Jacob Needleman su finanza, ingenuità di massa e sul necessario cambiamento

MoneyAndTheMeaningOfLife

Molte persone si rifiutano di credere che questa sia la crisi sistemica finale. Allevati nella fede dell’auto-correggibilità del nostro modello socio-economico, non possono che credere che possa essere ri-indirizzato nella direzione giusta  e che debbano esistere dei tecnici che sanno quel che va fatto. Alcuni politici e presunti esperti cercano in ogni modo di alimentare quest’illusione, mascherando il vecchio da nuovo (“tutto deve cambiare, affinché nulla realmente cambi”) e rivestendo ciò che è spoglio e macilento con vesti sgargianti (ma il re è nudo!) > Pietro Ichino e il programma di Matteo Renzi (fiscal compact, dismissioni del patrimonio pubblico, flessibilità, costi per gli investitori stranieri ridotti al minimo e tutto l’arsenale neoliberista di Oscar Giannino):
http://www.pietroichino.it/?p=23077

Altri, traditi nella loro fede o nostalgici di un comunismo anarchico à la Tolstoj, sono diventati iconoclasti e si augurano che la civiltà contemporanea sia presto ridotta in macerie e si torni a coltivare l’orto e far pascolare le pecore, per il bene di tutti (!!!). Da un eccesso all’altro: sempre nella logica della dismisura (hybris).
Queste persone si rifiutano di capire che socialismo e capitalismo hanno fallito perché esistono circoli e reti di uomini e donne potenti, motivati da sfrenato egoismo e privi di empatia, che usano qualunque mezzo per cercare di soddisfare una bramosia inesauribile, un vero e proprio buco nero interiore.
Finché queste persone determineranno il destino del mondo, nessun modello socio-economico potrà avere successo, perché sarà invariabilmente non solo insostenibile, ma autodistruttivo in una misura che lascerebbe senza fiato il più somaro degli analfabeti economici. Ora siamo arrivati al punto in cui i nodi vengono al pettine. Servono buone idee, ma soprattutto servono persone degne e lungimiranti negli ambiti chiave. Altrimenti la prossima generazione dovrà affrontare catastrofi peggiori di questa.

Un’intervista a Jacob Needleman realizzata da un consulente finanziario con la mente aperta.

“Ho chiesto al professor Needleman se sarebbe disposto a condividere alcuni dei suoi pensieri con il pubblico di Financial Advisor.

Anthony: Lei sostiene che il denaro è un insegnante severo, ma un ottimo insegnante. Cosa dovremmo imparare in questo momento?

Needleman: I soldi toccano ogni aspetto della vita, cosicché quando qualcosa di drammatico accade al nostro denaro, qualcosa di drammatico sta accadendo anche alle nostre vite. Noi ci chiediamo: “Che cosa è veramente la ricchezza, rispetto all’essere ricchi?” “Che cosa è veramente importante per la nostra vita?” Vedo dei parallelismi tra il terremoto di San Francisco di qualche anno fa e la rovina economica dei nostri giorni. [Nel terremoto], la natura ci ha ricordato chi eravamo – e per un po’ tutti si comportavano rispettosamente, al cospetto della fragilità della vita.

Lo “shock finanziario” ci mette di fronte a noi stessi, chi siamo, a che cosa aspiriamo nelle nostre vite e da cosa ci nascondiamo. Ci ha anche ricordato quanto siamo ingenui.

Anthony: ingenui?

Needleman: la credulità impregna le vite umane. Mi vengono in mente alcuni dei vecchi proverbi di mio padre, ad esempio, “Non ci sono pasti gratuiti”.  Penso che molti di noi in realtà credevano che qualcuno si stesse prendendo cura di noi, che c’erano delle autorità di regolamentazione del sistema che vegliavano su di noi, che il capitalismo possedeva controlli automatici e contrappesi, e che c’era un nerbo morale che teneva insieme il sistema, ma di questa convinzione sono rimaste solo le macerie. Siamo stati noi stessi ad ingannarci. Mio padre era solito dire, “Non possiamo essere ingannati se non inganniamo noi stessi”.

Anthony: Il capitalismo ha mostrato alcuni gravi difetti negli ultimi due anni. Quali insegnamenti dovremmo apprendere da questa vicenda?

Needleman: I Padri Fondatori avevano una chiara percezione dei difetti umani. Avevano capito che, se lasciati a se stessi, le persone si uccidono a vicenda. Si poteva costruire un sistema in cui la gente avrebbe avuto interesse a non farlo? In un sistema capitalistico, le persone sarebbero state avide di denaro e non si sarebbero dedicate a distruggere la vita delle persone. Questa era l’idea.

Richiedeva un senso di integrità morale: essere buoni ripagava, valeva la pena essere cittadini probi, era meglio essere rispettosi piuttosto che non esserlo. Tutto questo è scivolato via. Ora abbiamo bisogno di credere nella gente. Abbiamo bisogno di incontrare le persone, valutarle e lavorare con coloro che hanno integrità. Nessun sistema può rendere le persone oneste. Possiamo ancora trovare persone oneste e intelligenti che possono cambiare questo sistema nella direzione giusta. Ci sono persone sufficientemente intelligenti da non essersi lasciate sedurre dal sistema.

Una persona non è felice perché ha un’illimitata riserva di eroina. Potrebbe essere “felice”, ma non la si definirebbe felice. Allo stesso modo, il denaro era la droga con cui abbiamo preso le decisioni. Probabilmente avrete sentito la vecchia barzelletta che tutto ciò che i soldi non possono comprare, lo possono comprare un sacco di soldi.

Ciò di cui abbiamo bisogno è, allo stesso tempo, un salutare scetticismo ed un autentico idealismo spirituale.

Anthony: nei suoi scritti ho visto che cita l’autore medievale Maimonide, che ha detto che tutti i mali umani scaturiscono dal nostro volere ciò che non ci serve. È così che siamo precipitati così in basso in questo caos economico?

Needleman: Tutta la struttura finanziaria del nostro paese si basa sul volere ciò che non ci serve. L’avvento della cultura del consumo – il riconfezionamento, il ridimensionamento, l’usa-e-getta, le agenzie pubblicitarie, ecc – ci definiscono come consumatori e produciamo più di quello di cui abbiamo bisogno. Il paese si fonda su desideri crescenti, non sulla soddisfazione di bisogni.

Anthony: occorre distinguere tra bisogni e capricci?

Needleman: Viviamo spesso al di sopra dei nostri bisogni e questo va bene fino a un certo punto. Ma abbiamo oltrepassato una soglia, negli ultimi dieci o 15 anni, e ci siamo lasciati convincere che qualcosa di nuovo, qualcosa di più, qualcosa di eccitante, alla fine ci renderà felici. Le case diventavano sempre più grandi e tutti dovevano possedere una casa.

