Lo sfaldamento del PD, il rischio di cattura cognitiva del M5S e il recupero della Concordia

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Inizia la fase decisiva per il recupero della nave da crociera: alla fine sarà raddrizzata e fatta galleggiare.

RomagnaNoi, 17 aprile 2013

L’Italia può essere raddrizzata a fatta galleggiare, se ci sarà concordia, rispetto e fiducia tra un PD rinnovato e il M5S.
Ci sono forze non-democratiche che avrebbero tutto da guadagnare da una giacobinizzazione del M5S e dalla formazione di un fossato invalicabile che separasse queste due espressioni della politica italiana:

Provo un certo godimento, degli orgasmi, a vedere Grillo sfasciare tutto. Il nostro sistema politico è talmente marcio che spero che dal grande caos rinasca tutto. Oggi voterei per lui.

Vittorio Feltri a La Zanzara, 6 novembre 2012

Dobbiamo riuscire a costruire, innovare, democratizzare e unire ciò che viene separato dai seminatori di zizzania.
Ho già spiegato che Fabrizio Barca-Mirabeau può essere la persona giusta (N.B. Non è l’unico! Non ci servono salvatori, ci si salva assieme o si affonda insieme):
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/15/a-roma-serve-un-barca-non-un-alcibiade-la-terza-repubblica-in-33-comode-rate/

A questo proposito, mi trovo, come sempre più spesso mi capita, in sintonia con Barbara Spinelli:

L’accordo fra sinistra e 5 Stelle sul nome del Presidente è infecondo solo se teniamo il naso schiacciato sull’oggi, anzi sull’ieri (le larghe intese erano solo con la destra). Se guardiamo lontano, se vediamo lo sfaldarsi del Pd non come una sciagura ma come un’opportunità, l’accordo con Cinque Stelle può essere reinvenzione democratica. Tra le righe è quel che dice Fabrizio Barca, nel programma presentato il 12 aprile in favore di un Pd disfatto e rifatto a nuovo.

I militanti di 5 Stelle preconizzano ad esempio l’immissione nella democrazia rappresentativa di esperienze sempre più estese di democrazia deliberativa, diretta. Non siamo lontani dallo sperimentalismo democratico che secondo Barca deve innervare il futuro Pd

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/15/a-roma-serve-un-barca-non-un-alcibiade-la-terza-repubblica-in-33-comode-rate/

[…].

Chi adotta il metodo minimalista non crede che lo Stato possa molto, per curare la democrazia malata o attenuare la povertà sociale. Quel che gli importa, è preservare una chiusa élite (di esperti politici, di tecnici) che prenderà decisioni senza curarsi se funzionino, convinta com’è che i piani di austerità daranno ineluttabilmente frutti anche se immiseriscono popoli interi.

Il candidato al Colle preferito da simili élite non deve essere popolare, non deve nemmeno rappresentare un emblema ideale per i cittadini: deve essere abile, e soprattutto omogeneo alle oligarchie che lo faranno re. Meno popolare sarà, più sarà scongiurato il pericolo, temuto dai benpensanti del vecchio ordine, del populismo. A parole, i minimalisti si augurano uno Stato leggero, non invadente. Nei fatti, le oligarchie partitocratiche vivono in osmosi con lo Stato e rendono quest’ultimo più che pervasivo, indifferente alla voce di chi (localmente, nelle Azioni Popolari, nei voti online) reclama cambiamenti.

Tutt’altra l’idea degli sperimentatori, o della democrazia deliberativa: è il metodo sfociato nel voto, da parte degli attivisti di M5S, dei candidati al Colle. L’esperimento è difficile, ma innovativo e molto più onesto di quel che era stato pronosticato. Non tutti i candidati vincenti erano graditi ai vertici del Movimento: tuttavia il verdetto è stato accolto democraticamente e con responsabilità istituzionale.

[…].

Stupidità fanfaronesche s’incrociano spesso sul web. Ma ancor più funeste dilagano nei non meno virtuali palazzi del potere. Le cerchie partitiche, o tecniche, mostrano una conoscenza del pubblico interesse infinitamente meno vigile. Sono le cerchie contro cui si scaglia Barca, quando denuncia i “partiti di occupazione dello Stato, dove si vende e si compra di tutto: prebende, ruoli, pensioni, appalti, concessioni, ma anche regole, visioni, idee”. Berlinguer usò parole quasi eguali, quando ruppe col compromesso storico e denunciò la degenerazione dei partiti, Pci compreso (“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo”, disse a Eugenio Scalfari su Repubblica, il 28-7-81).

[…].

Non sappiamo ancora se le strade di Barca e di Grillo si incontreranno. Se dall’eventuale incontro la democrazia uscirà più forte. Se il M5S intirizzirà, a forza di rifiutare alleanze. Resta che l’Italia ha bisogno di sperimentatori, non di minimalisti. Che solo i primi sono in grado di guardare in faccia la crisi, e di mutare anche l’Europa. Di ripensare l’austerità come aveva provato Berlinguer nel 1977, quando il capitalismo aveva appena cominciato a vacillare.

http://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni-presidente-repubblica-edizione2013/2013/04/17/news/coraggio_solitudine-56800260/?rss

L’alternativa è la giacobinizzazione…

Io ho amore per la ragione, ma non ne ho per il fanatismo. La ragione ci guida e ci illumina, ma quando ne avrete fatto una divinità, essa vi accecherà e vi indurrà al delitto.

Brotteaux (da Anatole France, “Gli dèi hanno sete”).

