La Siria e il golpe anti-Obama (il “momento Monica Lewinsky” di Obama)

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Fighting Eagles

perfetta metafora dello scontro mortale (per gli USA) tra neocon (male maggiore) e obamiani (male minore)

RICAPITOLANDO

– gli insorti (e mercenari) stanno perdendo terreno così rapidamente e rovinosamente che entro la fine dell’estate potrebbero subire la sconfitta definitiva;

– Francia, Regno Unito (incluso il solito Tony Blair), Arabia Saudita, Qatar, Erdogan (Turchia) e Israele vogliono intervenire direttamente in Siria, ossia sono pronti ad entrare in guerra con la Russia e l’Iran (tanto per cominciare);

Obama e Putin (e tutti i BRICS), in questo momento, sono alleati per evitare uno scontro dalle conseguenze imprevedibili (come USA e Unione Sovietica al tempo della Crisi di Suez). Ogni volta che Fabius o Hague parlano di prove certe che Assad ha usato le armi chimiche, gli americani (e le Nazioni Unite) li smentiscono ribattendo che sono tutt’altro che certe (la dottrina Brzezinski impone di evitare in ogni modo uno scontro militare diretto, considerandolo controproducente per gli interessi americani);

– Francia e Regno Unito sono isolati nell’Unione Europea: gli altri paesi non vogliono un’escalation;

– la BBC è forsennatamente pro-intervento, il Telegraph si è schierato contro: sono i media più filo-establishment e rispecchiano le fratture interne allo stesso governo inglese e al Parlamento;

– Erdogan deve fronteggiare proteste interne che gli impediscono di agire in Siria (sommovimenti spontanei  successivamente “carburati” dalla fazione anti-guerra in Turchia e nella NATO?);

– nelle prossime settimane l’offensiva anti-Obama, cominciata con l’attentato di Bengasi e il “film” anti-islamico (probabilmente entrambi degli inside job dei neocon che speravano di far vincere Romney), continuerà, fino all’impeachment, o peggio. Non a caso si parla già di Verizon-gate, si paragona Obama a Nixon e gli si dà il nomignolo di “Grande Fratello Barack” (anche se la raccolta dei metadati è prassi purtroppo comune in Occidente, ufficialmente o non ufficialmente, ed è certamente legale negli USA). Finché avete una batteria nel cellulare, siete monitorabili e monitorati. Queste sono cose note da tempo e tutto questo improvviso cancan è sospetto. Il New York Times titola: “L’amministrazione ha perso credibilità”, l’Huffington Post: “George W.Obama”, il Washington Post lo accusa di spiare milioni di email ed evoca anche il PRISM-GATE (altra prassi per nulla sorprendente) – i neocon e i sionisti lo odiano per le purghe post-rielezione (Notte dei lunghi coltelli americana) e perché si ostina a sabotare i loro intenti guerrafondai, che invece godono dell’approvazione del Bilderberg fin dal 2012

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/19/obama-non-vuole-questa-guerra-libero-lo-definisce-burattino-di-mosca/

due blockbuster di Hollywood “avvisano” il presidente dei rischi che corre (i neocon preferirebbero uno dei loro alla presidenza):

Unitevi e impegnatevi a non deporre le armi e a non lasciare le vostre trincee fino all’insediamento in Oriente di uno Stato islamico che apra alla restaurazione del califfato

Ayman al Zawahri, leader di al-Qaeda, ai ribelli siriani

La Francia ha fornito degli elementi di prova che ora obbligano la comunità internazionale ad agire. Ma possiamo agire solo nel quadro della legalità internazionale

François Hollande 5 giugno 2013

Elementi armati finanziati e riforniti da Arabia Saudita e Qatar sono stati presenti fin dall’inizio dell’insurrezione. Il loro scopo fondamentale non aveva nulla a che fare con i diritti umani e la tutela delle minoranze. Intendevano destabilizzare e distruggere il presidente Assad, alleato dell’Iran nella regione, e quindi assicurare il dominio saudita. In che misura Gran Bretagna e Stati Uniti ne sono stati complici? È difficile giudicare. Quel che si può dire con certezza è che negli ultimi dieci anni il Medio Oriente, e in qualche misura il mondo islamico, si è scisso in due fazioni armate. Da una parte ci sono l’Arabia Saudita e gli Stati del Golfo, appoggiati dagli Stati Uniti e (tacitamente) da Israele. Nell’imbarazzo generale, al-Qaeda si è posizionato saldamente al loro fianco. Noi non siamo dalla parte della democrazia. Come Sir Peter Tapsell ha accennato nel suo discorso alla Camere dei Comuni, la Gran Bretagna ha sostenuto al 100 per cento la fazione sunnita – Arabia, Stati del Golfo, e al-Qaeda – nella sua lotta sempre più sanguinaria e terrificante contro l’Islam sciita. Ci possono essere alcune valide ragioni per farlo, ma desidero che il primo ministro torni a confrontarsi con il mondo reale, spiegando pubblicamente quali esse siano.

Editoriale killer del quotidiano pro-establishment Telegraph, intitolato “Cameron ci può spiegare perché siamo alleati di Al-Qaeda?

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/syria/10100943/Can-David-Cameron-explain-why-he-has-put-us-on-al-Qaedas-side.html

Gli eventi in Siria stanno favorendo l’Iran. Il regime di Assad sta vincendo, la guerra ha reso l’Iran più confidente nei suoi progetti atomici, e i successi iraniani imbarazzato gli alleati degli Stati Uniti che sostengono la rivolta siriana.

Analisi di Bloomberg dal titolo: “l’Iran ha la meglio sugli USA nella guerra siriana per procura

http://www.bloomberg.com/news/2013-06-04/iran-outmaneuvers-u-s-in-the-syrian-proxy-war.html

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verde: kurdi (stanno con chi vincerà) – viola: ribelli – giallo: lealisti – grigio: aree contestate – bianco: aree desertiche o semi-desertiche di nessun valore strategico

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All’inizio dell’offensiva su Qusayr, centro-ovest, vicino al confine libanese (qui era ancora verde). Ora le truppe siriane si dirigono alla volta di Rastan e si stanno ammassando intorno ad Aleppo.

Solo un quarto degli americani e dei britannici appoggia i ribelli

http://blogs.wsj.com/washwire/2013/06/05/poll-finds-little-support-for-arming-syrian-rebels/

http://www.guardian.co.uk/world/2013/jun/01/syria-hague-arms-intervention-military

donne siriane si arruolano volontariamente dalla parte di Assad per impedire agli jihadisti di vincere ed imporre la Sharia (gli insorti le chiamano “puttane di Assad”) – Reuters

http://news.yahoo.com/assads-syria-women-small-symbolic-part-fighting-force-140459920.html

jihadisti massacrano e saccheggiano le comunità cristiane:

http://www.fides.org/it/news/52904-ASIA_SIRIA_Villaggi_cristiani_nell_area_di_Homs_invasi_e_devastati_da_bande_armate#.UbBjMNh4NQE

e intascano dazi (pizzo) e riscatti “per la rivoluzione contro Assad”

http://www.fides.org/it/news/41528-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_Hindo_le_tangenti_per_la_rivoluzione_delle_milizie_anti_Assad#.UbBjfNh4NQE

Per due anni certi analisti molto ascoltati dai media occidentali ci hanno assicurato almeno un paio di volte al mese che Assad aveva le settimane contate.

Invece l’offensiva primaverile dell’esercito siriano ha recentemente riconquistato Al-Qusayr, roccaforte dei ribelli e centro di enorme importanza strategico-logistica e ha già avviato l’offensiva finale su Aleppo e Homs, le due grandi città siriane che dall’inizio del conflitto sono diventate un fronte di guerra.

http://www.lastampa.it/2013/06/05/esteri/siria-cade-qusayr-insorti-in-rotta-assad-e-hezbollah-puntano-su-aleppo-Mm2HaYhSONjX6IvsysypyN/pagina.html

Negli ultimi due mesi gli insorti hanno perso ogni singolo scontro significativo

http://www.guardian.co.uk/world/2013/jun/05/syria-president-assad-forces-qusair

Vale la pena notare che ogni città ripresa (liberata?) dall’esercito regolare siriano subisce un trattamento infinitamente migliore di quello riservato dagli americani a Falluja (o al Guatemala, o al Vietnam del Nord, o al Pachistan, ecc.) e dagli israeliani a Gaza o al Libano.