Anthony: È giusto dire che siamo una cultura che si valuta in funzione del denaro? E, se è così, che cosa succede in tempi di recessione alla nostra autostima collettiva?

Needleman: Qualcosa accade, ma la tendenza complessiva in America è quella di un aumento dell’autostima. Ci sono tragedie, ma l’ottimismo cresce: rimbocchiamoci le maniche e ce la faremo. Dobbiamo chiederci che cosa sia la democrazia e che ruolo debba svolgere. Abbiamo una responsabilità. Abbiamo la responsabilità di cambiare le cose adesso. La democrazia è per le persone che pensano, non per quelle passive. Abbiamo bisogno di ascoltare il prossimo e di pensare insieme”.

http://www.fa-mag.com/news/integrity-lost-4360.html

Entra Renzi, esce Berlusconi – il cambio della guardia e la minaccia autoritaria

Aperitivo su Renzi e i poteri forti

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/15/matteo-renzi-giovane-rampante-plastico-pericoloso/

Renzi il neoliberista

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/17/sto-con-marchionne-si-al-nucleare-si-al-tav-io-i-referendum-per-lacqua-non-li-voto-matteo-renzi/

Renzi beniamino della destra

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/26/la-destra-chiede-ai-suoi-di-votare-renzi-alle-primarie-del-pd/

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MATTEO RENZI E I POTERI FORTI INTERNAZIONALI

“Il sindaco non parte da zero, come dimostra anche la genesi dell’incontro americano, nato dai contatti fra Giuliano da Empoli, l’architetto del programma elettorale renziano, e Matt Browne, già direttore del Policy Network — think tank fondato da Tony Blair, Gerhard Schroeder, Goran Persson e Giuliano Amato — che oggi è nel Center for American Progress, il pensatoio fondato da John Podesta. Ma il sindaco fra i suoi rapporti politici in America, oltre ai Dem tipo Kerry Kennedy, può contare anche su relazioni trasversali, grazie anche alla vicinanza di Marco Carrai, che cura la raccolta fondi di Renzi, a Michael Ledeen, animatore del think tank repubblicano American Enterprise Institute”.

http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/politica/2012/6-settembre-2012/quella-rete-americana-asse-clinton-blair-2111718004332.shtml

Chi è Michael Ledeen?

Il miglior programma in assoluto di educazione alla democrazia si chiama “Esercito degli Stati Uniti”.

Michael Ledeen, American Enterprise Institute for Public Policy Research (AEI)

La stabilità è una missione indegna per l’America, ed anche un concetto fuorviante. Non vogliamo la stabilità in Iran, Iraq, Siria, Libano, e perfino nell’Arabia Saudita, vogliamo che le cose cambino. Il vero problema non è se, ma come destabilizzare.

Michael Ledeen, Wall Street Journal, 4 settembre 2002

La potenza formidabile di una società libera dedicata ad una sola missione è qualcosa che [i nostri nemici] non riescono a immaginare … La nostra vittoria inaspettatamente rapida in Afghanistan è il preludio di una guerra molto più vasta, che con tutta probabilità trasformerà il Medio Oriente per una generazione almeno, e ridefinirà la politica di molti paesi più vecchi in tutto il mondo.

Michael Ledeen, «The War against the Terror Masters» New York: St. Martin’s Press, 2002.

Daniele Capezzone, il segretario radicale, è andato a Washington, il 9 marzo scorso, all’American Enterprise Institute, a parlare di “globalizzazione della democrazia”, invitato da Michael Ledeen, definito da Radio Radicale “uno dei maggiori esponenti del pensiero neocon. Peccato che Ledeen è un nome che ricorre nelle memorie di Francesco Pazienza e negli atti della Commissione P2, oltre che nella relazione di minoranza della stessa, quella stesa da Massimo Teodori, ai tempi radicale anch’egli un uomo dei servizi segreti, che l’ammiraglio Fulvio Martini, capo dell’intelligence tricolore, bollò come “persona sgradita” in Italia.

[…].

E’ l’onorevole Giovine a realizzare la migliore sintesi sul personaggio: “Pensiamo al ruolo di Michael Ledeen, che entrava e usciva dal Viminale in quei giorni [quelli del sequestro Moro, ndr]. Michael Ledeen non è uno qualsiasi, ma è forse il più esperto, non teorico ma pratico, della disinformazione americana. Michael Ledeen peraltro è anche un intellettuale apprezzato: è lui per esempio l’autore dell’intervista a De Felice sul fascismo. All’epoca del caso Moro era uno dei più abili giocatori di poker a Roma. E’ l’uomo che ha congegnato il cosiddetto “Billygate”, cioè che ha incastrato il fratello del presidente Carter con una operazione in Libia di altissima scuola fra i cosiddetti “dirty tricks”. […] Pazienza è un ragazzo di bottega rispetto a Michael Ledeen, e io ho citato solo una delle sue imprese. E poi chi troviamo all’altro capo del telefono quando Craxi parla col presidente Reagan la notte di Sigonella? Michael Ledeen, che traduce per Reagan. Ho citato solo due episodi: Ledeen è un uomo di punta di tutto l’ambiente che grava intorno al generale Alexander Haig, personaggio cruciale dell’ambiente nixoniano, uomo poi caduto sull’affare Iran-Contras, il cui ruolo è centrale. […] Ledeen, ripeto, ha contatti con il giro di Alexander Haig, che è un giro particolare, di una massoneria particolare e di Servizi di un certo tipo, come del resto è noto alle cronache. Michael Ledeen è uomo che il ministro Cossiga fa entrare direttamente nella vicenda Moro: non mi interessano i rabdomanti e la corte dei miracoli, ma che, all’interno di questi vi sono anche gli uomini forti. Michael Ledeen è un uomo forte in questo tipo di azione. E’ mai stato chiesto il suo ruolo? E’ mai stato chiesto a Cossiga perché si è rivolto a Michael Ledeen? Perché lo ha mandato, con quale scopo? Scusatemi questa valutazione politica, ma altri come lui possono essere stati coinvolti da Cossiga, di cui neanche sappiamo i nomi” [Atti della commissione stragi, 38/1998].

