Che c’entra Capezzone? Il risentimento si accumula finché si sfoga in maniera esageratamente violenta. Gli USA hanno accumulato un “debito karmico” immenso. Mi spiace per i milioni di americani innocenti e in buona fede.
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DOMANDA: Per uscire da questo declino americano basta un’elezione?
RISPOSTA: “Oppure una grave crisi, tipo una mossa di Putin nell’area Nato, che spinga gli Usa a reagire”.
Ian Bremmer intervistato dalla Stampa (anzi, “il grande Bremmer”, secondo il famigerato Riotta)
Ian Bremmer è uno degli analisi più pagati del mondo.
Molto probabilmente perché non è per nulla indipendente: “Scherza col suo «muppet», il pupazzo che un amico gli ha costruito a sua immagine e somiglianza” (una “sottile” allusione?).
Esaminiamo un po’ alcuni dei suoi punti fermi:
* “La Germania ha una visione economica e non geopolitica”.
La quarta potenza economica mondiale non ha una visione geopolitica (perché ha la maggior concentrazione di basi americane nel mondo?)…Che arroganza! Ce l’ha eccome, anche se non piace a Washington:
* “Snowden è un traditore”: Russia e Cina sono molto peggio di noi (ergo: zitto e mosca);
* “I russi aspettano solo una scusa per invadere, e se gli ucraini non gliela daranno, continueranno a destabilizzare il governo”.
Mentre i 5 miliardi di dollari della Nuland non servivano a destabilizzare un governo legittimamente eletto e il capo della CIA a Kiev sotto mentite spoglie era in visita di piacere
* “Dovremmo smettere di punire i russi, pensare nuove sanzioni, o cercare di isolarli, quando nessuno dei Brics, e neppure gli europei, sono decisi a farlo. Cercare piuttosto un compromesso, sulla base del modello federale suggerito dallo stesso ministro Lavrov”.
*“Putin può sembrare vincente ora, ma nel lungo termine è perdente sul piano politico, economico, demografico, diplomatico, militare. La Russia è in declino e ha amici orribili. Basta non fare l’errore di spingerla nelle braccia della Cina”.
Amici come il Brasile, l’India e il Sud Africa?
Vogliamo parlare degli amici degli USA? Israele, Arabia Saudita, Bahrein, Kuwait, EAU, Turchia, Kosovo (narcostato), il generale golpista al Sisi, i salafiti, i wahabiti, gli integralisti cattolici polacchi e croati, Gladio, ecc.
A suo tempo gli americani hanno aiutato Pol Pot (!!!) in funzione anti-vietnamita
Penso che questi episodi, come quelli in America Latina, quei popoli se li siano legati al dito e prima o poi presenteranno il conto. Quando il bullo è a terra, le sue vittime…
“Ora che la crisi più grave è passata, il nuovo governo [Renzi] ha la possibilità di affrontarli. Di certo non ha bisogno dello shock e dei danni che la crisi russa minaccia di provocare all’economia europea”.
Gli americani sono convinti che la Russia sia messa così male che basterà tenerla sotto pressione qualche mese in Ucraina per piegarla.
I russi sono convinti che UK e USA sono messi così male che basterà aspettare che il nuovo governo ucraino si inimichi gli ucraini e che Wall Street crolli per liberarsi dalla pressione della NATO.
La Germania si sta sganciando dalla NATO. Il Giappone intende proteggere le sue relazioni con la Russia. Gli altri BRICS sono schierati con la Russia. L’Iran, che la Casa Bianca vuole come alleato (cf. Brzezsinki, Ian Bremmer), stringe accordi con la Russia escludendo il dollaro.
Non è difficile capire quale sia la valutazione che va per la maggiore.
Non è difficile immaginare su quale cavallo puntare, se si hanno soldi da investire.
Com’è che l’analista di riferimento di Wall Street non pare averlo capito? (A che gioco gioca?)
Inizia la fase decisiva per il recupero della nave da crociera: alla fine sarà raddrizzata e fatta galleggiare.
RomagnaNoi, 17 aprile 2013
L’Italia può essere raddrizzata a fatta galleggiare, se ci sarà concordia, rispetto e fiducia tra un PD rinnovato e il M5S.
Ci sono forze non-democratiche che avrebbero tutto da guadagnare da una giacobinizzazione del M5S e dalla formazione di un fossato invalicabile che separasse queste due espressioni della politica italiana:
Provo un certo godimento, degli orgasmi, a vedere Grillo sfasciare tutto. Il nostro sistema politico è talmente marcio che spero che dal grande caos rinasca tutto. Oggi voterei per lui.
A questo proposito, mi trovo, come sempre più spesso mi capita, in sintonia con Barbara Spinelli:
L’accordo fra sinistra e 5 Stelle sul nome del Presidente è infecondo solo se teniamo il naso schiacciato sull’oggi, anzi sull’ieri (le larghe intese erano solo con la destra). Se guardiamo lontano, se vediamo lo sfaldarsi del Pd non come una sciagura ma come un’opportunità, l’accordo con Cinque Stelle può essere reinvenzione democratica. Tra le righe è quel che dice Fabrizio Barca, nel programma presentato il 12 aprile in favore di un Pd disfatto e rifatto a nuovo.
