Kofi Annan getta la spugna, Israele torna a minacciare Iran e Siria

 

Kofi Annan si è tirato in disparte. È stato accusato di aver operato nell’interesse della NATO, di aver guadagnato tempo prezioso per l’addestramento dei ribelli e l’afflusso di mercenari ed armi. Io non sono di questo avviso. I cosiddetti insorti non hanno mai apprezzato la sua mediazione, l’Occidente ha sempre rifiutato la sua ragionevole proposta di coinvolgere l’Iran. Io penso che abbia onorato il suo incarico finché si è reso conto che il gallismo di “Atlantide” (NATO) e di “Eurasia” (Russia e Cina) rendeva impossibile non solo una riconciliazione, ma anche un più “realistico” mitigamento dell’aggressività. Ora la strada è spianata per una guerra NATO ed israeliana contro Siria ed Iran, e quindi contro Russia e Cina.

Scrive Lucio Caracciolo nell’introduzione a “America vs America: perché gli Stati Uniti sono in guerra contro se stessi” (2011): “Pensiamo di salvarci con gli slogan. Con le «terribili semplificazioni» contro cui ci mise in guardia Jacob Burckhardt. Dove descrizione e prescrizione si confondono. Fino ad allestire un teatro della paura autonomo e inverificabile. Non troppo lontano da quella produzione di realtà fittizie in cui Hannah Arendt leggeva uno dei fondamenti del totalitarismo. Solo che a generarlo, stavolta, è la massima democrazia al mondo. A segnalarci che, almeno nel caso americano, declino e crisi della cultura democratica procedono in coppia. L’apogeo di quel Truman Show geopolitico lo toccammo con Bush figlio (ma Obama resta in corsa per superarlo). Per autolegittimare la guerra al terrorismo, strutturalmente infinita, nel 2004 un suo influente consigliere spiegava così a un giornalista del New York Times la logica della Casa Bianca: «La gente come lei vive in quella che noi chiamiamo la comunità basata sulla realtà», dove ci si illude «che le soluzioni emergano dal giudizioso studio di una realtà comprensibile. Oggi il mondo non funziona più cosi. Adesso noi siamo un impero. E mentre agiamo, creiamo la nostra realtà. E mentre voi giudiziosamente studiate quella realtà, noi agiamo di nuovo, producendo nuove realtà, che voi potrete studiare (…). Noi siamo gli attori della storia. E a voi, a tutti voi, resta di studiarla». La Grande Paura dell’11 settembre come occasione per creare il Mondo Nuovo, senza perder tempo a capire questo vecchio inutile pianeta. Un vero e proprio teatro strategico, fondato sulla manipolazione delle angosce collettive e non sul principio di realtà. Da declinare, poi, in una varietà di teatri regionali e locali, sempre organizzati intorno a «terribili semplificazioni» analiticamente inservibili ma utilissime a chi decide – o si illude di farlo – e non desidera che le ragioni delle sue scelte siano oggetto di pubblico scrutinio”.

Carta di Laura Canali tratta da Limes 6/08 “Progetto Obama

In questi mesi mi sono impegnato a tradurre articoli di quotidiani stranieri che in Italia non vengono mai citati o tradotti, nell’intento di tenerci fuori da una guerra con la Russia (e la Cina?) e di far capire alla gente chi sono le persone che forniscono i dati sui caduti in Siria ed organizzano gli insorti e i mercenari jihadisti procurando loro armi automatiche israeliane, corpetti porta-caricatori in dotazione all’esercito turco e generosi finanziamenti americani e delle petro-tirannie del Golfo.

Ma anche per mostrare che quel che succede ora era già stato previsto e pianificato nel 1957 quando ancora non eravamo alleati del terrorismo internazionale, come peraltro ammette il governo tedesco, sulla base delle informazioni raccolte dai servizi segreti tedeschi. Tutte queste informazioni sono di dominio comune per i lettori tedeschi, grazie alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, a Jürgen Todenhöfer (Bild) e ad Alfred Hackensberger (Die Welt). In Italia, a parte il Manifesto, le principali testate giornalistiche non ne fanno menzione: se i media non lo riportano, un evento non si è mai verificato.

È una dura ma necessaria battaglia contro quelli che chiamo “gli opportunisti dell’umanitarismoche ci stanno spingendo verso il baratro, facendo leva sulla nostra emotività e cercando di spegnerci il cervello.

Il fatto è che qui stiamo rischiando davvero grosso. A fine estate ci saranno delle esercitazioni navali coordinate franco-inglesi (“Exercise Cougar 12”: prevede lo sbarco di forze di terra sulle coste di “un paese del Mediterraneo” e l’evacuazione di civili dal Medio Oriente) a poche miglia nautiche dalla flotta russa nel Mediterraneo orientale e dalle coste siriane.

E Israele è tornato a minacciare attacchi preventivi a Siria ed e Iran (“il tempo sta per scadere”).

Infatti si avvicinano le elezioni presidenziali e Obama è un’anatra zoppa mentre Romney è ultra-sionista, anche perché ha lavorato fianco a fianco con Netanyahu, quand’erano più giovani: sono vecchi amici.