GIACOBINISMO

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I popoli non giudicano come le corti giudiziarie, non emettono sentenze: lanciano la loro folgore; non condannano i re: li piombano nel nulla… quale altra legge può seguire il popolo se non quella della giustizia e della ragione sostenute dalla sua onnipotenza?

Maximilien Robespierre, “Discorso per la condanna a morte di Luigi Capeto”, 3 dicembre 1792.

Io ho sostenuto, tra persecuzioni incredibili e senza appoggi, che il popolo non ha mai torto, io ho osato proclamare questa verità in un tempo in cui non era ancora riconosciuta; il corso della rivoluzione l’ha dimostrato.

Maximilien Robespierre, 25 febbraio 1793

Il fine della rivoluzione è il trionfo dell’Innocenza.

Robespierre

Questa nostra Rivoluzione è una religione e Robespierre è il capo della setta. È un prete che governa i devoti…Robespierre predica, Robespierre censura, è furioso, solenne, melanconico, esaltato – ma tutto freddamente; i suoi pensiero fluiscono con regolarità, le sue abitudini sono regolari; tuona contro i ricchi e i grandi; vive con molto poco; non ha bisogni. Ha una sola missione – parlare, e parla incessantemente; crea discepoli…parla di Dio e della Provvidenza; si definisce amico degli umili e dei deboli…riceve la loro venerazione…è un prete e non sarà mai altro che un prete.

Condorcet (1743 –1794) su Robespierre, articolo apparso su Chronique de Paris

Voi dovete punire non solo i traditori, ma anche gli indifferenti; dovete punire chiunque sia apatico nella Repubblica e non faccia nulla per essa; giacché, dopo che il popolo ha manifestato la sua volontà, tutto ciò che si oppone ad essa si pone fuori del popolo sovrano, e tutto ciò che è fuori del popolo sovrano è nemico.

Saint-Just, “Sulla necessità di dichiarare il governo rivoluzionario fino alla pace”, 10 ottobre 1793

La rivoluzione deve fermarsi quando abbia raggiunto la perfezione della felicità e della libertà pubblica per mezzo delle leggi. I suoi slanci non hanno altro scopo, e devono spazzar via tutto ciò che vi si oppone.

Saint-Just, “Frammenti sulle istituzioni repubblicane”, 1794

Quello che costituisce una Repubblica è la distruzione di tutto ciò che la contraria.

Saint-Just

Molti dei Francesi che ci avevano appoggiato ci guardavano come dei pazzi, come degli energumeni, spesso persino come degli scellerati.

René Levasseur de la Sarthe, giacobino, 1795.

La rivoluzione francese mi ha influenzato molto e in special modo Robespierre…Robespierre è il mio eroe. Robespierre e Pol Pot: entrambi hanno la medesima qualità di determinazione ed integrità.

Suong Sikoeun, uno dei leader dei Khmer Rossi (1975-1979)

Il problema non è il terrore in quanto tale, il nostro compito è precisamente quello di reinventare il terrore emancipatore.

Slavoj Zizek, “In difesa delle cause perse: materiali per la rivoluzione globale”, 2009.

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Saint-Just, orfano di padre e di origine contadina, giunto squattrinato a Parigi e col vizio del gioco d’azzardo, si iscrive ad una loggia massonica che gli finanzierà le pubblicazioni sovversive e libertine e l’acquisto di 8 ettari di terreno.

“Intanto l’abilissimo Jean de Batz, che sembra avere innato il genio dell’intrigo e della corruzione, sta preparando il suo piano: suscitare di continuo tali dissensi e sospetti in seno alla Convenzione da spingerla a disfarsi, in fasi successive, di tutti i suoi uomini più rappresentativi. […]. De Batz ordina ai suoi agenti, che ostentano di proposito un esacerbato giacobinismo (tutti o quasi, si noti, ricchi banchieri e uomini d’affari come Dufourny, Proly, Desfieux, pereyra, Gusman, d’Espagnac e i due fratelli Frey), di spingere sempre più gli estremisti a favorire, con ogni mezzo, un’insurrezione popolare che faccia sparire i deputati della Gironda, tutti irrequieti partigiani della monarchia costituzionale”.

[Da: “Saint-Just”, di Mario Mazzucchelli. Milano : Dall’Oglio, 1980, p. 109].

GRILLISMO

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“Siamo la rivoluzione francese senza la ghigliottina” (Grillo 29 marzo 2013)

“Il Movimento 5 Stelle è il cambiamento che non si può arrestare, è il segno dei tempi. È l’avvento di una democrazia popolare che pretende di decidere, di controllare il destino del suo Paese, del suo Comune, della sua vita”

“In parlamento pronti alla rivoluzione”

 “Arrendetevi! Siete circondati dal popolo italiano. Uscite con le mani alzate. Nessuno vi toccherà. Il vostro tempo è finito, non abusate della fortuna che vi ha assistito finora. Di voi, ormai, nelle piazze, tra la gente, si parla al passato, come di persone estinte. Quando apparite in televisione scatta l’insulto che equivale al vilipendio di cadavere. Quello che stupisce è la vostra folle ostinazione a non farvi da parte come se foste investiti da una missione divina. C’è in ciò qualcosa di patologico, che richiede l’intervento di uno psichiatra”.

“Siete terrorizzati, in preda di attacchi d’ansia al pensiero di perdere il potere, di qualcuno che potrà rovistare nei vostri cassetti, capire, scoprire, denunciare. Vi consiglio comunque uno, due, tre, cento passi indietro. Se anche vinceste queste elezioni avrete solo rimandato il cambiamento, durerete un anno, forse meno, ha senso? Fate una pubblica ammissione di colpa e chiedete agli italiani di perdonarvi. Arrendetevi. La vostra stessa presenza è diventata insopportabile. Il vostro tirarvi fuori da ogni responsabilità, lo scuotere le piume e minacciare come dei guappi, lo stalking a cui sottoponete gli italiani sono al di là di ogni sopportazione. Arrendetevi. Non potrete dire che non vi ho avvisato”.

Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno”

“Siamo i pasdaran anti casta”

“Siamo i marziani a cinque stelle”

“So perfettamente che nei prossimi giorni ci sarà la fila di pennivendoli, di zoccoli dell’informazione, di specialisti della macchina della merda all’attacco del M5S. Lo so benissimo. Sono l’ultima barriera della Casta prima dell’urna. Ci vediamo in Parlamento e subito dopo in tribunale. Preparate il quinto dello stipendio se ne avete uno”.

“Un po’ Don Chisciotte e un po’ Savonarola”

“Il loro tempo è finito. Ci riprenderemo i nostri soldi”

“Niente onorevole, sarà Cittadino del MoVimento 5 Stelle, il leader sarà il MoVimento”.

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Ci sono numerose analogie tra giacobinismo e grillismo più radicale: fede rivoluzionaria, esigenza di sovversione totale, epurazioni, “dispotismo della libertà”, magistero di ortodossia, implacabilità, radicalismo, assolutismo, egualitarismo radicale, messianismo, antiliberalismo, antiparlamentarismo, meccanismi di produzione dell’unanimità, centralismo decisionale, cinismo (e nichilismo rottamatore), sospensione della realtà e trionfo del principio sul fatto, virtù indivisibile del MoVimento che perciò deve restare unito, fanatismo, violenza verbale, terrorismo psicologico.

I leader rivoluzionari più estremisti sono più spesso ventenni-trentenni, con poca esperienza di vita, che impongono la loro rozza, inesperta visione del mondo a tutti gli altri. Coltivano orgoglio, a volte crudeltà, quasi sempre un appetito di dominazione. Sono tigri erudite che non hanno ancora avuto tempo di diventare adulte.

Un fanatico austero, dal cuore freddo come la sua morale, Saint-Just si paragona a Tarquinio e Muzio Scevola. Lui e Robespierre usano spessissimo i termini “cuore”, “sensibilità” e “virtù”, come se dovessero supplire verbalmente alla loro mancanza di cuore, sensibilità e virtuosità. Saint-Just si attribuisce una ragguardevole dose di virtù, ma è un pessimo giudice di se stesso – come tutti gli esseri umani.

Sfortunatamente le rivoluzioni spesso nutrono mostri in forma umana e da esse sono fatte degenerare. La rivoluzione è anche l’habitat per gli psicopatici integrati, quelli che s’irrigidiscono nei moralismi e si fissano intransigentemente sulle virtù etiche perché non hanno empatia e quindi non possono sapere cosa sia un comportamento spontaneamente morale.

I pifferai di Hamelin sono responsabili della conversione della rivoluzione in una crociata teocratica, in un moloch che divora gli esseri umani. In nome della loro certezza che siccome c’è una sola verità e loro sono riusciti a comprenderla, ad impadronirsene definitivamente, chiunque sia in disaccordo è motivato da propositi maligni.

Robespierre si considera e dichiara vittima di persecuzione tutte le volte che qualcuno lo contraddice, si sente investito di una sacra missione, e patisce un’immensa frustrazione quando il mondo si rifiuta di sottomettersi al suo volere.

Lo stesso discorso vale per Saint-Just. Sono entrambi sicuri che la cosa giusta da fare sia ridurre la diversità del mondo al proprio denominatore individuale. Il loro ego ipertrofico proietta sul gruppo la loro esigenza di uniformità, di una singola volontà, di un carattere unitario: la premessa di ogni politica genocidaria.

Sono l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine.

Notiamo la stessa logica in molti dittatori ma anche in Karl Rove. Nel 2002, un consigliere di George W. Bush, presumibilmente Karl Rove, spiegò a Ron Suskind: “Ora noi siamo un impero e quando agiamo, creiamo la nostra realtà. E mentre voi state giudiziosamente analizzando quella realtà, noi agiremo di nuovo e ne creeremo un’altra e poi un’altra ancora che potrete studiare. È così che andranno le cose. Noi facciamo la storia e a voi, a tutti voi, non resterà altro da fare che studiare ciò che facciamo”.

O tutto o niente, o con noi o contro di noi, ora o mai più.

Non c’è rivolta senza una filosofia del limite. Sono gli psicopatici che rifiutano i limiti e non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Il M5S va salvato dalla giacobinizzazione, prima che intossichi la vita del paese ed apra la strada a soluzioni autoritarie di giovani leader “salvifici”.

Beppe Grillo, Gesù e Tolstoj – i rischi del mestiere (e della decrescita)

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I principali media trovano sconveniente il successo elettorale di Grillo.