I militanti di 5 Stelle preconizzano ad esempio l’immissione nella democrazia rappresentativa di esperienze sempre più estese di democrazia deliberativa, diretta. Non siamo lontani dallo sperimentalismo democratico che secondo Barca deve innervare il futuro Pd…
Chi adotta il metodo minimalista non crede che lo Stato possa molto, per curare la democrazia malata o attenuare la povertà sociale. Quel che gli importa, è preservare una chiusa élite (di esperti politici, di tecnici) che prenderà decisioni senza curarsi se funzionino, convinta com’è che i piani di austerità daranno ineluttabilmente frutti anche se immiseriscono popoli interi.
Il candidato al Colle preferito da simili élite non deve essere popolare, non deve nemmeno rappresentare un emblema ideale per i cittadini: deve essere abile, e soprattutto omogeneo alle oligarchie che lo faranno re. Meno popolare sarà, più sarà scongiurato il pericolo, temuto dai benpensanti del vecchio ordine, del populismo. A parole, i minimalisti si augurano uno Stato leggero, non invadente. Nei fatti, le oligarchie partitocratiche vivono in osmosi con lo Stato e rendono quest’ultimo più che pervasivo, indifferente alla voce di chi (localmente, nelle Azioni Popolari, nei voti online) reclama cambiamenti.
Tutt’altra l’idea degli sperimentatori, o della democrazia deliberativa: è il metodo sfociato nel voto, da parte degli attivisti di M5S, dei candidati al Colle. L’esperimento è difficile, ma innovativo e molto più onesto di quel che era stato pronosticato. Non tutti i candidati vincenti erano graditi ai vertici del Movimento: tuttavia il verdetto è stato accolto democraticamente e con responsabilità istituzionale.
[…].
Stupidità fanfaronesche s’incrociano spesso sul web. Ma ancor più funeste dilagano nei non meno virtuali palazzi del potere. Le cerchie partitiche, o tecniche, mostrano una conoscenza del pubblico interesse infinitamente meno vigile. Sono le cerchie contro cui si scaglia Barca, quando denuncia i “partiti di occupazione dello Stato, dove si vende e si compra di tutto: prebende, ruoli, pensioni, appalti, concessioni, ma anche regole, visioni, idee”. Berlinguer usò parole quasi eguali, quando ruppe col compromesso storico e denunciò la degenerazione dei partiti, Pci compreso (“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo”, disse a Eugenio Scalfari su Repubblica, il 28-7-81).
[…].
Non sappiamo ancora se le strade di Barca e di Grillo si incontreranno. Se dall’eventuale incontro la democrazia uscirà più forte. Se il M5S intirizzirà, a forza di rifiutare alleanze. Resta che l’Italia ha bisogno di sperimentatori, non di minimalisti. Che solo i primi sono in grado di guardare in faccia la crisi, e di mutare anche l’Europa. Di ripensare l’austerità come aveva provato Berlinguer nel 1977, quando il capitalismo aveva appena cominciato a vacillare.
Io ho amore per la ragione, ma non ne ho per il fanatismo. La ragione ci guida e ci illumina, ma quando ne avrete fatto una divinità, essa vi accecherà e vi indurrà al delitto.
Brotteaux (da Anatole France, “Gli dèi hanno sete”).
GIACOBINISMO
I popoli non giudicano come le corti giudiziarie, non emettono sentenze: lanciano la loro folgore; non condannano i re: li piombano nel nulla… quale altra legge può seguire il popolo se non quella della giustizia e della ragione sostenute dalla sua onnipotenza?
Maximilien Robespierre, “Discorso per la condanna a morte di Luigi Capeto”, 3 dicembre 1792.
Io ho sostenuto, tra persecuzioni incredibili e senza appoggi, che il popolo non ha mai torto, io ho osato proclamare questa verità in un tempo in cui non era ancora riconosciuta; il corso della rivoluzione l’ha dimostrato.
Maximilien Robespierre, 25 febbraio 1793
Il fine della rivoluzione è il trionfo dell’Innocenza.
Robespierre
Questa nostra Rivoluzione è una religione e Robespierre è il capo della setta. È un prete che governa i devoti…Robespierre predica, Robespierre censura, è furioso, solenne, melanconico, esaltato – ma tutto freddamente; i suoi pensiero fluiscono con regolarità, le sue abitudini sono regolari; tuona contro i ricchi e i grandi; vive con molto poco; non ha bisogni. Ha una sola missione – parlare, e parla incessantemente; crea discepoli…parla di Dio e della Provvidenza; si definisce amico degli umili e dei deboli…riceve la loro venerazione…è un prete e non sarà mai altro che un prete.
Condorcet (1743 –1794) su Robespierre, articolo apparso su Chronique de Paris
Voi dovete punire non solo i traditori, ma anche gli indifferenti; dovete punire chiunque sia apatico nella Repubblica e non faccia nulla per essa; giacché, dopo che il popolo ha manifestato la sua volontà, tutto ciò che si oppone ad essa si pone fuori del popolo sovrano, e tutto ciò che è fuori del popolo sovrano è nemico.