Vale anche la pena notare che ogni volta che l’esercito siriano registra un successo militare, i francesi o gli inglesi ritirano fuori l’accusa di uso di armi chimiche, per giustificare l’intervento della NATO, senza scomodarsi di spiegare perché l’Occidente dovrebbe appoggiare insorti e mercenari incapaci di accordarsi su alcunché (si accusano a vicenda di tradire la rivoluzione) e contrari a qualunque serio negoziato (chiedere come precondizione che Assad se ne vada significa rendere completamente futile ogni trattativa ginevrina):

http://www.iljournal.it/?p=473650

le Nazioni Unite accusano gli insorti di crimini di guerra e crimini contro l’umanità fin dal 2012 (e ancora oggi nessuno sa che fine facciano i soldati siriani prigionieri!!!):

http://www.lettera43.it/cronaca/onu-in-siria-commessi-crimini-contro-l-umanita_4367561309.htm

gli insorti si producono il loro sarin in Iraq:

http://www.aljazeera.com/news/middleeast/2013/06/20136117362322130.html

e cercano di usarlo in Turchia per coinvolgere un paese NATO (e quindi tutta la NATO) nella guerra in Siria:

http://qn.quotidiano.net/esteri/2013/05/30/896917-siria-opposizione-minaccia-non-partecipare-conferenza-pace-turchia-ribelli-gas-nervino.shtml

e in Siria per le stesse ragioni:

http://www.repubblica.it/ultimora/esteri/siria-carla-del-ponte-i-ribelli-hanno-usato-gas-sarin/news-dettaglio/4340112

che sono incapaci o non hanno alcuna intenzione di stabilire l’ordine nelle aree che occupano, abbandonate all’anarchia ed all’arbitrio (rapporto ONU documenta stupri, giustizia sommaria, tortura, saccheggi, contrabbando, rapimenti a scopo di estorsione, ecc.)

http://www.aljazeera.com/news/middleeast/2013/06/20136483110675340.html

Insorti possiedono armi chimiche:

http://brown-moses.blogspot.co.uk/2013/05/jabhat-al-nusra-photographed-with.html

Insorti sparano sui civili pro-Assad

http://news.sky.com/story/1091428/syria-civilians-come-under-fire-from-rebels

Insorti continuano a fare esplodere autobombe tra i civili (generalmente si chiama terrorismo e generalmente è un crimine condannato dall’Occidente e dalle Nazioni Unite)

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/05/15/Siria-esplosione-cuore-Damasco_8707378.html

Insorto si dedica entusiasticamente al cannibalismo

http://www.lettera43.it/cronaca/ribelle-mangia-cuore-l-opposizione-condanna_4367595083.htm

http://www.dazebaonews.it/primo-piano/item/18499-siria-video-choc-miliziano-squarcia-e-addenta-il-corpo-del-miliziano-morto

Insorti introducono tribunali islamici in ogni zona “liberata”

http://uk.news.yahoo.com/islamist-rebels-execute-11-syrian-soldiers-massacres-video-080902244.html

Insorti combattono tra loro e si uccidono

http://www.news.com.au/breaking-news/world/rebel-groups-clash-in-northern-syria/story-e6frfkui-1226646000090

Il fatto indisputabile è che, come in ogni guerra civile, entrambe le parti sono colpevoli di atrocità. La differenza, in Siria, è che se vincessero i ribelli prenderebbero il potere gli jihadisti di al-Nusra, che sono la fazione di gran lunga più potente (numericamente e militarmente) e più determinata e che sono affiliati ad Al-Qaeda.

In effetti si potrebbe dire che in due anni Assad ha causato più danni ad Al-Qaeda della Guerra al Terrore degli ultimi 12 anni.

Perché gli anglo-francesi sono così ansiosi di entrare in guerra al punto da rischiare che il governo di Cameron cada per l’opposizione di alcuni suoi ministri e parlamentari della maggioranza? (quando persino la destra si oppone a una guerra c’è da riflettere)

http://www.independent.co.uk/news/uk/politics/david-cameron-faces-serious-cabinet-split-over-over-arming-syrian-rebels-8646433.html

Perché hanno capito che armare gli insorti non basta. La loro intelligence possiede le stesse informazioni dei servizi segreti tedeschi, che hanno riferito al loro paese che Assad è più forte che mai, la ribellione è sfilacciata ed isolata, sta perdendo terreno in tutti i settori chiavi, l’esercito regolare sta tagliando le sue linee di approvvigionamento

http://www.spiegel.de/politik/ausland/syrien-bnd-rechnet-mit-offensive-der-assad-truppen-im-buergerkrieg-a-901132.html

e questo può succedere solo perché una maggioranza di siriani appoggia il regime (governo?) con ancora maggior convinzione che nel 2012:

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/jan/17/syrians-support-assad-western-propaganda

Ci hanno provato per 2 anni e occorre riconoscere che alcuni giornalisti del Guardian hanno fatto un lavoro superbo nel rivelare la natura delle iniziative di certi gruppi di interesse occidentali sponsor degli insorti siriani:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/11/il-bilderberg-2012-decide-le-sorti-della-siria-e-del-mondo-articolo-del-guardian/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/27/uninchiesta-del-guardian-ci-spiega-chi-ci-vuole-portare-in-guerra-e-perche/

come pure la stampa alternativa:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/12/01/sapete-chi-e-il-nuovo-leader-dei-ribelli-siriani-un-ex-lobbista-della-shell/

Chi è capace di aprire gli occhi ha capito, gli altri continuino pure a recitare la parte degli utili idioti (non saprei che altro termine usare di fronte a gente troppo pigra e intontita per informarsi adeguatamente)

Armare e finanziare gli insorti non basta, dicevamo:

http://www.lettera43.it/cronaca/siria-ft-dal-qatar-aiuti-per-3-miliardi-ai-ribelli_4367595482.htm

Senza una zona d’interdizione al volo (ZIV, no-fly zone) non hanno più alcuna chance. Ma i BRICS e gran parte dell’Unione Europea si opporranno e l’hanno già fatto sapere nei voti alle Nazioni Unite e nelle dichiarazioni pubbliche dei loro leader. Russia e Cina sono tutt’altro che isolate su questa questione:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/28/siamo-tutti-rossobruni-nazioni-unite-unione-europea-brasile-e-india-tutti-alleati-di-assad/

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turarsi il naso e difendere Obama, il male minore

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/11/03/se-romney-vince-siamo-tutti-nel-guano/

https://twitter.com/stefanofait

Gli insorti le stanno prendendo e fanno capolino le consuete “Armi di Distruzione di Massa”

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Qualora il governo di Israele fosse costretto ad intraprendere un’azione militare di legittima auto-difesa contro il programma di armamento nucleare iraniano, il governo degli Stati Uniti affiancherà Israele, fornendo, nel rispetto della legge americana e delle responsabilità costituzionali del Congresso ad autorizzare l’uso della forza militare, supporto diplomatico militare ed economico al governo di Israele nella difesa del suo territorio, del suo popolo e della sua esistenza.
Risoluzione 65 del Senato americano

Il 23 aprile il segretario di stato americano Kerry aveva avvertito la NATO che l’esercito siriano avrebbe potuto cominciare ad usare armi chimiche

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Siria-Kerry-su-armi-chimiche-non-ho-elementi-a-conferma_32121313153.html

ma il 25 aprile Hagel lo contraddice sostenendo che ci sono prove di un loro uso

http://www.agi.it/ultime/notizie/articoli/201304251740-est-rom0068-siria_hagel_usate_piccole_quantita_di_armi_chimiche

Finora Qatar, Regno Unito, Francia, Arabia Saudita e Israele – vassalli degli Stati Uniti – erano stati i paesi più interventisti, con gli Stati Uniti a recitare la parte della potenza misurata e responsabile (pragmatica).

