Stati Uniti di Polizia – la fase finale della Guerra al Terrore è cominciata

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Si dovevano attaccare i civili, la gente, donne, bambini, persone innocenti, gente sconosciuta molto lontana da ogni disegno politico. La ragione era alquanto semplice: costringere … l’opinione pubblica a rivolgersi allo stato per chiedere maggiore sicurezza.

Vincenzo Vinciguerra, ex agente Gladio, deposizione

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La vera notizia è come è bastato un decennio per addomesticare i cittadini americani e far loro accettare detenzione permanente, tortura, esecuzione sommaria di cittadini americani, in patria o all’estero, una massiccia presenza di paramilitari nelle loro strade e nelle loro case. Ogni richiesta fatta dalle autorità era a titolo volontario, ma quasi nessuno si è rifiutato di ottemperare. E’ vero che Boston è un caso particolare: una città particolarmente rispettosa della legge e con forti simpatie per il presidente Obama. Tuttavia resta il dato davvero inquietante di una popolazione fin troppo facilmente malleabile e disposta a credere, obbedire, combattere la “Guerra al Terrore”. La buona notizia è che le voci di dissenso stanno facendosi sentire in rete e nei forum dei quotidiani, in modo articolato e fermo. Boston è servita da monito.

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Allo stato attuale, non vi è nulla di sostanziale che colleghi i due indagati al delitto. Ci sono voci, 32 secondi di video per nulla incriminante (così tante telecamere a circuito chiuso ma nessuna registrazione utile?), alcune fotografie non troppo chiare, i loro zaini sembrano diversi da quelli incriminati. Non c’è un movente, non c’è una  prova visiva che mostri i sospetti che dispongono la bomba sulla scena del crimine e non c’è alcun filmato dei sospetti in fuga da una qualunque scena del crimine. L’automobilista rapito che, ci viene detto, ha riferito che i due, prima di lasciarlo andare senza torcergli un capello, si sono autoaccusati dell’attentato (!!!??? per farsi prendere più facilmente?), non è stato intervistato da nessuno, si è letteralmente volatilizzato. Ci sono ben 6 versioni discordanti di come è avvenuta la cattura.
Al momento nessun giudice li condannerebbe.

Obama, in quanto presidente, non deve permettersi di emettere sentenze, come ha implicitamente fatto e come esplicitamente fa con le sue liste di persone da uccidere con i droni.
Il ragazzo è un cittadino americano, non un “nemico combattente” come John McCain vorrebbe che fosse considerato, in modo da farlo internare e processare da un tribunale militare, a porte chiuse .

Non deve essere interrogato dall’FBI e giudicato a livello federale. La giurisdizione è quella del Massachussetts: si sta forse cercando di sfruttare il caso per degli scopi che hanno poco a che vedere con la sicurezza dei cittadini e molto a che vedere con ulteriori restrizioni dei loro diritti (se possono fare a pezzi la costituzione per un cittadino americano, lo possono fare per tutti)? Oppure si sta cercando di evitare che qualcuno capisca in che rapporti erano stati il fratello maggiore e l’FBI nel corso degli ultimi 3 anni?

L’FBI organizza complotti terroristici, agevolando gli estremisti, fornendo loro idee, logistica, contatti ed armi per arrestarli preventivamente, senza che i cittadini si chiedano se non sia istigazione a delinquere, se queste persone avrebbero realmente compiuto certe azioni se non fossero stati inseriti in un certo tipo di dinamica:

http://www.nytimes.com/2012/04/29/opinion/sunday/terrorist-plots-helped-along-by-the-fbi.html?pagewanted=all&_r=3&

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/21/lfbi-organizza-e-sventa-la-maggior-parte-degli-attentati-terroristici-islamici-sul-suolo-americano-ricerca-della-ucla/

L’FBI ha addirittura consentito che il primo attentato alle Torri Gemelle, quello del 1993, andasse in porto
http://www.nytimes.com/1993/10/31/nyregion/bomb-informer-s-tapes-give-rare-glimpse-of-fbi-dealings.html?pagewanted=all&src=pm

L’FBI sorvegliava Tamerlan, il fratello maggiore, da 3 anni e lui lo sapeva, perchè avevano informato i suoi genitori (!). Allora perché quell’appello ai cittadini affinché aiutino ad identificare dei sospetti che già conoscono? 

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Il giovane Dzhokar Tsarnaev era un giovane cittadino Americano modello. Era un calciatore e si allenava tre volte in settimana con i suoi compagni di squadra e, non contento, era anche il capitano della squadra di wrestling del suo istituto: i suo compagni di wrestling lo ricordano come una persona sempre disponibile pronta ad elargire consigli. Aveva ottenuto una borsa di studio in medicina, voleva diventare un infermiere, era stato un bagnino perché “voleva salvare la gente”, nel tempo libero assisteva come volontario ragazzini affetti dalla sindrome di Down. Nessuno dei suoi amici più stretti l’ha mai considerato una persona religiosa. I suoi insegnanti lo hanno descritto come uno studente ideale. I suoi vicini come un ragazzo adorabile. Era l’incarnazione del sogno Americano ma, da un giorno all’altro, ci viene detto che è diventato uno jihadista che uccide civili ad una competizione sportiva (lui che adora lo sport) e la sera stessa va ad una festa (mentre il fratello va tranquillamente in palestra ad allenarsi), poi a dormire nella sua stanza. Il giorno dopo si rende conto che è in corso una caccia all’uomo, scappa con suo fratello maggiore, ruba un’auto ma rilascia il proprietario dopo avergli detto che è l’autore dell’attentato (!!! – questo sostengono le autorità investigative: nessuno ha visto e intervistato questo tizio), sfugge alla cattura anche se dopo la prima sparatoria è circondato da poliziotti.
Per qualche ragione le sue radici cecene non lo spingono ad attaccare la Russia ma gli Stati Uniti che gli hanno dato tutto quel che poteva desiderare, inclusa la cittadinanza (qualche mese fa). È uno jihadista ma non si immola e non si comporta come tale; è come se avesse due personalità e nessuno avesse mai visto quella islamista.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/20/informazioni-sui-presunti-bombaroli-di-boston-che-non-troverete-sul-corriere-della-sera/

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Ancora più drammatica è la criminalizzazione dei giovani: secondo la stessa versione ufficiale in cui cambiano i nomi e i connotati ma gli altri dettagli si ripetono, gli autori di attentati e stragi sono immancabilmente giovani immaturi, inquieti e, soprattutto, indignati con il governo. Questi escono di testa per ragioni che non sono mai chiare, agiscono da soli e sfruttano insospettabili abilità militari per uccidere degli innocenti e/o sfuggire alla cattura: fino alla loro uccisione o suicidio, come in ogni film americano che si rispetti.

Il copione è ripetitivo e meccanico, ma le serie TV (24, Homeland) ed i blockbuster lo hanno reso plausibile per un pubblico ovinizzato che delega ad altri le attività cerebrali non necessarie alla sopravvivenza fisica.

Le autorità ci assicurano che il fratello maggiore era un integralista, a dispetto delle apparenze (era appassionato di hip-hop, skateboard e droghe leggere)

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e, stando al racconto della madre, Zubeidat K. Tsarnaeva, negli ultimi anni l’FBI l’aveva avvertita del fatto che il figlio Tamerlan era su una brutta strada e che lo stavano sorvegliando [NB, l’FBI ha ammesso che le cose stavano così solo DOPO l’intervista della madre ad una TV russa]. Questo significa che dovevano sapere che aveva consultato dei siti per costruire bombe fatte in casa (se è vero) e che dovevano sapere che si era comprato un arsenale di armi…però…boh?
Nel 2011 l’intelligence russa aveva chiesto all’FBI di indagare su di lui, per capire se era “a rischio”. L’FBI fece delle scrupolose investigazioni (internet, telefonate, conoscenze, biografia, movimenti, domande a parenti e conoscenti, ecc.) senza trovare alcuna attività sospetta o legame con associazioni terroristiche, ma riferì di un’evidente tendenza integralista:

http://www.guardian.co.uk/world/2013/apr/20/fbi-quiz-dzhokhar-tsarnaev-suspect-capture

Dopo l’attentato Tamerlan non si è suicidato: è tornato a casa dalla bella moglie americana – Katherine Russell – e dalla figlia.

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Le autorità, a partire dal presidente, stanno trattando dei sospetti alla stregua di colpevoli già condannati.
Questo normalmente succede in un sistema giuridico primitivo come quello giapponese, dove l’imputato deve dimostrare di essere innocente. In un sistema giuridico civile l’accusa deve dimostrare la colpevolezza. Dal Patriot Act in poi gli Stati Uniti non sono più un paese civile e, anche grazie a certe leggi controfirmate da Obama, il nostro presunto terrorista rischia di scomparire per anni in un labirinto giudiziario, come se fosse a tutti gli effetti morto (morte civile):
http://www.informarexresistere.fr/2012/01/07/ndaa-torneranno-i-campi-di-concentramento-in-america/#axzz2QwmMcGkz

Nessuno si curerà della sorte di Tsarnaev, preventivamente condannato dall’opinione pubblica, allo stesso modo in cui praticamente nessuno si preoccupa dei diritti degli internati nei campi di prigionia antiterroristi americani. Però è così che i diritti di tutti vengono amputati: prima si colpiscono le figure marginali, detestate o appena tollerate (zingari, ebrei, comunisti, gay, ecc.) e poi, nel constatare che la popolazione non reagisce, l’abolizione della tutela giuridica si istituzionalizza, si espande e diventa sempre più arduo contestarla. Per abolirla non resta altro da fare che combattere e sacrificare la propria vita. E’ quel che succederà negli Stati Uniti nei prossimi anni, con buona pace degli obamofili.
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/28/children-of-men-i-figli-degli-uomini-un-film-preveggente/

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Boston, una città di oltre 600mila abitanti è stata, virtualmente, messa agli arresti domiciliari (chiunque si fosse trovato in strada era passibile di fermo e perquisizione corporale – in un caso un tizio è stato denudato e dei poliziotti hanno inveito contro i giornalisti) e sotto legge marziale (con migliaia di paramilitari che entravano nelle case per setacciarle, senza alcuna autorizzazione) per la durata della caccia allo studente diciannovenne modello-assistente di ragazzini down-terrorista jihadista a tempo perso.

