Le elezioni francesi e gli oligarchi
4 Maggio 2016 a 10:42 (Controrivoluzione e Complotti, Futuro e Anticipazione, Verità scomode)
Tags: Ségolène Royal, en marche!, Hillary Clinton, Macron, manifestanti, Matteo Renzi, notte in piedi, Nuit Debout, presidenziali francesi, proteste, rivoluzione colorata, Sarkozy
Mio pronostico azzeccato sulle elezioni francesi
13 dicembre 2015 a 22:07 (Etnofederalismo/Etnopopulismo, Futuro e Anticipazione)
Tags: elezioni regionali francesi, estrema destra, Fronte Nazionale, islamofobia, Marine Le Pen, Nicolas Sarkozy, previsioni, pronostici, risultati, Sarkozy, voto francese, xenofobia
Per tutti quelli che temono Marine Le Pen, oppure la venerano: al secondo turno Sarkozy farà quel che ha fatto Chirac nel 2002 e tanti saluti al FN.
Posted by Stefano Fait on Lunedì 7 dicembre 2015
L’estrema destra e l’estrema sinistra pensano sempre che esistano soluzioni semplici a problemi complicati.
Per questo è opportuno che non arrivino mai al potere e per questo quando ce la fanno aggravano situazioni già problematiche..
Se un(a) leader divide gli indigeni dagli immigrati, i cristiani dai musulmani, la capitale dal resto del paese, il paese dal resto del mondo quante chance ha di creare una massa critica capace di abbattere gli oligarchi?
NESSUNA!
E’ una benedizione per loro. Se non ci fosse un(a) leader del genere lo inventerebbero.
L’unico leader antisistemico affidabile è quello che unisce le forze che cercano di liberare l’umanità invece di promettere la libertà a una parte a spese dell’altra.
Ennesima sconfitta per la destra etnonazionalista e islamofoba
https://medium.com/@stefano_fait/11-settembre-1683-11-ottobre-2015-vienna-e-l-europa-resistono-alla-marea-nera-b8c206cd1ac1#.hmgm7cjcs
Per altre previsioni e pronostici
A proposito di un passaggio di “Rettilineo finale” di Federico Dezzani
20 giugno 2015 a 13:33 (Controrivoluzione e Complotti, Stati Uniti d'Europa)
Tags: austerità neoliberista, euro, eurozona, Germanwings, Goldman Sachs, Grexit, Merkel, NATO, Putin, rivoluzione colorata, Sarkozy, Spartaco, Tsipras
PREMESSA: non sono un feticista dell’euro (per me una moneta comune e non unica andrebbe benissimo, se consentisse agli europei di cooperare e non di farsi la guerra, valutaria o economica che sia), personalmente trovo che i trattati europei non possano in alcun modo prevalere sulla Dichiarazione universale dei diritti umani («Io non sarò mai soggetto a trattamenti criminosi» – Cloud Atlas), né sono ideologicamente contrario al Grexit.
Ora che la Grecia gode del pieno sostegno dei BRICS non penso più che sarebbe una catastrofe. Non si troverebbe da sola alla mercé degli sciacalli transnazionali. Anche l’Argentina ha beneficiato di un aiuto decisivo cinese, altrimenti ora ci sarebbe un governo neocon e anti-iraniano a Buenos Aires.
Se esito e mi interrogo sui modi e sui tempi è solo perché continuo a ritenere che la caduta del dollaro e quindi il riflusso dell’inflazione e dei soldati di stanza nelle basi americane all’estero siano la priorità. Per come la vedo io la Grecia ha il DOVERE di aiutare tutti gli altri popoli europei a liberarsi, come ce l’avrebbe chiunque fosse nella posizione di farlo, specialmente perché sa qual è il destino che ci attende se l’Impero non crolla, avendolo subito per anni. In soldoni, sempre per come la vedo io (e potrei sbagilare), questo significa che devonoe ssere gli eurocrati ad assumersi la responsabilità di espellere la Grecia. Come in Ucraina, la battaglia fondamentale è quella per l’opinione pubblica: dev’essere chiaro che i veri bulli, quelli che sparano il primo colpo, sono gli euro-atlantisti.
Questo è il momento “Prison Break” per l’umanità. O la va o la spacca…
Dopo di noi non ci sono più altre tribù, ma soltanto scogli e onde e un flagello ancora peggiore, i romani, contro la cui prepotenza non servono come difesa neppure la sottomissione e l’umiltà. Razziatori del mondo, adesso che la loro sete di universale saccheggio ha reso esausta la terra, vanno a cercare anche in mare: avidi se il nemico è ricco, arroganti se povero, gente che né l’oriente né l’occidente possono saziare. Loro bramano possedere con uguale smania ricchezze e miseria. Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero. Fanno il deserto, e lo chiamano pace.
Calgaco, citato da Tacito
Continuo a trovare estremamente stimolanti le analisi di questo autore, pur trovandomi in disaccordo su alcune questioni nodali.
Ecco un passaggio che mi lascia perplesso:
Nei nostri lavori abbiamo sempre sottolineato come gli attacchi speculativi durante il “biennio dello spread rosso” 2011-2012, puntassero, oltre alla fabbricazione di ingenti utili per gli azionisti, a fornire l’assist decisivo ai collusi politici europei per la fondazione degli Stati Uniti d’Europa, contro la volontà dei cittadini ammutoliti da possibili bancarotte generalizzate. L’euro infatti non ha mai rappresentato una seria minaccia per la valuta americana o britannica ma, al contrario, è stato fin dagli albori lo strumento principe per introdurre il neoliberismo in Europa, tagliare lo Stato sociale ed impedire l’intervento della cosa pubblica nell’economia.
Perché allora, come sostiene il presidente della commissione europea Jean-Claude Junker7, “il mondo anglosassone” farebbe a fette l’eurozona qualora uscisse la Grecia? Dopotutto, come abbiamo evidenziato nelle nostre analisi, l’emergenza spread non scompare nel momento in cui gli Stati Uniti d’Europa sono abortiti (estate 2012) ed è chiaro che qualsiasi ulteriore assalto della finanza avrebbe realmente provocato la rottura dell’euro? [sottolineatura mia]
http://federicodezzani.altervista.org/rettilineo-finale/
Questo è il nodo della questione: se l’euro è nato per preparare il terreno ad un mondo multipolare di blocchi valutari successivo alla detronizzazione del dollaro, allora ogni indebolimento dell’euro e rafforzamento del dollaro fanno il gioco dell’Impero.
Dezzani, come tutti gli analisti schierati contro l’euro, è convinto che l’attacco anglo-americano all’euro servisse a indurre i cittadini europei ad ingoiare il progetto degli Stati Uniti d’Europa, non a puntellare un dollaro a rischio di collasso in seguito alla crisi della finanza americana.
Io invece penso che l’assalto finale all’euro non c’è stato perché un conto è attaccare la lira, la sterlina, la dracma, il rublo, o il povero bath thailandese – operazioni che richiedono ingenti (ma non illimitate) risorse – un altro conto è attaccare una valuta continentale come l’euro, specialmente se gli infiltrati non possono danneggiare più di tanto le sue difese (avendo le mani legate dalle normative europee). Puoi preparare la breccia greca e piazzare uomini di Goldman Sachs a destra e a manca, ma hai pur sempre da tirar giù un bestione e il resto del mondo (es. Cina e Russia) potrebbe anche non voler collaborare con te, ma anzi ostacolarti.
Dunque io mi domando: se gli Stati Uniti d’Europa erano l’obiettivo precipuo di Wall Street e della Casa Bianca e se l’Europa (BCE inclusa) è una colonia americana, perché non si è fatto un singolo passo in quella direzione ma, semmai, l’Europa si è avviata sulla strada della dissoluzione, del sospetto reciproco, della teutonofobia, del razzismo anti-mediterraneo?
