Il partito che si disse trasparente, e un bel giorno svanì
18 luglio 2013 a 08:34 (Territoriali#Europei)
Tags: affluenza, autonomisti, Borgonovo Re, candidati, Cattani, centrismo, centristi, centrosinistra, cerchiobottismo, DBR, Dellai, democratici, Donata Borgonovo Re, elezioni, leghismo, Leviatano, Luca Zeni, Marco Revelli, Olivi, Partito Democratico, PATT, PD, Piergiorgio Cattani, primarie, razzismo, Rossi, Sardegna, tecnocrazia, Trentino, Ugo Rossi, Valentina Sanna, veltroniano, vocazione minoritaria, votanti, voti, Wu Ming, Zeni
https://twitter.com/stefanofait
…Dunque la paura del cambiamento, qualunque sorpresa, qualunque incognita possa riservarci il futuro, è per la sinistra un indugio mortale. Ogni pigrizia conservatrice, dentro la sinistra e dentro le sue parole, parla prima di tutto di quella paura. Compresa la paura di sbilanciarsi, di dire cose azzardate, di sembrare stravaganti o ingenui o imprecisi. La paura dell’errore intellettuale. Ma per dire qualcosa di sinistra sarà obbligatorio, di qui in poi, ricominciare a rischiare. Chi si ferma è perduto. E chi tace acconsente.
Michele Serra
Se poi si calcolano i soli voti validi, centrosinistra e centrodestra rappresentano meno di 20 milioni di “aventi diritto”, cioè poco più del 40% degli italiani. Le coalizioni guidate da Pd e Pdl hanno perso in cinque anni qualcosa come 12 milioni di elettori, per effetto dell’emorragia che ha colpito soprattutto i due principali partiti: il Pd, che ne ha smarriti quasi 3 milioni e mezzo, con una flessione del proprio “capitale elettorale” vicina al 30%, e soprattutto il Pdl, la cui euforia si spiega solo con il precedente terrore della scomparsa, e che in queste elezioni ha perso quasi 6 milioni e mezzo di voti.
Marco Revelli sulla vocazione minoritaria dei partiti di maggioranza relativa
„Una lettera drammatica. Il frutto di un lungo travaglio: la conclusione di un percorso politico diventato negli ultimi anni sempre più accidentato”. Così Sardinia Post racconta le dimissioni di Valentina Sanna, presidente dell’assemblea regionale (il ‘parlamentino’ del Pd sardo), che ha annunciato al segretario Silvio Lai la decisione di lasciare il Partito democratico da dirigente e anche da militante.“ “Lascio questo Pd”, scrive Sanna al segretario regionale “perché, pur con il rispetto verso le tante persone che ho cercato di rappresentare con dignità e onestà e verso le quali resta immutata la vicinanza, la stima e la disponibilità a un lavoro comune, non mi riconosco affatto in chi lo governa realmente a livello nazionale e regionale“.
http://www.today.it/rassegna/valentina-sanna-dimissioni-pd.html
La strategia elettorale del PD trentino:
– blocca le candidature di Borgonovo Re e Zeni alle primarie interne del PD perché sono “divisive” (= non coalizionali, ossia non sufficientemente centriste) e perché il loro appeal è urbano mentre bisogna prendere voti anche nelle valli;
– seleziona un candidato coalizionale, Olivi, che rappresenta la continuità e può prendere voti anche nelle valli;
– presentati alle primarie di coalizione del centrosinistra e scopri che Olivi perde nelle valli, e nelle città non riesce a recuperare perché l’affluenza è imbarazzante: 705 voti a Pergine, 3807 a Trento, 1261 a Rovereto, 557 ad Arco, 265 a Riva del Garda: questa è la misura della Waterloo del Pd trentino, incapace di mobilitare perfino il suo zoccolo duro;
– prenditela con il sindaco di Rovereto, che era in ferie programmate da prima che si stabilisse la data delle primarie, anche se a Trento, dove il sindaco ha fatto campagna elettorale per Olivi, l’astensione è stata in proporzione anche maggiore;
– prenditela con quei candidati che volevano discontinuità: «Ora saranno contenti i girotondini delle primarie interne! non capitatemi a tiro perché potrei far male!»;
– lamentati di doverti presentare alle elezioni provinciali con un leader in cui ti riconosci, anche se era “coalizionale”: “Rossi entra nel cortile. In pochissimi tra i democratici gli stringono la mano, «ci mancherebbe altro», sono le parole smozzicate tra delusione e rabbia”;
– ripudia le primarie perché è colpa loro se i cittadini non approvano i candidati prescelti (anzi, è colpa degli elettori se non vogliono scegliere la continuità);
Alcuni esponenti del PD trentino contrari alla continuità credono che il partito possa essere riformato. Io sono molto più pessimista. Quel che avverto è la assoluta convinzione che quella imboccata sia la strada giusta, o comunque l’unica percorribile, e che se non viene premiata dall’elettorato è perché i cittadini non possiedono abbastanza informazioni per capirlo. Se sapessero quello che sanno i dirigenti del PD, apprezzerebbero certe scelte scomode ma realistiche.
