“Sono almeno dieci anni che giornali, governi e servizi segreti cercano le prove della presunta corruzione di Vladimir Vladimirovich #Putin. Si è sempre parlato di amicizie, connessioni e perfino di possibili prestanome. Ma mai prove. Anche questa volta, nelle migliaia di pagine che arrivano da #Panama il nome del presidente russo non compare nemmeno una volta”.
Corriere della Sera, 3 aprile 2016
“Tra i casinò di #Reno, in #Nevada, ecco spuntare anche il trust nuovo di zecca di #Rothschild, la banca d’investimento che ha fatto la storia della finanza internazionale dal 1811…sta trasferendo le fortune dei suoi facoltosi clienti dai paradisi offshore in declino come le Bermuda – soggetti alle nuove regole sullo scambio di informazioni – a quelli emergenti come il Nevada, escluso dalle norme sulla disclosure. Sì perché, come ammette tranquillamente il managing director di Rotschild Andrew Penney, «GLI STATI UNITI SONO IL PIU’ GRANDE PARADISO FISCALE AL MONDO».
«Gli Stati Uniti sono da tempo una delle destinazioni più gettonate da politici corrotti, cartelli della droga, ORGANIZZAZIONI TERRORISTICHE e grandi evasori fiscali – sospira Stefanie Ostfeld, responsabile per gli Stati Uniti di Global Witness
Gli Stati Uniti, insomma, sono LA NUOVA TERRA PROMESSA DEL SEGRETO”.
Qualcuno ha deciso di spaventare un po’ di evasori fiscali…il gregge si muove verso il pastore ma così, di fatto, gli Stati Uniti dichiarano guerra al resto del mondo, su iniziativa dei soliti noti (Rothschild, espulsi da Hong Kong, che era la loro prima scelta: per questo stanno spingendo gli USA allo scontro con la Cina, scontro che la marina statunitense ha tutte le intenzioni di evitare e pertanto non scoppierà) e all’insaputa della cittadinanza: “Ma io so’ io… e voi non siete un cazzo!“
IN ALTERNATIVA
Questa è un’operazione legittima che i media occidentali hanno cercato di dirottare contro Putin.
In realtà troppe sono le pedine imperiali sacrificate: i sauditi, la Clinton, Cameron, Poroshenko, Israele, Macri (Argentina), Cunha (Brasile). Macri ha appena riconquistato l’Argentina e Cunha sta cercando di riprendere il Brasile. Che senso ha indebolirli in questo momento? E perché le accuse a Putin sono così ridicole e il suo nome non spunta fuori da nessuna parte (dimostrando che in effetti non ha nulla da nascondere)?
Se la cupola ha deciso di sacrificare chi sta sotto non c’è limite alle rivelazioni che seguiranno: sarà guerra di mafia globale.
La Federazione russa ha battuto le candidature di Belgio-Olanda, Spagna-Portogallo e Inghilterra. Il Qatar ha invece avuto la meglio su Australia, Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud per il torneo del 2022. E la Cina pensa al 2026… Critico il presidente statunitense
Scandalo Fifa, Putin: “Un complotto americano contro Blatter”. Il presidente russo contro gli Stati Uniti: “Usata la via giudiziaria per impedire la rielezione di Blatter. Come hanno fatto per mettere a tacere Assange e Snowden”
Appena rieletto, Blatter ha annunciato l’intenzione di allargare il comitato esecutivo a 30 membri, per consentire a tutte le confederazioni di essere meglio rappresentate. Un passaggio in più per indebolire le federazioni calcistiche europea e statunitense che però sono quelle dove girano tanti soldi.
La Palestina nel pomeriggio ha deciso di ritirare la mozione relativa alla sospensione di Israele, chiedendo comunque la creazione di una commissione che si occupi di temi che riguardano Israele e Palestina (come ad esempio la libertà di movimento dei calciatori palestinesi). I presidenti delle federazioni israeliana e palestinese si sono stretti la mano, al termine delle votazioni, in cui la richiesta palestinese è stata approvata con un’ampia maggioranza (il 90 per cento).
La NATO (ma non Francia e Spagna) e l’Oceania hanno votato contro Joseph Blatter ma lui ha vinto lo stesso.
Il resto del mondo si è turato il naso e ha votato per il male minore.
Gli USA, sempre più isolati e avversati, non riusciranno a riprendersi con la forza il mondiale del 2022:
Dunque una rottura verticale che richiama molto da vicino quelle che si producono in sede di Assemblea Plenaria delle Nazioni Unite dove sempre più spesso le vecchie potenze occidentali scoprono di rappresentare una parte minore del mondo.
Ecco chi è Marco Carrai, il Gianni Letta di Matteo Renzi
– la sua famiglia si è riprodotta e si è moltiplicata riuscendo ad amnistiare la memoria del nonno di Marco, il Carrai su cui pesava l’accusa infamante di aver fatto parte della banda Carità, il gruppo fascista che opera in Toscana tra il ’43 e il ’45 a caccia di partigiani, tra esecuzioni sommarie e torture;
– il 19enne Marco al primo voto politico si impegna nei club della nascente Forza Italia di Silvio Berlusconi;
– ha trovato a Firenze un segretario provinciale ragazzino che nel ’94 aveva frequentato le tv berlusconiane da concorrente della “Ruota della fortuna” di Mike Bongiorno: Matteo Renzi.
– eletto con le preferenze assicurate da Comunione e Liberazione e dalla Compagnia delle Opere che in Toscana è presieduta da Paolo Carrai e da Leonardo Carrai, alla guida del Banco alimentare, altra opera ciellina: i cugini di Marco;
– Nel 2006, quando esce il film tratto dal romanzo di Dan Brown, pubblica un agile pamphlet su “Il Codice Da Vinci. Bugie e falsi storici”, con lo storico Franco Cardini e il professor John Paul Wauck, prete dell’Opus Dei, molto felice dell’iniziativa. Nel 2007 si presenta al cimitero degli Allori per deporre un cuscino di fiori in onore di Oriana Fallaci, scomparsa un anno prima;
– in quota Monte Paschi di Siena, membro dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze che è azionista di Banca Intesa;
– il fratello Stefano Carrai è in società con l’ex presidente della Fiat Paolo Fresco nella società Chiantishire che tenta di mettere su un gigantesco piano di appartamenti, resort, beauty farm nella valle di Cintoia, a Greve, bloccato dal Comune;
– Fresco è tra i finanziatori della campagna per le primarie del 2012 di Renzi, con 25 mila euro, insieme al finanziere di Algebris Davide Serra (quello delle Cayman), acclamato anche quest’anno alla stazione Leopolda;
– L’uomo del governo israeliano, per alcuni («Ho da fare a Tel Aviv», ripete spesso), di certo vicino agli americani di ogni colore. Frequenta con assiduità Michael Ledeen, l’animatore dei circoli ultra-conservatori del partito repubblicano, antica presenza nei misteri italiani, dal caso Moro alla P2. È in ottimi rapporti con il nuovo ambasciatore Usa in Italia John Phillips, amante del Belpaese e della Toscana, proprietario di Borgo Finocchietto sulle colline senesi;
– C’è anche Carrai quando Renzi banchetta con Tony Blair o quando va ad accreditarsi con lo staff di Obamaalla convention democratica di Charlotte del 2012. E quando tre mesi fa il sindaco vola a sorpresa a Berlino per incontrare la cancelliera Angela Merkel, accanto a lui, ancora una volta, c’è il ragazzo di Greve, Carrai;
– C’è chi ha visto la sua manina dietro la nomina di Antonella Mansi alla presidenza di Mps;
Sembra avercela con chiunque sia anche solo di pochi anni più vecchio di lei: ha mai pensato di soffrire di gerontofobia?
Cosa ne pensa del governo Monti?
Cosa ne pensa della gestione Marchionne della FIAT?
Cosa ne pensa del semipresidenzialismo? Ambisce a fare il sindaco d’Italia?
Ha dichiarato che il suo modello è Tony Blair e Tony Blair ha sostenuto la sua candidatura a guidare il PD e l’Italia: Tony Blair è vicino ad ambienti sionisti e neoconservatori, lo è anche lei?
Perché un leader tendenzialmente di sinistra dovrebbe frequentarli?
Quale soluzione proporrebbe per sanare il conflitto israelo-palestinese?
L’invasione dell’Iraq è stata la scelta giusta?
Blair è favorevole a un’escalation militare in Siria: lo è anche lei?
Blair ha approvato il golpe militare egiziano che ha rimosso un governo democraticamente eletto: è d’accordo con il suo giudizio?
Perché l’aspirante “sindaco d’ITALIA” ha scelto come consulente economico un israeliano, Yoram Gutgeld (n0n andava bene l’italiano Piga, tanto per fare un nome tra i tanti possibili)?
