Per una sociologia del complotto

teoria del complottoteoria del complotto 1

Ed io vi dico invece, brava gente,

che i patrizi si curano di voi

col più caritatevole riguardo.

Quanto a quel che vi manca,

ciò che soffrite in questa carestia,

alzare contro lo Stato romano

le vostre mazze, è come alzarle in aria

con l’intenzione di colpire il cielo:

esso seguiterà per la sua strada,

spezzando mille, diecimila ostacoli

più forti che non possa mai sembrare

quello di questa vostra opposizione.

Quanto alla carestia, sono gli dèi

che l’han voluta, non punto i patrizi,

e davanti agli dèi sono i ginocchi,

non le braccia, che possono soccorrervi.

Ahimè, che voi vi fate trascinare

dalla disgrazia dove altri malanni

v’aspettano, a calunniar così

e maledir come nemici gli uomini

che reggono il timone dello Stato

e di voi son pensosi, come padri.

Menenio (Coriolano, Atto I, Scena I)

La società contemporanea è simultaneamente complottista ed anti-complottista

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/complottisti-ed-anticomplottisti-sono.html

Le persone dotate di una modica quantità di lucidità non possono fare a meno di concludere che le élite sono impegolate in una miriade di complotti: dalle menzogne sulle armi di distruzione di massa, ai cartelli per tenere artificialmente ed illegalmente alti i prezzi di certi beni e risorse, al Watergate, agli accordi tra politica e finanza per garantire l’impunità di certe persone, agli insabbiamenti delle inchieste più delicate, agli accordi tra stato e mafia, agli accordi tra democrazie e dittature o teocrazie, ai servizi segreti “deviati”, ai golpe sponsorizzati, agli attacchi speculativi concordati contro certe nazioni e certe valute, al controllo delle valutazioni delle agenzie di rating, agli accordi sottobanco tra banche centrali e banche, agli inciuci, agli attentati simulati (false flag) come quello previsto nell’operazione Northwoods

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/08/13/cuba-1962-siriairan-2012-operazione-northwoods-false-flag-per-invadere-cuba/

ed altre operazioni di propaganda per scatenare delle guerre

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/27/uninchiesta-del-guardian-ci-spiega-chi-ci-vuole-portare-in-guerra-e-perche/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/11/il-bilderberg-2012-decide-le-sorti-della-siria-e-del-mondo-articolo-del-guardian/

alla nomina ai più alti uffici di persone al servizio di interessi privati

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/17/il-grigiocrate-mario-monti-nellera-dei-mediocri-di-augusto-grandi-il-sole-24-ore-premio-saint-vincent/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/19/sergio-romano-spiega-il-club-bilderberg-ma-unimmagine-vale-piu-di-mille-parole/

alla creazione di finti movimenti spontanei

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/10/tea-party-il-totalitarismo-anarchico-alla-conquista-degli-stati-uniti/


Disprezza pure la scienza e la ragione,

supreme forze umane,

lascia che il Mentitore ti ammaestri

nelle arti di abbagli e di magie,

e io ti avrò senza condizioni

Mefistofele – Faust (Goethe)

 

Le élite (o, per meglio dire, quella parte dell’oligarchia mondiale che non è formata da persone di buona volontà e che, al momento, è largamente egemone) hanno tutto l’interesse a convincere le masse che gli scettici siano dei paranoici, che tutto procede per il verso giusto e le pecore possono dormire sonni tranquilli. Poiché il livello di credulità ed auto-inganno di molti (inclusi molti giornalisti) è stupefacente, non incontrano troppe difficoltà.

La cospiranoia – demonizzazione degli scettici – è una tecnologia sociale di controllo che stabilisce i confini del “discorso responsabile” e riflette il consenso delle élite sulla natura fondamentale della realtà sociale, conformemente ai propri interessi di classe:

Nel famoso libro L’élite del potere, del 1956, C. Wright Mills sostiene che negli Stati Uniti la politica è dominata da una ristretta e potente élite formata dalle persone che presiedono le maggiori organizzazioni: la burocrazia pubblica, le grandi corporations e le forze armate. Il capitalismo avanzato esige che si prendano decisioni fortemente coordinate e di ampia portata, quindi i dirigenti delle grandi organizzazioni sono costantemente in contatto e spesso assumono in modo informale decisioni di rilievo politico e sociale. Come hanno confermato anche recenti e accurate ricerche, questa élite del potere è composta da persone con un’estrazione sociale molto simile: sono nati in America da genitori americani, provengono da aree urbane, sono in prevalenza protestanti, hanno frequentato gli stessi college, provengono in maggioranza dagli stati dell’Est, si conoscono personalmente e hanno atteggiamenti, valori e interessi molto simili. Con i loro rapporti costituiscono un “direttorio intrecciato” che coordina iniziative e attività. Direttamente sotto questa élite, che opera in modo informale e invisibile, esiste un livello intermedio di gestione del potere, costituito dal settore legislativo, dai gruppi d’interesse e di pressione e dagli opinion leader locali. A un terzo e più basso livello si colloca la massa dei cittadini non organizzati”.

http://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/sociologia/Lo-Stato-e-il-sistema-politico/Il-controllo-del-potere/Le-teorie-delle—lite-.html

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/04/02/succinto-trattatello-sulloligarchia/

In questo modo si afferma un pensiero convenzionale che è un mezzo incredibilmente efficace per consolidare l’egemonia della classe dirigente attraverso il controllo del dissenso e la traduzione degli interessi della classe dominante in quelli della nazione nel suo complesso (es. austerità neoliberista).