“Nell’intervista Netanyahu ha anche definito “irresponsabile” la notizia riportata da alcuni media secondo cui i vertici della Difesa, incluso il comandante dell’Esercito, Benny Gantz, sarebbero contrari a un attacco unilaterale contro l’Iran. Il primo ministro ha anche ricordato che quando nel 1981 l’allora primo ministro Menachem Begin prese la decisione di attaccare il reattore nucleare, anche il capo del Mossad Yitzhak Hofi e il direttore dell’intelligence militare Yehoshua Saguy si opponevano all’attacco”.

David Grossman, sulla Repubblica (3 agosto 2012), ha dichiarato che, se gli Israeliani non riusciranno a fermare Netanyahu, “saranno la nostra linfa e il nostro sangue a pagare l’incendio“. Le cose stanno esattamente così.

 

Questa battaglia contro le mistificazioni occidentali, per quanto possa risultare sgradevole agli occhi di chi, comprensibilmente ed a buon diritto, detesta l’autoritarismo russo e cinese, è indispensabile se non vogliamo renderci complici di una catastrofe regionale prima e globale poi.

Leader della rivolta anti-Assad condivide le mie preoccupazioni sulla Siria

Haytham Manna, scrittore siriano e portavoce della Commissione araba per i diritti umani, è presidente dell’Associazione siriana di coordinamento per il cambiamento democratico all’estero. Pur rappresentando una parte dell’opposizione ad Assad, dimostra di avere una comprensione più obiettiva della tragedia siriana rispetto al senatore con cui ho polemizzato:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/18/il-senatore-della-repubblica-e-la-questione-siriana/

“Il 18 marzo 2011, il più importante movimento civile nella storia moderna della Siria è stato lanciato per le strade di Dara’a. Ispirato dallo spirito rivoluzionario della primavera araba, era inizialmente tranquillo [ammirevole illusione: uno dei pochi punti su cui dissento, si vedano oltre i commenti dei lettori, NdR]. Anti-corruzione e anti-autoritarismo, ha unificato le richieste locali e nazionali per il cambiamento democratico.

Nella seconda settimana di questa mobilitazione, ho lanciato quelli che sono diventato famosi come i “tre no”: no alla violenza, no al settarismo, no all’intervento estero. Una strategia che avrebbe garantito l’integrità territoriale e l’unità del popolo siriano. La nostra sfida era quella di uscire dalla provincia di Dara’a in tutta la Siria ed avevamo bisogno di garantire che la rivolta si guadagnasse il sostegno della maggioranza.

Ma questo allargamento della lotta si è svolto in assenza di unità all’interno delle forze di opposizione. Altre forze in gioco hanno cercato di reclutare le decine di migliaia di giovani che erano scesi nella strade per la prima volta, coinvolgendoli nelle loro cause regionali o internazionali. Entro i primi tre mesi molte di queste forze erano già intervenute nel conflitto, che è stato visto da molti, dentro e fuori la Siria, come un’opportunità per alterare alcuni elementi di fondo della geopolitica del Medio Oriente.

Gli obiettivi di coloro che intervengono dall’esterno erano e sono in contrasto con le canzoni rivoluzionarie all’insegna della dignità e libertà. C’era una mancata corrispondenza tra il bisogno interno di rovesciare la classe dirigente del paese, descritta come alawita, e il desiderio di alcuni dal di fuori del paese di frantumare la mezzaluna sciita – che si estende da Beirut a Teheran passando per Damasco –e di liberare il Mediterraneo della presenza militare della Russia. Qualcuno ha cercato di dare l’impressione che rivolta la Siria fosse un conflitto settario o compiuto sforzi per islamizzarlo o salafizzarlo. Russia e Cina, nel frattempo, ci hanno visto l’opportunità di passare da un mondo dominato dagli USA ad un mondo multipolare. Uno dei paradossi della rivolta siriana per la libertà è che ha creato l’occasione per rilanciare la politica estera dell’Arabia Saudita rafforzandone l’influenza.

Le autorità della Siria, nel frattempo, hanno trattato la rivolta come una questione di sicurezza, rifiutando l’idea che fosse un movimento spontaneo ed abbracciando le tesi cospirative. Tre decisioni del regime hanno determinato la natura, la forma e il contenuto del movimento popolare: la decisione di inviare truppe nella città di Dara’a nel mese di aprile 2011; l’attacco a tre città (Abu Kamal, Deir al-Zour e Hama) il primo giorno del Ramadan e le atrocità commesse nella seconda metà del Ramadan sulla costa a Homs, nelle campagne di Damasco e ad Idlib. Questa violenza eccessiva e sproporzionata ha spinto alcuni ribelli ad accettare l’idea di prendere le armi per legittima difesa [eccessiva e sproporzionata perché si è abbattuta ingiustamente su tutti gli oppositori, non solo sui mercenari affluiti dall’estero, che sapevano bene a cosa andavano incontro e se lo meritano, NdR]. In ambienti religiosi l’idea è stata rafforzata dall’invocazione alla jihad, e pubblicizzata dalle emittenti televisive del Golfo, come Wisal e Safa. La più importante e meglio organizzata rete di finanziamenti non siriani [di sostegno a questa strategia] ha sede nel Golfo salafita, in particolare in Arabia Saudita, Kuwait e Qatar.