Ora un po’ tutti sostengono di avere prove inequivocabili che Assad ha usato queste famigerate armi di distruzione di massa:
http://amanpour.blogs.cnn.com/2013/04/24/free-syrian-army-general-clear-proof-chemical-weapons-used/

http://www.guardian.co.uk/world/middle-east-live/2013/apr/25/syria-rebels-claim-proof-of-chemical-weapons-live

http://www.guardian.co.uk/world/middle-east-live/2013/apr/26/syria-chemical-weapons-red-line-live#start-of-comments

La spiegazione è semplice: l’esercito regolare del governo siriano ha cominciato a fare progressi sostanziali già da alcuni mesi, senza aver alcun bisogno di usare sarin e l’Occidente teme l’ennesima sconfitta (dopo Afghanistan, Iraq, Somalia e, sembra di capire, Libia – in Mali si combatte ancora).
La redazione della Repubblica, come sempre, funge da grancassa della propaganda NATO e ha ripudiato ogni principio deontologico (trasparenza, analisi critica, ricerca dell’obiettività, approfondimento, rispetto per l’intelligenza dei lettori). Parla già di prove inequivocabili dell’uso del sarin da parte del regime di Assad.
Mi permetto di suggerire un elenco di domande che un giornalista serio avrebbe dovuto porsi e porre alle sue fonti:

1. perché dovremmo fidarci di analisi compiute dalle stesse nazioni che premono per un intervento in Siria?
2. Perché dovremmo credere alla valutazione di un medico inglese che assiste i ribelli quando sostiene che la schiuma alla bocca sia un sintomo dell’avvelenamento da sarin, sebbene sia dimostrabilmente falso, come testimoniano anche le immagini degli attentati alla metropolitana di Tokyo?
3. Perché dovremmo pensare che il gas al cloro debba provenire dagli arsenali di Assad quando Al-Qaeda ne ha fatto largo uso in Iraq e gli alqaedisti stanno combattendo contro Assad?
4. La lezione delle inesistenti armi di distruzione di massa in Iraq è già stata dimenticata?
5. Perché Assad, sapendo che le armi chimiche provocherebbero l’attacco americano, le dovrebbe usare con il contagocce (una sola famiglia colpita, il vicinato incolume) e non in un attacco decisivo?
6. Perché dovrebbe farlo proprio ora che l’esercito regolare fa progressi?
7. Gli insorti siriani non erano riusciti a conquistare un magazzino militare dell’esercito che conteneva armi chimiche, mostrandole in TV?
8. Già una volta una fabbrica farmaceutica sudanese fu bombardata dagli americani (1998), convinti che fosse un impianto per la produzione di armi chimiche. E’ rilevante?
9. Armi chimiche sono state usate CONTRO le truppe siriane e gli Occidentali sostengono che sia stato un episodio di “fuoco amico”. Quanto credibile è questa valutazione?
10. Non sarebbe indispensabile un’inchiesta INDIPENDENTE delle Nazioni Unite prima di parlare di intervento, specialmente alla luce dell’infame comportamento di Tony Blair e George W. Bush, che dovrebbero essere processati per crimini di guerra in Iraq?
11. Perché Israele e gli Stati Uniti possono usare il fosforo bianco sui civili (cf. rapporto di Amnesty International) senza che la stampa occidentale strepiti in una misura anche solo lontanamente paragonabile?
12. Chi è Obama per stabilire dove vada tracciata la linea rossa attraversata la quale sarà giustificabile un intervento armato della NATO e di Israele? Il diritto internazionale è opzionale anche per lui come per il suo predecessore?
13. Andava bene quando erano tedeschi, americani ed inglesi (Thatcher) a fornire armi chimiche a Saddam Hussein, loro alleato, per attaccare l’Iran?
14. Il fatto che i soldati siriani dichiarino di combattere per la Siria (contro Israele, Qatar, Arabia Saudita e i salafiti/alqaedisti) e non necessariamente per Assad, cambia qualcosa?

In conclusione: è una montatura-casus belli che serve ad aggirare il veto di Cina e Russia.

*****

QUANTO AI SUCCESSI DELL’ESERCITO REGOLARE:

Un rapporto di intelligence consegnato al Dipartimento di Stato da fonti siriane che lavorano con l’esercito siriano libero (FSA) descrive la situazione nei territori liberati a tinte fosche: combattenti disorganizzati, avidi trafficanti di armi e signori della guerra intenti a fare affari.

http://articles.washingtonpost.com/2013-01-11/opinions/36312167_1_al-nusra-aleppo-idlib

Il Washington post parla di “progressiva erosione della popolarità i ribelli”: A Homs, i ribelli sono circondati ed immobilizzati in alcuni quartieri sparsi che stanno diventando sempre più difficili da rifornire. L’offensiva lanciata in pompa magna il mese scorso nella provincia di Hama è svanita”. Musab al-Hamawi, un attivista dell’opposizione in provincia di Hama dichiarava: “Assad è fiducioso perché sa che stiamo perdendo terreno in termini di popolarità tra la gente…L’esercito siriano libero ha dimostrato di non essere in grado di proteggere i civili e liberare il paese senza provocare morte e distruzione”.

http://www.washingtonpost.com/world/assad-still-confident-that-he-control-syria/2013/01/12/2e24a62e-5d01-11e2-b8b2-0d18a64c8dfa_story_1.html

Malik al Abdeh, un giornalista siriano con sede a Londra: “I ribelli…non hanno dimostrato la capacità di fare progressi verso Damasco, la chiave per controllare il paese”.

http://articles.washingtonpost.com/2013-01-12/world/36312287_1_syrian-president-bashar-al-assad-syrian-army-rebels

In questi ultimi giorni l’avanzata delle forze regolari ha portato alla ripresa di una città strategica nei pressi della capitale, interrompendo la principale linea di rifornimento degli armamenti per i ribelli.
http://www.foxnews.com/world/2013/04/25/syrian-government-troops-capture-strategic-town-near-damascus-cut-arms-route/

Le brigate di insorti non collaborano, essendo divise da ragioni ideologiche e dalla competizione per l’influenza e gli armamenti forniti dai paesi del Golfo e dall’Occidente. Tutto lascia pensare che siano uniti unicamente dalla volontà di detronizzare Assad ma, una volta sconfittolo, i signori della guerra comincerebbero a combattersi, come avviene in Libia, o in Somalia, dopo gli interventi occidentali

http://www.reuters.com/article/2013/04/24/us-syria-crisis-mortars-idUSBRE93N0RB20130424

http://www.linkiesta.it/libia-attentato-ambasciata-francese-terrorismo

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/04/14/Somalia-due-attentati-almeno-20-morti_8551543.html

Qusayr, una cittadina controllata dai ribelli fin dall’inizio dell’insurrezione, è ora circondata

http://english.al-akhbar.com/content/syria-national-defense-forces-forefront-qusayr-fighting

La verità è che quel 70% della popolazione di credo sunnita che dovrebbe essere ostile ad Assad deve aver deciso che salafiti e alqaedisti sono il male peggiore, si è turato il naso e non appoggia più attivamente la rivolta. Gli alawiti e le varie denominazioni cristiane hanno già scelto da tempo di schierarsi con Assad, un leader laico, temendo le rappresaglie dei fondamentalisti in caso di loro vittoria.

Mubarak aveva un esercito molto più forte di quello di Assad, eppure nulla ha potuto contro una rivolta che pure non aveva conquistato le masse contadine ed era confinata alle grandi metropoli. Se la NATO (e Israele) avessero voluto rimuovere Mubarak avrebbero immediatamente inviato agenti provocatori per creare violenza, come hanno fatto in Libia e Siria.