Ledeen appare anche nelle motivazioni della sentenza su Ustica. Vale la pena di riportare il passo in questione, è un ulteriore bel ritratto: “Veniva anche trasmesso un carteggio concernente Mike Ledeen, relativo alla richiesta di pagamento di onorario per 30.000 dollari da lui avanzata al nostro Governo. L’onorario richiesto risaliva ad un incarico ricevuto nel 1978 dall’allora Ministro dell’Interno prima che questi lasciasse il dicastero, pertanto prima o durante il sequestro dell’onorevole Aldo Moro. L’incarico era relativo ad uno studio sul “terrorismo”. Sul punto non possono non richiamarsi le affermazioni del prefetto D’Amato rese alla Commissione P2, in cui riferendosi a Ledeen precisa che “era stato addirittura collaboratore dei Servizi italiani, perché aveva tenuto, insieme a due ex elementi della CIA, dei corsi dopo il caso Moro” (v. audizione Federico Umberto D’Amato, Commissione P2, 29.10.82

http://www.carmillaonline.com/archives/2004/05/000789print.html

Tutta la documentazione disponibile relativa alle operazioni dei servizi segreti italiani, americani ed israeliani che hanno coinvolto Ledeen  – 11 settembre 2001, fantomatiche armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein, Iran-Contra, Stategia della Tensione, attentato a Giovanni Paolo II e molto altro – la potete trovare qui:

http://www.historycommons.org/entity.jsp?entity=michael_ledeen

“Una presentazione di Ledeen che cerca di diversificare a tutti i costi il fascismo dal nazismo facendo perdere di vista i temi del volume”

http://www.sissco.it/index.php?id=1293&tx_wfqbe_pi1[idrecensione]=2500

Qual è la natura della contiguità tra Matteo Renzi e Michael Ledeen, ultraconservatore, ultrasionista, islamofobo da sempre in favore della destabilizzazione del Medio Oriente?

Perché un politico che aspira a guidare il maggior partito di “sinistra” in Italia ed un eventuale governo dovrebbe essere associato ad un neocon guerrafondaio con il suo passato a dir poco ambiguo tra terrorismo e servizi segreti?

MATTEO RENZI E I POTERI FORTI NOSTRANI

Anche se Renzi negli anni si è sempre più laicizzato, è sempre Carrai a tessere relazioni con il mondo cattolico, in modo trasversale alle congregazioni delle fede e quindi mantenendo buoni rapporti sia con Comunione e Liberazione che con l´Opus Dei.

Il manager toscano vanta conoscenze importanti non solo tra le élite italiane. È sempre lui ad aver messo in contatto Renzi con l’ex primo ministro britannico laburista Tony Blair e con Michael Ledeen, animatore del think tank repubblicano American Enterprise Institute.

[…]

Il giornalista del Corriere Fiorentino David Allegranti, nel suo libro “Matteo Renzi. Il rottamatore del Pd” (Editore Vallecchi 2011), lo ha definito il “Gianni Letta” del primo cittadino di Firenze. E quindi forse, come per Berlusconi, se non ci fosse Carrai, non ci sarebbe Renzi. Anche se quasi nessuno lo sa.

http://www.formiche.net/dettaglio.asp?id=31213&id_sezione=

“…in questa fase pre-elettorale e pre-discesa in campo sono soprattutto gli ultimi due – De Siervo e Da Empoli – ad avere avuto un ruolo importante nella formazione della squadra, del programma e dell’organizzazione della campagna del sindaco di Firenze.

Luigi De Siervo, 43 anni, fiorentino, figlio dell’ex presidente della Corte Costituzionale Ugo De Siervo, ex consulente a Firenze dello studio dell’avvocato David Mills [“Consulente della Fininvest per la finanza estera inglese, è stato condannato in primo e secondo grado per corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza in favore di Silvio Berlusconi nei processi Arces (tangenti alla Guardia di Finanza) e Al Iberian – fonte: wikipedia].

De Siervo, tra le altre cose…è stato scelto ancora una volta dal sindaco per allestire i contenuti e gli elementi scenici del suo primo e itinerante Big Bang nazionale

Accanto a De Siervo, poi, sul lato dei contenuti, la persona da tenere bene a mente si chiama Giuliano Da Empoli. Da Empoli – 39 anni, scrittore, saggista e figlio di Antonio Da Empoli, ex consigliere economico di Bettino Craxi – nel 2009 è stato scelto da Renzi come assessore alla Cultura del Comune di Firenze e dopo due anni e mezzo di esperienza in giunta su richiesta del sindaco ha cambiato più o meno mestiere e si è messo alla guida di quel piccolo think tank che dallo scorso ottobre elabora e rielabora a getto continuo i contenuti del programma del sindaco.

I contributors di Renzi (ce ne sono di curiosi e interessanti, non solo Pietro Ichino e Alessandro Baricco, ma, per dire, anche Oscar Farinetti, inventore di Eataly, e David Serra, numero uno del Hedge Fund italiano più famoso d’Europa, Algebris)…Luigi Zingales (economista neoliberista firmatario insieme con Oscar Giannino anche del documento “Fermare il declino”)

Di Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza ed ex coordinatore dei lettiani del nord e centro Italia, invece si sa che è il responsabile della macchina organizzativa di Renzi mentre si sa meno che è proprio lui la persona che più degli altri in questa fase è stata incaricata di lanciare messaggi positivi ai montiani di tutto il mondo (lunedì mattina, per dire, intervistato a “Omnibus”, Reggi ha ripetuto che in un governo Renzi ci potrebbe stare perfettamente un Mario Monti ministro dell’Economia).

 …il costituzionalista Francesco Clementi, classe 1975, professore di Diritto pubblico comparato alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Perugia… il giurista che materialmente ha scritto una parte importante del programma del Rottamatore: quella legata alla riforma istituzionale di cui Renzi si farà promotore durante la campagna elettorale. Una riforma che punta a rafforzare l’esecutivo proponendo, in nome della “trasparenza e della responsabilità”, un sistema di governo neoparlamentare sul modello del sindaco d’Italia, sul modello delle democrazie anglosassoni e in particolare sul “modello Léon Blum”. Blum, forse qualcuno lo ricorderà, fu lo storico presidente del Consiglio che negli anni Trenta diede il “la” alla riforma della Terza Repubblica francese e che nel 1936 mise nero su bianco nel pamphlet “La Réforme gouvernementale” (tradotto in Italia proprio da Clementi) le linee guida di quella che sarebbe diventata la futura rivoluzione presidenziale francese. “Il presidente del Consiglio – scrive Blum in questo pamphlet di cui il sindaco di Firenze ha letto alcuni estratti – deve essere come un monarca, un monarca a cui furono tracciate in precedenza le linee della sua azione: un monarca temporaneo e permanentemente revocabile, che possiede nonostante ciò, durante il tempo nel quale la fiducia del Parlamento gli dà vita, la totalità del potere esecutivo, unendo e incarnando in sé tutte le forze vive della nazione”.