L’opposizione democratica ha resistito a questo cambiamento di strategia, in un primo momento, ma la diffusione della violenza in tutto il paese ha impedito manifestazioni pacifiche e ha creato un clima di accettazione di questa strategia. A misura che l’esercito è ricorso alla tortura, un numero sempre maggiore di persone ha abbracciato la causa della violenza [indiscutibile ma, ancora una volta, è che quel che ci si deve attendere da un regime autoritario sotto attacco da parte di altri regimi autoritari: l’esercito italiano non si comporterebbe molto diversamente, perché i soldati non sono addestrati ad operare da forze di polizia]. Altri, invece, hanno preso una posizione netta contro l’idea di prendere le armi, ritenendo che ciò avrebbe rafforzato la dittatura, il cui potere era più minacciato da un movimento pacifico che da uno armato [totalmente d’accordo].

Il primo risultato negativo dell’uso delle armi è stato quello di minare l’ampio sostegno popolare necessario per trasformare la rivolta in una rivoluzione democratica. Ha reso molto più difficoltosa l’integrazione di richieste divergenti, come quelle urbane e quelle rurali, quelle laiche e quelle islamiche, , quella della vecchia opposizione e quella della gioventù rivoluzionaria. Il ricorso alle armi ha dato vita a gruppi frammentati che non hanno un programma politico. Un gruppo di disertori dell’esercito addestrati in Turchia ha annunciato la nascita dell’Esercito siriano libero sotto la supervisione dell’intelligence militare turca [cf. aereo turco recentemente abbattuto dalle forze siriane]. La maggior parte dei militanti dentro la Siria ora va in giro con il logo dell’“Esercito Libero” ma, al di là del nome, non vi è coordinamento ed armonizzazione politica.

Il denaro è stato dato a scapito del sostegno ad interventi di soccorso e per una pacifica attività politica.

L’afflusso di armi verso la Siria, sostenuto da Arabia Saudita e Qatar, il fenomeno del libero esercito siriano e l’ingresso di oltre 200 [numero grandemente sottostimato, NdR] stranieri jihadisti in Siria negli ultimi sei mesi hanno portato ad un calo nella mobilitazione di ampie fasce della popolazione, specialmente tra le minoranze e quelli che vivono nelle grandi città, e nel movimento di attivisti nonviolenti. Il discorso politico è diventato settario, c’è stata una salafitizzazione dei settori religiosamente conservatori.

Il piano di pace di Kofi Annan è stata l’occasione che poteva servire agli insorti armati di fare un’uscita di scena onorevole. Annan ha chiesto un cessate il fuoco e il ritiro dell’esercito e militanti dalle città, così come gli aiuti per più di un milione di persone colpite direttamente da 15 mesi di scontri continui, e il rilascio degli attivisti civili. Tuttavia, l’opposizione armata ha visto nel cessate il fuoco solo un’opportunità di guadagnare tempo per il regime, in modo da non affrontare il problema seriamente, mentre le autorità siriane hanno utilizzato qualsiasi violazione del cessate il fuoco per lanciare altre azioni militari nelle aree dove erano presenti gli insorti, con vari massacri a Soran, Khan Sheikhoun, Hula e Homs [a Hula le cose non sono andate come sostiene Manna ed in ogni caso i mercenari non sono certamente lì per raggiungere la pace, ma per destabilizzare il paese, quindi sono i peggiori nemici del piano Annan, NdR].

Nelle sue prime quattro settimane il piano di Annan aveva bisogno di una spinta per avere qualche possibilità di successo. Aveva bisogno di essere ampliato, con più osservatori e attrezzature, ed aveva bisogno di chiarire i suoi piani per il periodo di transizione. L’iniziativa russa per una conferenza internazionale sulla Siria potrebbe forse aprire la strada ad una soluzione politica [ne consegue che la richiesta del senatore di un’offensiva diplomatica sulla Russia è un terribile errore, per non dire di peggio NdR]. Tuttavia, questo solleva due questioni: è ancora possibile che i gruppi armati raggiungano e rispettino le decisioni politiche? Gli armamenti forniti agli insorti hanno già seriamente indebolito ogni possibilità di una soluzione politica e di una transizione democratica in Siria?

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/jun/22/syria-opposition-led-astray-by-violence#start-of-comments

I COMMENTI DEI LETTORI DEL GUARDIAN CHE HANNO RICEVUTO PIÙ APPROVAZIONI MOSTRANO IL BARATRO DI CONSAPEVOLEZZA CHE SEPARA L’OPINIONE PUBBLICA ITALIANA (E CERTI I SUOI SENATORI) DA QUELLA DI ALTRI PAESI.

NOTA BENE: a dispetto delle apparenze, non ho scelto quelli più conformi alla mia analisi. Sono proprio quelli che hanno ricevuto più “mi piace”. Evidentemente la possibilità di avere accesso ad un’informazione più pluralista e completa, opportunità preclusa agli Italiani, sta facendo un’enorme differenza. Il giornalismo italiano è terribilmente carente e senza buon giornalismo non ci può essere alcuna democrazia sostanziale.

