la “centralità millenaria” della banca. A Rocca Salimbeni sono tutti rappresentati: partiti, chiesa, Opus Dei, massoneria, che a Siena è il partito della della borghesia, come diceva Benedetto Croce, e anche del ceto medio impiegatizio e commerciale, secondo Antonio Gramsci. Mancano soltanto i gay, che infatti, più di una volta hanno protestato: perché la Curia ha un posto in Fondazione e noi no? E tutti hanno il loro bel tornaconto. Se, per dire, il plenipotenziario berlusconiano Denis Verdini ha bisogno di qualche milione per far fronte alla bancarotta della sua ex banchetta personale e per le costose abitudini della sua famiglia, il Monte sovviene discreto e generoso. Per non dire dei 200 milioni o giù di lì, raccolti in tutta Italia, ma distribuiti dalla Fondazione a pioggia intorno a Piazza del Campo per garantire il benessere dei 55 mila abitanti.

Alberto Statera (Repubblica)

http://www.giornalettismo.com/archives/728471/il-monte-dei-paschi-di-siena-e-le-colpe-di-bersani/

“Eccoci quindi ad uno storico potere italiano, nel ramo bancario, nel quale il radicamento Pd può vantare una lunga storia. Ci riferiamo al Monte dei Paschi che è controllato direttamente dal Pd senese quindi su una base territoriale con rilievo nazionale. Ora non ha importanza descrivere qui la guerra tra bande che si è aperta nel Pd a Siena con la crisi di Mps, una guerra che nessuno in Toscana riesce a spegnere tale è l’autonomia del partito democratico senese dal resto della regione. Bisogna soprattutto brevemente raccontare come l’Mps, grazie alla acquisizione sbagliata di Antonveneta e ad una lunga serie di operazioni speculative andate a male, da almeno un lustro si trova in cattive acque. Tanto che, nell’autunno del 2012, il governo Monti decreta, su un testo approvato da un relatore Pd ed uno Pdl, un aiuto alla banca senese pari a 3,9 miliardi di euro. Aiuto poi messo in discussione dal Bce ma superiore, dal punto di vista finanziario, ai “risparmi” che la riforma Fornero ha prodotto con i tagli alle pensioni…Aiuto che è servito, tra l’altro, ad evitare che la banca fosse commissariata dallo stato, disintegrando il residuo potere piddino senese e nazionale nei corridoi di Mps…Pochissimi giorni fa, con delle prove fornite dal Fatto Quotidiano, esce la prova inoppugnabile che Mussari, allora presidente di Mps e fino a poche ore fa presidente dell’associazione delle banche italiane (praticamente un ministro), aveva fatto una pesante operazione di cosmesi finanziaria con il bilancio 2009 del Monte dei Paschi. In poche parole aveva acquisito come abomba adttivo una serie di pericolosi derivati, contratti con una banca giapponese, che altro non erano che letali bombe ad orologeria nei bilanci della banca senese. E bravi Monti e il Pd, con il concorso del Pdl, che hanno decretato aiuti, e di quali proporzioni, ad una banca che è piena di vere e proprie bombe ad orologeria finanziarie. Tutto questo per sottrarre la banca ad un vero controllo pubblico…Tutto questo, naturalmente, senza che Mps abbia minimamente migliorato la propria offerta finanziaria a imprese, famiglie, singoli, coppie in cerca di mutuo. Si è presa una parte notevole di denaro pubblico per farla sparire nel niente di una voragine di bilancio.

A questo punto chiedersi cosa sia veramente il Pd non fa certamente male. Al di là delle operazioni di creazione di simulacro per attirare elettori resta la sostanza materiale di un potere profondamente immobiliare (Ipercoop non è solo grande distribuzione), legato alle grandi opere (le cooperative edilizie) e speculativo-finanziario (Unipol e Mps). Si tratta di tipici poteri del liberismo odierno nazionale, quello legato al circuito mattone-moneta”.

http://www.senzasoste.it/nazionale/mps-la-banca-del-pd-che-nel-2012-e-costata-3-9-miliardi-agli-italiani-pi-dei-tagli-della-riforma-fornero

“…feudi del Pci-Ds-Pd che nominano 13 consiglieri su 16 in fondazione. Erano loro a decidere, fomentati dagli elettori-cittadini che, quando non lavorano in banca, ne sono clienti o beneficiari come sponsorizzazioni, iniziative, erogazioni. Un circolo chiuso, tutti alla greppia e nessun controllo autonomo”.

Andrea Greco, La Repubblica, 19 ottobre 2012

“Il Monte dei Paschi di Siena manovra oltre il 30% dell’economia Toscana”.

http://altracitta.org/2012/05/14/gli-affari-del-pd-intorno-al-monte-dei-paschi-di-siena/

 “Pierluigi Bersani respinge ogni accusa di un ruolo del PD nella vicenda: “Nessuna responsabilità, per l’amor di Dio. Il PD fa il PD e le banche fanno le banche”. Certo, dopo la scalata tentata da Unipol allo stesso Monte dei Paschi (“Abbiamo una banca?” si domandava in una famosa intercettazione Piero Fassino) le insinuazioni a danno del PD non erano certamente evitabili”.

http://www.mondoinformazione.com/notizie-italia/monte-dei-paschi-di-siena-il-crack-che-fa-tremare-la-politica/81401/

“Mussari è stato probabilmente uno dei principali finanziatori privati del Pds-Ds-Pd di Siena. Secondo i dati ufficiali della Camera dei Deputati, dal 27 febbraio del 2002, data del suo primo assegno al partito, fino al 6 febbraio dello scorso anno, Mussari ha versato a titolo personale nelle casse del movimento ben 683.500 euro. Finanziamenti ovviamente leciti e tutti dichiarati. Ma che danno comunque il senso della stretta vicinanza tra il manager e il partito”.

http://www.huffingtonpost.it/2013/01/23/mps-finanziamenti-leciti-giuseppe-mussari-ds-pd-di-siena_n_2533052.html?utm_hp_ref=italy

“Dai primi anni Novanta, la “privatizzazione” ha eliminato dall’ordinamento italiano il principio della pubblica utilità del credito, per cui le banche vengono destinate unicamente a fare profitto. I partiti sono tuttavia riusciti a mantenere il controllo sui capitali delle ex banche pubbliche, scorporando da esse le Fondazioni bancarie.