In questa intervista con una giornalista televisiva svedese ognuno può constatare di persona i pregi:

  • buona volontà (nel senso nobile, non spregiativo);
  • buoni sentimenti (è un farmaco ambulante contro il cinismo, che è la malattia terminale della nostra civiltà);
  • volontà di cambiare nel senso della sostenibilità, della trasparenza, della giustizia sociale (es. reddito di cittadinanza), della democrazia partecipata (che lui chiama diretta, anche se sono due cose complementari ma diverse);
  • europeismo ed internazionalismo;

e i difetti di Beppe Grillo e del suo movimento:

  • pressapochismo ed informazioni errate non verificate ma che diventano dogmi (es. reddito di cittadinanza non è assente solo in Italia e Grecia);
  • decrescita: idea suicida per milioni di persone nell’Occidente e nel resto del mondo che non avrebbero alcuna speranza di arrivare a fine mese. Chi si ostina a distinguere tra recessione e decrescita non sa quello che dice, si bea di astrazioni, non ha fatto due conti della serva, ha un reddito garantito – o pensa di averlo. La vita è crescita, la decrescita è atrofia e morte. Serge Latouche (parole sue), profeta della decrescita, auspica l’avvento di una dittatura che bandisca o spinga alla bancarotta multinazionali, grande distribuzione, industrie automobilistiche, compagnie aeree, agenzie turistiche, industria alberghiera, allevamento intensivo, agricoltura intensiva, trasporti merci, gran parte delle banche, borse, industria del lusso e della moda, le agenzie pubblicitarie, presumibilmente anche l’internet. Nonostante i tappeti africani nella sua seconda casa nei Pirenei, la sua venerazione della vita paleolitica (ma non della paleodieta) e la sua ritrosia (eufemismo) nel citare letteratura scientifica e specialistica, è diventato contemporaneamente un guru di CasaPound e di una certa sinistra amante delle idee più che della realtà quotidiana. Maurizio Pallante, intellettuale di riferimento del M5S per la decrescita, desidera che tutti divengano contadini, in quanto “quella contadina è l’unica civiltà“, un classico topos della destra reazionaria e filo-nazista (es. Jean Giono) – fortunatamente per l’umanità, questi personaggi, in tanti anni di attivismo, non hanno fatto deragliare l’impegno di chi si occupa di sviluppo sostenibile;
  • partitofobia e svilimento della vocazione politica che invece è, almeno in teoria, la più alta forma di servizio alla comunità che una persona possa rendere;
  • MoVimento-centrismo: tutti gli altri non hanno ancora capito, noi siamo l’avanguardia e il resto d’Italia ci deve seguire (nota bene: siamo umani, non si finisce mai di imparare dagli altri, anche e specialmente dai propri avversari);
  • Paternalismo sfrenato nei confronti dei politici del M5S (non se la sanno cavare in TV, dicono cose sbagliate, si fanno fregare, ecc.) – forse i buoni sentimenti lo fregano? egocentrismo? (ci cascherei anch’io);
  • istrionismo;
  • messianismo;
  • tendenza a semplificare questioni complesse per renderle comprensibili, oscurandone la reale, ineludibile complicatezza, un po’ come fa Latouche (è vero che il potere si perpetua kafkianamente, però la realtà non è per nulla semplice ed è sbagliato cercare scorciatoie per rassicurare la gente);
  • puritanesimo: fare pulizia, depurare, aprire come una vetrina, fare piazza pulita (virtuosi vs. empi);

Al di là delle validissime rimostranze del movimentismo di sinistra sul fatto che due milionari sessantenni guidino un movimento anti-sistema, trovo terribile che tantissimi giovani e adulti pendano letteralmente dalle labbra di una persona (fallibile come tutti noi) che chiede di verificare le cose che dice e le decisioni che si prendono all’interno del MoVimento (salvo poi punire i dissidenti e lasciare che essi divengano il bersaglio di una caccia alle streghe che rafforza il sospetto di cultismo).

Gesù non voleva nessuna Chiesa (voleva una comunità), non voleva essere divinizzato, non voleva essere idolatrato, non voleva che si facesse un feticcio della vita terrena e alla fine è diventato un corpiciattolo insanguinato e plastificato oggetto di venerazione da parte di chi è contrario agli aborti ed al suicidio assistito.

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Ma il parallelo più confacente è con Tolstoj e il micidiale Čertkov; quest’ultimo, una figura estremamente oscura, un fanatico, manipolatore straordinario, persuaso di essere strumento indispensabile della glorificazione di Tolstoj e della globalizzazione del suo messaggio salvifico (decrescista pure lui), un vero e proprio parassita corruttore che circondò il “maestro” di altri figuri della sua risma:

http://www.cittanuova.it/contenuto.php?pageNum_rs=9&totalRows_rs=426&MM_ricerca=ricerca&Argomento_idArgomento=7&TipoContenuto=articolo&idContenuto=28417&origine=ricerca&name=12

http://www.thefrontpage.it/2010/11/06/tolstoj-genio-si-ma-mascalzone-al-quadrato/

Il trailer di questo ottimo film è maliziosamente ostile a quella gran donna che fu Sofia Tolstoj, moglie fin troppo devota, premurosa, paziente e tollerante. Senza il suo aiuto e la sua abnegazione ci sarebbe stato Tolstoj, ma non ci sarebbe stato “il grande Tolstoj”

http://it.wikipedia.org/wiki/The_Last_Station

Chi crede nel M5S dovrebbe tenere a bada i vari Čertkov e i vari neogiacobini, che non mancano mai quando arriva il successo, e dovrebbe pretendere democrazia dentro e fuori il movimento:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/02/27/i-sanculotti-grillini-hanno-preso-la-bastiglia-istruzioni-per-luso-del-m5s/

Psicopatia, portami via – La gente ce l’ha sotto il naso, ma non la vuole vedere

Romney nega spudoratamente davanti a milioni di Americani di aver detto o scritto cose che ha detto e scritto (il che è facilmente documentabile). Obama, interdetto, perde il confronto (lui, le molte volte che mente, non lo fa con così tanta disinvoltura, non con quel godimento).
Cameron presenta i conservatori inglesi (quelli che hanno tolto l’assistenza ai disabili relegandoli in casa) come “il partito della compassione”.
Serve davvero altro per capire che queste persone sono psicopatiche?
Se vedete una persona di colore, riuscite a chiamarlo “nero” anche se è politicamente scorretto accennare al colore della pelle?
Se uno è un imbecille non si può definirlo tale perché non sta bene e allora non lo è più?