1. “Devo dire che qualsiasi desiderio che posso aver avuto di veder trionfare questa rivoluzione si è da tempo placato, dato che il probabile risultato del suo successo sarebbero, nel migliore dei casi, rappresaglie incredibilmente sanguinose e, nel peggiore, un genocidio”.

2. “L’Arabia Saudita sta cercando di imporre la propria perversa ideologia wahabita su un paese laico come la Siria. Quello che sta accadendo in Siria non è una rivoluzione, è un complotto per cambiare il governo:

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/nov/04/syria-iran-great-game
La cosa “divertente” è che Regno Unito, USA e molti paesi occidentali stanno sostenendo gruppi armati terroristici in territorio siriano legati ad Al-Qaeda. Purtroppo il lettore medio non si rende conto di questo fatto” [figuriamoci in Italia, NdR].

3. “Non ho soluzioni per la Siria. L’unica preoccupazione che ho è di assicurare che nessun militare e denaro britannico o denaro sia sacrificato in questa guerra civile / settaria. Dobbiamo restarcene fuori, per consentire loro di risolvere la faccenda per conto proprio”.

4. “La primavera araba ha da tempo deluso le aspettative iniziali. La Libia post-Gheddafi è ancora un po’ un pasticcio, anche se i media hanno perso interesse, e in Egitto sembra di assistere all’incubazione di una contro-rivoluzione delle classi militari e del governo. La Siria si trova in un pasticcio terribile e nemmeno un cieco si sentirebbe ottimista circa il risultato per un paese che viene devastato dal governo e dalle forze dell’opposizione. Le forze di opposizione sono state “rambizzate” [cf. Rambo, NdR] dall’Occidente e dall’Arabia Saudita e Qatar, paesi questi ultimi che sono piuttosto maturi per una loro sanguinosa rivoluzione.

La Siria non può permettersi i combattimenti e la distruzione che sta subendo”.

5. “I rapporti delle agenzie di stampa cattoliche riferiscono che, finora, più di 50.000 cristiani sono stati cacciati dalle loro case dai “ribelli”, circa 300 sono stati uccisi, da jihadisti che vanno di casa in casa. Deve essere di nuovo quella “piccola minoranza” di estremisti. Forse un giorno potremmo avere un articolo anche su questo”.

6. “Il solo sapere che una teocrazia medioevale come l’Arabia Saudita sta sostenendo i ribelli dovrebbe dirci molto sulla mentalità e valori dei ribelli”.

7. “L’opposizione della Siria non ha nulla a che vedere con le sollevazioni popolari in stile Piazza Tahrir. Ciò che era iniziato come la primavera araba in Egitto e Tunisia è stato subito cooptato dalla NATO come strumento per combattere le loro guerre neo-imperialiste per procura in Africa (AFRICOM) ed in Medio Oriente (CENTCOM). L’opposizione siriana non è stata “traviata”, è stata spietatamente violenta fin dall’inizio. Oltre agli autentici disertori dell’esercito dello Stato siriano, l’esercito ribelle siriano è costituito per una parte sostanziale da mercenari wahabiti / salafiti organizzati in squadroni della morte, addestrati ed equipaggiati dagli Stati Uniti e Regno Unito (e probabilmente dalla Francia), allo stesso modo in cui squadroni della morte venivano assemblati dalla CIA in America Latina (Operazione Condor).

Vengono ospitati dalla Turchia, obbediente partner della NATO e finanziati dalle monarchie del Golfo, in particolare l’Arabia Saudita (cf. Bandar Bush) e Qatar, che cercano una maggiore influenza nella regione, fomentando la violenza settaria fra musulmani e cristiani ortodossi siriani e tra Sciiti e sunniti.

La balcanizzazione della Siria lungo linee religiose è un prodotto di iniziative esterne, in quanto la Siria è uno stato laico e i membri delle diverse fedi religiose hanno più o meno pacificamente convissuto per oltre mille anni.

Questi mercenari stranieri si sono fatti le ossa operando come squadroni della morte nell’Iraq devastato dalla guerra, dove erano conosciuti come “Al-Qaeda in Iraq“. Successivamente sono stati ri-etichettati come “coraggiosi combattenti per la libertà libici”, posando in abbigliamento trendy per i media occidentali.

I massacri che si stanno commettendo in Siria (come quello degli alawiti pro-Assad alawiti ad Houla) sono falsamente attribuiti alle truppe regolari, quando Assad non ha nulla da guadagnare dall’instabilità politica in Siria derivante dal massacro di civili. La tattica di propaganda della NATO nei vari conflitti che compongono questa “lunga guerra” è stata quella di deviare la colpa sulle vittime.

Ciò a cui stiamo assistendo è la fase preparatoria della terza guerra mondiale (se non è già iniziato) e questa volta l’Occidente è inequivocabilmente dalla parte sbagliata”.

Il commento numero 7 rispecchia precisamente il mio punto di vista. Credo di poter dire che sia la più accurata ricostruzione di quel che sta succedendo che abbia mai letto su un quotidiano.

