Entra Renzi, esce Berlusconi – il cambio della guardia e la minaccia autoritaria

Aperitivo su Renzi e i poteri forti

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/15/matteo-renzi-giovane-rampante-plastico-pericoloso/

Renzi il neoliberista

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/17/sto-con-marchionne-si-al-nucleare-si-al-tav-io-i-referendum-per-lacqua-non-li-voto-matteo-renzi/

Renzi beniamino della destra

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/26/la-destra-chiede-ai-suoi-di-votare-renzi-alle-primarie-del-pd/

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MATTEO RENZI E I POTERI FORTI INTERNAZIONALI

“Il sindaco non parte da zero, come dimostra anche la genesi dell’incontro americano, nato dai contatti fra Giuliano da Empoli, l’architetto del programma elettorale renziano, e Matt Browne, già direttore del Policy Network — think tank fondato da Tony Blair, Gerhard Schroeder, Goran Persson e Giuliano Amato — che oggi è nel Center for American Progress, il pensatoio fondato da John Podesta. Ma il sindaco fra i suoi rapporti politici in America, oltre ai Dem tipo Kerry Kennedy, può contare anche su relazioni trasversali, grazie anche alla vicinanza di Marco Carrai, che cura la raccolta fondi di Renzi, a Michael Ledeen, animatore del think tank repubblicano American Enterprise Institute”.

http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/politica/2012/6-settembre-2012/quella-rete-americana-asse-clinton-blair-2111718004332.shtml

Chi è Michael Ledeen?

Il miglior programma in assoluto di educazione alla democrazia si chiama “Esercito degli Stati Uniti”.

Michael Ledeen, American Enterprise Institute for Public Policy Research (AEI)

La stabilità è una missione indegna per l’America, ed anche un concetto fuorviante. Non vogliamo la stabilità in Iran, Iraq, Siria, Libano, e perfino nell’Arabia Saudita, vogliamo che le cose cambino. Il vero problema non è se, ma come destabilizzare.

Michael Ledeen, Wall Street Journal, 4 settembre 2002

La potenza formidabile di una società libera dedicata ad una sola missione è qualcosa che [i nostri nemici] non riescono a immaginare … La nostra vittoria inaspettatamente rapida in Afghanistan è il preludio di una guerra molto più vasta, che con tutta probabilità trasformerà il Medio Oriente per una generazione almeno, e ridefinirà la politica di molti paesi più vecchi in tutto il mondo.

Michael Ledeen, «The War against the Terror Masters» New York: St. Martin’s Press, 2002.

Daniele Capezzone, il segretario radicale, è andato a Washington, il 9 marzo scorso, all’American Enterprise Institute, a parlare di “globalizzazione della democrazia”, invitato da Michael Ledeen, definito da Radio Radicale “uno dei maggiori esponenti del pensiero neocon. Peccato che Ledeen è un nome che ricorre nelle memorie di Francesco Pazienza e negli atti della Commissione P2, oltre che nella relazione di minoranza della stessa, quella stesa da Massimo Teodori, ai tempi radicale anch’egli un uomo dei servizi segreti, che l’ammiraglio Fulvio Martini, capo dell’intelligence tricolore, bollò come “persona sgradita” in Italia.

[…].

E’ l’onorevole Giovine a realizzare la migliore sintesi sul personaggio: “Pensiamo al ruolo di Michael Ledeen, che entrava e usciva dal Viminale in quei giorni [quelli del sequestro Moro, ndr]. Michael Ledeen non è uno qualsiasi, ma è forse il più esperto, non teorico ma pratico, della disinformazione americana. Michael Ledeen peraltro è anche un intellettuale apprezzato: è lui per esempio l’autore dell’intervista a De Felice sul fascismo. All’epoca del caso Moro era uno dei più abili giocatori di poker a Roma. E’ l’uomo che ha congegnato il cosiddetto “Billygate”, cioè che ha incastrato il fratello del presidente Carter con una operazione in Libia di altissima scuola fra i cosiddetti “dirty tricks”. […] Pazienza è un ragazzo di bottega rispetto a Michael Ledeen, e io ho citato solo una delle sue imprese. E poi chi troviamo all’altro capo del telefono quando Craxi parla col presidente Reagan la notte di Sigonella? Michael Ledeen, che traduce per Reagan. Ho citato solo due episodi: Ledeen è un uomo di punta di tutto l’ambiente che grava intorno al generale Alexander Haig, personaggio cruciale dell’ambiente nixoniano, uomo poi caduto sull’affare Iran-Contras, il cui ruolo è centrale. […] Ledeen, ripeto, ha contatti con il giro di Alexander Haig, che è un giro particolare, di una massoneria particolare e di Servizi di un certo tipo, come del resto è noto alle cronache. Michael Ledeen è uomo che il ministro Cossiga fa entrare direttamente nella vicenda Moro: non mi interessano i rabdomanti e la corte dei miracoli, ma che, all’interno di questi vi sono anche gli uomini forti. Michael Ledeen è un uomo forte in questo tipo di azione. E’ mai stato chiesto il suo ruolo? E’ mai stato chiesto a Cossiga perché si è rivolto a Michael Ledeen? Perché lo ha mandato, con quale scopo? Scusatemi questa valutazione politica, ma altri come lui possono essere stati coinvolti da Cossiga, di cui neanche sappiamo i nomi” [Atti della commissione stragi, 38/1998].

