Guru che odiano le donne (e gli uomini) – da Rachel Carson a Gore e Latouche

A cura di Stefano Fait

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Mi amareggia sapere che Serge Latouche goda in Italia di una popolarità sproporzionata rispetto a quella riservatagli nel resto d’Europa e dell’Occidente, dove è relativamente poco conosciuto. E per fortuna, dico io

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/04/perche-grillo-fa-bene-a-non-credere-nella-decrescita-felice/

Latouche è uno dei tanti frutti di una corrente reazionaria e misantropica dell’ambientalismo. Reazionaria perché rimuove il benessere umano dal centro del discorso politico e lo sostituisce con un distorto “amore” per il pianeta / terra / natura che, per qualche ragione, esclude l’umanità.
Se questa corrente non sarà sconfitta sul terreno delle idee e dei dati empirici finirà per pugnalare alle spalle il pensiero progressista e lo stesso ecologismo.

Infatti il suo principale effetto è quello di dirottare l’attivismo progressista in campagne contro il meteo (tra lo scetticismo di tutti gli esperti che cercano di far capire che clima e tempo meteorologico sono cose diverse) e contro il progresso economico, anche se ciò condanna a morte e alla miseria milioni di esseri umani.

Questi nostri fratelli dei paesi in via di sviluppo desiderano ardentemente energia elettrica abbondante e poco costosa, acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati, non vogliono morire prematuramente di indigenza e indifferenza o guardare i loro figli morire o appassire. Vogliono sfuggire alla prigione della povertà. È un loro diritto, è una scelta perfettamente razionale e moralmente inappuntabile.

http://www.nytimes.com/2013/12/04/opinion/the-poor-need-cheap-fossil-fuels.html?_r=3&#h[]

Ma apparentemente non per Latouche o per Al Gore. Per loro crescita equivale a consumismo, mentre per il resto del mondo crescita significa speranza di diventare un po’ più liberi, un po’ meno discriminati, un po’ meno disuguali.
I dati reali danno ragione ai due miliardi di abitanti del pianeta privi di elettricità e torto ai guru dell”ecologismo reazionario:

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http://www.ted.com/talks/lang/it/hans_rosling_shows_the_best_stats_you_ve_ever_seen.html

Non è una questione di dover fare un po’ meno shopping, è una questione di trovare finalmente la forza, la volontà e il modo di dimostrare che ce ne importa qualcosa dei nostri fratelli di colore più scuro.

I poveri del mondo non hanno solo bisogno di un po’ di luce elettrica e di alcuni gadget elettronici per condurre una vita dignitosa. Oltre all’energia necessaria per alimentare una moderna produzione industriale e agricola, prerequisito per una vita dignitosa per centinaia di milioni di poveri, c’è la questione di come cucinare il cibo. Al momento moltissimi di loro disboscano per poter cucinare e ogni anno decine di milioni di (per lo più) donne soccombono di malattie polmonari conseguenti ai sistemi di cottura a legna e carbone in ambienti chiusi. Queste persone devono poter essere in grado di cucinare su fornelli elettrici e avere frigoriferi, sia a casa che durante lo stoccaggio e il trasporto.

Non è normale che qualcuno ci venga a dire che questi sono privilegi e non diritti per i quali si sono battuti i nostri genitori, nonni e bisnonni. E’ il pensiero di persone dissociate dalla realtà o, come nel caso del multimiliardario Gore, in malafede.

Dovremo abituarci a vivere con meno, ci spiega James Cameron, regista di Avatar, proprietario di 3 ville a Malibù con 3 piscine riscaldate, un ranch di 100 acri, un elicottero privato, 3 Harley-Davidson, una Corvette, una Ducati, uno yacht, un Humvee, una Ford GT, una flotta di sottomarini (ne ha donato uno da 10 milioni di dollari alla Woods Hole Oceanographic Institution).