Così iniziava in Italia il ventennio del trionfo dell’economia del debito, capace di generare nel mondo “derivati” per un valore oltre dodici volte superiore a quello del lavoro annuo di tutta l’umanità. Le Fondazioni, e non solo le banche, hanno partecipato alla speculazione: col risultato che le sole prime 12 Fondazioni avrebbero bruciato, al settembre 2011, ben 10 miliardi di euro, cui nel 2012 si dovrebbero aggiungere altri 14 miliardi di perdite sui titoli di Stato presenti nei loro portafogli.

Dato che il patrimonio delle 88 Fondazioni bancarie italiane ammonta a oltre 50 miliardi di euro, ci rendiamo conto di quanto la crisi finanziaria mondiale abbia intaccato uno dei più importanti patrimoni dell’Italia, costituito nel tempo dal lavoro degli Italiani e originariamente destinato al sostegno delle attività non lucrative, tra le quali, in primo luogo, la cultura.

Le improvvise, per gli ignari, notizie sulla grave crisi del Monte dei Paschi, che irrompono sulla campagna elettorale, annunciano, a nostro avviso, ulteriori difficoltà del sistema creditizio e delle fondazioni nel nostro paese: proprio quando recenti analisi di esperti confermano il fatto che questo sistema continua a sostenere soltanto le grandi aziende e le pubbliche amministrazioni, lasciando famiglie e piccole e medie imprese prive di denaro proprio quando sarebbe più necessario.

Una scelta strategica rivelatrice del fatto che per la finanza internazionalizzata il denaro non è il controvalore del lavoro di un popolo, ma lo strumento per renderlo schiavo attraverso la creazione del debito”.

http://www.clarissa.it/editoriale_n1873/Monte-dei-Paschi-ancora-il-debito-contro-il-lavoro

“Ho segnalato tempo fa che il PD attraverso le fondazioni bancarie presiedute dai suoi amministratori locali controlla le tre maggiori banche italiane, che detengono gran parte del debito pubblico italiano e continuano ad ottenere prestiti e fortissimi vantaggi da parte del governo. Fassino presiede la fondazione cassa di risparmio di torino che detiene il maggior pacchetto di unicredit subito dopo gli arabi, chiamparino alla compagnia di san paolo controlla nettamente intesa con oltre il 10%, su siena e mps non mi pare di dovermi dilungare…Monti è stato creato in questo suo ruolo da Napolitano e sostenuto costantemente dal PD…io ritengo che il PD non si sia fatto catturare dal montismo e ne sia vittima, bensi che sia proprio tra i mandanti e creatori, con il movente di difendere il prprio potere economico-finanziario. Allora la lista monti non è un avversario del pd bensì una pedina posta in parlamento per poter poi costituire un governo post elezioni e non dover calare del tutto la maschera presentandosi come la coalizione erede del governo monti. Io credo che già sappiano che non avranno una maggioranza solida al senato e così potranno giustificare l’alleanza con il centro-monti, un secondo miracolo per enrico letta. Sel sarà ininfluente e comunque condita nelle sue liste di “responsabili” che per non far cadere il paese nel caos resteranno nel governo”.

Pierfrancesco Ciancia, 7 gennaio 2012

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/11/gli-animali-da-fuori-guardavano-il-maiale-e-poi-luomo-poi-luomo-e-ancora-il-maiale-ma-era-ormai-impossibile-dire-chi-era-luno-e-chi-laltro-orwell/

“Pierluigi Bersani ha sostenuto…con la copertura della discrezione di Repubblica e Unità, uno dei più robusti e silenziosi, almeno a livello di opinione pubblica, tentativi di salvataggio di banche tossiche della storia d’Italia. Stiamo parlando di una iniezione di liquidità superiore ai tagli delle pensioni della recente riforma Fornero a favore di uno dei feudi piddini: il Monte dei Paschi.  Allo stesso tempo, a differenza della Gran Bretagna (che è IL paese liberista) la decisiva immissione di liquidità non ha comportato che la banca passasse sotto controllo pubblico. Insomma, la società italiana ha compiuto uno sforzo immenso per pagare le avventure di MPS, e di riflesso del Pd, nel mondo della speculazione finanziaria.  Di fatto ha dovuto pagare anche il disastro MPS dell’acquisizione di Antonveneta (costata 9 miliardi), ma il controllo del Monte, a differenza di quanto accaduto in Gran Bretagna per casi analoghi, resta privato. Nonostante questo Moody’s ha declassato…i titoli MPS a spazzatura. Un’operazione da serio, serissimo dibattito politico. Lusi, Penati e lo scandalo Enac, di un altro collaboratore stretto di Bersani, rispetto a quanto è costato alla società italiana MPS, e a fondo perduto, a confronto sono questioni da ricettazione di un camion trafugato pieno di salumi”.

http://senzasoste.it/internazionale/i-disperati

 **********

con_monti_monte1

Come sarà ripagato il prestito del governo Monti?
“Con quel decreto del Consiglio dei ministri che dava l’ok alla modifica dei Monti bond apposta per Mps, preparato da Grilli e pubblicato in Gazzetta ufficiale l’11 dicembre, veniva sancito che alla banca andavano quasi 4 miliardi di euro, e che lo Stato poteva anche essere rimborsato, se Mps fosse andata in rosso (cosa piuttosto probabile visto che Mps ha chiuso il primo semestre 2012 con un buco di 1,617 miliardi), non in contanti ma anche in azioni della banca stessa o in nuove obbligazioni. In sostanza, miliardi in cambio di carta“.

