La verità al fine non si cela; non val simulazione. Simulazion è frustrata avanti a tanto giudice.
Leonardo da Vinci
La propaganda degli ultimi anni ha rintronato la gente con due menzogne fuori scala (più grandi sono, più la gente si convince che non possono che essere vere, perché nessuno mentirebbe così spudoratamente):
1. Dobbiamo temere il caldo, perché il caldo uccide – siamo organismi termofili, viviamo grazie al calore, il freddo è il nostro nemico principale;
2. Dobbiamo odiare la CO2 – “anidride carbonica+acqua+luce= fotosintesi clorofilliana” / “È indispensabile per la vita e per la fotosintesi delle piante” / “Le piante trasformano l’anidride carbonica in ossigeno e zuccheri e in questo modo ci forniscono l’aria che respiriamo e il cibo di cui ci nutriamo”
Come si vede, il serrismo è un’ideologia tanatofila, una dottrina che induce a venerare la morte e disprezzare la vita, nella convinzione di fare il contrario.
“Verso un mondo nuovo” è un blog per chi ama la vita e odia le menzogne.
ghiacci artici in ottima salute
ghiacci groenlandesi in perfetta salute (ampiamente sopra la media)
ghiacci antartici sopra la media
Negli incubi succede che uno si sforzi di avvertire altre persone, di mostrare quel che dovrebbe sotto gli occhi di tutti ma che per qualche ragione non è visto.
Se sono incubi è perché questi sforzi si dimostrano inutili e non c’è alcun lieto fine.
I ghiacciai antartici e groenlandesi sono totalmente fuori pericolo, anzi sono sopra la media.
La banchisa artica è in ripresa, da diversi anni ormai.
Una persona ancora padrona dei suoi processi logici, ossia dotata di buon senso, dovrebbe concludere che 2+2=4.
Ma viviamo in un incubo e quindi non ci sarà un lieto fine. Non ci sarà la cavalleria scientifica che si ravvede e avverte le masse del pericolo incombente. Non ci sarà un’avanguardia che si fa valere e ridesta le masse. No. Le masse continueranno a bersi quel che verà offerto e apprenderanno le lezioni che devono imparare nella maniera più dolorosa, l’unica che sono in grado di assimilare.
E questo perché l’egalitarismo è una finzione. La specie umana non ha raggiunto lo stesso grado di consapevolezza, non dimora nella stessa sfera di coscienza.
Pretendere che non esistano gravissimi scarti di lucidità, curiosità, sapere, determinazione, coraggio e capacità di mettere in discussione il “senso comune” (che non è sinonimo di buon senso) potrà forse placare la voce del politicamente corretto ma è un atto di profonda immaturità, una favoletta natalizia buona per i lunghi letarghi dell’intelletto collettivo.
Viviamo in un incubo, nel deserto spirituale e cognitivo della finzione.
Sono stato così sciocco Vassili. L’uomo sarà sempre l’uomo, non esiste l’uomo nuovo. Con tanta fatica abbiamo provato a creare una società che fosse giusta, dove non ci fosse niente da invidiare al tuo compagno. Ma ci sarà sempre qualcosa da invidiare: un sorriso, un’amicizia, qualcosa che non hai e di cui ti vuoi appropiare. In questo mondo, perfino nel mondo sovietico, ci saranno sempre i ricchi e i poveri. Ricchi di talento, poveri di talento. Ricchi di amore, poveri di amore.
Danilov rivolgendosi a Vassili – da “Il nemico alle porte”, 2001 https://www.facebook.com/mediaskopia/
Com’è accaduto? Di chi è la colpa? Sicuramente ci sono alcuni più responsabili di altri che dovranno rispondere di tutto ciò; ma ancora una volta, a dire la verità, se cercate il colpevole… non c’è che da guardarsi allo specchio. Io so perché l’avete fatto: so che avevate paura, e chi non ne avrebbe avuta? Guerre, terrore, malattie: c’era una quantità enorme di problemi, una macchinazione diabolica atta a corrompere la vostra ragione e a privarvi del vostro buon senso. La paura si è impadronita di voi e il caos mentale ha fatto sì che vi rivolgeste all’attuale Alto Cancelliere: Adam Sutler. Vi ha promesso ordine e pace in cambio del vostro silenzioso obbediente consenso. V per Vendetta
A livello globale, la risposta della comunità internazionale è quasi zero. I leader in Occidente stanno discutendo della loro sicurezza e facendo cose come interrompere il traffico aereo. E non aiutano nessun altro.
