Populista è il democratico che ti sta sui coglioni, complottista è…

Cattura

Agghiacciante – l’Ice Bucket Challenge come palestra di vanità e sfruttamento

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Quanto guadagnano i dirigenti dell’associazione americana (non profit!!!) per la ricerca sulla SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), quella dei secchi di acqua ghiacciata?

Jane H. Gilbert – President and CEO – $339,475.00
Daniel M. Reznikov – Chief Financial Officer – $201,260.00
Steve Gibson – Chief Public Policy Officer – $182,862.00
Kimberly Maginnis – Chief of Care Services Officer – $160,646.00
Lance Slaughter – Chief Chapter Relations and Development Officer – $152,692.00
Michelle Keegan – Chief Development Officer – $178,744.00
John Applegate – Association Finance Officer – $118.726.00
David Moses – Director of Planned Giving – $112,509.00
Carrie Munk – Chief communications and Marketing Officer – $142,875.00
Patrick Wildman – Director of Public Policy – $112,358.00
Kathi Kromer – Director of State Advocacy – $110,661.00″

http://healthimpactnews.com/2014/als-ice-bucket-challenge-do-you-know-what-you-are-supporting/

1 milione di dollari ai dirigenti.
5 milioni di dollari a malati e famiglie.
6,6 milioni per la ricerca medica.
Mica pizza e fichi!
32% dei costi per sensibilizzare l’opinione pubblica, peccato che nessuno in pratica sapeva di quessta malattia finché alcuni atleti molto celebri non hanno scoperto di avere questa condizione.

Qui ci sono alcuni dati contabili forniti dall’associazione (pp. 13, 14 e 15) – sarebbe interessante vedere come si compongono le varie voci di spesa:
http://web.alsa.org/site/DocServer/annual_report_fye2013.pdf?docID=107222
Ciascuno decida se sono stati spesi bene oppure no (inizio attività 1985; cure = 0; visibilità della malattia = scarsa)

Sapete come finirà? I soldi andranno alle solite grandi case farmaceutiche che immetteranno sul mercato farmaci costosi e brevettati che non cureranno la malattia ma solo i sintomi. Così la gente pagherà due volte per una non-cura, mentre le possibili cure naturali (dieta chetogenica?) saranno ignorate, perché rovinerebbero il grande business.

Cerco di elencare tutte le altre cose che non mi piacciono dell’Ice Bucket Challenge (secchio d’acqua gelata filantropico):
– “essere vanitosi è cool, ragazzi, fatelo anche voi!”
ti versi addosso l’acqua ghiacciata per donare 10 dollari invece di 100 dollari. Non avrebbe più senso che lo sfidante si impegnasse a donare se lo sfidato completa la sfida? Al momento sembra un insulto ai malati, per come la vedo io;
– molte di queste persone NON pagano la loro parte di tasse (in mille modi), contribuendo a far espandere il debito di tutti, ma fanno filantropia esibizionisticamente;
– i 52 milioni di americani che sopravvivono grazie al welfare potrebbero chiedersi come mai in una nazione così ricca ci siano quelli come loro e quelli che si rovesciano addosso un catino d’acqua in un potlatch caritatevole;

10593084_1676229545935058_5825413288262842144_n– Superata quota 50 milioni di dollari non sarebbe ora meglio reindirizzare questa iniziativa verso, per esempio, la prevenzione della malaria, o vale di meno perché chi la subisce è scuro?
– adesso per raccogliere fondi per una causa dovremo sorbirci irritanti catene di sant’antonio delle celebrità?
– Quanti hanno capito cos’è la Sclerosi Laterale Amiotrofica grazie a questa iniziativa, dato che nessuno degli sfidanti si prende il tempo di spiegare perché lo fa (io l’ho capito solo ieri, pur avendo visto il video di Cristiano Ronaldo diversi giorni fa)? La Fornero e Monti?
– Com’è messa una società in cui i video di celebrità che vanno a trovare dei malati non andrebbe mai virale?
– Fatelo contro il fottuto Ebola, visto che gli scienziati si sono lamentati per anni che non riuscivano a trovare i fondi per la ricerca, in quanto malattia africana (e a nessuno gliene fregava niente), mentre SLA raccoglie comunque annualmente qualche milione di euro/dollari;