Un leader del centrosinistra necessita dell’imprimatur di JP Morgan?
“Sono stufo di questo Pd”. “Sono stufo di questo fuoco di sbarramento incomprensibile su ogni cosa che faccio”. “Andare avanti con questo clima di guerriglia permanente è davvero incomprensibile”. Perché restare in un partito in declino, che non la ama, la ostacola, la saboterebbe (com’è successo a Bersani)? Perché cercare di diventarne il leader?
Cosa ne pensa dei rapporti tra Stato italiano e Vaticano?
Liberalizzazioni e tagli al settore pubblico sono la strada per il rilancio dell’economia e la creazione d’impiego?
Cosa ne pensa dell’euro?
Le decisioni del governo Merkel hanno fatto bene o male all’Unione Europea e ai paesi dell’eurozona?
Gli stati dell’eurozona sono pronti per formare uno stato federale?
Quale sarebbe il peso di Berlino negli Stati Uniti d’Europa?
Cosa ne pensa del sistema di sorveglianza globale costruito dagli americani prima e dopo l’11 settembre?
E’ credibile che tutte le componenti dell’establishment americano – quello di Echelon, per intendersi – siano state prese in contropiede dall’11 settembre?
Cosa ne pensa di questa considerazione contenuta nel suddetto progetto (p. 50): “ll processo di trasformazione [delle strategie e delle missioni militari americane], anche se porterà un cambiamento rivoluzionario, risulterà molto lungo, se non si dovesse verificare un evento catastrofico e catalizzante, come una nuova Pearl Harbor”?
Che misure intende introdurre per regolare il sistema bancario? Come intende far rispettare le regole?
Intende ridurre progressivamente il gap tra i molto ricchi e il resto del paese? Come intende farlo?
Intende contribuire a ridurre progressivamente il gap tra i paesi molto ricchi e il resto del mondo? Come intende farlo?
Le politiche di contenimento delle emissioni di anidride carbonica sono utili? I loro costi sono giustificati dai risultati?
Si è interessato alle ragioni addotte per spiegare la pausa nella crescita del riscaldamento globale?
Come avrebbe votato sugli F35?
Quale è il suo giudizio sulla NATO?
L’Unione Europea dovrebbe cercare di stringere legami più forti con la Russia?
Quali politiche energetiche per l’Italia?
Quali politiche nell’ambito del Mediterraneo e del mondo arabo?
La creazione di una zona transatlantica di libero mercato non è destinata a favorire gli Stati Uniti?
Qual è la sua posizione sugli OGM?
Lei farebbe costruire una centrale al torio in Italia?
Qual è il suo giudizio sull’amministrazione Obama?
Cosa ne pensa delle autonomie regionali e provinciali?
Sarebbe favorevole a una riforma in senso autenticamente federale dello stato italiano?
Cosa ne pensa del M5S?
Qual è la sua posizione sul testamento biologico, la procreazione assistita, la ricerca sulle staminali?
Qual è la sua posizione sul programma nucleare iraniano?
Perché scegliere come spin doctor Giorgio Gori, legato a Mediaset?
Vendola o Monti?
Come si contrasta la corruzione?
E l’evasione?
Cosa ne pensa dei paradisi fiscali?
Come si difendono le gole profonde/whistleblower?
Presidente della provincia di Firenze a 29 anni: non è una scalata al potere un po’ troppo rapida persino per un enfant prodige?
È stato accusato di avere diversi conflitti di interessi da presidente della provincia e da sindaco: ha in mente qualche progetto di legge sul conflitto di interessi?
La sua posizione sulle coppie di fatto?
E sulle adozioni per coppie omosessuali?
Come si risolve il problema degli esodati?
Chi le ha pagato la campagna per le primarie e chi copre le spese dei suoi tour europei?
Quali sono i suoi rapporti con Comunione e Liberazione e qual è il suo giudizio su Opus Dei?
Le sembra normale fare tour elettorali e di pubbliche relazioni in Italia e in giro per il mondo mentre amministra Firenze? Onora così il suo incarico e le sue indennità?
A che titolo incontra i governanti occidentali? In qualità di sindaco di Firenze?
E’ una democrazia sana quella in cui i media implorano l’avvento di un “salvatore della patria”?
E’ normale che il sindaco di Firenze affitti Ponte Vecchio a privati per una cena di gala?
“Così il giovane putto di Rignano sull’Arno si è autoeletto “a nuovo che avanza” e ce lo ribadisce con un martellamento che non conosce tregua.
Poco male se l’iconicizzazione di quel nuovo è il giubbetto di Fonzie, il meccanico rubacuori star della serie televisiva americana degli anni Settanta “Happy Days”. Infatti quel capo d’abbigliamento stravisto ha un vantaggio importante per la promozione del prodotto: è assolutamente riconoscibile (non a caso la Coca Cola non cambia la grafica del suo logo). E qui da noi siamo ormai imprigionati da decenni nei condizionamenti televisivi di una americanizzazione da poveracci. Che Renzi sfrutta con una certa cinica sapienza.
Per di più il prodotto viene certificato a mezzo strombazzamenti vari per i suoi effetti salvifici immediati, come quegli sciroppi miracolosi venduti dal solito guaritore pataccaro in qualche fiera di paese. Anche questo aspetto funziona alla grande, considerata la diffusa credulonità di una cultura nazionale che rimane ancora in larga misura contadina. Peccato che l’annunciato salvatore della Patria non riesca neppure a risolvere i problemi di buona amministrazione nella città di cui è sindaco.
Questo è il destino di chiunque nel mondo provi a usare la religione per interessi politici o di parte. L’esperienza di governo dei Fratelli musulmani è fallita prima ancora di cominciare, perché va contro la natura del popolo.
Assad si prende la sua puerile vendetta su Morsi e, nel farlo, delegittima le elezioni siriane dell’anno prossimo
Il Corriere della Sera, che parla di “golpe dolce“, istruisce i suoi lettori su chi siano i buoni e chi siano i cattivi e che cosa sia veramente importante, cioè a dire non la democrazia, ma il controllo di Suez e la sicurezza di Israele: “Morsi, presuntuosamente, ha pensato soltanto a sopravvivere, affidandosi ad un pigro provincialismo. Senza comprendere di essere al timone del primo Paese arabo, che è proprietario dei diritti su quel cordone ombelicale che collega due mondi – il canale di Suez -, che confina con Israele, che è la patria di una cultura millenaria a cui tutti noi dobbiamo qualcosa“.
Gad Lerner: Guardo in tv piazza Tahir che ribolle, una massa di popolo impressionante. Lo so che dietro ci sono anche i generali, lo so che Morsi può rivendicare la legittimità derivante da una vittoria elettorale [ecco Gad, fermati qui e rifletti prima di proseguire oltre…]. Ma non c’è dubbio che sta manifestandosi in Egitto una spinta di libertà che l’islamismo politico invano ha vervato di reprimere. Ormai anche le nazioni della sponda sud del Mediterraneo vivono la dialettica di società plurali e complesse, irriducibili all’omogeneità della norma religiosa così come alla militarizzazione del rapporto tra Stato e cittadinanza. È un’energia giovanile prorompente quella che si manifesta in una regione che non possiamo permetterci di considerare estranea alla nostra. Con questa energia vitale, che oggi destabilizza l’Egitto ma domani potrebbe favorirne la crescita economica, saremo chiamati a fare i conti non solo in Israele, dove ancora mi trovo, ma anche in Italia. http://www.gadlerner.it/2013/07/03/egitto-morsi-e-travolto-da-un-bisogno-di-liberta
Commento di un lettore di Gad: “che triste fine lerner. Dalla parte dei colonnelli golpisti. A quando la rivalutazione di stefano delle chiaie e junio valerio borghese???????“
Commento di un altro lettore di Gad: “Lerner fa torto alla nostra intelligenza. Credere che una rivoluzione appoggiata dai militari pagati da chissachì, sia foriera di benessere, progresso e libertà, e persino meno verosimile del fatto che Ruby era nipote di Mubarak!“
Commento di Michele Serra (dall’Amaca): “Che legittimità ha un potere non eletto dal popolo che contraddice e annulla un potere eletto dal popolo? L’esercito ha prestigio, spiegano gli analisti, e rappresenta l’unità del Paese. Ma della democrazia, quando è d’impiccio, che ne facciamo? Facciamo finta di niente?“
Jonathan Steele, Guardian:
“Rifiutare i risultati di elezioni che sono state ampiamente ritenute libere e legittime e mettere da parte il diritto fondamentale di un paese è un passo che nessun esercito dovrebbe mai prendere. Il fatto che la mossa dell’esercito sia stata accolta da molti dei rivoluzionari che per primi hanno avuto il coraggio di andare in piazza contro Mubarak nel 2011 è un drammatico sintomo della loro ingenuità e miopia politica…. Imputare a Morsi tutte le delusioni degli ultimi due anni è assurdo. Non è stato lui, ma la Corte suprema amministrativa ad aver sciolto l’assemblea del popolo, la camera bassa del parlamento. Non è stato lui, ma i leader dei partiti di opposizione che hanno prodotto un governo in gran parte dominato dai Fratelli Musulmani. Morsi li ha invitati a partecipare al gabinetto ma loro hanno rifiutato…. Certamente non è il presidente che deve essere incolpato per l’incapacità dell’economia egiziana di fornire sufficienti posti di lavoro per decine di migliaia di giovani che si laureano ogni anno, per non parlare di una generazione più vecchia che è senza lavoro.