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La militarizzazione della metropoli ora costituisce un precedente. Invece di usare i cani per rintracciare rapidamente il ricercato, che perdeva sangue ed aveva abbandonato l’auto, 9mila agenti militarmente equipaggiati hanno trascorso la notte perlustrando le abitazioni di una vasta sezione della città (senza un permesso, in piena violazione del quarto emendamento), come se fosse la cosa più naturale del mondo. Nessuno ha protestato, la folla alla fine festeggiava per le strade, senza rendersi conto dell’implicita carta bianca che hanno fornito al governo.
In nessun paese europeo, dopo la sconfitta di Hitler, la minaccia terroristica è mai stata gestita in questo modo. Queste sono “cose da Hollywood”:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/07/batman-leroe-della-controrivoluzione/

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Ora qualunque cellula terroristica (e presidente) sa che basta davvero poco per mettere in stand-by gli Stati Uniti e che la popolazione accetterà con entusiasmo che la sua libertà sia sacrificata in nome della sicurezza. Il sogno di Bush è realtà, ma con Bush tutto questo non sarebbe stato possibile. Obama il Buono, invece, può, perché è “animato dalle migliori intenzioni”, nonostante tutto:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/14/amerikarma-obamamania/

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Perciò non è un problema se il confino domestico dei cittadini elimina possibili testimoni delle azioni delle forze dell’ordine paramilitari (stavano cercando indizi o disseminando “prove”? Chi può dirlo?), se il ragazzo è stato scovato da un privato cittadino che aveva violato il coprifuoco perché non ne poteva più, se l’atmosfera diventa ancora più agghiacciante, amplificando gli effetti dell’atto terroristico.

Chiunque contesti questo genere di prassi poliziesca viene bollato come complottista (yawn/sbadiglio) o apologeta di terrorismo (!!!).

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Molti di quelli che hanno seguito Obama durante la crisi hanno osservato che il suo atteggiamento era freddo, distante, privo di emozioni, meccanico nel pronunciare parole di pura circostanza.

Il mio timore è che si stia chiudendo nel suo guscio, come accade agli schizoidi quando la situazione si fa seria. A quel punto è difficile distinguerli dagli psicopatici. A quel punto, tutto diventa possibile:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/10/obama-e-psichicamente-sano-oppure-e-schizoide/

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La questione, allora, è la seguente: gli americani sono stati ammaestrati come i tedeschi negli anni Trenta, oppure saranno capaci di ridestarsi dall’ipnosi collettiva?

Se vivessi negli USA sarei seriamente preoccupato e traumatizzato, perché saranno anni di lacrime, piombo e sangue:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/02/15/la-storia-dello-zombie-che-fu-bruciato-vivo-dalla-polizia-stati-uniti-2013/

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Lo sfaldamento del PD, il rischio di cattura cognitiva del M5S e il recupero della Concordia

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Inizia la fase decisiva per il recupero della nave da crociera: alla fine sarà raddrizzata e fatta galleggiare.

RomagnaNoi, 17 aprile 2013

L’Italia può essere raddrizzata a fatta galleggiare, se ci sarà concordia, rispetto e fiducia tra un PD rinnovato e il M5S.
Ci sono forze non-democratiche che avrebbero tutto da guadagnare da una giacobinizzazione del M5S e dalla formazione di un fossato invalicabile che separasse queste due espressioni della politica italiana:

Provo un certo godimento, degli orgasmi, a vedere Grillo sfasciare tutto. Il nostro sistema politico è talmente marcio che spero che dal grande caos rinasca tutto. Oggi voterei per lui.

Vittorio Feltri a La Zanzara, 6 novembre 2012

Dobbiamo riuscire a costruire, innovare, democratizzare e unire ciò che viene separato dai seminatori di zizzania.
Ho già spiegato che Fabrizio Barca-Mirabeau può essere la persona giusta (N.B. Non è l’unico! Non ci servono salvatori, ci si salva assieme o si affonda insieme):
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/15/a-roma-serve-un-barca-non-un-alcibiade-la-terza-repubblica-in-33-comode-rate/

A questo proposito, mi trovo, come sempre più spesso mi capita, in sintonia con Barbara Spinelli:

L’accordo fra sinistra e 5 Stelle sul nome del Presidente è infecondo solo se teniamo il naso schiacciato sull’oggi, anzi sull’ieri (le larghe intese erano solo con la destra). Se guardiamo lontano, se vediamo lo sfaldarsi del Pd non come una sciagura ma come un’opportunità, l’accordo con Cinque Stelle può essere reinvenzione democratica. Tra le righe è quel che dice Fabrizio Barca, nel programma presentato il 12 aprile in favore di un Pd disfatto e rifatto a nuovo.

I militanti di 5 Stelle preconizzano ad esempio l’immissione nella democrazia rappresentativa di esperienze sempre più estese di democrazia deliberativa, diretta. Non siamo lontani dallo sperimentalismo democratico che secondo Barca deve innervare il futuro Pd

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/15/a-roma-serve-un-barca-non-un-alcibiade-la-terza-repubblica-in-33-comode-rate/

[…].

Chi adotta il metodo minimalista non crede che lo Stato possa molto, per curare la democrazia malata o attenuare la povertà sociale. Quel che gli importa, è preservare una chiusa élite (di esperti politici, di tecnici) che prenderà decisioni senza curarsi se funzionino, convinta com’è che i piani di austerità daranno ineluttabilmente frutti anche se immiseriscono popoli interi.

Il candidato al Colle preferito da simili élite non deve essere popolare, non deve nemmeno rappresentare un emblema ideale per i cittadini: deve essere abile, e soprattutto omogeneo alle oligarchie che lo faranno re. Meno popolare sarà, più sarà scongiurato il pericolo, temuto dai benpensanti del vecchio ordine, del populismo. A parole, i minimalisti si augurano uno Stato leggero, non invadente. Nei fatti, le oligarchie partitocratiche vivono in osmosi con lo Stato e rendono quest’ultimo più che pervasivo, indifferente alla voce di chi (localmente, nelle Azioni Popolari, nei voti online) reclama cambiamenti.

Tutt’altra l’idea degli sperimentatori, o della democrazia deliberativa: è il metodo sfociato nel voto, da parte degli attivisti di M5S, dei candidati al Colle. L’esperimento è difficile, ma innovativo e molto più onesto di quel che era stato pronosticato. Non tutti i candidati vincenti erano graditi ai vertici del Movimento: tuttavia il verdetto è stato accolto democraticamente e con responsabilità istituzionale.

[…].

Stupidità fanfaronesche s’incrociano spesso sul web. Ma ancor più funeste dilagano nei non meno virtuali palazzi del potere. Le cerchie partitiche, o tecniche, mostrano una conoscenza del pubblico interesse infinitamente meno vigile. Sono le cerchie contro cui si scaglia Barca, quando denuncia i “partiti di occupazione dello Stato, dove si vende e si compra di tutto: prebende, ruoli, pensioni, appalti, concessioni, ma anche regole, visioni, idee”. Berlinguer usò parole quasi eguali, quando ruppe col compromesso storico e denunciò la degenerazione dei partiti, Pci compreso (“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo”, disse a Eugenio Scalfari su Repubblica, il 28-7-81).

[…].

Non sappiamo ancora se le strade di Barca e di Grillo si incontreranno. Se dall’eventuale incontro la democrazia uscirà più forte. Se il M5S intirizzirà, a forza di rifiutare alleanze. Resta che l’Italia ha bisogno di sperimentatori, non di minimalisti. Che solo i primi sono in grado di guardare in faccia la crisi, e di mutare anche l’Europa. Di ripensare l’austerità come aveva provato Berlinguer nel 1977, quando il capitalismo aveva appena cominciato a vacillare.

http://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni-presidente-repubblica-edizione2013/2013/04/17/news/coraggio_solitudine-56800260/?rss

L’alternativa è la giacobinizzazione…

Io ho amore per la ragione, ma non ne ho per il fanatismo. La ragione ci guida e ci illumina, ma quando ne avrete fatto una divinità, essa vi accecherà e vi indurrà al delitto.

Brotteaux (da Anatole France, “Gli dèi hanno sete”).

GIACOBINISMO

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I popoli non giudicano come le corti giudiziarie, non emettono sentenze: lanciano la loro folgore; non condannano i re: li piombano nel nulla… quale altra legge può seguire il popolo se non quella della giustizia e della ragione sostenute dalla sua onnipotenza?

Maximilien Robespierre, “Discorso per la condanna a morte di Luigi Capeto”, 3 dicembre 1792.

Io ho sostenuto, tra persecuzioni incredibili e senza appoggi, che il popolo non ha mai torto, io ho osato proclamare questa verità in un tempo in cui non era ancora riconosciuta; il corso della rivoluzione l’ha dimostrato.

Maximilien Robespierre, 25 febbraio 1793

Il fine della rivoluzione è il trionfo dell’Innocenza.

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Questa nostra Rivoluzione è una religione e Robespierre è il capo della setta. È un prete che governa i devoti…Robespierre predica, Robespierre censura, è furioso, solenne, melanconico, esaltato – ma tutto freddamente; i suoi pensiero fluiscono con regolarità, le sue abitudini sono regolari; tuona contro i ricchi e i grandi; vive con molto poco; non ha bisogni. Ha una sola missione – parlare, e parla incessantemente; crea discepoli…parla di Dio e della Provvidenza; si definisce amico degli umili e dei deboli…riceve la loro venerazione…è un prete e non sarà mai altro che un prete.