– Matteo 6,1-4: 1 Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. 2 Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 3 Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4 perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

L'immancabile Lady Gaga

L’immancabile Lady Gaga

 Uno che ha capito e almeno usa questa cosa a fini didattici

10574384_10204125916044212_4510325667963238246_n“Matt Lauer’s challenge, along with that of Martha Stewart and many others, predated Frates’ involvement and had nothing to do with ALS. Rather, it came from a dare that was circulating among a group of pro athletes, including golfer Greg Norman and motorcycle racer Jeremy McGrath. Those who declined the ice bath were compelled to give $100 to charity of the challenger’s choice. (Lauer donated to the Hospice of Palm Beach County.)
[…]
Watch the golfers’ videos and you’ll see the stunt was really just about getting their friends to film themselves doing something dumb for no reason. The charity part was an afterthought.”
http://www.slate.com/blogs/future_tense/2014/08/12/icebucketchallenge_you_don_t_need_an_ice_bucket_to_donate_to_als_research.html

Alcibiade il Rottamatore

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Quando si pensa ad uno psicopatico, i nomi che vengono in mente sono quelli di Hitler, Stalin, Mao, il marchese de Sade, qualche serial killer, qualche squalo della finanza.

Se fosse così facile sgamare uno psicopatico, saremmo a posto.

Purtroppo la cosa è molto più complicata di così:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/10/15/psicopatia-portami-via-la-gente-ce-lha-sotto-il-naso-ma-non-la-vuole-vedere/

 

Hervey Cleckley, pioniere dello studio della psicopatia e ancora oggi riconosciuto come uno dei massimi specialisti del campo, sospetta che una figura storica in molti casi ammirata, come Alcibiade, fosse verosimilmente uno psicopatico.

Qui trovate “The Mask of Sanity”, in cui lo psichiatra esamina anche il profilo psicologico di Alcibiade (pp. 327-336):

http://www.cassiopaea.org/cass/sanity_1.PdF

Noi non sappiamo se la descrizione della personalità di Alcibiade che ci è stata trasmessa sia corretta; la cosa è di importanza secondaria. Quel che mi preme è che il lettore possa farsi un’idea di come si comporterebbe un leader psicopatico, in modo da riuscire a riconoscerlo. Insomma l’Alcibiade al centro di questa “inchiesta” è un tipo ideale, utile per esplorare l’attualità ed il prossimo futuro, non per fare storiografia.

Esaminiamo alcuni estratti da “Alcibiade e l’eterno desiderio di gloria” di Paola Scollo:

– Geniale e abile stratega, nel corso della guerra del Peloponneso non ha esitato, per convenienza, a tradire più volte la sua patria, alleandosi dapprima con gli Spartani, poi con i Persiani. Ambizioso e amante dei piaceri, ha esercitato sempre grande fascino nella sua gente. E non solo.

– Nell’immagine di Alcibiade, la presenza di Socrate rappresenta «un reale aiuto degli dèi» a tutela della virtù, pertanto «come un gallo sconfitto abbassò le ali e si rannicchiò intimorito verso Socrate, amico e amante che non andava in cerca di piaceri indegni di un uomo e non chiedeva baci e carezze, ma che gli apriva gli occhi sulla corruzione della sua anima e umiliava il suo orgoglio vano e sciocco» (Phrin. fr. 17 Nauck).

– Ancora giovanissimo, Alcibiade è introdotto alla vita politica. Fin da subito, comprende che nulla gli avrebbe procurato influenza sulla massa più del fascino della parola.

– Come puntualizza Plutarco, oltre alle notevoli doti di politico e oratore, alla sottile intelligenza e alla singolare abilità, nell’animo di Alcibiade si annida la dissolutezza dei costumi, che lo guida «verso eccessi nel bere e negli amori…verso un’ostentazione di lusso sfrenato».

– «egli indusse il popolo a concepire grandi speranze, ma ancor più grandi erano le sue aspirazioni: la Sicilia, infatti, doveva costituire solamente il principio della realizzazione delle sue mire e non un fine in sé, come pensavano tutti gli altri».

–  alcuni schiavi e meteci accusano Alcibiade e i suoi amici «di aver sfregiato anche altre statue e di aver parodiato, nell’ebbrezza del vino, i sacri misteri, ovvero i Misteri Eleusini».