Morsi ha seguito i piani del Fondo monetario internazionale per porre fine ai sussidi sui prodotti alimentari e le bollette che hanno creato ancora più austerità, ma così avrebbe fatto la maggior parte dei leader dell’opposizione che ora chiede a gran voce il potere…. Si è parlato molto e giustamente della minaccia alla democrazia egiziana che viene dal cosiddetto “stato profondo”: la burocrazia ancora radicata, fatta di funzionari del partito di Mubarak, imprenditori suoi sodali e una gerarchia dell’esercito che sfrutta i beni dello Stato o trae profitto dalle industrie e aziende di recente privatizzazione.
Alcuni hanno accusato Morsi di essersi unito a questa élite autoritaria. Ma la vera accusa era di aver fatto troppo poco per contrastarla e per tenere sotto controllo i loro tirapiedi, una forza di polizia corrotta e brutale. L’ironia degli eventi degli ultimi giorni è che coloro che hanno così energicamente denunciato il presidente in piazza Tahrir e nelle strade di altre città stanno cadendo nella trappola tesa dalla stessa elite che vorrebbero riportare sotto il loro controllo.
È vero che i Fratelli Musulmani e i loro sostenitori sono conservatori e possono costituire una minaccia per certi diritti civili degli egiziani. Ma il pericolo maggiore e più immediato per il paese è quello dei diritti politici che tutti gli egiziani hanno conquistato con il rovesciamento di Mubarak. L’abolizione della norma del partito unico, il diritto di tutti i tipi di gruppi politici di organizzarsi liberamente, l’abolizione della censura dei media e l’alleggerimento della reclusione per chi dissente sono vantaggi che non dovrebbe essere abbandonati alla leggera.
Coloro che credono che l’obiettivo principale dei militari sia quello di preservare le nuove libertà saranno presto delusi. Dal Cile nel 1973 al Pakistan nel 1999 (e i numerosi precedenti), lunga è la storia di golpe militari che sono stati accolti positivamente nelle loro prime ore e giorni, ma deplorati negli anni di disperazione che seguirono. Per l’Egitto sarebbe un disastro seguire questa tradizione”. http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2013/jul/03/egypt-coup-ruinous-army
QUESTO E’ IL NODO DELLA QUESTIONE: chi approva un golpe militare contro un governo democraticamente eletto non può contestualizzare. I fratelli musulmani venivano torturati e fatti sparire sotto la precedente dittatura militare: tutto bene tanto sono islamici e quindi chissenefrega?Salvador Allende in fondo era un comunista, no?Lo diceva anche Kissinger che i comunisti sono incompatibili con la democrazia. Meglio un sano golpe.
Presto scopriremo se l’esercito egiziano permetterà ai partiti di ispirazione islamica di presentarsi alle prossime elezioni “democratiche” o se li bandirà, come al tempo di Mubarak.
Stiamo attraversando un campo minato, la democrazia è in crisi, ci vengono imposti tecnocrati e quisling, Grillo&Casaleggio dimostrano tutto il loro dispotismo e non è dato di sapere che altro (di peggio?) ci riserva il futuro. Non è tollerabile questa nonchalance nei confronti di un colpo di stato dell’esercito.
L’islamofobia è una pessima ragione per appoggiare un golpe.
I manifestanti di piazza Tahrir che esultano per i carri armati nelle strade con i fuochi d’artificio si renderanno conto molto presto di cosa è successo e di quali siano le implicazioni.
Pochi mesi e siamo di nuovo alla casella di partenza, con l’esercito di nuovo al potere, i media dei fratelli musulmani interdetti, il presidente democraticamente eletto agli arresti domiciliari, il potere giudiziario filo-Mubarak e anti-islamico che gongola, la dirigenza dei Fratelli Musulmani arrestata in blocco e la costituzione sospesa. Se ci saranno le elezioni vincerà un burattino dell’esercito. Bel risultato! Complimenti fighetti di piazza Tahrir: avete chiuso il cerchio!
L’esercito egiziano, il secondo più generosamente foraggiato da Washington nel mondo dopo quello israeliano, per qualche ragione ha deciso di essere più democratico e costituzionale di un governo eletto democraticamente; che non aveva imposto la sharia (c’era già); che fin dall’inizio aveva dovuto accettare le umilianti e devastanti condizioni imposte dal FMI (austerità!), in pratica suicidandosi (aggravamento crisi economica = rivolte); che aveva dovuto esortare gli egiziani ad andare a combattere in Siria per non subire ritorsioni da Qatar e Arabia Saudita. Un governo non particolarmente efficace – ma chi lo sarebbe in un paese complesso, arretrato e in crisi economica sparata come l’Egitto? Si possono pretendere miracoli in pochi mesi? – non educato alla democrazia, ma non certo una dittatura e nulla che meritasse di essere esautorato con la forza. Se in una singola occasione aveva cercato di conferirsi maggiori poteri costituzionali era solo per poter controllare un establishment fedele a Mubarak che non aveva alcuna intenzione di mollare l’osso: certi magistrati egiziani, nominati da Mubarak, avevano il potere di sciogliere il parlamento, un’autorità che non ha nulla a che vedere con una democratica divisione dei poteri. In ogni caso aveva subito interrotto il tentativo di fronte alle pressioni della folla. Troppo moderato per piacere ai salafiti (estremisti islamici), negli ultimi giorni aveva anche manifestato la sua disponibilità a formare un governo di unità nazionale con l’opposizione ed ad anticipare le elezioni pur di scongiurare uno scontro. Che cos’altro si pretendeva da lui?
Cosa succederebbe in Europa? Gli europei approverebbero un colpo di stato militare per liberarsi dei governi austeristi che distruggono le loro economie e il loro tessuto sociale? Ci sarebbero fuochi artificiali come a Tahrir? Se un governo è impopolare è giusto che intervengano populisticamente le forze armate? Come si può esultare nel democratico Occidente per una cosa del genere? Sdoganiamo i colpi di stato militari?
Se Obama avesse cercato veramente di ridimensionare il complesso militare-industriale sarebbe stato deposto? Potrebbe succedere in futuro? Sta rischiando grosso già adesso? In futuro vedremo manifestazioni di massa del Tea Party, guidate da Rand Paul, al grido di “impeachment, impeachment”? Come si comporteranno le forze armate americane?
È solo l’Egitto ad essere governato da dietro le quinte dagli uomini in uniforme? Oppure le dirigenze civili sono molto più effimere di quanto si pensi in diverse nazioni “civili”?
Qualche giorno fa l’esperta ambasciatrice americana Anne Patterson aveva garantito il sostegno a Morsi
Per tenerlo calmo o per spronarlo? Chi controlla l’esercito egiziano? Obama o i neocon-sionisti? Obama ha pugnalato alle spalle Morsi oppure ha perso un’altra pedina importante nell’area? Chi controlla il Pentagono?
Che senso hanno altre elezioni se chi vince ha questa spada di Damocle che pende sul suo capo? Come potrà governare? Come potrà non obbedire allo stato maggiore dell’esercito?
I soldati e ufficiali egiziani che hanno votato per Morsi si ammutineranno?
Dopo la rimozione della fratellanza musulmana dal governo del paese, cosa farà la maggioranza di egiziani che non si riconosce in un governo laico appoggiato dai militari o in una giunta militare? Si rivolgerà ai salafiti, gli stessi che seminano il caos dalla Libia alla Siria?
I cristiani copti si sono schierati con l’esercito – ricordo che c’erano i copti e i neocon americani dietro l’atroce filmetto su Maometto che scatenò la furia islamica in Egitto e in Libia (uccisione dell’ambasciatore americano).
Le manifestazioni pro-Morsi urlano “abbasso la giunta militare”. Morsi si considera ancora il presidente.
È assai probabile che entro la fine dell’anno gli egiziani saranno di nuovo in piazza a manifestare contro la giunta militare che non garantisce delle elezioni veramente democratiche e sembra intenzionata a restare al potere quanto più a lungo possibile (abituata com’è a gestirlo – con Mubarak era il generale Tantawi a reggere la barra cleptocratica – l’esercito lucra attraverso un enorme business fatto di latifondi, alberghi, imprese edili, industrie, ecc.).