In pratica – e come dar loro torto? – i siriani hanno concluso che non vogliono fare la fine dell’Afghanistan o della Libia. L’insignificante tasso di diserzioni nell’esercito siriano (che è in gran parte sunnita) ne è un’importante conferma. Solo un pilota ha disertato, anche se la maggioranza dei piloti è sunnita e potrebbe facilmente varcare i confini.

Il ministro degli esteri russo Lavrov ha rilevato che persino i governi occidentali ammettono che Assad gode della simpatia di almeno un terzo dei siriani

http://rt.com/politics/syria-russia-human-rights-lavrov-024/

E così andremo in guerra, con il benestare di Enrico Letta, più filoamericano di Veltroni.

Inaudite affermazioni sui Conquistadores pubblicate dal Trentino – mia replica

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/22/la-verita-sulla-nostra-conquista-di-caprica/

Leggo con sconcerto l’inaudito attacco di Luciano Conotter a Stefano Oss, fisico all’Università di Trento, “colpevole” di aver condannato gli eccidi e l’indottrinamento coatto che hanno accompagnato la Conquista della Americhe.

Senza soffermarsi troppo su quel “miliardo di cattolici latinoamericani” (ci sono circa un miliardo di cattolici in tutto il mondo e la popolazione latino-americana supera di poco il mezzo miliardo), l’intervento di Conotter è talmente disgiunto dalla realtà che inizialmente pensavo fosse da intendersi come una provocazione goliardica.

A beneficio dei lettori del Trentino, del rigore storico e della decenza, è opportuno citare i testimoni del tempo.

A proposito degli indios, nel 1556 il cronista Gonzalo Fernández de Oviedo tuonava: “Dio provvederà presto a distruggerli tutti”. Era certo che “l’influenza di Satana scomparirà quando la maggior parte degli indiani sarà morta…chi può negare che l’uso della polvere da sparo contro i pagani equivale alla combustione dell’incenso in onore di Nostro Signore?”. Secondo lui gli Indiani erano “codardi sozzi e mentitori che si suicidano per noia, solo per danneggiare gli Spagnoli con la loro morte; non hanno alcun desiderio o capacità di lavorare” e l’idea di farne dei Cristiani equivaleva a “martellare il ferro quando è freddo” perché le loro teste erano così dure che quando combattevano contro di loro gli Spagnoli dovevano stare attenti a non colpirli in testa con le spade, per non spezzarle.

Il viceré Francisco de Toledo asseriva che “prima di divenire cristiani, gli indios devono diventare uomini”.

Il giurista Diego de Covarrubias li definiva “stolidi, dementes, obtusi, hebeti” e “di ingegno animale”.

Il domenicano Domingo de Betanzos li chiamava “bestias”, preconizzando che la loro barbarie li avrebbe condannati ad una rapida e certamente meritata estinzione.

Il giurista spagnolo Juan de Matienzo li considerava “più schiavi dei miei negri”.

Il dominicano Tomás Ortiz scriveva al Consiglio delle Indie che gli autoctoni erano scimuniti, instabili, imprevidenti, ingrati e volubili, brutali, si dilettavano nell’esagerare i propri difetti, erano disubbidienti, insubordinati ed irrispettosi. Si rifiutavano o erano incapaci di apprendere il giusto modo di vivere. Le punizioni non servivano da deterrente con loro. Mangiavano insetti e vermi, osavano affermare che il messaggio cristiano era adatto agli Spagnoli, ma non necessariamente a loro; non volevano cambiare le loro usanze. Più vecchi diventavano, peggio si comportavano: da ragazzini sembravano avere una parvenza di civiltà, da vecchi diventavano delle bestie. “Devo dunque affermare – concludeva – che Dio non ha mai creato una razza tanto radicata in vizi e bestialità, senza alcuna presenza di bontà e civiltà”.

Queste sono le persone che Conotter afferma abbiano rispettato i nativi, la loro terra e le loro cose, aiutandoli a progredire e svilupparsi.

Bartolomé de las Casas si rivolta nella tomba.

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/bartolome-de-las-casas-introduzione.html

L’opposizione siriana democratica è contraria ad interventi armati

Sami Ramadani è docente di sociologia alla London Metropolitan University ed è stato un rifugiato politico a causa della sua opposizione al regime di Saddam Hussein. Il suo parere va letto anche tenendo conto delle valutazioni della commissione dell’ONU per i diritti umani, che ha avvisato che un’ulteriore militarizzazione del conflitto sarà catastrofica per la popolazione siriana; dei tentativi di riconciliazione dal basso che sono già in atto; e dell’analisi di uno dei leader dell’opposizione democratica siriana ad Assad.

“Il generale americano Wesley Clerk, l’ex comandante supremo delle forze alleate in Europa, ha rivelato che poche settimane dopo l’11 settembre l’allora segretario alla difesa Donald Rumsfeld gli aveva spiegato come “stiamo andando a prenderci sette paesi in cinque anni, iniziando con l’Iraq, e poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan, per finire con l’Iran”. Dopo aver invaso l’Afghanistan, naturalmente.

Nel 2003 l’occupazione dell’Iraq non è però andata secondo i piani e Israele è stato sconfitto in Libano nel 2006. La caduta degli alleati degli USA e dell’Arabia Saudita Zine al-Abidine Ben Ali in Tunisia e Hosni Mubarak in Egitto ha generato ulteriore trepidazione, che ha condotto al bombardamento Nato della Libia. L’obiettivo di oggi è la Siria, che è il cuore di ciò che il re di Giordania Abdullah ha chiamato la “mezzaluna sciita”: Libano, Siria, Iraq e Iran.

È l’opposizione di questa “mezzaluna” all’egemonia degli Stati Uniti e di Israele, piuttosto che i diritti umani o la religione, ad essere al centro delle preoccupazioni di Washington e dei suoi alleati dittatoriali nella regione. Infatti non molto tempo fa i governanti sauditi finanziavano il cosiddetto regime “sciita alawita” dell’ex presidente siriano Hafez al-Assad ed intrattenevano buoni rapporti con l’Iran sciita sotto la dittatura dello Shah. Ancora oggi, in Iraq,  sostengono l’ex primo ministro sciita pro-USA Ayad Allawi contro Nouri al-Maliki, l’attuale primo ministro sciita. Ed il Congresso degli Stati Uniti ha coltivato l’iraniana Mujahideen e-Khalq, un’organizzazione “sciita” classificata dagli stessi Stati Uniti come un gruppo terroristico.

È ormai evidente che si è avuta una riconsiderazione strategica delle priorità regionali statunitensi-saudite-israeliane in seguito alle forti perdite americane in Iraq ed alla crescente opposizione popolare americana alle guerre degli Stati Uniti. Nel suo saggio apparso sul New Yorker nel 2007, il giornalista Seymour Hersh [premio Pulitzer, NdT] ha riferito che alcuni alti funzionari statunitensi hanno deciso un cambio di strategia non solo in Iraq, ma anche in Libano e Siria: “In Libano, l’amministrazione ha collaborato con il governo dell’Arabia Saudita, che è sunnita [wahabita], in operazioni clandestine che sono destinate a indebolire Hezbollah, l’organizzazione sciita che è sostenuta dall’Iran. Gli Stati Uniti hanno anche preso parte ad operazioni segrete contro Iran ed il suo alleato, la Siria. Un effetto di queste attività è stato il rafforzamento di gruppi estremisti sunniti che sposano una visione militante dell’Islam, sono ostili all’America e simpatizzano per al-Qaeda”. Ma si è ritenuto che la Siria e l’Iran fossero “più pericolosi” dei sostenitori di al-Qaeda. Le procedure del Congresso sono state eluse “affidando finanziamento e fase esecutiva ai sauditi”.