Saint-Just, “Sulla necessità di dichiarare il governo rivoluzionario fino alla pace”, 10 ottobre 1793
La rivoluzione deve fermarsi quando abbia raggiunto la perfezione della felicità e della libertà pubblica per mezzo delle leggi. I suoi slanci non hanno altro scopo, e devono spazzar via tutto ciò che vi si oppone.
Saint-Just, “Frammenti sulle istituzioni repubblicane”, 1794
Quello che costituisce una Repubblica è la distruzione di tutto ciò che la contraria.
Saint-Just
Molti dei Francesi che ci avevano appoggiato ci guardavano come dei pazzi, come degli energumeni, spesso persino come degli scellerati.
René Levasseur de la Sarthe, giacobino, 1795.
La rivoluzione francese mi ha influenzato molto e in special modo Robespierre…Robespierre è il mio eroe. Robespierre e Pol Pot: entrambi hanno la medesima qualità di determinazione ed integrità.
Suong Sikoeun, uno dei leader dei Khmer Rossi (1975-1979)
Il problema non è il terrore in quanto tale, il nostro compito è precisamente quello di reinventare il terrore emancipatore.
Slavoj Zizek, “In difesa delle cause perse: materiali per la rivoluzione globale”, 2009.
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Saint-Just, orfano di padre e di origine contadina, giunto squattrinato a Parigi e col vizio del gioco d’azzardo, si iscrive ad una loggia massonica che gli finanzierà le pubblicazioni sovversive e libertine e l’acquisto di 8 ettari di terreno.
“Intanto l’abilissimo Jean de Batz, che sembra avere innato il genio dell’intrigo e della corruzione, sta preparando il suo piano: suscitare di continuo tali dissensi e sospetti in seno alla Convenzione da spingerla a disfarsi, in fasi successive, di tutti i suoi uomini più rappresentativi. […]. De Batz ordina ai suoi agenti, che ostentano di proposito un esacerbato giacobinismo (tutti o quasi, si noti, ricchi banchieri e uomini d’affari come Dufourny, Proly, Desfieux, pereyra, Gusman, d’Espagnac e i due fratelli Frey), di spingere sempre più gli estremisti a favorire, con ogni mezzo, un’insurrezione popolare che faccia sparire i deputati della Gironda, tutti irrequieti partigiani della monarchia costituzionale”.
[Da: “Saint-Just”, di Mario Mazzucchelli. Milano : Dall’Oglio, 1980, p. 109].
GRILLISMO
“Siamo la rivoluzione francese senza la ghigliottina” (Grillo 29 marzo 2013)
“Il Movimento 5 Stelle è il cambiamento che non si può arrestare, è il segno dei tempi. È l’avvento di una democrazia popolare che pretende di decidere, di controllare il destino del suo Paese, del suo Comune, della sua vita”
“In parlamento pronti alla rivoluzione”
“Arrendetevi!Siete circondati dal popolo italiano. Uscite con le mani alzate. Nessuno vi toccherà. Il vostro tempo è finito, non abusate della fortuna che vi ha assistito finora. Di voi, ormai, nelle piazze, tra la gente, si parla al passato, come di persone estinte. Quando apparite in televisione scatta l’insulto che equivale al vilipendio di cadavere. Quello che stupisce è la vostra folle ostinazione a non farvi da parte come se foste investiti da una missione divina. C’è in ciò qualcosa di patologico, che richiede l’intervento di uno psichiatra”.
“Siete terrorizzati, in preda di attacchi d’ansia al pensiero di perdere il potere, di qualcuno che potrà rovistare nei vostri cassetti, capire, scoprire, denunciare. Vi consiglio comunque uno, due, tre, cento passi indietro. Se anche vinceste queste elezioni avrete solo rimandato il cambiamento, durerete un anno, forse meno, ha senso? Fate una pubblica ammissione di colpa e chiedete agli italiani di perdonarvi. Arrendetevi. La vostra stessa presenza è diventata insopportabile. Il vostro tirarvi fuori da ogni responsabilità, lo scuotere le piume e minacciare come dei guappi, lo stalking a cui sottoponete gli italiani sono al di là di ogni sopportazione. Arrendetevi. Non potrete dire che non vi ho avvisato”.
“Apriremo il Parlamento come una scatoladi tonno”
“Siamo i pasdaran anti casta”
“Siamo i marziani a cinque stelle”
“So perfettamente che nei prossimi giorni ci sarà la fila di pennivendoli, di zoccoli dell’informazione, di specialisti della macchina della merda all’attacco del M5S. Lo so benissimo. Sono l’ultima barriera della Casta prima dell’urna. Ci vediamo in Parlamento e subito dopo in tribunale. Preparate il quinto dello stipendio se ne avete uno”.
“Un po’ Don Chisciotte e un po’ Savonarola”
“Il loro tempo è finito. Ci riprenderemo i nostri soldi”
“Niente onorevole, sarà Cittadino del MoVimento 5 Stelle, il leader sarà il MoVimento”.
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Ci sono numerose analogie tra giacobinismo e grillismo più radicale: fede rivoluzionaria, esigenza di sovversione totale, epurazioni, “dispotismo della libertà”, magistero di ortodossia, implacabilità, radicalismo, assolutismo, egualitarismo radicale, messianismo, antiliberalismo, antiparlamentarismo, meccanismi di produzione dell’unanimità, centralismo decisionale, cinismo (e nichilismo rottamatore), sospensione della realtà e trionfo del principio sul fatto, virtù indivisibile del MoVimento che perciò deve restare unito, fanatismo, violenza verbale, terrorismo psicologico.
I leader rivoluzionari più estremisti sono più spesso ventenni-trentenni, con poca esperienza di vita, che impongono la loro rozza, inesperta visione del mondo a tutti gli altri. Coltivano orgoglio, a volte crudeltà, quasi sempre un appetito di dominazione. Sono tigri erudite che non hanno ancora avuto tempo di diventare adulte.
Un fanatico austero, dal cuore freddo come la sua morale, Saint-Just si paragona a Tarquinio e Muzio Scevola. Lui e Robespierre usano spessissimo i termini “cuore”, “sensibilità” e “virtù”, come se dovessero supplire verbalmente alla loro mancanza di cuore, sensibilità e virtuosità. Saint-Just si attribuisce una ragguardevole dose di virtù, ma è un pessimo giudice di se stesso – come tutti gli esseri umani.
Sfortunatamente le rivoluzioni spesso nutrono mostri in forma umana e da esse sono fatte degenerare. La rivoluzione è anche l’habitat per gli psicopatici integrati, quelli che s’irrigidiscono nei moralismi e si fissano intransigentemente sulle virtù etiche perché non hanno empatia e quindi non possono sapere cosa sia un comportamento spontaneamente morale.
I pifferai di Hamelin sono responsabili della conversione della rivoluzione in una crociata teocratica, in un moloch che divora gli esseri umani. In nome della loro certezza che siccome c’è una sola verità e loro sono riusciti a comprenderla, ad impadronirsene definitivamente, chiunque sia in disaccordo è motivato da propositi maligni.
Robespierre si considera e dichiara vittima di persecuzione tutte le volte che qualcuno lo contraddice, si sente investito di una sacra missione, e patisce un’immensa frustrazione quando il mondo si rifiuta di sottomettersi al suo volere.
Lo stesso discorso vale per Saint-Just. Sono entrambi sicuri che la cosa giusta da fare sia ridurre la diversità del mondo al proprio denominatore individuale. Il loro ego ipertrofico proietta sul gruppo la loro esigenza di uniformità, di una singola volontà, di un carattere unitario: la premessa di ogni politica genocidaria.
Sono l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine.
Notiamo la stessa logica in molti dittatori ma anche in Karl Rove. Nel 2002, un consigliere di George W. Bush, presumibilmente Karl Rove, spiegò a Ron Suskind: “Ora noi siamo un impero e quando agiamo, creiamo la nostra realtà. E mentre voi state giudiziosamente analizzando quella realtà, noi agiremo di nuovo e ne creeremo un’altra e poi un’altra ancora che potrete studiare. È così che andranno le cose. Noi facciamo la storia e a voi, a tutti voi, non resterà altro da fare che studiare ciò che facciamo”.
O tutto o niente, o con noi o contro di noi, ora o mai più.
Non c’è rivolta senza una filosofia del limite. Sono gli psicopatici che rifiutano i limiti e non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Il M5S va salvato dalla giacobinizzazione, prima che intossichi la vita del paese ed apra la strada a soluzioni autoritarie di giovani leader “salvifici”.
Grillo non ha sposato la decrescita, ma molti elettori ed eletti del M5S sì
Maurizio Pallante
Non sono assolutamente a favore della decrescita; io sono per una crescita qualitativa e per un calcolo del Pil diverso come ha provato a dimostrare Joseph Stiglitz
Diffido della decrescita come idea ma apprezzo la portata etica del richiamo al cambiamento degli stili di vita, occorre fare meglio con meno e in modo sostenibile per le nuove generazioni.
Walter Ganapini, co-fondatore di Legambiente, ex presidente di Greenpeace Italia
Sinora si è agito all’insegna del motto olimpico “citius, altius, fortius” (più veloce, più alto, più forte) che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la mobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana ed onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in “lentius, profundius, suavius” (più lento, più profondo, più dolce), e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso.
Alexander Langer
Prima di tutto, riflettete: gli oligarchi che governano il mondo si sono dimostrati a favore della crescita o dell’austerità (1929-2014)? Hanno favorito il progresso tecnologico (es. fusione fredda) o l’hanno ostacolato? Hanno favorito la diffusione della conoscenza o l’hanno ostacolata (es. brevetti e accesso salatissimo a riviste scientifiche)? Si sono comportati come signorotti feudali oscurantisti oppure come emancipatori dei singoli e dell’intero genere umano? Una società privata di reali prospettive di crescita è più facile o difficile da controllare, rispetto a una società in crescita, che sa quanto vale e avanza rivendicazioni che considera intrinsecamente legittime (quante rivoluzioni/rivolte/insubordinazioni di massa in Europa e Stati Uniti – quante nel Terzo Mondo)? Almeno su quest’ultimo punto, Marx aveva completamente ragione.
Chi ha lanciato il meme “decrescita”? Uno studio commissionato dal Club di Roma che ne ripudiò le conclusioni, ma non riuscì mai a dissociare il suo nome dal sensazionalismo che circondò quella che divenne presto la Bibbia dell’ecologismo.
I “decrescisti” non si curano di chi gli darà un lavoro, chi pagherà le loro pensioni e ricoveri quando saranno vecchi, o i loro sussidi di disoccupazione. Latouche vada un po’ a sentire cosa ne pensano della decrescita (austerità pianificata e volontaria) gli immigrati, i rifugiati, i profughi, i precari, i disoccupati, gli abitanti dei paesi in via di sviluppo.
I decrescisti raccomandano una decrescita gestita al posto dell’austerità subita, ma non è chiaro che tipo di “governance” abbiano in mente e come questa potrebbe essere democratica. È possibile, lecito e morale vietare ad ogni imprenditore, centro di ricerche, agricoltore, commerciante, artigiano, giovane coppia, ecc. di intraprendere una qualunque iniziativa espansiva per evitare che l’effetto cumulato sia quello di una crescita? In che senso ciò sarebbe diverso dal programma di Pol Pot e dei Khmer rossi? Sarebbe, suo malgrado e con le migliori intenzioni, una società totalitaria, determinata a conservare ogni essere umano allo stato di bonsai.
La legatura dei piedi e il bonsai sono efficaci metafore per illustrare il tipo di restrizioni che dovrebbero prevenire il ritorno alla crescita e quindi all’espressione concreta dell’eccellenza dei singoli. Sarebbe una distopia falsamente egalitaria che abolirebbe per decreto e in nome di una presunta utilità collettiva tutto ciò che potrebbe distinguere una persona dall’altra, sancendo che il mero atto di far valere la propria personalità e dar forma materiale alla propria creatività e ai propri talenti è intrinsecamente sbagliato e disdicevole; in altre parole, che qualcosa è andato storto nell’evoluzione umana se ci si ostina a voler crescere.
L’alternativa al capitalismo globalista sfrenato ed insostenibile è solo un’autarchia localista incapace di garantire un reddito a tutti? Non ci sono alternative tra un estremo e l’altro? Bianco o Nero? Obesità o anoressia?
Non è forse vero che l’ossessione crescista dipende dal fatto che le risorse non circolano e non vengono ridistribuite ma si concentrano nelle mani di pochi? Il benessere della civiltà umana dipende dal costante flusso di energia/risorse: la decrescita lo bloccherebbe allo stesso modo in cui lo bloccano le oligarchie del nostro tempo.
Il fatto che, dal 2011 in poi, sia sempre più difficile trovare interviste di Latouche (a proposito, se ama così tanto il mondo contadino e nel suo decalogo chiede una moratoria sull’innovazione tecnico-scientifica, perché continua a risiedere a Parigi?) in inglese, francese (!!!), spagnolo o tedesco, mentre abbondano in italiano, è significativo: provinciali eravamo e provinciali siamo rimasti – ci meritiamo proprio un profeta del localismo. Mi auguro solo che, prima o poi, anche l’Italia sappia recuperare il terreno perduto, superando questa fase di immaturità culturale ed intellettuale.
La differenza tra austerità recessiva e decrescita “felice” è quella che passa tra dissanguamento e donazione del sangue. La sera vai a letto presto in entrambi i casi, perché non ti reggi in piedi
[Sono in disaccordo con Bagnai sull’euro, ma qui non posso che sottoscrivere tutto il suo ragionamento: e cita pure Piga! ;o)].
Non potete permettervi di avere figli a causa dell’austerità? E’ un’ottima cosa per il bilancio demografico mondiale.
Il vostro datore di lavoro vi lascia a casa perché è costretto a contrarre la produzione? Perfetto: è esattamente quel che bisognerebbe fare comunque, crisi o non crisi.
Niente ferie quest’anno? Meglio! Meno inquinamento, meno consumi superflui. Il mondo vi sarà grato.
Pochi clienti nel vostro ristorante? Convertitelo in una trattoria ecosostenibile come quella in Danimarca che ha eliminato l’olio d’oliva italiano e il formaggio francese per sostituirli con l’olio di colza e lo yogurt skyr: poco importa se la gente è stufa dei sapori locali e, se decide di uscire la sera, è per provare qualcosa di diverso.
Se volete un esempio eclatante di dove conduca questa ideologia farneticante:
Più che di federalismo, si dovrebbe più correttamente parlare di localismo. Il paradigma perfetto di un localismo sano, non razzista ma neppure scioccamente egualitarista, si può trovare nella seguente formula: è cittadino con pieni diritti chi si prende cura del luogo che abita. Non tutti i residenti possono dirsi veri cittadini se non hanno una coscienza di luogo e non la mettono in pratica con la partecipazione attiva alle decisioni. Patrioti della propria città, della propria valle, del proprio monte, della propria regione storica e naturale: ecco i buoni localisti. Chi si estrania come se ciò che lo circonda non lo riguardasse dovrebbe perdere, ad esempio, i diritti politici…un’economia il più possibile locale, basata su filiere circoscritte, su una mobilità ridotta al minimo e sul recupero e ripopolamento della campagna agricola. http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11941
Non stupitevi: per loro stessa orgogliosa ammissione il patrono dei decrescisti è J.J. Rousseau (mito del buon selvaggio, Parigi = Sodoma e Gomorra, Sparta = società ideale, morte agli atei, plebiscitarismo). Ecco un’utile descrizione del pensiero di Rousseau (da Michel Onfray, “Illuminismo estremo. Controstoria della filosofia IV”, p. 13): “discredito gettato contro l’invenzione della stampa, colpevole di aver reso possibile la pubblicazione di tanti libri pericolosi; odio per il teatro che infiacchisce le coscienze e i corpi; genealogia difettosa della scienza e di tutte le arti; elogio dell’ignoranza; volontà di mantenere il popolo nell’obbedienza; messa in guardia contro ogni desiderio rivoluzionario; elogio di Sparta; difesa della pena di morte; esaltazione della rusticità, del lavoro manuale, dell’ignoranza, della fede e della religione, della disciplina militare; il tutto accompagnato da una critica dei lavori intellettuali, della filosofia e della metafisica. Un autentico breviario oscurantista”.
Scrive un’amica FB: “Ormai è come se ci fosse solo una grande area grigia in cui non si distingue più nulla. Tutto è opinabile. Tutti sono uguali. Se non riusciamo a recuperare qualche riferimento, rischiamo di non trovare più la via d’uscita“.
Purtroppo è in queste fasi che gli apprendisti stregoni possono avere successo. Maurizio Pallante [che è chiaramente animato dalle migliori intenzioni: ma la strada per l’inferno è lastricata di buone ed ingenue intenzioni] si ostina a ripetere che si può essere contro la decrescita solo se non la si conosce. Ma lui stesso classifica come misure di decrescita quelle che sono misure di sviluppo sostenibile (es. lotta agli sprechi, tutela dell’ambiente, riproducibilità delle risorse energetiche, qualità anteposta alla quantità, disciplinamento dell’avidità, del materialismo consumistico, dell’edonismo, giustizia sociale e ridistribuzione/condivisione delle risorse del pianeta):
Dopo aver convenientemente rimosso l’esistenza di un intero campo di ricerche multidisciplinari che include diversi premi Nobel, tra i quali Elinor Ostrom, l’economista dei beni comuni e della sostenibilità, tanto amata dalla sinistra riformista, proclama che la scelta è tra la decrescita (come la intende lui) e il turbocapitalismo. Il resto è fuffa. L’UNESCO è fuffa. Stiglitz (Nobel 2001) è fuffa. Amartya Sen (Nobel 1998) è fuffa. 3 premi Nobel non valgono nulla.
I decrescisti citano Robert F. Kennedy e la sua critica al feticcio del PIL come se fosse stato un paladino della decrescita. Ma né lui, né suo fratello avevano stilato programmi economici finalizzati alla “decrescita felice”: sarebbero stati presi per dei venditori di fumo o degli squilibrati. Quello in cui credevano era lo sviluppo sostenibile, come farebbe qualunque persona non superficiale, in grado di analizzare obiettivamente la realtà e che non scelga di schierarsi con la decrescita perché fa fico, perché è moralmente giusta, perché è ovvio che non ci sono alternative. Ci vuole l’umiltà di informarsi prima di prendere posizione ed informarsi significa esaminare le tesi al centro della controversia, non decidere che lo sviluppo sostenibile è una sciocchezza o un complotto degli industriali solo perché l’ha detto Pallante.
A questo punto l’obiezione diventa: “non è solo Pallante a dirlo, ma Nicholas Georgescu-Roegen”. Georgescu-Roegen, un economista rumeno-americano giustamente piombato nell’oblio (GOMBLODDO!! SVEGLIAAAA!!!11!): pensava che la Terra fosse un sistema chiuso– “La difficoltà principale consiste allora nell’impossibilità che le innovazioni continuino all’infinito in un sistema chiuso”. Non esistono sistemi chiusi nell’universo a noi noto:
Le menti umane e il nostro pianeta non sono sistemi chiusi, in quanto scambiano energia con l’esterno e riducono l’entropia (aumentano la complessità, la diversità). Diversamente non ci sarebbe evoluzione. Perciò la premessa fondamentale della decrescita è assolutamente infondata: è un articolo di fede confutato dalla fisica (e astrofisica), dalla biologia (e astrobiologia) e dall’esperienza. Il decrescismo è un culto come tanti altri.
Un ispiratore di ben altro calibro del movimento per la decrescita è nientemeno che il biologo Paul Ehrlich. Oltre quaranta anni fa vendette circa 3 milioni di copie di un suo libercolo apocalittico intitolato “La bomba demografica” (1968) in cui (traduzione mia) dichiarava: “La battaglia per nutrire l’umanità è finita. Negli anni Settanta il mondo sarà colpito da carestie – centinaia di milioni di persone moriranno di fame a dispetto di tutti i programmi emergenziali intrapresi in questi anni… Non possiamo più permetterci di trattare solamente i sintomi del cancro della crescita della popolazione, il cancro stesso deve essere estirpato. Il controllo della popolazione è l’unica risposta”.
3 milioni di copie vendute!
La decrescita piace solo a chi non ha capito cosa sia e cosa implica.
Non solo non può risolvere i problemi del presente, ma è il perfetto strumento per trincerare lo status quo che vogliamo sovvertire introducendo un nuovo feudalesimo (N.B. il feudalesimo è il modello sociale antesignano del neoliberismo, con i feudi al posto degli oligopoli economico-finanziari).
Infatti Serge Latouche è diventato contemporaneamente un guru di CasaPound, dei Giovani Padani e di una certa sinistra amante delle idee più che della realtà quotidiana. Maurizio Pallante,intellettuale di riferimento del M5S per la decrescita, desidera che tutti divengano contadini, in quanto “quella contadina è l’unica civiltà“, un classico topos della destra reazionaria e filo-nazista (es. Jean Giono).
Come il collaborazionista Giono (quello de “L’ussaro sul tetto” e de “L’uomo che piantava gli alberi”), Latouche predica il ritorno al localismo, all’orticoltura, alla borgata autarchica sia dal punto di vista alimentare, sia da quello economico e finanziario.
Serge Latouche (parole sue), profeta della decrescita, auspica l’avvento di una dittatura che bandisca o spinga alla bancarotta multinazionali, grande distribuzione, industrie automobilistiche, compagnie aeree, agenzie turistiche, industria alberghiera, allevamento intensivo, agricoltura intensiva, trasporti merci, gran parte delle banche, borse, industria del lusso e della moda, le agenzie pubblicitarie.
Il commercio sarà limitatissimo, principalmente confinato alla propria “bioregione”, con valuta bioregionale. Il turismo sarà inesistente perché “bisogna avere i piedi ben piantati in terra” e “l’immaginazione ha le ali”, specialmente grazie a internet (almeno quello resta). Non dovendo camminare molto, si potrà anche fare a meno di quel mucchio di scarpe che abbiamo: due, tre paia sono sufficienti. Ma il numero giusto sarà stabilito dalla comunità.
Sì, Latouche ci vuole ridurre allo stile di vita delle tribù che ha studiato da etnografo, per “recuperare l’abbondanza perduta delle società di raccoglitori-cacciatori”, oppure riportare alle epoche oscure dopo la caduta dell’Impero Romano (decrescita felice al tempo delle carestie, epidemie, bande di predoni, guerre, anarchia, ecc.?).
Il problema è che a quel tempo eravamo molto meno numerosi, noi umani. Così suggerisce che la soluzione ideale sarebbe avere una popolazione mondiale ridotta a 3 miliardi di persone (c’è un surplus del 60-70% di umani: poco male). Ma si può anche provvedere a stabilizzare la crescita demografica e costringere la gente a mangiare molta meno carne (peccato che proprio la crescita economica e del benessere siano il fattore determinante per il calo demografico).
Felicissimi i russi e i cubani dopo il crollo dell’Unione Sovietica, quando il loro tenore di vita è sprofondato, causando un collasso demografico che la Russia deve ancora riassorbire (!), mentre Cuba (-35% del PIL tra 1989 e 1993), si è salvata da un analogo disastro solo grazie a Cina, Venezuela ed al turismo. Giulivi anche i cambogiani deportati da Phnom Penh nelle campagne dai Khmer rossi e morti a decine di migliaia.
Felicissimi i lavoratori europei, specialmente quelli tedeschi, di dover subire una costante riduzione del salario reale, cosicché tedeschi ed italiani si trovano assieme ai giapponesi in fondo alla classifica mondiale per tasso di natalità. L’asse delle culle vuote. Serge Latouche si compiace che i giapponesi siano stati felici di decrescere e che il buddhismo li abbia aiutati. Pensa che il confucianesimo possa attutire l’impatto psicologico della decrescita per i cinesi. I Giapponesi sono certamente molto lieti di non potersi permettere di pagare le pensioni per via del declino demografico che, nei prossimi decenni, si porterà via circa un milione di abitanti l’anno (!!!).
L’ideologia della decrescita non è altro che una dottrina neo-malthusiana che non si sostiene su un singolo dato socio-economico e storico. Scoprirete che la letteratura scientifica citata serve unicamente a dimostrare che l’attuale sistema è folle e completamente insostenibile. Non che la cosa ci colga di sorpresa. Di contro, nessun esempio storico di decrescita viene preso in esame per capire se la decrescita possa essere essa stessa sostenibile. Si dà per scontato che non ci possa essere uno sviluppo sostenibile, mentre la decrescita lo è per definizione. Un po’ come dire che la morte è più sostenibile della vita. Non è scienza, è dogma. Anzi, è verosimilmente apologia di genocidio.
La vita è crescita, la decrescita è atrofia e morte. L’intelletto decresce con l’invecchiamento, le civiltà decrescono con la decadenza e la scomparsa. La decrescita del Sole lo trasformerà in una nana nera. La decrescita di una specie la porta facilmente all’estinzione.
La decrescita del nostro sistema non sarebbe possibile senza un collasso demografico (es. catastrofe globale) o una dittatura planetaria che decretasse la composizione delle famiglie e decidesse chi può consumare cosa e a quali servizi pubblici (limitatissimi) può accedere.
Istruzione, sanità, previdenza sociale, trasporti, infrastrutture, ordine pubblico, energia, poste e telecomunicazioni, ecc.: ogni servizio considerato essenziale sarebbe ridotto ai minimi termini. Per non parlare della ricerca nel settore dell’energia nucleare (es. fusione fredda), delle rinnovabili, del risparmio energetico, dei nuovi materiali, della medicina, dei trasporti, dell’alimentazione, della tutela ambientale, delle esplorazioni spaziali, delle scienze cognitive. Non è chiaro come la Rete potrebbe essere alimentata.