**********

10 domande (inquietanti) sul caso Monte dei Paschi

http://www.lettera43.it/economia/finanza/10-domande-inquietanti-sul–caso-montepaschi_4367581441.htm

**********

Chi vota PD, o Monti, o Berlusconi, vota per questo:

I poteri del capitalismo finanziario avevano un obiettivo più ampio, niente meno che la creazione di un sistema globale di controllo finanziario in mani private in grado di dominare il sistema politico di ciascuna nazione e l’economia mondiale nel suo complesso. Questo sistema andava controllato in stile feudale dalle banche centrali di tutto il mondo, agendo di concerto, per mezzo di accordi segreti raggiunti in frequenti incontri privati e conferenze. Al culmine della piramide ci doveva essere l’elvetica Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea, una banca privata posseduta e controllata dalle banche centrali mondiali che a loro volta erano imprese private…non bisogna immaginare che questi dirigenti della principali banche centrali del mondo fossero loro stessi dei ragguardevoli potenti nel mondo della finanza. Non lo erano. Erano piuttosto dei tecnici e gli agenti dei massimi banchieri commerciali delle loro rispettive nazioni, che li avevano allevati ed erano perfettamente capaci di liberarsene…e che rimanevano in gran parte dietro le quinte…Questi costituivano un sistema di cooperazione internazionale e di egemonia nazionale più privato, più potente e più segreto di quello dei loro agenti nelle banche centrali. Il dominio dei banchieri commerciali era fondato sul controllo dei flussi di credito e dei fondi di investimento nelle loro nazioni e nel mondo….potevano dominare i governi attraverso il controllo dei debiti nazionali e dei cambi. Quasi tutto questo potere era esercitato dall’influenza personale e dal prestigio di uomini che in passato avevano dimostrato la capacità di portare a compimento con successo dei golpe finanziari, di mantenere la parola data, di mantenere la mente fredda nelle crisi e di condividere le loro opportunità più vantaggiose con i loro associati.

Carroll Quigley, docente di storia, scienze politiche e geopolitica a Princeton, Harvard e Georgetown e mentore del giovane Bill Clinton, da “Tragedy and Hope: A History of the World in Our Time” (New York: Macmillan, 1966).

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/11/27/complottismo-for-dummies-le-trame-finanziarie-spiegate-al-bruco-del-mio-basilico/

Entra Renzi, esce Berlusconi – il cambio della guardia e la minaccia autoritaria

Aperitivo su Renzi e i poteri forti

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/15/matteo-renzi-giovane-rampante-plastico-pericoloso/

Renzi il neoliberista

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/17/sto-con-marchionne-si-al-nucleare-si-al-tav-io-i-referendum-per-lacqua-non-li-voto-matteo-renzi/

Renzi beniamino della destra

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/26/la-destra-chiede-ai-suoi-di-votare-renzi-alle-primarie-del-pd/

 1458690_424376897690428_137617653_n

MATTEO RENZI E I POTERI FORTI INTERNAZIONALI

“Il sindaco non parte da zero, come dimostra anche la genesi dell’incontro americano, nato dai contatti fra Giuliano da Empoli, l’architetto del programma elettorale renziano, e Matt Browne, già direttore del Policy Network — think tank fondato da Tony Blair, Gerhard Schroeder, Goran Persson e Giuliano Amato — che oggi è nel Center for American Progress, il pensatoio fondato da John Podesta. Ma il sindaco fra i suoi rapporti politici in America, oltre ai Dem tipo Kerry Kennedy, può contare anche su relazioni trasversali, grazie anche alla vicinanza di Marco Carrai, che cura la raccolta fondi di Renzi, a Michael Ledeen, animatore del think tank repubblicano American Enterprise Institute”.

http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/politica/2012/6-settembre-2012/quella-rete-americana-asse-clinton-blair-2111718004332.shtml

Chi è Michael Ledeen?

Il miglior programma in assoluto di educazione alla democrazia si chiama “Esercito degli Stati Uniti”.

Michael Ledeen, American Enterprise Institute for Public Policy Research (AEI)

La stabilità è una missione indegna per l’America, ed anche un concetto fuorviante. Non vogliamo la stabilità in Iran, Iraq, Siria, Libano, e perfino nell’Arabia Saudita, vogliamo che le cose cambino. Il vero problema non è se, ma come destabilizzare.

Michael Ledeen, Wall Street Journal, 4 settembre 2002

La potenza formidabile di una società libera dedicata ad una sola missione è qualcosa che [i nostri nemici] non riescono a immaginare … La nostra vittoria inaspettatamente rapida in Afghanistan è il preludio di una guerra molto più vasta, che con tutta probabilità trasformerà il Medio Oriente per una generazione almeno, e ridefinirà la politica di molti paesi più vecchi in tutto il mondo.

Michael Ledeen, «The War against the Terror Masters» New York: St. Martin’s Press, 2002.

Daniele Capezzone, il segretario radicale, è andato a Washington, il 9 marzo scorso, all’American Enterprise Institute, a parlare di “globalizzazione della democrazia”, invitato da Michael Ledeen, definito da Radio Radicale “uno dei maggiori esponenti del pensiero neocon. Peccato che Ledeen è un nome che ricorre nelle memorie di Francesco Pazienza e negli atti della Commissione P2, oltre che nella relazione di minoranza della stessa, quella stesa da Massimo Teodori, ai tempi radicale anch’egli un uomo dei servizi segreti, che l’ammiraglio Fulvio Martini, capo dell’intelligence tricolore, bollò come “persona sgradita” in Italia.

[…].