Il senatore della Repubblica e la questione siriana


So di almeno un senatore che vota sulla questione siriana senza essersi adeguatamente informato su cosa succede in Siria (abbiamo polemizzato a riguardo). La cosa non è sconvolgente: la maggior parte dei parlamentari non ha il tempo e le capacità di informarsi in misura sufficiente su tutto. Se fossi un senatore non potrei comportarmi diversamente: dovrei astenermi dal votare troppe cose, se avessi la pretesa di farmi un’idea davvero chiara di ciò per cui voto. Lo stesso fanno i cittadini: un 20% degli elettori italiani è convinto che Monti sia politicamente di sinistra quando lui stesso ha dichiarato di ammirare Marchionne, la Gelmini ed il neoliberismo. E’ il prezzo da pagare per avere il suffragio universale.

Ora, però, il problema del voto disinformato di questo senatore è che c’è di mezzo una possibile terza guerra mondiale, ossia il futuro di centinaia di milioni di persone e della democrazia.

Le sue dichiarazioni di voto mostrano che questo senatore sarebbe a favore dell’intervento armato della NATO in Siria come lo è stato nel caso libico. Solo che questa volta Russia e Cina si sono impuntate.

E’ in buona fede? Si rende conto di cosa implichi per l’incolumità della sua cospicua prole (e di tutti noi) la sua richiesta di “offensiva diplomatica sulla Russia”? E’ davvero ciecamente convinto che la NATO sia dalla parte del giusto e Russia e Cina siano completamente nel torto? Le menzogne sull’Iraq, il Kosovo e la Libia non gli hanno insegnato davvero nulla? Non abbiamo già compiuto abbastanza danni nel mondo? Non siamo già abbastanza detestati?

Il mio impegno non è mirato a scongiurare la guerra, perché sarebbe una pretesa a dir poco risibile, ma piuttosto, quando essa scoppierà, a far crollare il fronte interno il più rapidamente possibile (come con il Vietnam). Questo non lo faccio in nome della pace. Non sono un pacifista. C’è guerra e guerra. Questa guerra, come altre che l’hanno preceduta, è tremendamente sbagliata e il senatore, forse inconsapevolmente, assieme ai suoi colleghi, ci sta cacciando nel gorgo di un conflitto dalle ramificazioni colossali.

Alcuni punti che vanno capiti e che documento nei post linkati di seguito:

* Cina e Russia non hanno nulla da guadagnare da una guerra civile in Siria, l’Occidente e Israele sì;

* La Siria è l’anticamera dell’Iran, la sua destabilizzazione serve a completare l’accerchiamento dell’Iran, come previsto dai piani del pentagono di una decina di anni fa. C’è chi pensa che, cambiato il presidente degli Stati Uniti, cambiano anche gli obiettivi in politica internazionale. Chi pensa questo è molto ingenuo e sopravvaluta di molto la sovranità del presidente, sottovalutando drammaticamente l’autorità del Pentagono, che non è un istituto di carità o un’impresa umanitaria: è una macchina da guerra;

* Cina e Russia hanno sacrificato la Libia per guadagnare tempo, perché non era così strategica e perché era difficilmente difendibile, la Siria non sarà sacrificata;

* Gli Stati Uniti non stanno spostando la maggior parte della flotta nel Pacifico e schierando truppe a Darwin, in Australia, come gesto di benevolenza nei confronti della Cina;

* Arabia Saudita e Qatar, due dittature fondamentaliste e misogine nostre alleate (NB siamo in Afghanistan per combattere i talebani fondamentalisti e misogini), non armano e finanziano i guerriglieri che combattono Assad perché amano la democrazia. Se la amassero non avrebbero schiacciato con la forza le proteste nonviolente e pro-democratiche nel Bahrein;

* L’Occidente sa benissimo che ci sono centinaia di combattenti alqaedisti in Siria che attaccano le truppe regolari siriane, ma la cosa non sembra turbarli. Invece nello Yemen la presenza di alqaedisti serve a giustificare il regime autoritario filo-occidentale ed inviso alla popolazione (anche lì proteste soffocate nel sangue tra l’indifferenza dei media occidentali e brogli che danno risultati del 99% – manco in Bulgaria);

* È evidente che finché arriveranno armi (es. per nave dalla Libia passando per il Libano) e soldi ai guerriglieri fondamentalisti questi non avranno alcun incentivo a rispettare il cessate il fuoco previsto dal piano di pace Kofi Annan: la loro professione è il caos, la guerra; lo fanno da anni, ormai, come i mercenari, e non saprebbero che altro fare nella vita;

* È evidente che finché Sauditi e Iraniani continueranno a cercare di contrapporre sciiti (filo-iraniani) e sunniti (filo-sauditi) non ci sarà pace in Medio Oriente e men che meno in Palestina;