Posso dirlo con cognizione di causa, avendo seguito il dibattito interno: il PD trentino è un partito molto più cinico ed elitario di quel che si potrebbe credere e di quel che vorrebbe credere. Per questo non può essere realmente democratico. Ogni sconfitta elettorale lo allontana dall’elettorato, lo spinge a rinchiudersi sempre più nella sua fortezza di “progressismo realista”, dietro il paravento del “non ci sono alternative” e del “destra e sinistra sono concetti superati”. E’ stato infettato dal cinismo e dall’hybris e non è più chiaro se potrà mai ammettere che, in fondo, non rispetta gli elettori che hanno smesso di votarlo e in parte li disprezza, o comunque attende solo che capiscano i loro errori e ritornino sui loro passi.
E’ un circolo vizioso che lo sta spingendo a fondo e che, lungi dal contrastare le tendenze paternalistiche della Provincia Autonoma di Trento, incentiva una modalità di intendere le relazioni tra governanti e cittadini che favorisce i leviatani tecnocratici (e misantropici), che sanno meglio delle persone comuni cosa sia meglio per loro.
best practice da tenere a mente anche a livello partitico
“Il Partito democratico si fonda precisamente su due equivoci culturali, quelli che lo rendono ab origine una forza politica del tutto inservibile per qualsivoglia riforma (e tutt’al più utile per alcune controriforme): la pretesa di essere al tempo stesso liberisti e socialdemocratici, da un lato; e quella di essere laici e filoconfessionali, dall’altro. Questo determina l’impasse, poi l’immobilità, via via fino al rigor mortis.
[…]
Il governo del non-fare, che in questo momento occupa la plancia del Titanic facendo finta di pilotare, ha in organico una ministra la cui designazione può significare una cosa sola: ius soli. Ma lo ius soli non potrà mai essere finché si ha la necessità di abbozzare con gli alleati di governo e di normalizzare certi avversari impresentabili. Di stare cioè tutti insieme appassionatamente sul transatlantico.
Così come non si potrà mai avere una legge decente sulla fecondazione eterologa, né i matrimoni gay ormai approvati in tutto il mondo occidentale, né l’attuazione della legge 194 sull’interruzione di gravidanza (attualmente disattesa grazie alla presenza dell’80 per cento di obiettori di coscienza negli ospedali italiani), né la riduzione dei finanziamenti alle scuole private paritarie confessionali in favore del rifinanziamento della scuola pubblica… se si deve tenere buona la propria componente confessionalista cattolica.
I sedicenti democratici non possono scegliere tra gli operai e Marchionne, tra lo stato laico e la chiesa, tra la libertà e la discriminazione, perché hanno deciso che tutto si può tenere assieme, che il conflitto può essere negato, e di questa negazione hanno fatto la propria ragione sociale. Ma è una ragione sociale fallata, che infatti ha prodotto una débâcle clamorosa. Un partito che era nato con tre obiettivi: sconfiggere Berlusconi, diventare maggioritario, fare le riforme, è riuscito a mancarli tutti. Date le premesse, le cose non sarebbero potute andare diversamente.
http://www.internazionale.it/opinioni/wu-ming/2013/07/15/il-partito-del-non-senso/
Un profetico Piergiorgio Cattani: “cronologia di un disastro” (maggio 2013)
In questo modo, con tutta probabilità, il Partito Democratico non avrà il candidato presidente. Ma questo è un particolare completamente insignificante, perché ormai il giudizio politico è irrevocabile: il PD è sempre gregario, in quanto strutturalmente incapace di assumere autentiche responsabilità di governo e meno che mai di imprimere alcuna svolta. Anzi, non ci pensa nemmeno: per la nomenclatura sono gli organigrammi (dettaglio secondario per i cittadini) ad essere il faro di ogni pensiero, di ogni azione.
Gli elettori hanno dimostrato, vedi i recentissimi risultati elettorali, nel resto dell’Italia come a Pergine, di essere sia apertissimi al nuovo, sia in parte significativa ancora attaccati al partito, cosa che però non è detto si ripeta in ottobre. Il fallimento cronico della sinistra è infatti ora conclamato e non si intravedono possibilità di cambiamento in tempi brevi“.
http://www.questotrentino.it/qt/?aid=13898
Un profetico Piergiorgio Cattani (giugno 2013)
“Gli autonomisti hanno già vinto. Aumenteranno di certo i loro voti, magari avranno il candidato presidente. La loro però è una vittoria politica e culturale di lungo periodo“.