E’ l’onorevole Giovine a realizzare la migliore sintesi sul personaggio: “Pensiamo al ruolo di Michael Ledeen, che entrava e usciva dal Viminale in quei giorni [quelli del sequestro Moro, ndr]. Michael Ledeen non è uno qualsiasi, ma è forse il più esperto, non teorico ma pratico, della disinformazione americana. Michael Ledeen peraltro è anche un intellettuale apprezzato: è lui per esempio l’autore dell’intervista a De Felice sul fascismo. All’epoca del caso Moro era uno dei più abili giocatori di poker a Roma. E’ l’uomo che ha congegnato il cosiddetto “Billygate”, cioè che ha incastrato il fratello del presidente Carter con una operazione in Libia di altissima scuola fra i cosiddetti “dirty tricks”. […] Pazienza è un ragazzo di bottega rispetto a Michael Ledeen, e io ho citato solo una delle sue imprese. E poi chi troviamo all’altro capo del telefono quando Craxi parla col presidente Reagan la notte di Sigonella? Michael Ledeen, che traduce per Reagan. Ho citato solo due episodi: Ledeen è un uomo di punta di tutto l’ambiente che grava intorno al generale Alexander Haig, personaggio cruciale dell’ambiente nixoniano, uomo poi caduto sull’affare Iran-Contras, il cui ruolo è centrale. […] Ledeen, ripeto, ha contatti con il giro di Alexander Haig, che è un giro particolare, di una massoneria particolare e di Servizi di un certo tipo, come del resto è noto alle cronache. Michael Ledeen è uomo che il ministro Cossiga fa entrare direttamente nella vicenda Moro: non mi interessano i rabdomanti e la corte dei miracoli, ma che, all’interno di questi vi sono anche gli uomini forti. Michael Ledeen è un uomo forte in questo tipo di azione. E’ mai stato chiesto il suo ruolo? E’ mai stato chiesto a Cossiga perché si è rivolto a Michael Ledeen? Perché lo ha mandato, con quale scopo? Scusatemi questa valutazione politica, ma altri come lui possono essere stati coinvolti da Cossiga, di cui neanche sappiamo i nomi” [Atti della commissione stragi, 38/1998].

Ledeen appare anche nelle motivazioni della sentenza su Ustica. Vale la pena di riportare il passo in questione, è un ulteriore bel ritratto: “Veniva anche trasmesso un carteggio concernente Mike Ledeen, relativo alla richiesta di pagamento di onorario per 30.000 dollari da lui avanzata al nostro Governo. L’onorario richiesto risaliva ad un incarico ricevuto nel 1978 dall’allora Ministro dell’Interno prima che questi lasciasse il dicastero, pertanto prima o durante il sequestro dell’onorevole Aldo Moro. L’incarico era relativo ad uno studio sul “terrorismo”. Sul punto non possono non richiamarsi le affermazioni del prefetto D’Amato rese alla Commissione P2, in cui riferendosi a Ledeen precisa che “era stato addirittura collaboratore dei Servizi italiani, perché aveva tenuto, insieme a due ex elementi della CIA, dei corsi dopo il caso Moro” (v. audizione Federico Umberto D’Amato, Commissione P2, 29.10.82

http://www.carmillaonline.com/archives/2004/05/000789print.html

Tutta la documentazione disponibile relativa alle operazioni dei servizi segreti italiani, americani ed israeliani che hanno coinvolto Ledeen  – 11 settembre 2001, fantomatiche armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein, Iran-Contra, Stategia della Tensione, attentato a Giovanni Paolo II e molto altro – la potete trovare qui:

http://www.historycommons.org/entity.jsp?entity=michael_ledeen

“Una presentazione di Ledeen che cerca di diversificare a tutti i costi il fascismo dal nazismo facendo perdere di vista i temi del volume”

http://www.sissco.it/index.php?id=1293&tx_wfqbe_pi1[idrecensione]=2500

Qual è la natura della contiguità tra Matteo Renzi e Michael Ledeen, ultraconservatore, ultrasionista, islamofobo da sempre in favore della destabilizzazione del Medio Oriente?

Perché un politico che aspira a guidare il maggior partito di “sinistra” in Italia ed un eventuale governo dovrebbe essere associato ad un neocon guerrafondaio con il suo passato a dir poco ambiguo tra terrorismo e servizi segreti?

MATTEO RENZI E I POTERI FORTI NOSTRANI

Anche se Renzi negli anni si è sempre più laicizzato, è sempre Carrai a tessere relazioni con il mondo cattolico, in modo trasversale alle congregazioni delle fede e quindi mantenendo buoni rapporti sia con Comunione e Liberazione che con l´Opus Dei.

Il manager toscano vanta conoscenze importanti non solo tra le élite italiane. È sempre lui ad aver messo in contatto Renzi con l’ex primo ministro britannico laburista Tony Blair e con Michael Ledeen, animatore del think tank repubblicano American Enterprise Institute.

[…]

Il giornalista del Corriere Fiorentino David Allegranti, nel suo libro “Matteo Renzi. Il rottamatore del Pd” (Editore Vallecchi 2011), lo ha definito il “Gianni Letta” del primo cittadino di Firenze. E quindi forse, come per Berlusconi, se non ci fosse Carrai, non ci sarebbe Renzi. Anche se quasi nessuno lo sa.

http://www.formiche.net/dettaglio.asp?id=31213&id_sezione=

“…in questa fase pre-elettorale e pre-discesa in campo sono soprattutto gli ultimi due – De Siervo e Da Empoli – ad avere avuto un ruolo importante nella formazione della squadra, del programma e dell’organizzazione della campagna del sindaco di Firenze.

Luigi De Siervo, 43 anni, fiorentino, figlio dell’ex presidente della Corte Costituzionale Ugo De Siervo, ex consulente a Firenze dello studio dell’avvocato David Mills [“Consulente della Fininvest per la finanza estera inglese, è stato condannato in primo e secondo grado per corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza in favore di Silvio Berlusconi nei processi Arces (tangenti alla Guardia di Finanza) e Al Iberian – fonte: wikipedia].

De Siervo, tra le altre cose…è stato scelto ancora una volta dal sindaco per allestire i contenuti e gli elementi scenici del suo primo e itinerante Big Bang nazionale

Accanto a De Siervo, poi, sul lato dei contenuti, la persona da tenere bene a mente si chiama Giuliano Da Empoli. Da Empoli – 39 anni, scrittore, saggista e figlio di Antonio Da Empoli, ex consigliere economico di Bettino Craxi – nel 2009 è stato scelto da Renzi come assessore alla Cultura del Comune di Firenze e dopo due anni e mezzo di esperienza in giunta su richiesta del sindaco ha cambiato più o meno mestiere e si è messo alla guida di quel piccolo think tank che dallo scorso ottobre elabora e rielabora a getto continuo i contenuti del programma del sindaco.

