Putin, lo Spartaco degli afroamericani – #afromaidan e la futura imposizione della legge marziale

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Meet the Rappers Behind the Smash Hip-Hop Ode to Putin

http://www.vocativ.com/culture/music/go-hard-like-vladmir-putin/

Negli USA, a giorni alterni, un afroamericano disarmato viene ucciso dalle forze dell’ordine
http://www.politifact.com/…/unarmed-black-person-shot…/

Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono.

If you’re not careful, the newspapers will have you hating the people who are being oppressed, and loving the people who are doing the oppressing.

Malcolm X

Nessuna sorpresa. Qualche decennio addietro i dissidenti russi cercavano scampo in America. Oggi succede il contrario: Dissidente americano Snowden rimane in Russia

Come evolverà questa situazione? Ferguson è al centro di una serie di manipolazioni. Ci sono forestieri che, come dei black bloc (e come è successo a Kiev), sono venuti ad aizzare la folla e promuovere la violenza.  L’insistenza dei media sulla contrapposizione razziale fa pensare alla tattica del divide et impera. Fomentare la violenza servirà a giustificare, non solo localmente, la legge marziale (“a fin di bene”, perchè bianchi e neri devono essere separati gli uni dagli altri per evitare una guerra razziale – i putinofili diventeranno “nemici pubblici”), in vista della dedollarizzazione del sistema valutario globale, che avrà un impatto devastante sugli americani.
Agli USA serve un nuovo Martin Luther King che unisca bianchi, neri, latinos ecc., altrimenti sono guai.

La quenelle, Dieudonné e l’insurrezione globale

A cura di Stefano Fait

Paradiso Riconquistato [blog per architetti di mondi nuovi – poliglotta]

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“Quenellizzazione” sta a significare il processo che ha portato un gesto comune, rivisto e politicizzato nell’ambito di esibizioni teatrali di un comico-umorista francese, a diventare un simbolo globale di protesta contro un establishment che è globalmente percepito come ostile alle persone comuni.
In questo risiede la sua potenza: è stato recepito senza alcuna traduzione o storpiatura in tutto il mondo anche non francofono come antitesi al braccio teso fascista e usato per comunicare l’idea che l’establishment si finge democratico ma è fascista (come ogni oligarchia autoritaria sociopatizzata).
Il fatto poi che i rappresentanti politici di questo stesso establishment lo associno al fascismo testimonia il carattere orwelliano della contemporaneità.

Dieudonné M’bala M’bala, pur avendo calcato le scene per anni in coppia con un comico ebreo, ha indubbiamente espresso opinioni antisemite negli ultimi anni: una presa di posizione quantomai idiota, tenuto conto della sua conclamata avversione ai tribalismi. Questo peculiare personaggio non è però il titolare di questo gesto di protesta anti-sistema: trasformarlo in un martire servirà solo a convincere sempre più persone che è arrivato il momento di dire basta alla “crisi”, che tale non è, essendo il risultato di politiche pianificate e deliberate.
Presto il governo francese si troverà ad affrontare centinaia di migliaia di cittadini, di ogni fede, orientamento politico e sessuale ed estrazione sociale, che faranno il gesto della quenelle mentre cantano la Marsigliese. Cosa succederà? Diventerà un reato? E in Italia? E se saranno degli ebrei a farlo, com’è già accaduto? E se sarà una celebrità? E se il gesto si diffonderà in tutto il mondo come segno di solidarietà tra oppressi che vogliono cambiare il sistema per il bene delle generazioni a venire, in nome della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza umana? Pensano davvero di poter arrestare la quenellizzazione della protesta globale nonviolenta censurando un comico nero, antifascista, buddhista, che predica la nonviolenza, militante dei diritti dell’uomo, universalista, pro-diritti degli omosessuali, che chiede giustizia sociale, lavoro e dignità per tutta l’umanità, per di più chiudendo il suo teatro?
Se è una trappola è molto ben congegnata. Ribadisco che questo scontro servirà solo a sospingere gli ebrei verso un nuovo abisso, un nuovo ruolo di capri espiatori: sempre più persone si domanderanno se certi tabù siano la prova che il complotto giudaico-sionista è reale – è un’idiozia, ma un’idiozia che in tempi confusi può prendere piede. Quei potenti che usano il sionismo a fini mimetici e controrivoluzionari sono scaltri e sanno quello che fanno: due piccioni con una fava. Ebrei e arabi nel sacco (pronti per l’Armageddon genocida, il secondo olocausto semita), masse dirottate, status quo rinsaldato.

http://stefanofait.tumblr.com/post/72189607899/la-quenelle-gesto-di-ribellione-al-sistema

Le mie previsioni per il 2014

A cura di Stefano Fait

Paradiso Riconquistato [blog per architetti di mondi nuovi – poliglotta]

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Il prossimo anno sarà un anno più particolare degli altri.

Fin dal 2011 ho sempre terminato nel 2014 le mie analisi previsionali sugli scenari futuri.

La ragione è che non ho la minima idea di cosa accadrà da qui in poi.

Quest’anno siamo stati sfiorati da una guerra potenzialmente globale (Francia e USA pronti a colpire la Siria), l’eurozona ora si ritrova sul groppone un altro micro-stato devastato dall’austerità, con la popolazione tornata ai livelli del 1957 (alla faccia della diaspora)

http://www.forbes.com/sites/markadomanis/2013/01/03/latvia-is-a-success-story-if-by-success-story-you-mean-disaster/

gli Stati Uniti che non sono messi meglio

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/12/23/paradiso-riconquistato-nuovo-blog/

La Francia è messa economicamente MOLTO PEGGIO dell’Italia e la pentola a pressione sociale sta per esplodere  (cf. quenelle). Attenzione alle banlieues: il 1789 potrebbe essere stata una prova generale di quel che succederà in una Francia governata da un totale inetto o delinquente (figlio di un collaborazionista del Terzo Reich e legato a Jacques Attali, il gran complottista di Francia) che vende armi ai sauditi e scodinzola dietro ai capricci dell’establishment israeliano (nel mondo) e tedesco (in Europa).
Se la nonviolenza (quenelle) prevale, allora la rivoluzione sarà del tipo “caduta del muro di Berlino”, ossia la Rivoluzione Perfetta: nessuna giacobinizzazione-stalinizzazione-hitlerizzazione sarà possibile e il movimento trionferà.

http://stefanofait.tumblr.com/archive

In questi anni siamo diventati l’incarnazione di Tantalo e di Sisifo: Tafazzi è un dilettante.

È successo perché abbiamo pensato che bastava la teatralità rituale delle nozze (voto) per far funzionare il matrimonio (democrazia).

Sensazionalizziamo per generare un’apparenza di estasi che funga da surrogato per la vera felicità che non c’è (crediamo di averla solo perché non conosciamo alternative migliori alla nostra condizione – come la donna analfabeta e seviziata che non sa che si può essere donna in mille modi migliori, avendone l’opportunità).

Poi è arrivata la delusione. L’apparenza non ci rende felici. Ora molti non credono più al matrimonio. E cosa fanno? Come i bambini: frignano, schiamazzano, scassano, finché qualcuno non interviene (dall’alto) per sistemare le cose e calmarli.

Ma noi non siamo bambini, siamo genitori e sposi. Siamo noi che ci dobbiamo assumere la responsabilità di cambiare le cose, cambiando noi stessi senza aspettare che siano gli altri a dirci cosa fare, oppure l’intervento di una figura messianica-paternalista (Renzi, Obama, Monti, Putin, gli alieni, ecc.), né pianificando la distruzione delle istituzioni esistenti, che hanno l’unica “colpa” di essere occupate da una leadership globale non semplicemente mediocre – come in passato – ma criminalmente, deliberatamente, malignamente votata a promuovere gli interessi dei pochi a danno dei molti.

Finiamocela di illuderci: le cose non miglioreranno finché non le miglioreremo noi tutti, coralmente.

Per parafrasare l’ultimo grande presidente americano – ucciso da un golpe nel 1963: “Non chiedete che cosa il Grande Evento può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il Grande Evento”.

Che Dio ci benedica e che l’insubordinazione di massa all’oppressione neoliberista si diffonda come non mai.

Gesto di ribellione al sistema ( = infilatelo nel culo), immediatamente bollato dal sistema come “neonazi” e “antisemita”, per neutralizzarlo

La pace si conquista ogni giorno, dicendo no alle menzogne

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Le preghiere degli uomini sono una malattia della volontà. La preghiera che implora un particolare rendiconto è viziosa. La preghiera è la contemplazione degli eventi della vita dal punto di vista più elevato. Ė il soliloquio di un’anima che percepisce ed esulta. Ma la preghiera usata come mezzo per ottenere un soddisfacimento privato è un furto e una meschinità. Essa suppone dualismo e non Unità nella natura e nella coscienza. Quando l’uomo sarà uno con Dio, allora non implorerà più, ma trasformerà ogni preghiera in azione.

Ralph Waldo Emerson

Nessuno può fare esperienza per un altro, nessuno;
Nessuno può progredire per un altro, nessuno!”