Matteo Renzi su Israele, i Territori Occupati e l’Iran
30 novembre 2012 a 08:39 (Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto)
Tags: Assad, Bersani, Corriere della Sera, Fassina, Gaza, Ichino, Iran, Israele, Matteo Renzi, Medio Oriente, Naor Gilon, ONU, Palestina, Partito Democratico, PD, Pierluigi Battista, questione medio-orientale, Renzi, riconoscimento, Siria, stato palestinese, Striscia di Gaza., Territori Occupati
Nel governo Renzi ho potuto riscontrare un approccio molto positivo, amichevole nei confronti di Israele… Se vogliamo parlare di primo “test” per il governo Renzi, direi che il risultato da parte nostra è assolutamente positivo.
Naor Gilon, ambasciatore israeliano a Roma
http://www.huffingtonpost.it/2014/08/05/gilon-ambasciatore-israeliano-roma_n_5652180.html
«Io non sono così sicuro che bisogna per forza votare sì [sul riconoscimento ONU della Palestina]. Non è solo il governo italiano a mostrarsi titubante, lo sono anche gli inglesi ed altri….Non sono d’accordo con Bersani sul fatto che la centralità di tutto sia il conflitto israelo-palestinese. Il problema è generale di tutta l’area del Medio Oriente. E al centro c’è l’Iran. Dobbiamo noi Europa per primi ascoltare il grido di dolore delle ragazze di Teherhan. Se non risolviamo lì, non risolviamo il conflitto israelo-palestinese. A Gaza cosa c’è scritto, infatti? ‘Grazie Theran’. L’Europa non deve lasciare la questione Iran soltanto agli Usa: è quella la madre di tutta le battaglie nel Medio Oriente….»
Matteo Renzi
“Talvolta Israele eccede nella difesa, e dobbiamo dirlo, ma è tempo che la sinistra pronunci parole inequivocabili sul diritto di Israele di vivere senza minacce”.
Matteo Renzi
Pierluigi Battista scrive sul Corsera: “Ma è abbastanza impressionante notare che mentre Bersani auspica che l’Onu, malgrado le perplessità dell’America di Obama e della Gran Bretagna, riconosca la Palestina anche in assenza di uno Stato palestinese, Renzi invece abbia ricordato la repressione che sta schiacciando i giovani dell’Iran e sta massacrando la rivolta nella Siria di Assad. Ed è impressionante che la radice del conflitto non sia generazionale, come pure è affiorato con la polemica sulla rottamazione scatenata da Renzi, ma culturale. Due sinistre, una che è sempre stata in maggioranza negli ultimi decenni, un’altra che finora è apparsa minoritaria ed esile (Fassina che ha quantificato al «2 per cento» la linea di Ichino, che invece al primo turno ha avuto il 35 per cento dei consensi) e che in Renzi ha trovato lo sdoganatore.
Chi vincerà, incarnerà un modello completamente opposto a quello del competitore. Come dovrebbe accadere tra schieramenti diversi, ma che in Italia accade all’interno dello stesso schieramento. E chi perderà? Dovrà accettare lealmente la sconfitta, ma con un senso di grande distanza dal vincitore. Una storia che non finisce domenica, perché ha cambiato radicalmente il Pd”
Il senatore della Repubblica e la questione siriana
18 giugno 2012 a 09:00 (Guerra al Terrore, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto, Verità scomode)
Tags: Afghanistan, Al-Jazeera, Al-Qaeda, alqaedisti, Amnesty International, anima, anti-Assad, Arabia Saudita, Assad, Australia, Bahrein, BBC, cambio di regime, cessate il fuoco, Chiesa, Cina, coscienza, cristiani siriani, Daraa, Darwin, destabilizzazione, dittatura, Dustin Hoffman, Egitto, flotta del Pacifico, fondamentalisti, Garton Ash, Gheddafi, guerra, guerrafondai, guerre umanitarie, guerriglia, guerriglieri, Houla, Human Rights Watch, insorti, interventisti, intervento, Iran, Israele, Kofi Annan, Lega Araba, Libano, libertà, Libia, missionari, missionari cristiani, NATO, nonviolenza, Occidente, Partito Democratico, PD, piano di pace, pro-Assad, protesta, pulizia etnica, Qatar, regime, Robert De Niro, Russia, salafiti, sciiti, Senato della Repubblica, senatore, sesso e potere, Seymour Hersh, Siria, sunniti, Terza Guerra Mondiale, Tunisia, Vaticano, violenza, Wag the Dog, wahabiti, Yemen, Zagrebelsky
So di almeno un senatore che vota sulla questione siriana senza essersi adeguatamente informato su cosa succede in Siria (abbiamo polemizzato a riguardo). La cosa non è sconvolgente: la maggior parte dei parlamentari non ha il tempo e le capacità di informarsi in misura sufficiente su tutto. Se fossi un senatore non potrei comportarmi diversamente: dovrei astenermi dal votare troppe cose, se avessi la pretesa di farmi un’idea davvero chiara di ciò per cui voto. Lo stesso fanno i cittadini: un 20% degli elettori italiani è convinto che Monti sia politicamente di sinistra quando lui stesso ha dichiarato di ammirare Marchionne, la Gelmini ed il neoliberismo. E’ il prezzo da pagare per avere il suffragio universale.