I contributors di Renzi (ce ne sono di curiosi e interessanti, non solo Pietro Ichino e Alessandro Baricco, ma, per dire, anche Oscar Farinetti, inventore di Eataly, e David Serra, numero uno del Hedge Fund italiano più famoso d’Europa, Algebris)…Luigi Zingales (economista neoliberista firmatario insieme con Oscar Giannino anche del documento “Fermare il declino”)

Di Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza ed ex coordinatore dei lettiani del nord e centro Italia, invece si sa che è il responsabile della macchina organizzativa di Renzi mentre si sa meno che è proprio lui la persona che più degli altri in questa fase è stata incaricata di lanciare messaggi positivi ai montiani di tutto il mondo (lunedì mattina, per dire, intervistato a “Omnibus”, Reggi ha ripetuto che in un governo Renzi ci potrebbe stare perfettamente un Mario Monti ministro dell’Economia).

 …il costituzionalista Francesco Clementi, classe 1975, professore di Diritto pubblico comparato alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Perugia… il giurista che materialmente ha scritto una parte importante del programma del Rottamatore: quella legata alla riforma istituzionale di cui Renzi si farà promotore durante la campagna elettorale. Una riforma che punta a rafforzare l’esecutivo proponendo, in nome della “trasparenza e della responsabilità”, un sistema di governo neoparlamentare sul modello del sindaco d’Italia, sul modello delle democrazie anglosassoni e in particolare sul “modello Léon Blum”. Blum, forse qualcuno lo ricorderà, fu lo storico presidente del Consiglio che negli anni Trenta diede il “la” alla riforma della Terza Repubblica francese e che nel 1936 mise nero su bianco nel pamphlet “La Réforme gouvernementale” (tradotto in Italia proprio da Clementi) le linee guida di quella che sarebbe diventata la futura rivoluzione presidenziale francese. “Il presidente del Consiglio – scrive Blum in questo pamphlet di cui il sindaco di Firenze ha letto alcuni estratti – deve essere come un monarca, un monarca a cui furono tracciate in precedenza le linee della sua azione: un monarca temporaneo e permanentemente revocabile, che possiede nonostante ciò, durante il tempo nel quale la fiducia del Parlamento gli dà vita, la totalità del potere esecutivo, unendo e incarnando in sé tutte le forze vive della nazione”.

Cosimo Pacciani, dirigente della Royal Bank of Scotland (la banca dei Rothschild , NdR);

http://www.ilfoglio.it/soloqui/14879

Il non-programma politico di Matteo Renzi

Renzi stesso non lo ha definito un programma, introducendo le 26 pagine che dovrebbero rappresentare il suo manifesto politico, ma che di politico hanno ben poco. A leggere questo documento non si scorge affatto quella novità e quella freschezza, che Renzi sembrava promettere con il suo giovane viso. A leggerlo bene, questo documento porta una serie di formule liberiste che di nuovo hanno ben poco, accanto a qualche slogan e molta ideologia.

[…]

La sua continuità programmatica e politica con il governo Monti poi è impressionante: maggiore integrazione europea (ergo maggiore cessione di sovranità nazionale); dismissione del patrimonio pubblico; riduzione del 20-25% degli investimenti e dei trasferimenti alle imprese; obbligo per le Università di stabilire accordi con almeno tre banche per erogare mutui agli studenti; accelerazione sulle liberalizzazioni; priorità alle manutenzioni e alle piccole e medie opere; attrazione degli investimenti stranieri (Renzi lo sa che sono comunque un debito?); politiche del lavoro incentrate sulla flexsecurity (la precarizzazione del lavoro vista da sinistra); nessun ritocco alla riforma previdenziale introdotta da Elsa Fornero; incentivi alle fonti rinnovabili elettriche; riduzione del numero delle forze di polizia. Infine Renzi si dice completamente a favore del Fiscal Compact, dell’integrazione della vigilanza bancaria europea presso la BCE e dell’aumento di fondi al neo-costituito ESM.

[Su Fiscal Compact e ESM: https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/10/09/francia-una-nazione-con-la-spina-dorsale/]

http://www.movisol.org/12news193.htm 

Cene, viaggi, fiori, pasticcini La Corte dei Conti indaga su Renzi. Sotto esame i rimborsi del periodo 2005-2009, quando il sindaco di Firenze guidava la Provincia. Gli esborsi riguardano anche 70mila euro per attività di rappresentanza negli Stati Uniti e spese al ristorante per 17mila euro… Nel lungo elenco di ricevute e spese che gli inquirenti stanno verificando ci sono anche le fatture di fioristi, servizi catering, biglietti aerei e società vicine all’attuale sindaco. A cominciare dalla Florence Multimedia che riceve complessivamente 4,5 milioni di euro dall’ente.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/21/renzi-e-spese-allegre-mentre-era-presidente-della-provincia/359496/

“Sto con Marchionne”, “Sì al nucleare”, Sì al Tav”, “Io i referendum per l’acqua non li voto” (Matteo Renzi)

Adesso sappiamo chi c’è dietro Matteo Renzi.
Resta solo da capire quante chance abbia di arrivare a guidare un PD di governo.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/07/19/60-domande-per-matteo-renzi/

per Senza Soste, nique la police

31 ottobre 2011

“Prima di parlare dell’immagine di Matteo Renzi bisogna fermarsi telegraficamente agli interessi dai quali l’attuale sindaco proviene e a quelli che intende rappresentare. Dobbiamo infatti considerare che Matteo Renzi è figlio diretto di quel sottobosco politico dal quale oggi dice di volersi liberare. Suo padre Tiziano è stato in fatti un piccolo ras dei pacchetti di voti della declinante Dc toscana degli anni ’80, inizio anni ’90. Le insistenti voci sulle entrature di Tiziano Renzi nella massoneria toscana non sono provate o comunque andrebbero meglio certificate.

Di certo però suo padre si distingue nell’imprenditoria regionale in materia di giornali e di distribuzione pubblicitaria. Non solo, entra in affari con l’impresa Baldassini-Tognozzi-Pontello, oggi rilevata da Impresa Spa, che è  uno dei santuari del mattone toscano. Quindi quando Renzi difende la Tav non è tanto in conflitto ma in convergenza di interessi su un settore non proprio sconosciuto alla sua famiglia. E qui sarà probabilmente un caso quello che vuole la Baldassini-Tognozzi-Pontello vincere la gara d’appalto per la tramvia 2 e 3 a Firenze, come annunciato dallo stesso Renzi.