Brice de la Vigne, direttore delle operazioni di Medici Senza Frontiere, 19 agosto 2014
A giorni Ebola esploderà come una bomba. Possiamo aspettarci una situazione drammatica. Se l’Onu non si muove sarà una vera catastrofe. MSF è allo stremo, non abbiamo più risorse per affrontare il problema.
Questa epidemia è senza precedenti, assolutamente fuori controllo e la situazione non fa che peggiorare, per cui si sta nuovamente estendendo, soprattutto in Liberia e Sierra leone, con focolai molto importanti. Se la situazione non migliora abbastanza rapidamente, c’è il rischio reale di vedere nuovi paesi colpiti. Non si può escludere, ma è difficile da prevedere, perché non abbiamo mai visto una tale epidemia.
Bart Janssens, direttore di Medici Senza Frontiere, 30 luglio 2014
Il peggio potrebbe ancora arrivare. L’allarme è concreto e la situazione fuori controllo.
Saverio Bellizzi, ematologo di Medici Senza Frontiere, 9 agosto 2014
Il fatto che tanti operatori sanitari si siano ammalati aumenta ansia e paure: se anche loro sono stati colpiti dal virus, che chance ha la popolazione inerme?…In alcune zone gli ospedali sono considerati degli incubatori di infezione [e vengono] evitati dai pazienti con qualsiasi tipo di malattia, riducendo i livelli generali di assistenza sanitaria
Nessuno sta dicendo che questo ceppo di Ebola si trasmette per via aerea tra gli esseri umani, o che può essere trasmesso prima che i pazienti siano sintomatici. Piuttosto, alcuni di noi stanno facendo notare che questo ceppo ha sfidato misure e protocolli prestabiliti per prevenire la trasmissione e che hanno avuto successo nelle epidemie precedenti. Se le ipotesi sulle modalità di trasmissione che stanno guidando gli sforzi per contenere e porre fine al contagio devono adattarsi a questo particolare ceppo, sarà meglio rivisitarle adesso…Aggrapparsi a dei preconcetti in relazione all’ultimo contagio di un virus noto per la sua capacità di mutare può essere fuorviante, ha avvertito la direttrice dell’OMS Margaret Chan: “mutazioni e adattamento costanti sono i meccanismi di sopravvivenza dei virus e di altri microbi. Non dobbiamo concedere a questo virus opportunità di sorprenderci nuovamente”.
Cinqueco-autori del più recente studio suEbolasono stati uccisidal virusprima che la lororicerca fosse pubblicata. Ciò pone in evidenzagli enormirischi assuntidacoloro che lavoranoper combatterela sua diffusione.
Per essere infettati da Ebola occorre un contatto davvero stretto. Dunque, stare semplicemente su un autobus con qualcuno che ha l’Ebola non è un problema. Il virus non si trasmette con le goccioline di saliva. Dunque in teoria sarebbe davvero semplice da contenere.
Peter Piot, direttore della London School of Hygiene and Tropical Medicine, scopritore del virus
Se Piot o Massimo Galli avessero ragione, oltre 240 tra medici e infermieri – molti, tra i medici,avevano già avuto a che fare con epidemie di Ebola, senza ammalarsi – NON avrebbero contratto il virus e più della metà NON ci avrebbe lasciato la pelle (dati OMS).
10 membri dello staff sanitario che ha accudito il medico americano Patrick Sawyer (morto di Ebola) durante la sua quarantena hanno contratto il morbo. Difficile credere che ci sia stato scambio di fluidi – a quel livello di competenza ed attenzione –, in ben dieci casi. Cinque di loro sono morti, inclusa l’endocrinologa Ameyo Stella Adadevoh.
Kent Brantly, il medico “miracolato”, ha contratto Ebola pur avendo seguito rigorosamente le linee guida del Center for Disease Control and Prevention di Atlanta, tanto che all’intervistatore ha risposto: “non ho ancora capito come me lo sono preso” [Brantly says he isn’t sure how he got infected. He’s certain he didn’t violate any safety guidelines, American Doctor Sick With Ebola Now Fighting For His Life].
Ebola non si trasmette per via aerea come un’influenza (e speriamo che ciò non accada mai), altrimenti i numeri sarebbero molto ma molto più grandi. Tuttavia, sfortunatamente, è assai probabile che siano in errore riguardo all’aerosol (Piot non è nuovo alle gravissime sottovalutazioni).