Si viene additati come complottisti per il semplice fatto di evocare quello che è un caposaldo della sociologia italiana ed internazionale: ogni classe dirigente si sforza di mantenere l’egemonia e, se necessario, lo fa con metodi cospiratori. La spiegazione alternativa fornita dall’establishment è che la classe dirigente sia indecisa, incoerente, incompetente, dottrinale o, quando il gioco si fa veramente sporco, folle (cf. Peter Bofinger https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/17/bagnai-piga-e-gli-zombie/). Si esclude a priori l’opzione “tacita collusione”, “crimine” e “alto tradimento”, nonostante la voluminosa letteratura sociologica dedicata alle élite al potere ed alla “devianza delle élite”.

Le nazioni e gli uomini si circondano di un apparato materiale che corrisponde esattamente al loro…modo di pensare. Osservate come ogni verità e ogni errore, ciascuno il pensiero di qualcuno, si rivestono di società, case, città, lingue, riti, giornali. Osservate le idee del presente…vedete come il legname, il mattone, la calce e la pietra hanno assunto una forma conveniente, obbediente all’idea dominante che governa le menti di tante persone… ne consegue, naturalmente, che il più minuscolo ampliamento delle idee…produrrebbe i più impressionanti cambiamenti delle cose esterne.

R.W. Emerson

La falsa coscienza indotta dalla propaganda mediatica è tale che persino persone laureate in sociologia si fanno buggerare da questa tattica dei poteri forti, poche migliaia di persone (< 100mila) che, accomunate dall’estrazione sociale,

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/la-famiglia-bush-e-il-terzo-reich.html

dominano miliardi di altre persone, ricalibrando le loro iniziative in forum esclusivi e attraverso think tank, figure chiave negli ambienti accademici, giornalistici ed intellettuali ed organizzazioni transnazionali (cf. Gruppo Bilderberg, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, World Economic Forum di Davos, Banca dei regolamenti internazionali, Organizzazione Mondiale del Commercio, Council of Foreign Relations, Commissione Trilaterale, Bohemian Grove, Gruppo degli Otto, Trans-Atlantic Business Council, ecc.)

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/10/16/la-perniciosa-influenza-planetaria-delle-fondazioni-e-think-tank-degli-stati-uniti/

Lo scopo è quello di convincere il maggior numero possibile di persone che l’attuale sistema plutocratico (modello capitalista anglo-americano – e, recentemente, tedesco) funziona o comunque tornerà a funzionare se le masse faranno altri sacrifici.

*****
I poteri del capitalismo finanziario avevano un obiettivo più ampio, niente meno che la creazione di un sistema globale di controllo finanziario in mani private in grado di dominare il sistema politico di ciascuna nazione e l’economia mondiale nel suo complesso. Questo sistema andava controllato in stile feudale dalle banche centrali di tutto il mondo, agendo di concerto, per mezzo di accordi segreti raggiunti in frequenti incontri privati e conferenze. Al culmine della piramide ci doveva essere l’elvetica Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea, una banca privata posseduta e controllata dalle banche centrali mondiali che a loro volta erano imprese private…non bisogna immaginare che questi dirigenti della principali banche centrali del mondo fossero loro stessi dei ragguardevoli potenti nel mondo della finanza. Non lo erano. Erano piuttosto dei tecnici e gli agenti dei massimi banchieri commerciali delle loro rispettive nazioni, che li avevano allevati ed erano perfettamente capaci di liberarsene…e che rimanevano in gran parte dietro le quinte…Questi costituivano un sistema di cooperazione internazionale e di egemonia nazionale più privato, più potente e più segreto di quello dei loro agenti nelle banche centrali. Il dominio dei banchieri commerciali era fondato sul controllo dei flussi di credito e dei fondi di investimento nelle loro nazioni e nel mondo….potevano dominare i governi attraverso il controllo dei debiti nazionali e dei cambi. Quasi tutto questo potere era esercitato dall’influenza personale e dal prestigio di uomini che in passato avevano dimostrato la capacità di portare a compimento con successo dei golpe finanziari, di mantenere la parola data, di mantenere la mente fredda nelle crisi e di condividere le loro opportunità più vantaggiose con i loro associati.

Carroll Quigley, docente di storia, scienze politiche e geopolitica a Princeton, Harvard e Georgetown e mentore del giovane Bill Clinton, da “Tragedy and Hope: A History of the World in Our Time” (New York: Macmillan, 1966).