* Ogni massacro di civili viene imputato al regime a prescindere, perché i media occidentali riferiscono le dichiarazioni dei ribelli come se fossero la verità e ignorano sistematicamente qualunque incongruenza. Questa virtuale uniformità di giudizi e valutazioni dovrebbe far sospettare al cittadino un po’ più smaliziato che c’è qualcosa che non va. Gustavo Zagrebelsky (“Simboli al potere”, 2012, pp. 89-90) riesce, in poche righe, a definire con estrema precisione la questione centrale del nostro tempo: “Alla cementificazione del pensiero, all’espulsione delle alternative dal campo delle possibilità, all’omologazione delle aspirazioni, alla diffusione di modelli pervasivi di comportamento, di stili di vita e di status e sex symbol nelle società del nostro tempo, lavorano centri di ricerca, scuole di formazione, università degli affari, accademie, think-tanks, uffici di marketing politico e commerciale, in cui vivono e operano intellettuali e opinionisti che sono in realtà consulenti e propagandisti, consapevoli o inconsapevoli, ai quali la visibilità e il successo sono assicurati in misura proporzionale alla consonanza ideologica. La loro influenza sul pubblico è poi garantita dall’accesso a strumenti di diffusione capillari e altamente omologanti. Non è forse lì che, prima di tutto, si stabiliscono i confini simbolici del legittimo e dell’illegittimo, del pensabile e dell’impensabile, del desiderabile e del detestabile, del ragionevole e dell’irragionevole, del dicibile e dell’indicibile? Del vivibile e dell’invivibile? Da qui provengono le forze simboliche potenti che, fino a ora, cercano di tenere insieme le nostre società….come in una religione, per di più monoteista”.

* Le immagini delle proteste anti-Assad non hanno mai mostrato più di qualche decina di migliaia di persone, su una popolazione complessiva di 23 milioni di Siriani;

* In Egitto e Tunisia sono state le capitali a rappresentare il fulcro delle proteste. In Libia e Siria sono i bastioni del regime. Questa è la differenza sostanziale tra queste realtà. Le rivoluzioni scoppiano sempre nelle capitali, quella Siriana è iniziata a Daraa, a circa 10km dal confine meridionale della Siria, nei pressi di Libano ed Israele. La prova del fatto che non si trattava di normali civili insorti sta nel fatto che alla fine dei primi scontri sono rimasti sul campo più soldati regolari che ribelli;

* A Houla tutte le testimonianze riportate dai media occidentali parlavano di civili uccisi da bombardamenti siriani, mentre gli osservatori ONU hanno verificato che non c’era segno di bombardamenti. Questo video, secondo gli insorti, dimostra quel che è successo, ma non si vedono i fori delle esplosioni né si vedono detriti. Si vede invece un uomo che sta creando le esplosioni a beneficio di chi lo inquadra;

In quest’altro video, il bambino intervistato sta parlando del massacro di bambini come lui al quale in teoria ha assistito. Un tale “trauma” che la bambina accanto a lui si mette a ridere ed il cameraman è costretto a escluderla dall’inquadratura. Anche il bambino non pare per nulla traumatizzato. C’è un film, con Dustin Hoffman e Robert De Niro, che spiega molto bene quel che sta succedendo, s’intitola Wag the Dog. Solo che qui non è in gioco solo un’elezione presidenziale, ma la pace nel mondo;

* Paul Danahar, che copre il Medio Oriente per la BBC, ha constatato di persona che Sauditi e Qatarioti usano il loro controllo dei guerriglieri per infrangere i vari cessate il fuoco negoziati dalle Nazioni Unite. Per questo Kofi Annan ha chiesto di allargare il gruppo di interlocutori che proveranno a risolvere il conflitto;

* Seymour Hersh, reporter investigativo statunitense molto rispettato e vincitore del Pulitzer riferiva sul New Yorker, nel 2007,  che gli Stati Uniti erano coinvolti in operazioni clandestine contro l’Iran ed il suo alleato siriano attraverso il rafforzamento dei gruppi estremisti sunniti che sposano una visione militante dell’Islam e sono ostili all’America, incluso Al Qaeda;

* Intanto il nuovo governo libico ha vietato per legge ogni critica della rivolta del 17 febbraio (legge 37), ha amnistiato tutti i combattenti anti-Gheddafi responsabili di saccheggi, torture, crimini di guerra e crimini contro l’umanità denunciati da Amnesty International, Human Rights Watch e dall’ONU (legge 38). Oltre ad ostacolare ogni inchiesta indipendente su quel che sta succedendo nella Libia del dopo-Gheddafi:


“L’insurrezione, con buona pace del perenne interventista Garton Ash, non è mai stata una rivolta di massa, come confermano i migliori analisti del settore e almeno un sondaggio effettuato dagli accerrimi nemici di Assad, i qatarioti, ed è stata violenta fin dall’inizio, come in Libia, e diversamente da Tunisia, Egitto e Bahrein (cf. rapporto della Lega Araba sulla Siria). Il che dovrebbe far riflettere una persona che ha a cuore la propria coscienza ora, non al momento della morte. Una tale persona, se per di più credente, potrebbe anche informarsi dai missionari cristiani in Siria, riguardo alla storia della destabilizzazione della Siria.