E quindi, quando Renzi dice di Firenze “basta costruzioni in centro”, c’è solo da capire per quale tipo di costruttori parla.

La polemica sulla discontinuità generazionale nel centrosinistra per Renzi, sulla rottamazione degli “anziani” vale poi ovviamente solo nei confronti di Bersani. Simbolicamente, quando Bersani è andato in visita ufficiale a Firenze, Renzi è andato al compleanno del padre. Nei confronti del padre c’è invece continuità, per così dire, anche nel ramo di impresa. Dove il primo costruisce legami d’affari a livello regionale, il secondo li allarga su una dimensione di influenza nazionale. A prescindere dalle primarie. Comunicazione e grandi opere, rami aperti dal padre, godono della capacità di fare brand su questi temi da parte del figlio che, come stupirsi, ha benedetto ogni Tav di vario ordine e grado. E che inoltre guarda a Mediaset come un possibile partner, strategia non aliena per l’allargamento di interessi editoriali locali del padre, altro che interrogativi sulla centralità della televisione di Berlusconi.

Partendo da questa base materiale, anzi concretissima, i Renzi si candidano ad allargare la base territoriale del proprio core business fino a farla coincidere con il livello nazionale. La politica, come ha fatto un altro imprenditore del cemento e della comunicazione (che ha reso Arcore per adesso molto più famosa della Rignano dei Renzi) è qui sia lo strumento necessario per allargare il ramo di influenza degli affari che un nuovo terreno di business. Per far questo si deve costruire un collettore di grandi flussi elettorali che tuteli le tre tipologie di interessi che si pensa abbiano un futuro nella rappresentanza istituzionale: rendita immobiliare e finanziaria, grandi opere, riduzione del costo del lavoro. Il brand Renzi è questo collettore. Gli interessi non sono proprio nuovissimi, anzi è roba da liberalismo della feroce Italia postunitaria, ma per tutelarli l’immagine deve essere qualcosa di nuovo che intercetti la forte domanda di cambiamento dell’elettorato.

Capita la base materiale dell’immagine di Renzi, e gli interessi che vuole difendere, non resta che dare un’occhiata al potere attrattivo messo in campo dal brand. Il sindaco di Firenze è il primo prodotto nuovo, in senso cronologico, del nesso politica istituzionale-media generalisti che seleziona le candidature reali per le elezioni. Gli altri al più tardi sono entrati in questo circuito nei primi anni ’90. Lo stesso Beppe Grillo ha un’accumulazione originaria di immagine negli spettacoli del sabato sera degli anni ’80. Comunque prima della discesa in campo di Berlusconi. Che così ha anche un ruolo di king maker delle candidature su tutto lo schieramento. Perché è inutile raccontarsela: nonostante twitter, facebook e miriadi di social media il potere di connessione complessivo in Italia è ancora quello della televisione generalista. Quindi se non vai contemporaneamente su Rai e Mediaset come candidato non esisti. Renzi questa selezione l’ha passata, Berlusconi oltretutto non ha mai nascosto o smentito la simpatia nei suoi confronti.  Anche perché gli interessi dei Berlusconi e dei Renzi non sembrano lontanissimi. Ogni modo, l’effetto novità creato dal primo candidato inedito da un quindicennio potrebbe anche farsi valere. Specie in un paese confuso, pronto ad affidarsi al primo messaggio di cambiamento disponibile su piazza. Anche se bisogna considerare che la crisi richiede personaggi capaci di interpretare un certo pathos non personaggi alla Renzi che sembrano proiettati con la macchina del tempo dall’epoca della new economy.

La strategia di Renzi, dal punto di vista dell’immagine, è semplice. Costruire un’immagine ingenua, luminosa e generalista, del giovane che innova nell’interesse del paese nel momento della crisi, per fare da collettore di voti di differenti frammenti di elettorato. Giovani (così si sentono valorizzati), anziani (così hanno l’impressione di fare qualcosa per i figli) di destra (tutti i decisionisti di ogni schieramento politico e i soliti bisognosi di un capo meglio se giovane e forte) e di sinistra (tutti quelli inclini a buttarsi sulla retorica dell’innovazione e quelli privi di rappresentanza).  Dal punto di vista del calcolo fatto da Renzi e dal suo staff i voti presi a destra dovrebbero essere maggiori di quelli persi a sinistra. Spostando il brand Renzi verso un piano di rappresentanza politica forte, compatibile con gli interessi neoliberisti che si vuol rappresentare, ma anche sganciato dalla necessità di tutela di reali interessi materiali di sinistra (diritti e beni comuni, per capirsi).

La convention di Renzi, e i relativi ritorni di immagine per ogni tipologia di elettore, è stata pensata per lanciare tre tipi di messaggio. Il primo, quello da chiacchiera di tutti i giorni,che è necessario per avere un consenso diffuso. Fatto per insinuarsi nei bar, negli autogrill alle stazioni, ovunque si parli di politica (il giovane che scende in campo rappresenta questa tipologia). Un altro, lanciato ad un pubblico più ristretto ma per niente esiguo, quello di chi si occupa di politica come mestiere o come opinione pubblica informata, tutto dedicato alla formula politica ed elettorale (primarie, alleanze, polemica tra personaggi). Un terzo è invece dedicato alle minoranze professionalmente specializzate e riflessive, quelle che lanciano tendenze (e allora vai con l’ostentazione del mac sul palcoscenico da sempreverde teatro off). Come sempre, vale per i manuali più consumati di propaganda elettorale, i tre messaggi possono essere ricevuti separatamente o combinati secondo la tipologia di elettore.