Condorcet (1743 –1794) su Robespierre, articolo apparso su Chronique de Paris

Voi dovete punire non solo i traditori, ma anche gli indifferenti; dovete punire chiunque sia apatico nella Repubblica e non faccia nulla per essa; giacché, dopo che il popolo ha manifestato la sua volontà, tutto ciò che si oppone ad essa si pone fuori del popolo sovrano, e tutto ciò che è fuori del popolo sovrano è nemico.

Saint-Just, “Sulla necessità di dichiarare il governo rivoluzionario fino alla pace”, 10 ottobre 1793

La rivoluzione deve fermarsi quando abbia raggiunto la perfezione della felicità e della libertà pubblica per mezzo delle leggi. I suoi slanci non hanno altro scopo, e devono spazzar via tutto ciò che vi si oppone.

Saint-Just, “Frammenti sulle istituzioni repubblicane”, 1794

Quello che costituisce una Repubblica è la distruzione di tutto ciò che la contraria.

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Molti dei Francesi che ci avevano appoggiato ci guardavano come dei pazzi, come degli energumeni, spesso persino come degli scellerati.

René Levasseur de la Sarthe, giacobino, 1795.

La rivoluzione francese mi ha influenzato molto e in special modo Robespierre…Robespierre è il mio eroe. Robespierre e Pol Pot: entrambi hanno la medesima qualità di determinazione ed integrità.

Suong Sikoeun, uno dei leader dei Khmer Rossi (1975-1979)

Il problema non è il terrore in quanto tale, il nostro compito è precisamente quello di reinventare il terrore emancipatore.

Slavoj Zizek, “In difesa delle cause perse: materiali per la rivoluzione globale”, 2009.

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Saint-Just, orfano di padre e di origine contadina, giunto squattrinato a Parigi e col vizio del gioco d’azzardo, si iscrive ad una loggia massonica che gli finanzierà le pubblicazioni sovversive e libertine e l’acquisto di 8 ettari di terreno.

“Intanto l’abilissimo Jean de Batz, che sembra avere innato il genio dell’intrigo e della corruzione, sta preparando il suo piano: suscitare di continuo tali dissensi e sospetti in seno alla Convenzione da spingerla a disfarsi, in fasi successive, di tutti i suoi uomini più rappresentativi. […]. De Batz ordina ai suoi agenti, che ostentano di proposito un esacerbato giacobinismo (tutti o quasi, si noti, ricchi banchieri e uomini d’affari come Dufourny, Proly, Desfieux, pereyra, Gusman, d’Espagnac e i due fratelli Frey), di spingere sempre più gli estremisti a favorire, con ogni mezzo, un’insurrezione popolare che faccia sparire i deputati della Gironda, tutti irrequieti partigiani della monarchia costituzionale”.

[Da: “Saint-Just”, di Mario Mazzucchelli. Milano : Dall’Oglio, 1980, p. 109].

GRILLISMO

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“Siamo la rivoluzione francese senza la ghigliottina” (Grillo 29 marzo 2013)

“Il Movimento 5 Stelle è il cambiamento che non si può arrestare, è il segno dei tempi. È l’avvento di una democrazia popolare che pretende di decidere, di controllare il destino del suo Paese, del suo Comune, della sua vita”

“In parlamento pronti alla rivoluzione”

 “Arrendetevi! Siete circondati dal popolo italiano. Uscite con le mani alzate. Nessuno vi toccherà. Il vostro tempo è finito, non abusate della fortuna che vi ha assistito finora. Di voi, ormai, nelle piazze, tra la gente, si parla al passato, come di persone estinte. Quando apparite in televisione scatta l’insulto che equivale al vilipendio di cadavere. Quello che stupisce è la vostra folle ostinazione a non farvi da parte come se foste investiti da una missione divina. C’è in ciò qualcosa di patologico, che richiede l’intervento di uno psichiatra”.

“Siete terrorizzati, in preda di attacchi d’ansia al pensiero di perdere il potere, di qualcuno che potrà rovistare nei vostri cassetti, capire, scoprire, denunciare. Vi consiglio comunque uno, due, tre, cento passi indietro. Se anche vinceste queste elezioni avrete solo rimandato il cambiamento, durerete un anno, forse meno, ha senso? Fate una pubblica ammissione di colpa e chiedete agli italiani di perdonarvi. Arrendetevi. La vostra stessa presenza è diventata insopportabile. Il vostro tirarvi fuori da ogni responsabilità, lo scuotere le piume e minacciare come dei guappi, lo stalking a cui sottoponete gli italiani sono al di là di ogni sopportazione. Arrendetevi. Non potrete dire che non vi ho avvisato”.

Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno”

“Siamo i pasdaran anti casta”

“Siamo i marziani a cinque stelle”

“So perfettamente che nei prossimi giorni ci sarà la fila di pennivendoli, di zoccoli dell’informazione, di specialisti della macchina della merda all’attacco del M5S. Lo so benissimo. Sono l’ultima barriera della Casta prima dell’urna. Ci vediamo in Parlamento e subito dopo in tribunale. Preparate il quinto dello stipendio se ne avete uno”.

“Un po’ Don Chisciotte e un po’ Savonarola”

“Il loro tempo è finito. Ci riprenderemo i nostri soldi”

“Niente onorevole, sarà Cittadino del MoVimento 5 Stelle, il leader sarà il MoVimento”.

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Ci sono numerose analogie tra giacobinismo e grillismo più radicale: fede rivoluzionaria, esigenza di sovversione totale, epurazioni, “dispotismo della libertà”, magistero di ortodossia, implacabilità, radicalismo, assolutismo, egualitarismo radicale, messianismo, antiliberalismo, antiparlamentarismo, meccanismi di produzione dell’unanimità, centralismo decisionale, cinismo (e nichilismo rottamatore), sospensione della realtà e trionfo del principio sul fatto, virtù indivisibile del MoVimento che perciò deve restare unito, fanatismo, violenza verbale, terrorismo psicologico.

I leader rivoluzionari più estremisti sono più spesso ventenni-trentenni, con poca esperienza di vita, che impongono la loro rozza, inesperta visione del mondo a tutti gli altri. Coltivano orgoglio, a volte crudeltà, quasi sempre un appetito di dominazione. Sono tigri erudite che non hanno ancora avuto tempo di diventare adulte.

Un fanatico austero, dal cuore freddo come la sua morale, Saint-Just si paragona a Tarquinio e Muzio Scevola. Lui e Robespierre usano spessissimo i termini “cuore”, “sensibilità” e “virtù”, come se dovessero supplire verbalmente alla loro mancanza di cuore, sensibilità e virtuosità. Saint-Just si attribuisce una ragguardevole dose di virtù, ma è un pessimo giudice di se stesso – come tutti gli esseri umani.

Sfortunatamente le rivoluzioni spesso nutrono mostri in forma umana e da esse sono fatte degenerare. La rivoluzione è anche l’habitat per gli psicopatici integrati, quelli che s’irrigidiscono nei moralismi e si fissano intransigentemente sulle virtù etiche perché non hanno empatia e quindi non possono sapere cosa sia un comportamento spontaneamente morale.

I pifferai di Hamelin sono responsabili della conversione della rivoluzione in una crociata teocratica, in un moloch che divora gli esseri umani. In nome della loro certezza che siccome c’è una sola verità e loro sono riusciti a comprenderla, ad impadronirsene definitivamente, chiunque sia in disaccordo è motivato da propositi maligni.

Robespierre si considera e dichiara vittima di persecuzione tutte le volte che qualcuno lo contraddice, si sente investito di una sacra missione, e patisce un’immensa frustrazione quando il mondo si rifiuta di sottomettersi al suo volere.

Lo stesso discorso vale per Saint-Just. Sono entrambi sicuri che la cosa giusta da fare sia ridurre la diversità del mondo al proprio denominatore individuale. Il loro ego ipertrofico proietta sul gruppo la loro esigenza di uniformità, di una singola volontà, di un carattere unitario: la premessa di ogni politica genocidaria.

Sono l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine.

Notiamo la stessa logica in molti dittatori ma anche in Karl Rove. Nel 2002, un consigliere di George W. Bush, presumibilmente Karl Rove, spiegò a Ron Suskind: “Ora noi siamo un impero e quando agiamo, creiamo la nostra realtà. E mentre voi state giudiziosamente analizzando quella realtà, noi agiremo di nuovo e ne creeremo un’altra e poi un’altra ancora che potrete studiare. È così che andranno le cose. Noi facciamo la storia e a voi, a tutti voi, non resterà altro da fare che studiare ciò che facciamo”.

O tutto o niente, o con noi o contro di noi, ora o mai più.

Non c’è rivolta senza una filosofia del limite. Sono gli psicopatici che rifiutano i limiti e non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Il M5S va salvato dalla giacobinizzazione, prima che intossichi la vita del paese ed apra la strada a soluzioni autoritarie di giovani leader “salvifici”.

I sanculotti grillini hanno preso la Bastiglia – istruzioni per l’uso del M5S

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La serpe in seno dell’Ancien Régime ;oD

La metaforica Bastiglia italiana è caduta tra il 24 ed il 25 febbraio del 2013:

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Il M5S è il primo partito italiano alla Camera.

Com’è potuto accadere?

Minipreambolo – della serie: “pensano che la ggente sia davvero stupida” – Monti è stato brutalmente sconfitto – “Fino a ieri i sondaggi, prima che il premier annunciasse la sua disponibilità a candidarsi, davano una generica lista Monti al 15% con un bacino potenziale del 25%. Ebbene, dicono che il professore punti al 30% per sciogliere positivamente la riserva” (Il Messaggero, 24 dicembre 2012). Bersani ha perso perché ha continuato a ventilare ipotesi di collaborazione con Monti, ma i media ci assicurano che l’ultramontiano Renzi avrebbe vinto. Il principio di realtà è un ricordo del passato.