Walt Whitman

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Un grande no come quello del Parlamento britannico. La prima volta che un governo del Regno Unito subisce una sconfitta in Parlamento in materia di iniziative belliche dai tempi di Palmerston (1784 – 1865)
https://theconversation.com/commons-rejects-cameron-plea-for-syria-strikes-rewrites-special-relationship-17674

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Un grande no come quello dell’ex primo ministro francese Dominique de Villepin in quest’intervista televisiva [in francese]

Tutta l’umanità deve concordare sul fatto che ci stanno mentendo, chiamare le menzogne e le montature con il loro nome e smetterla di servire questi poteri. Gli esempi sono numerosi, da Mandela a Martin Luther King a Étienne de La Boétie a Aung San Suu Kyi. Il semplice atto di non credere alle loro falsità e deriderli li rende impotenti. La loro forza deriva unicamente dal nostro volontario asservimento, dalla nostra credulità, dall’oblio di chi siamo veramente e di quel che potremo fare una volta liberi

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Nessun paese può fare una guerra se la popolazione è contraria e blocca la nazione con scioperi continui, nessun governo/regime può restare al potere se la popolazione non collabora (per questo Assad è ancora lì dopo due anni e mezzo; per questo i golpisti egiziani saranno spazzati via entro primavera e al loro posto s’insedierà un governo misto di unità nazionale, con diversi ministeri assegnati ai fratelli musulmani).

Basta con la scusa che loro e i loro burattinai sono onnipotenti. La colpa è nostra! Votiamo turandoci il naso (voto utile), continuiamo a leggere quotidiani faziosi pro-establishment nella convinzione che è quello che fanno le persone istruite, continuiamo a comprare prodotti delle multinazionali, continuiamo a credere che non ci siano alternative, che così va il mondo, che c’è poco da fare se non ricavarsi una nicchia e rispettare regole e relazioni di potere rivoltanti, ad ogni livello. 

Il nostro futuro è nostro. Siamo noi che lo determiniamo, non loro. Ci volevano far credere che siamo piccoli, deboli, vulnerabili, impotenti e ce l’hanno fatta. Un grande successo. Milioni di persone credono che l’unico cambiamento possa provenire da fuori (da una catastrofe, dagli alieni, dal Cristo, ecc.), non da loro stessi.
Ma, badate bene, se hanno inscenato tutto questo gigantesco teatrino è perché sanno che c’è qualcosa di incredibile potente in noi, che non possono controllare e che non vogliono che scopriamo che c’è e come usarlo.
Altrimenti come si spiegano i loro immensi sforzi? Forse sono loro i piccoli, deboli, vulnerabili, impotenti, perennemente tormentati all’idea del nostro risveglio, della nostra presa di coscienza, della nostra maturazione?
La loro ossessione per il controllo, per la sorveglianza, per la prevenzione è tipica degli insicuri, dei vigliacchi, di chi deve convincersi di essere quello che non è e di poter controllare tutto ciò che lo circonda, perché le incertezze della vita e del futuro lo terrorizzano. I loro think tank, le loro intelligenze artificiali, i loro modelli, i loro media, l’intera macchina della propaganda, della paura, del senso si colpa e di inadeguatezza è costruita a loro immagine e somiglianza.
Il loro è l’unico linguaggio che conoscono: potere, sfruttamento, paura, subordinazione, prevaricazione, possesso, dominio.

Ci accusano di invidiarli, ma le loro esistenze sono l’inferno di chi investe ogni sua energia nel negare ciò che sa essere vero: la destinazione finale è l’estinzione fisica e la perdita di tutta la loro “roba”.

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La macchina della paura e del controllo è comunque riuscita a farci fessi, ossia a farci pensare e agire come loro: reattivamente, aggressivamente, paranoicamente, psicopaticamente, territorialmente. È il cervello rettiliano / R-complex:

http://it.wikipedia.org/wiki/Triune_Brain

Invece di pensare alla vita, agli affetti, ai sogni, alla creatività, inventiva, ecc., siamo sempre più maniacalmente concentrati su ciò che decade, sulla morte, proprio come questi necrofili. Da creatori siamo diventati distruttori, proprio come loro, proprio come ogni essere demonico.

L’orrore di guardarci allo specchio, di capire che il loro mondo ideale, quello delle loro pubblicità e della loro “arte”, è entropico, satanico, privo di qualunque sbocco che non sia l’involuzione e il degrado della coscienza e di tutto il resto. Non c’è nulla, nel loro mondo, per cui valga la pena di battersi. Il loro è un futuro vuoto, fittizio come le loro anime, simulacri di anime.

Sono la pelle di serpente abbandonata dopo la muta, sono un involucro dall’apparenza umana, ma che non pensa, non sente, non si comporta umanamente:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/15/cose-il-male/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/14/legoista/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/16/la-banalita-del-male-e-una-cagata-pazzesca/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/10/28/del-potere-della-pedofilia-del-male-categorico/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/10/15/psicopatia-portami-via-la-gente-ce-lha-sotto-il-naso-ma-non-la-vuole-vedere/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/06/alcibiade-il-rottamatore/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/10/tea-party-il-totalitarismo-anarchico-alla-conquista-degli-stati-uniti/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/06/perche-non-ce-pace-perche-non-ce-liberta/

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Intanto un nuovo mondo sta prendendo forma, come frutto collettivo di un diverso modo di intendere il mondo e il nostro ruolo in esso

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/12/20/un-mondo-nuovo-sta-prendendo-forma-canti-da-mat-chants-for-a-nut/

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Una delle ragioni per cui la gente è apatica è per sfuggire alla disperazione. D’altra parte gli speranzosi idealismi non supportati da sano pragmatismo non hanno mai un lieto fine.

Il problema, a mio avviso, è che spesso ci facciamo governare dalla speranza (“l’audacia della speranza”, diceva un Nobel per la Pace degno di Kissinger) e/o dalla disperazione e così affidiamo il nostro destino a queste forze emotive, invece che alla nostra creatività ed inventiva. Paura, senso di colpa, speranza messianica, apatia/indifferenza e disperazione sono probabilmente le migliori armi di distruzione di massa delle coscienze e sono usate precisamente a questo scopo e per indirizzare la civiltà umana sulla via della perdizione, la via dell’egoismo, del materialismo, della violenza, del sopruso, della dismisura.

È per questa ragione che diventa necessario che almeno una minoranza di persone competenti e motivate da buona volontà e dalla volontà di servire l’interesse generale si coordini per realizzare un cambiamento positivo nelle loro rispettive aree di competenza.

Questo può avvenire solo se il pragmatismo sconfigge la disperazione (bastone, poliziotto cattivo) e la speranza fideistica (carota, poliziotto buono) in un cambiamento che non provenga da noi e dalle nostre iniziative.

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Per esempio, una volta che tutto ciò che ostacola la ricerca e lo sviluppo di fonti di energia abbondanti ed economiche – non mi riferisco alle rinnovabili: c’è di meglio: http://peswiki.com/index.php/Main_Page – sarà rimosso, l’intero sistema di infrastrutture e modello socioeconomico globale (che si fonda sul profitto derivato da un regime di scarsità e competizione creato artificialmente – la “decrescita felice” eccita i plutocrati) sarà rivoluzionato in maniera completa e definitiva, a meno che le oligarchie non riescano ad imporre un ulteriore monopolio.

Dobbiamo capire, tra le tante cose, come sostituire un’economia di scarsità e concorrenza basata sulle risorse, in un’economia dell’abbondanza basata sull’energia, ossia l’esatto opposto di quel che crede Luca Mercalli (che è davvero poco stimato tra i ben informati, ma continua ad essere invitato ovunque, purtroppo):

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Molti pensano di dover combattere contro qualcosa, ma quello di cui hanno bisogno è lottare per qualcosa.

Inoltre molti non sanno che farsene dell’ideale della libertà, perché pensa di essere già libera a sufficienza: ciò che li può motivare è la presa di coscienza della loro miseria, o della prospettiva del loro impoverimento. Su questa cosa non possono ingannarsi a lungo, non possono tollerare che così va il mondo e molti ricevono le briciole mentre pochi se la spassano. Se sapessero come potrebbe essere trasformato il mondo una volta che certe tecnologie, conoscenze e risorse fossero rese disponibili, potrebbero cominciare a pensare ad un’esistenza in termini più concreti e lungimiranti.
Capire queste semplici verità e agire conseguentemente significa essere pragmatici, non cinici.
Una minoranza guidata dalla voglia di capire, dalla buona volontà, dall’empatia, dal sapere, dalla capacità di trasformare responsabilmente, costruttivamente e di rendere partecipi tutti, nei loro modi e nei loro tempi, senza paternalismi e autoritarismi neogiacobini (“noi sappiamo cosa è meglio per voi”).
Una maggioranza la seguirebbe a ruota se capisse che è nel suo interesse farlo e se potesse dire la sua
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Nessuna mobilitazione di massa è possibile senza questa presa di coscienza.