Ora, però, il problema del voto disinformato di questo senatore è che c’è di mezzo una possibile terza guerra mondiale, ossia il futuro di centinaia di milioni di persone e della democrazia.
Le sue dichiarazioni di voto mostrano che questo senatore sarebbe a favore dell’intervento armato della NATO in Siria come lo è stato nel caso libico. Solo che questa volta Russia e Cina si sono impuntate.
E’ in buona fede? Si rende conto di cosa implichi per l’incolumità della sua cospicua prole (e di tutti noi) la sua richiesta di “offensiva diplomatica sulla Russia”? E’ davvero ciecamente convinto che la NATO sia dalla parte del giusto e Russia e Cina siano completamente nel torto? Le menzogne sull’Iraq, il Kosovo e la Libia non gli hanno insegnato davvero nulla? Non abbiamo già compiuto abbastanza danni nel mondo? Non siamo già abbastanza detestati?
Il mio impegno non è mirato a scongiurare la guerra, perché sarebbe una pretesa a dir poco risibile, ma piuttosto, quando essa scoppierà, a far crollare il fronte interno il più rapidamente possibile (come con il Vietnam). Questo non lo faccio in nome della pace. Non sono un pacifista. C’è guerra e guerra. Questa guerra, come altre che l’hanno preceduta, è tremendamente sbagliata e il senatore, forse inconsapevolmente, assieme ai suoi colleghi, ci sta cacciando nel gorgo di un conflitto dalle ramificazioni colossali.
Alcuni punti che vanno capiti e che documento nei post linkati di seguito:
* Cina e Russia non hanno nulla da guadagnare da una guerra civile in Siria, l’Occidente e Israele sì;
* La Siria è l’anticamera dell’Iran, la sua destabilizzazione serve a completare l’accerchiamento dell’Iran, come previsto dai piani del pentagono di una decina di anni fa. C’è chi pensa che, cambiato il presidente degli Stati Uniti, cambiano anche gli obiettivi in politica internazionale. Chi pensa questo è molto ingenuo e sopravvaluta di molto la sovranità del presidente, sottovalutando drammaticamente l’autorità del Pentagono, che non è un istituto di carità o un’impresa umanitaria: è una macchina da guerra;
* Cina e Russia hanno sacrificato la Libia per guadagnare tempo, perché non era così strategica e perché era difficilmente difendibile, la Siria non sarà sacrificata;
* Gli Stati Uniti non stanno spostando la maggior parte della flotta nel Pacifico e schierando truppe a Darwin, in Australia, come gesto di benevolenza nei confronti della Cina;
* Arabia Saudita e Qatar, due dittature fondamentaliste e misogine nostre alleate (NB siamo in Afghanistan per combattere i talebani fondamentalisti e misogini), non armano e finanziano i guerriglieri che combattono Assad perché amano la democrazia. Se la amassero non avrebbero schiacciato con la forza le proteste nonviolente e pro-democratiche nel Bahrein;
* L’Occidente sa benissimo che ci sono centinaia di combattenti alqaedisti in Siria che attaccano le truppe regolari siriane, ma la cosa non sembra turbarli. Invece nello Yemen la presenza di alqaedisti serve a giustificare il regime autoritario filo-occidentale ed inviso alla popolazione (anche lì proteste soffocate nel sangue tra l’indifferenza dei media occidentali e brogli che danno risultati del 99% – manco in Bulgaria);
* È evidente che finché arriveranno armi (es. per nave dalla Libia passando per il Libano) e soldi ai guerriglieri fondamentalisti questi non avranno alcun incentivo a rispettare il cessate il fuoco previsto dal piano di pace Kofi Annan: la loro professione è il caos, la guerra; lo fanno da anni, ormai, come i mercenari, e non saprebbero che altro fare nella vita;
* È evidente che finché Sauditi e Iraniani continueranno a cercare di contrapporre sciiti (filo-iraniani) e sunniti (filo-sauditi) non ci sarà pace in Medio Oriente e men che meno in Palestina;
* Ogni massacro di civili viene imputato al regime a prescindere, perché i media occidentali riferiscono le dichiarazioni dei ribelli come se fossero la verità e ignorano sistematicamente qualunque incongruenza. Questa virtuale uniformità di giudizi e valutazioni dovrebbe far sospettare al cittadino un po’ più smaliziato che c’è qualcosa che non va. Gustavo Zagrebelsky (“Simboli al potere”, 2012, pp. 89-90) riesce, in poche righe, a definire con estrema precisione la questione centrale del nostro tempo: “Alla cementificazione del pensiero, all’espulsione delle alternative dal campo delle possibilità, all’omologazione delle aspirazioni, alla diffusione di modelli pervasivi di comportamento, di stili di vita e di status e sex symbol nelle società del nostro tempo, lavorano centri di ricerca, scuole di formazione, università degli affari, accademie, think-tanks, uffici di marketing politico e commerciale, in cui vivono e operano intellettuali e opinionisti che sono in realtà consulenti e propagandisti, consapevoli o inconsapevoli, ai quali la visibilità e il successo sono assicurati in misura proporzionale alla consonanza ideologica. La loro influenza sul pubblico è poi garantita dall’accesso a strumenti di diffusione capillari e altamente omologanti. Non è forse lì che, prima di tutto, si stabiliscono i confini simbolici del legittimo e dell’illegittimo, del pensabile e dell’impensabile, del desiderabile e del detestabile, del ragionevole e dell’irragionevole, del dicibile e dell’indicibile? Del vivibile e dell’invivibile? Da qui provengono le forze simboliche potenti che, fino a ora, cercano di tenere insieme le nostre società….come in una religione, per di più monoteista”.