Non che Latouche se la cavi troppo male, nel centro di Parigi.

Tornando al cuore della questione, la decrescita e l’aumento dei costi energetici in un paese sviluppato non sono fatali (salvo che per quegli anziani che non si potranno permettere di riscaldare le case in inverno). Se lo stesso però succede in un paese in via di sviluppo, si avrà un enorme disastro umanitario che costerà la vita a milioni di persone e condannerà a languire in miseria un numero ancora maggiore di esseri umani.

Una cosa del genere non è altro che un moderno programma eugenetico, dove una parte dell’umanità viene sacrificata per far sentire meglio i privilegiati.

Per fortuna il resto del mondo non ascolta le prediche di Latouche e Gore. Non è infatti concepibile difendere la tesi che la gente dovrebbe volontariamente restare povera. Non succederà mai ed è meglio che i decrescisti/serristi se ne facciano una ragione.

Miliardi di esseri umani, chi più chi meno, vogliono la stessa cosa, ossia una ragionevole aspettativa di vita, una ragionevole prosperità materiale, un posto in cui vivere che sia ragionevolmente piacevole, energia abbondante e a costi ragionevoli, opportunità di viaggiare, educarsi, curarsi e migliorarsi, acqua potabile, igiene, ordine e sicurezza. Sono diritti fondamentali di ciascun essere umano, o comunque dovrebbero essere riconosciuti come tali.

In ogni caso nessun politico può pensare di rimanere a lungo al potere impedendo alle future generazioni di soddisfare queste legittime ambizioni.

162628126-0e10219d-91ea-4526-a517-9420c7ae54bdIntroduzione di Al Gore, appunto

È questo che alla fine ci salverà dal radicalismo chic, cioè da chi, come giustamente nota Laura Fedrizzi, firma appelli e parla ex indignata conscientia, e troppo poco ex informata conscientia.

Fedrizzi si riferisce alla vergogna dell’affaire Silent Spring.

http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/quanta-nostalgia-del-ddt

L’ondata di panico generata da “Silent Spring” (“Primavera silenziosa”, 1962) della biologa e ambientalista Rachel Carson, ha ucciso oltre 40 milioni di persone, tra le quali moltissimi bambini. Lo sta ancora facendo. Il libro ha contribuito in modo significativo alla decisione di bandire l’insetticida Ddt (1972 negli Stati Uniti, 1978 in Italia), un modo sicuro e molto efficace per frenare la malaria, la prima causa di morte nell’Africa sub-sahariana, e un’invenzione per la quale il chimico elvetico Paul Hermann Müller era stato insignito del Nobel per la Medicina nel 1948.

Ci sono voluti oltre 30 anni perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconoscesse l’errore commesso e tornasse a raccomandare l’uso mirato del  Ddt.

Il Ddt comporta alcuni rischi per gli uccelli, ma vale la pena di salvare milioni di uccelli al costo di milioni di vite umane e, chi dovesse rispondere affermativamente, ha pensato che potrebbero essere i suoi figli (se le temperature mondiali dovessero riprendere a salire)?
È un libro che ha promosso un tipo di ambientalismo che prioritarizza l’ambiente sempre e comunque, anche a discapito del benessere umano ed è la ragione per cui ha successo anche e soprattutto negli ambienti reazionari – il conservazionismo è nato su iniziativa di quelli stessi magnati che predicavano l’austerità e la sterilizzazione eugenetica al tempo della Depressione e poi della crisi del 1973-1974 –, in cui il riscatto delle masse dalla miseria e dall’ignoranza non è visto come un obbligo ma come una minaccia per lo status quo.

Non sarò complice di questo abominio.