Ledeen appare anche nelle motivazioni della sentenza su Ustica. Vale la pena di riportare il passo in questione, è un ulteriore bel ritratto: “Veniva anche trasmesso un carteggio concernente Mike Ledeen, relativo alla richiesta di pagamento di onorario per 30.000 dollari da lui avanzata al nostro Governo. L’onorario richiesto risaliva ad un incarico ricevuto nel 1978 dall’allora Ministro dell’Interno prima che questi lasciasse il dicastero, pertanto prima o durante il sequestro dell’onorevole Aldo Moro. L’incarico era relativo ad uno studio sul “terrorismo”. Sul punto non possono non richiamarsi le affermazioni del prefetto D’Amato rese alla Commissione P2, in cui riferendosi a Ledeen precisa che “era stato addirittura collaboratore dei Servizi italiani, perché aveva tenuto, insieme a due ex elementi della CIA, dei corsi dopo il caso Moro” (v. audizione Federico Umberto D’Amato, Commissione P2, 29.10.82

http://www.carmillaonline.com/archives/2004/05/000789print.html

Tutta la documentazione disponibile relativa alle operazioni dei servizi segreti italiani, americani ed israeliani che hanno coinvolto Ledeen  – 11 settembre 2001, fantomatiche armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein, Iran-Contra, Stategia della Tensione, attentato a Giovanni Paolo II e molto altro – la potete trovare qui:

http://www.historycommons.org/entity.jsp?entity=michael_ledeen

“Una presentazione di Ledeen che cerca di diversificare a tutti i costi il fascismo dal nazismo facendo perdere di vista i temi del volume”

http://www.sissco.it/index.php?id=1293&tx_wfqbe_pi1[idrecensione]=2500

Qual è la natura della contiguità tra Matteo Renzi e Michael Ledeen, ultraconservatore, ultrasionista, islamofobo da sempre in favore della destabilizzazione del Medio Oriente?

Perché un politico che aspira a guidare il maggior partito di “sinistra” in Italia ed un eventuale governo dovrebbe essere associato ad un neocon guerrafondaio con il suo passato a dir poco ambiguo tra terrorismo e servizi segreti?

MATTEO RENZI E I POTERI FORTI NOSTRANI

Anche se Renzi negli anni si è sempre più laicizzato, è sempre Carrai a tessere relazioni con il mondo cattolico, in modo trasversale alle congregazioni delle fede e quindi mantenendo buoni rapporti sia con Comunione e Liberazione che con l´Opus Dei.

Il manager toscano vanta conoscenze importanti non solo tra le élite italiane. È sempre lui ad aver messo in contatto Renzi con l’ex primo ministro britannico laburista Tony Blair e con Michael Ledeen, animatore del think tank repubblicano American Enterprise Institute.

[…]

Il giornalista del Corriere Fiorentino David Allegranti, nel suo libro “Matteo Renzi. Il rottamatore del Pd” (Editore Vallecchi 2011), lo ha definito il “Gianni Letta” del primo cittadino di Firenze. E quindi forse, come per Berlusconi, se non ci fosse Carrai, non ci sarebbe Renzi. Anche se quasi nessuno lo sa.

http://www.formiche.net/dettaglio.asp?id=31213&id_sezione=

“…in questa fase pre-elettorale e pre-discesa in campo sono soprattutto gli ultimi due – De Siervo e Da Empoli – ad avere avuto un ruolo importante nella formazione della squadra, del programma e dell’organizzazione della campagna del sindaco di Firenze.