– Plutarco sostiene che Alcibiade possiede, tra le numerose capacità, «un’arte tutta particolare nell’accalappiare le persone, conformandosi e adeguandosi alle abitudini e ai costumi altrui, imponendosi cambiamenti più rapidi e radicali di quelli di un camaleonte» (Alc. XXIII) [questo è il marchio di fabbrica dello psicopatico http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/psicopatici-al-potere-conoscerli-per.html].

– Alcibiade si affida a Tissaferne, satrapo del re di Persia, che, essendo per natura malvagio e amante di chi è come lui, apprezza molto «la versatilità e l’abilità eccezionale dell’Ateniese».

– Alcibiade cerca in tutti modi di danneggiare gli Spartani e di metterli in cattiva luce presso Tissaferne (Tucidide VIII 45 – 51). Dopo aver tradito Atene alleandosi con Sparta e, quindi, aver tradito Sparta, alleandosi con la Persia, nell’inverno del 412/1 a.C., Alcibiade tenta di allearsi con la flotta ateniese schierata a Samo

– Ambizioso uomo politico, freddo e valoroso stratego, personaggio complesso e, come tutti coloro che sono destinati a imprimere il sigillo della loro personalità, contraddittorio. Forse, è proprio questa contraddittorietà che continua, a distanza di secoli, ad affascinare e ad eternare il ricordo di Alcibiade. Forse, è la stessa contraddittorietà che gli Ateniesi hanno amato e per cui non sono riusciti a odiare Alcibiade nemmeno quando ne hanno ricevuto del male (Alc. XLII 3).

http://www.instoria.it/home/alcibiade.htm

Dalla tesi di dottorato di Costanza Pacini

http://amsdottorato.cib.unibo.it/2090/1/Pacini_Costanza_TESI.pdf

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Alcibiade secondo Tucidide e Plutarco

– Fin dall’inizio della sua ‘carriera scolastica’, egli avrebbe dato prova della stessa prepotenza mostrata altrove… Plutarco mette in evidenza le stesse caratteristiche emerse nei testi precedentemente analizzati: ogni sua azione risultava prodotto di prepotenza e dispotismo, ma nonostante questo l’autore non poté evitare di cercare delle motivazioni che rendessero in qualche modo più accettabile il consenso generale di cui godeva.

– un individuo che agisce in costante contrasto con le norme della polis accettate e riconosciute da tutti [altro tratto caratteristico degli psicopatici http://www.informarexresistere.fr/2011/11/18/psicopatici-in-giacca-e-cravatta/]

– Plutarco non nega che Alcibiade avesse comunque ricevuto una educazione, la quale, tuttavia, privata del sostegno di una solida morale, si sarebbe resa utile per il conseguimento di altri obiettivi, meno nobili. Come abbiamo visto, Alcibiade era infatti dotato di una particolare abilità nell’adeguarsi alle circostanze esterne, sapeva cioè imitare sia i comportamenti moralmente riprovevoli che quelli encomiabili. Tale capacità, risultato dell’esercizio della ragione sulla sua natura incoerente, sarebbe diventata un elemento molto utile alla sua carriera politica, poiché gli avrebbe permesso di adattarsi alle diverse circostanze e di appianare gli scontri [lo psicopatico è, per definizione, camaleontico, poiché altrimenti non riuscirebbe ad ottenere ciò che vuole]

– proprio l’eccezionalità che nessuna delle testimonianze analizzate pare voler negare avrebbe determinato il sorgere delle accuse di ambire alla tirannide di cui egli fu, fin da subito, oggetto; in questo contesto però la tirannide non indica un vero e proprio regime politico basato sul potere personale di un solo individuo, quanto piuttosto un modello di comportamento prepotente e assolutista, che tende a sopraffare la sovranità esercitata dal demos;

– Alcibiade manifesta invece una visione antitetica del rapporto tra città e individuo: al primo posto della scala di valori egli pone infatti il soddisfacimento di desideri personali;