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/11/27/complottismo-for-dummies-le-trame-finanziarie-spiegate-al-bruco-del-mio-basilico/

Le prossime mosse suicide di Israele (e il Trentino collabora entusiasticamente)

 

Sottoscrivo interamente l’analisi di un lettore del Guardian straordinariamente lucido e conciso che ha commentato questo ragionevole articolo che difendeva la soluzione della creazione di uno stato palestinese:

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/nov/02/israel-palestine-two-state-solution

“Il vero pericolo è che Israele operi un’ancora più massiccia pulizia etnica dei Palestinesi:

1. gli insediamenti israeliani (ora circa 750mila coloni che si sono spartiti la Cisgiordania e si sono appropriati del 90% dell’acqua) rendono impossibile la soluzione dello stato palestinese – ed era questo il piano fin dall’inizio;

2. Israele non accetterà mai uno stato bi-nazionale perché questo richiederebbe uno status paritario per ebrei e palestinesi e la fine del sionismo;

3. Israele non la farà franca in caso di annessione dell’area C (62% della Cisgiordania), benché sia questo il suo desiderio, se ciò lascerà 2 milioni e mezzo di palestinesi intrappolati e circondati nei bantustan dell’area A (32% della Cisgiordania): l’opposizione dell’opinione pubblica internazionale ad un singolo stato binazionale che occupi l’intera palestina sarà troppo forte;

4. Temo che Israele proverà a risolvere 1, 2 e 3 espellendo la maggior parte dei Palestinesi dalla Cisgiordania nei seguenti modi: a) riducendo ulteriormente le disponibilità idriche; b) demolendo ulteriormente la già moribonda economia palestinese; c) persuadendo i donatori occidentali ad interrompere i loro finanziamenti o ostruendo il flusso; d) dando il via ad un’altra guerra (con l’Iran?) per schermare una pulizia etnica più diretta.

Con una popolazione palestinese significativamente ridotta, Israele potrebbe annettersi l’intera Cisgiordania e, se necessario, concedere ai Palestinesi rimasti un po’ di diritti civili conservando un dominio sionista inattaccabile”.

Penso sia esattamente quel che accadrà.

Già nel 2003 Netanyahu, l’attuale primo ministro israeliano, dichiarava che se gli Arabi fossero arrivati a costituire il 40% della popolazione di Israele sarebbe stata la fine dello stato giudeo: “Ma anche il 20% è un problema e se le relazioni con questo 20% diventano problematiche, lo stato è autorizzato a prendere misure drastiche” (ct. Pappe, 2010). Ruth Gabisonp, docente all’Università Ebraica di Gerusalemme, non ha esitato ad affermare che “Israele ha il diritto di controllare la crescita naturale della popolazione palestinese” (ibidem). La sindrome dell’assedio che ha colonizzato la psiche israeliana si è cristallizzata nell’esigenza di difendere una fortezza bianca circondata da popoli non-bianchi, avamposto europeo-occidentale-giudeocristiano; come durante le Crociate, come in Sudafrica. Così vari sondaggi documentano l’approvazione con la quale una maggioranza di Israeliani vedrebbe la deportazione in massa dei palestinesi (ma un 51% pensa che Arabi israeliani e Ebrei israeliani dovrebbero avere gli stessi diritti – Haaretz, 30 novembre 2010).

Queste non sono indicazioni di forza, ma di debolezza, di insicurezza, di paura, di una irrisolta condizione psicologica per cui la nazione e l’identità sono sempre sull’orlo del collasso, il che accentua nervosismo e ferocia. I ladri tendono a sospettare che tutti gli altri siano ladri. I bugiardi sospettano che gli altri mentano. I guerrafondai sospettano che gli altri preparino una guerra contro di loro. I razzisti e nazionalisti temono sempre di essere minacciati di distruzione dalle altre razze e nazioni. Si chiama proiezione e colpisce gli israeliani, come colpisce gli europei, gli americani e tutti gli esseri umani. Purtroppo la paranoia e l’aggressività non servono ad assicurare un futuro migliore alle nuove generazioni. È semmai vero il contrario.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/10/lantisemitismo-lanti-sionismo-e-la-mentalita-apocalittica/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/08/28/il-decisore-israeliano-che-spiega-le-ragioni-dellattacco-alliran/

Finirà malissimo (per Israele, la Palestina, l’Iran e molti altri milioni di esseri umani):

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/02/israele-la-destabilizzazione-del-medio-oriente-ed-il-neonazismo/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/24/e-se-liran-avesse-gia-latomica-osservazioni-sconvenienti-sullarmageddon-che-verra/

http://fanuessays.blogspot.it/2012/01/auschwitz-in-israele-il-secondo.html

http://fanuessays.blogspot.it/2012/01/golia-usraele-nella-trappola-chi-ce.html

davvero malissimo:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/verso-un-secondo-olocausto.html

IN TRENTINO IL BUSINESS È BUSINESS

“Nuova, significativa tappa nei rapporti tra Trentino e Israele. A pochi giorni di distanza dalla conferenza di Gerusalemme sui temi della ricerca e dell’alta formazione, nell’ambito del vertice bilaterale Italia – Israele, alla quale ha preso parte anche il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, è infatti in programma, lunedì prossimo, 5 novembre, il “Trento – Israele day”, una intera giornata di incontri istituzionali e di business organizzati dalla Provincia autonoma di Trento e dall’Ambasciata d’Israele in Italia in collaborazione con Trentino Sviluppo, Fondazione Bruno Kessler, Trento Rise.