Ecco un commento efficacissimo apparso su MicroMega. Lo sottoscrivo in pieno, salvo l’attacco all’euro (che comunque è formalmente corretto, perchè la gestione dell’euro è stata realmente criminosa ed anti-europeista, distruggendo il lavoro di decenni). Il lettore scrive a tratti in romanesco, ma sa di cosa sta parlando – lo stesso giorno il Nobel Paul Krugman (complottista?),  sul NYT, descriveva Mario Monti come un proconsole della Merkel messo a Roma con la connivenza dei partiti tradizionali per imporre misure di austerità depressive (!!!) – e il messaggio diventa ancora più potente. La dirigenza del PD non ha ancora afferrato pienamente quel che è successo (a me è successo verso le 5:30 del giorno dopo: mi sono svegliato con le idee improvvisamente chiare).
C’è un prima e un dopo: loro sono ancora nel prima, ma arriveranno nel dopo a rimorchio, volenti o nolenti, com’è successo a me.

“Buonasera.

La domanda è questa: perché l’elettorato si affida a Grillo e non all’originale?

La risposta era molto chiara, stasera, se si aveva la pazienza e lo stomaco di girovagare per le varie trasmissioni.

Perché il Pd ha perso, hanno chiesto ad autorevoli opinionisti e membri del partito? Risposte fantastiche. Per la legge elettorale. Perché il Pd non ha messo in lista persone nuove. Perché non ha diminuito lo stipendio ai politici. Perché (Scalfari, sublime) gli ha tolto voti Ingroia. Perché non ha saputo proporre niente di nuovo agli elettori. Perché non c’era Renzi. Perché pioveva. Perché Grillo strilla per le piazze. Perché a socera de Bersani porta sfiga, eccetera…

Incredibilmente, da Vespa non mi ricordo chi, un genio, ha fatto presente che il Pd ha collaborato alle politiche economiche e sociali del governo Monti (identiche alle politiche che da 20 anni pusher neoliberisti vanno spacciando in Europa come uno sballo senza pari, e che il Pd ormai cià scolpite nell’anima, infatti le vorrebbe continuare…), politiche ormai universalmente riconosciute come nefaste. Politiche di destra (si veda il pezzo di Bifo Berardi). Politiche che in tanti di sinistra (io, per la precisione comunista) hanno vissuto come un vero e proprio tradimento. L’ennesimo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso. Mo’ basta.

Non se l’aspettavano la batosta, porelli. E, certo, a guardarli, ben pasciuti, ben piazzati, annidati nel loro fantastico mondo di Amelie fatto di principi che non corrispondono ad alcuna sostanza, si capisce che non se lo aspettavano. Domandiamoci: come credono che campino gl’italiani, ’sti marziani? La Fornero ha esplicitato il loro unanime pensiero: gl’italiani nun cianno voja de lavorà e passano il tempo a magnà la pasta seduti ar sole. E perchè? Perchè so’ zozzi e bestiali (il governo Monti ha esplicitato il pensiero generale della nostra raffinatissima calsse dirigente), e vanno civilizzati

E se il Pd non ha vinto (il partito dei più fichi, dei migliori a priori, la santa chiesa della sinistra che denuncia, scomunica e santifica e nun sbaja mai), è colpa dell’itajani, che nun capischeno na cippa. Italiani buzzurri. Italiani che nun ve va de fa niente. Italiani che odiate la santa Europa. Italiani, razza inferiore! Mica come noi, i strafichi, che abbiamo studiato all’estero, parlamo l’inglese, portiamo abiti di buon taglio, e nun pagamo na lira de tasse.

Belli, sti fenomeni, proprio belli. Fassino era spiritato, Gotor nevrastenico, Letta un santino di sè stesso. Cacchio, avranno pensato, ma l’itajani ce stanno davero, nun so solo proiezioni e statistiche…ma come se permettono…e pensare che avevamo garantito, e dato il paese in pegno ai mercati, alla Merkel, a Wall Street…

Ah l’Europa, mo che penserà, avranno pensato? Ce famo na figuraccia. Oddio, tutta sta fisima dell’Europa non ce l’avrei. Girano pazzi scatenati per l’Europa, paranoici deliranti come Olli Rehn, quello che manda le lettera all’Fmi, dopo il paper di Blanchard, per dire che nun era vero che l’austerità faceva danni…ma lasciamo perdere. Europa, Europa uber alles! Sì, vabbè, l”euro ci ha fatto a pezzi, i mercati nostri se li sono fregati Franchi e Ostrogoti, ma voi mette che se devi andare a Parigi a fare shopping non devi cambià. E annamo…

Erano proprio stupiti, Pucciarelli, tanto. Strepitavano. Gotor ogni tre respiri parlava di grande responsabilità di fronte a un paese che il Pd ( e il Pdl, se capisce) hanno raso al suolo trattandoci da schiavi e pezze da piedi e maiali. Fifa la Cermania! E adesso i macellai, quelli che hanno massacrato il 90% degli italiani (ma ben pagati, loro, oh quanto ben pagati), ce vonno mette na pezza…

Pucciarè, saremo incivili, zozzi e nun parleremo l’inglese. Anzi, come vedi, manco l’itajano. Ma nun semo scemi. Sta caciara ha da finì. Hanno già rotto quasi tutti i servizi de piatti e bicchieri, e storto le posate. Mo basta.Se vonno fa casino andassero fori.

Nella Crande Cermania, per esempio. Lì, li aspettano a braccia aperte. Ce da andà a raccontà un po’ de cazzate ai polacchi e a tutti quelli che dentro l’euro ancora nun ce stanno…e chi mejo dei pulcinella nostri, quelli che stasera strillavano, ansimavano, nun se capacitavano?

Quelli che l’Itaja è un ber posto ar parlamento, del resto chissenefrega, mica ce sto io a la pioggia e ar vento…

Saluti.

Saluti.

Saluti.

Bruno Di Prisco”

http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/02/25/matteo-pucciarelli-non-e-un-disastro-e-molto-peggio/

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tsunami-tour

 

Un’attivista del M5S ha proposto ai cittadini (non si faranno chiamare “onorevoli”, bensì “cittadini” – come i citoyen della rivoluzione francese) grillini eletti in Parlamento di vestirsi di bianco per la loro “prima volta” dopo la “presa della Bastiglia“, in modo da distinguersi fin da subito dagli altri parlamentari.

È inevitabile pensare ai sanculotti: “Il diverso abbigliamento adottato dai “patrioti” – soprattutto piccoli commercianti, impiegati, artigiani e operai – costituiva la precisa volontà di distinguersi dalle classi agiate, sottolineando i differenti obiettivi politici che li distanziavano tanto dai contro-rivoluzionari quanto dai più moderati sostenitori della Rivoluzione” (wikipedia).

I sanculotti, popolani indignati, senza un preciso disegno politico in mente ma con tanta buona volontà e voglia di giustizia e libertà, furono contesi tra i girondini da un lato (moderati) e i giacobini dall’altro (radicali).

Vinsero i giacobini, purtroppo, e fu il Terrore:

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/14/se-incontrerete-questo-tipo-di-rivoluzionari-isolateli-sono-mortiferi/#axzz2M1f0TkXR

Imposero un nuovo ordine ferocemente intransigente e puritano, un proto-totalitarismo con diversi elementi in comune con visioni futuristiche più recenti:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/11/01/totalitarismo-cosmico-grillo-gaia-casaleggio/

Una vittoria dei girondini (repubblicani moderati, federalisti, intenti ad unire la società, non a dividerla in buoni e cattivi, virtuosi ed empi) avrebbe cambiato il corso della storia. L’umanità si sarebbe emancipata molto prima.

Gli errori del passato siano di lezione per il presente. Non sappiamo veramente da dove venga il MoVimento, ma possiamo aiutarlo a prendere la direzione giusta, quella della libertà, dell’uguaglianza, della fratellanza (e quindi della tolleranza e dell’interesse generale).
Dunque non lasciamo che timori, pregiudizi, scetticismi, ostilità e sospetti (probabilmente in certi casi più che giustificati) ci impediscano di riconoscere il ruolo storico di questo movimento, il potenziale di cambiamento positivo e nonviolento che porta con sé. Aiutiamoli a focalizzare la loro attenzione su problematiche di più ampia rilevanza, integriamoli in una spinta al cambiamento che riguardi tutta la nazione – rendendoli meno settari e meno paranoidi -, cerchiamo ASSIEME a loro di definire una visione ed un progetto di riforma del paese, senza guidarli e senza farci guidare o assistere da spettatori passivi. Non regaliamo il M5S a qualche forma di neo-giacobinismo di quei piccoli despoti psicopatici che emergono in tempi di crisi sistemica per sedurre gli animi angosciati, confusi e bisognosi di guida.
Insomma, NON seguite il mio pessimo esempio di qualche giorno fa (che pure rilevava problemi non ignorabili):
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/02/23/per-un-voto-martin-perse-la-cappa/

La Rivoluzione Finale di Aldous Huxley – ovvero, “rivoluzione” non è sinonimo di “emancipazione”

In un certo senso, siamo nello stesso dilemma etico e morale in cui si trovarono i fisici nei giorni precedenti al Progetto Manhattan. Quelli di noi che lavorano in questo campo vedono il potenziale di sviluppo per un controllo quasi totale delle emozioni umane.

Dr. Wayne Evans, U.S. Army Institute of Environmental Medicine, 1978

http://www.raven1.net/mcf/mindnet/mn116a.htm

Aldous Huxley, The Ultimate Revolution,  intervento al Berkeley Language Center del 20 marzo 1962.