Oltre 80 milioni di persone impoverite dalla crisi e sottoposte ad austerità (FMI colpisce anche in Egitto) sono una massa incredibile ed ingovernabile. Scopriremo molto presto cosa ciò significhi in un’area cruciale come quella intorno al Canale di Suez, che tiene in vita le nostre economie.
Si rischia una guerra civile infinitamente peggiore di quella siriana, con Israele pronto a riprendersi il Sinai con una qualche operazione anti-terrorismo e di pacificazione.
Adesso gli jihadisti che combattono in Siria si trasferiranno in Egitto per combattere l’esercito egiziano e i copti?
Sarebbe interessante capire fin dove si spingerebbe la ginnastica mentale e dialettica dei filo-golpisti nello sforzo di negare che si tratti di un colpo di stato [“è un recall un po’ brusco ma legittimo”], se fosse Obama o un presidente/premier europeo e subirlo. Magari finiremo per scoprirlo.
Francesco Nitto Palma è stato eletto alla presidenza della commissione Giustizia del Senato alla quarta votazione. «Quello a cui abbiamo assistito con la votazione sulla presidenza Nitto Palma in commissione Giustizia è davvero il teatrino della vecchia politica. Hanno votato senza battere ciglio Formigoni in commissione Agricoltura e poi qui, dopo aver preso un accordo preciso, non lo hanno rispettato». È questo lo sfogo del capogruppo di Scelta civica al Senato, Gianluca Susta, dopo il voto in commissione Giustizia del Senato. «Abbiamo già espresso la nostra insoddisfazione a Zanda, Letta e Franceschini. Non ci si comporta così». http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/POLITICA/silvio_berlusconi_nitto_palma_pd_pdl_commissioni_senato_giustizia/notizie/277500.shtml
La procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per associazione per delinquere e corruzione per Roberto Formigoni (8 maggio 2013)
Francesco Boccia (Pd) alla commissione Bilancio, Daniele Capezzone (Pdl) alle Finanze, Fabrizio Cicchitto (Pdl) agli Esteri, Giancarlo Galan (Pdl) alla Cultura, Elio Vito (Pdl) alla Difesa, Nicola Latorre = Massimo D’Alema (Pd) alla commissione Difesa, Anna Finocchiaro agli Affari costituzionali, Altero Matteoli (Pdl) ai Lavori pubblici – Telecomunicazioni, Maurizio Sacconi (Pdl) al Lavoro, Roberto Formigoni (Pdl) all’Agricoltura, Pier Ferdinando Casini (Scelta civica) agli Esteri, La presidenza della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera è andata a Ignazio La Russa (Fdi).
La commissione Giustizia, invece, non è riuscita a eleggere alla prima e alla seconda votazione l’esponente del Pdl Francesco Nitto Palma, che ha ottenuto solo 12 e 13 voti rispetto ai 14 necessari. “E’ un fatto politico, una cosa organizzata, non un caso di franchi tiratori – ha commentato il capogruppo del Pdl Renato Schifani – . Ognuno ora dovrebbe assumersi le sue responsabilità”.
Il senatore Antonio Razzi (Pdl), è stato nominato segretario della Commissione esteri del Senato. Il posto perfetto per premiare il merito e le capacità di un parlamentare per caso, che ha saputo giocarsi bene le sue carte. Che abbia difficoltà persino ad esprimersi in italiano è un dettaglio, nel governo Letta c’è anche di peggio.
Quando si pensa ad uno psicopatico, i nomi che vengono in mente sono quelli di Hitler, Stalin, Mao, il marchese de Sade, qualche serial killer, qualche squalo della finanza.
Se fosse così facile sgamare uno psicopatico, saremmo a posto.
Hervey Cleckley, pioniere dello studio della psicopatia e ancora oggi riconosciuto come uno dei massimi specialisti del campo, sospetta che una figura storica in molti casi ammirata, come Alcibiade, fosse verosimilmente uno psicopatico.
Qui trovate “The Mask of Sanity”, in cui lo psichiatra esamina anche il profilo psicologico di Alcibiade (pp. 327-336):
Noi non sappiamo se la descrizione della personalità di Alcibiade che ci è stata trasmessa sia corretta; la cosa è di importanza secondaria. Quel che mi preme è che il lettore possa farsi un’idea di come si comporterebbe un leader psicopatico, in modo da riuscire a riconoscerlo. Insomma l’Alcibiade al centro di questa “inchiesta” è un tipo ideale, utile per esplorare l’attualità ed il prossimo futuro, non per fare storiografia.
Esaminiamo alcuni estratti da “Alcibiade e l’eterno desiderio di gloria”di Paola Scollo:
– Geniale e abile stratega, nel corso della guerra del Peloponneso non ha esitato, per convenienza, a tradire più volte la sua patria, alleandosi dapprima con gli Spartani, poi con i Persiani. Ambizioso e amante dei piaceri, ha esercitato sempre grande fascino nella sua gente. E non solo.
– Nell’immagine di Alcibiade, la presenza di Socrate rappresenta «un reale aiuto degli dèi» a tutela della virtù, pertanto «come un gallo sconfitto abbassò le ali e si rannicchiò intimorito verso Socrate, amico e amante che non andava in cerca di piaceri indegni di un uomo e non chiedeva baci e carezze, ma che gli apriva gli occhi sulla corruzione della sua anima e umiliava il suo orgoglio vano e sciocco» (Phrin. fr. 17 Nauck).
– Ancora giovanissimo, Alcibiade è introdotto alla vita politica. Fin da subito, comprende che nulla gli avrebbe procurato influenza sulla massa più del fascino della parola.
– Come puntualizza Plutarco, oltre alle notevoli doti di politico e oratore, alla sottile intelligenza e alla singolare abilità, nell’animo di Alcibiade si annida la dissolutezza dei costumi, che lo guida «verso eccessi nel bere e negli amori…verso un’ostentazione di lusso sfrenato».
– «egli indusse il popolo a concepire grandi speranze, ma ancor più grandi erano le sue aspirazioni: la Sicilia, infatti, doveva costituire solamente il principio della realizzazione delle sue mire e non un fine in sé, come pensavano tutti gli altri».
– alcuni schiavi e meteci accusano Alcibiade e i suoi amici «di aver sfregiato anche altre statue e di aver parodiato, nell’ebbrezza del vino, i sacri misteri, ovvero i Misteri Eleusini».
– Plutarco sostiene che Alcibiade possiede, tra le numerose capacità, «un’arte tutta particolare nell’accalappiare le persone, conformandosi e adeguandosi alle abitudini e ai costumi altrui, imponendosi cambiamenti più rapidi e radicali di quelli di un camaleonte» (Alc. XXIII) [questo è il marchio di fabbrica dello psicopatico http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/psicopatici-al-potere-conoscerli-per.html].
– Alcibiade si affida a Tissaferne, satrapo del re di Persia, che, essendo per natura malvagio e amante di chi è come lui, apprezza molto «la versatilità e l’abilità eccezionale dell’Ateniese».
– Alcibiade cerca in tutti modi di danneggiare gli Spartani e di metterli in cattiva luce presso Tissaferne (Tucidide VIII 45 – 51). Dopo aver tradito Atene alleandosi con Sparta e, quindi, aver tradito Sparta, alleandosi con la Persia, nell’inverno del 412/1 a.C., Alcibiade tenta di allearsi con la flotta ateniese schierata a Samo
– Ambizioso uomo politico, freddo e valoroso stratego, personaggio complesso e, come tutti coloro che sono destinati a imprimere il sigillo della loro personalità, contraddittorio. Forse, è proprio questa contraddittorietà che continua, a distanza di secoli, ad affascinare e ad eternare il ricordo di Alcibiade. Forse, è la stessa contraddittorietà che gli Ateniesi hanno amato e per cui non sono riusciti a odiare Alcibiade nemmeno quando ne hanno ricevuto del male (Alc. XLII 3).
– Fin dall’inizio della sua ‘carriera scolastica’, egli avrebbe dato prova della stessa prepotenza mostrata altrove… Plutarco mette in evidenza le stesse caratteristiche emerse nei testi precedentemente analizzati: ogni sua azione risultava prodotto di prepotenza e dispotismo, ma nonostante questo l’autore non poté evitare di cercare delle motivazioni che rendessero in qualche modo più accettabile il consenso generale di cui godeva.