–  Pericle mette in guardia dai rischi di una guerra di attacco, poiché obiettivo di Atene doveva essere la conservazione e il rafforzamento dell’impero, e per questo rifiuta ogni progetto di ampliamento; Alcibiade porta invece l’imperialismo ateniese al suo limite estremo, presentando un progetto espansionistico senza pari. La differenza fondamentale tra questi due atteggiamenti consiste nel tentativo di Pericle di trovare una giustificazione morale all’impero. Lo statista infatti riconosce l’ingiustizia intrinseca nel concetto stesso di imperialismo ateniese (che definisce infatti simile ad una tirannia vd. II 63.2), ma cerca un’attenuante – seppur debole – nella straordinarietà di Atene, che costituisce un esempio per tutta la Grecia, e nella superiorità degli Ateniesi (II 62.4); nel discorso di Alcibiade manca invece ogni pretesto morale alla sua politica imperialistica aggressiva, che appoggia solo in vista dei vantaggi che questo può procurargli. In questo modo l’imperialismo ateniese perde ogni giustificazione morale e diventa pura espressione della legge del più forte.

– Alcibiade spiega le ragioni di quello che si presenta come un tradimento della propria patria [si è schierato con Sparta contro Atene] attraverso un ragionamento sofistico, nel quale si riscontrano tutte le caratteristiche già presentate di questo personaggio. All’interno del suo sistema di valori, orientato al soddisfacimento egoistico dei propri desideri, l’idea di patriottismo assume un significato nuovo: “non penso di andare contro quella che è la mia patria, ma piuttosto di riprendere quella che non è più mia. E ama giustamente la patria non quello che non assale la sua dopo averla ingiustamente perduta, ma colui che con tutti i mezzi, per l’amore che le porta, cerca di riprenderla»… Si manifesta ancor più chiaramente l’egoismo di questo personaggio che, pur di soddisfare il proprio desiderio di tornare ad Atene, si dimostra disposto a distruggerla, sia militarmente (grazie all’aiuto di Tissaferne), che politicamente (determinando la caduta della democrazia). Lo scopo non è dunque quello di essere riammesso nella comunità civica, ma quello di soddisfare un proprio desiderio individuale.

– “egli conquistò il favore degli umili e dei poveri al punto che questi ardevano addirittura dal desiderio di averlo come tiranno; e taluni glielo dissero e lo esortarono a farsi tale per vincere gli invidiosi e abrogare i decreti e le leggi di quei chiacchieroni che mandavano in rovina la città in modo da poter agire e governare lo Stato senza più dover temere i sicofanti”.

– «Quanto ai sentimenti del popolo verso di lui, bene li ha espressi Aristofane i questi versi: “lo ama, lo detesta, ma lo vuol avere”. E caricando ancor più la dose, usa questa metafora: “Non si alleva certo un leone in città: ma se uno se lo alleva, ai suoi modi conviene che si pieghi”».

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Dal blog “Notecellulari”

Matteo Renzi (o l’eloquenza volgare)

“Bei tempi quelli della canotta del senatùr? Anche no. Non è necessario rimpiangere la ruspante grossolanità padana per trovare volgaruccio Matteo Renzi. Matteo ha un look su cui si potrebbe eccepire, ma che appare meno sguaiato di quello esibito dall’Umberto prima maniera; del resto altrettanto cafone della canotta alla Pacciani può apparire anche un doppiopetto ostentato e impomatato, tirato a lucido e che vernicia la corruzione. Quella di Renzi è invece la vera nuova volgarità rampante, quella che si afferma e brilla contenta di sé. Matteo Renzi è volgare nel suo proporsi, nel suo sorrisetto gnè-gnè, nel suo esprimere fastose certezze siderali su argomenti banali, nel suo applicare ovunque e con dovizia aggettivi come “bello”, “meraviglioso”, “naturale”, nel suo dire “chi ha coraggio, chi ha entusiasmo, chi ha voglia” riferendosi esclusivamente a se stesso, nello sciorinare i suoi “sinceramente”, “con sincerità”, “con chiarezza” quando sta shiftando di brutto su un concetto; nel dire che augura successo all’avversario mentre gli sega, e nemmeno silenziosamente, le gambe della sedia.