Cosimo Pacciani, dirigente della Royal Bank of Scotland (la banca dei Rothschild , NdR);

http://www.ilfoglio.it/soloqui/14879

Il non-programma politico di Matteo Renzi

Renzi stesso non lo ha definito un programma, introducendo le 26 pagine che dovrebbero rappresentare il suo manifesto politico, ma che di politico hanno ben poco. A leggere questo documento non si scorge affatto quella novità e quella freschezza, che Renzi sembrava promettere con il suo giovane viso. A leggerlo bene, questo documento porta una serie di formule liberiste che di nuovo hanno ben poco, accanto a qualche slogan e molta ideologia.

[…]

La sua continuità programmatica e politica con il governo Monti poi è impressionante: maggiore integrazione europea (ergo maggiore cessione di sovranità nazionale); dismissione del patrimonio pubblico; riduzione del 20-25% degli investimenti e dei trasferimenti alle imprese; obbligo per le Università di stabilire accordi con almeno tre banche per erogare mutui agli studenti; accelerazione sulle liberalizzazioni; priorità alle manutenzioni e alle piccole e medie opere; attrazione degli investimenti stranieri (Renzi lo sa che sono comunque un debito?); politiche del lavoro incentrate sulla flexsecurity (la precarizzazione del lavoro vista da sinistra); nessun ritocco alla riforma previdenziale introdotta da Elsa Fornero; incentivi alle fonti rinnovabili elettriche; riduzione del numero delle forze di polizia. Infine Renzi si dice completamente a favore del Fiscal Compact, dell’integrazione della vigilanza bancaria europea presso la BCE e dell’aumento di fondi al neo-costituito ESM.

[Su Fiscal Compact e ESM: https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/10/09/francia-una-nazione-con-la-spina-dorsale/]

http://www.movisol.org/12news193.htm 

Cene, viaggi, fiori, pasticcini La Corte dei Conti indaga su Renzi. Sotto esame i rimborsi del periodo 2005-2009, quando il sindaco di Firenze guidava la Provincia. Gli esborsi riguardano anche 70mila euro per attività di rappresentanza negli Stati Uniti e spese al ristorante per 17mila euro… Nel lungo elenco di ricevute e spese che gli inquirenti stanno verificando ci sono anche le fatture di fioristi, servizi catering, biglietti aerei e società vicine all’attuale sindaco. A cominciare dalla Florence Multimedia che riceve complessivamente 4,5 milioni di euro dall’ente.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/21/renzi-e-spese-allegre-mentre-era-presidente-della-provincia/359496/

La destra chiede ai suoi di votare Renzi alle primarie del PD

Il giovane Silvio

Il “giovane” Matteo

Renzi mi piace. Non vado in casa d’altri a votare alle primarie ma è un gigante nel panorama politico di oggi, una persona giusta per questi tempi. Mi ricorda un po’ Berlusconi, per esempio nell’essere anticonformistaAlle politiche, se non ci fosse Berlusconi, Renzi lo voterei assolutamente – insiste Dell’Utri – Molti del Pdl se non ci fosse Silvio lo voterebbero. Meglio di La Russa e Gasparri? Siamo su un altro pianeta.
Marcello Dell’Utri

Votereste per il candidato prediletto di Giuliano Ferrara? Per il nuovo Berlusconi? Per il politico che consentirà di realizzare il grande inciucio che andrà sotto il nome di Grande Coalizione?
“Nel caso di una grande coalizione il Pd riuscirebbe a restare unito? Se se si dovesse spaccare, chi se non Renzi potrebbe guidare la parte decisa a far parte comunque della coalizione governativa?
http://orsodipietra.wordpress.com/2012/09/17/renzi-non-esclude-la-scissione-del-pd/

Quest’uomo, un prodotto di largo consumo, creato ad hoc per fondere berlusconismo e blairismo e dirottare definitivamente il PD verso la destra, deve perdere. La destra sta già chiedendo al suo elettorato di prendere la tessera del PD e votarlo. E’ evidente che le primarie sono, a questo punto, un suicidio.

Una buona parte dell’elettorato di sinistra è così irrecuperabilmente tonta che manco si accorgerà di essere stata dirottata a destrauna buona parte della destra moderata anti-liberista voterà PD anche alle elezioni, in caso di vittoria di Renzi, senza capire che è il rappresentante della destra radicale neoliberista per il dopo-Monti

Giuliano Ferrara (sul Giornale) spiega perché Renzi può vincere le primarie solo se la destra va in massa a votare per lui, regalando così definitivamente lo scatolone del PD alla destra neoliberista:

Perché Matteo Renzi piace alla pancia della destra, all’elettorato di Berlusconi o a una sua parte ragguardevole? Perché tutti si aspettano, molto al di là del ragionevole, che i berluscones si apprestino a fare la fila in tanti al botteghino delle primarie del Pd, e questo per premiare con la scelta trasversale, il panachage, la star della rottamazione?

[…]

La risposta alla domanda sulla trasversalità di Renzi, che egli stesso da furbone ha evocato alla sua prima uscita ufficiale dicendo che si augura di stanare e sedurre gli elettori della parte avversa, è semplice. Grillo con tutti quei settatori parrucconi della Casaleggio & associati, può essere lo sberleffo, la canagliata elettorale di un momento, un vaffanculo comico e senza particolari conseguenze; Renzi è un carisma politico in erba e insieme l’abbozzo di un programma di governo fondato su un’affinità del profondo con la storia italiana degli ultimi vent’anni. Il candidato non è percepito solo come l’anti-Bersani, quel tizio di sinistra che nel dicembre del 2010 (in piena crisi) si è fatto ricevere ad Arcore dal premier Arcinemico e non se ne è mai pentito, è il brusco rinnovatore che tende a cancellare il confine ideologico otto-novecentesco tra sinistra e destra per introdurre la discriminante della nuova generazione, è quello che sfotte, destabilizza, ridicolizza e delegittima un establishment d’apparato onusto di vecchia gloria ma incapace (secondo lui) di intercettare le novità e il portato di libertà e autonomia che queste novità tecnologiche e di mercato contengono, incapace di alternativa e visione.