* Le immagini delle proteste anti-Assad non hanno mai mostrato più di qualche decina di migliaia di persone, su una popolazione complessiva di 23 milioni di Siriani;
* In Egitto e Tunisia sono state le capitali a rappresentare il fulcro delle proteste. In Libia e Siria sono i bastioni del regime. Questa è la differenza sostanziale tra queste realtà. Le rivoluzioni scoppiano sempre nelle capitali, quella Siriana è iniziata a Daraa, a circa 10km dal confine meridionale della Siria, nei pressi di Libano ed Israele. La prova del fatto che non si trattava di normali civili insorti sta nel fatto che alla fine dei primi scontri sono rimasti sul campo più soldati regolari che ribelli;
* A Houla tutte le testimonianze riportate dai media occidentali parlavano di civili uccisi da bombardamenti siriani, mentre gli osservatori ONU hanno verificato che non c’era segno di bombardamenti. Questo video, secondo gli insorti, dimostra quel che è successo, ma non si vedono i fori delle esplosioni né si vedono detriti. Si vede invece un uomo che sta creando le esplosioni a beneficio di chi lo inquadra;
In quest’altro video, il bambino intervistato sta parlando del massacro di bambini come lui al quale in teoria ha assistito. Un tale “trauma” che la bambina accanto a lui si mette a ridere ed il cameraman è costretto a escluderla dall’inquadratura. Anche il bambino non pare per nulla traumatizzato. C’è un film, con Dustin Hoffman e Robert De Niro, che spiega molto bene quel che sta succedendo, s’intitola Wag the Dog. Solo che qui non è in gioco solo un’elezione presidenziale, ma la pace nel mondo;
* Paul Danahar, che copre il Medio Oriente per la BBC, ha constatato di persona che Sauditi e Qatarioti usano il loro controllo dei guerriglieri per infrangere i vari cessate il fuoco negoziati dalle Nazioni Unite. Per questo Kofi Annan ha chiesto di allargare il gruppo di interlocutori che proveranno a risolvere il conflitto;
* Seymour Hersh, reporter investigativo statunitense molto rispettato e vincitore del Pulitzer riferiva sul New Yorker, nel 2007, che gli Stati Uniti erano coinvolti in operazioni clandestine contro l’Iran ed il suo alleato siriano attraverso il rafforzamento dei gruppi estremisti sunniti che sposano una visione militante dell’Islam e sono ostili all’America, incluso Al Qaeda;
* Intanto il nuovo governo libico ha vietato per legge ogni critica della rivolta del 17 febbraio (legge 37), ha amnistiato tutti i combattenti anti-Gheddafi responsabili di saccheggi, torture, crimini di guerra e crimini contro l’umanità denunciati da Amnesty International, Human Rights Watch e dall’ONU (legge 38). Oltre ad ostacolare ogni inchiesta indipendente su quel che sta succedendo nella Libia del dopo-Gheddafi:
“L’insurrezione, con buona pace del perenne interventista Garton Ash, non è mai stata una rivolta di massa, come confermano i migliori analisti del settore e almeno un sondaggio effettuato dagli accerrimi nemici di Assad, i qatarioti, ed è stata violenta fin dall’inizio, come in Libia, e diversamente da Tunisia, Egitto e Bahrein (cf. rapporto della Lega Araba sulla Siria). Il che dovrebbe far riflettere una persona che ha a cuore la propria coscienza ora, non al momento della morte. Una tale persona, se per di più credente, potrebbe anche informarsi dai missionari cristiani in Siria, riguardo alla storia della destabilizzazione della Siria.
Il senatore in questione è convinto che nessuno vuole l’intervento militare in Siria. Questa convinzione è falsa:
Questo Senatore della Repubblica ha delle precise responsabilità nei confronti di tutti gli Italiani, ad esempio la precisa responsabilità di usare una lingua straniera per informarsi di quel che succede nel mondo, a maggior ragione se rischiamo un conflitto mondiale con Russia e Cina. Non basta leggere degli articoli di quotidiani italiani per capire cosa sta succedendo in Medio Oriente. La vicenda libica ci ha mostrato che osservano selettivamente la realtà, per usare un eufemismo
Questo stesso senatore però non pare essersi informato neppure in quella circostanza, prima di caldeggiare l’intervento.Davvero è tutto così chiaro per il senatore in questione? Anche l’esito dell’intervento in Libia? E perché invece non lo è per i giornalisti di Al Jazeera? E perché i media italiani hanno ignorato il conflitto interno alla redazione di Al Jazeera?