La logica del messaggio di Renzi è stringente e lacerante. Riducibile a questo slogan “togliere ricchezza e diritti a una parte della popolazione per darli a un’altra”. Ma non si tratta dell’antico linguaggio della socialdemocrazia legato al consenso nella redistribuzione sociale. In Renzi non c’è patrimoniale, controllo delle conseguenze sociali delle grandi ricchezze. Si tratta di togliere a chi è già stato abbondantemente attaccato dalla crisi liberista per dare a chi è stato attaccato ancora di più.  In un quarto di secolo questo progetto ha abbondantemente fallito ovunque. Per Renzi si tratta quindi di trovare una vasta platea di pubblico che coincida con la sua, ben interessata, ristrettezza di vedute. Già perché, al di là dello spettacolo, e qui Renzi non emoziona nessuno ma cerca solo di essere simpatico e ragionevole, ci sarebbe anche la politica. E qui si vede che il candidato più che da Firenze viene proprio da Rignano.

Renzi junior non è infatti riuscito a dire una parola che sia una di politica estera, della sua visione dell’Ue, della crisi delle borse, delle relazioni internazionali. A popolarizzare la politica estera, oltre a fissarla nell’agenda di priorità, i democristiani ci riuscivano benissimo. È evidente che le filiazioni successive hanno problemi a parlare del mondo. Del resto cosa direbbe Renzi? Che il suo modello ha fallito ovunque? Che la cancelliera tedesca Merkel, democristiana, ha fatto una proposta pochi giorni fa sul salario minimo che è di ultrasinistra rispetto alle giaculatorie di Renzi sulle categorie protette?
Meglio fare la figura del ragazzo aggiornato davanti a Bersani, cosa che riuscirebbe a qualsiasi pari età di Renzi non colto da ictus,  che addentrarsi nella politica. Qui c’è da valorizzare un brand e dei rami d’impresa il resto, almeno per uno come il sindaco di Firenze, è roba da eruditi. Categoria ottima invece come pianta ornamentale, vedi la filosofia in esilio invitata alla Leopolda o Baricco, ma quando si parla di sostanza tocca alle vere truppe di Renzi. Che sono composte da vecchi magliari di pacchetti di voti e di relazioni sociali che battono i territori, da funzionari pubblici che taglierebbero ovunque e da giovani che lavorano nel marketing convinti di saperla lunga quanto lo staff di Obama del 2008. Insomma al di là dei contenuti, che non ci sono, il fenomeno Renzi è tutto logistica (tradizionale e di marketing) e gestione del brand. Peccato che un paese in crisi epocale avrebbe bisogno di politica. Ma quella è roba da vecchie distinzioni destra-sinistra, tutte cose alle quali Renzi non è avvezzo. Lui vuole solo i voti da qualsiasi parte provengano e prima possibile.

Infine, si candiderà Renzi a presidente del consiglio? Il sindaco di Firenze si è dato tre mesi per prendere una decisione. Sa benissimo di dover passare di fronte ad una vera e propria ruota della fortuna. Sulla quale, vista la complessità della crisi del paese e del centrosinistra, devono davvero uscire solo i numeri giusti. Ma dalla ruota della fortuna, quella di Mike Buongiorno, Renzi c’è già passato (guarda il video). Da giovane concorrente. Proprio quella trasmissione che fu definita, dopo un’inchiesta della magistratura, “la ruota della mazzetta” visto che per entrare come concorrente bisognava stare dentro reti clientelari piuttosto strette. Vedremo se Renzi finirà a fare il concorrente anche questa volta. Di sicuro ha aumentato il potere di attrazione, economico e relazionale, del brand che rappresenta. L’augurio è che la politica gli riveli direttamente, e in corso d’opera, quanto letali possono essere le sue regole. Se mai dovesse diventare premier il potere destituente della complessità sociale tipico delle crisi dovrebbe però disarcionarlo bruscamente. Dopo vent’anni di Berlusconi lo spazio eventuale di manovra per un suo imitatore fiorentino sembra parecchio ristretto. Perché se il cabaret imbarca volentieri imitatori fiorentini, pubblico lo portano sempre, la politica ha bisogno di chiudere una stagione e promuovere altri interpreti”.

http://senzasoste.it/nazionale/la-ruota-della-fortuna-di-matteo-renzi

per Senza Soste, nique la police

14 settembre 2012

Qualche mese fa, all’epoca di una delle convention alla Leopolda di Firenze, abbiamo tracciato un profilo di analisi delle strategie di marketing politico di Matteo Renzi

Rileggendolo vi si possono trovare i tratti principali dei comportamenti renziani. Che appaiono quindi stabilizzati, definiti e quindi possibile oggetto di approfondimento. Ma c’è una cosa che Renzi e il suo staff hanno sottovalutato. Ovvero cosa significa, nella società dello spettacolo, reiterare lo stesso tipo di personaggio. Stiamo parlando dell’eterno ritorno del giovane che vuole rottamare, oramai configurabile come un Peter Pan delle primarie di qualsiasi livello.

Una regola fondamentale della società dello spettacolo, tanto più in politica, ricorda che  la reiterazione lo stesso personaggio produce un accumulo di satira e di ironia diffusa. Non a caso le grandi dittature hanno prodotto grandi vignette. La reiterazione dello stesso personaggio, delle stesse posture porta all’ingessatura della persona che si propone scatenando profondi moti sotterranei, e non, di riso e di ironia. Siccome Renzi non è un dittatore, in quel ruolo farebbe anche più ridere, e deve prendere voti l’effetto ridicolo creato dalla continua riproposizione della medesima immagine di sè potrebbe davvero essergli nocivo.

Silvio Berlusconi, il maestro di bottega di Renzi, conosceva queste regole. Infatti, per ovviare all’effetto ridicolo (e ne ha prodotto tanto), cambiava continuamente modalità di rappresentazione del proprio personaggio. Abbiamo infatti avuto il presidente-imprenditore, il presidente del Milan, persino il presidente operaio. Renzi, invece, non riesce a liberarsi, da qualche anno, della filastrocca rottamazione-merito-innovazione che oltretutto fa molto nostalgia anni ’80-’90. Per uno che ostenta l’ambizione di diventare presidente del consiglio, il primo vero Tony Blair di Rignano sull’Arno, è sicuramente un punto di debolezza. Infatti Renzi, prigioniero non di una politica ma di un personaggio, salta da una primaria all’altra riproponendo, in differenti contesti lo stesso tipo di spettacolo. Non è riuscito a stare politicamente fermo su un ruolo istituzionale, una stagione di governo. Non a caso, quindi.