C’è molto di berlusconiano in lui, sospetta il militante fazioso e un po’ tonto perduto nello stupidario ideologico «de sinistra». Guardate, dice, le sue manifestazioni, le scenografie, questo gusto people, l’americanata perfino ingenua che veniva rimproverata anche al Cav. delle origini; guardate alla cosiddetta narrazione personale, la politica come sceneggiatura o soap, come cinematica, come fun. Sì, è vero, gli risponde il trasversalista di destra, ma questo non vuol dire necessariamente che il compagno Renzi sia un venduto, forse invece le esigenze rivoluzionarie o rottamatrici impersonate da Berlusconi tanti anni fa e per tanti anni riproposte con il suo stilnovo non erano un’esplosione di cattiveria e di avidità personale ma un fenomeno sociale e politico da comprendere, a parte la personalità e la singolarità irripetibile di ogni leadership carismatica. Renzi non è solo uno scout che si è fatto venire in testa certe idee. Figlio di un democristiano, fiorentino di spirito, ha preparato la corsa facendo una grandissima gavetta e strappando ogni cosa, a cominciare dalla guida della sua città, con scaltra energia, ha anche fegato perché non è da tutti prendere posizione per Marchionne nel paese dei laudatori della lotta di classe e dei nostalgici del socialismo pianificatore o dei moderati e confindustriali concertatori ad ogni costo; e non è da tutti fare lega con Pietro Ichino, riformatore intelligente e per questo inviso agli sbandieratori del lavoro che non c’è e non ci sarà mai finché in fabbrica comandano loro.

Quando dicono che alla sua età, poco sotto la quarantina, non si può partecipare a un Consiglio europeo e parlare con Angela Merkel, viene da sorridere. Certo è che deve irrobustire il suo staff, completare il quadro delle competenze. E magari deve perdere, mettere la pietra di inciampo e dello scandalo là dove deve stare, e aspettare un turno. Chissà. Quel che è sicuro è che Renzi, senza dover piacere specialmente, è nella sua eruttività la dimostrazione geologica del fatto che questi vent’anni dalla fine del muro di berlino non sono passati inutilmente”.

http://www.ilgiornale.it/news/interni/837821.html

David Cameron

Negli ultimi venti anni alle elezioni nazionali non ho mai votato a sinistra, non per un pregiudizio ideologico o antropologico e nemmeno perché sentissi di appartenere a un qualche altro “popolo”, ma semplicemente perché, nella pochezza dell’offerta politica che via via mi si presentava davanti, da liberale ho sempre ritenuto che l’altra parte fosse meno peggio. Di fronte alla deriva integralista e confessionale del Pdl, alla sua ormai conclamata incapacità di divenire un vero e proprio partito con dinamiche democratiche al suo interno (per assumere la fisionomia di un’aggregazione tra bande), e al definitivo tradimento della promessa liberale e dopo il fallimento dell’esperienza finiana, che per un breve periodo mi aveva fatto sperare che qualcosa di più somigliante a una destra liberale potesse emergere anche in Italia, per la prima volta nella mia vita mi sono detta che ormai nemmeno il criterio del “meno peggio” avrebbe potuto di nuovo indurmi a votare.

Oggi, osservando da cittadina delusa e sconsolata il panorama politico, scorgo una sola esperienza che mette insieme il tentativo di un rinnovamento radicale (perché l’Italia in questo momento ha bisogno di radicalità) con la diretta assunzione di responsabilità da parte di chi quel tentativo vuole incarnare, quella che ha preso forma attorno alla figura di Matteo Renzi. Guardo con interesse anche al fervere di iniziative (Fermare il declino, Zero+, Italia Futura) all’interno del centrodestra, anche se una certa diffidenza verso certe rigidità del modo di interpretare il pensiero liberale, in un momento in cui non si può non essere consapevoli che a pagare questa crisi e certamente anche gli sforzi per uscirne saranno gli individui più deboli, mi porta a confidare maggiormente nella via più blairiana alla riforma liberale sposata dal sindaco di Firenze. Ma al di là di questo, ad oggi nella nebulosa non pidiellina del centrodestra è evidente che manca una guida, manca qualcuno che assuma su di sé la responsabilità di un progetto, e senza un leader ritengo non si possa andare molto lontani.

Per questi motivi ho deciso che voterò alle primarie della sinistra dando la mia preferenza a Matteo Renzi. E lo farò anche se dovrò recarmi in qualche sezione di partito per iscrivermi in qualche albo, magari con la minaccia di avere la posta inondata da spam che mi informa di ogni minima iniziativa del Pd, di Sel o altro da qui ai prossimi decenni. Naturalmente, se alla fine Renzi risulterà vincitore, alle prossime elezioni voterò per il Pd; se i vincitori saranno Bersani o Vendola me ne guarderò bene. Perché da libera cittadina ho deciso che voglio dare la mia fiducia all’ipotetico Pd di Renzi, altri Pd al momento non m’interessano.

E’ scandaloso tutto ciò? In molti ritengono di sì. Dopo che Renzi ha fatto appello anche ai delusi del centrodestra, nel partito del segretario Bersani già si denuncia l’infiltrazione di elettori che non appartengono al “popolo” di centrosinistra e, dunque, il pericolo che il risultato sia alterato da chi non avrebbe alcun diritto a scegliere il candidato premier di quella parte. Eppure, quel diritto io ritengo di possederlo. Perché non credo che oggi in politica possano esistere case, popoli, perimetri.  Credo che debbano esistere donne e uomini che si assumono responsabilità e sottopongono la propria idea di società, la propria faccia e il proprio impegno  a cittadini che con la ragione, l’istinto e la passione li valutano, li scelgono o li rifiutano.

Tutto ciò mi appare ancora più vero nella fase attuale, grave, caotica, contrassegnata dalla fortissima diffidenza dei cittadini verso la politica (uomini e istituzioni). In questa fase, lo sforzo per creare qualcosa di nuovo e di efficace non può non passare per un rimescolamento delle carte, per nuove coalizioni (non di partiti, ma di segmenti della società) che facciano convergere, ad esempio, le forze più produttive, e non assistite, del paese con quanti anche  l’ottusità di una sinistra che non ha mai conosciuto una vera Bad Godesberg ha posto ai margini del sistema.

L’Italia è il mio paese e per il mio paese sono fermamente convinta che una sinistra davvero liberale, che pone accanto alla solidarietà il merito e lo sforzo individuale, che non demonizza la ricchezza e alla rigidità del posto di lavoro contrappone la flessibilità in un contesto di opportunità e un welfare a sostegno dei percorsi individuali, non di categorie privilegiate, sia una sinistra essenziale per fare uscire il nostro sistema politico dalla palude in cui oggi ristagna, una sinistra che può fare bene una volta al governo, una sinistra capace di sfidare seriamente la destra e per questo costringerla a sua volta a trasformarsi [UNA SINISTRA INDISTINGUIBILE DALLA DESTRA, NdR].

Perché, dunque, chi non ha mai votato a sinistra dovrebbe stare a guardare? Io non starò a guardare, voterò alle primarie del centrosinistra e sarò, se la sfida di Renzi andrà a buon fine, una sua convinta elettrice.

di Sofia Ventura

http://www.ilfoglio.it/soloqui/15059

NOTA BENE
Naturalmente chi ama Renzi griderà al complotto: vogliono screditarlo, gli remano contro!
Chi non vuole vedere che il suo programma politico non differisce sostanzialmente da quello del PDL si sigillerà gli occhi.