Anche un inviato Mediaset in quell’area conferma che c’è qualcosa che non torna in quel che ci è stato detto.
Nutrono dubbi anche analisti che non sono mai stati complottisti.
Quel che mi irritta in special modo nel comportamento del suddetto senatore è che, nella sua veste di rappresentante delle istituzioni, ha il potere di cambiare le cose, un potere che quelli come me non hanno. Il fatto che lo usi con così tanta LEGGEREZZA, senza discernimento critico, nella convinzione manichea che Assad sia il Male assoluto e i suoi avversari (salafiti, alqaedisti, mujaheddin, ecc. ossia gente che se andasse al potere farebbe pulizia etnica) un male infinitamente minore o persino un bene, non è cosa che rassereni (avrebbe molto da imparare da Kofi Annan, che per il momento ha assunto una posizione molto più equilibrata).
Non sarò io a giudicare l’anima del senatore e neppure il “Padre Eterno”, che ci lascia liberi di sbagliare a nostro piacimento, autolesionisticamente. Sarà la storia a giudicare l’operato suo ed il mio e quello di chiunque altro abbia preso una posizione sulla questione o non l’abbia fatto quando era ancora in tempo per farlo.
I pro-Tav sono fanatici, i no-Tav sono realisti
29 febbraio 2012 a 10:02 (Resistenza e Rivoluzione, Verità scomode)
Tags: 'ndrangheta, Adriano Sofri, Alta Velocità, Angelo Tartaglia, Austria, cantiere, chimica, commercio, Convenzione di Aarhus, Corrado Passera, costi-benefici, crociati, democrazia, Dio lo vuole, Direction des Ponts et Chaussées, diritti civili, disastro ambientale, efficienza, falde acquifere, fanatici, ferrovie, fisica, flussi, Francia, grandi opere, infrastrutture, inquinamento, Italia, Lione, Luca Mercalli, Lucia Bonavigo, Massimo Zucchetti, Mirco Federici, modelli, Monte Bianco, no-Tav, nonviolenza, Paolo Beria, Partito Democratico, Passera, Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, pro-Tav, radon, Raffaele Grimaldi, realisti, resistenza, sommosse, Stefano Esposito, Svizzera, Torino, Torino-Lione, traffico ferroviario, trasporto, trasporto ferroviario, Università di Siena, uranio, Val di Susa, Ventimiglia, violenza
a cura di Stefano Fait
Che cosa è giusto fare quando si sa e si crede fermamente di avere ragione e si sente che il proprio avversario, dalla parte del torto – in buona fede o cattiva fede – è disposto a tutto pur di non smettere la strada intrapresa? […]. Se si stesse “serenamente” ai fatti, bisognerebbe riconoscere…che i fautori della Tav appartengono a quel partito trasversale e ingordo che si chiama Partito Preso. Il loro avverbio è: Ormai. Ormai, non si può che continuare. Lo ripetono, come per convincersene meglio. Lo direbbero, con la stessa inesorabilità, a proposito del nucleare, se non ci fosse stato l’incidente di Fukushima, e aspettano solo di ricominciare.
Adriano Sofri, “La Val di Susa e l’assimmetria delle ragioni”, Repubblica, 29 febbraio 2012
Avanti con i lavori!
Corrado Passera, Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti
Deus lo volt
(“Dio lo vuole”)
Grido di battaglia dei crociati
Luca Mercalli, “Alcune domande sul TAV/TAC Torino-Lione”:
http://areeweb.polito.it/eventi/TAVSalute/presentazioni/TAV%20e%20Salute%20Mercalli.pdf
Confronto tra modelli predittivi che dovevano comprovare la necessità della TAV Torino Lione e i flussi di traffico reali:
http://www.lsmetropolis.org/2011/07/bignamino-no-tav-per-non-valsusini/
Studio di Paolo Beria e Raffaele Grimaldi, del Politecnico di Milano: «Difficile da giustificare, dato il calo continuo dei traffici negli ultimi 10 anni».
“TAV in Valle di Susa. Problemi di radioprotezione e impatto ambientale per la presenza di uranio e radon”
Massimo Zucchetti [Professore di I fascia di Impianti Nucleari, Dottore in Ingegneria Nucleare, Docente del Politecnico di Torino], Lucia Bonavigo [Laureata in Ingegneria Energetica presso la I Facoltà del Politecnico di Torino]
http://staff.polito.it/massimo.zucchetti/Seconda_Relazione.pdf
“Una analisi costi-benefici sulla linea ferroviaria Torino-Lione riesce a dimostrare la redditività dell’opera. Un risultato sorprendente considerati i costi altimissimi e lo scarso traffico. Lo si ottiene però sorvolando su alcune prescrizioni previste dalle migliori prassi internazionali e senza considerare per esempio l’impatto ambientale del cantiere. Mentre le previsioni di domanda sono eccessivamente ottimistiche. Ciononostante la redditività è marginale e basterebbe abbassare una delle tante sovrastime per rendere non fattibile il progetto.