Perché molti trovano così difficile accettare l’idea che una considerevole parte dell’umanità è diversa, è priva di empatia e coscienza e non ci può fare niente?
Un nero è nero, non è bianco. E uno psicopatico è quello che è, non ha scelto lui di essere così. Mentre il nero non è meno innocuo in quanto nero, lo psicopatico si comporta come la sua natura gli detta di comportarsi ed è nocivo per tutti gli altri, inclusi gli altri psicopatici (circa il 3-6% dell’umanità).

“Nel libro di Claude Steiner “l’alfabeto delle emozioni” ci vengono presentate due categorie di persone destinate ad esercitare “potere” nel mondo: gli psicopatici e gli empatici .

Gli psicopatici sono emotivamente “freddi”, non hanno contatto emotivo, sono bloccati nel “sentire”, agiscono senza freni. Possono mentire, rubare, estorcere, manipolare, senza sensi di colpa. Giocano con l’altro, lo usano, lo seducono, lo commuovono in funzione del potere, del possesso, del successo. Per gli psicopatici l’altro è solo un voto, un corpo, una cosa e non una persona. Raccontano verità diverse, giocano con le parole in funzione dell’interlocutore che ascolta. Ciò che è stato detto ieri oggi viene smentito. Tutto è strumentale e strumentalizzato. Hanno una grande capacità di intuire che cosa le persone vogliono sentire, lo dicono senza crederci, ma lo fanno sorridendo. Intuiscono se c’è un prezzo per il quale l’interlocutore è disposto a vendersi . Inventano nemici e traditori su cui indirizzare l’aggressività e le responsabilità degli insuccessi. Nella loro storia personale il cuore non è stato considerato e lo hanno dimenticato. Hanno un grande buco nell’anima, sono insaziabili e tutto ciò che conquistano, strappano, costruiscono, possiedono non placa il loro “vuoto”.

Gli empatici sono attenti ai sentimenti altrui. Cercano di cooperare con gli altri, di ottenere il meglio da sé e dalle persone. Si sentono impegnati a costruire percorsi e relazioni leali, autentiche, emozionalmente oneste. Il politico empatico ascolta il dolore e si è dato un metro con cui misurare i comportamenti: il rispetto del cittadino e dell’avversario. L’empatico è capace di forza e di tenerezza. Sa che il potere è importante e lo considera un prestito. È consapevole che la vita è fragile, che la storia è tragica e cerca di non barare né con l’una né con l’altra. Il politico empatico insegue sogni, ma è libero nel suo procedere. Sa che ogni essere umano ha una dignità sacra e si impegna a non calpestarla. Conosce gli idoli del suo cuore e sente che ha bisogno di guarigione interiore.

Laddove il politico psicopatico distrugge l’empatico costruisce, laddove il politico psicopatico calpesta l’empatico consola e progetta speranze.

Chiaramente l’empatia e la psicopatia sono due estremi. Nessuno è totalmente empatico o psicopatico, ma riconoscere i comportamenti prevalenti in noi e negli altri è un primo passo per capire e cambiare.

Capire quanti psicopatici nel panorama politico italiano detengono posti di potere è una necessità per custodire il futuro. Sono tanti, troppi coloro che avendo problemi in sospeso con la vita sono stati arruolati come classe dirigente dai vari partiti. E sono tanti, troppi i politici psicopatici a cui abbiamo consegnato il nostro consenso”.

http://www.insiemeragusa.it/node/396

Fenomenologia della psicopatia

Indossano sempre delle maschere (metaforiche): in pubblico vanno incontro alle aspettative altrui, per mimetizzarsi meglio (sanno di essere diversi dagli altri). Lo facciamo tutti, ma loro hanno come unico obiettivo la manipolazione del prossimo per realizzare i propri scopi.

Feriscono gli altri ma cercano costantemente di suscitare pietà o sensi di colpa, sentimenti che li avvantaggiano nelle loro manipolazioni.

Non sanno cos’è la coscienza e l’empatia ma la vedono negli altri e si convincono che sia un handicap. Terraformano la società in modo da allinearla alla loro percezione di come debbano andare le cose (vizi diventano virtù, virtù diventano vizi o patologie)

Sono guidati dalla necessità di dominare gli altri in un modo o nell’altro e di accumulare, ingoiare, spinti da un appetito inestinguibile.

Hanno unicamente e sempiternamente i propri interessi in mente.

Sono seduttori nati perché, almeno inizialmente, si conformano perfettamente alle aspettative degli altri. Sono dei camaleonti in forma umana.

Credono di essere più importanti di quello che realmente sono (e si sforzano di convincere gli altri di esserlo). In genere si prendono dannatamente sul serio.

Per difendere la loro credibilità e status gonfiato a dismisura mentono metodicamente.

Se non possono manipolare direttamente qualcuno seminano zizzania, mettono gli uni contro gli altri, diffondendo malelingue e calunnie.

Le loro emozioni (salvo il risentimento, la delusione, la rabbia, la bramosia) sono false e non sono bravi a calibrarle, perché sono privi di empatia, sono come dei principianti assoluti. Esagerano (“lacrime di coccodrillo”) oppure si mostrano singolarmente freddi. Sono spesso fuori luogo.

Non hanno assolutamente alcun riguardo per i sentimenti degli altri e li accusano di reagire sproporzionatamente alle loro azioni.