“Sto con Marchionne”, “Sì al nucleare”, Sì al Tav”, “Io i referendum per l’acqua non li voto” (Matteo Renzi)

Adesso sappiamo chi c’è dietro Matteo Renzi.
Resta solo da capire quante chance abbia di arrivare a guidare un PD di governo.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/07/19/60-domande-per-matteo-renzi/

per Senza Soste, nique la police

31 ottobre 2011

“Prima di parlare dell’immagine di Matteo Renzi bisogna fermarsi telegraficamente agli interessi dai quali l’attuale sindaco proviene e a quelli che intende rappresentare. Dobbiamo infatti considerare che Matteo Renzi è figlio diretto di quel sottobosco politico dal quale oggi dice di volersi liberare. Suo padre Tiziano è stato in fatti un piccolo ras dei pacchetti di voti della declinante Dc toscana degli anni ’80, inizio anni ’90. Le insistenti voci sulle entrature di Tiziano Renzi nella massoneria toscana non sono provate o comunque andrebbero meglio certificate.

Di certo però suo padre si distingue nell’imprenditoria regionale in materia di giornali e di distribuzione pubblicitaria. Non solo, entra in affari con l’impresa Baldassini-Tognozzi-Pontello, oggi rilevata da Impresa Spa, che è  uno dei santuari del mattone toscano. Quindi quando Renzi difende la Tav non è tanto in conflitto ma in convergenza di interessi su un settore non proprio sconosciuto alla sua famiglia. E qui sarà probabilmente un caso quello che vuole la Baldassini-Tognozzi-Pontello vincere la gara d’appalto per la tramvia 2 e 3 a Firenze, come annunciato dallo stesso Renzi.

E quindi, quando Renzi dice di Firenze “basta costruzioni in centro”, c’è solo da capire per quale tipo di costruttori parla.

La polemica sulla discontinuità generazionale nel centrosinistra per Renzi, sulla rottamazione degli “anziani” vale poi ovviamente solo nei confronti di Bersani. Simbolicamente, quando Bersani è andato in visita ufficiale a Firenze, Renzi è andato al compleanno del padre. Nei confronti del padre c’è invece continuità, per così dire, anche nel ramo di impresa. Dove il primo costruisce legami d’affari a livello regionale, il secondo li allarga su una dimensione di influenza nazionale. A prescindere dalle primarie. Comunicazione e grandi opere, rami aperti dal padre, godono della capacità di fare brand su questi temi da parte del figlio che, come stupirsi, ha benedetto ogni Tav di vario ordine e grado. E che inoltre guarda a Mediaset come un possibile partner, strategia non aliena per l’allargamento di interessi editoriali locali del padre, altro che interrogativi sulla centralità della televisione di Berlusconi.

Partendo da questa base materiale, anzi concretissima, i Renzi si candidano ad allargare la base territoriale del proprio core business fino a farla coincidere con il livello nazionale. La politica, come ha fatto un altro imprenditore del cemento e della comunicazione (che ha reso Arcore per adesso molto più famosa della Rignano dei Renzi) è qui sia lo strumento necessario per allargare il ramo di influenza degli affari che un nuovo terreno di business. Per far questo si deve costruire un collettore di grandi flussi elettorali che tuteli le tre tipologie di interessi che si pensa abbiano un futuro nella rappresentanza istituzionale: rendita immobiliare e finanziaria, grandi opere, riduzione del costo del lavoro. Il brand Renzi è questo collettore. Gli interessi non sono proprio nuovissimi, anzi è roba da liberalismo della feroce Italia postunitaria, ma per tutelarli l’immagine deve essere qualcosa di nuovo che intercetti la forte domanda di cambiamento dell’elettorato.

Capita la base materiale dell’immagine di Renzi, e gli interessi che vuole difendere, non resta che dare un’occhiata al potere attrattivo messo in campo dal brand. Il sindaco di Firenze è il primo prodotto nuovo, in senso cronologico, del nesso politica istituzionale-media generalisti che seleziona le candidature reali per le elezioni. Gli altri al più tardi sono entrati in questo circuito nei primi anni ’90. Lo stesso Beppe Grillo ha un’accumulazione originaria di immagine negli spettacoli del sabato sera degli anni ’80. Comunque prima della discesa in campo di Berlusconi. Che così ha anche un ruolo di king maker delle candidature su tutto lo schieramento. Perché è inutile raccontarsela: nonostante twitter, facebook e miriadi di social media il potere di connessione complessivo in Italia è ancora quello della televisione generalista. Quindi se non vai contemporaneamente su Rai e Mediaset come candidato non esisti. Renzi questa selezione l’ha passata, Berlusconi oltretutto non ha mai nascosto o smentito la simpatia nei suoi confronti.  Anche perché gli interessi dei Berlusconi e dei Renzi non sembrano lontanissimi. Ogni modo, l’effetto novità creato dal primo candidato inedito da un quindicennio potrebbe anche farsi valere. Specie in un paese confuso, pronto ad affidarsi al primo messaggio di cambiamento disponibile su piazza. Anche se bisogna considerare che la crisi richiede personaggi capaci di interpretare un certo pathos non personaggi alla Renzi che sembrano proiettati con la macchina del tempo dall’epoca della new economy.

La strategia di Renzi, dal punto di vista dell’immagine, è semplice. Costruire un’immagine ingenua, luminosa e generalista, del giovane che innova nell’interesse del paese nel momento della crisi, per fare da collettore di voti di differenti frammenti di elettorato. Giovani (così si sentono valorizzati), anziani (così hanno l’impressione di fare qualcosa per i figli) di destra (tutti i decisionisti di ogni schieramento politico e i soliti bisognosi di un capo meglio se giovane e forte) e di sinistra (tutti quelli inclini a buttarsi sulla retorica dell’innovazione e quelli privi di rappresentanza).  Dal punto di vista del calcolo fatto da Renzi e dal suo staff i voti presi a destra dovrebbero essere maggiori di quelli persi a sinistra. Spostando il brand Renzi verso un piano di rappresentanza politica forte, compatibile con gli interessi neoliberisti che si vuol rappresentare, ma anche sganciato dalla necessità di tutela di reali interessi materiali di sinistra (diritti e beni comuni, per capirsi).

