La trappola partitocratica referendaria spiegata da Persio Flacco

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“Negli USA il presidente è eletto da 375 (se non erro) grandi elettori espressi in misura diversa dagli stati dell’Unione. I candidati presentano ciascuno la propria lista di grandi elettori e chi prende più voti afferma la propria. Il sistema è alquanto macchinoso e in teoria non è nemmeno da escludere che uno o più dei grandi elettori aggiudicati ad un candidato poi non possa votare per l’altro. Cosa che temo avverrà nella prossima elezione.
Il sistema statunitense però ha una particolarità che non piacerebbe di sicuro a Renzi: i partiti sono poco più che comitati elettorali. Non esiste disciplina di partito, non esiste nemmeno un vero capo del partito. Esistono figure influenti come gli speaker, i portavoce, che però non esercitano alcuna disciplina sui congressisti.
In più i deputati vengono eletti a metà del mandato presidenziale e i senatori alla scadenza del loro mandato. Per cui il potere esecutivo (il presidente) non ha modo di assicurarsi una maggioranza in Congresso. Infatti, attualmente il presidente è democratico (Obama) e il Congresso a maggioranza repubblicana e, guarda un po, nessuno si straccia le vesti strillando all’ingovernabilità. Quando ne ha bisogno il presidente democratico deve scendere a compromessi col Congresso repubblicano. Tutto qui.
La riforma di Renzi ha un obiettivo di tutt’altro genere. Nonostante, a norma di Costituzione, una volta ottenuta la fiducia il governo possa esercitare il suo mandato (potere esecutivo) anche nel caso in cui la maggioranza parlamentare (potere legislativo) successivamente si sfaldasse, l’architettura istituzionale piduista, napolitanista, renziana, boschiana, tende a porre esecutivo e legislativo sotto lo stesso potere partitocratico. Si vuole che il capo del partito che controlla l’esecutivo controlli anche il legislativo, sennò non avrebbe TUTTO il potere.
Una riforma da repubblica delle banane, insomma, ottenuta a spese della democrazia.

Le ragioni dello scontro fazioso prevalgono sulla sostanza delle cose. Si dedichi a valutare quest’ultima e si accorgerà che questa pseudo riforma non fa che rafforzare il potere dei partiti sulle istituzioni.
Un potere che è già evidente, col Parlamento esautorato delle sue funzioni legislativa e di controllo sul Governo. Con i parlamentari irregimentati dai capi partito e il capo dell’esecutivo, che è espressione di un partito, che ha avocato a sé l’iniziativa della produzione legislativa.
La trasformazione del Senato non fa che accentrare il potere partitico di selezionare i candidati a livello nazionale, restringendo la scelta dei cittadini elettori. Questa riforma è uno scandalo.

1. Questa riforma costituzionale calerebbe in un contesto che da un punto di vista della conformità al dettato costituzionale è già fortemente viziato.

L’architettura istituzionale delle moderne democrazie liberali si basa sulla divisone dei poteri sovrani: Legislativo, Esecutivo, Giudiziario. Poteri indipendenti l’uno dall’altro, che collaborano e interagiscono secondo modalità codificate, che si bilanciano tra loro in modo che nessuno prevalga sull’altro.

La situazione attuale in Italia è assai diversa da quella prevista dalla Costituzione: negli ultimi 20-30 anni il Governo ha assunto quasi interamente la funzione legislativa. Dalle statistiche ufficiali risulta che dei provvedimenti discussi in Parlamento la stragrande maggioranza sono elaborati e proposti dal Governo, non dal Parlamento.
Grazie alla possibilità di porre la questione di fiducia, possibilità inserita nei regolamenti di Camera e Senato ma non prevista in Costituzione, anzi: esclusa all’art. 94 cost., può esercitare una indebita pressione sui parlamentari con la minaccia di dimettersi e di provocare nuove elezioni. In tal caso, naturalmente, i parlamentari che avessero votato contro la fiducia posta dal Governo dovrebbero mettere in conto di essere esclusi dalle liste elettorali.

2. I parlamentari, che secondo Costituzione dovrebbero essere liberi dal vincolo di mandato, sono in questo modo irregimentati dalla disciplina di partito. A loro volta i partiti, che dovrebbero essere associazioni democratiche che promuovono la partecipazione dei cittadini alla vita politica, sono in certi casi veri e propri centri di potere che decidono delle nomine a tutti i livelli della PA e oltre.
In sintesi, e di fatto, il potere del popolo sovrano rappresentato dal Parlamento, grazie alla cosiddetta “Costituzione materiale” sopra descritta sommariamente, è stato avocato dai partiti.