L’Iran ha puntato il dito contro una “base di addestramento per terroristi” organizzata dagli israeliani nel Kurdistan iracheno, che rappresenta la via principale per l’intervento in Siria.

La tolleranza degli Stati Uniti e della Nato nei confronti di al-Qaeda era già evidente in Libia. E con al-Qaeda che ha ufficialmente dichiarato guerra al regime siriano è nata, di fatto, una sorprendente alleanza americano-saudita-israeliana-al-Qaeda, un matrimonio di convenienza contro la mezzaluna sciita antiamericana. Si tratta di un’alleanza non troppo dissimile da quella che dichiarò guerra ai comunisti “infedeli” in Afghanistan nel 1980.

Molti iracheni hanno anche concluso che le forze di occupazione guidate dagli USA hanno seguito la stessa strategia chiudendo un occhio di fronte al terrorismo settario fomentato dagli al-Qaedisti in Iraq, perché indeboliva la resistenza patriottica contro l’occupazione ed incoraggiava le divisioni.

Man mano che la minaccia alla loro egemonia si faceva sempre più vicina, inghiottendo i vicini Yemen e Bahrain, sede della quinta flotta degli Stati Uniti, i governanti sauditi e del Qatar hanno messo da parte la loro rivalità e si sono impegnati a schiacciare violentemente la rivolta popolare del Bahrein e a minare i movimenti di protesta democratici nello Yemen e nell’intera regione. Con il sostegno della CIA e della Turchia, il metodo prediletto è stato quello di coprire di petrodollari certe fazioni selezionate militarizzando i conflitti. Nel frattempo, il Pentagono sta perfezionando le opzioni militari degli Stati Uniti contro la Siria e la CIA sta addestrando ed organizzando l’esercito siriano libero (FSA) ed appoggiando il Consiglio Nazionale Siriano (SNC).

Ma ciò che viene sottaciuto in relazione alla Siria è che le organizzazioni democratiche di opposizione, che hanno subito decenni di repressione da parte del regime e, probabilmente, rappresentano la volontà della maggioranza dei siriani, sono fortemente contrarie alla militarizzazione delle proteste. Esse hanno affermato che la militarizzazione ha indebolito il crescente movimento di massa che cercava un radicale cambiamento democratico, mentre ha lasciato la porta spalancata all’intervento straniero, ha sfibrato il tessuto sociale della società siriana ed ha aiutato le forze israeliane che occupano le alture siriane del Golan, dove i carri armati israeliani sono ad un’ora di distanza da Damasco. Hanno anche tratto insegnamento dalla distruzione dell’Iraq e dalle centinaia di migliaia di rifugiati iracheni che sono fuggiti in Siria dopo l’invasione guidata dagli Usa.

Tuttavia i media qui e nel mondo arabo, e soprattutto l’influente al-Jazeera, di proprietà della famiglia regnante del Qatar, si fanno portavoce delle fazioni pro-intervento del SNC e della FSA, fondata e sostenuta logisticamente dalla Turchia, membro della Nato.

Tutto questo ricorda tristemente il preludio all’invasione dell’Iraq e la circolazione di storie inventate di sana pianta da Blair, Bush e dalle fazioni pro-intervento irachene, mentre l’opposizione a Saddam contraria alla guerra fu emarginata. C’è stata la grande menzogna delle armi di distruzione di massa, ma anche quella dei soldati iracheni che strappavano i bambini dalle incubatrici e quella che Saddam Hussein usava delle macchine per tritare le persone. Il giornale di Murdoch, The Sun, si vantò: “L’opinione pubblica cominciò ad appoggiare Tony Blair quando gli elettori appresero che i dissidenti venivano buttati da Saddam Hussein nei trituratori industriali”.

Quelli che vogliono un intervento “umanitario” NATO in Siria dicono che la Siria non è l’Iraq. Hanno ragione: la Siria sarà molto peggio. Devono dirci che cosa accadrà alle 25 minoranze etniche e religiose della Siria, tra cui il 10% di cristiani 10% ed il 10% di alawiti, se alcuni esponenti del clero fondamentalista che gode dei favori di Qatar ed Arabia Saudita arriveranno al potere. Oppure ai milioni di donne siriane, che hanno molti più diritti delle donne saudite. Oppure ai rifugiati iracheni in Siria.

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/jul/03/military-intervention-syria-disastrous-people

“Mussalaha”, “Riconciliazione” – quei Siriani che rifiutano gli uni e gli altri e vogliono vivere in pace

MUSSALAHA: la riconciliazione popolare dal basso tentata in Siria. Un tentativo da appoggiare

di Marinella Correggia

Come una rosa (di Damasco) sbocciata nel sangue e nelle macerie di un paese che potrebbe sfasciarsi, ci arriva la notizia vera di un tentativo di riconciliazione dal basso, un’ iniziativa popolare e nonviolenta iniziata addirittura a Homs – città simbolo degli scontri – ma che prevede di espandersi in altre città e villaggi. Per dire no a una guerra confessionale in Siria e no a un intervento armato esterno genere Libia (e un destino analogo). Ci stanno lavorando siriane e siriani, laici ma soprattutto appartenenti alle diverse religioni e comunità che fino al 2011 convivevano in pace. Forse sono un buon riferimento per chi dai nostri paesi vuole evitare in Siria un copione simile a quello applicato in Libia o a quello che dal 2003 tormenta l’Iraq.

Si chiama Mussalaha: “riconciliazione” in arabo. Ne riferisce la Radio vaticana sulla base delle notizie dell’agenzia cattolica Fides. Sarebbe un miracolo, in un contesto di scontri sanguinosi fra esercito e gruppi armati, e atroci violenze settarie, che va avanti da mesi grazie alle determinanti ingerenze di paesi occidentali e del Golfo. Mussalaha tiene a essere un tentativo del tutto siriano, senza manipolazioni esterne.  Ma è utile e sarebbe doveroso appoggiarlo.

L’idea di base è: “siamo martoriati da mesi e mesi, non vogliamo la guerra e dobbiamo fare la pace”. Come scrive la Radio vaticana e come confermano fonti all’interno della Siria, Mussahala è “la dimostrazione, e anche la speranza, di una terza via, alternativa al conflitto armato e a un possibile intervento militare dall’estero, invocato dal Consiglio Nazionale Siriano”. L’agenzia cattolica  Fides spiega che Mussahala “nasce spontaneamente dal basso, dalla società civile, da tutti quei cittadini, parlamentari, notabili, sacerdoti, membri di tutte le comunità etniche e religiose, che sono stanchi della guerra”.

Fra i promotori e i maggiori sostenitori dell’iniziativa vi sono i cristiani di Homs, di tutte le confessioni. Si sono esposti personalmente soprattutto due preti greco-cattolici, padre Michel e padre Abdallah, il siro-cattolico padre Iyad, il maronita padre Alaa, il siro-ortodosso padre Khazal.

Nei giorni scorsi a Homs si sono svolti due incontri  con straordinaria partecipazione popolare. Membri di tutte le comunità che compongono la società siriana: alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi sono arrivati a dichiarazioni comuni, con abbracci e impegni solenni, per la riconciliazione fra gruppi, famiglie e comunità alawite e sunnite – protagonisti principali del conflitto in corso – che si sono pubblicamente
impegnate a “costruire una Siria riconciliata e pacifica”, in nome del rispetto reciproco. Mussalaha si appella a tutte le parti in lotta e a tutti i leader in campo per restituire “pace e sicurezza al paese e alla popolazione”.

Il tutto avviene in un clima mediatico intossicato ai massimi livelli e che come già in passato (Libia, Iraq, Jugoslavia) vede i media mainstream  e perfino rapporti dell’Onu (fuori dalla Siria) e di organizzazioni umanitarie riferirsi a “fonti” di parte. Così, i massacri e le violenze vengono invariabilmente attribuiti a una delle due parti, accelerando la costruzione del consenso necessario a un’altra azione militare stile Libia oppure ad accentuare lo scenario di guerra per procura già in atto. Il contrario di quel che occorrerebbe per un vero negoziato di pace.