La convention di Renzi, e i relativi ritorni di immagine per ogni tipologia di elettore, è stata pensata per lanciare tre tipi di messaggio. Il primo, quello da chiacchiera di tutti i giorni,che è necessario per avere un consenso diffuso. Fatto per insinuarsi nei bar, negli autogrill alle stazioni, ovunque si parli di politica (il giovane che scende in campo rappresenta questa tipologia). Un altro, lanciato ad un pubblico più ristretto ma per niente esiguo, quello di chi si occupa di politica come mestiere o come opinione pubblica informata, tutto dedicato alla formula politica ed elettorale (primarie, alleanze, polemica tra personaggi). Un terzo è invece dedicato alle minoranze professionalmente specializzate e riflessive, quelle che lanciano tendenze (e allora vai con l’ostentazione del mac sul palcoscenico da sempreverde teatro off). Come sempre, vale per i manuali più consumati di propaganda elettorale, i tre messaggi possono essere ricevuti separatamente o combinati secondo la tipologia di elettore.

La logica del messaggio di Renzi è stringente e lacerante. Riducibile a questo slogan “togliere ricchezza e diritti a una parte della popolazione per darli a un’altra”. Ma non si tratta dell’antico linguaggio della socialdemocrazia legato al consenso nella redistribuzione sociale. In Renzi non c’è patrimoniale, controllo delle conseguenze sociali delle grandi ricchezze. Si tratta di togliere a chi è già stato abbondantemente attaccato dalla crisi liberista per dare a chi è stato attaccato ancora di più.  In un quarto di secolo questo progetto ha abbondantemente fallito ovunque. Per Renzi si tratta quindi di trovare una vasta platea di pubblico che coincida con la sua, ben interessata, ristrettezza di vedute. Già perché, al di là dello spettacolo, e qui Renzi non emoziona nessuno ma cerca solo di essere simpatico e ragionevole, ci sarebbe anche la politica. E qui si vede che il candidato più che da Firenze viene proprio da Rignano.

Renzi junior non è infatti riuscito a dire una parola che sia una di politica estera, della sua visione dell’Ue, della crisi delle borse, delle relazioni internazionali. A popolarizzare la politica estera, oltre a fissarla nell’agenda di priorità, i democristiani ci riuscivano benissimo. È evidente che le filiazioni successive hanno problemi a parlare del mondo. Del resto cosa direbbe Renzi? Che il suo modello ha fallito ovunque? Che la cancelliera tedesca Merkel, democristiana, ha fatto una proposta pochi giorni fa sul salario minimo che è di ultrasinistra rispetto alle giaculatorie di Renzi sulle categorie protette?
Meglio fare la figura del ragazzo aggiornato davanti a Bersani, cosa che riuscirebbe a qualsiasi pari età di Renzi non colto da ictus,  che addentrarsi nella politica. Qui c’è da valorizzare un brand e dei rami d’impresa il resto, almeno per uno come il sindaco di Firenze, è roba da eruditi. Categoria ottima invece come pianta ornamentale, vedi la filosofia in esilio invitata alla Leopolda o Baricco, ma quando si parla di sostanza tocca alle vere truppe di Renzi. Che sono composte da vecchi magliari di pacchetti di voti e di relazioni sociali che battono i territori, da funzionari pubblici che taglierebbero ovunque e da giovani che lavorano nel marketing convinti di saperla lunga quanto lo staff di Obama del 2008. Insomma al di là dei contenuti, che non ci sono, il fenomeno Renzi è tutto logistica (tradizionale e di marketing) e gestione del brand. Peccato che un paese in crisi epocale avrebbe bisogno di politica. Ma quella è roba da vecchie distinzioni destra-sinistra, tutte cose alle quali Renzi non è avvezzo. Lui vuole solo i voti da qualsiasi parte provengano e prima possibile.

Infine, si candiderà Renzi a presidente del consiglio? Il sindaco di Firenze si è dato tre mesi per prendere una decisione. Sa benissimo di dover passare di fronte ad una vera e propria ruota della fortuna. Sulla quale, vista la complessità della crisi del paese e del centrosinistra, devono davvero uscire solo i numeri giusti. Ma dalla ruota della fortuna, quella di Mike Buongiorno, Renzi c’è già passato (guarda il video). Da giovane concorrente. Proprio quella trasmissione che fu definita, dopo un’inchiesta della magistratura, “la ruota della mazzetta” visto che per entrare come concorrente bisognava stare dentro reti clientelari piuttosto strette. Vedremo se Renzi finirà a fare il concorrente anche questa volta. Di sicuro ha aumentato il potere di attrazione, economico e relazionale, del brand che rappresenta. L’augurio è che la politica gli riveli direttamente, e in corso d’opera, quanto letali possono essere le sue regole. Se mai dovesse diventare premier il potere destituente della complessità sociale tipico delle crisi dovrebbe però disarcionarlo bruscamente. Dopo vent’anni di Berlusconi lo spazio eventuale di manovra per un suo imitatore fiorentino sembra parecchio ristretto. Perché se il cabaret imbarca volentieri imitatori fiorentini, pubblico lo portano sempre, la politica ha bisogno di chiudere una stagione e promuovere altri interpreti”.

http://senzasoste.it/nazionale/la-ruota-della-fortuna-di-matteo-renzi

per Senza Soste, nique la police

14 settembre 2012

Qualche mese fa, all’epoca di una delle convention alla Leopolda di Firenze, abbiamo tracciato un profilo di analisi delle strategie di marketing politico di Matteo Renzi

Rileggendolo vi si possono trovare i tratti principali dei comportamenti renziani. Che appaiono quindi stabilizzati, definiti e quindi possibile oggetto di approfondimento. Ma c’è una cosa che Renzi e il suo staff hanno sottovalutato. Ovvero cosa significa, nella società dello spettacolo, reiterare lo stesso tipo di personaggio. Stiamo parlando dell’eterno ritorno del giovane che vuole rottamare, oramai configurabile come un Peter Pan delle primarie di qualsiasi livello.

Una regola fondamentale della società dello spettacolo, tanto più in politica, ricorda che  la reiterazione lo stesso personaggio produce un accumulo di satira e di ironia diffusa. Non a caso le grandi dittature hanno prodotto grandi vignette. La reiterazione dello stesso personaggio, delle stesse posture porta all’ingessatura della persona che si propone scatenando profondi moti sotterranei, e non, di riso e di ironia. Siccome Renzi non è un dittatore, in quel ruolo farebbe anche più ridere, e deve prendere voti l’effetto ridicolo creato dalla continua riproposizione della medesima immagine di sè potrebbe davvero essergli nocivo.