– Plutarco non nega che Alcibiade avesse comunque ricevuto una educazione, la quale, tuttavia, privata del sostegno di una solida morale, si sarebbe resa utile per il conseguimento di altri obiettivi, meno nobili. Come abbiamo visto, Alcibiade era infatti dotato di una particolare abilità nell’adeguarsi alle circostanze esterne, sapeva cioè imitare sia i comportamenti moralmente riprovevoli che quelli encomiabili. Tale capacità, risultato dell’esercizio della ragione sulla sua natura incoerente, sarebbe diventata un elemento molto utile alla sua carriera politica, poiché gli avrebbe permesso di adattarsi alle diverse circostanze e di appianare gli scontri [lo psicopatico è, per definizione, camaleontico, poiché altrimenti non riuscirebbe ad ottenere ciò che vuole]
– proprio l’eccezionalità che nessuna delle testimonianze analizzate pare voler negare avrebbe determinato il sorgere delle accuse di ambire alla tirannide di cui egli fu, fin da subito, oggetto; in questo contesto però la tirannide non indica un vero e proprio regime politico basato sul potere personale di un solo individuo, quanto piuttosto un modello di comportamento prepotente e assolutista, che tende a sopraffare la sovranità esercitata dal demos;
– Alcibiade manifesta invece una visione antitetica del rapporto tra città e individuo: al primo posto della scala di valori egli pone infatti il soddisfacimento di desideri personali;
– Pericle mette in guardia dai rischi di una guerra di attacco, poiché obiettivo di Atene doveva essere la conservazione e il rafforzamento dell’impero, e per questo rifiuta ogni progetto di ampliamento; Alcibiade porta invece l’imperialismo ateniese al suo limite estremo, presentando un progetto espansionistico senza pari. La differenza fondamentale tra questi due atteggiamenti consiste nel tentativo di Pericle di trovare una giustificazione morale all’impero. Lo statista infatti riconosce l’ingiustizia intrinseca nel concetto stesso di imperialismo ateniese (che definisce infatti simile ad una tirannia vd. II 63.2), ma cerca un’attenuante – seppur debole – nella straordinarietà di Atene, che costituisce un esempio per tutta la Grecia, e nella superiorità degli Ateniesi (II 62.4); nel discorso di Alcibiade manca invece ogni pretesto morale alla sua politica imperialistica aggressiva, che appoggia solo in vista dei vantaggi che questo può procurargli. In questo modo l’imperialismo ateniese perde ogni giustificazione morale e diventa pura espressione della legge del più forte.
– Alcibiade spiega le ragioni di quello che si presenta come un tradimento della propria patria [si è schierato con Sparta contro Atene] attraverso un ragionamento sofistico, nel quale si riscontrano tutte le caratteristiche già presentate di questo personaggio. All’interno del suo sistema di valori, orientato al soddisfacimento egoistico dei propri desideri, l’idea di patriottismo assume un significato nuovo: “non penso di andare contro quella che è la mia patria, ma piuttosto di riprendere quella che non è più mia. E ama giustamente la patria non quello che non assale la sua dopo averla ingiustamente perduta, ma colui che con tutti i mezzi, per l’amore che le porta, cerca di riprenderla»… Si manifesta ancor più chiaramente l’egoismo di questo personaggio che, pur di soddisfare il proprio desiderio di tornare ad Atene, si dimostra disposto a distruggerla, sia militarmente (grazie all’aiuto di Tissaferne), che politicamente (determinando la caduta della democrazia). Lo scopo non è dunque quello di essere riammesso nella comunità civica, ma quello di soddisfare un proprio desiderio individuale.
– “egli conquistò il favore degli umili e dei poveri al punto che questi ardevano addirittura dal desiderio di averlo come tiranno; e taluni glielo dissero e lo esortarono a farsi tale per vincere gli invidiosi e abrogare i decreti e le leggi di quei chiacchieroni che mandavano in rovina la città in modo da poter agire e governare lo Stato senza più dover temere i sicofanti”.
– «Quanto ai sentimenti del popolo verso di lui, bene li ha espressi Aristofane i questi versi: “lo ama, lo detesta, ma lo vuol avere”. E caricando ancor più la dose, usa questa metafora: “Non si alleva certo un leone in città: ma se uno se lo alleva, ai suoi modi conviene che si pieghi”».
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Dal blog “Notecellulari”
Matteo Renzi (o l’eloquenza volgare)
“Bei tempi quelli della canotta del senatùr? Anche no. Non è necessario rimpiangere la ruspante grossolanità padana per trovare volgaruccio Matteo Renzi. Matteo ha un look su cui si potrebbe eccepire, ma che appare meno sguaiato di quello esibito dall’Umberto prima maniera; del resto altrettanto cafone della canotta alla Pacciani può apparire anche un doppiopetto ostentato e impomatato, tirato a lucido e che vernicia la corruzione. Quella di Renzi è invece la vera nuova volgarità rampante, quella che si afferma e brilla contenta di sé. Matteo Renzi è volgare nel suo proporsi, nel suo sorrisetto gnè-gnè, nel suo esprimere fastose certezze siderali su argomenti banali, nel suo applicare ovunque e con dovizia aggettivi come “bello”, “meraviglioso”, “naturale”, nel suo dire “chi ha coraggio, chi ha entusiasmo, chi ha voglia” riferendosi esclusivamente a se stesso, nello sciorinare i suoi “sinceramente”, “con sincerità”, “con chiarezza” quando sta shiftando di brutto su un concetto; nel dire che augura successo all’avversario mentre gli sega, e nemmeno silenziosamente, le gambe della sedia.
La sua volgarità è nel pluralemajestatis (non lo usa più nemmeno il romano pontefice) che gli fa dire “noi” quando intende “io”, nel parlare con enfasi del futuro dell’Italia senza esporre altro che se stesso oppure nell’ostinarsi a dividere ottusamente giusto e sbagliato in base a un criterio grottesco e solo generazionale fino ad arrivare a lodare strumentalmente le dimissioni del papa emerito Ratzinger; scrive infatti nel suo blog: “Ho chiesto ai miei figli di accendere la tv insieme e abbiamo guardato le immagini del vecchio Papa che lascia, che se ne va, che saluta prima delle dimissioni. Non avrei mai immaginato di assistere alla scena di un Papa che dice basta. Che lui non è più in grado di farcela. Che giura obbedienza al suo successore. “ (come lo vorrebbe per se stesso!)
Matteo Renzi però piace; ammettiamolo: sciaguratamente piace e questa è una dannazione del nostro tempo televisionaro, grossolano, sprecone, superficiale e di bocca buona. Respingo sempre le critiche (comprese quelle filorenziane) che attribuiscono alla generazione come la mia le colpe che riguardano il dissesto economico. Le respingo proprio perché vengono da ignoranti tirati a lucido e non sono argomentabili; se invece una colpa l’abbiamo è di non essere riusciti a educare i matteorenzi che ora ci infestano con le loro vanterie da cicisbeo, con i loro atteggiamenti da miles gloriosus appena attenuati, con la supponenza di un tartufino-berluschineggiante. O forse no, gente come lui che chiama i collaboratori “il mio staff”, ma che chiama il suo partito o la politica “questa roba qua” non era educabile. Succede”. http://notecellulari.wordpress.com/2013/03/10/matteo-renzi-o-leloquenza-volgare/
Bisogna assolutamente rivedere e limitare le spese militari degli F35 perché le nostre priorità sono altre. Alla luce della crisi, questa è una spesa che va rivista. Le nostre priorità non sono i caccia ma il lavoro.
Pier Luigi Bersani, intervista al Tg2
Le immagini parodistiche, per quanto divertenti e sollazzanti, sono ingannevoli. Il senso del suo discorso è: compreremo meno F-35, ma li compreremo. Lo ha capito anche Alenia Aermacchi, che si oppone al “ridimensionamento del programma”, non alla sua soppressione. Come reagirà l’opinione pubblica quando scoprirà che Bersani non ha mai rifiutato l’acquisto?
“Una cosa è certa. L’11 dicembre 2012 il Pd non s’è opposto alla Riforma della Difesa voluta ostinatamente dal ministro Di Paola, acquisto degli F-35 incluso. La Camera ha definitivamente approvato la legge con 294 sì, 53 astenuti e solo 25 no. Il Pd si è espresso a favore. Tra le poche voci apertamente dissenzienti, quella del deputato Andrea Sarubbi: «Si liberano soldi per l’acquisto dei cacciabombardieri e di altri 70 programmi d’armamento, in un momento in cui si chiedono alle famiglie sacrifici. Tra le guerre ad alta densità inseguite dall’ammiraglio Di Paola e gli interventi di polizia internazionale iscritti nella carta dell’Onu c’è una gran differenza. Per questi motivi, annuncio il mio voto di astensione, in dissenso dal mio gruppo parlamentare»”. http://www.famigliacristiana.it/volontariato/organizzazioni/articolo/f-35-bersani-meglio-tardi-che-mai.aspx
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“Berlusconi ha chiesto una verifica ai collaboratori. E forse oggi non firmerebbe quell’accordo: “Sono sempre stato contrario all’F35 e alle portaerei”.