[…] Possiamo dire che nel passato tutte le rivoluzioni hanno avuto come obiettivo essenziale quello di modificare l’ambiente allo scopo di modificare l’individuo. Ci sono state rivoluzioni politiche, rivoluzioni economiche e – all’epoca della riforma protestante – una rivoluzione religiosa. Tutte queste rivoluzioni non miravano direttamente all’essere umano, ma a ciò che gli stava intorno. Attraverso una modifica dell’ambiente circostante si poteva ottenere – o eliminare – un effetto sull’essere umano. Oggi credo che ci troviamo di fronte a ciò che potrebbe essere definita la rivoluzione definitiva, l’ultima rivoluzione, quella in cui l’uomo può agire in modo diretto sulla mente e sul corpo dei suoi simili. Inutile dire che la possibilità di esercitare un certo tipo di azione diretta sulla mente e sul corpo degli esseri umani è esistita fin dall’alba dei tempi. Ma era generalmente di natura violenta. Le tecniche del terrorismo sono note da tempo immemorabile e i popoli le hanno sempre impiegate con maggiore o minore raffinatezza, a volte con la più terribile crudeltà, altre con una certa dose di abilità acquisita attraverso una serie di prove ed errori, per scoprire quali fossero i modi migliori di sfruttare la tortura, la carcerazione e le costrizioni di ogni genere.

Ma come diceva, credo, Metternich molti anni fa, con le baionette si può fare di tutto tranne che sedercisi sopra. Se si vuole controllare una popolazione per un lungo periodo di tempo occorre che vi sia una certa misura di consenso, essendo difficile che il terrorismo puro e semplice possa funzionare a tempo indefinito. Esso può anche funzionare per molto tempo, ma io credo che prima o poi sia necessario introdurre un elemento di persuasione, un elemento che spinga le persone ad essere consenzienti a ciò che gli viene fatto.

Io penso che la natura della rivoluzione definitiva che abbiamo di fronte sia precisamente questa: siamo sul punto di sviluppare una serie di tecniche che consentiranno all’oligarchia al potere – che è sempre esistita e probabilmente sempre esisterà – di spingere le persone ad amare la propria schiavitù. Questa è, io credo, una rivoluzione di malvagità definitiva, ed è un problema al quale mi sono interessato per molti anni e su cui ho scritto 30 anni fa un romanzo, Mondo Nuovo, che descrive una società in cui vengono utilizzati tutti gli strumenti disponibili – e alcuni degli strumenti che allora immaginavo sarebbero stati disponibili nel futuro – prima di tutto per standardizzare la popolazione, appiattendo le fastidiose diversità tra gli esseri umani, per creare, diciamo così, modelli di esseri umani prodotti in serie e organizzati in un sistema di classi basato sulla conoscenza scientifica. Da allora mi sono interessato sempre di più a questo problema e ho notato con crescente raccapriccio che un gran numero delle previsioni che sembravano pura fantasia quando le feci 30 anni fa, si sono poi realizzate o sono sul punto di realizzarsi.

Un gran numero delle tecniche di cui parlavo sembrano essere già utilizzate. E sembra che vi sia una corsa generale verso questa rivoluzione definitiva, un sistema di controllo attraverso il quale è possibile far piacere alla gente una situazione che, secondo i normali standard, non dovrebbe piacergli affatto. Questo “apprezzamento della schiavitù”… questo sistema, come dicevo, è in evoluzione da anni e io sono sempre più interessato in ciò che sta avvenendo.

Vorrei brevemente paragonare la parabola descritta in Mondo Nuovo con un’altra parabola più recente, quella descritta da George Orwell nel suo libro 1984. Orwell scrisse il suo libro tra il 1945 e il 1948, nel momento in cui il regime di terrore stalinista era al suo apice e subito dopo il crollo del regime hitleriano. Il suo libro, per il quale ho una grande ammirazione – è un libro che rivela un grande talento e un’inventiva straordinaria – mostra una proiezione nel futuro del passato recente – di ciò che per lui era il passato recente – e dell’immediato presente; una proiezione nel futuro di una società in cui il controllo è interamente esercitato con il terrore e con continui attacchi alla mente e al corpo degli individui.

Il mio libro, invece, fu scritto nel 1932, quando esisteva solo una forma di dittatura moderata, quella di Mussolini, quindi non era neppure sfiorato dall’idea del terrorismo; io ero perciò libero, in modi in cui Orwell non poteva esserlo, di immaginare altri metodi di controllo, metodi non violenti. Sono incline a pensare che le dittature scientifiche del futuro – e io credo che ci saranno dittature scientifiche in molte parti del mondo – saranno più vicine allo schema di Mondo Nuovo che a quello di 1984. Non certo perché i dittatori scientifici abbiano velleità umanitarie ma semplicemente perché lo schema di MN è molto più efficiente dell’altro.

[…].

Dobbiamo pensare ai problemi dell’automazione e – in modo più approfondito – a quelli che potrebbero sorgere grazie a queste tecniche, che potrebbero davvero contribuire a questa rivoluzione definitiva. Il nostro compito è di essere consapevoli di ciò che sta accadendo e di usare la nostra immaginazione per capire cosa potrebbe succedere, in che modo si potrebbe approfittarne e infine, se possibile, di provvedere affinché gli immensi poteri che oggi possediamo grazie a queste scoperte scientifiche e tecnologiche vengano usati a beneficio dell’umanità e non per la sua degradazione.

Traduzione di Gianluca Freda

http://blogghete.altervista.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=633:gianluca-freda&catid=40:varie&Itemid=44

Perché non c’è pace? (Perché non c’è libertà?)

 

Questo grande male… da dove proviene? Come ha fatto a contaminare il mondo? Da che seme, da quale radice è cresciuto? Chi ci sta facendo questo? Chi ci sta uccidendo, derubandoci della vita e della luce, beffandoci con la visione di quello che avremmo potuto conoscere? La nostra rovina è di beneficio alla terra, aiuta l’erba a crescere, il sole a splendere? Questo buio ha preso anche te? Sei passato per questa notte?

Terrence Malick, “La sottile linea rossa”

Il più grande messaggero di pace della storia, Gesù il Cristo, ammoniva: “Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma una spada” (Mt 10, 34; cf. 12, 51-53). Altrove, precisava: “Non sanno che sono venuto a portare il conflitto nel mondo: fuoco, ferro, guerra” (Tommaso, 16). Dichiarazioni piuttosto paradossali. Che cosa intendeva dire? Immagino fosse pienamente consapevole del fatto che il pensiero pacifista sarebbe stato ostacolato in ogni modo. Così è stato. I martiri della pace sono stati numerosi, i nemici della pace anche di più.

Realisticamente, poteva avere successo la satyāgraha gandhiana, se posta di fronte a gente come Martin Bormann – “Gli Slavi devono lavorare per noi. Quelli che non ci servono possono pure morire…La fertilità degli Slavi è indesiderabile. Possono usare contraccettivi o praticare l’aborto, più lo faranno meglio sarà. L’educazione è pericolosa. È sufficiente che sappiano contare fino a cento…ogni persona educata è un futuro nemico” (Memorandum, 1942) – e come Heinrich Himmler – “I più di voi sanno cosa significa trovarsi davanti a cento cadaveri, a cinquecento o a mille. Aver provveduto a tutto questo e, a parte le eccezioni costituite da alcuni episodi di umana debolezza, essere rimasti ugualmente corretti: ecco cosa ci ha resi duri” (discorso di Posen, 1943)? O avrebbe invece causato il sacrificio di altri milioni di persone disarmate?

Siamo come le pecore tra i lupi? Il colmo dell’ironia è scoprire che Hitler stesso lodava il pacifismo: “In verità, l’idea pacifista umanitaria va forse abbastanza bene una volta che l’uomo del più alto livello abbia conquistato ed assoggettato il mondo a tal punto da essere diventato il padrone assoluto di questo globo”. La pace totalitaria, l’annichilimento del dissenso e della diversità.

La vita del corpo e dell’anima non è una faccenda di pacifica contemplazione e quieta devozione. Spesso, dentro e fuori di noi, c’è un terribile caos, una lotta disarmante e crudele. Non è sempre facile affrontarla ed esiste il pericolo che il senso di impotenza che pervade la gente con forza sempre crescente ci porti a credere disfattisticamente che la guerra non possa essere evitata perché è il risultato di una mania di distruzione, propria della natura umana. Come vedremo, però, l’intensità degli impulsi distruttivi non significa che essi siano invincibili ed irrefrenabili. In fondo, se ci pensiamo bene, le democrazie entrano in conflitto quasi sempre proclamando che si tratta di una guerra difensiva. Generalmente gli esseri umani non sembrano contenti di assumere il ruolo di aggressori. Qualcosa vorrà pur dire. Ma allora perché continuiamo a farci prendere per i fondelli?

La mia ipotesi è che non ci sia niente di irrimediabilmente sbagliato nella natura umana e che il problema sia invece che noi tutti viviamo in oligarchie camuffate da democrazie liberali e laiche. La pace non ha alcuna chance in questo tipo di società, che non condanna apertamente l’egocentrismo, il narcisismo, il distacco emotivo, l’indifferenza, il nepotismo, l’egoismo, la meschinità, la volgarità, la superficialità, la manipolazione delle menti, la propaganda, l’arrivismo, l’anti-intellettualismo, ecc. Questi vizi primari e secondari sono tollerati ed in certi ambienti sono persino additati ad esempio, come segno di pragmatismo ed avvedutezza. Queste false democrazie, che ignorano lo spirito delle loro carte costituzionali, dei loro valori fondanti, sono terreno fertile per tutte le tragiche debolezze umane, dall’egotismo all’autoinganno, dalla propensione alla fallacia logica al bisogno di appartenenza e fusione, dalla dipendenza nei confronti delle figure autoritarie al manicheismo, al conformismo, all’orgogliosa ignoranza, alla percezione selettiva, all’inerzia ed all’isterilimento psichico e spirituale. Per questo continuano a farci fessi.
Non siamo malvagi di natura, ma…

Nessuno sa definire cosa sia la natura umana, eppure ci sono scienziati e filosofi che continuano ad imputarle ogni nefandezza, sebbene il diritto e la dottrina dei diritti umani possano fondarsi solo su una visione positiva dell’umanità. Si attacca non solo la consapevolezza di quel che potremmo realizzare se solo mettessimo a frutto le conoscenze scientifiche già disponibili, ma soprattutto la fiducia nell’essere umano in quanto tale e nelle sue capacità di scegliere con raziocinio e buon senso, che è poi l’essenza della cultura umanista ed illuminista.