Le prossime mosse suicide di Israele (e il Trentino collabora entusiasticamente)

 

Sottoscrivo interamente l’analisi di un lettore del Guardian straordinariamente lucido e conciso che ha commentato questo ragionevole articolo che difendeva la soluzione della creazione di uno stato palestinese:

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/nov/02/israel-palestine-two-state-solution

“Il vero pericolo è che Israele operi un’ancora più massiccia pulizia etnica dei Palestinesi:

1. gli insediamenti israeliani (ora circa 750mila coloni che si sono spartiti la Cisgiordania e si sono appropriati del 90% dell’acqua) rendono impossibile la soluzione dello stato palestinese – ed era questo il piano fin dall’inizio;

2. Israele non accetterà mai uno stato bi-nazionale perché questo richiederebbe uno status paritario per ebrei e palestinesi e la fine del sionismo;

3. Israele non la farà franca in caso di annessione dell’area C (62% della Cisgiordania), benché sia questo il suo desiderio, se ciò lascerà 2 milioni e mezzo di palestinesi intrappolati e circondati nei bantustan dell’area A (32% della Cisgiordania): l’opposizione dell’opinione pubblica internazionale ad un singolo stato binazionale che occupi l’intera palestina sarà troppo forte;

4. Temo che Israele proverà a risolvere 1, 2 e 3 espellendo la maggior parte dei Palestinesi dalla Cisgiordania nei seguenti modi: a) riducendo ulteriormente le disponibilità idriche; b) demolendo ulteriormente la già moribonda economia palestinese; c) persuadendo i donatori occidentali ad interrompere i loro finanziamenti o ostruendo il flusso; d) dando il via ad un’altra guerra (con l’Iran?) per schermare una pulizia etnica più diretta.

Con una popolazione palestinese significativamente ridotta, Israele potrebbe annettersi l’intera Cisgiordania e, se necessario, concedere ai Palestinesi rimasti un po’ di diritti civili conservando un dominio sionista inattaccabile”.

Penso sia esattamente quel che accadrà.

Già nel 2003 Netanyahu, l’attuale primo ministro israeliano, dichiarava che se gli Arabi fossero arrivati a costituire il 40% della popolazione di Israele sarebbe stata la fine dello stato giudeo: “Ma anche il 20% è un problema e se le relazioni con questo 20% diventano problematiche, lo stato è autorizzato a prendere misure drastiche” (ct. Pappe, 2010). Ruth Gabisonp, docente all’Università Ebraica di Gerusalemme, non ha esitato ad affermare che “Israele ha il diritto di controllare la crescita naturale della popolazione palestinese” (ibidem). La sindrome dell’assedio che ha colonizzato la psiche israeliana si è cristallizzata nell’esigenza di difendere una fortezza bianca circondata da popoli non-bianchi, avamposto europeo-occidentale-giudeocristiano; come durante le Crociate, come in Sudafrica. Così vari sondaggi documentano l’approvazione con la quale una maggioranza di Israeliani vedrebbe la deportazione in massa dei palestinesi (ma un 51% pensa che Arabi israeliani e Ebrei israeliani dovrebbero avere gli stessi diritti – Haaretz, 30 novembre 2010).

Queste non sono indicazioni di forza, ma di debolezza, di insicurezza, di paura, di una irrisolta condizione psicologica per cui la nazione e l’identità sono sempre sull’orlo del collasso, il che accentua nervosismo e ferocia. I ladri tendono a sospettare che tutti gli altri siano ladri. I bugiardi sospettano che gli altri mentano. I guerrafondai sospettano che gli altri preparino una guerra contro di loro. I razzisti e nazionalisti temono sempre di essere minacciati di distruzione dalle altre razze e nazioni. Si chiama proiezione e colpisce gli israeliani, come colpisce gli europei, gli americani e tutti gli esseri umani. Purtroppo la paranoia e l’aggressività non servono ad assicurare un futuro migliore alle nuove generazioni. È semmai vero il contrario.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/10/lantisemitismo-lanti-sionismo-e-la-mentalita-apocalittica/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/08/28/il-decisore-israeliano-che-spiega-le-ragioni-dellattacco-alliran/