Silvio Berlusconi, il maestro di bottega di Renzi, conosceva queste regole. Infatti, per ovviare all’effetto ridicolo (e ne ha prodotto tanto), cambiava continuamente modalità di rappresentazione del proprio personaggio. Abbiamo infatti avuto il presidente-imprenditore, il presidente del Milan, persino il presidente operaio. Renzi, invece, non riesce a liberarsi, da qualche anno, della filastrocca rottamazione-merito-innovazione che oltretutto fa molto nostalgia anni ’80-’90. Per uno che ostenta l’ambizione di diventare presidente del consiglio, il primo vero Tony Blair di Rignano sull’Arno, è sicuramente un punto di debolezza. Infatti Renzi, prigioniero non di una politica ma di un personaggio, salta da una primaria all’altra riproponendo, in differenti contesti lo stesso tipo di spettacolo. Non è riuscito a stare politicamente fermo su un ruolo istituzionale, una stagione di governo. Non a caso, quindi.

Anche le figure con le quali si accompagna ripetono lo stesso jingle da sempre. Ad esempio l’economista Zingales, che non si rende conto di apparire in tv come la caricatura dell’economista liberista “tagli e rigore”, e il sempreverde Ichino per il quale il salario è equo e conforme a costituzione solo quando coincide con la mancia.

Renzi si è così ormai avvitato nell’imitazione, non si sa quanto involontaria, di CarCarlo Pravettoni. L’imprenditore milanese sintesi del colmo del berlusconismo, della retorica grottesca del merito, impersonato da Paolo Hendel nelle trasmissioni di satira di diversi anni fa. Una delle presentazioni iniziali delle puntate di Pravettoni recitava: “l’unico manager pagato dalla concorrenza perché resti dov’è”.

Il Renzi più giovane deve aver visto troppo quelle trasmissioni. Deve aver fatto come quei giovani aspiranti broker che guardavano Gordon Gekko, nel primo Wall Street, dimenticandosi che quella di Oliver Stone era una rappresentazione critica non la celebrazione del pescecane di borsa. In effetti si pagherebbe volentieri per lasciare Renzi dove è, in una candidatura alle primarie infinita quanto le soap opera giapponesi. Fa ridere, è grossolano e improbabile, attira una audience cinica come infedele e instabile (pronta a disarcionarlo al primo problema) e potrebbe distruggersi da solo con il ridicolo che attira.

Purtroppo, in un paese in seria decomposizione sociale e politica anche personaggi di questo calibro vengono presi sul serio. Persino un Pravettoni al potere può sembrare un programma politico all’altezza dei tempi. Curiosamente, vista anche la parabola politica di Berlusconi e Grillo, il futuro elettorale di questo paese sembra essere scritto nel passato della televisione. Non durerà ma può durare abbastanza per paralizzare un paese.

http://www.senzasoste.it/nazionale/arriva-renzi-il-carcarlo-pravettoni-dei-nostri-giorni

In una cosa il sindaco di Firenze può già dirsi come un riuscito allievo di Berlusconi: la collezione di frasi che inchiodano a futura memoria. Solo che Berlusconi ha dietro di sé’ vent’anni, e qualche disastro di governo, di politica italiana. Renzi ha molti meno campionati dietro le spalle ma, come si vede, cerca di colmare il gap con Berlusconi. Si vede che il titolo di parolaio del secolo della politica italiana è parecchio ambito. Anche perché non si sa mai chi potrebbe arrivare, nelle generazioni future, ad insidiare il primato in questa speciale classifica.

Renzi in poche ore ha collezionato due frasi che lo inchiodano a futura memoria. La prima è quella di ricevere i complimenti da parte del principale, storico avversario del centrosinistra. “Ha le nostre idee” ha detto Berlusconi di Renzi. Dopo un’affermazione di questo tipo, un candidato o scioglie il comitato elettorale o lo ripresenta dall’altra parte perché, politicamente, nel centrosinistra ha fallito. Nessuna maggioranza nel centrosinistra lo eleggerà perché candidato preferito di Berlusconi. Eppure Renzi si sente il sottile von Clausewitz delle primarie. Pensa che gli elettori delusi del centrodestra, in  questo modo, spinti dallo stesso Berlusconi si presentino in massa a votarlo. Un po’ come vincere la presidenza di un circolo di tifosi della Lazio grazie ai voti dei delusi dalla presidenza americana della Roma, auguri.

Eppure come perla del fine settimana questa non è l’unica. Ebbene sì, Marchionne, come diversi sindacalisti Fiom avevano denunciato, rivela che il piano fabbrica Italia era un bluff.

Una sorta di effetto annuncio, con investimenti 20 volte minori di quanto affermato, buono per comprimere i diritti dei lavoratori, abbassare il salario, movimentare qualche produzione e alzare il titolo in borsa. In molti sindacalisti del settore l’avevano capito e denunciato pubblicamente. Il piano Marchionne era una bolla speculativa, un effetto annuncio a corto respiro.

Non l’aveva capito Matteo Renzi, il sensitivo dei trend del futuro, che a gennaio 2011 aveva finito per abboccare alle trovate dell’ufficio stampa di Marchionne. Renzi infatti a suo tempo ha speso tutto se stesso per dimostrare che il piano Marchionne non solo era vero ma rappresentava il futuro della Fiat e dell’Italia. Lo pubblichiamo sotto senza commento.

Vai Renzi, non diventerai presidente del consiglio, non vincerai il titolo di parolaio del secolo, perchè impegnativo, ma davvero sei, parafrasando i classici, la nottola dell’avanspettacolo che si leva al crepuscolo della seconda repubblica. Ora manca solo un cartellone di serate, con diretta streaming, con Panariello, Pieraccioni o Carlo Conti. Non dubitiamo che lo staff di Renzi saprà scegliere il partner giusto. Con le primarie.

(red) 17 settembre 2012

http://www.senzasoste.it/nazionale/marchionne-e-le-parole-in-liberta-di-matteo-renzi

Intervistato al tg de La 7, Renzi si inserisce nel dibattito nazionale sul referendum Fiat, e lo fa nel suo stile, senza mezzi termini: “Io sto dalla parte di Marchionne, dalla parte di chi sta investendo sul futuro delle aziende, quando tutte le aziende chiudono. E’ un momento in cui bisogna cercare di tenere aperte le fabbriche”.

“Diciamo anche la verità: è la prima volta nella sua storia -aggiunge Renzi- che la Fiat, anziché chiedere i soldi degli italiani con la cassa integrazione, prova a mettere dei quattrini per agganciare alla locomotiva americana Mirafiori e anche la struttura italiana. Quindi, senza se e senza ma -conclude il sindaco di Firenze- stiamo dalla parte di chi crea lavoro e ricchezza. Poi, naturalmente, rispettiamo i diritti dei lavoratori, ma che siano lavoratori, e non cassintegrati”.

http://www.lanazione.it/firenze/politica/2011/01/11/441018-renzi.shtml