Il senatore in questione è convinto che nessuno vuole l’intervento militare in Siria. Questa convinzione è falsa:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/31/loccidente-e-la-destabilizzazione-della-siria-1957-2011-articolo-del-guardian/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/11/il-bilderberg-2012-decide-le-sorti-della-siria-e-del-mondo-articolo-del-guardian/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/02/israele-la-destabilizzazione-del-medio-oriente-ed-il-neonazismo/

Questo Senatore della Repubblica ha delle precise responsabilità nei confronti di tutti gli Italiani, ad esempio la precisa responsabilità di usare una lingua straniera per informarsi di quel che succede nel mondo, a maggior ragione se rischiamo un conflitto mondiale con Russia e Cina. Non basta leggere degli articoli di quotidiani italiani per capire cosa sta succedendo in Medio Oriente. La vicenda libica ci ha mostrato che osservano selettivamente la realtà, per usare un eufemismo

Questo stesso senatore però non pare essersi informato neppure in quella circostanza, prima di caldeggiare l’intervento.Davvero è tutto così chiaro per il senatore in questione? Anche l’esito dell’intervento in Libia? E perché invece non lo è per i giornalisti di Al Jazeera? E perché i media italiani hanno ignorato il conflitto interno alla redazione di Al Jazeera?

Anche un inviato Mediaset in quell’area conferma che c’è qualcosa che non torna in quel che ci è stato detto.

Nutrono dubbi anche analisti che non sono mai stati complottisti.

Quel che mi irritta in special modo nel comportamento del suddetto senatore è che, nella sua veste di rappresentante delle istituzioni, ha il potere di cambiare le cose, un potere che quelli come me non hanno. Il fatto che lo usi con così tanta LEGGEREZZA, senza discernimento critico, nella convinzione manichea che Assad sia il Male assoluto e i suoi avversari (salafiti, alqaedisti, mujaheddin, ecc. ossia gente che se andasse al potere farebbe pulizia etnica) un male infinitamente minore o persino un bene, non è cosa che rassereni (avrebbe molto da imparare da Kofi Annan, che per il momento ha assunto una posizione molto più equilibrata).

Non sarò io a giudicare l’anima del senatore e neppure il “Padre Eterno”, che ci lascia liberi di sbagliare a nostro piacimento, autolesionisticamente. Sarà la storia a giudicare l’operato suo ed il mio e quello di chiunque altro abbia preso una posizione sulla questione o non l’abbia fatto quando era ancora in tempo per farlo.

Il caos siriano spiegato dai missionari (che non possono essere sospettati di complicità con Iran, Russi e Cinesi)

Damasco (Agenzia Fides) – Instabilità, insicurezza, violenza, massacri: lo scenario oggi in Siria è desolante. Secondo il “Consiglio Nazionale Siriano”, che guida l’opposizione, a Houla, in provincia di Homs, 88 persone, fra i quali civili e bambini, sono state uccise da bombardamenti dell’esercito regolare. Fonti di Fides raccontano un’altra versione: l’esercito regolare avrebbe colpito Houla, dove si sono rifugiati molti militanti salafisti e terroristi che avevano bruciato l’ospedale nazionale nella città, provocando molte vittime, e hanno poi usato i civili come scudi umani.
Il Nunzio Apostolico in Siria, S. Ecc. Mons. Mario Zenari, interpellato dall’Agenzia Fides, lancia un appello: “Questo massacro non è l’unico, speriamo sia l’ultimo. Chiediamo la fine di tali atrocità. Tutti i credenti, cristiani e musulmani, oggi sono chiamati a riscoprire le armi della preghiera e del digiuno, per riaccendere la speranza di un futuro di pace in Siria”.
Secondo fonti di Fides nella comunità cristiana, anche bande armate fuori controllo continuano a imperversare e colpire civili innocenti. Terroristi hanno fatto saltare in aria la casa di un alawita nel quartiere meridionale di Rableh, nei pressi di Qusayr, sempre nell’area di Homs. L’esplosione ha causato la morte di Youssef Airouti, il ferimento di sua moglie e di suo figlio, ma anche di Shibli Hallaq e di sua moglie Niamat Saadiyet, una coppia di cristiani di Qusayr, rifugiati a Rableh. Intanto a Homs la chiesa armena apostolica e la scuola annessa nel quartiere di Hamidia sono state sequestrate e occupate dai militari dell’Esercito di Liberazione Siriano, che usa gli edifici come alloggi e ospedali.
P. Romualdo Fernandez, frate francescano del Santuario di Tabbaleh, dedicato a San Paolo, a Damasco, commenta all’Agenzia Fides: “La gente è confusa e disorientata. Notizie di massacri si susseguono ma i responsabili non sono certi. C’è pessimismo perchè non si sa qual sarà il futuro. Vi sono critiche al regime ma anche ai ribelli dell’opposizione. Come cristiani partecipiamo alle sofferenza del popolo, provato dal conflitto. Operiamo per la pace e la giustizia, senza aderire ad alcuna fazione politica”. (PA) (Agenzia Fides, 26/05/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39181&lan=ita