La controversa linea ferroviaria Torino-Lione è stata recentemente oggetto di una analisi economica (costi-benefici sociali) commissionata dai promotori dell’infrastruttura: tra il quasi unanime stupore – considerati gli altissimi costi dell’opera e lo scarso traffico – mostra risultati positivi. Qualunque studioso del settore ne dedurrebbe che, se risulta fattibile un’opera con questi numeri, probabilmente non esiste alcun investimento infrastrutturale non fattibile. In ogni caso, la priorità di questa specifica opera risulterebbe bassissima se fosse confrontata con altre. Ma l’analisi in questione, come d’altronde accade sempre nel nostro paese, non è stata fatta in termini comparativi con altri progetti e nemmeno con possibili alternative tecniche dello stesso progetto”.
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002454.html
Angelo Tartaglia, docente di scienze fisiche, fisica teorica, modelli e metodi matematici al Politecnico di Torino
“Sintesi dei risultati dello studio sulla convenienza economica dell’ipotizzata nuova linea ferroviaria Torino-Lione”
Lo studio ha preso in considerazione i dati ufficiali relativi ai costi di realizzazione del nuovo collegamento ferroviario a standard di Alta Velocità tra Torino e Lione. Includendo i costi di manutenzione/gestione della nuova linea e gli oneri finanziari, da un lato, e valutando in termini economici i benefici ambientali, dall’altro, è emerso che per raggiungere una soglia minima di economicità il nuovo collegamento dovrebbe ospitare flussi di traffico decine di volte superiori a quelli correnti ed anche alla punta massima lungo la direttrice, verificatasi nel 1997. […]. Anche il solo pareggio di gestione, non considerando il recupero dell’investimento, richiederebbe flussi di passeggeri e merci da 5 a 10 volte superiori a quelli correnti.
[…].
Nell’ipotesi di realizzazione parziale, la linea risulterebbe necessariamente in perdita in ogni caso.
[…]
il flusso di merci attraverso la frontiera francese, mettendo insieme tutte le modalità (strada e ferrovia) e tutti i valichi (dal Monte Bianco a Ventimiglia), è in calo da una decina d’anni;
il traffico su rotaia cala in modo molto più marcato che sulla strada;
nello stesso tempo si riscontra una crescita dei flussi lungo la direttrice Nord-Sud (frontiere svizzera e austriaca), con un consistente aumento del traffico per ferrovia. Analizzando il contesto si vede che le ragioni di questi andamenti sono strutturali, in quanto sono legate alla dislocazione delle aree di produzione, come anche di smercio, delle merci di massa verso Est e in particolare verso il lontano oriente asiatico. Partendo dalle tendenze in atto e dalle prospettive di evoluzione del mercato delle merci atte al trasporto ferroviario è possibile valutare i flussi attendibili per il futuro lungo l’asse della Valle di Susae, per la verità, attraverso l’intero arco alpino occidentale. Le valutazioni si basano sull’osservazione che le economie dai due lati della frontiera italo-francese sono mature, con mercati di beni di consumo di massa sostanzialmente saturi. Viceversa i mercati in espansione si trovano in aree il cui tenore di vita è più basso di quello della media dell’Europa occidentale e l’economia è (e potrà essere) in crescita. Ne emerge che incrementi significativi dei traffici sono prevedibili lungo l’asse Nord-Sud e quindi in corrispondenza dei porti, non lungo l’asse Est-Ovest attraverso le Alpi.
Quello che emerge, in sostanza, è che è del tutto immotivata e irragionevole l’ipotesi di un aumento dei traffici tra Italia e Francia nella misura che sarebbe necessaria per giustificare la nuova linea Torino-Lione.
Il flusso di merci attraverso la frontiera italo-francese potrebbe verosimilmente, in condizioni economiche globali migliori di quelle di oggi, risalire ai livelli del 1997 o poco più in alto senza però cambiare di ordine di grandezza. Questa conclusione collima con le valutazioni espresse in un documento della Direction des Ponts et Chaussées predisposto per il Parlamento francese nel 2003. Da quanto sopra consegue che è del tutto infondata la previsione di una saturazione della linea esistente nei prossimi decenni.