Ebola, o almeno questo ceppo di Ebola, non si comporta come l’HIV o la rabbia e si trasmette anche per prossimità, non solo per contatto.
Se Piot è contento di sedere nello stesso autobus con dei malati di Ebola, faccia pure. Io eviterei.
È chiaro che la trasmissibilità è elevatissima e la distinzione tra “via aerea” e “aerosol” resta importante, ma non è più decisiva.
Continuare a negarlo serve solo a placare le proprie ansie non ad alterare la realtà: il prezzo da pagare per queste omissioni sarà catastroficamente salato.
Questo significa che i colpi di tosse di un malato di Ebola possono infettare una porzione di stanza per ore in virtù della sospensione delle goccioline in aerosol e possono infettare una penna, un bicchiere, una parete, una maniglia, una carta di credito, ecc. Chi tocca questi oggetti e poi gli occhi o il cibo che consuma contrarrà quasi certamente il virus.
Il vomito, la diarrea, il muco, la saliva degli sputi, l’abbondante sudorazione, le emorragie: sono tutte sorgenti di aerosolizzazione del virus. La tubercolosi si diffonde allo stesso modo ma Ebola è una macchina di auto-propagazione efficientissima e usa tutti questi veicoli, al “meglio”, specialmente nel suo stadio terminale, dove si aggiungono le convulsioni e le emorragie diffuse. Secondo la Public Health Agency del Canada sono sufficienti pochissimi agenti virali aerosolizzati (da 1 a 10) per trasmettere Ebola: l’aerosolizzazione è un veicolo più che adeguato alla bisogna del virus. Un solo agente che arriva nel cavo orale o negli occhi di qualcuno ed Ebola può effettuare il trasbordo.
Ritengo sia estremamente urgente esaminare la possibilità che le modalità di trasmissione possano essere compatibili con quelle dei norovirus (che non contagiano per via aerea come l’influenza, ma restano altamente infettivi):
Il virus è altamente infettivo e bastano 10 particelle virali a dare vita a un’infezione. Data la loro persistenza nell’ambiente, che permette una loro replicazione e diffusione anche per due settimane dopo l’infezione iniziale, i norovirus sono difficili da controllare ed è quindi necessario applicare rigorose misure sanitarie per prevenirli e contenerli. La trasmissione avviene direttamente da persona a persona, per via orofecale o via aerosol, oppure tramite acqua o cibo infetti, ma anche per contatto con superfici contaminate. I norovirus sono piuttosto resistenti nell’ambiente, sopravvivono a temperature sopra i 60° C e anche in presenza di cloro, normalmente utilizzato per disinfettare le acque potabili. Inoltre, rimangono nelle feci delle persone infette per almeno 72 ore dopo la guarigione (Norovirus, Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute)
In quel caso siamo in grossissimi guai, perché le strutture ospedaliere occidentali hanno dimostrato di non essere in grado di reggere l’impatto dei norovirus, che pure sono scarsamente letali (Norovirus ‘crisis’ at Royal Cornwall Hospital, 6 marzo 2013).
Ciò a cui stiamo assistendo in Africa occidentale è innegabilmente senza precedenti nella storia di Ebola.
Non ha senso incolpare l’inadeguatezza delle strutture sanitarie locali. In tutti precedenti contagi la situazione era del tutto identica (es. Uganda), ma non si è verificato nulla di anche lontanamente paragonabile.
Dopo Sierra Leone, Guinea, Liberia e Nigeria, Ebola ha raggiunto il distintissimo e popoloso Congo(pare sia un diverso ceppo, indipendente). Si parla di coincidenza, ma è una coincidenza davvero singolare. Magari è davvero così. Ma se su questo pianeta, in questi anni, c’è un terreno fertile per sviluppare Ebola, allora la faccenda diventa ancora più complicata.
Le morti accertate hanno raggiunto (superato?) la soglia di 1500, ma quelle effettive sono certamente molte di più, dato che un numero crescente di famiglie di malati nasconde i propri cari e li seppellisce clandestinamente, senza segnalarli alle autorità, per evitare lo stigma e per diffidenza.
Il tasso di mortalità è attualmente di poco superiore al 50%, un dato storicamente basso rispetto alla media di Ebola, ma il suo tasso di morbilità è molto superiore a quelli precedenti, per questo sta comunque uccidendo molte più persone.