A sottolineare la valenza dell’incontro la presenza, alla guida della delegazione istituzionale israeliana, di Naor Gilon, ambasciatore d’Israele in Italia. Ad aprire la giornata la tavola rotonda su “Le relazioni scientifiche e tecnologiche tra Italia ed Israele ed il ruolo del Trentino”. Interverranno: Naor Gilon, ambasciatore d’Israele in Italia; Lorenzo Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento; Aviv Zeevi Balasiano, Israel Europe R&D Directorate, Director ICT-Security; Francesco Salamini, presidente Fondazione Edmund Mach; Carla Locatelli, Pro Rettore con delega ai rapporti internazionali, Università degli studi di Trento; Andrea Simoni, segretario generale, Fondazione Bruno Kessler; Fausto Giunchiglia, presidente Trento Rise.

Un nuovo incontro, dunque, che fa seguito a quello in terra d’Israele quando, alla conferenza su ricerca e alta formazione – con gli interventi dei ministri Francesco Profumo e Giulio Terzi di Sant’Agata e con un confronto tra il premier Mario Monti e il Governatore della Banca di Israele, Stanley Fisherproprio il ministro Terzi ha voluto ringraziare Dellai per quello che il Trentino sta facendo in questo campo. Un riconoscimento al ruolo svolto nel favorire la crescita della cooperazione fra i due Paesi e che ha portato anche alla sottoscrizione di un accordo il quale consentirà, nei prossimi giorni, di attivare il primo bando congiunto per la ricerca applicata rivolto a imprese trentine e israeliane.

È con questo spirito che il “Trento – Israele day” proporrà, dopo la tavola rotonda, una serie di appuntamenti. La delegazione istituzionale – oltre all’ambasciatore Naor Gilon sarà composta da Jonathan Hadar, Consigliere per gli Affari Commerciali dell’Ambasciata d’Israele in Italia; Aviv Zeevi Balasiano, Israel Europe R&D Directorate, Director ICT-Security, MATIMOP; Giovanna Bossi, Trade Officer, Ambasciata d’Israele in Italia; Vanessa Zerilli, Business Development Officer, Ambasciata d’Israele in Italia – si trasferirà infatti presso la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige. Nel pomeriggio tappa alla Fondazione Bruno Kessler e incontro con le imprese impegnate nei B2B e visita ad alcuni laboratori e alle strutture della Fondazione Bruno Kessler e del Consorzio Trento Rise”.

http://www.uffstampa.provincia.tn.it/CSW/c_stampa.nsf/416AD28B715DF727C12574BE0028F2B0/C29472D49389710BC1257AAA004938CF

Il lavaggio del cervello che stanno subendo i tedeschi (e tutti gli altri)

Da tempo sostengo che i Tedeschi stanno subendo una tremenda manipolazione delle coscienze e che la teutonofobia mediterranea è ingiustificata, perché i principali responsabili del disastro europeo non sono i comuni cittadini tedeschi (o la maggioranza di cittadini greci che ha fatto il suo dovere), in gran parte impossibilitati a formarsi un giudizio ragionato ed informato su quel che sta succedendo, al pari della vasta maggioranza della popolazione mondiale. C’è al potere, nel mondo, un’oligarchia che si spaccia per europeista ed umanitaria ma non ha alcuna lealtà che trascenda l’egotismo e l’interesse di casta.

Fortunatamente un numero crescente di giornalisti coscienziosi se ne stanno rendendo conto.

Nella crisi dell’euro i mezzi di comunicazione tedeschi ripetono all’unisono i pregiudizi e le frasi fatte sugli altri paesi e hanno un ruolo decisivo nella contestata politica di Angela Merkel.

Robert Misik

Di recente sulla sua copertina la rivista inglese New Statesman definiva Angela Merkel come “Europe’s Most Dangerous Leader” [la “Leader più pericolosa d’Europa]. Nelle pagine interne della rivista la cancelliera veniva addirittura definita la “persona più pericolosa del mondo” e si concludeva con questa sintesi: “Con il suo rifiuto a cambiare e con la sua determinazione a mantenere la politica di rigore über alles, Merkel sta distruggendo il progetto europeo, impoverendo i vicini della Germania e rischiando una nuova depressione mondiale. Bisogna evitarlo”.

Sì, in queste frasi la tendenza dei giornalisti per il superlativo è piuttosto evidente. Tuttavia gli autori dicono chiaramente quello che in quasi tutta Europa si pensa della cancelliera tedesca e del suo sadismo fiscale, così come del rifiuto della Germania di spegnere questo incendio adottando delle misure energiche.

Ma c’è un paese in cui si pensa in modo diametralmente opposto, la Germania. Di solito in materia di politica europea, quando si parla della “posizione tedesca” o della “posizione francese”, si parla della posizione del governo. Ma nella crisi attuale in Germania esiste un consenso fra il governo, l’opinione pubblica e quasi tutti i media, a tal punto che l’opposizione non osa nemmeno più opporsi.

E quando la cancelliera è costretta a deviare di qualche millimetro dalla sua posizione fondamentalista, come in occasione dell’ultimo vertice europeo, deve subire dure critiche. Merkel “si è piegata” e i grandi media si chiedono spaventati: “Chi pagherà il conto?”

Eh sì, da molto tempo non è più solo la Bild con titoli alti dieci centimetri a gridare: “Ancora altro denaro per i greci rovinati? La Bild dice no!” Da qualche mese anche la stampa ritenuta oggettiva e seria, la cosiddetta stampa normale, sembra aver adottato la stessa posizione.