Schematizzando, le conclusioni sono che:
1. l’economicità di una nuova linea ferroviaria tra Torino e Lione richiede flussi, in particolare di merci, che sono più di un ordine di grandezza superiori a quelli verificatisi nell’ultimo decennio (fino a 40 volte e più);
2. Il volume di traffico, tanto di passeggeri che di merci, lungo il corridoio della Valle di Susa è da tempo tendenzialmente in calo e non ha motivo di crescere in maniera rilevante nei prossimi decenni;
3. Non vi è alcuna ragionevole prospettiva di saturazione della linea esistente entro tale arco di tempo;
4. Una nuova linea non potrebbe far altro che essere fonte continua di passività;
5. L’opera sarebbe, di conseguenza, del tutto ingiustificata anche in una situazione economica molto migliore di quella presente;
6. I benefici non direttamente economici ipotizzabili non sono tali da modificare la valutazione negativa;
7. In caso di realizzazione parziale della nuova linea con utilizzo della linea storica tra Susa e a piana delle Chiuse l’esercizio risulterebbe comunque in passivo anche se la linea funzionasse in condizioni di saturazione.
Torino, 21/06/2011
http://www.scribd.com/sarti42/d/59819873-Relazione-Prof-AngeloTartaglia
Replica del Prof. Tartaglia alle teorie a favore del TAV Torino-Lione esposte dall’Onorevole Esposito nel suo sito web
Angelo Tartaglia è docente di scienze fisiche, fisica teorica, modelli e metodi matematici al Politecnico di Torino; da molti anni consulente per il TAV della Comunità montana della Valle di Susa, di cui è stato rappresentante nelle diverse commissioni tecniche e, per il periodo 2007-2009, anche nell’Osservatorio sulla Torino-Lione.
Stefano Esposito del Partito Democratico, è ex consigliere provinciale e dal 2008 Deputato del Piemonte; si è sempre distinto per iniziative, spesso dalla carica provocatoria, a favore della realizzazione del TAV Torino-Lione: autore di proposte quali l’espulsione dal proprio partito degli amministratori valsusini contrari all’opera e per l’impiego dell’esercito nell’imporre i cantieri sul territorio.
http://www.notavtorino.org/documenti/tartaglia-smonta-esposito-25-11-10.pdf
Mirco Federici, “Analisi termodinamica integrata dei sistemi di trasporto in diversi livelli territoriali”, Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Siena
La TAV ha impatti ambientali paragonabili al trasporto individuale in auto e addirittura superiori al trasporto merci su gomma. Non migliora l’impatto dovuto alle emissioni, ed anzi peggiora la qualità ambientale con l’invasività delle sue infrastrutture… la TAV non ha ragione di esistere né dal punto di vista dell’offerta di trasporto (troppo bassa) né dal punto di vista dell’efficienza… Inutile e oltretutto dannoso investire risorse e soldi su una tipologia di trasporto che non offre miglioramenti ambientali nel caso del trasporto passeggeri e che addirittura peggiora la situazione per il trasporto merci. Sottolineiamo che se il trasporto merci sulle TAV venisse abbandonato, allora il trasporto passeggeri diverrebbe assolutamente insostenibile, perché l’allocazione dei materiali e dell’energia delle infrastrutture verrebbe imputata interamente su un volume di traffico, che per quanto ottimistico, porterebbe ad una sotto utilizzazione della linea. Se questi risultati venissero integrati dagli altri impatti ambientali relativi alla cantierizzazione della TAV (come le falde acquifere deviate, infiltrazioni e contaminazione di terreni e falde sotterranee, impatto paesaggistico, inquinamento acustico etc.), il giudizio finale delle TAV diverrebbe ancora più negativo:
http://www.notav-valsangone.eu/index.php?option=com_docman&task=doc_details&gid=28&Itemid=93
Appello a Monti sottoscritto da 360 professori universitari, ricercatori e professionisti convinti che il problema della nuova linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità Torino-Lione rappresenti “una questione di metodo e di merito sulla quale non è più possibile soprassedere, nell’interesse del Paese”.
“Il progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione…non si giustifica dal punto di vista della domanda di trasporto merci e passeggeri, non presenta prospettive di convenienza economica né per il territorio attraversato né per i territori limitrofi né per il Paese, non garantisce in alcun modo il ritorno alle casse pubbliche degli ingenti capitali investiti (anche per la mancanza di un qualsivoglia piano finanziario), è passibile di causare ingenti danni ambientali diretti e indiretti, e infine è tale da generare un notevole impatto sociale sulle aree attraversate, sia per la prevista durata dei lavori, sia per il pesante stravolgimento della vita delle comunità locali e dei territori coinvolti. […]. L’applicazione di misure di sorveglianza di tipo militare dei cantieri della nuova linea ferroviaria Torino-Lione ci sembra un’anomalia che Le chiediamo vivamente di rimuovere al più presto, anche per dimostrare all’Unione Europea la capacità dell’Italia di instaurare un vero dialogo con i cittadini, basato su valutazioni trasparenti e documentabili, così come previsto dalla Convenzione di Aarhus. Per queste ragioni, Le chiediamo rispettosamente di rimettere in discussione in modo trasparente ed oggettivo la necessità dell’opera”:
http://www.notav-valsangone.eu/documenti/letteraMonti9_2_12.pdf
TAV Torino-Lione e ‘ndrangheta piemontese: