Le prossime mosse suicide di Israele (e il Trentino collabora entusiasticamente)

 

Sottoscrivo interamente l’analisi di un lettore del Guardian straordinariamente lucido e conciso che ha commentato questo ragionevole articolo che difendeva la soluzione della creazione di uno stato palestinese:

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/nov/02/israel-palestine-two-state-solution

“Il vero pericolo è che Israele operi un’ancora più massiccia pulizia etnica dei Palestinesi:

1. gli insediamenti israeliani (ora circa 750mila coloni che si sono spartiti la Cisgiordania e si sono appropriati del 90% dell’acqua) rendono impossibile la soluzione dello stato palestinese – ed era questo il piano fin dall’inizio;

2. Israele non accetterà mai uno stato bi-nazionale perché questo richiederebbe uno status paritario per ebrei e palestinesi e la fine del sionismo;

3. Israele non la farà franca in caso di annessione dell’area C (62% della Cisgiordania), benché sia questo il suo desiderio, se ciò lascerà 2 milioni e mezzo di palestinesi intrappolati e circondati nei bantustan dell’area A (32% della Cisgiordania): l’opposizione dell’opinione pubblica internazionale ad un singolo stato binazionale che occupi l’intera palestina sarà troppo forte;

4. Temo che Israele proverà a risolvere 1, 2 e 3 espellendo la maggior parte dei Palestinesi dalla Cisgiordania nei seguenti modi: a) riducendo ulteriormente le disponibilità idriche; b) demolendo ulteriormente la già moribonda economia palestinese; c) persuadendo i donatori occidentali ad interrompere i loro finanziamenti o ostruendo il flusso; d) dando il via ad un’altra guerra (con l’Iran?) per schermare una pulizia etnica più diretta.

Con una popolazione palestinese significativamente ridotta, Israele potrebbe annettersi l’intera Cisgiordania e, se necessario, concedere ai Palestinesi rimasti un po’ di diritti civili conservando un dominio sionista inattaccabile”.

Penso sia esattamente quel che accadrà.

Già nel 2003 Netanyahu, l’attuale primo ministro israeliano, dichiarava che se gli Arabi fossero arrivati a costituire il 40% della popolazione di Israele sarebbe stata la fine dello stato giudeo: “Ma anche il 20% è un problema e se le relazioni con questo 20% diventano problematiche, lo stato è autorizzato a prendere misure drastiche” (ct. Pappe, 2010). Ruth Gabisonp, docente all’Università Ebraica di Gerusalemme, non ha esitato ad affermare che “Israele ha il diritto di controllare la crescita naturale della popolazione palestinese” (ibidem). La sindrome dell’assedio che ha colonizzato la psiche israeliana si è cristallizzata nell’esigenza di difendere una fortezza bianca circondata da popoli non-bianchi, avamposto europeo-occidentale-giudeocristiano; come durante le Crociate, come in Sudafrica. Così vari sondaggi documentano l’approvazione con la quale una maggioranza di Israeliani vedrebbe la deportazione in massa dei palestinesi (ma un 51% pensa che Arabi israeliani e Ebrei israeliani dovrebbero avere gli stessi diritti – Haaretz, 30 novembre 2010).

Queste non sono indicazioni di forza, ma di debolezza, di insicurezza, di paura, di una irrisolta condizione psicologica per cui la nazione e l’identità sono sempre sull’orlo del collasso, il che accentua nervosismo e ferocia. I ladri tendono a sospettare che tutti gli altri siano ladri. I bugiardi sospettano che gli altri mentano. I guerrafondai sospettano che gli altri preparino una guerra contro di loro. I razzisti e nazionalisti temono sempre di essere minacciati di distruzione dalle altre razze e nazioni. Si chiama proiezione e colpisce gli israeliani, come colpisce gli europei, gli americani e tutti gli esseri umani. Purtroppo la paranoia e l’aggressività non servono ad assicurare un futuro migliore alle nuove generazioni. È semmai vero il contrario.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/10/lantisemitismo-lanti-sionismo-e-la-mentalita-apocalittica/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/08/28/il-decisore-israeliano-che-spiega-le-ragioni-dellattacco-alliran/

Finirà malissimo (per Israele, la Palestina, l’Iran e molti altri milioni di esseri umani):

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/02/israele-la-destabilizzazione-del-medio-oriente-ed-il-neonazismo/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/24/e-se-liran-avesse-gia-latomica-osservazioni-sconvenienti-sullarmageddon-che-verra/

http://fanuessays.blogspot.it/2012/01/auschwitz-in-israele-il-secondo.html

http://fanuessays.blogspot.it/2012/01/golia-usraele-nella-trappola-chi-ce.html

davvero malissimo:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/verso-un-secondo-olocausto.html

IN TRENTINO IL BUSINESS È BUSINESS

“Nuova, significativa tappa nei rapporti tra Trentino e Israele. A pochi giorni di distanza dalla conferenza di Gerusalemme sui temi della ricerca e dell’alta formazione, nell’ambito del vertice bilaterale Italia – Israele, alla quale ha preso parte anche il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, è infatti in programma, lunedì prossimo, 5 novembre, il “Trento – Israele day”, una intera giornata di incontri istituzionali e di business organizzati dalla Provincia autonoma di Trento e dall’Ambasciata d’Israele in Italia in collaborazione con Trentino Sviluppo, Fondazione Bruno Kessler, Trento Rise.

A sottolineare la valenza dell’incontro la presenza, alla guida della delegazione istituzionale israeliana, di Naor Gilon, ambasciatore d’Israele in Italia. Ad aprire la giornata la tavola rotonda su “Le relazioni scientifiche e tecnologiche tra Italia ed Israele ed il ruolo del Trentino”. Interverranno: Naor Gilon, ambasciatore d’Israele in Italia; Lorenzo Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento; Aviv Zeevi Balasiano, Israel Europe R&D Directorate, Director ICT-Security; Francesco Salamini, presidente Fondazione Edmund Mach; Carla Locatelli, Pro Rettore con delega ai rapporti internazionali, Università degli studi di Trento; Andrea Simoni, segretario generale, Fondazione Bruno Kessler; Fausto Giunchiglia, presidente Trento Rise.

Un nuovo incontro, dunque, che fa seguito a quello in terra d’Israele quando, alla conferenza su ricerca e alta formazione – con gli interventi dei ministri Francesco Profumo e Giulio Terzi di Sant’Agata e con un confronto tra il premier Mario Monti e il Governatore della Banca di Israele, Stanley Fisherproprio il ministro Terzi ha voluto ringraziare Dellai per quello che il Trentino sta facendo in questo campo. Un riconoscimento al ruolo svolto nel favorire la crescita della cooperazione fra i due Paesi e che ha portato anche alla sottoscrizione di un accordo il quale consentirà, nei prossimi giorni, di attivare il primo bando congiunto per la ricerca applicata rivolto a imprese trentine e israeliane.

È con questo spirito che il “Trento – Israele day” proporrà, dopo la tavola rotonda, una serie di appuntamenti. La delegazione istituzionale – oltre all’ambasciatore Naor Gilon sarà composta da Jonathan Hadar, Consigliere per gli Affari Commerciali dell’Ambasciata d’Israele in Italia; Aviv Zeevi Balasiano, Israel Europe R&D Directorate, Director ICT-Security, MATIMOP; Giovanna Bossi, Trade Officer, Ambasciata d’Israele in Italia; Vanessa Zerilli, Business Development Officer, Ambasciata d’Israele in Italia – si trasferirà infatti presso la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige. Nel pomeriggio tappa alla Fondazione Bruno Kessler e incontro con le imprese impegnate nei B2B e visita ad alcuni laboratori e alle strutture della Fondazione Bruno Kessler e del Consorzio Trento Rise”.

http://www.uffstampa.provincia.tn.it/CSW/c_stampa.nsf/416AD28B715DF727C12574BE0028F2B0/C29472D49389710BC1257AAA004938CF

Gesù, il Grande Inquisitore e l’economia esoterica

Spread. Default. Fiscal compact. Spending review.

L’importante è che la gente non capisca nulla e continui a restare al suo posto.

Come proclamava il Grande Inquisitore di Dostoevskij (“I Fratelli Karamazov”): “Abbiamo corretto l’opera Tua [di Gesù] e l’abbiamo fondata sul miracolo, sul mistero e sull’autorità. E gli uomini si sono rallegrati di essere nuovamente condotti come un gregge e di vedersi infine tolto dal cuore un dono cosí terribile [la libertà], che aveva loro procurato tanti tormenti”.

Il Grande Inquisitore è il dominatore del nostro tempo, in ogni sfera della vita umana, e ci vuole sempre più simili a lui.

Gustavo Zagrebelsky, “Simboli al potere” (2012, pp. 29-30):

“Nei primi tempi, i tempi della clandestinità, non esisteva un simbolo dei cristiani, per così dire, ufficiale. Il più diffuso era il pesce, ma ci si riconosceva anche in altri segni, come l’ancora, la palma, la corona, l’albero (della vita), il vitigno, la nave, l’aratro, il pane, la fonte d’acqua viva, l’araba fenice. La croce era assente o, forse, dissimulata con ritegno. Come simbolo cosmogonico di religioni pagane e come strumento di tortura e di esecuzione capitale riservato agli schiavi ribelli e fuggitivi, proveniva da mondi non solo distanti, ma ostili alla nuova religione e testimoniava dell’inimicizia romana nei confronti del fondatore e dei suoi seguaci. Solo con l’avvicinamento e poi l’alleanza tra la nuova religione e l’impero nel IV secolo (il sogno di Costantino e la croce sulle armi dei suoi soldati; l’abolizione di quel tipo di patibolo da parte di Teodosio), il simbolo cristiano per eccellenza fa la sua comparsa nell’iconografia e, da simbolo di persecuzioni e umiliazioni subite, diventa simbolo di vittoria sul mondo. La croce, all’inizio, è nuda; il Cristo crocefisso non compare. Quando inizia a essere rappresentato, a partire dal V secolo, è raffigurato come il vivente per eccellenza, nella veste di Christus triumphans, con gli occhi aperti, lo sguardo diritto sul mondo e il volto glorioso nell’adempimento delle profezie. Era il simbolo di vittoria sulla sua morte e sui suoi persecutori e quindi, anche, di potenza mondana. A partire dal XII secolo, in concomitanza con l’assunzione di politiche aggressive di potenza da parte del mondo cristiano nei confronti degli “infedeli”, gli ebrei “deicidi” e i “mori” che dominavano in Terrasanta, l’aspetto del Cristo in croce cambia radicalmente e diventa il Christus patiens, col corpo ripiegato, il corpo contratto dalle sofferenze o irrigidito nella morte, un corpo che è in se stesso un’accusa e che sembra chiedere giustizia, cioè, in breve, vendetta. È questo il volto del Cristo sotto il quale saranno arruolati i crociati…Ancora questo era il Cristo in nome del quale i re cristiano conducevano guerre tra di loro e convertivano o sterminavano le popolazioni indigene al seguito dei colonizzatori europei. Espressione di aggressività popolana era il crocifisso che il prete fanatico portava in processione alla testa delle spedizioni punitive – i pogrom contro gli ebrei – negli shtetls dell’Europa centrale, come sono rappresentati nella Crocifissione bianca di Marc Chagall, dove all’ombra della croce bruciano villaggi. […]. Da simbolo di trionfo a simbolo di vendetta…a simbolo passivo, perché chiunque può fargli dire quello che vuole, come se fosse una marionetta…Dopo essere stato così secolarizzato, laicizzato, sociologicizzato, per poterlo comunque appendere nelle aule delle scuole e dei tribunali, lo si è addirittura zittito: simbolo muto che non simbolizza nulla, e quindi “inoffensivo” perché morto. Così ha stabilito la più alta giurisdizione europea dei diritti, precisando che non può perciò “indottrinare” nessuno. È stupefacente che il mondo cattolico, nelle sue istanze gerarchiche superiori, abbia gioito di questa sentenza, invece di considerarla oltraggiosa nei confronti del proprio segno più caro, nel quale è concentrata l’essenza della propria fede e del proprio messaggio…Il Cristo in croce resta dov’è, testimone esanime d’una controversia che ormai non lo riguarda, o meglio lo riguarda strumentalmente, come blasfema posta in gioco in una contesa apparentemente di simbologia religiosa, in realtà di puro potere”.

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