La riforma costituzionale proposta dal Governo Renzi consoliderebbe questo stato di cose, lo renderebbe più difficilmente attaccabile dalla volontà dei cittadini. Lo scioglimento del CNEL e qualche risparmio sul Senato è un prezzo equo per tutto questo? Io credo di NO.
La vera riforma, che sarebbe oltremodo necessaria a questo Paese, dovrebbe andare in senso esattamente contrario, verso il recupero sostanziale del principio della separazione dei poteri, della indipendenza dei parlamentari e della più ampia rappresentatività del Parlamento, della riduzione del potere dei partiti implementando sia la loro democratizzazione interna sia la composizione delle liste elettorali attraverso vere primarie, alle quali dovrebbero partecipare solo gli elettori iscritti stabilmente alle liste nazionali dei partiti”.

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La catastrofica demografia di una civiltà al lumicino

A proposito dello stato di salute di Hillary Clinton

Da un glorioso passato a un radioso futuro! [tragicomicamente]

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Alla CIA ci sono anche persone eccellenti

Propaganda ieri e oggi

Liberi media in libero stato

Cattura

La Padania turca e altre brillanti menzognette filo-golpiste

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  1. “E’ stato un autogolpe”: il governo greco ha arrestato dei golpisti in fuga e restituito ad Ankara l’elicottero usato per la fuga. Per un autogolpe non serve minacciare gli Stati Uniti (quando hai truppe NATO e armi nucleari americane in casa) e riconciliarsi con la Russia;
  2. “Erdogan nel mirino di aerei ribelli che non hanno sparato”: smentito il 20 luglio dagli alti comandi dell’aviazione greca, sulla base dei loro rilevamenti radar
  3. “Erdogan dileguatosi dal suo soggiorno estivo con larghissimo anticipo rispetto all’arrivo dei sicari”: il team incaricato di ucciderlo/farlo prigioniero è arrivato solo con mezz’ora di ritardo. un ritardo che ha cambiato la storia.
  4. “Erdogan in fuga dal paese e respinto dalla Germania”: una diceria messa in giro dai golpisti per scoraggiare i tentativi di resistere.
  5. “La Turchia in balia degli islamisti e in via di khomeinizzazione, prove generali di Eurabia”: è in atto una gigantesca epurazione di una quinta colonna interna allo stato, il gulenismo, descritto dalle testate più rispettabili come un incrocio tra Opus Dei, scientology e la massoneria deviata (Nota Bene: il fondatore, Fethullah Gülen (ecco cosa pensa di lui la facoltà di teologia di Harvard), ha ottenuto la green card USA grazie all’intercessione di Graham Fuller, già dirigente CIA ed è stato nel mirino dei golpisti del 1971 e del 1980 per eversione islamista). Se, com’è possibile e anche probabile (il braccio destro di Fethullah Gülen, Hails Hanci, è arrivato in Turchia con un passaporto falso due giorni prima del tentato golpe) questo movimento, che annovera milioni di seguaci in tutto il mondo anche tra magistrati, docenti, alti ufficiali e giornalisti (tenuti a consegnare il primo stipendio e/o una parte del salario al movimento come gesto di riconoscenza), ha preso parte al golpe militare, allora non è sorprendente che chi ha rischiato di essere ucciso dai golpisti sia in preda alla paranoia e al desiderio di vendetta. Già nel 2013 i gulenisti avevano organizzato una tangentopoli turca per far fuori legalmente gli erdoganiani. È una faida tra gruppi di interesse. Non esistono buoni e cattivi.
  6. non è stata espressa alcuna intenzione di imporre il velo.
  7. chi tifa per i carri armati contro lo stato di diritto e l’aviazione che bombarda il Parlamento, perché teme l’islamizzazione della Turchia prepara involontariamente il terreno a possibili colpi di stato in Europa (es. Grecia o un’Italia governata dal Movimento 5 Stelle).
  8. L’esercito turco non è garante della democrazia e della laicità, ma della stabilità. In questo caso ha spalleggiato Erdogan. In un caso precedente ha emanato una nuova costituzione autoritaria. I militari, per loro natura, sono raramente democratici, ma sono spesso patrioti.
  9. PADANISMO ARIANISTA (300) – i terùn turchi hanno conquistato il potere! Ankara ladrona! Neoellenisti costieri vs. neopersiani dell’entroterra: “Oggi alle leve del comando sono gli anatolici, i cosiddetti “turchi neri” delle provincie più interne e lontane; mentre i “turchi bianchi” della costa, circassi, occhi azzurri, biondi come lo era Ataturk, stanno confinati ai margini dopo aver comandato per tutto il secolo scorso” (Marco Ansaldo, la Repubblica, 20 luglio 2016).
  10. Lo stato di emergenza e la sospensione della convenzione europea sui diritti dell’uomo (prevista dalla stessa convenzione) sono state misure adottate anche in Francia contro il terrorismo. I francesi sostengono che la sospensione è selettiva (per deroghe), ma non si sono visti carri armati lungo la Senna; l’Eliseo e l’Assemblea Nazionale non sono stati bombardati; Hollande non è sfuggito per il rotto della cuffia a un tentativo di ucciderlo.Cn_6jXHXEAA_0bfCnzbAALWcAAv-4k

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Hillary Clinton Could Start World War III in Syria. Here’s Why

Come mai Erdogan è così paranoico e si avvicina a Mosca e Teheran?

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