Bersani dice che occorre rivedere la spesa per i caccia F35, ora la priorità è il lavoro. Ma comunque non possiamo rinunciare ai caccia: forse, e dico forse, ne compreremo di meno.
Monti scarica le colpe sui governi precedenti. Da D’Alema a Berlusconi. E in ogni caso, sul progetto F35, non si torna indietro. Ci sono gli accordi.
Grillo e Ingroia, infine, sono contrari sia all’accordo che alla spesa: in Parlamento voteranno contro.
[…].
“L’F-35 è il peggior aereo che abbiamo mai costruito”. La sentenza lapidaria è di uno che di aerei da combattimento se ne intende: Pierre Sprey, il padre dell’americano F-16, uno dei jet più riusciti e usati. Sprey è stato intervistato da Riccardo Iacona e la sua testimonianza sarà trasmessa questa sera su Rai3 nel programma Presadiretta dedicato agli F-35, i jet che l’Italia vorrebbe comprare dalla Lockheed Martin spendendo la bellezza di 13 miliardi di euro e mettendo in conto di spenderne più del doppio e forse il triplo nell’arco di un ventennio, dal momento che quei jet sono dei succhia soldi per la manutenzione e la gestione. Assieme al progettista Sprey sono stati sentiti da Iacona altri personaggi autorevoli: Walter Pincus, giornalista del Washington Post, premio Pulitzer per gli articoli scritti sui temi della difesa e il primo ad indagare negli Usa sull’affare del cacciabombardiere F-35. E Winslow Wheeler, consigliere per la sicurezza di senatori americani sia democratici sia re-pubblicani, compreso John Mc-Cain, pilota in Vietnam e nel 2008 candidato alla presidenza contro Barack Obama. Dalle tre testimonianze emerge un giudizio unanime e duro: quell’aereo è un affarone per chi vende, cioè la Lockheed. Ma è un bidone per chi compra, Stati Uniti e Italia compresa, perché è nato storto e sta procedendo di male in peggio. Se l’Italia lo acquistasse farebbe un errore grave.
LE VALUTAZIONI raccolte da Iacona sono così crude da sorprendere lo stesso giornalista che con Il Fatto confronta l’approccio aperto e senza reticenze alla questione F-35 negli Stati Uniti con quello italiano. Qui domina l’autoreferenzialità dei vertici militari, la scarsità di informazioni alla stampa e la debolezza della politica, succube della logica distorta del fatto compiuto. Il capo del governo, Mario Monti, mentre tagliava a destra e manca non ha mosso un muscolo di fronte alla spesa stratosferica per gli F-35; il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, dice che bisogna rivedere il programma, ma “solo un po’” e Silvio Berlusconi, dopo aver spalancato le porte agli F-35, fiutato il vento ora rivela che “in cuor suo” era contrario (ieri Monti ha ricordato che l’Italia ha aderito al programma con il governo D’Alema e poi con Berlusconi).
Le interviste dei tre esperti americani affiancano il dossier ufficiale e altrettanto clamoroso del Dipartimento della Difesa (Pentagono).
Anche i tecnici del governo Usa hanno elencato i difetti del cacciabombardiere, a cominciare dal rischio che possa esplodere in volo se colpito da un fulmine, circostanza per niente remota per un aereo. Tempo fa il senatore McCain aveva definito l’F-35 “uno scandalo e una tragedia”, ora il suo consigliere accusa: “L’F-35 ha problemi tecnici che non si possono risolvere perché è un progetto sbagliato. Questo aereo non è buono per nessuna delle sue funzioni. In compenso costa una fortuna”. All’inizio la Lockheed aveva detto sarebbe costato solo 45 milioni di dollari ciascuno e siamo già a 200 milioni di dollari. “Se l’Italia lo comprasse adesso, la versione più semplice vi costerebbe questa cifra, quella a decollo verticale 20 o 30 milioni in più. E quando li avrete comprati non avrete finito di spendere perché questi aerei hanno un costo operativo pazzesco”. Secondo Wheeler la tecnica della Lockheed per piazzare gli F-35 è semplice e astuta: “Ha cominciato a produrre gli aerei prima di terminare i test… ti prendono all’amo prima ancora di dirti cosa stai comprando”.
IL GIORNALISTA Pincus si pone retoricamente la domanda: “A cosa serve l’F-35, cosa ce ne facciamo? ”. E la risposta è: “Non c’è nessuno, Cina, Russia, nessun paese che possieda un’arma minimamente comparabile con questo aereo, che ci possa minacciare”. Quindi non è indispensabile acquistarlo e se non lo è per gli Usa figuriamoci per l’Italia. Alla domanda quanto costa, anche Pincus non può fare a meno di arrendersi all’indeterminatezza che circola in tutto il mondo: “400 miliardi di dollari in 20 anni per 2000 esemplari, ma è una previsione ottimistica. Quanto costerà ogni F-35 non lo sa nessuno”. Il progettista Sprey spiega in dettaglio come nella versione per portaerei il gancio per l’atterraggio sia disegnato male e passi sopra il cavo di acciaio per la frenata o rischi di tranciarlo. Sarcastica la considerazione: “Stiamo parlando di uno degli aerei più sofisticati al mondo e non riusciamo a disegnare bene un gancio? ”. Secondo Sprey l’F-35 “balla molto per la pessima aerodinamica” e inoltre “ha restrizioni sulla velocità perché altrimenti si brucia la coda” e poi “l’impianto elettrico è pericoloso” e dal momento che “il carburante sta tutto intorno al motore… e in guerra è importante evitare che l’aereo possa esplodere solo perché da terra ti colpiscono con un kalashnikov… questo è l’aereo più infiammabile che abbiamo mai costruito”. Infine il “software è un disastro” e se “il visore del casco non funziona non puoi controllare l’aereo, perché non ci sono sistemi di navigazione nel cockpit”.”
Fatto Quotidiano
Il Pentagono e la Marina degli Stati Uniti hanno bloccato le missioni degli F-35, dopo un incidente al sistema di scarico che si è verificato durante un volo di addestramento a Eglin Air Force Base in Florida. L’incidente è avvenuto pochi giorni dopo la pubblicazione di un rapporto del Pentagono che elenca una serie di vecchi problemi a cui non è stato ancora possibile porre rimedio e di nuovi problemi che non erano stati previsti (alcuni strutturali) e sottolinea come il programma da 396 miliardi dollari sia ancora ben lontano dal produrre risultati soddisfacenti.
Il Pentagono pensava di acquistare quasi 2500 velivoli, ma limiti di budget ridurranno questo numero. [Dunque il Pentagono fa lo stesso discorso di Bersani: li compreremo ugualmente, pur comprandone meno]
Rimangono ancora problemi per il casco del pilota, per lo sviluppo di software, integrazione delle armi e serbatoio del carburante. E proprio i problemi al serbatoio lo renderebbero a rischio di esplodere, qualora venisse colpito da un fulmine. Inoltre, sempre secondo lo stesso rapporto, i tentativi di alleggerirlo “hanno reso il velivolo più vulnerabile del 25 per cento”.
L’F-35…è stato «catturato» da un team di hacker della Marina militare degli Stati Uniti, dopo che il Pentagono aveva cominciato a sospettare che il “gioiello” della Lockheed Martin fosse vulnerabile alle incursioni informatiche.
Inoltre, ci sono anche dei dubbi sul fatto che l’avanzata elettronica dell’aereo sia oggetto di spionaggio. La britannica Bae, infatti, a marzo 2012 è stata attaccata da hacker cinesi che hanno rubato informazioni sulla progettazione dell’aereo, causando la riprogettazione di alcune componenti elettroniche.
Il costo di ogni singolo velivolo “nudo” (cioè esclusi ricambi ed armamenti) è valutato oggi 88 milioni di dollari contro i 65 previsti inizialmente ma nuovi rincari sono in arrivo considerati i ritardi del programma e i tagli agli ordinativi annuali anche da parte del Pentagono che stanno facendo lievitare ulteriormente i costi. Secondo le tabelle di previsione del Pentagono i jet della versione A costeranno infatti 90 milioni di dollari ma solo nel 2017 mentre quelli prodotti nei prossimi tre anni avranno un costo progressivamente in calo da 127 a 95 milioni di dollari. Abissale inoltre la differenza tra i costi di manutenzione della flotta di F-35 annunciati dal governo (8,9 miliardi) e rilevati da KPMG (15,2) che ha valutato costi operativi in 19 miliardi contro i 9 stimati dal ministero della Difesa. […]. Il Programma F-35, ribattezzato “l’aereo da un trilione di dollari” dal Wall Street Journal, prevede 2.443 velivoli per Usaf, Marines e Us Navy e almeno altri 700 per gli alleati ma i tagli al Pentagono e soprattutto il ripensamento del Canada potrebbero influire sul futuro del velivolo determinando un ”effetto domino” su altri Paesi che hanno mostrato perplessità nei confronti dell’F-35, soprattutto sul fronte dei costi in crescita costante, come Australia e Olanda mentre la Gran Bretagna prende tempo e ha annunciato che non effettuerà ordini fino al 2015.