Secondo Konrad Lorenz tutti i nostri mali sono causati dalla cessazione della selezione naturale. Siamo animali auto-addomesticati, e come tali ci siamo degradati. Il sociobiologo Edward Wilson auspica interventi genetici sulla nostra specie mirati ad imitare l’armoniosa comunità delle api. Il filosofo politico britannico John Gray ha dichiarato che “chi ama la terra non sogna di diventare il saggio custode del pianeta, sogna un’epoca in cui gli umani non contino più nulla”. Richard Wrangham, docente di bioantropologia ad Harvard, reputa che dentro ciascuno di noi alligni un Uomo Selvaggio, un atavismo, un retaggio del nostro passato preistorico che condiziona il nostro comportamento. Secondo lui “se presupponiamo che gli esseri umani siano fondamentalmente simili agli scimpanzé…questa intuizione biologica (sic!) ci insegna che gli uomini continueranno a cercare nuove opportunità per massacrare i propri rivali e che non dobbiamo mai abbassare la guardia. La brutta notizia è che dobbiamo lavorare sodo per impedire agli uomini di coalizzarsi per uccidere gli avversari”.

La misantropia “scientifica” è gravida di questo genere di stravaganti asserzioni. Esse partono da una premessa che la quotidianità stessa rivela essere manifestamente errata, e cioè che gli esseri umani passino il tempo ad aggredirsi invece di badare agli affari loro o cooperare tra loro. Se le cose stessero davvero così nessuna società umana potrebbe operare. Questo abbaglio nasce dall’attaccamento a due dogmi ben precisi: quello dell’innata malvagità dei maschi umani e degli scimpanzé maschi e quello secondo cui la civiltà umana è solo una sottile patina che fatica a trattenere le pulsioni spesso incontrastabili della biologia evolutiva, inscritte nel nostro corredo genetico, che ci ha resi eterni predatori e carnefici. Tutto questo naturalmente elude la questione delle considerevoli variazioni nell’incidenza di comportamenti violenti tra individui e tra culture ed il dato di fatto che la stragrande maggioranza degli uomini non ha mai assalito, violentato o ucciso qualcuno nella sua intera esistenza. Forse questi pensatori ritengono con tragica supponenza di essere tra i pochi esemplari della specie umana in grado di tenere a bada il selvaggio vigore dei loro geni.

Eppure, lo studio del comportamento dei soldati in combattimento dimostra che la gran parte degli esseri umani non prova alcun piacere nell’uccidere o usare violenza contro un proprio simile. Anzi, la necessità di un rigido, meticoloso e prolungato addestramento, che si avvale di ogni possibile tecnica inventata dagli scienziati del comportamento per placare le remore ed ansie di una coscienza colpevole (bestializzazione del nemico, trasferimento della responsabilità verso le autorità, cameratismo, uso di psicofarmaci ed alcolici, ecc.), è la prova migliore del fatto che la guerra non è un “fatto naturale”.

Patriottismo ed idealismo non sono mai stati sufficienti a convincere i soldati a massacrare e farsi massacrare, a vincere le inibizioni, l’ansia, i rimorsi ed i sensi di colpa. Si è stimato infatti che, durante i due conflitti mondiali, solo il 15-20 per cento dei soldati al fronte sparava contro il nemico ed in molti di questi casi si sparava in aria. Percentuali analoghe sono state riscontrate dall’esercito inglese nella guerra delle Falkland. A Gettysburg, dei 27.574 fucili recuperati, il 90 per cento non aveva sparato un sol colpo, ed altri 6000 avevano sparato solo qualche colpo. In uno scontro con gli Zulu, 12 pallottole inglesi su 13, pur sparate a bruciapelo, riuscirono a mancare il bersaglio. A Rosebud Creek, nel 1876, furono sparate 252 pallottole per ogni nativo americano colpito. Quando si abbandonano le chiacchiere e ci si affida ai dati empirici, ai fatti, si scopre che quel che ci hanno fatto credere erano sciocchezze.

Siamo violenti, siamo aggressivi, siamo egoisti, ma non lo siano irrimediabilmente, non lo siamo incessantemente, spesso lo siamo contro il nostro migliore istinto, contro “gli angeli migliori della nostra natura”, diceva Lincoln.

Di norma, quindi, gli esseri umani non sono capaci di uccidere un altro essere umano a distanza ravvicinata, neppure quando è in gioco la loro stessa sopravvivenza. Il costo psicologico dell’uccidere un proprio simile e, più in generale, del fare la guerra, è fatale alla psiche di milioni di soldati. I soli Stati Uniti, nella Seconda Guerra Mondiale, dovettero rimpatriare oltre mezzo milione di uomini in seguito a collasso psichico. Dopo due mesi di combattimento continuo il 98 per cento dei soldati subiva danni psicologici tali da ridurli ad uno stato vegetativo. Le allarmanti statistiche sui suicidi, divorzi, dipendenze, accattonaggio, ecc. tra i veterani del Vietnam parlano chiaro e molti psicologi temono che l’uso di psicofarmaci in Iraq ed Afghanistan produrrà un’epidemia di sociopatia tra i veterani.

Per questo gli strateghi consigliano di usare armi automatiche, l’aviazione, armi a lunga gittata (obici, cannoni, missili) ed armi robotiche. I fatti danno loro ragione: l’efficienza di combattimento è cresciuta stabilmente. Insomma l’unico modo per convincere gli esseri umani ad uccidersi tra loro è quello di robotizzarli e di distanziarli fisicamente e psicologicamente il più possibile, oggettificandoli. Per poter fare la guerra una società deve prima desensitivizzare e de-umanizzare chi la combatterà, nonché il fronte interno. Si deve sopprimere l’empatia:

http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/i-cyloni-sono-gia-tra-noi.html

Chi è normale?

Le discipline scientifiche che si interessano della specie umana hanno raggiunto un punto di convergenza nell’affermazione dell’unicità dei singoli individui. Per la genetica ogni organismo è un prodotto squisitamente univoco dell’interazione dei geni con l’ambiente in ogni istante della vita di ciascuna persona. I genetisti di popolazione concordano nel dire che se c’è da fare una suddivisione della specie umana, l’unica distinzione netta e significativa è quella tra individui. I neurologi hanno dimostrato che non esistono due cervelli che siano identici, neppure tra gemelli omozigoti, perché le variazioni microscopiche di ogni cervello sono enormi. Secondo i linguisti le parole e le frasi, nella loro struttura e significato, hanno una storia che varia a seconda dell’esperienza e del contesto di ciascuna persona. Insomma, l’evidenza empirica demolisce ogni tentativo di essenzializzare e negare la straordinaria diversità dell’umano nelle sue innumerevoli espressioni, cioè il suo fascino e bellezza. Idee e valori personali potrebbero essere di enorme beneficio per la collettività, se fossero re-indirizzati in una direzione costruttiva e non distruttiva.

Quel che conta è che, stando ai dati scientifici disponibili, non esiste un’anima nera dell’umanità. La malvagità, la crudeltà, l’egoismo, l’aggressività sono fenomeni comuni all’intera specie ma in forme ed intensità sensibilmente diverse, in diretta correlazione con il grado di soppressione dell’intelligenza emozionale (cognizione sociale) e del pensiero morale, cioè dell’empatia – la capacità di sentire e fare propri gli stati emotivi altrui – e della capacità di prevedere le conseguenze delle proprie azioni. La propensione ad una condotta morale deriva dalla capacità empatica ed è importante indirizzare la nostra attenzione e i nostri sforzi in quella direzione.

Su questo pianeta esistono decine di milioni di esseri umani completamente privi di empatia e coscienza o con una coscienza residua, ridotta o menomata (narcisisti, psicotici, psicopatici, sadici, istrionici, schizoidi, pedofili, ecc.). Sono nati così o lo sono diventati in certi ambienti familiari caratterizzati da negligenza o abuso. Gli individui privi di empatia si definiscono psicopatici:

http://www.informarexresistere.fr/2011/12/19/300-milioni-di-psicopatici-se-ne-fregano-della-nonviolenza-e-dei-diritti-ci-si-difende-informandosi/#axzz1iZkF2V7T

http://www.informarexresistere.fr/2011/11/18/psicopatici-in-giacca-e-cravatta/#axzz1iZkF2V7T

Esistono diversi modelli eziologici che spiegano l’insorgere della psicopatia, ma quello che mi convince di più considera la psicopatia come una variazione estrema di certi tratti distintivi di una personalità normale (qualunque sia il significato attribuibile a “normale”). È altamente probabile che all’origine di questa patologia vi sia una disfunzione o lesione del lobo frontale che determina la differenziazione tra psicopatia/sociopatia congenita o acquisita. Non esistono stime univoche sulla percentuale di psicopatici: il valore oscilla tra il 2 per cento ed il 6 per cento della popolazione nei paesi del Nord America e dell’Europa settentrionale e sembra diminuire gradualmente procedendo oltre gli Urali e verso l’Africa o il Centro-America. Gli psicopatici possono avere un grado elevato di intelligenza cognitiva ma sono incapaci di interpretare gli stati emotivi altrui e di discriminare fra bene e male. Pongono invariabilmente il proprio interesse davanti a tutto il resto. Di conseguenza tendono ad essere seduttori, bugiardi patologici, manipolatori, privi di scrupoli, rimorsi e di autocontrollo, emotivamente superficiali, irresponsabili, sessualmente promiscui, impulsivi, narcisi e megalomani. Insomma, sono dei perfetti predatori di esseri umani che mirano ai più alti livelli di affermazione sociale in termini di status e di potere. Il loro successo dipende dal grado di tolleranza di una società nei confronti di questo tipo di personalità. Per fortuna sono anche molto deboli nei ragionamenti contro-fattuali, quelli che consentono di immaginare scenari alternativi derivanti da scelte comportamentali diverse. Poiché non riescono a visualizzare una sufficientemente ampia selezione di opzioni, è possibile sfuggire alle loro trame.