Perché la stampa inglese ha sempre paragonato il progetto degli Stati Uniti d’Europa alla ricostituzione dell’Unione Sovietica e ha invece appoggiato tutti i movimenti separatisti europei che intralciavano l’integrazione europea? Perché Obama e l’establishment statunitense non hanno incessantemente tuonato contro l’inerzia europea?
Errori di calcolo così grossolani? Feroci dispute intra-atlantiste?
Mi pare strano. Le frizioni ci sono (sui mezzi, non sui fini: l’avidità dei finanzieri si scontra con il realismo degli strateghi, ma l’obiettivo è il medesimo), come pure gli errori di valutazione, ma lo scenario implicito nell’interpretazione euroscettica è un po’ troppo paradossale e contraddittorio (a mio avviso).
Mi sembra più probabile che l’euro sia stato usato per mettere in atto la tradizionale strategia del divide et impera, a partire dalla complicità di Goldman Sachs nell’ingresso greco.
Sull’austerità neoliberista.
E’ fuori questione che l’attuale assetto europeo sia stato impiegato per far trionfare il neoliberismo.
L’Economist di Rothschild e Schroder odia (letteralmente) Tsipras tanto quanto l’élite romana odiava (e temeva) Spartaco.
Mentre il Telegraph (quotidiano dell’establishment britannico) è sfacciatamente pro-Grexit,
http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11684495/Grexit-the-truth-is-it-would-help-Britain-no-end.html
l’Economist, in generale, teme che l’uscita della Grecia indebolirebbe la causa neoliberista nel mondo e rafforzerebbe Putin (il fratello maggiore di Spartaco).
Una Grecia sottomessa e umiliata all’interno dell’eurozona serve di esempio al resto d’Europa (affiorano alla memoria i metodi degli occupanti nazisti).
Ma cosa succederebbe se l’eurozona si scoprisse anti-liberista?
Poniamo per ipotesi che Angela Merkel fin dall’inizio abbia fatto il doppio gioco, d’accordo con Putin, e stia di fatto, molto pazientemente, traghettando il blocco europeo verso l’unione eurasiatica, sabotando il TTIP, mentre a parole lo appoggia (lo faceva assieme a Sarkozy, ma Sarkozy ha sottovalutato i suoi avversari ed è stato messo momentaneamente fuori gioco: sarà però il prossimo presidente francese).
Anche questo è uno scenario paradossale, ma sia Putin sia la Merkel parlano tedesco, hanno un passato nell’intelligence comunista, dove questo tipo di ruoli e finzioni è la norma. Lo stesso Sarkozy non è un “uomo nuovo”: se fosse stato veramente un agente NATO-sionista avrebbe forse frequentato pubblicamente ambienti di quel genere, esplicitando il suo ruolo? Oppure ha fatto anche lui il doppio gioco? E’ un caso che sia tra i più ardenti difensori della necessità di reintegrare la Russia nell’Europa e abbia accettato il voto della Crimea?
Non dimentichiamo che gli “eurocrati” rischiano la vita (cf. volo Germanwings 9525: pilota automatico catturato con controllo remoto -> l’equivalente Airbus del Boeing Honeywell “Uninterruptible” Auto-Pilot (BHUAP), che può essere penetrato da hacker specializzati).
Per poter attuare questo piano la Merkel (dopo aver riformato il tandem con Sarkozy, nel 2017) dovrebbe assicurarsi di non dover fronteggiare una “rivoluzione colorata” interna – molto probabile in Francia (cf. Charlie Hebdo) – e dovrebbe tenere a bada gli euroscettici bavaresi (peraltro particolarmente interessati a fare affari con la Russia: pecunia non olet).
Siamo sicuri che russi e cinesi auspichino il crollo dell’eurozona e la fine dell’Unione Europea?
Finora mi pare che le prese di posizione pubbliche delle rispettive leadership siano in favore del mantenimento dello status quo, salvo la necessità di emancipare il continente dalla NATO al fine di forgiare una zona di libero scambio eurasiatica che si estenda dal Portogallo al Giappone.
Gli unici che sostengono la tesi della volontà putiniana di disgregare l’Unione Europea sono gli editorialisti anglo-americani, che a me sembrano entrati in modalità “muoia Sansone con tutti i filistei”: l’Impero non se ne andrà senza aver prima fatto terra bruciata (in Europa, in Giappone, nel Medio Oriente, in America Latina, in Africa, ecc.).
In sintesi: se ha ragione Dezzani, allora l’euroscetticismo è l’unica posizione abolizionista della schiavitù neoliberista degna di questo nome.
Se invece Dezzani ha torto, allora l’euroscetticismo è un’arma in più dell’Impero contro gli “spartachisti” greco-russi, una sofisticata “rivoluzione colorata” per palati fini.
Per me su questo punto ha torto, ma è pur vero che non ho la certezza di aver ragione.
Aggiornamenti
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If Kissinger could win the Nobel Peace Prize, why not Brzezinski? (Iran nuclear deal)
25 novembre 2013 a 10:07 (Guerra al Terrore, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto)
Tags: Afghanistan, agreement, atomic weapons, attack, Brzezinski, China, enrichment, false flag, Geneva, Iran, Iran deal, Iranian nationalism, Israel, Kissinger, Lebanon, Meir Dagan, Middle East, Mohammed bin Nawaf bin Abdulaziz, Mossad, Naftali Bennett, national security, Netanyahu, non-proliferation, nuclear capability, nuclear suitcase, Obama, Palestine, proliferation, Putin, Russia, Sarkozy, Saudi Arabia, stability, Strait of Hormuz, Syria, terrorism, United Nations, United Nations Security Council, war, Zionist
A cura di Stefano Fait
Web Caffè Bookique [Facebook]
I can’t stand him anymore. He’s a liar – You may be sick of him, but I have to deal with him everyday.
Sarkozy and Obama on Netanyahu, November 2011
There are some who without too much thinking are listening to foreign advice of the kind that you have displayed like from the prime minister, Netanyahu [“a very bad deal”]. They are not being particularly helpful and I’m not sure what their motives are.
Zbigniew Brzezinski, November 2013
The agreement under discussion would slow crucial elements of the Iran program, make it more transparent and allow time to reach a more comprehensive agreement in the coming year. Should the United States fail to take this historic opportunity, we risk failing to achieve our non-proliferation goal and losing the support of allies and friends while increasing the probability of war.
Zbigniew Brzezinski, November 2013
http://www.ipsnews.net/2013/11/scowcroft-brzezinski-urge-iran-accord/
A limited U.S. strike would have only a temporary effect. Repetitive attacks would be more effective, but civilian fatalities would rise accordingly, and there would be ghastly risks of released radiation. Iranian nationalism would be galvanized into prolonged hatred of the United States, to the political benefit of the ruling regime. Iran, in retaliating, could make life more difficult for U.S. forces in western Afghanistan by activating a new guerrilla front. Tehran could also precipitate explosive violence in Iraq, which in turn could set the entire region on fire, with conflicts spreading through Syria to Lebanon and even Jordan. Although the U.S. Navy should be able to keep the Strait of Hormuz open, escalating insurance costs for the flow of oil would adversely affect the economies of Europe and Asia. The United States would be widely blamed. Given the recently woeful U.S. performance in the United Nations — where the United States and Israel gained the support of only seven states out of 188 in opposing U.N. membership for Palestine — it is also safe to predict that an unsanctioned U.S. attack on Iran would precipitate worldwide outrage. Might the U.N. General Assembly then condemn the United States? The result would be unprecedented international isolation for an America already deeply embroiled in the region’s protracted turmoil. Congress should also take note that our Middle Eastern and European friends who advocate U.S. military action against Iran are usually quite reticent regarding their readiness to shed their own blood in a new Middle East conflict. To make matters worse, the most immediate beneficiary of ill-considered recourse to war would be Vladimir Putin’s Russia, which would be able to charge Europe almost at will for its oil while gaining a free hand to threaten Georgia and Azerbaijan….Could Meir Dagan, the former head of Israel’s Mossad, have been right when he bluntly said that an attack on Iran is “the stupidest thing I have ever heard”? Fortunately, there is a better, even if not a perfect, option.