Al progetto di sviluppo hanno collaborato anche gli Australiani ed ecco cosa hanno concluso a febbraio 2012 (commissione parlamentare):
“There has been a lot of effort in pulling together this great collaborative goodwill and industry network. The only trouble is that we are building the wrong aircraft” (stiamo costruendo l’aereo sbagliato).
La simulazione australiana conferma il terribile scenario della RAND Corporation di qualche anno fa. Contro gli aerei cinesi, solo 30 F35 tornerebbero alla base, su 240 inviati. Ecco un significativo scambio di battute in commissione:
Mr O’DOWD: We have got 14 F35s on order, have we? (abbiamo ordinato 14 F35?)
Mr Goon : Two. (2)
Mr O’DOWD: Two, 12 or 14, whatever it is. Where do we go from here? I hear what you are saying, but do we stop, progress or change our path? (che si fa? andiamo avanti o torniamo indietro?)
Mr Goon : I see there are great opportunities for Australia—I honestly do. I see sitting down with our American colleagues and together saying, ‘Hey, we have got a problem!” (c’è una grande opportunità: sederci al tavolo con i colleghi americani ed ammettere che abbiamo un problema)
Nel mondo succedono cose indicibili – aggregazioni di un male ineffabile.
Purtroppo, nell’ articolo di Sofri, come, del resto, nella lettera della Francescato, manca il fatto. Non c’ è il sunto e non c’ è il senso di quel testo di trenta pagine che Cohn-Bendit scrisse nel 1976 e che nulla ha da spartire con «la scoperta del bambino come persona dotata di sessualità» (Francescato), né con «il rifiuto dell’ ipocrisia e della reticenza» (Sofri). Mi dispiace doverlo ricordare, ma il testo di Cohn-Bendit è, nei suoi passi più espliciti, talmente crudo che il Corriere, come qualsiasi altro giornale, non è contento di pubblicarlo e neppure di sunteggiarlo. Cohn-Bendit racconta infatti di come i bambini suoi allievi gli sbottonassero i pantaloni e lo carezzassero, e di come egli, il loro maestro, lasciandoli fare, li carezzasse a sua volta. Questo testo, nei suoi momenti più scabrosi, è certamente pedofilo. Anche se ora Cohn-Bendit, con l’ autorevole e credibile conforto dei suoi ex allievi diventati adulti, ci dice di non avere mai fatto le cose che racconta. Sappiamo valutare la differenza tra chi scrive sconcezze e chi le fa. Ma allora perché Cohn-Bendit non si prende la responsabilità – personale e non epocale – del suo scritto e la fa finita? Ci dispiace che un uomo raffinato come Sofri, del quale siamo sempre curiosi lettori, abbia citato, per difendere quel testo, il professore Marcello Bernardi, i cui libri, soprattutto «Il Nuovo Bambino», ci hanno svezzato nella strana professione di padre. Ci addolora per Bernardi, che è morto, ma anche per Sofri. Purtroppo infatti questo di Cohn-Bendit è un caso in cui il testo non può essere pretesto, in cui il fatto non può essere nascosto, se non per malafede (d’amico). A volte, però, per difendere un amico, è molto meglio dargli un calcio nel sedere.
Maria Grazia Cutuli, “Caso Dutroux, giustizia non è fatta”, Corriere della Sera, 23 agosto 2001
Cinque anni dopo l’ arresto di Marc Dutroux, il belga sospettato di pedofilia e assassinio, c’è un poliziotto in un bar che tormenta un bicchiere tra le mani. «I vertici della procura di Bruxelles, quelli della gendarmeria, tutti contro di me, Eimé Bille, le “petit policier” colpevole solo di aver denunciato un’ indagine zeppa di atti falsi e irregolarità». C’è una giovane avvocatessa dal sorriso gentile, Patricia van der Smissen, che ha dovuto spalare montagne di fango per difendere la sua cliente, «la testimone X1», accusata di mitomania e allucinazioni dopo aver raccontato di minorenni torturati, violentati, uccisi nei festini perversi dell’alta società. Ci sono i genitori di due bambine, Julie Lejeune e Mélissa Russo, stuprate e lasciate morire di fame in un sotterraneo dell’orrore, talmente stanchi da preferire il silenzio. «Troppe parole sono state fraintese», dice uno dei legali, l’avvocato Hissel. Ci sono altri protagonisti messi a tacere, minacciati, rimossi dai loro incarichi per lo stesso motivo: essere entrati in uno degli «affari» più torbidi del Belgio moderno.
È il 13 agosto 1996. Marc Dutroux, 39 anni, un pregiudicato con una lista impressionante di delitti alle spalle – rapimenti, violenze sessuali, furti d’auto – viene arrestato su mandato della procura di Neufchâteau, una cittadina belga vicina ai confini con il Lussemburgo. Sotto la sua casa di Marcinelle, periferia di Charleroi, la polizia scopre un cunicolo scavato nella terra con dentro due ragazzine, Sabine (12 anni) e Laetitia (14 anni), terrorizzate ma ancora vive. Niente da fare invece per Julie e Mélissa, otto anni a testa, scomparse nel 1995. I loro corpi giacciono nel giardino di una seconda residenza dell’ uomo, a Sars-la-Buissière, sepolti sotto il cadavere di Bernard Weinstein, complice di Dutroux. Tre mesi dopo, i resti di altre due ragazze: Ann e Eefje, 17 e 19 anni, sparite a Ostenda nel 1995. Non c’ è solo Dutroux dietro la catena di orrori. La moglie, Michèle Martin, è accusata di aver filmato gli stupri del marito. Un tossicomane, Michel Lelièvre, è riconosciuto come complice. Appare un terzo personaggio, Michel Nihoul, il «principe della notte», sospettato di far da tramite in un commercio di minorenni tra Dutroux e le «alte sfere». Il Paese è sotto choc. Spuntano connessioni internazionali. Scenari foschi dove si materializzano incubi orgiastici, sadismi insospettabili, ma anche interessi d’ altro genere.
Il Belgio, quartiere generale dell’ Unione Europea, della Nato, di migliaia di multinazionali, scopre che dietro l’ affare della pedofilia si potrebbe nascondere una rete criminale che mina lo Stato dai vertici alle fondamenta.
Cinque anni dopo, nessun imputato è alla sbarra. I grossi nomi sono spariti dai dossier. Le connivenze sospette sono accantonate. L’ inchiesta, attualmente in mano a Jacques Langlois, giudice istruttore di Neufchâteau, è ferma all’ esame del Dna di 6 mila capelli prelevati sui luoghi dei delitti. A maggio scorso, e solamente sotto pressione del procuratore Michel Bourlet, il magistrato ha cominciato a ordinare i primi test, per scoprire che su 1.300 capelli analizzati, ce ne sono una ventina che non appartengono ai protagonisti della vicenda. Ma per Langlois, non esiste una rete criminale: il «mostro di Marcinelle» è un predatore isolato. Non ha stuprato Julie e Mélissa, sostiene il magistrato. La data del processo continua a slittare. Forse settembre 2002. Forse più in là. Forse alla fine Dutroux potrebbe cavarsela con cinque, dieci anni di galera o poco più. Il «mostro di Marcinelle» è rinchiuso nella prigione di Arlon, in una cella d’ isolamento dai muri imbottiti. Un secondino lo controlla ogni sette minuti. Ha un team di quattro prestigiosi avvocati che nessuno sa da chi vengano pagati. Sua moglie e il complice Lelièvre si trovano nella stessa prigione. Libero invece Nihoul, che continua a mandare messaggi ben indirizzati: «E’ vero – ammette durante un’ intervista televisiva – ho frequentato club dove si tenevano orge. Ho incontrato ministri, magistrati, gente piazzata ancora più in alto».
La casa reale? Anche questo è uno dei fantasmi che ossessionano il Belgio. Eppure all’inizio l’inchiesta parte bene. Un magistrato zelante, Jean Marc Connerotte, in brevissimo tempo riesce a trovare Sabine e Laetitia e a scoprire i quattro omicidi. La sua rimozione ad ottobre 1996, per aver partecipato a una spaghettata con i parenti delle vittime, fa esplodere la piazza: 600 mila persone protestano davanti al palazzo di Giustizia. Comincia l’affossamento: l’ investigatore Patrick De Baets e il suo aiutante Eimé Bille, dopo aver ascoltato una decina di testimoni che chiamano in ballo il jet set belga, vengono messi da parte e accusati di malversazioni.