Pur tenendo conto del fatto che molti di noi non hanno le capacità e le competenze necessarie a diagnosticare un disturbo mentale e che quindi non ha senso etichettare questa o quella persona, bisogna comunque essere consapevoli del fatto che il problema esiste. Secondo una dozzina di studi condotti in Nord America e nell’Europa settentrionale e centrale, mediamente fino al 14-15 per cento della popolazione soffre di disordini mentali, spesso più di uno (ossessivo-compulsivi, schizoidi, paranoidi, antisociali, dipendenti ed evitanti, istrionici, narcisisti, sadici e masochisti, schizotipici, passivi-aggressivi, borderline). Quasi una persona su sette non è in grado di pensare obiettivamente e vivere bene, serenamente. E queste statistiche non includono anoressia, bulimia, psicopatia e varie turbe psichiche che limitano drasticamente le normali attività delle persone.

La maggior parte delle persone non riesce a concepire l’idea che altri esseri umani possano ragionare e sentire in un modo sensibilmente diverso dal loro senza essere necessariamente “pazze”. È altrettanto difficile accettare l’idea che le ideologie attivino solo ciò che è latente. Non sono infatti le idee a deformare la personalità di un individuo, ma il contrario. Le idee tirano semplicemente fuori quel che di buono o cattivo c’è già dentro. Purtroppo la maggior parte di noi ha bisogno di credere che tutto sia sotto controllo perché la nostra autostima, la nostra psiche, necessitano di conferme, mentre l’ammissione di errori di giudizio o di deficienze cognitive e morali distruggerebbero le nostre fragili certezze e l’immagine di noi stessi che ci siamo creati negli anni.

Come uccidere l’empatia in tre mosse

La pace si uccide sopprimendo l’empatia. La prima mossa è quella di creare una rete di persone tendenzialmente anempatiche in un ambiente tossico per l’empatia, cioè impregnato di stimoli esterni che indirizzano la società verso una condizione di sociopatia prevalente. Chi ha letto le sconvolgenti pagine della fondamentale ed informatissima inchiesta “Shock economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri”, della giornalista canadese Naomi Klein, non potrà fare a meno di sospettare che l’assetto socio-economico della cosiddetta civiltà occidentale renda più facile l’inserimento e la promozione di individui dalla coscienza molto debole. Questi, favoriti dall’assenza di scrupoli e dal maniacale perseguimento di obiettivi categorici, riescono ad esercitare un notevole ed insospettato potere di influenza sulla società.

Contemporaneamente, questa stessa civiltà sembra altresì votata a contribuire all’emergere di tendenze psicopatiche o schizoidi in persone altrimenti psicologicamente “sane”. Klein dimostra che i vizi e le dottrine di pochi hanno causato una buona fetta del male nel mondo negli ultimi decenni. Stiamo parlando di esseri umani di vasto potere ed ingenti risorse che si comportano esattamente come un branco di avvoltoi o iene, avventandosi sull’animale ferito per scarnificarlo. L’aggressione avviene attraverso guerre, colpi di stato, omicidi eccellenti, torture, ricatti, indebitamenti coatti, controllo dell’informazione e manipolazioni varie. Non è certamente un male “banale”, quotidiano. Realisticamente, la maggior parte delle persone non si comporterebbe così. Sono ricchi, sono istruiti ma commettono il male e non sentono rimorsi. Non è falsa coscienza, è assenza di coscienza. Perché? Numerosi studi sulla responsabilità imprenditoriale hanno rivelato che le multinazionali tendono a seguire le logiche e norme di condotta tipiche degli psicopatici. Sono genuinamente amorali, guidate unicamente dall’esigenza di generare profitto, programmate per crescere costantemente e distruggere i concorrenti più deboli. Non appena il sistema giuridico non può perseguirle, l’impunibilità si traduce in violazione sistematica delle leggi e dei diritti. Gli esempi sono ormai innumerevoli.

In generale un essere umano si astiene dall’uccidere qualcuno non perché ci siano leggi che lo vietano e puniscono gli assassini, ma perché sa/sente che è sbagliato. Il giroscopio interiore della coscienza stabilisce quali siano gli imperativi categorici e mantiene il più possibile fisso il baricentro morale. Le grandi aziende, specialmente le multinazionali, non possiedono questo senso morale ed è legittimo chiedersi se ce lo abbiano le nazioni, per quanto intensi siano gli sforzi di ammantarsi di una qualche legittimità superiore. È difficile discernere la differenza tra l’esportazione della democrazia e quella di un prodotto. Nel caso iracheno la differenza la fanno le centinaia di migliaia di vittime.

Gli ambienti patogenetici come questo sono il terreno di coltura ideale del fanatismo. Il fanatico, diceva George Santayana, “è un uomo che raddoppia gli sforzi quando si dimentica dei fini”. Comune a tutti i fanatici è l’amore per l’odio: “Odio, dunque sono”, oppure “ci odiano, dunque siamo”. C’è il fanatico che non tollera critiche al governo perché sono antipatriottiche e lui si identifica con la patria. C’è il fanatico che denuncia complotti internazionali contro la sua terra, la sua fede, il suo stile di vita (es. Eurabia). Ci sono poi i fanatici dalla “coscienza infelice”, quelli che detestano il loro tempo e la gente che li circonda e si sentono ostaggi nati troppo presto o troppo tardi. Vorrebbero stravolgere la loro epoca, muovendo la storia in avanti più celermente, oppure ricreando il tempo che fu, e sono disposti a sacrificare del “materiale umano” nel farlo. Ci sono fanatici che credono che ciascuno di noi sia stato plasmato dalla propria cultura e tradizione e che per questo esiste un rapporto quasi mistico tra noi ed i nostri antenati che va preservato ad ogni costo. Ogni fanatico si ritiene prima di tutto una vittima – piccola, fragile e vulnerabile – e per questo è innocente, puro ed infallibile per definizione. Le vittime sono incolpevoli e non riconoscono o non si curano del dolore che causano agli altri. Ma in fondo l’odio nasce proprio dal disprezzo per se stessi e da un senso di colpa represso. Il fanatico ha bisogno di un nemico che ripristini la fiducia in se stesso, nel significato della sua esistenza e nella giustezza della sua casa. Perde di vista l’obiettività, confonde il bene con i suoi desideri ed il male con tutto ciò che si oppone alla loro realizzazione, si aggrappa al dogmatismo e rifugge il dialogo.

I politici più cinici e scaltri sanno fare buon uso dei fanatici, che sono facilmente sedotti dalla trappola dell’autorità e potere. Li asserviscono educandoli all’odio, che annulla la personalità ed impedisce la comunicazione fra gli uomini, e li ricompensano con altro odio, un odio che ha bisogno di essere costantemente alimentato, pena il rischio di rivolta contro i loro stessi compagni d’odio o persino i loro capi. È un odio mistificante che si fa passare per amore e lealtà, quando invece non è altro che l’impulso egoistico e materialista di chi tenta disperatamente di garantirsi stabilità psichica e la certezza della sopravvivenza fisica. I suoi sforzi sono condannati al fallimento e svelano la sua mediocrità e l’ordinaria immoralità del suo contesto, popolato da mostri – i nazionalismi, i razzismi, i campanilismi, gli integralismi – che torcono l’anima delle loro vittime, per poi tramutarle in carnefici. È fin troppo facile per noi esseri umani ripudiare un comportamento morale razionalizzando le nostre azioni.

Il Golem

La seconda mossa necessaria ad ingannare l’opinione pubblica incline alla pace ed indebolire l’empatia consiste proprio nel dar vita ai summenzionati mostri ideologici, i golem. Abbiamo visto che in cima alla piramide dell’iniquità risiedono solitamente gli individui cronicamente privi di coscienza o dalla coscienza affievolita – a causa del mancato sviluppo della corteccia cingolata anteriore o per ragioni biografiche (es. infanzia traumatizzante).

Al livello inferiore s’incontrano i fanatici, quelli che una coscienza ce l’hanno ma l’hanno consegnata ad un Moloch ideologico (Razza, Etnia, Fede, Classe, Patria, Corporazione, ecc.).

Ancora più in basso sono collocati gli utili idioti, masse di conformisti de-individuati disposti a servire il maschio-alfa o il “comune sentire”. Hanno una mentalità autoritaria, quella di chi è forte coi deboli e debole coi forti. Anche il loro è male, ma solo questo è il male superficiale denunciato da Hannah Arendt, un male di ordine inferiore, appunto, che si può spiegare antropologicamente e sociologicamente senza ricorrere alle categorie della patologia mentale o dell’estremismo. Non sono fanatici o psicopatici a tempo pieno, ma agiscono in un contesto che genera tendenze di questo tipo. Sarebbero perfettamente in grado di comprendere i loro errori e pentirsi, una volta che le circostanze lo consentissero.

Il problema è che troppe persone continuano a credere che la Patria, lo Stato, l’Azienda, la Marca, la Squadra siano entità reali, vive, animate, con una propria identità e coscienza. Come umanizziamo gli animali, così antropomorfizziamo istituzioni, imprese, organizzazioni, ecc., cioè oggetti ed astrazioni. Riversiamo in loro affetti, risentimenti, sogni, aspettative, paure, desideri, ecc. e non ci accorgiamo che non è diverso dal credere in Babbo Natale. Soprattutto, non ci accorgiamo che ciascuno di questi golem è un mortale nemico dell’empatia perché per sua natura tende a dividere, a rendere le società più fredde, centripete, irreggimentate, rigide, turgide, confinate.