Sono completamente irresponsabili, privi di rimorsi e scrupoli, non si assumono mai alcuna responsabilità. Se rimpiangono qualcosa, è per non averla ottenuta.

Se chiedono scusa è solo perché la situazione lo richiede per poter continuare a manipolare il prossimo.

Sono amorali e promiscui, incapaci di essere fedeli, vogliono sempre prendere e se danno un po’ e perché sanno di potere ottenere molto di più.

Vivere in mezzo a persone dotate di coscienza è per loro estenuante. Per questo si prendono delle vacanze di completa depravazione. Vogliono sentirsi sporchi, impuri, corrotti, per ripulirsi dei “buoni sentimenti” che sono costretti a subire quotidianamente e che li fanno sentire a disagio. Droghe, prostituzione, pedofilia, abusi e torture possono essere degli ottimi sfoghi.

La loro prospettiva è fissata sul breve termine. Non sono lungimiranti e questo è il loro Tallone d’Achille: vedono la realtà come desiderano vederla, non come è. Prima o poi fanno un passo più lungo della gamba e crollano rovinosamente. È solo una questione di tempo.

Si annoiano facilmente, sono drogati di eccitazione e quindi impulsivi. Il che li rende ancora più vulnerabili all’autolesionismo (es. DSK).

Se non succede prima è perché, di norma, sono molto intelligenti ed abili nella mimesi. Quelli non sufficientemente acuti commettono errori grossolani e finiscono in galera. Gli altri arrivano al potere sfruttando la benevolenza, compassione, altruismo, spirito di sacrificio, devozione, dedizione, ingenuità, idealismo e credulità (imbecillità) dei “normali”. Fregare il prossimo facendo leva sulle sue virtù (che per loro sono debolezze) li fa godere, letteralmente.

Può capitare che fissino gli altri intensamente, come un predatore che mira alla sua preda.

http://fanuessays.blogspot.it/2012/01/golpe-psicopatico.html

Le presunte virtù della mortificazione – l’ideologia che guida gli eurocrati intenti a distruggere l’Unione Europea

[Kendell Geers T.W. (I.N.R.I.), 1995-2002. Crocifisso in legno, nastro stradale, 205 x 118 x 28 cm. San Gimignano – Beijing]

“Le presunte virtù della mortificazione” di Mona Chollet – Le Monde Diplomatique – (traduzione dal francese di José F. Padova) – 13 marzo 2012

Il 21 febbraio l’Unione Europea ha acconsentito ad accordare un nuovo aiuto finanziario alla Grecia, a condizione che questa accetti una «sorveglianza rafforzata» sulla sua gestione del bilancio. Questo piano aggraverebbe ancor più la recessione in un Paese esangue. L’ostinazione nell’esortare al rigore non si spiegherebbe forse con certezze morali più forti della ragione?

Rigore, austerità, sforzi, sacrifici, disciplina, regole restrittive, misure dolorose… A forza di assediare le nostre orecchie con le sue forti connotazioni moralizzatrici, il vocabolario della crisi finisce per intrigare. Lo scorso gennaio, alla vigilia del Forum economico di Davos, il suo presidente, Klaus Schwab, parlava addirittura di «peccato»: «Noi paghiamo i peccati di questi ultimi dieci anni», diagnosticava, prima di chiedersi «se i Paesi che hanno peccato, in particolare quelli del Sud, hanno la volontà politica di intraprendere le necessarie riforme» (1). Su Le Point, per la penna di Franz Olivier Giesbert, il conteggio dei nostri sfrenati baccanali è più ampio: l’editorialista deplora «trent’anni di stupidaggini, di follie e d’imprevidenza, quando si è vissuto al di sopra dei nostri mezzi (2)».

Dirigenti e commentatori ripetono in continuazione il medesimo racconto fantasmatico: mostrando di essere pigri, spensierati, spendaccioni, i popoli europei avrebbero attirato su sé, come giusta punizione, il flagello biblico della crisi. Adesso essi devono espiare. Occorre «stringere la cinghia», rimettere al primo posto le buone vecchie abitudini di risparmio e di frugalità. Le Monde (17 gennaio 2012) cita come esempio la Danimarca, Paese modello al quale una «dieta forzata» ha permesso di ritornare a godere i favori delle agenzie di rating. E nel suo discorso d’insediamento, nel dicembre 2011, il presidente del governo spagnolo, Mariano Rajoy, arringava così i suoi compatrioti: «Siamo messi davanti a un compito ingrato, come quello dei genitori che devono cavarsela per nutrire quattro persone con i soldi per due».

Numerose voci si levano a sottolineare l’impostura di questo ragionamento che pretende di uniformare il comportamento di uno Stato a quello di una famiglia. Esso elude la questione della responsabilità della crisi, come peso insopportabile che l’austerità fa pesare su popolazioni, la cui sola colpa è di aver voluto curarsi o pagare gli insegnanti dei loro figli. Per un comune cittadino il rigore del bilancio può essere fonte di fierezza e soddisfazione; per uno Stato significa la rovina di centinaia di migliaia di cittadini, quando non arriva, come nel caso della Grecia, a un suicidio sociale puro e semplice. In Danimarca, precisava Le Monde, la «cura dimagrante» si è esplicata in una esplosione della disoccupazione e in una drastica riduzione dei programmi sociali; «sessantamila famiglie hanno perduto la loro abitazione». Così questo falso buon senso non soltanto cancella magicamente le disuguaglianze sociali e occulta le devastazioni dell’austerità, ma raccomanda caldamente, di fronte alla crisi, una politica economica che finisce per aggravarla, impedendo qualsiasi ripresa mediante i consumi. «Risparmiare e investire sono virtù per le famiglie, è difficile per la gente immaginare che, a livello delle nazioni, troppa frugalità può causare problemi», osserva l’editorialista di Bloomberg Businessweek Peter Coy (26 dicembre 2011).