Mentre l’integralismo religioso e le divisioni settarie giocano un ruolo di propulsore bellico nella tragedia siriana, ecco che altri gruppi religiosi operano per la pace.  Occorrerebbe sostenerli, in particolare in Italia, fronteggiando le dichiarazioni bellicose del ministro degli Esteri. E il coro assordante dei media. E dei “nuovi media”.

Qualcuno oserà boicottare anche Mussahala?

Leader della rivolta anti-Assad condivide le mie preoccupazioni sulla Siria

Haytham Manna, scrittore siriano e portavoce della Commissione araba per i diritti umani, è presidente dell’Associazione siriana di coordinamento per il cambiamento democratico all’estero. Pur rappresentando una parte dell’opposizione ad Assad, dimostra di avere una comprensione più obiettiva della tragedia siriana rispetto al senatore con cui ho polemizzato:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/18/il-senatore-della-repubblica-e-la-questione-siriana/

“Il 18 marzo 2011, il più importante movimento civile nella storia moderna della Siria è stato lanciato per le strade di Dara’a. Ispirato dallo spirito rivoluzionario della primavera araba, era inizialmente tranquillo [ammirevole illusione: uno dei pochi punti su cui dissento, si vedano oltre i commenti dei lettori, NdR]. Anti-corruzione e anti-autoritarismo, ha unificato le richieste locali e nazionali per il cambiamento democratico.

Nella seconda settimana di questa mobilitazione, ho lanciato quelli che sono diventato famosi come i “tre no”: no alla violenza, no al settarismo, no all’intervento estero. Una strategia che avrebbe garantito l’integrità territoriale e l’unità del popolo siriano. La nostra sfida era quella di uscire dalla provincia di Dara’a in tutta la Siria ed avevamo bisogno di garantire che la rivolta si guadagnasse il sostegno della maggioranza.

Ma questo allargamento della lotta si è svolto in assenza di unità all’interno delle forze di opposizione. Altre forze in gioco hanno cercato di reclutare le decine di migliaia di giovani che erano scesi nella strade per la prima volta, coinvolgendoli nelle loro cause regionali o internazionali. Entro i primi tre mesi molte di queste forze erano già intervenute nel conflitto, che è stato visto da molti, dentro e fuori la Siria, come un’opportunità per alterare alcuni elementi di fondo della geopolitica del Medio Oriente.

Gli obiettivi di coloro che intervengono dall’esterno erano e sono in contrasto con le canzoni rivoluzionarie all’insegna della dignità e libertà. C’era una mancata corrispondenza tra il bisogno interno di rovesciare la classe dirigente del paese, descritta come alawita, e il desiderio di alcuni dal di fuori del paese di frantumare la mezzaluna sciita – che si estende da Beirut a Teheran passando per Damasco –e di liberare il Mediterraneo della presenza militare della Russia. Qualcuno ha cercato di dare l’impressione che rivolta la Siria fosse un conflitto settario o compiuto sforzi per islamizzarlo o salafizzarlo. Russia e Cina, nel frattempo, ci hanno visto l’opportunità di passare da un mondo dominato dagli USA ad un mondo multipolare. Uno dei paradossi della rivolta siriana per la libertà è che ha creato l’occasione per rilanciare la politica estera dell’Arabia Saudita rafforzandone l’influenza.

Le autorità della Siria, nel frattempo, hanno trattato la rivolta come una questione di sicurezza, rifiutando l’idea che fosse un movimento spontaneo ed abbracciando le tesi cospirative. Tre decisioni del regime hanno determinato la natura, la forma e il contenuto del movimento popolare: la decisione di inviare truppe nella città di Dara’a nel mese di aprile 2011; l’attacco a tre città (Abu Kamal, Deir al-Zour e Hama) il primo giorno del Ramadan e le atrocità commesse nella seconda metà del Ramadan sulla costa a Homs, nelle campagne di Damasco e ad Idlib. Questa violenza eccessiva e sproporzionata ha spinto alcuni ribelli ad accettare l’idea di prendere le armi per legittima difesa [eccessiva e sproporzionata perché si è abbattuta ingiustamente su tutti gli oppositori, non solo sui mercenari affluiti dall’estero, che sapevano bene a cosa andavano incontro e se lo meritano, NdR]. In ambienti religiosi l’idea è stata rafforzata dall’invocazione alla jihad, e pubblicizzata dalle emittenti televisive del Golfo, come Wisal e Safa. La più importante e meglio organizzata rete di finanziamenti non siriani [di sostegno a questa strategia] ha sede nel Golfo salafita, in particolare in Arabia Saudita, Kuwait e Qatar.

L’opposizione democratica ha resistito a questo cambiamento di strategia, in un primo momento, ma la diffusione della violenza in tutto il paese ha impedito manifestazioni pacifiche e ha creato un clima di accettazione di questa strategia. A misura che l’esercito è ricorso alla tortura, un numero sempre maggiore di persone ha abbracciato la causa della violenza [indiscutibile ma, ancora una volta, è che quel che ci si deve attendere da un regime autoritario sotto attacco da parte di altri regimi autoritari: l’esercito italiano non si comporterebbe molto diversamente, perché i soldati non sono addestrati ad operare da forze di polizia]. Altri, invece, hanno preso una posizione netta contro l’idea di prendere le armi, ritenendo che ciò avrebbe rafforzato la dittatura, il cui potere era più minacciato da un movimento pacifico che da uno armato [totalmente d’accordo].

Il primo risultato negativo dell’uso delle armi è stato quello di minare l’ampio sostegno popolare necessario per trasformare la rivolta in una rivoluzione democratica. Ha reso molto più difficoltosa l’integrazione di richieste divergenti, come quelle urbane e quelle rurali, quelle laiche e quelle islamiche, , quella della vecchia opposizione e quella della gioventù rivoluzionaria. Il ricorso alle armi ha dato vita a gruppi frammentati che non hanno un programma politico. Un gruppo di disertori dell’esercito addestrati in Turchia ha annunciato la nascita dell’Esercito siriano libero sotto la supervisione dell’intelligence militare turca [cf. aereo turco recentemente abbattuto dalle forze siriane]. La maggior parte dei militanti dentro la Siria ora va in giro con il logo dell’“Esercito Libero” ma, al di là del nome, non vi è coordinamento ed armonizzazione politica.

Il denaro è stato dato a scapito del sostegno ad interventi di soccorso e per una pacifica attività politica.

L’afflusso di armi verso la Siria, sostenuto da Arabia Saudita e Qatar, il fenomeno del libero esercito siriano e l’ingresso di oltre 200 [numero grandemente sottostimato, NdR] stranieri jihadisti in Siria negli ultimi sei mesi hanno portato ad un calo nella mobilitazione di ampie fasce della popolazione, specialmente tra le minoranze e quelli che vivono nelle grandi città, e nel movimento di attivisti nonviolenti. Il discorso politico è diventato settario, c’è stata una salafitizzazione dei settori religiosamente conservatori.

Il piano di pace di Kofi Annan è stata l’occasione che poteva servire agli insorti armati di fare un’uscita di scena onorevole. Annan ha chiesto un cessate il fuoco e il ritiro dell’esercito e militanti dalle città, così come gli aiuti per più di un milione di persone colpite direttamente da 15 mesi di scontri continui, e il rilascio degli attivisti civili. Tuttavia, l’opposizione armata ha visto nel cessate il fuoco solo un’opportunità di guadagnare tempo per il regime, in modo da non affrontare il problema seriamente, mentre le autorità siriane hanno utilizzato qualsiasi violazione del cessate il fuoco per lanciare altre azioni militari nelle aree dove erano presenti gli insorti, con vari massacri a Soran, Khan Sheikhoun, Hula e Homs [a Hula le cose non sono andate come sostiene Manna ed in ogni caso i mercenari non sono certamente lì per raggiungere la pace, ma per destabilizzare il paese, quindi sono i peggiori nemici del piano Annan, NdR].