Spesso è in frasi accessorie, apparentemente anonime, che si esprime in modo più evidente questo consenso nazionale, questo sciovinismo che sottomette l’Europa a una prova di verità. In espressioni come “i paesi indebitati” o “poco seri”, che si indirizzano ovviamente agli stati meridionali della zona euro – “la Spagna indebitata”. Ma, un attimo, a quanto ammonta il debito pubblico della Spagna? All’inizio dell’anno corrispondeva al 68 per cento del pil spagnolo. A titolo di paragone quello della Germania era dell’81 per cento. Allora, chi è “il paese indebitato”?

Nel bel mezzo del reportage del programma Heute-journal della rete pubblica Zdf sulle elezioni greche si può sentire questa frase: “Il peggio è stato evitato all’ultimo momento”. Il peggio sarebbe stata la vittoria di Syriza, la coalizione di sinistra, ed stato evitato grazie alla vittoria dei conservatori, quella banda di ladri che ha portato il paese alla situazione attuale. Due minuti dopo un altro servizio e un altro inviato. Questa volta si parla del G20 e si può sentire: “Gli altri vogliono il denaro dei tedeschi”.

Quando si passa sulle altre reti si sentono ovunque frasi del genere, che contribuiscono ad alimentare questa situazione. I mezzi di comunicazione sembrano suonare tutti la stessa musica. I giornalisti non sembrano neanche più rendersi conto di fare propaganda, e utilizzano formule che da molto tempo sono diventate dei luoghi comuni.

Anche il settimanale Die Zeit non vede alcun problema a utilizzare un titolo a caratteri cubitali: “Il mondo intero vuole il nostro denaro”. Forse il giornalismo più miserabile è quello che si crede oggettivo e che invece non fa altro che diffondere i pregiudizi locali.

Ovviamente ci sono anche altre voci, che con grande pazienza ricordano che finora la Germania è riuscita a cavarsela piuttosto bene a spese degli altri e che ha la sua parte di responsabilità negli attuali squilibri economici, che possiamo lottare contro la crisi solo se riusciremo a sopprimere i difetti della costruzione della zona euro e che è assurdo parlare degli immaginari “limiti delle capacità tedesche”, quando in realtà i costi della crisi sono esagerati. Ovviamente queste voci ragionevoli esistono e formano delle macchie di colore in un’atmosfera piuttosto grigia.

Si può analizzare tutto ciò e cercare di capire. Ma di fatto in questa atmosfera non è certo facile rimproverare a Merkel di rimanere troppo concentrata sul rigore. O criticare i socialdemocratici per non essere in grado di condurre una vera politica di opposizione. In questa atmosfera di esaltazione nazionale non deve di certo stupire che i responsabili politici se vogliono essere eletti – o rieletti – non si allontanano di un millimetro dai soliti luoghi comuni.

Ripetere semplici pregiudizi, diffondere le formule di propaganda più seducenti, ben lontano da qualunque logica economica, comportarsi come se si fosse dei visionari o semplicemente non correre rischi urlando insieme agli altri, ecco quello che ha fatto la grande maggioranza della stampa tedesca durante questa crisi dell’euro. Ma dove diavolo è finito il Kurt Tucholsky [giornalista e uomo di satira considerato come una delle coscienze morali della Repubblica di Weimar] che riuscirà a farsi beffe di questa triste stampa?

 http://www.presseurop.eu/it/content/article/2333541-ranghi-serrati-dietro-la-cancelliera

USA e Israele – Due nazioni alla deriva che subiranno la stessa sorte

A scuola dai coloni per imparare a ‘sparare a un terrorista’: le nuove vacanze educative

Evidenza – 19/6/2012


Ynet. Turisti di tutte le età, esaltati, visitano la Cisgiordania per imparare dai coloni israeliani come sparare a un “terrorista”.

Campi estivi in stile ‘giochiamo a fare la guerra’. Un gruppo di turisti americani a bordo di un furgoncino dotato di aria condizionata scende nel clima torrido della Cisgiordania. Sorrisi smaglianti per tutti, e tutti pronti a impugnare una calibro 3, tipo di arma locale.

“Avanti maneggiatela!”, urla una guida israeliana, e ordina loro: “annientate quel terrorista”. Allora i turisti caricano l’arma puntandola verso obiettivi di cartone.

Negli ultimi mesi, il blocco coloniale di Gush Etzion è diventato una destinazione molto calda per i turisti che intendono fare un’esperienza senza pari in Israele: l’opportunità di simulare un’operazione armata contro il terrore. Gli abitanti degli insediamenti vicini corrono sul posto e si offrono ai turisti per raccontare loro storie dal campo di battaglia, per inscenare simulazioni di assassinii di terroristi da parte delle guardie delle colonie, e per esibirsi nell’uso di armi.

Il fatto che quest’attrazione turistica sia ubicata oltre la Linea Verde non può che esaltare ulteriormente i visitatori, i quali, spesso, si sono detti delusi per essersi sentiti dire dalle guide di essere al sicuro.

‘Mamma non ti può proteggere’.  Shay, una guida dai capelli brizzolati con voce rauca, fa vedere il suo metodo migliore per bloccare un aggressore, e spara. Una varietà di fucili e cinture esplosive finti sono disposti sui banchi di fronte ai presenti, mentre in fila lungo le pareti ci sono ritratti di “terroristi” sorridenti.