Irrazionali, assolutamente deliranti, i richiami alla contrizione non hanno alcun rapporto con la realtà. Come spiegare allora il fatto che essi continuano a risuonare da un capo all’altro dello spazio europeo? Perché servono gli interessi dominanti, si risponderà. E nei fatti essi offrono l’occasione per completare, con il pretesto del debito, la distruzione, avviata una trentina di anni fa, delle conquiste sociali del dopoguerra. Prima di tutto ciò essi avevano già permesso, nella Francia di Vichy, di sotterrare il funesto ricordo del Fronte popolare. Il processo di Riom, che si tenne nel 1942 in quella cittadina del Puy-de-Dôme, mirava a dimostrare che i dirigenti «rivoluzionari», come Léon Blum e Edouard Daladier, erano responsabili della disfatta del giugno 1940 inferta dall’esercito tedesco. Il passaggio alle quaranta ore [settimanali] nell’industria degli armamenti e non le decisioni degli Stati maggiori sarebbero stati fatali alle truppe francesi… In vista del «raddrizzamento nazionale» il maresciallo Pétain aveva l’intenzione di sostituire, già allora, con lo «spirito di sacrificio» lo «spirito di godimento». All’apertura del processo il quotidiano Le Matin indicava Blum come «l’uomo che ha inoculato il virus della pigrizia nel sangue di un popolo (3)». I francesi settant’anni prima dei greci…e i portoghesi, che il loro primo ministro Pedro Passos Coelho ammonisce in questi termini: «Vi ricordate certamente di quell’episodio grottesco, quando, mentre la “troika” europea lavorava a Lisbona per elaborare un programma d’aiuti al Portogallo (nel 2011), tutto nel Paese era chiuso, perché tutti approfittavano di qualche giorno di ferie per fare il ponte. La “troika”, che prestava denaro al Portogallo, lavorava, il Paese sfruttava i ponti. Per fortuna ciò che è accaduto in seguito è avvenuto contrariamente a questa immagine, molto brutta (4)» .

Una promessa di rigenerazione

Ma l’invito alla fatica, alla mortificazione e all’abnegazione non è un trucco per fare accettare a più gente possibile la loro spogliazione? I suoi accenti sinceri, appassionati, danno a pensare che essa non è totalmente debitrice al cinismo e che si radica su un solido retroterra culturale. «Questo umore “sacrificale”, che partecipa dell’ethos altrettanto che del ragionamento, suscita da parte di numerosi commentatori una specie di esultanza morbosa, come se la sofferenza popolare avesse anche una dimensione “purificatrice”», constata il sociologo Frédéric Lebaron a proposito dell’attuale situazione (5). Pétain voleva ricordare ai francesi che, «da Adamo in poi, il castigo è una chiamata al raddrizzamento, una promessa di rigenerazione (6)». Più vicino a noi, Rajoy profetizza: «Lo sforzo non sarà inutile. I nuvoloni scompariranno, noi risolleveremo la testa e verrà il giorno in cui si parlerà bene della Spagna, il giorno in cui guarderemo indietro e non ci ricorderemo più dei sacrifici».

La rivendicazione da parte del popolo di condizioni di vita decenti non fa altro che mettere in allarme coloro gli interessi dei quali essa ostacola: ispira loro una specie di terrore superstizioso, come se rappresentasse una trasgressione impensabile. Al tempo della disfatta del 1940, riferiva lo storico e membro della Resistenza Marc Bloch, i quadri militari, provenienti dall’alta società, avevano accettato il disastro perché vi trovavano queste atroci consolazioni: schiacciare sotto le rovine della Francia un regime vilipeso; piegare le ginocchia davanti alla punizione che il destino aveva inviato a una nazione colpevole (7)».

Coloro i quali, per la loro posizione nella società, non hanno alcun interesse obiettivo a sottoscrivere questa lettura degli eventi, sono tuttavia numerosi nel mostrarsene recettivi. Riguardo ai danni inflitti alla collettività, i movimenti degli «indignati» possono perfino apparire come una risposta molto timida, lasciando subodorare che la retorica della necessaria espiazione trova, malgrado tutto, un terreno favorevole. Nel maggio 2011 un funzionario greco, che aveva già visto il proprio salario passare da 1.200 a 1.050 euro per un periodo di lavoro settimanale passato da trentasette ore e mezza a quaranta ore, dichiarava, per esempio, di essere «pronto a sforzi supplementari (8)».

Qualcuno non ha mancato di fare rilevare che un substrato culturale, addirittura religioso, determina gli atteggiamenti dei protagonisti della crisi dell’euro. «Esperti e politici trascurano un fattore: Dio. Insomma, la religione e, nella fattispecie, il protestantesimo luterano. Figlia di pastori, [la cancelliera tedesca] Angela Merkel ha il senso del peccato, come molti dei suoi compatrioti. Vi è un modo tedesco di parlare dell’euro che emana il buon odore dell’influsso del Tempio. E che evidentemente non è senza conseguenze sulle soluzioni proposte per soccorrere l’unione monetaria europea», così scrive Alain Frachon su Le Monde (23 dicembre 2011).