Finirà malissimo (per Israele, la Palestina, l’Iran e molti altri milioni di esseri umani):

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/02/israele-la-destabilizzazione-del-medio-oriente-ed-il-neonazismo/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/24/e-se-liran-avesse-gia-latomica-osservazioni-sconvenienti-sullarmageddon-che-verra/

http://fanuessays.blogspot.it/2012/01/auschwitz-in-israele-il-secondo.html

http://fanuessays.blogspot.it/2012/01/golia-usraele-nella-trappola-chi-ce.html

davvero malissimo:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/verso-un-secondo-olocausto.html

IN TRENTINO IL BUSINESS È BUSINESS

“Nuova, significativa tappa nei rapporti tra Trentino e Israele. A pochi giorni di distanza dalla conferenza di Gerusalemme sui temi della ricerca e dell’alta formazione, nell’ambito del vertice bilaterale Italia – Israele, alla quale ha preso parte anche il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, è infatti in programma, lunedì prossimo, 5 novembre, il “Trento – Israele day”, una intera giornata di incontri istituzionali e di business organizzati dalla Provincia autonoma di Trento e dall’Ambasciata d’Israele in Italia in collaborazione con Trentino Sviluppo, Fondazione Bruno Kessler, Trento Rise.

A sottolineare la valenza dell’incontro la presenza, alla guida della delegazione istituzionale israeliana, di Naor Gilon, ambasciatore d’Israele in Italia. Ad aprire la giornata la tavola rotonda su “Le relazioni scientifiche e tecnologiche tra Italia ed Israele ed il ruolo del Trentino”. Interverranno: Naor Gilon, ambasciatore d’Israele in Italia; Lorenzo Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento; Aviv Zeevi Balasiano, Israel Europe R&D Directorate, Director ICT-Security; Francesco Salamini, presidente Fondazione Edmund Mach; Carla Locatelli, Pro Rettore con delega ai rapporti internazionali, Università degli studi di Trento; Andrea Simoni, segretario generale, Fondazione Bruno Kessler; Fausto Giunchiglia, presidente Trento Rise.

Un nuovo incontro, dunque, che fa seguito a quello in terra d’Israele quando, alla conferenza su ricerca e alta formazione – con gli interventi dei ministri Francesco Profumo e Giulio Terzi di Sant’Agata e con un confronto tra il premier Mario Monti e il Governatore della Banca di Israele, Stanley Fisherproprio il ministro Terzi ha voluto ringraziare Dellai per quello che il Trentino sta facendo in questo campo. Un riconoscimento al ruolo svolto nel favorire la crescita della cooperazione fra i due Paesi e che ha portato anche alla sottoscrizione di un accordo il quale consentirà, nei prossimi giorni, di attivare il primo bando congiunto per la ricerca applicata rivolto a imprese trentine e israeliane.

È con questo spirito che il “Trento – Israele day” proporrà, dopo la tavola rotonda, una serie di appuntamenti. La delegazione istituzionale – oltre all’ambasciatore Naor Gilon sarà composta da Jonathan Hadar, Consigliere per gli Affari Commerciali dell’Ambasciata d’Israele in Italia; Aviv Zeevi Balasiano, Israel Europe R&D Directorate, Director ICT-Security, MATIMOP; Giovanna Bossi, Trade Officer, Ambasciata d’Israele in Italia; Vanessa Zerilli, Business Development Officer, Ambasciata d’Israele in Italia – si trasferirà infatti presso la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige. Nel pomeriggio tappa alla Fondazione Bruno Kessler e incontro con le imprese impegnate nei B2B e visita ad alcuni laboratori e alle strutture della Fondazione Bruno Kessler e del Consorzio Trento Rise”.

http://www.uffstampa.provincia.tn.it/CSW/c_stampa.nsf/416AD28B715DF727C12574BE0028F2B0/C29472D49389710BC1257AAA004938CF

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