Ciò può essere dovuto al fatto che questa variante è mutata per diventare più efficace, il tratto caratteristico di agenti patogeni in evoluzione.
EVOLUZIONE DELL’EPIDEMIA
Medici Senza Frontiere aveva ottimisticamente stimato che in meno di un anno sarebbe stato possibile bloccare l’epidemia. Però le popolazioni delle nazioni colpite ora ammontano a 250 milioni di persone e, di questo passo, se il virus si trasmette così facilmente o se dovesse mutare, e se l’opera di contenimento non funzionasse, entro un paio di anni quasi ogni persona del pianeta potrebbe scoprire se fa parte della metà dei sommersi o della metà dei salvati.
Non è un Ebola come gli altri e non è vero che non ha le carte in regola per diventare una pandemia globale.
Uccidendo “solo” il 50-60% delle persone affette e grazie al periodo relativamente lungo di incubazione (prima di 11 giorni non si manifestano i sintomi) ha la possibilità di arrivare ovunque, prima di esaurire il suo corso. Diffondendosi, il virus potrebbe sviluppare delle mutazioni imprevedibili. Questo ceppo è meno ingordo degli altri e quindi molto più efficiente. È come uno psicopatico che ha imparato ad integrarsi nella società e quindi causa molti più danni, perché è difficile sgamarlo.
Non si capisce perché l’OMS abbia dichiarato che interrompere i voli da e verso le località affetta da Ebola sia ingiustificato, pur riconoscendo che ogni città con un aeroporto internazionale è a rischio. Bloccare il traffico aereo è l’unica maniera per aiutare a contenere l’espansione del virus.
Tra l’altro non è da escludere che possano esistere portatori sani del virus, ossia persone che non manifestano i sintomi, proprio come Mary tifoide.
In nome del principio di precauzione e tenuto conto della non-linearità di questo fenomeno, non c’è alcuna vantaggio nel prendere per buono lo scenario ideale, quello degli assunti standard fondati su pochi decenni di esperienza, per non seminare il panico, quando i dati sul campo e sperimentali già citati differiscono drammaticamente e li confutano clamorosamente.
Senza un intervento deciso e rapido a livello globale rischiamo di assistere alla più enorme moria di esseri umani della storia.
Questo virus ha la capacità di spazzare via oltre la metà dell’umanità e quindi l’atteggiamento migliore è quello di chi prende tutte le precauzioni possibili, a prescindere, perché non possiamo permetterci di sbagliare.
EBOLA E IL VILLAGGIO GLOBALE
Oltre 6 mesi di inazione: potevamo inviare tende, letti, tute isolanti, guanti, maschere, apparecchiature, elicotteri, ambulanze, inceneritori, disinfettanti, cibo, capitali/donazioni, personale. Tutte cose chieste da Medici Senza Frontiere e mai ricevute. Il mondo sta ignorando l’Africa a suo discapito. Non esistono una fortezza America, una fortezza Europa o una fortezza Giappone in grado di tenere lontano Ebola. Il morbo doveva essere schiacciato subito, con l’aiuto di tutti. Non saranno solo i neri a morire come le mosche, se non li aiutiamo adesso e prendiamo questa crisi sul serio, ossia come una crisi planetaria e non regionale. Viviamo sullo stesso pianeta e fregarsene dei vicini può risultare letale per noi stessi. Siamo tutti sulla stessa barca, nello stesso villaggio globale e siamo una grande famiglia, che ci piaccia o no: questa volta non possiamo infischiarcene come abbiamo fatto col Ruanda e con il Congo. La punizione sarebbe (sarà?) terribile.
Cina e Cuba hanno mandato personale medico, equipaggiamento e soldi. L’Europa?
Stiamo spendendo cifre galattiche per la “guerra al terrore” quando l’unica vera guerra da combattere sarebbe quella per il contenimento e soppressione di Ebola.