Chi già possiede terreni (i ricchilatifondisti come il principe Carlo e tanti altri aristocratici europei non propriamente progressisti ed umanitari) sarà avvantaggiato, la gente comune urbanizzata dovrà accontentarsi di “quel che passa il convento”, morire d’inedia o suicidarsi. Gli abitanti delle megalopoli del terzo mondo morirebbero come mosche.
Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, socio fondatore del circolo del Movimento per la Decrescita Felice di Parma risponde alla domanda: “Pensa che il cambiamento di paradigma culturale proposto da Mdf sia davvero realizzabile?”
Tutti i cambiamenti non si possono fare da un giorno all’altro. Puoi promuovere correttamente gli orti sociali, giusto per fare un esempio, o i mercatini a km-zero (ne abbiamo aperti già due ma ne vorremmo attivare degli altri), oppure lo Scec, che stiamo cercando di lanciare, o ancora cercare modi per sostenere l’economia locale, ma è tutto collegato alla disponibilità di tempo. Per fare l’orto, infatti, hai bisogno di tempo; per andare a fare la spesa nei mercatini bio devi avere tempo; per occuparti dei figli o dei parenti anziani senza doverli affidare ad altri a pagamento perché tu sei sempre al lavoro hai bisogno di tempo. Si possono dare alle persone gli strumenti, ma se poi la maggior parte di queste, per vari motivi, non ce la fa (o non vuole), rischia di essere tutto vano.
mmmmh…
Mi accadde diverse volte di scorgere nei suoi occhi un’espressione di dolore e disappunto quando la realtà non corrispondeva alle idee romantiche che si era fatto, o quando qualcuno che amava o ammirava non riusciva a dimostrarsi all’altezza dei suoi inarrivabili standard.
Graham Greene, “Un Americano Tranquillo”
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La sindrome di Peter Pan è quella situazione psicologica in cui si trova una persona che si rifiuta o è incapace di crescere, diventare adulta e di assumersi delle responsabilità. La sindrome è una condizione psicologica patologica in cui un soggetto rifiuta di operare nel mondo “degli adulti” in quanto lo ritiene ostile e si rifugia in comportamenti ed in regole comportamentali tipiche della fanciullezza.
L’autore, nel ruolo di un personaggio, suggerisce attraverso motivazioni economiche ed un convinto moralismo, di trasformare il problema della sovrappopolazione tra i cattolici irlandesi nella sua stessa soluzione. La proposta dell’autore consiste nell’ingrassare i bambini denutriti e darli da mangiare ai ricchi proprietari terrieri anglo-irlandesi. I figli dei poveri potrebbero essere venduti in un mercato della carne all’età di un anno per combattere la sovrappopolazione e la disoccupazione. Così facendo si risparmierebbe alle famiglie il costo del nutrimento dei figli fornendole una piccola entrata aggiuntiva, si migliorerebbe l’alimentazione dei più ricchi e si contribuirebbe al benessere economico dell’intera nazione.
L’autore offre un supporto statistico per le sue asserzioni e fornisce dati specifici sul numero di bambini da vendere, il loro peso, il prezzo ed i possibili modi di consumazione. L’autore suggerisce alcune ricette per preparare questo «delizioso» tipo di carne ed è sicuro che questa cucina innovativa darà spunto per ulteriori piatti. Anticipa, inoltre, che le pratiche di vendita e di consumo di bambini avranno positivi effetti sulla moralità familiare: i mariti tratteranno le loro mogli con più rispetto ed i genitori valuteranno i loro bambini in modi finora sconosciuti. La sua conclusione è che l’implementazione di questo progetto aiuterà a risolvere i problemi complessi dell’Irlanda in materia sociale, politica ed economica più di ogni altra misura finora proposta.
Quest’opera è ritenuta il più grande esempio di ironia nella storia della letteratura inglese.
Jonathan Swift, “Una modesta proposta: per evitare che i figli degli Irlandesi poveri siano un peso per i loro genitori o per il Paese, e per renderli un beneficio per la comunità”
Un uomo che nasce in un mondo già occupato, se non può ottenere di che sussistere dai suoi genitori, verso cui è portatore di una giusta domanda, e se la società non vuole il suo lavoro, non ha il diritto di pretendere la più piccola porzione di cibo, e, di fatto, è di troppo in questo mondo. Nel grande banchetto della natura, non c’è alcun coperto vacante per lui.
Thomas R. Malthus, “Saggio sul principio della popolazione”, ed. 1803
Social forecaster, horizon scanner
entrepreneur
Arts and Culture reporter for "Trentino" & "Alto Adige"
social media & community manager
professional translator
editor-in-chief of futurables.com
peer reviewer and contributor for Routledge, Palgrave Macmillan, University of British Columbia Press, IGI Global, Infobase Publishing, M.E. Sharpe, Congressional Quarterly Press, Greenwood Press.
Laurea in Political Science – University of Bologna (2000). Ph.D. in Social Anthropology – University of St. Andrews (2004).
Co-author of “Contro i miti etnici. Alla ricerca di un Alto Adige diverso” (2010)
https://medium.com/@stefano_fait