Luigi De Siervo, 43 anni, fiorentino, figlio dell’ex presidente della Corte Costituzionale Ugo De Siervo, ex consulente a Firenze dello studio dell’avvocato David Mills [“Consulente della Fininvest per la finanza estera inglese, è stato condannato in primo e secondo grado per corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza in favore di Silvio Berlusconi nei processi Arces (tangenti alla Guardia di Finanza) e Al Iberian – fonte: wikipedia].

De Siervo, tra le altre cose…è stato scelto ancora una volta dal sindaco per allestire i contenuti e gli elementi scenici del suo primo e itinerante Big Bang nazionale

Accanto a De Siervo, poi, sul lato dei contenuti, la persona da tenere bene a mente si chiama Giuliano Da Empoli. Da Empoli – 39 anni, scrittore, saggista e figlio di Antonio Da Empoli, ex consigliere economico di Bettino Craxi – nel 2009 è stato scelto da Renzi come assessore alla Cultura del Comune di Firenze e dopo due anni e mezzo di esperienza in giunta su richiesta del sindaco ha cambiato più o meno mestiere e si è messo alla guida di quel piccolo think tank che dallo scorso ottobre elabora e rielabora a getto continuo i contenuti del programma del sindaco.

I contributors di Renzi (ce ne sono di curiosi e interessanti, non solo Pietro Ichino e Alessandro Baricco, ma, per dire, anche Oscar Farinetti, inventore di Eataly, e David Serra, numero uno del Hedge Fund italiano più famoso d’Europa, Algebris)…Luigi Zingales (economista neoliberista firmatario insieme con Oscar Giannino anche del documento “Fermare il declino”)

Di Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza ed ex coordinatore dei lettiani del nord e centro Italia, invece si sa che è il responsabile della macchina organizzativa di Renzi mentre si sa meno che è proprio lui la persona che più degli altri in questa fase è stata incaricata di lanciare messaggi positivi ai montiani di tutto il mondo (lunedì mattina, per dire, intervistato a “Omnibus”, Reggi ha ripetuto che in un governo Renzi ci potrebbe stare perfettamente un Mario Monti ministro dell’Economia).

 …il costituzionalista Francesco Clementi, classe 1975, professore di Diritto pubblico comparato alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Perugia… il giurista che materialmente ha scritto una parte importante del programma del Rottamatore: quella legata alla riforma istituzionale di cui Renzi si farà promotore durante la campagna elettorale. Una riforma che punta a rafforzare l’esecutivo proponendo, in nome della “trasparenza e della responsabilità”, un sistema di governo neoparlamentare sul modello del sindaco d’Italia, sul modello delle democrazie anglosassoni e in particolare sul “modello Léon Blum”. Blum, forse qualcuno lo ricorderà, fu lo storico presidente del Consiglio che negli anni Trenta diede il “la” alla riforma della Terza Repubblica francese e che nel 1936 mise nero su bianco nel pamphlet “La Réforme gouvernementale” (tradotto in Italia proprio da Clementi) le linee guida di quella che sarebbe diventata la futura rivoluzione presidenziale francese. “Il presidente del Consiglio – scrive Blum in questo pamphlet di cui il sindaco di Firenze ha letto alcuni estratti – deve essere come un monarca, un monarca a cui furono tracciate in precedenza le linee della sua azione: un monarca temporaneo e permanentemente revocabile, che possiede nonostante ciò, durante il tempo nel quale la fiducia del Parlamento gli dà vita, la totalità del potere esecutivo, unendo e incarnando in sé tutte le forze vive della nazione”.

Cosimo Pacciani, dirigente della Royal Bank of Scotland (la banca dei Rothschild , NdR);

http://www.ilfoglio.it/soloqui/14879

Il non-programma politico di Matteo Renzi

Renzi stesso non lo ha definito un programma, introducendo le 26 pagine che dovrebbero rappresentare il suo manifesto politico, ma che di politico hanno ben poco. A leggere questo documento non si scorge affatto quella novità e quella freschezza, che Renzi sembrava promettere con il suo giovane viso. A leggerlo bene, questo documento porta una serie di formule liberiste che di nuovo hanno ben poco, accanto a qualche slogan e molta ideologia.