Eppure si può dubitare che l’influsso del protestantesimo si limiti all’area geografica nella quale prese l’avvio nel XVI secolo. Il sociologo tedesco Max Weber ha dimostrato in un celebre saggio, nel 1905, come l’etica protestante aveva contribuito a mettere in sella il capitalismo, modellando uno «spirito» che gli era favorevole (9). In seguito e fino ai nostri giorni questo spirito è perdurato e prosperato in modo autonomo, al di fuori di qualsiasi referente religioso. Ed è finito per diventare tanto onnipresente e invisibile quanto l’aria che respiriamo. La storica Jeanine Garrisson cita l’esempio di Jean-Paul Sartre, che ironizzava sulla fede protestante di suo nonno materno, pur essendo egli stesso «molto più vicino di lui al suo puritanesimo e al suo gusto della conoscenza di quanto non volesse ammettere. Non è forse lo stesso Sartre che proclama alto e chiaro che un intellettuale il quale non lavori almeno sei ore al giorno non può rivendicare questo prestigioso titolo (10)?».

In effetti la tesi di Weber sostiene che il protestantesimo ha «fatto uscire l’ascesi dai conventi» dove il cattolicesimo l’aveva confinata. La dottrina calvinista della predestinazione, secondo la quale ogni essere umano è eletto o condannato da Dio per l’eternità, senza che alcuno dei suoi atti sia suscettibile di cambiare alcunché, avrebbe potuto condurre a una forma di fatalismo. Produsse invece l’effetto contrario: sottomettendo ogni aspetto della loro vita a una stretta disciplina, i fedeli investirono tutta la loro energia nel lavoro, accattando nel successo economico un segno della loro salvezza. La fortuna cessò allora di essere condannabile – anzi, al contrario. Solamente il fatto di goderne era reprensibile. Weber ricorda il caso di un ricco fabbricante al quale il medico aveva consigliato di mangiare ogni giorno, per la sua salute, qualche ostrica, ma che non poteva risolversi a una simile sontuosità, non per avarizia, ma per scrupolo morale.

«L’idea del dovere professionale», scrive il sociologo, «vaga nella nostra vita come un fantasma delle credenze religiose di una volta». Perché la mano d’opera, anch’essa, dovette imparare a «eseguire il lavoro come se fosse un fine assoluto – una “vocazione”». Questa mentalità, oggi dominante, non s’impose se non al prezzo di una «pesante lotta contro un mondo di poteri ostili» e in particolare con l’aiuto di una politica di bassi salari: Calvino stimava che la massa degli operai e artigiani «doveva essere tenuta nello stato di povertà, per restare obbediente a Dio». Il protestantesimo scavò fra eletti e dannati un fossato a priori più insuperabile e più inquietante di quello che separava dal mondo il monaco del Medio Evo – un fossato che impresse un’orma profonda in tutti i sentimenti sociali». Il puritanesimo inglese forgiò ugualmente «una legislazione sulla povertà la cui durezza era in radicale contrasto con le norme anteriori».

Ricchi o poveri che si fosse, ormai riposarsi, approfittare della vita, «perdere il proprio tempo» non si poteva più fare senza cattiva coscienza. Si misura ciò che il mondo attuale deve a questo concetto quando si legge che il pastore luterano Philippe Jacob Spener, fondatore del pietismo, denunciava come moralmente condannabile «la tentazione di andare in pensione prematuramente»…

Insomma, come l’aveva già intuito fin dal XVI secolo l’umanista tedesco Sebastian Franck – citato da Weber – la Riforma ha imposto a ogni persona di essere un monaco durante tutta la sua vita». L’ascendente del cristianesimo e della sua squalifica dell’esistenza terrena se ne ritrovò fortemente potenziato. Si può presumere che questa eredità spirituale e culturale non agisca senza inibire le risposte possibili agli attacchi portati contro le società [civili]. Dopo la laicizzazione degli Stati, che dire della laicizzazione degli spiriti?

(1) Interview à L’Hebdo, Lausanne, 18 janvier 2012.

(2) Le Point, Paris, 23 novembre 2011. Cf Mathias Reymond, «Les éditocrates sonnent le clairon de la rigueur», Acrimed.org, 12 décembre 2011.

(3) Cité par Frédéric Pottecher, Le Procès de la défaite. Riom, février-avril 1942, Fayard, Paris, 1989.

(4) Expresso.pt, 6 février 2012.

(5) Frédéric Lebaron, «Un parfum d’années trente… ». Savoir/Agir. n° 18. Bellecombe-en-Bauues.

(6) Cité par Gérard Miller, Les Pousse-au-jouir du maréchal Pétain, Seuil, coll. «Points Essais», Paris, 2004.

(7) Marc Bloch, L’Etrange Défaite, Gallimard, coll. «Folio Histoire », Paris, 1990.

(8) « Comment les Grecs se sont mis au régime sec», La Croix, Paris, 8 mai 2011.

(9) Max Weber, L’Ethique protestante «(l’esprit du capitalisme, traduit et présenté par Isabelle Kalinowski, Flammarion, coll.« Champs classiques», Paris, 2000. De même pour les citations suivantes de cet auteur.

(10) Janine Garrisson, L’Homme protestant, Complexe, Bruxelles, 2000.

http://www.liberacittadinanza.it/articoli/le-presunte-virtu-della-mortificazione

Per una mia analisi integrativa del fanatismo puritano che impregna di sé le dinamiche capitaliste e della società contemporanea, in combutta con uno sfrenato edonismo (la classica trappola del Giano bifronte – sfuggi ad uno per cadere nell’altro):

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/11/ma-chi-ce-lo-fa-fare-terry-gilliam-max-weber-marx-e-la-fuga-dallincubo/#axzz1pGlBdQGa

per un’analisi delle tecniche impositive di questa ideologia:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/13/il-mito-del-consenso-unanime-e-la-crisi-del-patto-civile-con-lo-stato/

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