La sua volgarità è nel plurale majestatis (non lo usa più nemmeno il romano pontefice) che gli fa dire “noi” quando intende “io”, nel parlare con enfasi del futuro dell’Italia senza esporre altro che se stesso oppure nell’ostinarsi a dividere ottusamente giusto e sbagliato in base a un criterio grottesco e solo generazionale fino ad arrivare a lodare strumentalmente le dimissioni del papa emerito Ratzinger; scrive infatti nel suo blog: “Ho chiesto ai miei figli di accendere la tv insieme e abbiamo guardato le immagini del vecchio Papa che lascia, che se ne va, che saluta prima delle dimissioni. Non avrei mai immaginato di assistere alla scena di un Papa che dice basta. Che lui non è più in grado di farcela. Che giura obbedienza al suo successore. “ (come lo vorrebbe per se stesso!)

Matteo Renzi però piace; ammettiamolo: sciaguratamente piace e questa è una dannazione del nostro tempo televisionaro, grossolano, sprecone, superficiale e di bocca buona. Respingo sempre le critiche (comprese quelle filorenziane) che attribuiscono alla generazione come la mia le colpe che riguardano il dissesto economico. Le respingo proprio perché vengono da ignoranti tirati a lucido e non sono argomentabili; se invece una colpa l’abbiamo è di non essere riusciti a educare i matteorenzi che ora ci infestano con le loro vanterie da cicisbeo, con i loro atteggiamenti da miles gloriosus appena attenuati, con la supponenza di un tartufino-berluschineggiante. O forse no, gente come lui che chiama i collaboratori “il mio staff”, ma che chiama il suo partito o la politica “questa roba qua” non era educabile. Succede”.
http://notecellulari.wordpress.com/2013/03/10/matteo-renzi-o-leloquenza-volgare/

“Fraudologia: teoria e tecniche della truffa” di Matteo Rampin, Ruben Caris (2010)

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Da questo studio – molto articolato e completo, questa è solo una sintesi: leggetelo! – apprendiamo che i truffatori sfruttano i vizi capitali: superbia (narcisismo), avarizia (possesso), lussuria (edonismo sessuale), ira (aggressività), gola (edonismo alimentare), invidia (competizione), accidia (passività). Ricorrono ai beni materiali come fonte illusoria di certezze (anche amuleti), a dipendenze da piaceri ed appetiti, al desiderio di essere amati ed apprezzati/valorizzati/riconosciuti nei nostri meriti, di essere al centro dell’attenzione, di vedere la propria visione del mondo confermata (stabilizzazione e coerenza interna: è sufficiente assecondare le credenze della vittima), di nutrire speranze, di ricevere consolazione, al rimorso, al senso di colpa, al timore della punizione o di un “imminente stravolgimento cosmico (sic!).

La gente ha paura di perdere quel che ha e di non ottenere quel che desidera. La gente ha anche paura delle complicazioni, della confusione, dell’imprevedibilità. Uno dei riduttori della complessità è la tendenza a pensare che il mondo sia complessivamente ordinato secondo giustizia e che i cattivi saranno puniti ed i buoni premiati (le disgrazie accadono a chi se le cerca). Ogni evidenza che indica il nostro errore viene squalificata o ignorata. Rifiutiamo ciò che non si adatta ai nostri sistemi di credenze e accettiamo le menzogne più incredibili, se ci piacciono. Decidiamo di credere ad una cosa e continuiamo a farlo anche di fronte all’evidenza del contrario.

A questo punto è sufficiente che i truffatori ci costringano a costringere la nostra convinzione da attacchi esterno per consolidarla e farla fruttare. La situazione ideale è quando uno crede di essersi persuaso da sé senza immaginare che non è così e poi desidera fortemente che la “sua” costruzione della realtà sia vera, il che accade specialmente se ci si sente minacciati.

Altri fattori che spianano la strada del truffatore sono la bellezze e la piacevolezza (una guerra umanitaria è bella e piacevole). La spettacolarizzazione  (un evento sorprendente) indirizza la mente, supera le difese che allarmerebbero la vittima (sensazionalismo mediatico). Le persone tendono ad evitare il dolore e cercare il piacere. Per questo i governi truffaldini evitano di rispondere ad un’obiezione, cosicché alcuni scettici meno determinati e sicuri reagiscono sentendosi in colpa per aver sollevato una questione indegna di essere presa in considerazione.

Una strategia semplice ed efficacissima è quella del poliziotto buono (una figura genitoriale rassicurante come la mamma) che collabora con il poliziotto cattivo (castrante ed aggressivo come papà).