I golem avversano la fluidità, la sensualità, l’eterogenea frammentazione del reale, sono programmati per devivificare e desensitivizzare la realtà, per narcotizzare l’empatia. I golem non amano la vita, perché questa scorre ed è promiscua, mentre la società fredda è intransigentemente moralista, convinta di detenere la verità definitiva, in tutta la sua interezza, di rappresentare la purezza, l’autenticità assoluta, l’innocenza incarnata. Pur di vivere, pur di preservare la sua forma materiale, l’amante delle astrazioni (patria, etnia, lingua, cultura, società, stato, ecc.) tende a reificarle, a crederle vere, concrete, tangibili, dotate di volontà e coscienza. Un muro di auto-inganni, idolatria e feticci si frappone tra lui e la verità. Paradossalmente ed autolesionisticamente si lega a ciò che non è mai stato vivo, nell’illusione che lo sia. Tutto questo in luogo dell’amore per ciò che è vitale, spontaneo, creativo, evolvente, caldo, amorevole, fluido, imprevedibile, cangiante, liquido, sensuale, impuro, promiscuo come lo è la vita – panta rei, tutto scorre.

Le società calde, femminee, sono in perenne ebollizione, amano la complessità, la pluralità, la malleabilità, la sofficità, la liquidità, la costante trasformazione, l’ignoto e rifuggono ciò che è inturgidito, fisso, immobile, definito, tassidermico, tassonomico, corazzato, aggressivo, granitico, immutabile, ecc. Sono attratte dal vivente, dall’impulso vitale d’amore, dall’integrazione del tutto.

I suddetti golem dipendono dal nostro consenso per la loro esistenza; se non li rigenerassimo continuamente, si estinguerebbero. Eppure non ce la sentiamo di lasciarli morire, lasciamo che assorbano le nostre energie creative e vitali, ci lasciamo dominare da questi despoti, senza ribellarci. Facciamo loro indossare delle maschere allegre e giovali, benevole e rassicuranti, ma mostri sono e mostri rimarranno, perché è nella natura dello scorpione pungere la rana che lo sta aiutando a guadare il corso d’acqua.

La sopravvivenza di questi mostri dipende dalla quantità di energia che riescono a strappare a chi li venera. Sono espressioni di quella forma di vita che nella lingua hopi si chiama Powaqqatsi “la vita che consuma le forze vitali di altri esseri per promuovere la propria vita”. Sono come l’Anticristo di Solovev, che “credeva in Dio ma nel profondo del suo cuore preferiva se stesso”.

L’adoratore del golem commette un grossolano errore di falsa coscienza: percepisce un io insufflato, ma si tratta di un’illusione. Beandosi della sua “meritata” grandezza, non muove un dito per irrobustire l’individualità reale. Si autoinfantilizza e permette che il sistema ne tragga beneficio, mantenendolo in quello stato per addomesticarlo meglio. Perde la capacità di prendere le distanze, di ponderare la sua situazione e guardare la società in cui vive con un certo distacco, con l’occhio di un forestiero o di un nemico. Perde la capacità di essere un agente di pace e non di guerra. Finisce per lasciarsi arruolare in progetti che non sono mai stati suoi, magari autodistruttivi, ma ai quali si accoda per senso del dovere e sconfinata fiducia nella logica retrostante. È l’alienazione finale: non è più sé stesso, ma l’idea che qualcuno si è fatto di lui; è pronto per essere sacrificato, magari in una guerra tra golem.

Il Terrore

Chi ha paura di morire non si cura della sorte del prossimo, non si cura della pace. “E quando tornate a casa, date una sberla a vostro figlio e ditegli è la sberla del Ministro della Paura… guardatevi con sospetto, odiatevi, sparatevi…è straordinario…”. Questa è una battuta tratta da uno sketch del magnifico Antonio Albanese, ma rappresenta accuratamente la realtà. L’insicurezza induce alla regressione, la frustrazione all’aggressività, l’ansia all’autoritarismo, sino all’insorgere delle dittature che sanciscono quella che Fromm ha chiamato la fuga dalla libertà, che è anche una fuga dalla pace. L’ex agente dell’organizzazione clandestina Gladio, Vincenzo Vinciguerra, ha svelato sotto giuramento qual è la terza mossa della strategia volta all’annichilimento dell’empatia, ossia la disseminazione della paura di morire: “Si dovevano attaccare i civili, la gente, donne, bambini, persone innocenti, gente sconosciuta molto lontana da ogni disegno politico. La ragione era alquanto semplice: costringere … l’opinione pubblica a rivolgersi allo stato per chiedere maggiore sicurezza”. Lo scaltro Agente di Guerra sa che i golem operano al meglio solo se la parte “sana” della popolazione teme di morire e perciò si aggrappa ai golem per fare in modo che la loro estinzione non sia priva di significato.

http://www.informarexresistere.fr/2011/12/25/della-paura-e-del-potere/#axzz1iZkF2V7T

La gente ha un’enorme paura della propria insignificanza, della propria fragilità e vulnerabilità. Troppe persone non vedono l’egocentrismo come un problema perché sono ossessionate dalla sopravvivenza personale, che rimane l’obiettivo primario della nostra componente animale. Abbiamo paura di morire ed il modo migliore di controllarci è attraverso il terrore (ed il senso di colpa). Tutti noi ci troviamo a lottare per conciliare la realtà della nostra mortalità fisica e la speranza (o fede) nell’immortalità dello spirito, in modo da riaffermare il significato della nostra esistenza in un universo apparentemente assurdo. I golem sono dei crudeli tiranni che produciamo per aprirci un varco di senso in un cosmo apparentemente indifferente alle vicende umane e soprattutto dall’oblio che segue il decesso di chi non ha lasciato un segno indelebile nella storia.

Un antropologo statunitense, Ernest Becker, ha esaminato questo secondo fattore, la paura dell’estinzione fisica e storica, ed è giunto alla conclusione che molte delle nostre azioni sono dettate dalla necessità di produrre un’interconnessione di significati e simbologie in grado di generare l’illusione della trascendenza della morte (Becker, 1982). Quindi non si tratta della semplice reazione di chi si sente fisicamente vulnerabile. Tutti noi vogliamo che la nostra esistenza abbia un senso, che conti qualcosa, che dia un contributo significativo ad un’entità durevole – la Chiesa, la Scienza, l’Etnia, la Società, la Razza, la Nazione o la Patria, la Comunità, la Cultura, l’Arte, la Rivoluzione, la Storia, l’Umanità, la Professione, ecc. – e la prospettiva della nostra morte rende quest’esigenza ancora più pressante. Scrivere un libro di successo può essere un buon modo di placare l’ansia esistenziale, ma in generale si opta per la fusione delle identità personali in miti collettivizzanti – progetti d’immortalità – che negano la morte: l’ossessione per l’estinzione della propria cultura ed identità di popolo coincide con l’ossessione per la propria morte e per la possibile mancanza di significato della propria esistenza e dell’ordine cosmico. Il culto per le celebrità rappresenta forse, inconsciamente, un mezzo per continuare a vivere fondendosi nel mito dell’eroe, sperando di acquisirne le proprietà magiche della permanenza ed invulnerabilità. Il problema è che questi progetti di immortalità sono indissociabili dall’affermazione di una verità assoluta che ci gonfia di un orgoglio narcisistico ed acritico e ci scherma da prospettive alternative, giudicate invariabilmente false, spingendoci ad attaccare i promotori di sistemi di immortalità diversi dai nostri. È la guerra.
Difendere l’umanità dai suoi detrattori

Come si contrastano le strategie empatocide? Come si possono tutelare delle oasi di pace negli anni a venire? Abbiamo una vera scelta? C’è sempre una scelta, anche se ci conforta l’illusione che sia tutto predeterminato o troppo più vasto e potente di noi per subire la nostra influenza. Innanzitutto è indispensabile astenersi dal dare ai loro corifei e paladini ciò che vogliono, ciò che pretendono, in special modo la nostra anima. La crudeltà, la tortura distruggono la coscienza/anima dei responsabili e feriscono quella delle vittime. Occorre mantenere le distanze, per quanto possibile. L’antropologo francese René Girard ci ricorda che non si deve mai scherzare col fuoco: “Hanno la violenza dalla loro, ma non possono esercitarla apertamente. L’importante è ottenere il libero consenso della vittima al suo supplizio – spezzare la resistenza di Giobbe, ma senza costrizione apparente – l’esigenza di una vittima consenziente caratterizza tanto il totalitarismo moderno quanto certe forme religiose e parareligiose del mondo primitivo”. Per questo è essenziale giovarsi della nostra conoscenza del fenomeno per auto-immunizzarci.

La ponerocrazia, il “governo dei malvagi” (dal greco ponēros, “malvagio, nocivo”), odia visceralmente la vita spirituale ed odia l’empatia, che è l’alimento della vita più elevata, quella spirituale. Dunque si può sconfiggere attraverso l’amore per l’umanità, la coscienza e la natura, l’integrità (la volontà di essere onesti con se stessi e con gli altri rispetto alle proprie motivazioni), l’indipendenza di giudizio, la forza di volontà, l’assertività e la libertà, l’immedesimazione nell’altro e non la proiezione della propria auto-percezione nell’altro. Si devono coltivare il senso di indignazione, di oltraggio, di risentimento di fronte ad infamie ed ingiustizie. Si deve ricercare la giustizia e tutelare il libero arbitrio. La volontà di seguire la voce della ragione, della conoscenza e della coscienza contro la voce delle passioni irrazionali è l’unica che ci permetta di approssimare la verità, la comprensione obiettiva della realtà e del proprio ruolo in essa. Bisogna cercare la verità sopra ogni altra cosa. La vigilanza, la circospezione e la curiosità, che portano alla conoscenza, sono la nostra miglior difesa, l’autocompiacimento il nostro tallone d’Achille.

La conoscenza ci protegge perché più si conosce, meno si ha paura, meno ci si angoscia e meno pericoli si corrono perché si capisce cosa sia necessario per proteggersi. La conoscenza è sconfinata, non ha limiti, dunque il suo valore è infinito.

La conoscenza ci fa capire che è nostro preciso dovere difenderci dai bulli, se non vogliamo che siano loro a determinare il futuro della nostra specie e della nostra civiltà:

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/02/la-collera-dei-miti-sullimmoralita-di-pacifismo-e-nonviolenza/#axzz1iZkF2V7T

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