[…]

La sua continuità programmatica e politica con il governo Monti poi è impressionante: maggiore integrazione europea (ergo maggiore cessione di sovranità nazionale); dismissione del patrimonio pubblico; riduzione del 20-25% degli investimenti e dei trasferimenti alle imprese; obbligo per le Università di stabilire accordi con almeno tre banche per erogare mutui agli studenti; accelerazione sulle liberalizzazioni; priorità alle manutenzioni e alle piccole e medie opere; attrazione degli investimenti stranieri (Renzi lo sa che sono comunque un debito?); politiche del lavoro incentrate sulla flexsecurity (la precarizzazione del lavoro vista da sinistra); nessun ritocco alla riforma previdenziale introdotta da Elsa Fornero; incentivi alle fonti rinnovabili elettriche; riduzione del numero delle forze di polizia. Infine Renzi si dice completamente a favore del Fiscal Compact, dell’integrazione della vigilanza bancaria europea presso la BCE e dell’aumento di fondi al neo-costituito ESM.

[Su Fiscal Compact e ESM: https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/10/09/francia-una-nazione-con-la-spina-dorsale/]

http://www.movisol.org/12news193.htm 

Cene, viaggi, fiori, pasticcini La Corte dei Conti indaga su Renzi. Sotto esame i rimborsi del periodo 2005-2009, quando il sindaco di Firenze guidava la Provincia. Gli esborsi riguardano anche 70mila euro per attività di rappresentanza negli Stati Uniti e spese al ristorante per 17mila euro… Nel lungo elenco di ricevute e spese che gli inquirenti stanno verificando ci sono anche le fatture di fioristi, servizi catering, biglietti aerei e società vicine all’attuale sindaco. A cominciare dalla Florence Multimedia che riceve complessivamente 4,5 milioni di euro dall’ente.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/21/renzi-e-spese-allegre-mentre-era-presidente-della-provincia/359496/

Un tecnico degli anni Ottanta parla della crisi, dell’euro, di Andreotti e della deindustrializzazione italiana

Antonino Galloni, già Direttore generale del Ministero del Lavoro, ricostruisce la storia dell’economia italiana, dagli anni floridi alla crisi, e spiega, quale testimone oculare al Ministero del Bilancio sul finire degli anni ’80, come e perché l’Italia fu svenduta.

Alla fine degli anni ’70 l’Italia aveva superato l’Inghilterra, e nessuno 30 anni prima poteva immaginare un risultato del genere. Aveva quasi appaiato la Francia e stava minacciando la Germania. E’ in quella situazione che si stabilisce, in Europa, l’accordo per i cambi fissi. Che cosa significa? I singoli stati sono responsabili della propria bilancia dei pagamenti, cioè di fronte a un disavanzo commerciale non possono svalutare la propria moneta perché si sono impegnati con i cambi fissi e quindi devono offrire questi titoli ad alto tasso di interesse. Ma far crescere i tassi di interesse non è ininfluente per l’economia, per cui si crea un meccanismo per cui gli stati più forti, che esportano di più, non tenuti a rivalutare la propria moneta, diventano ancora più forti e quindi si abbassano i loro tassi di interesse, fanno più investimenti in tecnologia, sono più competitivi e ricominciano a esportare di più. Invece gli stati deboli, per compensare le importazioni nette, devono emettere titoli e far crescere i tassi di interesse, ma l’aumento dei tassi di interesse determina un accorciamento dell’orizzonte delle imprese e quindi minori prospettive di occupazione per i giovani”.

ESTRATTO DAL MINUTO 19:05

Nel 1982/83 io ero funzionario del Ministero del Bilancio e feci uno studio. Lo feci vedere al Ministro, facendogli presente che questo sistema avrebbe rovinato il Paese perché il debito pubblico, nel giro di 5/6 anni, avrebbe superato il prodotto interno lordo, e la disoccupazione giovanile avrebbe superato il 50%. Ne parlai anche col Ministro del Tesoro, che era Beniamino Andreatta, e con alcuni dell’ufficio studi della Banca d’Italia. Tutti quanti concordarono sul fatto che la mia analisi era esagerata e che non era possibile che il debito pubblico superasse il PIL, perché allora il sistema sarebbe saltato. E io dissi: scusate, se il debito è un fondo e il PIL è un flusso, non c’è nessun problema. Se io oggi, per farvi un esempio, con 50mila euro di reddito della mia famiglia vado a chiedere un prestito di 200, 250mila euro alla banca, me lo danno. Quindi anche un rapporto di 4/5 volte rispetto al PIL è sostenibile. Se è sostenibile per una famiglia, che tutto sommato non ha la forza di uno Stato, perché uno Stato, se supera il 100% del PIL, dovrebbe vivere chissà quali catastrofi? Allora dissero che le preoccupazioni sulla disoccupazione giovanile erano esagerate… Insomma: litigammo, me ne andrai dall’amministrazione e andai a fare altri lavori.

Nel 1989 ebbi uno scambio con l’allora incaricato Presidente del Consiglio che era Giulio Andreotti, il quale mi disse: “Dobbiamo cambiare l’economia italiana perché così non può andare avanti, ci dia una mano”. Io mi misi a disposizione e mi fecero incontrare con il suo braccio destro il quale, come è noto, mi chiese “Che cosa devo fare per cambiare l’economia di questo Paese”? Dissi: “Guardi, lei si faccia nominare dal prossimo Governo al Ministero del Bilancio e mi metta in mano tutta la struttura. Al resto ci penso io”. Poi me ne andai, pensando insomma che non sarebbe successo niente. E invece mi chiamò, dopo qualche settimana, e mi disse: “Guardi, sono Ministro del Bilancio” e mi mise a capo di tutta la struttura. Per cui io, nell’autunno del 1989 cominciai a cambiare l’economia di questo Paese. Nel senso perlomeno di rallentare il processo dell’Europa. Poi io ho avuto la buona scuola di Federico Caffè.. non ero un euroscettico, però non ero neanche un euroestremista. Insomma, pensavo che l’Italia dovesse anche guardare all’Europa, ma con i suoi tempi, le sue caratteristiche, le sue peculiarità, per cercare di recuperare un po’ di sovranità monetaria etc.

In effetti io lì lavorai due o tre mesi e poi successe l’inferno. Arrivarono al Ministro del Tesoro, Guido Carli, telefonate dalla Banca d’Italia, dalla Fondazione Agnelli, dalla Confindusitra e, nientedimeno, da un certo Helmut Kohl, il quale era venuto a sapere che c’era questo oscuro funzionario del Ministero del Bilancio che stava cambiando le carte degli accordi. Nel frattempo, però, lo stesso Andreotti stava cambiando idea. Quando mi chiamò, nell’estate dell’89, volevano cambiare. Non volevano fare quello che poi fu fatto. Lui stesso andava in giro dicendo che le rivendicazioni della Germania erano una sciocchezza. Dopo qualche mese ci fu l’accordo tra Kohl e Mitterrand in cui Kohl, in cambio dell’appoggio di Mitterrand per la riunificazione tedesca, rinunciava al marco e quindi accettava la prospettiva dell’euro, accettava cioè di arrivare a una moneta comune che proteggesse la Francia. Ma quest’accordo prevedeva anche la deindustrializzazione dell’Italia. Perché se l’Italia si manteneva così forte dal punto di vista produttivo – industriale, quell’accordo tra Kohl e Mitterrand sarebbe rimasto un accordo così, per modo di dire. C’erano fondamentalmente, contro la spesa pubblica, contro la classe politica del tempo, contro la sovranità monetaria – per quello che comporta – due correnti. Una era interessata soprattutto ai grandi business delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni. Hanno guadagnato distruggendo l’industria pubblica: c’erano aziende che venivano vendute al loro valore di magazzino, e quindi come andavano in borsa ovviamente alzavano la loro quotazione. Poi c’erano gli altri, che erano magari in buona fede, cioè avevano l’obiettivo di moralizzare il Paese. E hanno sbagliato. In entrambi i casi la contropartita è stata negativa: abbiamo perso quell’abbrivio strategico che avevamo nell’ambito della nostra industria. Quindi in sostanza la nostra classe dirigente ha accettato una prospettiva di deindustrializzazione del nostro Paese.

Si veda anche:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/15/le-cause-della-rivoluzione-in-europa-lhanno-fatto-una-volta-lo-rifaranno-ancora/