Zbigniew Brzezinski,January 03, 2013
I don’t think there is an implicit obligation for the United States to follow like a stupid mule whatever the Israelis do. If they decide to start a war, simply on the assumption that we’ll automatically be drawn into it, I think it is the obligation of friendship to say, ‘you’re not going to be making national decision for us.’ I think that the United States has the right to have its own national security policy.
Zbigniew Brzezinski, November 2012
http://www.niacouncil.org/site/News2?page=NewsArticle&id=8713
A war in the Middle East, in the present context, may last for years. And the economic consequences of it are going to be devastating for the average American. High inflation. Instability. Insecurity. Probably significant isolation for the United States in the world scene. Can you name me any significant country that’s going to be in that war together on our side? That’s something no one can afford to ignore.
Zbigniew Brzezinski, July 2012
http://www.newsmax.com/newsfront/brzezinski-iran-war-oil/2012/07/18/id/445804#ixzz2le23nmD3
[Sanctions] work already to an extent that they weaken Iran. They make domestic stability more difficult for the Iranian leadership to maintain. I don’t think they will work in a kind of decisive fashion if our objective is to deprive the Iranians entirely of a nuclear program.We have to be firm and credible about it and we also have to say a conflict is not in our interest because we know if there’s a conflict, we will be hit by the Iranians. Do you want another war in that part of the world? Do you want the price of oil to go up? Do you want our troops in Iraq and Afghanistan to be threatened? I don’t understand how anyone can seriously argue that this is in the American interest. I don’t want to live with a nuclear Iran. I would like to make it uncomfortable for them to seek it. I would like to promote internal change in Iran — which is more likely if we don’t fuse Iranian nationalism with Iranian fundamentalism.
Zbigniew Brzezinski, February 2012
http://www.cbsnews.com/news/brzezinski-concerned-about-american-ignorance/
We won’t sit idly by…Appeasement hasn’t worked in the past, and I don’t think it will work in the 21st century. That is why the frustration really is toward the main players within the United Nations Security Council, that’s their responsibility. And they will share also the blame, whatever deal comes out, they are responsible for it
Prince Mohammed bin Nawaf bin Abdulaziz, the Saudi ambassador to London
http://www.timesofisrael.com/saudi-prince-to-iran-we-wont-sit-idly-by/
What was achieved last night in Geneva is not an historic agreement, but an historic mistake…Today the world has become a much more dangerous place because the most dangerous regime in the world has taken a significant step toward attaining the most dangerous weapon in the world. Israel will not allow Iran to develop a military nuclear capability.
Benjamin Netanyahu
http://www.independent.ie/incoming/netanyahu-iran-nuclear-deal-is-historic-mistake-29779836.html
If a nuclear suitcase blows up in New York or Madrid five years from now, it will be because of the deal that was signed this morning.
Naftali Bennett, Israel’s economic minister
1.) The USA and UK overthrew an elected Government in Iran in 1953.
2.) The Shah was selected to rule over Iran by the West.
3.) The Shah never stood for an election.
4.) The Shah was supplied by the USA with weapons.
5.) The US shot down an Iranian Airliner killing all aboard.
6.) Hostages held by Iran were released. None were killed.
7.) The USA favored Saddam Hussain in the Iraq-Iran War, even though Saddam started it.
8.) The Neo-Cons and the Puppet State of Israel have on numerous occasions threatened to bring a War to Iran.
9.) We have a double standard where Israel is allowed to have Nukes (WMD’s) but Iran must undergo a rigorous process of transparency.
10.) Iran is ringed by US Military bases, and carriers.
Brzezinski, Atlantide e la Supernova
10 aprile 2013 a 07:49 (Miti da sfatare, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto, Verso un Mondo Nuovo)
Tags: Atlantide, Ban Ki-moon, BRICS, Brzezinski, Cina, City, Commissione Trilaterale, divide et impera, egemonia, geopolitica, imperialismo, impero americano, Iran, Israele, NATO, Nazioni Unite, Netanyahu, Obama, oleodotti, Pentagono, Putin, Regno Unito, Russia, russofobia, Sarkozy, stati satellite, supernova, Turchia, Unione Eurasiatica, Unione Europea, Van Rompuy, vassallaggio, vassalli, Zbigniew Brzezinski
Il “brillante” piano di Brzezinski per gli Stati Uniti del ventunesimo secolo: scimmiottare le strategie dell’impero britannico (e/o di Atlantide?)
http://it.wikipedia.org/wiki/Zbigniew_Brzezinski
Premessa: occorre capire che senza un impero gli Stati Uniti non hanno alcuna chance di sopravvivere. Sono nelle stesse condizioni del Regno Unito: la loro industria è moribonda, la loro economia è tenuta in vita a botte di stimoli dalle rispettive banche centrali (che prima o poi si pagano, con gli interessi – disastrose bolle speculative + inflazione), il loro settore bancario-finanziario è una metastasi, il loro tasso di disoccupazione reale è a livelli record, così come il loro indebitamento reale. Le loro rispettive valute non sono crollate solo grazie al predominio militare americano.
Anglo-America (Nuova Atlantide = City di Londra + Pentagono) è come una stella diventata troppo grande che è in procinto di esplodere per esaurimento di combustibile:
“L’esplosione di Supernova rappresenta l’ultimo atto, distruttivo e spettacolare, del ciclo evolutivo di stelle molto massive. Durante l’esplosione viene liberata un’energia enorme e la stella diventa così luminosa da splendere più di una intera galassia. La luce emessa dalla stella in seguito all’esplosione dura qualche mese ed è paragonabile a quella che il nostro Sole è in grado di emettere in un miliardo di anni!… Ogni volta che il combustibile nucleare al centro della stella finisce perché si è trasformato in un altro elemento, il nucleo si contrae sotto l’azione della gravità e riesce ad innalzare la temperatura fino ad innescare il bruciamento del nuovo elemento chimico. Sfortunatamente (per la stella) il ferro non può essere ulteriormente fuso per produrre energia e questa volta la contrazione del nucleo prosegue in maniera irreversibile. Quando la temperatura e la densità della materia all’interno del nucleo raggiungono un valore limite, i protoni e gli elettroni degli atomi si fondono a formare neutroni. In ognuna di queste reazioni di “neutronizzazione” viene prodotto un neutrino. In poche decine di secondi il diametro del nucleo si contrae da circa metà del raggio terrestre (3000 km) a poco più di 10 km. L’onda d’urto prodotta si propaga in circa due ore attraverso gli strati esterni della stella e, quando raggiunge la superficie, la stella esplode. Tutto il materiale di cui è composta la parte esterna della stella viene proiettato nello spazio circostante con una velocità approssimativa di 15000 km/s, lasciando come residuo il nucleo di neutroni che, a seconda della massa, può rimanere una stella di neutroni (pulsar) o diventare un buco nero”
Succederà. Uno choc petrolifero (crisi nel Golfo Persico), la morte di una banca zombie troppo grande per essere salvata (con effetto domino sulle altre), il tentativo di riprendere il controllo delle armi automatiche, pogrom antisemiti, una nuova recessione, un crack di Wall Street, prolungate proteste di massa con repressione e reazioni violente di una popolazione armata fino ai denti, un attentato terroristico, il collasso dell’eurozona: ormai le concause possono essere numerose.
Brzezinski queste cose le sa.
È un uomo straordinariamente intelligente, è spiritoso, è un padre amorevole. Ha fatto tutto quel che era in suo potere per scongiurare una terza guerra mondiale (conseguenza di un attacco all’Iran); ha condannato le politiche inique ed austeriste del Nord Europa, consigliando ad Obama di contrastarle in ogni modo negli Stati Uniti; ha promosso la nascita di una Palestina indipendente ed un serio processo di pace nel Medio Oriente. Per questo è diventato il bersaglio del livore dei neocon statunitensi e dei nazionalisti israeliani.
Brzezinski è troppo lucido e disciplinato per essere un neocon: sa che senza la carota il bastone può produrre un effetto boomerang.
È uno scacchista e il mondo per lui è una scacchiera. Ci sono giocatori e ci sono pedine. Qualcuno vince, qualcuno perde, qualcuno è sacrificato. Così è sempre stato e sempre sarà.
Brzezinski non tollera l’idea di un pianeta in cui non esista una potenza leader (o un direttorio) che stabilizzi i rapporti internazionali, l’idea di una governance globale DEMOCRATICA in cui il Terzo Mondo possa avere lo stesso peso delle potenze maggiori e in cui si possano mettere a tacere le oligarchie finanziarie.
Sa che l’America è stata quasi incessantemente una forza destabilizzante, anche laddove – conflitto arabo-israeliano – era nel suo interesse evitare che Israele facesse il passo più lungo della gamba (per non parlare di Iran, Pachistan, America Latina, Sud Est asiatico, Mediterraneo, ecc.).
La proliferazione di basi americane in tutto il mondo, anche a poche centinaia di chilometri dai confini russi e cinesi non è un fattore di stabilizzazione.
Sa perfettamente che, come l’impero britannico, anche quello NATO si pone come “indispensabile mediatore” solo per interferire negli affari interni di altri stati ed è perciò nel suo interesse impedire in ogni modo che nel mondo prevalga la diplomazia, la cooperazione, la concordia (divide et impera).
Obama non è meno imperialista di Bush, è solo molto più “smart”.
Di questo occorre tener conto quando si leggono i numerosi pareri condivisibili di Brzezinski.
Fa tutto parte di un calcolo costi-benefici che ha come obiettivo quello di fare in modo che Obama impari dagli errori di Gorbaciov nel gestire il declino del modello statunitense (soft landing). La parola-chiave è coordinamento (controllo indiretto): un Nobel per la Pace usa i droni, non i bombardieri; usa le truppe dei vassalli, non le sue (es. Libia, Mali, Siria, Somalia).
Si sfruttano come vassalli le ex potenze coloniali ora inserite nella NATO per conservare il predominio (low cost): Regno Unito, Francia e Turchia in Africa e Medio Oriente [Sarkozy ha inaugurato una base aeronavale francese negli Emirati Arabi Uniti, a poche decine di chilometri dall’Iran, nel 2009, lo stesso anno in cui ha imposto alla Francia l’adesione alla NATO], Polonia nell’Europa orientale (nella speranza che la Russia imploda).
Però le cose non vanno sempre per il verso giusto. Israele è ormai una mina vagante.
La Germania in Europa, il Giappone nell’Estremo Oriente e l’Italia nel Mediterraneo hanno occasionalmente lasciato intendere che sono più che pronti ad operare in una prospettiva post-NATO (es. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-09-06/putin-inaugura-gasdotto-north-165827.shtml?uuid=AaKyb31D).
La Francia pre-Sarkozy era una nazione sovrana e quasi certamente tornerà ad esserlo negli anni a venire.
I BRICS hanno sfidato la volontà di Washington senza subire alcuna conseguenza significativa.
Il Pachistan non desidera altro che liberarsi dalla presenza americana e dalla costante minaccia di una sua disgregazione (con il nord che se ne va per conto suo e finisce nell’orbita americana).
Insomma, le cose volgono al peggio, per i nemici dell’America come doveva essere.
Ecco la reazione di Brzezinski, al crepuscolo dell’impero.
Zbignew Brzezinski, primavera 2012
0:50 – il ventunesimo secolo sarà o il secolo più di successo su scala globale, oppure il peggior secolo nella storia umana
2:30 – la NATO è ancora importante e ancora necessaria ma deve dotarsi di una visione di politica globale.
5:00 – la storia del mondo si snoda nel continente eurasiatico. Là, oggigiorno, ogni conflitto regionale ha una portata globale.
6:30 – non è da escludere che l’Asia del ventunesimo secolo possa replicare la tragica storia dell’Europa del ventesimo secolo.
8:50 – gli Stati Uniti non devono lasciarsi coinvolgere in nessun conflitto asiatico sul continente (Giappone, Corea e Taiwan restano però strategici). Gli USA devono limitarsi a fare quel che ha fatto il Regno Unito nel diciottesimo secolo con l’Europa: fungere da equilibratori, mediatori.
9:30 – USA devono impegnarsi in un’opera di riconciliazione tra Giappone e Cina
10 – la Cina può essere un junior partner degli USA nella stabilizzazione del mondo: un conflitto tra le due potenze le distruggerebbe entrambe
11 – Gli USA sono i guardiani d’Europa, ma l’Europa deve svolgere un ruolo attivo nella stabilizzazione dell’Oriente (perché è nell’interesse di tutti)
13:44 – Perché ciò avvenga è indispensabile che Turchia e Russia entrino a far parte dell’Occidente
15 – Ataturk ha avuto successo laddove Lenin ha fallito
18 – la Turchia è un modello per il futuro sviluppo dell’Iran
21 – l’Unione Europea evolverà, sviluppando verosimilmente un nucleo centrale federale circondato da una periferia meno vincolata e da satelliti collegati in qualche forma all’UE, tra i quali certamente la Turchia, il tutto all’interno della comunità euro-atlantica (leggi: Europa vassallo del Nordamerica)
22 – L’Unione Europea era più “unione” quando era una comunità (CEE): ora è attraversata da fratture (chissà come mai!?)
26 – la Turchia può essere un modello di sviluppo per la Russia (arriva a dire che i turisti russi in Turchia si domanderanno perché il loro paese non possa essere più simile alla Turchia!)
31 – non è che gli Stati Uniti sono in declino, è che altre potenze si sviluppano più rapidamente, ma non è detto che possano conservare quel tasso di crescita
32 – gli USA possono migliorare la propria situazione solo risolvendo alcuni problemi strutturali e questo può accadere solo con un élite più lucida di quella attuale (segue allusione al fatto che una vittoria di Romney sarebbe disastrosa)
34 – l’Europa non sta decadendo. È significativo che sempre più statisti dicano che serve maggiore integrazione e una crescita che sia socialmente responsabile e non finalizzata unicamente alla massimizzazione del profitto
36 – se fossi un turco e vedessi da una parte l’Iran ed un Medio Oriente in subbuglio, dall’altra la Russia e da un’altra parte ancora l’Europa e gli Stati Uniti, vorrei avere questi ultimi come amici
46 – se la Turchia decidesse di intervenire in Siria, non sarebbe lasciata sola. Francia e Regno Unito (non li nomina ma vi allude) la assisterebbero (ma non gli USA, non direttamente). MA, data la sensitività e complessità della situazione, sarebbe meglio evitare di farsi coinvolgere in un’escalation voluta da forze esterne all’alleanza NATO (Arabia Saudita+Qatar? Israele?) in modo da evitare un coinvolgimento dell’Iran
55 – South Stream (progetto italo-russo) ignorato, Nabucco (progetto americano) strada giusta
http://temi.repubblica.it/limes/nabucco-vs-south-stream/6899
1:03 – il cambiamento climatico può essere realmente catastrofico per l’umanità ma non ci sono ancora risposte definitive. Altre minacce del ventunesimo secolo potrebbero essere la diffusione di malattie sconosciute, sommosse, guerre che impieghino armi di distruzione di massa. Queste sono minacce che non possono essere affrontate con il voto alle Nazioni Unite (B. odia le Nazioni Unite ma anche l’Unione Europea: altrimenti non ci sarebbero in giro molluschi come Van Rompuy e Ban Ki-Moon), ma solo attraverso la collaborazione delle grandi potenze.
https://www.youtube.com/watch?v=tTku4KZff3Q
Zbignew Brzezinski, estate 2012
La Russia si democratizzerà, ma solo dopo una parentesi nefasta (12:43)
Qualunque guerra nell’Estremo Oriente sarebbe disastrosa per gli Stati Uniti
Non ci sarà alcuna egemonia cinese fino alla metà del secolo (perché culturalmente gli USA hanno un appeal che i cinesi non possono avere)
Le disparità sociali negli Stati Uniti sono una gravissima minaccia
È necessario un ritiro delle forze americane dall’Afghanistan ma senza lasciare un paese destabilizzato
La questione siriana va risolta diplomaticamente, coinvolgendo l’Iran
L’invasione dell’Afghanistan era necessaria per distruggere Al-Qaeda
Se gli USA si fanno coinvolgere in una guerra in Iran tutte le crisi del Medio Oriente confluiranno in un’unica gigantesca crisi dal Mediterraneo all’India (15-16) – la strategia giusta è la stessa impiegata contro l’Unione Sovietica ed in ogni caso è evidente che una scelta tra strangolamento economico e umiliante capitolazione sarebbe irricevibile. L’Iran può continuare il suo legittimo programma atomico se monitorato seriamente. In ogni caso l’acquisizione da parte dell’Iran di una testata atomica non sarebbe la fine del mondo (19). La Corea del Nord ha testate atomiche, ma né la Corea del Sud né il Giappone strepitano perché gli Stati Uniti entrino in guerra contro il regime nordcoreano: si sentono ragionevolmente sicuri (21:30).
Un attacco israeliano all’Iran avrebbe effetti deleteri per i nostri soldati in Afghanistan, per i paesi del Golfo, per il prezzo del petrolio e quindi della benzina che è già fin troppo costosa per via della “tassa Netanyahu”, ossia il sovrapprezzo che le sue esternazioni hanno prodotto con la crescita dei premi di assicurazione sulle forniture petrolifere (23)
I palestinesi e gli israeliani non possono fare pace. I palestinesi sono troppo deboli e divisi e gli israeliani sono troppo forti, fiduciosi e politicamente frammentati. Solo gli Stati Uniti possono trovare e far accettare un compromesso ragionevole tra entrambe le parti che integri Israele nel Medio Oriente e trasformi Palestina e Israele, nel giro di una generazione, nella Singapore di quell’area: una fonte di innovazione (25).
Una guerra mondiale che coinvolga Cina e Stati Uniti per il controllo del mondo sarebbe troppo costosa per entrambe le parti, quindi è altamente improbabile che si verifichi. È necessario che gli uni non demonizzino gli altri e che si trovi una formula che permetta alle potenze di coesistere (32).
L’opinione pubblica è troppo ignorante di storia e geografia per rispondere intelligentemente alle sollecitazioni del presidente e spiana la strada ai demagoghi (34). La responsabilità è sia del sistema educativo, che non insegna la geografia e la storia mondiale, sia dei media che sono troppo superficiali.
La Siria non è la Libia, Assad non è Gheddafi: la situazione è molto più complicata di come l’hanno presentata i media (40).
Nel breve periodo le nostre relazioni con la Russia si deterioreranno per colpa di Putin, nel lungo periodo il suo regime è condannato e si protrarrà a lungo La stagnazione e decadenza saranno intollerabili per i Russi. La società civile cosmopolita è più ricettiva ed è il nostro obiettivo, se vogliamo costruire una comunità euro atlantica che sappia gestire i più vasti conflitti globali.
Nella società iraniana le donne hanno un ruolo molto più importante di quel che si tende a credere e sono loro che riusciranno a scindere il nazionalismo dal fondamentalismo. Ma una politica di contrapposizione con il governo iraniano può solo rafforzare quel legame.
L’America Latina è di importanza relativa nelle questioni internazionali del nostro tempo (43).
L’India è estremamente a rischio a causa dell’alto tasso di analfabetismo, del carattere aristocratico della sua pseudo-democrazia e dell’eterogeneità della sua popolazione (45).
L’intelligence statunitense non ha saputo prevedere la primavera araba come non l’ha saputa prevedere Mubarak, che era sul posto. Certi eventi sono il prodotto di incontrollabili concatenazioni di variabili (50)
COMMISSIONE TRILATERALE: è diventata sempre meno efficace. È prestigiosa, ma poco influente (54).
È una vergogna che nessun dirigente del mondo finanziario sia stato punito per delle azioni che possono essere definite delle truffe. È stata una grave mancanza da parte di Obama (59).
Il prossimo presidente dovrà occuparsi della giustizia sociale, perché non c’è democrazia con certi livelli di sperequazione
https://www.youtube.com/watch?v=Z7GDu1hqLPw
Zbigniew Brzezinski “The Role of the West in the Complex Post-Hegemonic World“, autunno 2012
13:00 – crescente distanza tra burocrati cinesi e forze armate nazionaliste, ma anche tra dirigenza e giovane borghesia rampante
14:30 – la Russia di Putin è imperialista e vuole assorbire l’Ucraina ma il declino demografico la rende vulnerabile in oriente (minaccia cinese: Brzezinski ha sempre cercato di mettere Russia e Cina l’una contro l’altra, fin dai tempi della Guerra Fredda – la cosa sta diventando alquanto patetica). Le violenze caucasiche faranno fallire i giochi olimpici invernali di Sochi e il fondamentalismo islamico rischia di destabilizzare le sue regioni meridionali (Brzezinski è polacco, non ama la Russia, per usare un eufemismo – qui si rivolge ad un pubblico polacco, a Danzica)
16:00 – sostiene che la CEE (più piccola) era più coesa dell’UE (molto più grande) – il che è certamente vero – ma, “curiosamente”, consiglia all’UE di espandersi ulteriormente fino all’Ucraina
17:00 – il Giappone dovrebbe farsi valere di più con la Russia nella disputa sull’isola di Sakhalin
23:00 – la Germania deve guidare l’Europa (il ruolo storico della Francia è solo quello di aver portato a questo risultato!)
27:00 – l’UE deve includere la Turchia perché solo così Georgia e Ucraina saranno difese dalle mire espansionistiche russe
28:00 – L’Unione Eurasiatica promossa da Mosca è solo un trucco per ristabilire l’impero sovietico
http://it.wikipedia.org/wiki/Unione_eurasiatica
28:30 – una Russia inserita nell’Unione Europea sarebbe percepita come meno minacciosa per i suoi vicini, ma solo se subordinata alla NATO
Cosa succede in Ungheria?
7 aprile 2013 a 08:27 (Etnofederalismo/Etnopopulismo)
Tags: antisemitismo, austerismo, emigrazione, epurazioni, Fidesz, Grande Ungheria, Guardia magiara, Haider, Horthy, hybris, Jobbik, Magyar Gàrda, neofascismo, neoliberismo, neonazismo, omofobia, Orban, Partito popolare europeo, privatizzazioni, purghe, razzismo, riforma costituzionale, Rom, Sarkozy, Ungheria, Unione Europea, Viktor Orban, zingari
…l’ultima decisione del governo nazionalpopulista ed euroscettico ungherese del premier-autocrate Viktor Orbàn: il conferimento di tre importanti premi ufficiali per la cultura a tre ‘intellettuali’ notoriamente razzisti, antisemiti e vicini all’estrema destra…Ferenc Szanizslò, commentatore alla televisione Echo TV, ritenuto vicinissimo alla Fidesz, cioè al partito di Orbàn, e noto per le tesi apertamente razziste che espone in pubblico. Come quando nel 2011 paragonò i rom a “scimmie”…Kornel Bakay, che ha ricevuto per decisione del governo l’Ordine al merito. Bakay è un archeologo noto per il suo aperto, radicale antisemitismo. Tra l’altro aveva fatto scandalo a livello mondiale asserendo in pubblico che sarebbero stati gli ebrei a organizzare la tratta degli schiavi dal medioevo all’abolizionismo…Il terzo caso riguarda Janos Petras, cantante della rock band ‘Karpatia’. È in sostanza un gruppo nazirock, vicinissimo ai neonazisti antisemiti di Jobbik che amano ascoltare la loro musica nelle adunate. Petras ha ricevuto la croce d’oro al merito. Tra i motivi più noti cantati da lui e dal suo gruppo ce ne sono alcuni che inneggiano alla revisione delle frontiere europee con la ricostituzione della ‘Grande Ungheria’, cioè riprendendosi territori oggi slovacchi, ucraini, serbi e romeni. Il gruppo Karpatia ha anche partecipato a marce della Magyar Gàrda (Guardia magiara), il gruppo paramilitare di Jobbik con le uniformi nere e simboli fascistoidi, ufficialmente fuorilegge ma che continua a farsi vedere tranquillamente.
[…]. Il governo ha di fatto riabilitato l’ammiraglio Miklòs Horthy, cioè il dittatore antisemita che fu il più efficiente e zelante alleato di Hitler in Europa e grande complice dell’Olocausto e dell’aggressione all’Urss. A Horthy vengono erette statue e dedicate vie e piazze. A Budapest vengono invece smantellati i monumenti di grandi nomi della cultura democratica, dal ‘conte rossò Karoly Mihàly che divenne socialista e affrancò i suoi contadini, al poeta Attila Jòzsef, amico di Thomas Mann.
http://www.repubblica.it/esteri/2013/03/17/news/decorati_orban-54775715/
Nell’ottobre del 2011 avevo scritto questa nota allarmata:
http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/dove-sta-andando-lungheria-dove-sta.html
L’Ungheria ha scelto la via separatista. La via della secessione dal mondo. L’Unione Europea, che aveva fatto fuoco e fiamme contro Haider, arrivando alle sanzioni, si limita ad esprimere indignazione – a riprova del fatto che i dirigenti europei sono solo dei mediocri burattini installati dai governi nazionali europei –, mentre i neoliberisti europei si profondono in effusioni all’indirizzo di Viktor Orban, il leader autoritario ed austerista magiaro protagonista di una svolta confessionale ed ultranazionalista, e la sinistra eurofoba lo innalza a suo paladino (classico esempio di rossobrunismo). Le sofferenze degli ungheresi, che lo hanno eletto solo in segno di protesta contro un precedente governo impregnato di corruzione e non gli avevano dato alcun mandato “rivoluzionario”, non sono al centro di un qualche dibattito internazionale o anche solo europeo. Angela Merkel, che potrebbe fare la voce grossa, latita. Nicolas Sarkozy, figlio di un aristocratico ungherese naturalizzato francese – Pál István Ernő Sárközy de Nagy-Bócsa – e non privo di pulsioni autoritarie, è apparso quasi ben disposto, oppure è stato molto bravo a mascherare il suo sdegno.
Orban ha promulgato una nuova costituzione in cui è stato soppresso il riferimento alla Repubblica, ha elevato l’embrione umano allo status di persona, ha limitato i poteri della corte costituzionale e di vari organismi indipendenti, ha iniettato nelle istituzioni un carattere etnico-nazionalistico – il ritorno della retorica della Grande Ungheria, che si alleò con Mussolini e Hitler – incompatibile con il diritto europeo ed internazionale. I media sono gradualmente passati sotto il controllo del governo, le privatizzazioni si sono rivelate essere dei doni ad oligarchi amici del governo, i dirigenti delle maggiori istituzioni culturali magiare sono stati epurati se non erano in linea con il nuovo ordine ungherese, gli ebrei ungheresi sono stati accusati di slealtà.
Se la destra italiana avesse fatto anche solo una minima parte di quel che ha fatto Fidesz, il partito al potere, sarebbe scoppiato il finimondo: l’opinione pubblica internazionale avrebbe chiesto immediatamente sanzioni, condanne, ingerenze di vario genere.
Invece, incredibile a dirsi, Orban rimane il vicepresidente del Partito popolare europeo (Ppe). Tale è il livello di degrado raggiunto dai conservatori europei.
Fidesz ha portato a termine la sua missione: creare un sistema elettorale che renderà estremamente difficile destituirla. Questo sistema garantisce che l’équipe dirigente, anche nel caso in cui dovesse rimanere al potere, potrà continuare la sua assurda avventura con la minor legittimità democratica possibile…se vi dovesse essere alternanza le strutture politiche renderanno il paese ingovernabile per i nuovi dirigenti.
http://www.presseurop.eu/it/content/article/3050521-viktor-orban-prepara-la-sua-rielezione
“Non tacere, non scendere a patti”: il direttore del Teatro nazionale ungherese spiega in prima pagina sul Magyar Narancs che continuerà a prendere posizione nella diatriba che sta dividendo l’Ungheria. Róbert Alföldi, il cui mandato scade nel 2013, sarà sostituito da Attila Vidnyánszky, uomo vicino al governo di Viktor Orbán, che rimprovera ad Alföldi di non rappresentare abbastanza i valori nazionali. Da diversi mesi, inoltre, l’estrema destra critica la mancanza di patriottismo del direttore del teatro, e lo accusa di essere omosessuale.
http://www.presseurop.eu/it/content/news-brief/3188331-nazionalismo-sulla-scena
L’11 marzo il parlamento ungherese ha adottato una nuova modifica della costituzione che priva delle sue competenze essenziali la Corte costituzionale.
http://www.presseurop.eu/it/content/news-brief/3524821-la-fine-dell-era-costituzionale
Grazie alla maggioranza dei due terzi in parlamento di cui gode il suo partito, l’11 marzo il primo ministro Viktor Orbán ha fatto votare la quarta modifica alla costituzione redatta nel 2011.
http://www.presseurop.eu/it/content/press-review/3527621-orban-e-impermeabile-alla-democrazia
In Ungheria si dice che chi cambia paese cambia anima. Il problema è che nel corso degli ultimi due anni e mezzo 500mila ungheresi hanno lasciato il paese, cioè più del doppio rispetto al periodo corrispondente all’ondata di repressione che seguì la rivolta del 1956. Un numero consistente per un paese che conta appena dieci milioni di abitanti.
http://www.presseurop.eu/it/content/article/3608571-budapest-le-rovine-della-cultura
Com’è che la gente continua a farsi fregare dai nazionalisti, i quali ogni volta dimostrano di essere i peggiori nemici della nazione, dato che con loro trionfano ignoranza, paura, divisioni identitarie laddove non ce n’erano o erano latenti, oligarchismo, pregiudizi misogini, omofobi e razzisti, miti, illusioni, autoinganni, megalomania, hybris, autoritarismo, clericalismo, impoverimento culturale, morale, spirituale ed economico, diretta conseguenza del bullismo e dell’autarchia?
La Guerra al Terrore arriva in Mali – l’intervento anglo-franco-americano
13 gennaio 2013 a 09:48 (Controrivoluzione e Complotti, Guerra al Terrore)
Tags: affari, Afghanistan, Africa, Africa francofona, AFRICOM, Al-Qaeda, Algeria, allarme permanente, Amnesty International, anti-terrorismo, armamenti, Assad, attrezzature, avanguardia, balcanizzazione, Bamako, BBC, Berberi, Bruce Whitehouse, Cabili, Caserma Ederle, Cina, colonialismo, controllo della popolazione, Costa d'Avorio, Dan van Raemdonck, diamanti, diritti umani, droni, equipaggiamento, Federazione internazionale per i diritti umani, finanza globale, fondamentalismo, Francia, guerra, guerra al terrore, guerra umanitaria, guerriglieri, Hollande, immigrati algerini, imperialismo, ingerenza umanitaria, interessi, intervento umanitario, investimenti cinesi, Iran, islamisti, Israele, jihadisti, Kony, Kurdistan, libanizzazione, Libia, Mali, Marocco, mercenari, meridiani, minaccia terrorista, missioni di pace, neri, oro, pace, Pachistan, pacifisti, peacekeeping, petrolio, programma atomico, Regno Unito, Repubblica Democratica del Congo, resistenza, risorse, Russia, salafiti, Sarkozy, sicurezza, Siria, sorveglianza, Sud Sudan, terre rare, Tuareg, unimondo, US Army Africa, Vicenza, Vigipirate
“Ciò che ci ha veramente colpito è quanto avanzato sia il loro equipaggiamento e il modo in cui sono stati addestrati ad usarlo …” ha dichiarato un funzionario francese. “All’inizio pensavamo che sarebbe stato solo un gruppo di tizi armati di pistola che circolavano coi loro pick-up, ma la realtà è che sono ben addestrati, ben attrezzati e ben armati. Si sono armati in Libia di un sacco di apparecchiature sofisticate, molto più robusto ed efficace di quanto avremmo potuto immaginare” [li avete armati, avete chiuso un occhio quando saccheggiavano gli arsenali di Gheddafi e ora ce li avete contro: chi è causa del suo mal…]
http://www.bbc.co.uk/news/world-europe-21002918
Un intervento armato internazionale è destinato ad aumentare l’entità delle violazioni dei diritti umani a cui stiamo già assistendo in questo conflitto… All’inizio del conflitto, le forze di sicurezza del Mali hanno risposto alla rivolta bombardando civili tuareg, arrestando, torturando e uccidendo la gente tuareg apparentemente solo per motivi etnici. L’intervento militare rischia di innescare nuovi conflitti etnici in un paese già lacerato da attacchi contro i Tuareg e altre persone di pelle più chiara.
http://www.amnesty.org/en/news/armed-intervention-mali-risks-worsening-crisis-2012-12-21
7 Gennaio 2013: In Libia la polizia non c’è: ci sono le milizie. Lo Stato non c’ è, ci sono le tribù, le città, i gruppi di potere, le fazioni religiose. La gente è evidentemente frustrata dalla mancanza di sicurezza, seguita alla caduta dell’ex Rais. Molti gruppi islamici, che hanno aiutato a mettere fine alla dittatura del colonnello, non vogliono sciogliersi né accettare di entrare nelle forze dell’ordine. Essi agiscono spesso come bande di fuorilegge, attaccando gruppi e persone che non ubbidiscono alla loro visione di un islam fondamentalista. Anche la morte dell’ambasciatore Usa Chris Stevens è il frutto di una situazione di caos che regna in Libia nel dopo Gheddafi. È ancora presto per delineare con esattezza il ruolo salafita nel panorama politico mediorientale, ma di certo non lo si può ignorare.
http://www.linkiesta.it/salafiti-primavera-araba-egitto#ixzz2HlPKAllp
“Che la situazione in Mali fosse potenzialmente esplosiva era evidente da tempo. Come è evidente la strategia destabilizzante di Francia e Stati Uniti: Gheddafi è caduto per volontà francese, e con lui è caduto uno dei principali nemici commerciali di Parigi”. Con una Libia poco influente e filo-europea, la politica estera francese ha consolidato uno spazio coloniale che collega l’esagono al Congo, tramite gli stati amici di Ciad, Niger, Camerun e tutto il corno d’Africa francofono, Costa d’Avorio e Mali inclusi. “A questo – sottolinea il ricercatore – si uniscono gli interessi U.S.A: la penetrazione commerciale nord-americana parte dal Ghana e mira alle risorse di tutto il Sahel. Destabilizzare quest’area diventa dunque un mezzo per giustificare un intervento armato e riaffermare interessi neo-coloniali”.
Marco Massoni, studioso del Centro Alti Studi per la Difesa
http://www.unimondo.org/Notizie/Mali-una-esplosiva-crisi-nascosta-136701
Non è il caso di gridare all’usurpazione perché il Mali è di fatto uno stato fallito. Due terzi del territorio sono occupati dai ribelli e a Bamako, la capitale, c’è un precario condominio fra una giunta militare e un governo civile provvisorio insediato dall’esercito impegnati in una gara a chi è più irresponsabile e impotente. Il beau geste di Parigi diventa per ciò stesso ancora più insensato e ipocrita perché non sarà facile per nessuno ristabilire la sovranità in quel che resta del Mali. Per parte sua, il capitano Sanogo, autore del colpo di stato del marzo 2012 contro il presidente in carica e di un secondo colpo in dicembre per togliere di mezzo un capo del governo che si era rivelato indigesto, non ha nascosto di giudicare forze «neocoloniali» tutti coloro che si prodigano per «aiutare» il Mali senza distinguere apparentemente fra paesi vicini e grandi potenze.
Gian Paolo Calchi Novati, Il vizio coloniale, Il Manifesto, 13 gennaio 2013
Il ruolo che l’emiro del Qatar Hamad Bin Khalifa Al-Thani e i suoi diplomatici stanno svolgendo in Mali è al centro di indiscrezioni, proprio mentre il paese sprofonda nell’abisso della disgregazione. Da mesi si parla di trasferimenti di denaro da parte del monarca multimiliardario ad Ansar Dine e al Movimento per l’Unicità e la Jihad nel Africa Occidentale (Mujao), i gruppi che insieme ai tuareg di Mnla controllano il triangolo Kidal-Gao-Timbuktu e destabilizzano il Sahel in affiliazione con al Qaeda nel Maghreb islamico. Una questione spinosa per Francia e Stati Uniti, da anni vicini all’emirato qatariota.
http://www.meridianionline.org/2012/12/22/ruolo-diplomatico-qatar-mali/
Il Qatar, alleato di Francia e Stati Uniti, finanzia i salafiti anti-Gheddafi in Libia ed anti-Assad in Siria, con l’entusiastica approvazione di entrambi, ma anche quelli del Mali, bombardati dai francesi dopo essere stati armati anche dai francesi in Libia (!). Fino al 2011 Gheddafi ed Assad erano eroi dell’Occidente perché contrastavano anche con la forza il fondamentalismo islamico e partecipavano alla Guerra al Terrore, oggi l’eroe è Hollande, perché fa lo stesso in Mali (ma non in Siria, dove le agenziedi stampa internazionali ci informano che siamo alleati di Al-Qaeda).
La buona, vecchia Guerra al Terrore. L’ancor più classica e rassicurante ingerenza umanitaria. E, immancabile, arriva il rafforzamento ed irrigidimento delle misure di sicurezza previste da Vigipirate (in una nazione con una fortissima percentuale di residenti di origine araba e maghrebina):
“La guerra contro il terrorismo è una guerra di durata indeterminata contro un nemico sconosciuto. Ha permesso di introdurre leggi eccezionali nel diritto comune con il consenso della popolazione, sottolinea Dan van Raemdonck, vice-presidente della Federazione Internazionale per i Diritti Umani. Si è banalizzata la nozione di controllo. Le persone hanno finito per accettare di essere sorvegliate, controllate, con il pretesto che non hanno niente da nascondere. Siamo entrati nell’era del sospetto…L’ultima versione del piano, in vigore dal gennaio 2007, è fondata su un chiaro postulato: ”la minaccia terrorista dev’essere ormai considerata permanente”. Vigipirate definisce delle misure applicate da quel momento in tutte le circostanze, ”anche in assenza di segni precisi di minaccia” (Le Monde, 9 settembre 2011).
http://sois.fr/fileadmin/pdf/11_sett_2011.pdf
L’aviazione francese ha cominciato a bombardare i talebani (e lo sono e alcuni di loro sono pure narcotrafficanti!) del Mali (e ha già perso due elicotteri ed un pilota in poche ore) mentre Hollande grida “Al-Qaeda! Al Qaeda!” (se non avesse chiamato in causa Al-Qaeda avrei anche potuto ipotizzare che potesse trattarsi di un’autentica missione umanitaria) ed interviene per puntellare un sistema di potere corrotto fino al midollo, tanto che la popolazione era favorevole ad un golpe militare contro il governo “democraticamente” eletto (dopo aver annullato un quarto dei voti, perché “scomodi”), autocratico nei fatti e che intascava gran parte degli aiuti allo sviluppo:
http://www.lrb.co.uk/v34/n16/bruce-whitehouse/what-went-wrong-in-mali
Gli inglesi hanno assicurato il loro appoggio logistico ed una brigata americana (3500 uomini) è pronta ad essere schierata in Mali (paese ricco d’oro, uranio e gas naturale).
http://www.armytimes.com/news/2012/06/army-3000-soldiers-serve-in-africa-next-year-060812/
Ci siamo di mezzo anche noi, giacché la loro sede operativa è alla Caserma Ederle di Vicenza:
http://www.disarmo.org/rete/a/36791.html
Catherine Ashton preannuncia il coinvolgimento europeo nel Mali
per combattere quegli stessi jihadisti che, stando al rapporto del West Point Combating Terrorism Center da Bengasi sono arrivati in Afghanistan e Iraq,
http://www.scribd.com/doc/111001074/West-Point-CTC-s-Al-Qa-ida-s-Foreign-Fighters-in-Iraq
per poi tornare in Libia a combattere contro Gheddafi e in Siria contro Assad (dopo tutto sono dei mercenari):
http://uk.reuters.com/article/2012/08/14/uk-syria-crisis-rebels-idUKBRE87D06M20120814
http://edition.cnn.com/2012/07/28/world/meast/syria-libya-fighters/index.html?iid=article_sidebar
http://www.albawaba.com/news/libyan-fighters-join-free-syrian-army-forces-403268
Una parte di questi mercenari fondamentalisti, terminato il servizio in Libia, si è spostata nel vicino Mali, seguendo i compagni d’arme berberi maliani, e portandosi dietro le armi saccheggiate nei depositi del regime:
http://abcnews.go.com/Blotter/al-qaeda-terror-group-benefit-libya-weapons/story?id=14923795
Per usare un eufemismo, questi guerriglieri non amano i neri. Non li amano in Libia, non li amano nel Mali:
http://www.ilfoglio.it/soloqui/10804
Adesso il Nord berbero è contrapposto al Sud “nero” anche se i berberi volevano solo l’autonomia ed erano contrari al fondamentalismo:
http://www.unimondo.org/Notizie/I-tuareg-e-la-difficile-partita-dell-indipendenza-136881
Quanti dei 120 morti erano guerriglieri jihadisti e quanti erano tuareg o civili?
La cosa terminerà verosimilmente con l’ennesimo frazionamento di uno stato e nel proliferare di signori della guerra in tutta l’area (libanizzazione/balcanizzazone). Una situazione analoga si sta verificando nel Medio Oriente, dove i media occidentali caldeggiano la nascita di uno stato kurdo che però, per sorgere, dovrebbe disgregare Iran, Iraq, Siria e Turchia, gettando nel caos l’intera regione.
Le conseguenze nell’Africa occidentale non sarebbero meno gravi: i Berberi (70-80 milioni) sono molto numerosi in Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Mali, Niger. Il re del Marocco, alleato della NATO e di Israele, ha messo le mani avanti proclamando il cabilo (lingua dei berberi occidentali) la seconda lingua ufficiale del Marocco.
L’Algeria, molto critica dell’intervento in Libia e bersaglio predestinato
http://nationalinterest.org/commentary/algeria-will-be-next-fall-5782
rischia di diventare quel che il Pachistan è diventato per l’Afghanistan: luogo di rifugio dei guerriglieri, bombardato dai droni.
Non penso che quei quasi 2 milioni di immigrati o figli di immigrati algerini che vivono in Francia la prenderanno troppo bene.
Due cose sono certe:
* gli stati sovrani hanno una certa capacità negoziale, i signori della guerra sono più facili da corrompere e svendono più facilmente le risorse delle popolazioni che controllano.
* l’anarchia nel Medio Oriente impedisce alla Russia di fare affari in quella regione (ma si veda anche il tentato accordo con i Russi per la fornitura di armi al governo maliano) mentre l’anarchia nel Nord Africa e nell’Africa occidentale rende queste due aree off-limits per gli investimenti cinesi.
La baggianata di Kony 2012 ha preparato il terreno per la loro espulsione dall’Africa Orientale:
Non bisogna mai dimenticare che è in corso una partita a scacchi decisiva tra NATO e Eurasia: la si gioca nel Medio Oriente, la sia gioca nell’Asia Centrale, nel Pacifico, nei Caraibi (Cuba e Venezuela) e, naturalmente, in un continente ricchissimo di risorse (oro, diamanti, petrolio, metalli e, soprattutto, terre rare) come l’Africa. La nascita del Sud Sudan (ricco di petrolio e anti-cinese) è un magnifico esempio delle dinamiche in corso.
Siamo nuovamente gettati in una Guerra Fredda e questo non sarebbe così male per i paesi più piccoli, che possono cercare di assicurarsi un trattamento migliore mettendo in concorrenza le grandi potenze. È già successo al tempo dell’Unione Sovietica e potrebbe funzionare ancora. Il problema è, però, che questa volta pare destinata a prendere fuoco, per almeno quattro ragioni (quelle che vedo io: ce ne possono essere altre che mi sfuggono):
1. Lo stallo in Siria e sul programma atomico iraniano;
2. L’aggressività di Israele ed il suo rifiuto di tollerare l’esistenza di uno stato palestinese;
3. Internet rende pressoché istantanea la circolazione di informazioni in grado di smascherare le manipolazioni e quindi ostacola le manovre clandestine degli uni e degli altri;
4. il sistema finanziario globale è tenuto in vita con ogni mezzo (a spese dei contribuenti) ma è un malato terminale, a causa della sfrenata avidità di quelle poche migliaia di oligopolisti che determinano il corso della storia umana contemporanea – dovranno far succedere qualcosa per poter passare alla fase successiva (post- dollaro e post-euro).
Un’altra cosa certa, come detto, è che, in questo momento, Hollande si trova nella curiosa situazione di appoggiare i salafiti che combattono in Siria mentre li bombarda nel Mali.
Non è troppo diverso da Sarkozy, anche lui un volonteroso interventista in Africa, a sostegno del locale candidato del FMI (sorpresona!):
http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/costa-davorio-unaltra-guerra.html
Hanno tempo fino a maggio. Poi iniziano i monsoni.