EBOLA E LA PESTE NERA
Se la teoria della peste come virus del tipo Ebola è corretta, allora il mondo potrebbe essere a rischio pandemico
…due ricercatori dell’ università di Liverpool, Susan Scott e Christopher Duncan, autori del saggio Biology of Plagues pubblicato dalla Cambridge University Press. La loro tesi è che la peste del 1347-48, quella descritta dal Boccaccio nel Decamerone, e le pesti successive, fino a quella del 1630-31 descritta dal Manzoni nei Promessi Sposi, non furono pesti vere, cioè malattie epidemico-contagiose dovute – come fin qui s’è creduto – al bacillo denominato Yersinia pestis in onore del suo scopritore, il medico svizzero Alexandre Yersin che ne dimostrò la presenza nel materiale infetto durante l’epidemia di Hong-Kong del 1894. Le tesi, rivoluzionaria, è fondata su criteri clinici e su rilievi di epidemiologia, biologia molecolare e modellistica informatica. Essa colloca «il quadro delle pesti europee in una nuova cornice». Anzitutto ricordiamo che, com’è noto, la peste arrivò in Europa dall’Asia per la via del mare: entrò da Sud, dalla Sicilia, recata da navi genovesi importanti grano dalle terre bagnate dal Mar Nero, e dall’ Italia dilagò a macchia d’ olio nel continente fino all’ Inghilterra e ai Paesi scandinavi. Fu un’immane moria, che stroncò le vite di 30 milioni di europei (su una popolazione complessiva di 100 milioni). Clinicamente la malattia fu caratterizzata da febbre alta, fetore corporeo, sbocchi di sangue, macchie emorragiche sulla pelle, tumefazioni ghiandolari (bubboni): un quadro, affermano Scott e Duncan, che non è affatto specifico della peste da bacillo di Yersin, ma è proprio di altre malattie, del passato e del presente, che ebbero o hanno caratteristiche analoghe e analogo decorso iperacuto con esordio improvviso. Si tratta di malattie vecchie e nuove come l’ influenza «spagnola» del 1918, l’Aids prima maniera, la malattia da virus Ebola: malattie, come si vede, non bacillari, ma virali. La peste che esordì in Europa nel basso Medioevo fu dunque dovuta a un virus? Di quella peste il Boccaccio e i testimoni coevi – medici e cronisti – descrivono l’andamento repentino, i decessi fulminei, i contagi immediati (cioè i contatti apparentemente da uomo a uomo). Non si parla né di topi (ospiti di prima scelta del bacillo di Yersin) né di pulci (vettrici del bacillo); si pensò che tale omissione fosse dovuta al fatto che pulci e topi erano una presenza quasi fisiologica in una società, come quella medievale, a corto d’igiene individuale e collettiva. Ma, rilevano i due attenti ricercatori di Liverpool, il topo marrone fece la sua comparsa in Europa mezzo secolo dopo la scomparsa spontanea della peste (che essi datano intorno al 1670). E d’altra parte il rapidissimo propagarsi dell’ epidemia come avrebbe potuto essere compatibile con un contagio murino, mediato da topi certamente ostacolati nei loro percorsi dalle barriere naturali dei fiumi, dei monti, dei mari? Il contagio, si afferma, non poté che essere interumano, trasmesso dall’ uomo all’ uomo attraverso le vie di comunicazione transfluviali, transmarine, transalpine….
Duncan e Scott hanno passato in rassegna la sintomatologia e le ipotesi sull’eziologia delle cronache dei tempi della Peste Nera, scoprendo importanti corrispondenze con la Spagnola, il virus del Nilo occidentale e, ancora più stringenti, con Ebola.
I testi dell’epoca parlano di febbri repentine, seguite da morti altrettanto repentine, con i vasi sanguigni che esplodono, organi interni che si dissolvono e vomito di materia nerastra.
Cosa fecero i nostri avi, per salvarsi, stante il fatto che non erano in grado di rinvenire delle cure? Misero in quarantena i malati e si rinchiusero tra le mura (come fece Milano, che infatti si salvò: ora sarebbe impossibile).
Queste misure funzionarono e il loro successo dimostra che i ratti non avevano alcun ruolo nel contagio, dato che sarebbe stato impossibile far rispettare loro la quarantena.
La buona notizia è che qualcuno, in Europa, ha la possibilità di scamparla anche grazie alle precedenti pestilenze: “Se il dieci per cento degli europei è immune al virus dell’Hiv, ciò è dovuto alle epidemie che si diffusero nel continente in epoche passate….si trattava di epidemie di una febbre emorragica virale e letale che utilizzava il gene Ccr5 per penetrare nel sistema immunitario (v. mutazione CCR5-delta 32). Avvalendosi di modelli computerizzati, i due ricercatori hanno dimostrato come il manifestarsi di questa malattia nel corso della storia abbia fornito la pressione selettiva necessaria – offrendo semplicemente protezione da una morte altrimenti certa – a far aumentare la frequenza di questa mutazione genetica da 1 caso su 20.000 all’epoca della “morte nera”, nel 1347, ai valori odierni di 1 caso su 10. “L’epidemia emorragica non scomparve dopo la grande peste di Londra del 1665-66, ma continuò a dilagare in Svezia, a Copenaghen, in Russia, in Polonia e in Ungheria fino al 1800″, ha concluso il professor Duncan. “Il perdurare dell’epidemia emorragica ha determinato il protrarsi della pressione selettiva sulla [mutazione genetica] ed è per questo che oggi essa si riscontra con la massima frequenza in Scandinavia e in Russia”.