Anche le figure con le quali si accompagna ripetono lo stesso jingle da sempre. Ad esempio l’economista Zingales, che non si rende conto di apparire in tv come la caricatura dell’economista liberista “tagli e rigore”, e il sempreverde Ichino per il quale il salario è equo e conforme a costituzione solo quando coincide con la mancia.

Renzi si è così ormai avvitato nell’imitazione, non si sa quanto involontaria, di CarCarlo Pravettoni. L’imprenditore milanese sintesi del colmo del berlusconismo, della retorica grottesca del merito, impersonato da Paolo Hendel nelle trasmissioni di satira di diversi anni fa. Una delle presentazioni iniziali delle puntate di Pravettoni recitava: “l’unico manager pagato dalla concorrenza perché resti dov’è”.

Il Renzi più giovane deve aver visto troppo quelle trasmissioni. Deve aver fatto come quei giovani aspiranti broker che guardavano Gordon Gekko, nel primo Wall Street, dimenticandosi che quella di Oliver Stone era una rappresentazione critica non la celebrazione del pescecane di borsa. In effetti si pagherebbe volentieri per lasciare Renzi dove è, in una candidatura alle primarie infinita quanto le soap opera giapponesi. Fa ridere, è grossolano e improbabile, attira una audience cinica come infedele e instabile (pronta a disarcionarlo al primo problema) e potrebbe distruggersi da solo con il ridicolo che attira.

Purtroppo, in un paese in seria decomposizione sociale e politica anche personaggi di questo calibro vengono presi sul serio. Persino un Pravettoni al potere può sembrare un programma politico all’altezza dei tempi. Curiosamente, vista anche la parabola politica di Berlusconi e Grillo, il futuro elettorale di questo paese sembra essere scritto nel passato della televisione. Non durerà ma può durare abbastanza per paralizzare un paese.

http://www.senzasoste.it/nazionale/arriva-renzi-il-carcarlo-pravettoni-dei-nostri-giorni

In una cosa il sindaco di Firenze può già dirsi come un riuscito allievo di Berlusconi: la collezione di frasi che inchiodano a futura memoria. Solo che Berlusconi ha dietro di sé’ vent’anni, e qualche disastro di governo, di politica italiana. Renzi ha molti meno campionati dietro le spalle ma, come si vede, cerca di colmare il gap con Berlusconi. Si vede che il titolo di parolaio del secolo della politica italiana è parecchio ambito. Anche perché non si sa mai chi potrebbe arrivare, nelle generazioni future, ad insidiare il primato in questa speciale classifica.

Renzi in poche ore ha collezionato due frasi che lo inchiodano a futura memoria. La prima è quella di ricevere i complimenti da parte del principale, storico avversario del centrosinistra. “Ha le nostre idee” ha detto Berlusconi di Renzi. Dopo un’affermazione di questo tipo, un candidato o scioglie il comitato elettorale o lo ripresenta dall’altra parte perché, politicamente, nel centrosinistra ha fallito. Nessuna maggioranza nel centrosinistra lo eleggerà perché candidato preferito di Berlusconi. Eppure Renzi si sente il sottile von Clausewitz delle primarie. Pensa che gli elettori delusi del centrodestra, in  questo modo, spinti dallo stesso Berlusconi si presentino in massa a votarlo. Un po’ come vincere la presidenza di un circolo di tifosi della Lazio grazie ai voti dei delusi dalla presidenza americana della Roma, auguri.

Eppure come perla del fine settimana questa non è l’unica. Ebbene sì, Marchionne, come diversi sindacalisti Fiom avevano denunciato, rivela che il piano fabbrica Italia era un bluff.

Una sorta di effetto annuncio, con investimenti 20 volte minori di quanto affermato, buono per comprimere i diritti dei lavoratori, abbassare il salario, movimentare qualche produzione e alzare il titolo in borsa. In molti sindacalisti del settore l’avevano capito e denunciato pubblicamente. Il piano Marchionne era una bolla speculativa, un effetto annuncio a corto respiro.

Non l’aveva capito Matteo Renzi, il sensitivo dei trend del futuro, che a gennaio 2011 aveva finito per abboccare alle trovate dell’ufficio stampa di Marchionne. Renzi infatti a suo tempo ha speso tutto se stesso per dimostrare che il piano Marchionne non solo era vero ma rappresentava il futuro della Fiat e dell’Italia. Lo pubblichiamo sotto senza commento.

Vai Renzi, non diventerai presidente del consiglio, non vincerai il titolo di parolaio del secolo, perchè impegnativo, ma davvero sei, parafrasando i classici, la nottola dell’avanspettacolo che si leva al crepuscolo della seconda repubblica. Ora manca solo un cartellone di serate, con diretta streaming, con Panariello, Pieraccioni o Carlo Conti. Non dubitiamo che lo staff di Renzi saprà scegliere il partner giusto. Con le primarie.

(red) 17 settembre 2012

http://www.senzasoste.it/nazionale/marchionne-e-le-parole-in-liberta-di-matteo-renzi

Intervistato al tg de La 7, Renzi si inserisce nel dibattito nazionale sul referendum Fiat, e lo fa nel suo stile, senza mezzi termini: “Io sto dalla parte di Marchionne, dalla parte di chi sta investendo sul futuro delle aziende, quando tutte le aziende chiudono. E’ un momento in cui bisogna cercare di tenere aperte le fabbriche”.

“Diciamo anche la verità: è la prima volta nella sua storia -aggiunge Renzi- che la Fiat, anziché chiedere i soldi degli italiani con la cassa integrazione, prova a mettere dei quattrini per agganciare alla locomotiva americana Mirafiori e anche la struttura italiana. Quindi, senza se e senza ma -conclude il sindaco di Firenze- stiamo dalla parte di chi crea lavoro e ricchezza. Poi, naturalmente, rispettiamo i diritti dei lavoratori, ma che siano lavoratori, e non cassintegrati”.

http://www.lanazione.it/firenze/politica/2011/01/11/441018-renzi.shtml

Teoria del Complotto