“Bloccami”, ordina Shay al 19enne Micheal che, in pochi attimi, si ritrova per terra. Secondo la stampa internazionale, Shay ha fatto parte delle truppe di combattimento nell’Operazione Entebbe, la missione che nel 1976 mise in salvo i passeggeri di un volo dirottato di Air France. Quando i turisti lo vengono a sapere, i loro occhi si illuminano.

“Immaginate di fronte a me un terrorista con un’arma automatica”, dice Shay agli spettatori rapiti dalle sue parole.

“In meno di 3 secondi il terrorista può sparare un’intera cartuccia, vuol dire che io avrò meno di 3 secondi per stenderlo. Ma questo è ciò che farò”.
Shay spara una pallottola contro ogni target, e ogni volta esulta.

Ma i turisti non vengono a Gush Etzion per assistere soltanto. I turisti vogliono sparare.

Shay consegna un’arma finta al 14enne Brian, che eccitato dice “Oh Gesù!”

“Tua madre non ci sarà a proteggerti, quindi comportati da uomo. Pronto per eliminare un terrorista?”, dice Shay. “Pronto”, risponde Brian.
Uno ad uno, i combattenti, per un giorno, mentre indossano occhiali protettivi, maneggiano i loro fucili Tavor o M16.

Cecchina a 5 anni. Michel Brown, banchiere di 40 anni, è venuto da Miami, e ha portato moglie e i tre bambini con l’intenzione di “insegnare loro dei valori”, come dirà.

Non appena entrata, la piccola di 5 anni scoppia in lacrime. Ma mezz’ora dopo, Tamara sta impugnando una pistola e già spara pallottole di creta come una professionista.

“Questo fa parte della loro educazione – dice con fierezza Micheal, mentre guarda sua figlia -, devono sapere da dove vengono e devono sapere agire”.

Sharon Gat, il manager del sito, dice che tutti gli istruttori presenti hanno svolto ruoli di leadership dell’esercito israeliano: “Questo è un programma speciale creato su richiesta della gente. Turisti provenienti da tutto il mondo vengono appositamente per incontrare ex combattenti e per ascoltare le loro storie. E’ un‘esperienza che si fa una volta nella vita”.

“Siamo venuti a sapere di quest’opportunità in Cisgiordania e abbiamo deciso di venire a vedere di persona”, aggiunge la madre Olga.
Suo figlio, Jacob, 24 anni, posa sul tavolo il fucile ed esclama: “E’ un’esperienza fantastica. Ho imparato come bloccare un terrorista e come soccorrere gli ostaggi. Ora, quando mi troverò in difficoltà, saprò come comportarmi”.

Davidi Pearl, alla guida del Consiglio regionale di Gush Etzion, osserva come quest’esperienza abbia fatto del suo distretto una “gioiello del turismo” famoso nel mondo.

A conclusione dell’eccitante giornata, viene loro consegnato un diploma: “Corso di uso di arma da fuoco frequentato in Israele”, si legge sull’attestato.

“Boom, boom”, grida il 13enne Riley mentre esce dal sito. “Boom, boom!”, risponde Jacob.

 

 

Lunedì 5 marzo 2012 si decidono le sorti del mondo, nell’indifferenza della gente

 

di Stefano Fait

 

 

Si sente usare l’espressione tutte le opzioni sono sul tavolo. Ma alcune azioni sono contrare al diritto internazionale.

Antonio Patriota, ministro degli Esteri brasiliano, rivolgendosi al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, 24 febbraio 2012

Noi non abbiamo bisogno di una nuova guerra. E dobbiamo chiarirlo ai nostri amici israeliani. Se gli Israeliani vogliono cominciare un conflitto armato contro l’Iran, sorvolando il nostro spazio aereo in Iraq, devono sapere che noi non lo sosterremo mai. Se lo fanno, dovranno farlo da soli. Devono assumersi tutta la responsabilità perché in caso di una guerra si dovrà pagare un prezzo altissimo e le conseguenze di un intervento militare saranno disastrose sopratutto per gli Stati Uniti, in Afghanistan e Iraq, nel settore energetico ed anche per la stabilità in Medio Oriente. […]

Obama deve dire a Israele che gli iraniani reagiranno bersagliando per prima i nostri obiettivi. Saremo costretti noi a pagare un caro prezzo. Questo non è  accettabile. Però dobbiamo anche ricordare che la maggior parte degli israeliani non supporta la guerra. È della stessa posizione anche quasi tutta la comunità ebraica in America.

Zbigniew Brzezinski (il Grande Vecchio della politica estera statunitense e mentore di Obama), 26 febbraio 2012

http://www.youtube.com/watch?v=52G-qiK8qEY

testo trascritto (inglese):

http://transcripts.cnn.com/TRANSCRIPTS/1202/26/fzgps.01.html

Allo stato attuale un attacco contro l’Iran non è prudente e, soprattutto, sarebbe destabilizzante.

Martin Dempsey, Capo di Stato maggiore della Difesa Usa, 20 febbraio 2012

 

Panetta crede che vi sia una forte probabilità che Israele colpisca l’Iran nel mese di aprile, maggio o giugno, prima che l’Iran entri in quella che gli israeliani hanno descritto come una ‘zona di non ritorno’ nell’iniziare la costruzione di una bomba nucleare.

http://www.washingtonpost.com/opinions/is-israel-preparing-to-attack-iran/2012/02/02/gIQANjfTkQ_story.html

Cosa accadrebbe poi? Una catastrofe umanitaria, un grande numero di rifugiati. E l’Iran vorrebbe vendetta, e non solo contro Israele, ma anche contro altri paesi. Gli eventi nella regione diventerebbero completamente imprevedibili. Penso che l’entità di tale catastrofe non sarebbe paragonabile a null’altro. Perciò, prima di prendere la decisione di lanciare qualunque attacco, bisogna considerare appieno la situazione. Sarebbe il modo più irrazionale di affrontare la questione. Ma i miei colleghi israeliani mi hanno detto che non stanno pianificando una cosa simile. E gli io credo.

Dmitriy Medvedev, nel 2009

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=print&sid=6299

Mentre al GF12 Patrick bacia Ilenia, il Ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, noto per essersi lasciato sfuggire che se fosse stato un mullah iraniano avrebbe optato per l’atomica anche lui, essendo l’Iran una nazione circondata da potenze atomiche, è in visita negli Stati Uniti per perorare la causa dell’attacco preventivo. Incontrerà Biden, Panetta e vari alti ufficiali del Pentagono. Lui, che in teoria dovrebbe essere progressista, è considerato un falco dagli Americani, che lo giudicano il principale responsabile dell’irrigidimento di Netanyahu:

http://www.haaretz.com/print-edition/news/barak-heading-to-u-s-for-talks-on-iran-nuclear-threat-1.414978

Lunedì 5 marzo Obama e Netanyahu si incontrano a Washington. Forse per l’ultima volta. Netanyahu, ossessionato dall’Olocausto e dalla prospettiva di un Secondo Olocausto come nessun altro leader israeliano prima di lui, lancerà quello che è un vero e proprio ultimatum, pretendendo da Obama la garanzia assoluta che gli USA faranno tutto ciò che è necessario per bloccare il programma nucleare iraniano dopo le elezioni presidenziali del novembre 2012 (dando quindi per scontato che Obama le vinca). Se non riceverà sufficienti rassicurazioni in tal senso, Israele attaccherà prima delle elezioni, perché l’Iran sta per rendere inaccessibile il suo programma nucleare e perché un Obama che insegue il secondo mandato è più vulnerabile:

http://www.haaretz.com/print-edition/opinion/if-israel-strikes-iran-it-ll-be-because-obama-didn-t-stop-it-1.414245

dando l’avvio ad un effetto domino che ingolferà il mondo in una serie di conflitti regionali e poi, con il tempo, globali, una catastrofe economica prodotta dall’aumento del prezzo del petrolio ed un disastroso rilascio radioattivo planetario:

http://www.informarexresistere.fr/2011/12/24/fukushima-in-confronto-sarebbe-una-bagatella/#axzz1nNrT1Utx

Tutto questo sarà verosimilmente accompagnato da sommosse, insurrezioni e, più oltre, una rivoluzione globale.

Stephen Harper, premier canadese fortemente filo-americano, ha già detto no a Netanyahu pur riconoscendogli il diritto di difendersi (ossia di attaccare):

http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=116457

Anche Obama dirà no, negli stessi termini. Non perché intenda finalmente guadagnarsi il premio Nobel per la Guerra vergognosamente conferitogli sulla fiducia, ma perché la lobby sionista a Washington è molto meno forte di quel che crede e perché l’esercito americano è ferocemente ostile a questa prospettiva e potrebbe persino mettere in discussione la sua lealtà all’esecutivo. Inoltre Obama non può permettere che gli Stati Uniti facciano la figura del burattino di Israele e non può più smentire le argomentazioni contrarie del suo entourage e della CIA:

http://www.wallstreetitalia.com/article/1330263/iran-intelligence-usa-teheran-non-cerca-la-bomba-atomica.aspx

in linea con quelle del Mossad, che sta cercando, senza successo, di salvare capra e cavoli:

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/04/la-prova-che-israele-e-in-mano-ad-una-cricca-di-invasati-antisemiti/

Dal canto loro i dirigenti israeliani hanno già chiarito che non avvertiranno gli Stati Uniti riguardo alla loro decisione di colpire preventivamente i siti nucleari iraniani, ufficialmente per evitare di coinvolgerli, dato che sarebbero incolpati di non aver fatto tutto quel che era possibile per fermare Israele. [Ed è assolutamente vero!]. La verità è che gli Israeliani sanno già da tempo che gli Americani non li appoggeranno e che il loro attacco sarà unilaterale. Intendono procedere ugualmente, citando l’esempio della Corea del Nord, che alla fine si è dotata di arma atomica [esempio controproducente: il dittatore mitomane non l’ha mai usata]:

http://www.foxnews.com/us/2012/02/27/ap-source-israel-wont-warn-us-before-iran-strike/#ixzz1nn1NmK3L

Ehud Olmert, il predecessore di Netanyahu, attaccò un sito “nucleare” siriano segreto nonostante la contrarietà dell’amministrazione Bush (Cheney era però a favore, come sempre). Mentre quell’attacco era inatteso, questo è l’attacco più telefonato della storia:

http://www.haaretz.com/weekend/week-s-end/netanyahu-faces-a-tough-decision-should-obama-not-give-him-a-green-light-on-iran-1.416061

Un alleato che entra in guerra contro la volontà del partner e che lo tiene all’oscuro del momento in cui lo farà verosimilmente sancisce la fine dell’alleanza. Israele resterà solo a combattere contro tutti i nemici partoriti dalla sua costante tensione, ansia, paranoia, aggressività.

D’altronde Israele fa bene a non fidarsi degli Stati Uniti, che hanno sempre visto Israele come una pedina da sostenere finanziariamente e militarmente finché era nel loro interesse. Gli Stati Uniti non hanno costruito una base militare in Israele per proteggerlo e non sono minimamente riluttanti a sacrificare questa piccola nazione in vista di un boccone più grande. La prova di ciò è che gli USA, nel 2003, hanno attaccato l’Iraq, non l’Iran, come sperava Israele. Le nazioni non sono esseri umani e non si comportano coscienziosamente: se gli Stati Uniti intendono giocarsi Israele contro un’altra potenza, lo faranno e faranno credere al mondo che Israele sia l’unica causa della sua rovina. Ma non se la caveranno a buon mercato: il sacrificio dell’alfiere si ripercuoterà drammaticamente su di loro e non troppo in là nel tempo. Se l’amministrazione Obama avesse detto chiaramente a Israele di non attaccare – uso il passato perché non è successo e non succederà lunedì – non ci sarebbe stato nessun attacco, invece si è limitata a lavarsene le mani pilatescamente. Le mani di Obama e Panetta (e di Harper) saranno grondanti di sangue quanto quelle di Netanyahu e Barak. Molto bella, a proposito, questa analisi pubblicata da Haaretz, l’unico maggior quotidiano anti-sionista rimasto in Israele:

http://www.haaretz.com/print-edition/opinion/jerusalem-washington-and-the-iranian-bomb-1.415657

Intanto il New York Times ha già preparato il terreno per un falso attentato terroristico attribuito all’Iran: la rappresaglia iraniana sarà anonima (per poter negare la loro paternità) e colpirà nazioni ritenute simpatizzanti per la causa sionista, con autobombe collocate in diverse capitali mondiali ed attacchi alle forze americani in Afghanistan:

http://www.nytimes.com/2012/02/29/world/middleeast/us-sees-iran-attacks-as-likely-if-israel-strikes.html?_r=3&hp=&pagewanted=all

Il New York Times sta aiutando Israele a scatenare la terza guerra mondiale che, nei piani del governo israeliano, dovrebbe permettergli di completare il folle e suicida piano di un “Grande Israele”. I conservatori americani vogliono la guerra per poter rimuovere Obama dal potere e ci saranno serie ripercussioni in seno all’establishment americano quando Obama abbandonerà Israele al suo destino, perché voleranno le accuse di codardia, tradimento, infamia, ecc. e si consumerà forse una resa dei conti tra sionisti ed anti-sionisti. Sarkozy fa la voce grossa contro Siria ed Iran perché si gioca la rielezione e deve nascondere il disastro libico (una nazione nel caos, oscurata dai media italiani a favore dell’intervento per non giocarsi la residua credibilità). Cameron è il mastino della City di Londra che certamente saprà lucrare da quest’ennesima guerra.

In pratica, miliardi di persone sono sull’orlo dell’Armageddon per l’implacabile avidità e assenza di scrupoli ed empatia di poche centinaia di psicopatici e/o narcisisti e/o fanatici e per l’inestinguibile trauma degli Ebrei che vivono nel ghetto israeliano, iperfortificato, armato fino ai denti, bellicoso, nazionalista, iperaggressivo, come molte vittime di bullismo che diventano a loro volta bulli per superare lo smacco, la sofferenza, il senso di inadeguatezza e, nel farlo, si sentono buoni, innocenti, puri e vittime altrui. Per non venire feriti un’altra volta, si feriscono preventivamente gli altri, fino a quando la profezia si auto-adempie e ci si tira addosso la sciagura che si voleva evitare:

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/27/auschwitz-in-israele-un-suicidio-collettivo/#axzz1nNrT1Utx

La principale responsabilità di questa sindrome collettiva, dopo la sconfitta del nazismo, ricade sulle autorità israeliane, che hanno perpetuato il trauma di generazione in generazione per costruire una nuova Sparta o una nuova Prussia nel Medio Oriente, invece di provare a curarlo e stabilire rapporti di collaborazione con i vicini. Il trauma stesso è diventato così la ragion d’essere di Israele, eternamente schiavo delle sue ombre e delle sue paure, eternamente auto-centrato e concentrato sul breve e non sul lungo termine:

http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/il-mio-punto-di-vista-sulla-questione.html

E così, nonostante il fatto che l’opinione pubblica internazionale sia decisamente contraria a questa eventualità:

http://www.informarexresistere.fr/2011/12/08/i-sondaggi-che-condannano-al-suicidio-israele-e-stati-uniti/

http://www.foreignpolicy.com/articles/2012/02/22/asking_the_right_question

Un giorno non troppo lontano, tra marzo e novembre, apprenderemo dai telegiornali che la follia è diventata realtà:

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/12/guardatevi-dalle-idi-di-marzo-come-prevedere-la-data-dinizio-della-terza-guerra-mondiale/#axzz1nNrT1Utx