CONSEGUENZE DI UNA PANDEMIA DI EBOLA PARAGONABILE ALLA PESTE NERA
La peste nera nel Medioevo ha ucciso fino a un terzo della popolazione europea eppure, per chi è sopravvissuto, ha avuto degli effetti positivi. La morte non ha fatto distinzioni tra poveri e ricchi, così i superstiti si sono trovati in possesso di terreni e ricchezze, un’imprevedibile prosperità che, gettata sul mercato da molti di quelli che non riuscivano più a dare un senso alla loro esistenza di miracolati, alimentò un grande boom economico.
Al giorno d’oggi, oltre alla fine dell’austerità e dell’indebitamento (chi riscuoterà?), una nuova peste nera porrebbe fine alla questione demografica, al problema dell’inquinamento di qualunque origine, alla scarsità d’acqua, al depauperamento della fauna ittica, alla deforestazione.
Ad ogni buon conto, è verosimile che l’umanità sia in grado di mettere da parte le divisioni, smetterla di cercare capri espiatori, sbarazzarsi degli psicopatici (senza eliminarli fisicamente) e diventare realmente una grande famiglia, una squadra unita dalla necessità di cavarsela durante e dopo il contagio (specialmente in caso di glaciazione).
Forse, allora, finalmente, si troverà il modo di ostracizzare le personalità psico-sociopatiche, evitando così che ci portino alla rovina.
Se però l’umanità non saprà fare l’indispensabile salto di qualità morale-spirituale, ci ritroveremo nell’eterno ciclo della competizione sfrenata e del bieco sfruttamento dei molti da parte dei pochi che sembra piacere molto ad Alberto Alesina:
Sterminando quasi un terzo della popolazione europea, la peste del XIV secolo ruppe quell’equilibrio fra crescita della produzione e crescita demografica che aveva lasciato quasi invariati per secoli gli standard di vita. Dando maggior valore al lavoro e opportunità di impiego anche alle donne, l’epidemia ridusse stabilmente la natalità, almeno nelle regioni protestanti, rendendo possibile l’accumulazione di capitale…A sostenerlo è Alberto Alesina, economista italiano che insegna alla Harvard University, in un articolo pubblicato su “Science” (“Come la Peste Nera favorì lo sviluppo del capitalismo”, Le Scienze).
L’ufficio statistico dell’Unione Europea certifica che c’erano 79 milioni di poveri in Europa nel 2007 e che nel 2010 erano già 116 milioni (23% della popolazione totale). Dato che nel 2011 l’economia dell’eurozona è tornata in recessione, è ragionevole supporre che al prossimo conteggio il valore oscillerà tra i 120 milioni ed i 150 milioni, su una popolazione totale di poco più di 500 milioni. Cioè a dire, almeno un quarto della popolazione europea è in miseria o si sta avviando alla miseria.
Nel 2010, di quei 116 milioni di poveri, ben più di un quarto erano bambini (sono il 40% in Brasile). Il numero di persone anziane che vivono in condizioni di povertà era di circa il 20 per cento.
È vero che la nostra capacità di rilevare e misurare i terremoti è migliorata nel corso degli ultimi decenni a causa di un enorme aumento del numero di stazioni sismografiche. Tuttavia, questo influenza soprattutto la nostra capacità di rilevare i piccoli terremoti.
Social forecaster, horizon scanner
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Arts and Culture reporter for "Trentino" & "Alto Adige"
social media & community manager
professional translator
editor-in-chief of futurables.com
peer reviewer and contributor for Routledge, Palgrave Macmillan, University of British Columbia Press, IGI Global, Infobase Publishing, M.E. Sharpe, Congressional Quarterly Press, Greenwood Press.
Laurea in Political Science – University of Bologna (2000). Ph.D. in Social Anthropology – University of St. Andrews (2004).
Co-author of “Contro i miti etnici. Alla ricerca di un Alto Adige diverso” (2010)
https://medium.com/@stefano_fait