Un vantaggio della propaganda immaginifica dei potentati è che ha creato un terreno fertile per immaginare il nuovo in termini concreti anche in persone che non sanno neanche che per andare da Trento a Trieste servono 3 ore d’auto, perché non sono come Massa e Carrara.

Siamo entrati nell’era dei tecno-miti, della mitologia scientifica. Mentre Omero trasmetteva una visione del mondo parlando delle gesta degli eroi e degli avventurieri, gli Omeri del nostro tempo possono avvalersi della fantascienza e delle invenzioni al servizio del nostro spirito, delle nostre coscienze. Le possibilità di cambiamento sono infinite, nel bene e nel male. “Non ci sono alternative” è un mantra che ormai convince solo chi vuole crederlo vero. I nostri orizzonti si stanno espandendo, inesorabilmente: il futuro è sempre più aperto. Si tratta di scegliere e, soprattutto, di voler scegliere, rifiutando la falsa alternativa tra un futuro neo-medievale e un futuro tecnocratico.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/10/05/la-democrazia-nella-via-lattea-dirittidoveri-di-un-mondo-nuovo/

Lo sfaldamento del PD, il rischio di cattura cognitiva del M5S e il recupero della Concordia

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Inizia la fase decisiva per il recupero della nave da crociera: alla fine sarà raddrizzata e fatta galleggiare.

RomagnaNoi, 17 aprile 2013

L’Italia può essere raddrizzata a fatta galleggiare, se ci sarà concordia, rispetto e fiducia tra un PD rinnovato e il M5S.
Ci sono forze non-democratiche che avrebbero tutto da guadagnare da una giacobinizzazione del M5S e dalla formazione di un fossato invalicabile che separasse queste due espressioni della politica italiana:

Provo un certo godimento, degli orgasmi, a vedere Grillo sfasciare tutto. Il nostro sistema politico è talmente marcio che spero che dal grande caos rinasca tutto. Oggi voterei per lui.

Vittorio Feltri a La Zanzara, 6 novembre 2012

Dobbiamo riuscire a costruire, innovare, democratizzare e unire ciò che viene separato dai seminatori di zizzania.
Ho già spiegato che Fabrizio Barca-Mirabeau può essere la persona giusta (N.B. Non è l’unico! Non ci servono salvatori, ci si salva assieme o si affonda insieme):
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/15/a-roma-serve-un-barca-non-un-alcibiade-la-terza-repubblica-in-33-comode-rate/

A questo proposito, mi trovo, come sempre più spesso mi capita, in sintonia con Barbara Spinelli:

L’accordo fra sinistra e 5 Stelle sul nome del Presidente è infecondo solo se teniamo il naso schiacciato sull’oggi, anzi sull’ieri (le larghe intese erano solo con la destra). Se guardiamo lontano, se vediamo lo sfaldarsi del Pd non come una sciagura ma come un’opportunità, l’accordo con Cinque Stelle può essere reinvenzione democratica. Tra le righe è quel che dice Fabrizio Barca, nel programma presentato il 12 aprile in favore di un Pd disfatto e rifatto a nuovo.

I militanti di 5 Stelle preconizzano ad esempio l’immissione nella democrazia rappresentativa di esperienze sempre più estese di democrazia deliberativa, diretta. Non siamo lontani dallo sperimentalismo democratico che secondo Barca deve innervare il futuro Pd

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/15/a-roma-serve-un-barca-non-un-alcibiade-la-terza-repubblica-in-33-comode-rate/

[…].

Chi adotta il metodo minimalista non crede che lo Stato possa molto, per curare la democrazia malata o attenuare la povertà sociale. Quel che gli importa, è preservare una chiusa élite (di esperti politici, di tecnici) che prenderà decisioni senza curarsi se funzionino, convinta com’è che i piani di austerità daranno ineluttabilmente frutti anche se immiseriscono popoli interi.

Il candidato al Colle preferito da simili élite non deve essere popolare, non deve nemmeno rappresentare un emblema ideale per i cittadini: deve essere abile, e soprattutto omogeneo alle oligarchie che lo faranno re. Meno popolare sarà, più sarà scongiurato il pericolo, temuto dai benpensanti del vecchio ordine, del populismo. A parole, i minimalisti si augurano uno Stato leggero, non invadente. Nei fatti, le oligarchie partitocratiche vivono in osmosi con lo Stato e rendono quest’ultimo più che pervasivo, indifferente alla voce di chi (localmente, nelle Azioni Popolari, nei voti online) reclama cambiamenti.

Tutt’altra l’idea degli sperimentatori, o della democrazia deliberativa: è il metodo sfociato nel voto, da parte degli attivisti di M5S, dei candidati al Colle. L’esperimento è difficile, ma innovativo e molto più onesto di quel che era stato pronosticato. Non tutti i candidati vincenti erano graditi ai vertici del Movimento: tuttavia il verdetto è stato accolto democraticamente e con responsabilità istituzionale.

[…].

Stupidità fanfaronesche s’incrociano spesso sul web. Ma ancor più funeste dilagano nei non meno virtuali palazzi del potere. Le cerchie partitiche, o tecniche, mostrano una conoscenza del pubblico interesse infinitamente meno vigile. Sono le cerchie contro cui si scaglia Barca, quando denuncia i “partiti di occupazione dello Stato, dove si vende e si compra di tutto: prebende, ruoli, pensioni, appalti, concessioni, ma anche regole, visioni, idee”. Berlinguer usò parole quasi eguali, quando ruppe col compromesso storico e denunciò la degenerazione dei partiti, Pci compreso (“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo”, disse a Eugenio Scalfari su Repubblica, il 28-7-81).

[…].

Non sappiamo ancora se le strade di Barca e di Grillo si incontreranno. Se dall’eventuale incontro la democrazia uscirà più forte. Se il M5S intirizzirà, a forza di rifiutare alleanze. Resta che l’Italia ha bisogno di sperimentatori, non di minimalisti. Che solo i primi sono in grado di guardare in faccia la crisi, e di mutare anche l’Europa. Di ripensare l’austerità come aveva provato Berlinguer nel 1977, quando il capitalismo aveva appena cominciato a vacillare.

http://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni-presidente-repubblica-edizione2013/2013/04/17/news/coraggio_solitudine-56800260/?rss

L’alternativa è la giacobinizzazione…

Io ho amore per la ragione, ma non ne ho per il fanatismo. La ragione ci guida e ci illumina, ma quando ne avrete fatto una divinità, essa vi accecherà e vi indurrà al delitto.

Brotteaux (da Anatole France, “Gli dèi hanno sete”).

GIACOBINISMO

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I popoli non giudicano come le corti giudiziarie, non emettono sentenze: lanciano la loro folgore; non condannano i re: li piombano nel nulla… quale altra legge può seguire il popolo se non quella della giustizia e della ragione sostenute dalla sua onnipotenza?

Maximilien Robespierre, “Discorso per la condanna a morte di Luigi Capeto”, 3 dicembre 1792.

Io ho sostenuto, tra persecuzioni incredibili e senza appoggi, che il popolo non ha mai torto, io ho osato proclamare questa verità in un tempo in cui non era ancora riconosciuta; il corso della rivoluzione l’ha dimostrato.

Maximilien Robespierre, 25 febbraio 1793

Il fine della rivoluzione è il trionfo dell’Innocenza.

Robespierre

Questa nostra Rivoluzione è una religione e Robespierre è il capo della setta. È un prete che governa i devoti…Robespierre predica, Robespierre censura, è furioso, solenne, melanconico, esaltato – ma tutto freddamente; i suoi pensiero fluiscono con regolarità, le sue abitudini sono regolari; tuona contro i ricchi e i grandi; vive con molto poco; non ha bisogni. Ha una sola missione – parlare, e parla incessantemente; crea discepoli…parla di Dio e della Provvidenza; si definisce amico degli umili e dei deboli…riceve la loro venerazione…è un prete e non sarà mai altro che un prete.

Condorcet (1743 –1794) su Robespierre, articolo apparso su Chronique de Paris

Voi dovete punire non solo i traditori, ma anche gli indifferenti; dovete punire chiunque sia apatico nella Repubblica e non faccia nulla per essa; giacché, dopo che il popolo ha manifestato la sua volontà, tutto ciò che si oppone ad essa si pone fuori del popolo sovrano, e tutto ciò che è fuori del popolo sovrano è nemico.

Saint-Just, “Sulla necessità di dichiarare il governo rivoluzionario fino alla pace”, 10 ottobre 1793

La rivoluzione deve fermarsi quando abbia raggiunto la perfezione della felicità e della libertà pubblica per mezzo delle leggi. I suoi slanci non hanno altro scopo, e devono spazzar via tutto ciò che vi si oppone.

Saint-Just, “Frammenti sulle istituzioni repubblicane”, 1794

Quello che costituisce una Repubblica è la distruzione di tutto ciò che la contraria.

Saint-Just

Molti dei Francesi che ci avevano appoggiato ci guardavano come dei pazzi, come degli energumeni, spesso persino come degli scellerati.

René Levasseur de la Sarthe, giacobino, 1795.

La rivoluzione francese mi ha influenzato molto e in special modo Robespierre…Robespierre è il mio eroe. Robespierre e Pol Pot: entrambi hanno la medesima qualità di determinazione ed integrità.

Suong Sikoeun, uno dei leader dei Khmer Rossi (1975-1979)

Il problema non è il terrore in quanto tale, il nostro compito è precisamente quello di reinventare il terrore emancipatore.

Slavoj Zizek, “In difesa delle cause perse: materiali per la rivoluzione globale”, 2009.

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Saint-Just, orfano di padre e di origine contadina, giunto squattrinato a Parigi e col vizio del gioco d’azzardo, si iscrive ad una loggia massonica che gli finanzierà le pubblicazioni sovversive e libertine e l’acquisto di 8 ettari di terreno.

“Intanto l’abilissimo Jean de Batz, che sembra avere innato il genio dell’intrigo e della corruzione, sta preparando il suo piano: suscitare di continuo tali dissensi e sospetti in seno alla Convenzione da spingerla a disfarsi, in fasi successive, di tutti i suoi uomini più rappresentativi. […]. De Batz ordina ai suoi agenti, che ostentano di proposito un esacerbato giacobinismo (tutti o quasi, si noti, ricchi banchieri e uomini d’affari come Dufourny, Proly, Desfieux, pereyra, Gusman, d’Espagnac e i due fratelli Frey), di spingere sempre più gli estremisti a favorire, con ogni mezzo, un’insurrezione popolare che faccia sparire i deputati della Gironda, tutti irrequieti partigiani della monarchia costituzionale”.

[Da: “Saint-Just”, di Mario Mazzucchelli. Milano : Dall’Oglio, 1980, p. 109].

GRILLISMO

direttorio

“Siamo la rivoluzione francese senza la ghigliottina” (Grillo 29 marzo 2013)

“Il Movimento 5 Stelle è il cambiamento che non si può arrestare, è il segno dei tempi. È l’avvento di una democrazia popolare che pretende di decidere, di controllare il destino del suo Paese, del suo Comune, della sua vita”

“In parlamento pronti alla rivoluzione”

 “Arrendetevi! Siete circondati dal popolo italiano. Uscite con le mani alzate. Nessuno vi toccherà. Il vostro tempo è finito, non abusate della fortuna che vi ha assistito finora. Di voi, ormai, nelle piazze, tra la gente, si parla al passato, come di persone estinte. Quando apparite in televisione scatta l’insulto che equivale al vilipendio di cadavere. Quello che stupisce è la vostra folle ostinazione a non farvi da parte come se foste investiti da una missione divina. C’è in ciò qualcosa di patologico, che richiede l’intervento di uno psichiatra”.

“Siete terrorizzati, in preda di attacchi d’ansia al pensiero di perdere il potere, di qualcuno che potrà rovistare nei vostri cassetti, capire, scoprire, denunciare. Vi consiglio comunque uno, due, tre, cento passi indietro. Se anche vinceste queste elezioni avrete solo rimandato il cambiamento, durerete un anno, forse meno, ha senso? Fate una pubblica ammissione di colpa e chiedete agli italiani di perdonarvi. Arrendetevi. La vostra stessa presenza è diventata insopportabile. Il vostro tirarvi fuori da ogni responsabilità, lo scuotere le piume e minacciare come dei guappi, lo stalking a cui sottoponete gli italiani sono al di là di ogni sopportazione. Arrendetevi. Non potrete dire che non vi ho avvisato”.

Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno”

“Siamo i pasdaran anti casta”

“Siamo i marziani a cinque stelle”

“So perfettamente che nei prossimi giorni ci sarà la fila di pennivendoli, di zoccoli dell’informazione, di specialisti della macchina della merda all’attacco del M5S. Lo so benissimo. Sono l’ultima barriera della Casta prima dell’urna. Ci vediamo in Parlamento e subito dopo in tribunale. Preparate il quinto dello stipendio se ne avete uno”.

“Un po’ Don Chisciotte e un po’ Savonarola”

“Il loro tempo è finito. Ci riprenderemo i nostri soldi”

“Niente onorevole, sarà Cittadino del MoVimento 5 Stelle, il leader sarà il MoVimento”.

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beppe_robespierre

Ci sono numerose analogie tra giacobinismo e grillismo più radicale: fede rivoluzionaria, esigenza di sovversione totale, epurazioni, “dispotismo della libertà”, magistero di ortodossia, implacabilità, radicalismo, assolutismo, egualitarismo radicale, messianismo, antiliberalismo, antiparlamentarismo, meccanismi di produzione dell’unanimità, centralismo decisionale, cinismo (e nichilismo rottamatore), sospensione della realtà e trionfo del principio sul fatto, virtù indivisibile del MoVimento che perciò deve restare unito, fanatismo, violenza verbale, terrorismo psicologico.

I leader rivoluzionari più estremisti sono più spesso ventenni-trentenni, con poca esperienza di vita, che impongono la loro rozza, inesperta visione del mondo a tutti gli altri. Coltivano orgoglio, a volte crudeltà, quasi sempre un appetito di dominazione. Sono tigri erudite che non hanno ancora avuto tempo di diventare adulte.

Un fanatico austero, dal cuore freddo come la sua morale, Saint-Just si paragona a Tarquinio e Muzio Scevola. Lui e Robespierre usano spessissimo i termini “cuore”, “sensibilità” e “virtù”, come se dovessero supplire verbalmente alla loro mancanza di cuore, sensibilità e virtuosità. Saint-Just si attribuisce una ragguardevole dose di virtù, ma è un pessimo giudice di se stesso – come tutti gli esseri umani.

Sfortunatamente le rivoluzioni spesso nutrono mostri in forma umana e da esse sono fatte degenerare. La rivoluzione è anche l’habitat per gli psicopatici integrati, quelli che s’irrigidiscono nei moralismi e si fissano intransigentemente sulle virtù etiche perché non hanno empatia e quindi non possono sapere cosa sia un comportamento spontaneamente morale.

I pifferai di Hamelin sono responsabili della conversione della rivoluzione in una crociata teocratica, in un moloch che divora gli esseri umani. In nome della loro certezza che siccome c’è una sola verità e loro sono riusciti a comprenderla, ad impadronirsene definitivamente, chiunque sia in disaccordo è motivato da propositi maligni.

Robespierre si considera e dichiara vittima di persecuzione tutte le volte che qualcuno lo contraddice, si sente investito di una sacra missione, e patisce un’immensa frustrazione quando il mondo si rifiuta di sottomettersi al suo volere.

Lo stesso discorso vale per Saint-Just. Sono entrambi sicuri che la cosa giusta da fare sia ridurre la diversità del mondo al proprio denominatore individuale. Il loro ego ipertrofico proietta sul gruppo la loro esigenza di uniformità, di una singola volontà, di un carattere unitario: la premessa di ogni politica genocidaria.

Sono l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine.

Notiamo la stessa logica in molti dittatori ma anche in Karl Rove. Nel 2002, un consigliere di George W. Bush, presumibilmente Karl Rove, spiegò a Ron Suskind: “Ora noi siamo un impero e quando agiamo, creiamo la nostra realtà. E mentre voi state giudiziosamente analizzando quella realtà, noi agiremo di nuovo e ne creeremo un’altra e poi un’altra ancora che potrete studiare. È così che andranno le cose. Noi facciamo la storia e a voi, a tutti voi, non resterà altro da fare che studiare ciò che facciamo”.

O tutto o niente, o con noi o contro di noi, ora o mai più.

Non c’è rivolta senza una filosofia del limite. Sono gli psicopatici che rifiutano i limiti e non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Il M5S va salvato dalla giacobinizzazione, prima che intossichi la vita del paese ed apra la strada a soluzioni autoritarie di giovani leader “salvifici”.

I choosy e i gobj – “Se non hanno polenta, che mangino brioches!”

Ogni mattina in Italia, quando sorge il sole, un giovane si sveglia e sa che dovrà essere meno choosy o verrà rampognato dalla maestra.

 

Stay hungry, stay choosy.

 

La brillante carriera della figlia di Elsa Fornero. Due posti fissi nell’università di famiglia

Insegna nell’ateneo dei genitori e guida una fondazione finanziata dalla Sanpaolo, di cui la madre era vicepresidente.

http://www.corriere.it/politica/12_febbraio_07/La-titolare-del-welfare_1369e9e4-5167-11e1-bb26-b734ef1e73a5.shtml

“Elsa Fornero, nostra Maria Antonietta” di Salvatore Cannavò

È facile, ormai, ironizzare sulle presunte gaffes del ministro Fornero. Piena di sé e della propria missione “civilizzatrice”, la responsabile del Welfare non perde occasione per esibire un atteggiamento professorale che sta logorando la sua immagine, oltre che il nostro futuro. Le sue esternazioni sfociano ormai nello psicodramma e diventano occasione di una reazione popolare fatta di rabbia e disorientamento. Ma nel caso dell’ultima, in ordine cronologico, brutta figura, quel “choosy” rivolto ai giovani che cercano lavoro, colpisce non tanto il disprezzo e l’altezzosità quanto la buona fede del ministro.

Perché a Fornero quelle espressioni vengono naturali e rappresentano l’effetto genuino della sua estraneità dalla vita reale. Quali giovani frequenta, infatti, il ministro per parlare così? Dove sono questi giovani così schizzinosi? Tra coloro che, nonostante siano laureati e con un dottorato alle spalle, si “accontentano” di fare i camerieri, di lavorare in un call center, di fare le supplenze nelle scuole private senza contratto? Oppure tra quelli che accettano contratti a tempo determinato che non si determinano mai e aprono partite Iva per svolgere un lavoro dipendente? Nelle aziende in cui si ripetono all’infinito gli stage di formazione che sono prestazioni lavorative a tutti gli effetti? O tra i giovani che fuggono dall’Italia e cercano di farsi una vita all’estero?

I ministri tecnici, in realtà, sembrano guardare alla vita vera dall’alto di un Olimpo immaginario, con la lente dei grafici finanziari oppure con il ricordo delle stanze ovattate in cui hanno passato la propria, agiata, vita. Quella di qualche fondazione bancaria o di polverosi palazzi del centro di Roma, al riparo dalle intemperie, accucciati su un ricco conto corrente o accovacciati su una pensione d’oro. Tante nuove Maria Antonietta in cerca di moderne brioches da lanciare alla malcapitata folla di “schizzinosi”, esodati, precari e lavoratori a sbafo.

La classe dirigente italiana, quella della finanza, dell’alta burocrazia, della tekné, vive una propria vita parallela ma decide beatamente sulle vite degli altri, nascondendosi dietro a un simulacro di democrazia.

[…].

La democrazia che non c’è è il vero nervo scoperto del nostro tempo e la rivoluzione democratica quello che ci manca. In fondo, bisogna dire grazie a frasi come quelle di Elsa Fornero, perché ci aiutano a vedere le cose come stanno. E magari a indignarci davvero.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/23/elsa-fornero-nostra-maria-antonietta/390535/

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Maria Antonietta non ha mai detto una frase del genere, però il senso di un certo modo di atteggiarsi nei confronti del mondo era quello. E siamo tornati a quel punto. Ed è per questo che considero inevitabile lo scoppio di una rivoluzione. Se non è ancora successo è solo perché il simulacro di democrazia in cui viviamo ci trattiene: non vogliamo gettare la spugna, crediamo che sia ancora riformabile, che con le persone giuste al posto giusto si può tornare almeno nell’ambito della decenza.

Purtroppo temo che i predoni siano qui per restare, costi quel che costi.

La cosa buona è che sono congenitamente irrazionali: la loro avidità ed estraneità alla vita reale è un handicap insormontabile. Di esternazione insulsa in esternazione esasperante si stanno scavando la fossa da soli ed ogni volta che parlano di democrazia e meritocrazia mettono in risalto la loro appartenenza ad un universo differente ed incompatibile con questo.

Batman, l’eroe della controrivoluzione

Il nuovo Frank Miller è diverso. Il nuovo Frank Miller è uno che, ad esempio, se la prende con il movimento Occupiamo Wall Street. Ora, qualsiasi persona sana di mente può magari discutere dei modi della protesta, ma sa che alla base gli Indignati d’America hanno ragione da vendere su una cosa: è una fottuta vergogna che l’economia reale, la vita di tutti i giorni di miliardi di persone, sia tenuta per gli zebedei da speculatori finanziari in maniche di camicia con la cravatta Zegna annodata male. Qualsiasi persona sana di mente tranne il nostro Frank, visto che SUL SUO SITO PERSONALE scriveva settimana scorsa di come il movimento Occupy non sia un’espressione del Primo Emendamento (la libertà di parola), ma solo, occhio che si quota, “UN BRANCO DI ZOTICI, LADRI E STUPRATORI, una massa indisciplinata spinta solo dalla nostalgia per i tempi di Woodstock e da un senso della giustizia schifosamente falso”. Rileggete un attimo, per piacere. Soprattutto la parte dei LADRI e degli STUPRATORI. Chi proprio se la sente, chi stamattina si fosse svegliato con il collo intorpidito e volesse scioglierselo un po’ agitando la testa da destra a sinistra in preda allo stupore e al disgusto, può anche andarsi a leggere il resto, tutto il “pensate piuttosto alla guerra in corso con al-Qaeda e l’Islamismo, perdenti pippaiuoli!”.
http://docmanhattan.blogspot.it/2011/11/perche-frank-miller-e-uno-stronzo.html

Recensione di The Dark Knight rises a cura di Duanne Ribeiro, São Paulo (Brasile), 14 agosto 2012

“Christopher Nolan completa la sua trilogia. Se Batman Begins era buono e Batman: The Dark Knight grande, Batman: The Dark Knight Rises è intermedio. È un film diverso, con meno attenzione per le scene d’azione e di più sullo sviluppo psicologico del protagonista. Il film si svolge otto anni dopo la fine del precedente, con Bruce Wayne stufo di agire come Batman, e il suo alter-ego è visto come un criminale dalla polizia locale. La città, molto violenta in precedenza, è quasi pacifica e un vendicatore non sembra necessario. Si manifesta però una nuova minaccia – Bane, il capo di una sorta di esercito-setta – e Wayne si sente spinto a tornare in azione. […].

L’opera ha delle virtù. La maggiore è la preoccupazione di Nolan per il realismo: oltre il lato personale di Batman, prendiamo visione dei problemi connessi alla dimensione di vendicatore della sua vita e le esigenze di esercizio costante. Anche gli altri personaggi possiedono delle caratterizzazioni plausibili. Il personaggio Bane è forte in virtù dell’incontro di una mancanza di espressione facciale (la maschera), un pensiero calcolatore e pianificazione ed una presenza fisica che intimidisce. […] Ci sono anche dei problemi: cadute di plausibilità ed ingegnosità della trama (un esempio è la battaglia finale Batman / Bane) e, soprattutto, un intenso contenuto ideologico, che ha condizionato il mio coinvolgimento nella narrazione.

Critico questa ideologia non per la sua tesi di fondo, ma per il modo insidioso in cui viene presentata: trasforma il film in un esempio di fallacia dell’uomo di paglia, distorcendo la posizione dei suoi avversari per renderli più facili da confutare.

[…].

È una lettura politico-culturale di “terrorismo”, “rivoluzione” e “liberismo”.

[…].

“Alcuni uomini vogliono solo vedere bruciare il mondo.” Ho commentato con un amico quella frase del secondo film della trilogia, affascinante per il suo elogio del disordine…Il mio amico ha replicato in modo penetrante: la tesi, proveniente dalla bocca del maggiordomo Alfred inglese, è sintomatica del pensiero del colonialismo britannico del passato (nel dialogo, Butler cita un’incursione in Birmania, ora Myanmar) e dipinge “il terrorismo” come un atteggiamento disconnesso dalla razionalità: non c’è bisogno di capire, basta combatterlo… The Dark Knight Rises è costruito su una visione altrettanto distorta e caricaturale dei problemi sociali, ed è quello che ho intenzione di dimostrare.

In un paese che ha visto nel 2011 l’espansione del movimento Occupy e dello slogan “Noi siamo il 99%” da Wall Street a circa 600 comunità del Nord America e 95 città di 82 paesi, Nolan fa una macchietta della critica della ricchezza e dello status quo. Catwoman dice: “C’è una tempesta in arrivo, signor Wayne, tu e i tuoi amici vi dovrete chiedere come abbiano potuto vivere con così tanto, lasciando così poco per il resto di noi”… alla fine Catwoman, come ci si poteva aspettare, si pentirà delle sue parole.

C’è anche il disprezzo per la borsa valori: quando Bane la invade qualcuno dice che non ci sono soldi lì, lui risponde: “Davvero? E allora cosa fate tutti qui?”…Bane, per un momento, è il risentimento per tutto questo. Un risentimento che è presentato come inappropriato, in due diverse maniere.

La prima è la visione liberista del mondo che vi è implicata. A un certo punto, Bruce Wayne – Batman – chiede al manager che gestisce la sua azienda, perché hanno smesso di finanziare un orfanotrofio. La risposta è che senza scopo di lucro non può farne a meno. Il miglioramento sociale qui è direttamente collegato alla crescita delle imprese private, che rientra nella cornice del finanziamento ai bambini bisognosi. Si noti l’assenza dello Stato, che d’altronde è sempre indicato come potenza inefficiente o corrotta, sul piano legislativo come su quello esecutivo…è l’industria e il suo modello amministrativo ideale (la Wayne Corporation sviluppa una fonte di energia più pulita di ogni altra, e un arsenale poderoso, ma con la saggezza di consegnare i prodotti solo nelle “mani giuste”).

[…].

La seconda è l’idea conservatrice di “rivoluzione”. Dopo vari attacchi terroristici a Gotham, Bane parla all’interno di uno stadio raso al suolo: “Non siamo venuti come conquistatori, ma come liberatori, per restituire il controllo di questa città al suo popolo”. Di seguito, libera i prigionieri da un carcere, chiamandoli “oppressi”. Il cattivo si arroga il diritto di iniziare una rivoluzione nel nome della libertà, della gente, degli oppressi. Queste parole, nel film, sono senza contenuto, come il negativo di qualcos’altro stabilito in precedenza…sono termini ideologicamente carichi, associati in genere alla sinistra, in particolare al comunismo….Di più, lo scienziato nucleare che modifica un reattore trasformandolo in un’arma atomica per Bane è di origine russa.

[…].
La rivoluzione di Bane è quasi vuota di forma e di contenuto. In primo luogo, lo spettatore non può prenderla sul serio nemmeno per un istante…ciò che instaurerà è solo barbarie. Come nella visione hobbesiana…il film ci mostra persone disorganizzate, passive, senza spirito di iniziativa, alla mercé delle bande; l’unica istituzione ancora in piedi è una parodia del potere giudiziario. Apolitica, la rivoluzione di Bane è un omaggio allo status quo precedente, l’opzione più solida di fronte a cambiamenti che sono irrazionali attacchi alla democrazia. Coniugando le due idee presentate, abbiamo una proposta sociale chiara, coronata dalla difesa della legge con mezzi coercitivi che vanno al di là della legge: “A volte, le regole diventano catene”, dice Gordon …

Come dice Mark Fisher, sul Guardian

“The Dark Knight Rises disegna linee nitide: i commenti anticapitalisti sono accettabili, ma qualsiasi azione diretta contro i ricchi, o azioni rivoluzionari per la redistribuzione delle risorse, condurranno ad un incubo distopico…[N.B. da qui passo direttamente all’articolo di Fisher citandolo più ampiamente rispetto alla recensione di Duanne Ribeiro]…Ci può essere la tentazione di leggere The Dark Knight Rises come un’allegoria dei tentativi da parte dell’élite di ricostruire il loro status dopo la crisi finanziaria – o almeno di difendere l’idea che ci siano ricchi buoni che, se opportunamente mortificati, potranno salvare il capitalismo dai suoi peggiori eccessi. La fantasia che attraversa i film di Batman di Nolan – che si armonizza con l’atteggiamento di Romney – è che gli eccessi del capitale finanziario possono essere moderati da una combinazione di filantropia, violenza non ammessa ufficialmente e simbolismi. Il cavaliere oscuro ha almeno esposto la doppiezza e la violenza necessaria a preservare le finzioni alle quali i conservatori vogliono farci credere. Ma il nuovo film demonizza l’azione collettiva contro il capitale, mentre ci chiede di confidare in un ricco reso umile dalla vita”.

Come hanno distrutto la Spagna (Concita De Gregorio, la Repubblica)

MADRID – Maria Antonia Ribas ha 48 anni, un figlio matricola all’università e uno al liceo, un ex marito, un lavoro da bibliotecaria alla periferia di Madrid, 1.125 euro al mese, una permanente fatta in casa che le ha bruciato i capelli, una maglietta con il logo del supermercato, una laurea in filologia classica con encomio, un padre militare che la disapprova, una casa di 45 mq in affitto, 650 euro e meno di così in tre non si riesce a spendere.

Ora che passa a 980 di stipendio dovrebbe ritirare i figli da scuola, pensa, e trovare un posto in un alloggio sociale ma non è mica facile, sono tutti pieni e c’è la lista d’attesa, passano prima le donne sole con figli minori e i suoi hanno 16 e 18, non c’è speranza. Si è offerta nel quartiere per fare le pulizie a ore ma nessuno può permettersi più una domestica, quelli che le avevano le hanno già mandate a casa. Sta in piazza con un cartello che dice “se ci volete morti sparateci”, l’ha scritto a pennarello rosso su un cartone della spesa in un momento, chiarisce, “di vero malcontento”.

L’astio e il malcontento di chi sta sottovento. “Per sovrapprezzo – dice – a noi impiegati pubblici ci trattano da profittatori e sfaccendati, gente che ruba lo stipendio dandosi malata, assenteisti perché lo so, certo, ciascuno ha i mente un impiegato delle poste che lascia il cartello “torno subito” per andare a bere il caffè, un’addetta all’anagrafe che manca dal lavoro da due anni, gli aneddoti sono mille. D’altra parte i posti pubblici sono stati usati per decenni dai politici locali come merce di scambio, hanno piazzato figli amici amanti e devoti per generazioni e sicuro che fra questi ce ne saranno parecchi che ne hanno approfittato. Ma siamo quasi tre milioni, e di questi tre milioni la maggioranza, glielo assicuro, è fatta da gente come me: che non è mai mancata un giorno e se necessario ha lavorato fuori orario, che ha aiutato i suoi scolari nei compiti il pomeriggio, ha assistito i malati con pazienza, ha accompagnato a casa l’anziana che non ricordava la strada. Anche di questi episodi potrei raccontarne a centinaia. Noi siamo lo Stato, piaccia o non piaccia. Storto in qualche sua parte, difettoso forse, comunque quello che questo Paese è stato in grado di produrre nei secoli, e gli somiglia. Noi siamo la Spagna, e se ci vogliono morti bisogna chiamare le cose con il loro nome: è una guerra civile“.

Una guerra civile senza ideali da difendere, al contrario di quelle anche recenti di cui i vecchi hanno memoria. Senza parte politica né bandiere. Una guerra cattiva fra chi sta sopravvento e chi sottovento nella barca che fa acqua. Affonderà per tutti, nel caso, ma intanto chi siede sul bordo più alto spinge in mare il suo vicino e nessuno che pensi al vento e alla rotta da tenere: si salvi chi può, il mio vicino è il mio nemico.

E’ l’ossatura dello Stato, questa volta, a ribellarsi contro chi governa: milioni di funzionari pubblici, gente fra quaranta e cinquant’anni più esasperata che rabbiosa, più stanca che indignata. Li vedi in piazza con le magliette slabbrate dalle lavatrici, le donne con le forcine in testa e le ciabatte da ospedale, quello in cui lavorano nei turni di notte.

L’orda dei sottovento, nelle strade di Madrid e della Spagna intera, è un esercito di più due milioni e mezzo di persone, quasi tre. Se cerchi ci trovi la maestra dell’asilo di tuo figlio, l’infermiere che ha assistito tuo padre, la preside della scuola media, il pompiere dell’angolo sotto cas, l’autista del bus, il vigile urbano, la postina. Sfilano sotto i palazzi del governo con le maglie nere, a lutto. Sono la classe media, una volta si sarebbe detto la piccola borghesia impiegatizia. Guadagnano fra mille e duemila e cinquecento euro al mese: i loro stipendi sono stati tagliati tre volte in due anni, l’ultima volta la settimana scorsa, meno sette per cento.

A Natale non prenderanno la tredicesima. L’Iva intanto è salita dal 18 al 21 per cento, la bolletta della luce costa in media 36 euro in più al mese, le tasse universitarie per i figli segnano un più 50 per cento. L’assistenza sanitaria pubblica agli anziani è stata tagliata da quella che chiamano “legge canaglia”, 260 mila ultraottantenni non avranno più diritto a cure pubbliche. L’emigrazione di chi ha fra 25 e 45 anni quest’anno è cresciuta del 44 per cento: scappano. Quasi cinquantamila persone – qualificate, laureate, nell’età centrale della vita – da gennaio a giugno sono fuggite al Nord: Scandinavia, Inghilterra, Germania. Di quelli che sono rimasti uno su quattro è senza lavoro: 25 per cento di disoccupati, e ora sono finiti anche i sussidi.

Il governo di Mariano Rajoy detto “il bugiardo” ha bisogno di 65 milioni di euro. Il bugiardo perché nemmeno questo, gli rimproverano, ha avuto il coraggio di dire: a quanto ammontasse l’importo della manovra. Ieri al dibattito non era in aula. Giorni fa quando ha annunciato i tagli agli stipendi dei dipendenti pubblici e l’abolizione delle tredicesime i deputati del partito popolare lo hanno applaudito. Applausi osceni, con la folla a battere le pentole sotto le finestre del congresso.

Una deputata del Ppe, Andrea Fabra, 39 anni, terza legislatura, figlia di un vecchio notabile di epoca franchista oggi sotto inchiesta per malversazione, ha detto ai microfoni “che si fottano”, que se joden. E’ stata la scintilla che ha dato fuoco alle polveri. Per cinque giorni consecutivi hanno inalberato cartelli contro di lei e per estensione contro la classe politica intera: che si fottano loro, “la prossima disoccupata sia Andrea Fabra”, in spagnolo fa rima.

Per sventurata coincidenza, inoltre, negli stessi giorni si è inaugurato a Castellon, feudo della dinastia politica dei Fabra, il monumento in stile nordcoreano voluto dal padre di Andrea, Carlos, in onore di se medesimo e dell’aeroporto inutilizzato da lui fatto costruire con denari (miliardi) della regione. Il molosso, l’uomo-aereoplano, è costato 300 mila euro e consta di un gigantesco busto maschile sul cui capo sta appoggiato un aereo lucentissimo, l’unico per ora mai visto nell’aerostazione. I centralini dei giornali sono impazziti.

Altro argomento non hanno le lettere pubblicate dai quotidiani: che la classe politica cominci a tagliare da se stessa, che se ne vadano i corrotti, che rinuncino ai loro privilegi, ai posti sicuri per i loro figli incompetenti. Un’onda altissima, una rivolta che non conosce destra né sinistra, una sollevazione di popolo. L’eco dello tsunami è arrivato fino alle stanze ovattate della reggia se di punto in bianco il re e suo figlio Felipe hanno comunicato la decisione sovrana di ridursi del 7 per cento il vitalizio: da 290 a 270 mila euro quello di Juan Carlos, da 145 a 135 quello dell’erede al trono.

Mentre ancora ed ogni giorno si stendono per strada a simulare la morte uomini e donne vestiti di nero finalmente, dopo una settimana, la rampolla dei Fabra ha chiesto scusa, “mandarli a farsi fottere è stato inopportuno“, poi sottovoce ha detto “non penseranno mica che voglia diventare io il capro espiatorio”, perbacco. Il governo ha annunciato in pompa magna, dopo lungo conclave, che i “mileuristas”, coloro che guadagnano meno di mille euro, avranno la tredicesima. Quelli che prendono fino a 962 euro netti, per l’esattezza.

Peccato che, a conti fatti, siano meno di 15 mila: lo 0,6 per cento del totale. Peccato anche che in questo modo chi guadagna 960 euro finirà per avere più di chi ne prende 1100, una guerra fra poveri, nuove e più sgomente proteste. Per la prima volta nella storia del Paese si è assistito in diretta, durante il telegiornale delle nove di sera, all’occupazione del video. Canale 9, la tv autonoma di Valencia – le emittenti delle autonomie locali sono di proprietà delle regioni, in modo diretto o indiretto, e costano milioni di euro – ha presentato un piano di ristrutturazione in cui si annunciano 1295 licenziamenti. Il 76 per cento del personale. A casa, senza ammortizzatori. La nuova legge sui licenziamenti lo consente. Mentre il giornalista leggeva il tg hanno fatto irruzione nello studio a centinaia, quelli che non entravano hanno occupato il palazzo. Intervento della polizia, sgombero, trasmissioni interrotte, video nero. Alle famiglie a casa, all’ora di cena, è sembrato un presagio di guerra.

In effetti lo è. Fioriscono in rete appelli al razionamento, al boicottaggio dei consumi per contrastare l’aumento dell’Iva. Un decalogo diffusissimo inizia così: “Quando vuoi comprare qualcosa chiediti se è realmente necessario o se può aspettare. Non consumare energia: usa le scale per scendere e se puoi anche per salire. Spegni le luci, la sera usa candele. Limita l’uso di tv e computer: gioca a carte, leggi libri“.

Alla biennale di Venezia arriverà dalla Catalogna l’anno prossimo una performance intitolata “25%”, la percentuale dei disoccupati: dieci persone come fantasmi in vetrina. La copertina di un giornale portava la settimana scorsa le fotocopie di tre buste paga. Una maestra con 15 anni di servizio: 2000 euro. Un poliziotto di alto grado e fuori sede: 2300. Un consigliere comunale della stessa città: 5800. Intervistato, il consigliere comunale (34 anni, nessun titolo di studio, indicato dal partito e non eletto) diceva riecheggiando recenti parole di Rajoy: ci riprenderemo, è una fase, non siamo mica l’Uganda.

Di come vadano le cose in Uganda nessuno sa moltissimo, a queste latitudini. Il collasso della classe media del quarto paese più industrializzato d’Occidente [d’Europa, NdR] invece è qui sotto, basta affacciarsi alla finestra del Palazzo. Quasi tre milioni di persone coi piedi già in acqua. A lasciarli scivolare in mare sarà un’ecatombe. Non è detto che non corra sangue, nella lotta per la sopravvivenza. Non è detto, soprattutto, che senza equipaggio né rotta la barca comune non affondi comunque. 

http://www.repubblica.it/esteri/2012/07/20/news/spagna_pochi_soldi_e_tanti_sacrifici_la_classe_media_cos_ci_soffocate-39372664/

L’opposizione siriana democratica è contraria ad interventi armati

Sami Ramadani è docente di sociologia alla London Metropolitan University ed è stato un rifugiato politico a causa della sua opposizione al regime di Saddam Hussein. Il suo parere va letto anche tenendo conto delle valutazioni della commissione dell’ONU per i diritti umani, che ha avvisato che un’ulteriore militarizzazione del conflitto sarà catastrofica per la popolazione siriana; dei tentativi di riconciliazione dal basso che sono già in atto; e dell’analisi di uno dei leader dell’opposizione democratica siriana ad Assad.

“Il generale americano Wesley Clerk, l’ex comandante supremo delle forze alleate in Europa, ha rivelato che poche settimane dopo l’11 settembre l’allora segretario alla difesa Donald Rumsfeld gli aveva spiegato come “stiamo andando a prenderci sette paesi in cinque anni, iniziando con l’Iraq, e poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan, per finire con l’Iran”. Dopo aver invaso l’Afghanistan, naturalmente.

Nel 2003 l’occupazione dell’Iraq non è però andata secondo i piani e Israele è stato sconfitto in Libano nel 2006. La caduta degli alleati degli USA e dell’Arabia Saudita Zine al-Abidine Ben Ali in Tunisia e Hosni Mubarak in Egitto ha generato ulteriore trepidazione, che ha condotto al bombardamento Nato della Libia. L’obiettivo di oggi è la Siria, che è il cuore di ciò che il re di Giordania Abdullah ha chiamato la “mezzaluna sciita”: Libano, Siria, Iraq e Iran.

È l’opposizione di questa “mezzaluna” all’egemonia degli Stati Uniti e di Israele, piuttosto che i diritti umani o la religione, ad essere al centro delle preoccupazioni di Washington e dei suoi alleati dittatoriali nella regione. Infatti non molto tempo fa i governanti sauditi finanziavano il cosiddetto regime “sciita alawita” dell’ex presidente siriano Hafez al-Assad ed intrattenevano buoni rapporti con l’Iran sciita sotto la dittatura dello Shah. Ancora oggi, in Iraq,  sostengono l’ex primo ministro sciita pro-USA Ayad Allawi contro Nouri al-Maliki, l’attuale primo ministro sciita. Ed il Congresso degli Stati Uniti ha coltivato l’iraniana Mujahideen e-Khalq, un’organizzazione “sciita” classificata dagli stessi Stati Uniti come un gruppo terroristico.

È ormai evidente che si è avuta una riconsiderazione strategica delle priorità regionali statunitensi-saudite-israeliane in seguito alle forti perdite americane in Iraq ed alla crescente opposizione popolare americana alle guerre degli Stati Uniti. Nel suo saggio apparso sul New Yorker nel 2007, il giornalista Seymour Hersh [premio Pulitzer, NdT] ha riferito che alcuni alti funzionari statunitensi hanno deciso un cambio di strategia non solo in Iraq, ma anche in Libano e Siria: “In Libano, l’amministrazione ha collaborato con il governo dell’Arabia Saudita, che è sunnita [wahabita], in operazioni clandestine che sono destinate a indebolire Hezbollah, l’organizzazione sciita che è sostenuta dall’Iran. Gli Stati Uniti hanno anche preso parte ad operazioni segrete contro Iran ed il suo alleato, la Siria. Un effetto di queste attività è stato il rafforzamento di gruppi estremisti sunniti che sposano una visione militante dell’Islam, sono ostili all’America e simpatizzano per al-Qaeda”. Ma si è ritenuto che la Siria e l’Iran fossero “più pericolosi” dei sostenitori di al-Qaeda. Le procedure del Congresso sono state eluse “affidando finanziamento e fase esecutiva ai sauditi”.

L’Iran ha puntato il dito contro una “base di addestramento per terroristi” organizzata dagli israeliani nel Kurdistan iracheno, che rappresenta la via principale per l’intervento in Siria.

La tolleranza degli Stati Uniti e della Nato nei confronti di al-Qaeda era già evidente in Libia. E con al-Qaeda che ha ufficialmente dichiarato guerra al regime siriano è nata, di fatto, una sorprendente alleanza americano-saudita-israeliana-al-Qaeda, un matrimonio di convenienza contro la mezzaluna sciita antiamericana. Si tratta di un’alleanza non troppo dissimile da quella che dichiarò guerra ai comunisti “infedeli” in Afghanistan nel 1980.

Molti iracheni hanno anche concluso che le forze di occupazione guidate dagli USA hanno seguito la stessa strategia chiudendo un occhio di fronte al terrorismo settario fomentato dagli al-Qaedisti in Iraq, perché indeboliva la resistenza patriottica contro l’occupazione ed incoraggiava le divisioni.

Man mano che la minaccia alla loro egemonia si faceva sempre più vicina, inghiottendo i vicini Yemen e Bahrain, sede della quinta flotta degli Stati Uniti, i governanti sauditi e del Qatar hanno messo da parte la loro rivalità e si sono impegnati a schiacciare violentemente la rivolta popolare del Bahrein e a minare i movimenti di protesta democratici nello Yemen e nell’intera regione. Con il sostegno della CIA e della Turchia, il metodo prediletto è stato quello di coprire di petrodollari certe fazioni selezionate militarizzando i conflitti. Nel frattempo, il Pentagono sta perfezionando le opzioni militari degli Stati Uniti contro la Siria e la CIA sta addestrando ed organizzando l’esercito siriano libero (FSA) ed appoggiando il Consiglio Nazionale Siriano (SNC).

Ma ciò che viene sottaciuto in relazione alla Siria è che le organizzazioni democratiche di opposizione, che hanno subito decenni di repressione da parte del regime e, probabilmente, rappresentano la volontà della maggioranza dei siriani, sono fortemente contrarie alla militarizzazione delle proteste. Esse hanno affermato che la militarizzazione ha indebolito il crescente movimento di massa che cercava un radicale cambiamento democratico, mentre ha lasciato la porta spalancata all’intervento straniero, ha sfibrato il tessuto sociale della società siriana ed ha aiutato le forze israeliane che occupano le alture siriane del Golan, dove i carri armati israeliani sono ad un’ora di distanza da Damasco. Hanno anche tratto insegnamento dalla distruzione dell’Iraq e dalle centinaia di migliaia di rifugiati iracheni che sono fuggiti in Siria dopo l’invasione guidata dagli Usa.

Tuttavia i media qui e nel mondo arabo, e soprattutto l’influente al-Jazeera, di proprietà della famiglia regnante del Qatar, si fanno portavoce delle fazioni pro-intervento del SNC e della FSA, fondata e sostenuta logisticamente dalla Turchia, membro della Nato.

Tutto questo ricorda tristemente il preludio all’invasione dell’Iraq e la circolazione di storie inventate di sana pianta da Blair, Bush e dalle fazioni pro-intervento irachene, mentre l’opposizione a Saddam contraria alla guerra fu emarginata. C’è stata la grande menzogna delle armi di distruzione di massa, ma anche quella dei soldati iracheni che strappavano i bambini dalle incubatrici e quella che Saddam Hussein usava delle macchine per tritare le persone. Il giornale di Murdoch, The Sun, si vantò: “L’opinione pubblica cominciò ad appoggiare Tony Blair quando gli elettori appresero che i dissidenti venivano buttati da Saddam Hussein nei trituratori industriali”.

Quelli che vogliono un intervento “umanitario” NATO in Siria dicono che la Siria non è l’Iraq. Hanno ragione: la Siria sarà molto peggio. Devono dirci che cosa accadrà alle 25 minoranze etniche e religiose della Siria, tra cui il 10% di cristiani 10% ed il 10% di alawiti, se alcuni esponenti del clero fondamentalista che gode dei favori di Qatar ed Arabia Saudita arriveranno al potere. Oppure ai milioni di donne siriane, che hanno molti più diritti delle donne saudite. Oppure ai rifugiati iracheni in Siria.

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/jul/03/military-intervention-syria-disastrous-people

La mitezza non divenga mai un alibi

Tutti vedono la violenza del fiume in piena, nessuno vede la violenza degli argini che lo costringono.

Proverbio cinese

Allora anche i miti non disdegneranno di uscire dalla loro indole profonda e indossare quella dei loro nemici. Si tratta di combattere una buona battaglia che, nei risultati sperati, non contraddice affatto ma ribadisce la loro fedeltà alla mitezza. Quando ciò accadesse, quando ciò accadrà, bisognerebbe, bisognerà temere l’ira dei miti.

Gustavo Zagrebelsky, “Bobbio: la forza dei miti”, La Stampa, mercoledì 13 ottobre 2010

Arrivano momenti in cui diventa d’obbligo liberare una rabbia che scuota i cieli. Esiste un momento in cui bisogna dar fuoco alle polveri. In risposta a un’offesa grave, contro l’anima o lo spirito. Prima bisogna provare con tutte le altre strade ragionevoli per ottenere un cambiamento, ma se non portano a nulla allora occorre scegliere il momento giusto …giusto, come la pioggia…il momento in cui tirar fuori le viscere, il momento della collera giusta, della rabbia giusta.

Clarissa Pinkola Estés, “Donne che corrono coi lupi”

È sempre l’oppressore, non l’oppresso, che determina la forma della lotta.

Nelson Mandela

Avevo l’impressione che la guerra, pur non potendo mai essere un bene positivo o assoluto, potesse servire come bene negativo nel senso di impedire la diffusione e la crescita di una forza malvagia. per quanto orribile sia, la guerra potrebbe essere preferibile alla resa a un sistema totalitario: nazista, fascista o comunista…Dopo la lettura di Niebuhr, cercai di arrivare a un pacifismo realistico.

Martin Luther King

Il diritto alla tolleranza illimitata favorisce i forti a scapito dei deboli.

Claudio Pavone

Tu puoi essere pacifista fino all’estremo ed essere disposto al martirio per testimoniare la tua fede, ma ti sentiresti di rimanere inerte quando altri che non partecipano della tua fede sono esposti alla violenza? Ti sentiresti di dire loro: in nome di ciò che io credo, tu lasciati massacrare? Non sarebbe questa, a sua volta, un’estrema violenza, per di più rivestita di buoni sentimenti?

Gustavo Zagrebelsky, “La felicità della democrazia: un dialogo”, 2011

A proposito del disarmo, cavallo di battaglia dei pacifisti: che io butti via le mie armi non serve a niente. Né serve a qualche cosa che le buttino via tutti tranne uno, perché quest’uno diventerà il padrone della terra. Continuare a dichiarare il proprio pacifismo assoluto serve a salvare la propria anima. Serve anche a salvare il mondo? Alla base del nostro dissenso c’è forse la sua affermazione che le tendenze dominatrici e distruttrici sono patologiche e non fisiologiche nella natura umana. Tanto lei che io sappiamo ben poco della natura umana. Ma dalle testimonianze della storia e dei fatti che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi, sarei più prudente, o almeno distribuirei in parti eguali quello che appartiene alla grandezza e quello che appartiene alla miseria dell’uomo.

Norberto Bobbio a Enrico Peyretti (16 agosto 1993)

[Alexander Kerenksij è] un uomo onesto, sincero e pronto a dare la vita per il suo Paese. Ma che non sa assolutamente niente dell’arte del governo e immagina di fare grandi cose quando elabora sulla carta piani per l’abolizione della pena di morte in tempi di guerra e di rivoluzione. Aborrisce forza, violenza e crudeltà e pensa davvero che sia possibile esercitare il potere con parole gentili e sentimenti elevati. Più di ogni altra cosa sembra compiacersi della sua purezza, umanità e idealismo. Un uomo buono, ma un cattivo leader, di fatto il tipo perfetto dell’intelletto russo.

Pitirim A. Sorokin, già collaboratore di Kerenskij nel governo provvisorio del 1917.

L’idealismo degli indignati, convinti che la mera protesta prolungata farà cambiare atteggiamento a chi di dovere, è deleterio, futile e ottuso. La mitezza nei confronti della tracotanza e della violenza ha la stessa efficacia del belato di un agnellino nel tenere alla larga un branco di lupi. Arriva il momento in cui bisogna battersi per la libertà e la dignità. E battersi significa dire no ad un sistema decadente e corrotto e dire sì ad un sistema che va costruito assieme. Altrimenti è nichilismo, ribellismo luciferino, male travestito da bene.

La mitezza, che Bobbio definiva “la più impolitica delle virtù”, non va confusa con la passività mansueta. Per Bobbio il mite non è remissivo davanti alla soperchieria, anzi è baluardo contro l’arroganza (l’opinione eccessiva di sé che giustifica la sopraffazione), la protervia (l’ostentazione dell’arroganza) e la prepotenza (l’abuso di potere ostentato e praticato).

Bobbio, come Aung San Suu Kiy, era un fautore della mitezza, che considerava il contrario della tracotanza (l’hybris dei Greci), della protervia, dell’ostentazione, della prepotenza, senza però diventare remissivi e cedevoli di fronte alla soperchieria, senza farsi agnello al cospetto del lupo, perché non si può sfuggire al dovere di difendere il debole dal forte (etica della responsabilità). Permettere al nostro prossimo di essere quello che è ma, contemporaneamente, fare in modo che capisca che la cosa dev’essere reciproca (Bobbio, 2010).

La mitezza illimitata è un vizio, che comprende in sé imbecillità, passività, ignavia, apatia, irresponsabilità, connivenza e complicità involontaria con i violenti (Zagrebelsky, “Bobbio: la forza del mite”, La Stampa, 13 ottobre 2010).

Aung San Suu Kiy ci rammenta che (ibidem, p. 178): “essere compiacenti è molto pericoloso. Vogliamo liberare la gente da questo atteggiamento. […]. Credo che molte persone accettino le cose per paura o per inerzia. Questa disponibilità ad accettare senza fare domande dev’essere eliminata…Dopo tutto il Buddha non accettava lo status quo senza metterlo in dubbio”.

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