La gente si fa fregare anche perché sente il bisogno di appartenere ad un gruppo e teme di esserne escluso. L’autostima, l’orgoglio la vanità impediscono di mettersi in gioco, di gridare che il re è nudo.

Un’altra brillante metodica è quella di creare il problema e poi fornire la soluzione desiderata (dal truffatore). Ad esempio si genera una crisi per trarre vantaggio dal bisogno di senso di fronte all’assurdo.

I governi truffaldini, per rinforzare gli effetti di una crisi, sfruttano la suggestionabilità dei cittadini ed i momenti in cui sono più vulnerabili, il senso di solitudine, la fame, la sonnolenza, la spossatezza fisica e psicologica. Un truffatore infonderà sempre un senso di urgenza e agirà in situazioni che producono confusione: incoerenza, sorpresa, incomprensibilità, sovraccarico sensoriale, inclassificabilità dell’evento nel repertorio delle conoscenze della persona, sovraccarico emotivo. Tutti questi frangenti spengono le facoltà di comprensione della realtà delle persone e spingono ad aggrapparsi ad un’ancora di salvezza, che invece è la tana del lupo.

Lupo che non è avvertito come tale perché si traveste da agnello e/o da pastore e per via della propensione ad accettare un ordine imposto dall’alto, dell’istinto gregario-gregge, della acquiescenza nei confronti di persone percepite come autorevoli, formidabili o autoritarie.

Il depistaggio dell’attenzione della vittima si realizza anche con false esche: costruendo ricordi fittizi (ricostruendo la storia), scenari futuri fittizi, eventi apparentemente casuali; rendendo apparentemente essenziali cose che non lo sono, creando problemi inesistenti e poi proponendosi di risolverli, prospettando due sole alternative (libertà di scelta ristretta, una sola opzione attraente), ben sapendo che una sarà rifiutata, oppure prospettando tante scelte ma poco diverse tra loro.

L’obiettivo del lupo è quello di mettere la vittima con le spalle al muro; deve fuggire solo nella direzione prestabilita: firma qui! Dai pure a me! Vedrai che se fai così tutto si risolverà! È tempo di agire! Questi sacrifici non saranno inutili!

I governanti truffaldini usano frasi fatte e luoghi comuni che fanno appello alla pigrizia cognitiva semplificatoria, oltre alle manipolazioni semantiche del tipo costoso = esclusivo, aborto = interruzione di gravidanza, guerra = conflitto. “missione di pacificazione” e “missione di pace” (invasione e guerra), “supporto aereo” (bombardamento), “proteggere la nostra libertà” (guerra preventiva), “l’amore vince sull’odio” (conversione), “il prezzo della libertà” (sacrificio dei diritti), “guerra al terrore” (terrorismo psicologico), “danni collaterali” (strage di civili, per fare una frittata bisogna rompere le uova), “trasferimento di profughi” (deportazione), “difesa aggressiva” (attacco), “cambio di regime” (colpo di stato), “omicidio extra-giudiziario” (esecuzione, omicidio eccellente), “metodi d’interrogatorio più aggressivi” e “tecniche avanzate di interrogatorio” (tortura), consegne straordinarie” (extraordinary renditions, deportazioni illegali), “intelligence” (servizi segreti deviati), “combattenti nemici illegali” (inapplicabilità della convenzione di Ginevra), “flessibilità d’impiego” (affari tuoi), “non è questo il problema e non è questo il momento” (la tua opinione è irrilevante), “stati canaglia” (nemici), “ateo devoto” (leccapiedi), “bombe intelligenti” (bombe), “sovranità popolare” (demagogia), “Federal Riserve” (non è federale, ma privata e non possiede alcuna riserva), ecc. IDF israeliana: esercito coloniale ed aggressivo si chiama “forze di difesa”. Il Giappone abbandona il suo impegno scritto nella costituzione a non sviluppare un esercito offensivo. Con l’ennesimo espediente retorico: “capacità difensiva dinamica” (= “da ora in poi possiamo attaccare preventivamente…per difenderci”).

Infine, come nel caso della Siria e dell’Iran, entra in gioco anche la tendenza al completamento, ossia il bisogno di finire una cosa iniziata (primavera araba).