Nelle sue prime quattro settimane il piano di Annan aveva bisogno di una spinta per avere qualche possibilità di successo. Aveva bisogno di essere ampliato, con più osservatori e attrezzature, ed aveva bisogno di chiarire i suoi piani per il periodo di transizione. L’iniziativa russa per una conferenza internazionale sulla Siria potrebbe forse aprire la strada ad una soluzione politica [ne consegue che la richiesta del senatore di un’offensiva diplomatica sulla Russia è un terribile errore, per non dire di peggio NdR]. Tuttavia, questo solleva due questioni: è ancora possibile che i gruppi armati raggiungano e rispettino le decisioni politiche? Gli armamenti forniti agli insorti hanno già seriamente indebolito ogni possibilità di una soluzione politica e di una transizione democratica in Siria?

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/jun/22/syria-opposition-led-astray-by-violence#start-of-comments

I COMMENTI DEI LETTORI DEL GUARDIAN CHE HANNO RICEVUTO PIÙ APPROVAZIONI MOSTRANO IL BARATRO DI CONSAPEVOLEZZA CHE SEPARA L’OPINIONE PUBBLICA ITALIANA (E CERTI I SUOI SENATORI) DA QUELLA DI ALTRI PAESI.

NOTA BENE: a dispetto delle apparenze, non ho scelto quelli più conformi alla mia analisi. Sono proprio quelli che hanno ricevuto più “mi piace”. Evidentemente la possibilità di avere accesso ad un’informazione più pluralista e completa, opportunità preclusa agli Italiani, sta facendo un’enorme differenza. Il giornalismo italiano è terribilmente carente e senza buon giornalismo non ci può essere alcuna democrazia sostanziale.

1. “Devo dire che qualsiasi desiderio che posso aver avuto di veder trionfare questa rivoluzione si è da tempo placato, dato che il probabile risultato del suo successo sarebbero, nel migliore dei casi, rappresaglie incredibilmente sanguinose e, nel peggiore, un genocidio”.

2. “L’Arabia Saudita sta cercando di imporre la propria perversa ideologia wahabita su un paese laico come la Siria. Quello che sta accadendo in Siria non è una rivoluzione, è un complotto per cambiare il governo:

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/nov/04/syria-iran-great-game
La cosa “divertente” è che Regno Unito, USA e molti paesi occidentali stanno sostenendo gruppi armati terroristici in territorio siriano legati ad Al-Qaeda. Purtroppo il lettore medio non si rende conto di questo fatto” [figuriamoci in Italia, NdR].

3. “Non ho soluzioni per la Siria. L’unica preoccupazione che ho è di assicurare che nessun militare e denaro britannico o denaro sia sacrificato in questa guerra civile / settaria. Dobbiamo restarcene fuori, per consentire loro di risolvere la faccenda per conto proprio”.

4. “La primavera araba ha da tempo deluso le aspettative iniziali. La Libia post-Gheddafi è ancora un po’ un pasticcio, anche se i media hanno perso interesse, e in Egitto sembra di assistere all’incubazione di una contro-rivoluzione delle classi militari e del governo. La Siria si trova in un pasticcio terribile e nemmeno un cieco si sentirebbe ottimista circa il risultato per un paese che viene devastato dal governo e dalle forze dell’opposizione. Le forze di opposizione sono state “rambizzate” [cf. Rambo, NdR] dall’Occidente e dall’Arabia Saudita e Qatar, paesi questi ultimi che sono piuttosto maturi per una loro sanguinosa rivoluzione.

La Siria non può permettersi i combattimenti e la distruzione che sta subendo”.

5. “I rapporti delle agenzie di stampa cattoliche riferiscono che, finora, più di 50.000 cristiani sono stati cacciati dalle loro case dai “ribelli”, circa 300 sono stati uccisi, da jihadisti che vanno di casa in casa. Deve essere di nuovo quella “piccola minoranza” di estremisti. Forse un giorno potremmo avere un articolo anche su questo”.

6. “Il solo sapere che una teocrazia medioevale come l’Arabia Saudita sta sostenendo i ribelli dovrebbe dirci molto sulla mentalità e valori dei ribelli”.

7. “L’opposizione della Siria non ha nulla a che vedere con le sollevazioni popolari in stile Piazza Tahrir. Ciò che era iniziato come la primavera araba in Egitto e Tunisia è stato subito cooptato dalla NATO come strumento per combattere le loro guerre neo-imperialiste per procura in Africa (AFRICOM) ed in Medio Oriente (CENTCOM). L’opposizione siriana non è stata “traviata”, è stata spietatamente violenta fin dall’inizio. Oltre agli autentici disertori dell’esercito dello Stato siriano, l’esercito ribelle siriano è costituito per una parte sostanziale da mercenari wahabiti / salafiti organizzati in squadroni della morte, addestrati ed equipaggiati dagli Stati Uniti e Regno Unito (e probabilmente dalla Francia), allo stesso modo in cui squadroni della morte venivano assemblati dalla CIA in America Latina (Operazione Condor).

Vengono ospitati dalla Turchia, obbediente partner della NATO e finanziati dalle monarchie del Golfo, in particolare l’Arabia Saudita (cf. Bandar Bush) e Qatar, che cercano una maggiore influenza nella regione, fomentando la violenza settaria fra musulmani e cristiani ortodossi siriani e tra Sciiti e sunniti.

La balcanizzazione della Siria lungo linee religiose è un prodotto di iniziative esterne, in quanto la Siria è uno stato laico e i membri delle diverse fedi religiose hanno più o meno pacificamente convissuto per oltre mille anni.

Questi mercenari stranieri si sono fatti le ossa operando come squadroni della morte nell’Iraq devastato dalla guerra, dove erano conosciuti come “Al-Qaeda in Iraq“. Successivamente sono stati ri-etichettati come “coraggiosi combattenti per la libertà libici”, posando in abbigliamento trendy per i media occidentali.

I massacri che si stanno commettendo in Siria (come quello degli alawiti pro-Assad alawiti ad Houla) sono falsamente attribuiti alle truppe regolari, quando Assad non ha nulla da guadagnare dall’instabilità politica in Siria derivante dal massacro di civili. La tattica di propaganda della NATO nei vari conflitti che compongono questa “lunga guerra” è stata quella di deviare la colpa sulle vittime.

Ciò a cui stiamo assistendo è la fase preparatoria della terza guerra mondiale (se non è già iniziato) e questa volta l’Occidente è inequivocabilmente dalla parte sbagliata”.

Il commento numero 7 rispecchia precisamente il mio punto di vista. Credo di poter dire che sia la più accurata ricostruzione di quel che sta succedendo che abbia mai letto su un quotidiano.

USA profetizzano, Israele parla di armi di distruzione di massa, Putin invia truppe e navi

Circa 10 giorni dopo l’11 settembre 2001 mi sono recato al Pentagono, ho visto il segretario alla difesa Rumsfield e il vice segretario Wolfowitz, sono sceso per salutare alcune persone dello Stato Maggiore che lavoravano per me e uno dei miei generali mi chiamò dicendomi: «Venga, Le devo parlare un momento», io gli dissi «ma lei avrà da fare…» e lui disse «no, no, abbiamo preso una decisione, attaccheremo l’Iraq» . Tutto questo accadeva attorno al 20 di settembre. E io gli chiesi: «ma perché?» e lui: «non lo so», e aggiunse «penso che non sappiano cos’altro fare». Io gli chiesi «hanno trovato informazioni che collegano Saddam Hussein con Al Quaeda?», disse «No, non c’è niente di nuovo. Hanno soltanto deciso di fare la guerra all’Iraq!», e disse «non so la ragione è che non si sa cosa fare riguardo al terrorismo, però abbiamo un buon esercito e possiamo rovesciare qualsiasi governo». Sono tornato a trovarlo alcune settimane più tardi e all’epoca stavamo bombardando l’Afghanistan. Gli chiesi: «bombarderemo sempre l’Iraq?», lui mi rispose «molto peggio!». Prese un foglio di carta e disse «ho appena ricevuto questo dall’alto», sarebbe a dire dall’ufficio del segretario alla difesa. «Questo è un memo che descrive in che modo prenderemo 7 paesi in 5 anni, cominciando dall’IRAQ, poi la SIRIA, il LIBANO, la LIBIA, la SOMALIA, il SUDAN e per finire l’IRAN». Gli chiesi: «è confidenziale?» e lui «si, signore».