Damasco (Agenzia Fides) – Dal “Giorno della dignità” al “Venerdì delle Armate dell’Islam”:sta tutto in questi due titoli, scelti per le manifestazioni dell’opposizione siriana, il sintomo di come la militanza islamica, wahabita e salafita, si sta facendo strada nelle file dei ribelli siriani. Come successo nelle esperienze della “Primavera araba” in Yemen, i dissidenti hanno scelto dare un titolo, ogni volta differente, alle manifestazioni di protesta di ogni venerdì. La prima giornata di protesta pubblica, nel marzo 2011, che inaugurò la rivolta, venne chiamata “Giorno della dignità” e indicava il desiderio di rinascita, di dignità, diritti e democrazia che c’è nei rivoluzionari.
A circa un anno dall’inizio delle sollevazioni popolari, come confermano fonti di Fides in Siria, la militanza islamica sta prendendo sempre più corpo: nella scelta del titolo per la manifestazione del 13 aprile scorso, operata tramite un sondaggio sul social network “Facebook”, nelle oltre 30mila risposte degli attivisti, il titolo più gettonato è stato a lungo “Venerdì delle armate dell’islam: salvezza della Siria”. Un chiaro segno di come, dalla base, stia crescendo una ideologia islamica che preoccupa tutte le minoranze religiose, inclusi i cristiani. Solo “sul filo di lana”, grazie all’intervento dei leader del “Consiglio della Rivoluzione Siriana”, la scelta è poi caduta sul nome “Una rivoluzione per tutti i siriani”.
La vicenda e l’inneggiare alle armate dell’islam da parte di tanti attivisti è segno evidente che l’opposizione siriana è divisa e che l’anima islamica whahabita e salafita, incoraggiata da forze esterne, sta prendendo piede”, commenta allarmata un fonte di Fides nella comunità cristiana in Siria. “Il pericolo è che il fondamentalismo islamico, foraggiato da paesi esteri, si impadronisca della rivoluzione siriana: allora sarebbe la fine per le minoranze etniche e religiose, che già stanno soffrendo molto in Siria, nochè per il pluralismo culturale e religioso che caratterizza la nazione siriana”. (PA) (Agenzia Fides 21/4/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=38926&lan=ita

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DI MARINELLA CORREGGIA

sibialiria.org

L’opposizione siriana ripresa dai media sostiene che l’esercito ha usato artiglieria pesante contro il villaggio dopo una aver sparato su una manifestazione pacifica, e che in seguito degli assassini filo-Assad sarebbero andati nelle case a uccidere i bambini. Fra le tante domande, queste cinque si riferiscono a contraddizioni che inficerebbero la narrazione dei media internazionali e dell’opposizione siriana.

1. Cui prodest? A chi giova un simile massacro? Quale risultato ha avuto a livello internazionale? E’ evidentissimo. I media dicono che l’Onu accusa il governo siriano. Ma il generale Robert Mood capo degli osservatori Onu non l’ha fatto. E Navi Pillai, commissario ONU per i diritti umani, condanna il governo ma – come risulta perfino nel comunicato! Lo fa sulla basi di “unconfirmed news” (notizie non confermate) a proposito appunto degli assassini recatisi casa per casa.

2. I terribili video che circolano su youtube (http://www.youtube.com/watch?NR=1&v=7B2_iY9ALpg&feature=endscreen) e http://www.youtube.com/watch?NR=1&v=bLab9mIl750&feature=endscreen&skipcontrinter=1) mostrano i bambini ammassati in diverse ambientazioni, case o moschee. Dove sono stati trovati i bambini? Chi li ha trovati? Perché assassini mandati dal governo avrebbero dovuto lasciarli alla vista di tutti e degli osservatori? Secondo il centro di informazione cattolico Vox Clamantis che si trova a Qara, in Siria, i bambini e gli adulti sono stati uccisi in diversi luoghi e poi portati dai complici nella moschea per mostrarli agli osservatori e incolpare l’esercito.

3. Questo video (http://www.youtube.com/watch?v=-DhJoeorfDY&feature=related) mostra bambini morti, alcuni con i polsi legati, e la didascalia è “hanno legato le mani ai bambini prima di ucciderli”. Ma non è incredibile che un assassino si metta a legare le mani dei bambini prima di ucciderli in massa. Dunque le mani sono state legate dopo. Dunque c’è una componente di messinscena.

4. L’opposizione parla di bombardamenti. Ma nessun morto (bambini e adulti) sembra essere stato ucciso in tal modo: tutti mostrano di essere stati uccisi da breve distanza, uno per uno, non nel crollo di case o colpiti da armi pesanti. Non c’è polvere, non ci sono disintegrazioni di corpi, né macerie.

5. Non ci sono del resto video di bombardamenti governativi su Hulé. Né ci sono video – mi pare – di persone uccise nelle strade. C’è un video (arriva digitando “Hula massacre” su Google) che mostra uomini che corrono via nelle strade dopo rumori di spari, mentre qualcuno rimane a giacere per terra e viene poi portato via. Ma si vendono delle bandiere nazionali (rosse bianche nere), non dell’opposizione. Dove è stato girato e a chi si riferisce? (http://www.youtube.com/watch?v=o84kc_Y1Gfo)

Alcune altre considerazioni si trovano qui: http://www.rt.com/news/damascus-refutes-accusations-houla-massacre-339/

Marinella Correggia

Fonte: www.sibialiria.org

29.05.2012