Generale Wesley Clark, ex comandante generale dell’US European Command.

http://www.youtube.com/watch?v=fW8mLDtq9Ls&feature=player_embedded

Al Pentagono, nel novembre del 2001, feci una chiacchierata con uno degli ufficiali superiori. Sì, stavamo ancora progettando la guerra contro l’Iraq, ma c’era anche altro. Quel progetto faceva parte di un piano quinquennale di campagne militari che comprendeva sette nazioni: a partire dall’Iraq, per continuare con la Siria, il Libano, la Libia, l’Iran, la Somalia e il Sudan. Il tono era indignato e quasi incredulo […] Cambiai discorso, non erano cose che volevo sentire.

Wesley K. Clark, Winning Modern Wars, p. 130

http://www.amazon.com/Winning-Modern-Wars-Terrorism-American/dp/1586482181

Mentre la popolazione siriana del centro più martoriato (Homs) cerca la riconciliazione (“Mussalaha”) su iniziativa dei leader religiosi locali

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39288&lan=ita

E il vescovo francese Philip Tournyol Clos, con l’approvazione dell’ex ambasciatore di Francia, Eric Chevallier, dichiara che: “La pace in Siria potrebbe essere salvata se tutti dicessero la verità. Dopo un anno di conflitto, la realtà sul terreno è lontana dal quadro che impone la disinformazione nei mass media occidentali

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39237&lan=ita

[Il Vaticano subirà delle rappresaglie per questa sua interferenza con i piani NATO? I corvi voleranno ancora?]

La portavoce del dipartimento di stato americano ha previsto e nominato i luoghi in cui il regime di Assad perpetrerà i prossimi eccidi (verosimilmente di cristiani ed alawiti), insegnando a Nostradamus il suo mestiere:

http://www.presstv.ir/detail/2012/06/12/245732/us-predicts-another-massacre-in-syria/

Il generale Yair Naveh, numero due dell’esercito israeliano, ha lanciato l’allarme: Assad potrebbe voler usare il suo arsenale chimico contro Israele:

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/articoli/1048942/israele-in-siria-arsenale-chimico.shtml

Putin aveva già inviato in Siria le special’nogo naznačenija (specnaz, truppe speciali)

http://www.examiner.com/article/russian-special-forces-deploy-to-syria-to-conduct-counterterrorism-operations

Ora la Nezavisimaya Gazeta cita fonti militari che annunciano che lo stato maggiore russo ha attivato la 76a divisione paracadutisti e la 15a divisione di fanteria, oltre ad una brigata di forze speciali della flotta del Mar Nero che ha già diverse unità al largo della Siria (nei pressi del famoso porto di Tartus, una base navale russa)

http://www.informationclearinghouse.info/article31559.htm

Questa decisione, resa pubblica, ha chiaramente una funzione di deterrente: “la Siria non è la Libia, non intervenite militarmente in Siria”.

Chi vuole questa guerra se perfino Zbigniew Brzezinski continua a ripetere che è una follia?

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/09/persino-zbigniew-brzezinski-e-allarmato-non-fate-sciocchezze-in-siria-si-rischia-grosso/

Come sono avanti i Bosniaci, rispetto all’Alto Adige

Segregazione scolastica, un tribunale dice basta alla divisione fra croati e musulmani

di Giorgio Fruscione

“Adesso basta. È quello che ha detto il tribunale di Mostar in merito all’odiosa questione “due scuole sotto lo stesso tetto (dvije škole pod jednim krovom). Il tribunale della capitale erzegovese, che ha giurisdizione su tutto il cantone dell’Erzegovina-Narenta, ha infatti stabilito che il fenomeno rappresenta una violazione della legge sul divieto di discriminazione.

La sentenza dei giudici è arrivata lo scorso 27 aprile, stabilendo altresì che il Ministero dell’istruzione, della scienza, della cultura e dello sport del suddetto cantone ha tempo fino al primo di settembre 2012 per rimuovere questo “sistema scolastico”, che di fatto segrega gli alunni delle scuole elementari sulla base dell’appartenenza nazionale in due ali distinte degli edifici scolastici.

Questo singolare sistema scolastico, che ricorda tanto l’apartheid sudafricano, è stato istituito alla fine della guerra e tuttora affligge 34 scuole delle municipalità di 3 dei 10 cantoni in cui è divisa l’amministrazione della federazione “croato-musulmana”. Questi 3 cantoni (Bosnia centrale; Zenica-Doboj; e appunto dell’Erzegovina-Narenta) sono quelli in cui si concentra la maggior parte dei croato-bosniaci e in cui non esiste di fatto una maggioranza nazionale. Con la scusa di difendere la propria cultura dal pericolo di assimilazione nazionale, i rappresentanti politici della comunità croata in primis (i due HDZ ), ma anche di quella bosgnacca, hanno perseverato nel difendere ad oltranza la necessità di avere scuole diverse per “bambini diversi”, fino al caso estremo della scuola di Čapljina, dove nemmeno a ricreazione è consentito il minimo contatto tra bimbi cattolici e musulmani.

Quello che suona ancora più assurdo è pensare che molti bosgnacchi a loro volta credano che questo sistema sia la garanzia del rispetto della cultura nazionale in quanto, per esempio, alcune di queste 34 scuole sono passate al sistema “due in uno” per ovviare alla monopolizzazione scolastica adottata dalla comunità democratica croata alla fine della guerra costituendo, come a Jajce, scuole elementari in cui si studiava esclusivamente la storia, la geografia e la letteratura di un paese che di fatto non è quello di appartenenza (per non dire addirittura paese straniero).

Creare una segregazione nazionale non può essere considerato come uno stadio d’arrivo ma piuttosto come uno dei punti centrali da cui far partire necessarie riforme. Facendo della scuola il luogo in cui un nome e un cognome di diversa “estrazione nazionale” non costituiscano una barriera, ma piuttosto la sede educativa per antonomasia dove apprendere i principi della convivenza e della condivisione. Sembrano parole scontate ma nella Bosnia odierna nulla è dato per scontato.
La sentenza di Mostar impone infatti anche al resto della Bosnia Erzegovina il dovere morale di cambiare in questa direzione, scolarizzando una cultura nazionale che non scada nel nazionalismo e che non sia altro che lo specchio della società bosniaca tutta.

Oltretutto, l’ottica europea nella quale gravita o vorrebbe gravitare Sarajevo impone quei cambiamenti strutturali nell’ingrovigliato apparato statale bosniaco erzegovese – dai cantoni alle entità, fino ad arrivare allo stato centrale – da cui il sistema d’istruzione non si esenta.
Come si potrebbe permettere d’altronde di avere altri muri, altre linee di demarcazione, altre emarginazioni in un’ Europa unita? Anche questa volta la risposta verrà data giuridicamente, come a Mostar, affinchè una singola sentenza sia presa ad esempio e ispiri un processo di evoluzione che liberi la Bosnia dai fantasmi e ne esalti le particolarità culturali.

Dal canto suo, l’Europa, dopo aver dimostrato 20 anni fa di voler essere unita partendo dalla distruzione di un muro che divideva la bella e ricca Berlino, dovrà dimostrare le proprie capacità anche nel rimuovere un recinto che divide il cortile di una scuola nella brutta e povera Čapljina”.

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