«Tutti i procedimenti a carico nostro non hanno portato a nulla – dice le petit policier Bille mentre beve acqua minerale in un bar di Bruxelles -. Ma la persecuzione continua. Perché?». Stesse domande in un altro quartiere della città. A parlare è Patricia van der Smissen, l’ avvocatessa quarantenne dal viso da ragazzina: «E’ il 1997 a segnare la svolta: il giudice decide la rilettura delle testimonianze». La sua cliente, Régina Louf, testimone «X1», ha cominciato a parlare l’ anno prima. «Aveva riconosciuto Dutroux e Nihoul alla televisione. Voleva raccontare quello che sapeva degli ambienti pedofili». E’ stata violentata e venduta sin da bambina, Régina Louf. Dice di aver preso parte a orge con altri minorenni, di aver visto ragazzini costretti ad accoppiarsi con cani, torturati, uccisi. Ma soprattutto sostiene di aver riconosciuto Nihoul tra gli assassini di una sua amica, Christine van Hees, 16 anni, ritrovata carbonizzata nel 1984. «Régine è stata dichiarata pazza – racconta l’ avvocatessa -. E anche noi legali abbiamo passato anni a difenderci dalle accuse».
Inutile anche il lavoro della commissione d’inchiesta parlamentare, istituita ad ottobre 1996. Un deputato socialista che ne ha fatto parte racconta di minacce e intimidazioni. «Abbiamo raccolto migliaia di testimonianze, ma non avevamo i poteri di un giudice istruttore. Tutto è rimasto a livello di voci». Non crede, lui, alla teoria del grande complotto. Ma all’ effetto domino, sì. «Se si andasse troppo lontano con l’ inchiesta, Dutroux potrebbe far cadere una testa dopo l’altra». Il Belgio si ridurrebbe a un castello di carte.
Il cammino giudiziario
L’ ARRESTO
Marc Dutroux è arrestato il 13 agosto del ‘ 96: lo ha tradito il tubo di scappamento rumoroso del furgoncino Renault con cui prelevava le sue vittime. Due giorni dopo, l’ uomo conduce la polizia nella casa degli orrori di Marcinelle: in una cisterna-prigione la polizia trova ancora vive due dodicenni scomparse da alcune settimane, Sabina e Laetitia. In un’ altra casa, vengono rinvenuti i cadaveri di Julie e Mélissa, rapite nell’ estate del 1995, violentate e lasciate morire di fame. Il 3 settembre, sono rinvenuti i cadaveri di altre due ragazze, An e Edfje, 17 e 19 anni, nello chalet di un amico di Dutroux. Coinvolta anche la moglie, Michelle Martin
I PRECEDENTI
Trentanove anni al momento dell’ arresto, il «mostro di Marcinelle», elettricista disoccupato, era già stato condannato nell’ 86 a 13 anni di carcere per abusi su minori, ma rilasciato nel 1992 per buona condotta (una grazia con sigillo reale)
LA FAMIGLIA
I genitori di Dutroux si separano quando Marc è un adolescente. Il padre dubita della sua paternità biologica. La madre lo lascia per andare a vivere con un ragazzo di 17 anni. Marc, che allora ha 14 anni, va a stare con la madre ma tre anni dopo litiga definitivamente con la donna (che più tardi lo accuserà di incesto con uno dei suoi fratelli in cura psichiatrica) e se ne va di casa
IL CASO POLITICO
Nell’ agosto del’ 96 migliaia di belgi scendono in piazza. Chiedono giustizia. C’ è il sospetto che i pedofili abbiano goduto della protezione di politici e giudici. E’ istituita una commissione d’ inchiesta. Il suo verdetto, nel febbraio ‘ 98: nessuna copertura, ma grave incompetenza della polizia
LA FUGA
Aprile ‘ 98, Dutroux riesce a fuggire dal tribunale. Catturato dopo tre ore in un bosco. Si dimettono il capo della polizia e i ministri dell’ Interno e della Giustizia
Marcel Vervloesem, l’attivista arrestato perché ha osato denunciare la rete che è connessa con il mostro di Marcinelle (assomiglia vagamente a Renato Pozzetto, il che me lo rendo anche più simpatico):
Stanno isolando Marcel Vervloesem in carcere, perché hanno paura che faccia delle rivelazioni sulle reti pedopornografiche in relazione al Caso Amsterdam in atto in questi giorni. Si tratta di decine di abusi da parte di Robert M. su neonati e bambini molto piccoli in un asilo nido. Marcel Vervloesem, che studia ed analizza le reti da una quindicina di anni, aveva dato molte informazioni rilevatrici e prove anche sul nesso tra le reti e gli asili nido ad Amsterdam già anni fa al Procuratore Bourlet a Neufchâteau. A quest’ultimo è stato ordinato però di nòn fare indagini sul suddetto materiale, ma ad inviarelo a Turnhout ma… lì il materiale essenziale per indagini è stato insabbiato dal procuratore di Turnhout e un suo sostituto, proprio le stesse persone che ora stanno tenendo in carcere Marcel Vervloesem con delle accuse costruite di proposito. Lo vogliono azzittire. Stiamo parlando dell’insabbiamento del Dossier Zandvoort con quasi 90.000 files di bambini torturati, violentati e spesso anche amazzati per i cosiddetti snuffmovies che valgono decine di migliaia di euro. Molti bambini sono morti anche in rituali esoterici o satanici.
In soldoni, Dutroux liberato nel 1992 per decreto ministeriale di Melchior Wathelet se n’è andato in Thailandia (Roosor ci traffica ed è uno degli indagati) e una volta domiciliato di nuovo in Belgio a Goutroux in via Ferrer continuava a ricevere da lui, nella sua casa d’accoglienza, (casa famiglia qui in Italia), bambini. È inoltre stato visto due volte da un bambino abusato – circolo satanista, a Valence ed a Tournai, non molto chiaro nelle sue deposizioni. 4 dossiers aperti a suo carico tra il 1981 ed il 1996. Quasi 12.000 K7 (credo che parlino di processori CPU) trovati al termine di questo dossier, (compreso quello bis), e nessuna conseguenza dopo il processo!
IL CASO SAVILE-BBC-CASA REALE
“Cade la prima testa nello scandalo del presentatore pedofilo della Bbc. Peter Rippon, responsabile di Newsnight, una delle più seguite trasmissioni di approfondimento giornalistico, ha lasciato l’incarico con effetto immediato. È accusato di non avere mandato in onda un anno fa un programma che rivelava il ruolo di predatore sessuale avuto da Jimmy Savile, per quattro decenni presentatore di classifiche della hit parade e di altri spettacoli televisivi dell’emittente radiotelevisiva pubblica britannica. Saville è morto nel 2011 e non può più rispondere direttamente dello scandalo. Ma sotto accusa ora è la Bbc, sospettata di avere saputo da tempo che il suo presentatore abusava ragazzine minorenni e di non avere fatto nulla per fermarlo. Non solo: una email pubblicata oggi dai giornali solleva un’imputazione anche più grave nei confronti della leadership del network, quella di avere deliberatamente cercato di mettere a tacere la vicenda”.
Sono probabilmente almeno 300 le vittime di Savile e di altri indagati dei quali non si conosce ancora l’identità.
Eccellente commento di un lettore del Guardian:
“Durante il programma Panorama la scorsa notte c’è stata una dichiarazione del giornalista investigativo Meirion Jones, la cui zia ha lavorato presso la scuola Duncroft (è lì che Savile ha perpetrato una parte dei suoi abusi [sessuali contro minori]), e che Jones stesso ha visitato un paio di volte per vedere la sua zia.
Le sue esatte parole sono state:
“Era un posto molto strano, pieno di celebrità e membri minori della famiglia reale”
Dato ciò che sappiamo circa le ragioni per la visita di Savile a Duncroft, sicuramente dovremmo chiederci chi sono queste altre celebrità e membri della famiglia reale?
Per che diamine di motivo queste persone facevano visite regolari a questa particolare scuola per ragazzine con disturbi psichici?
Cosa c’era di talmente speciale a Duncroft, da renderlo un posto ideale per le celebrità e i reali?
Sicuramente tutto questo merita una specifica investigazione della polizia, non vi pare?”
Altri commenti:
“Così la polizia non è riuscita ad individuare e fermare un molestatore seriale di bambini che ha operato per diversi decenni, il servizio sanitario nazionale e vari operatori sanitari hanno autorizzato questa celebrità a fruire di un libero accesso non-sorvegliato a pazienti vulnerabili e, a quanto pare, hanno ignorato le accuse delle vittime; i tabloid, felici di rivelare la privata quotidianità di innumerevoli celebrità, non hanno detto nulla in quaranta anni di questo individuo davvero molto singolare”.
“Ci sono interrogativi molto più importanti da affrontare. Come ha fatto quest’uomo ad ottenere soggiorni privati negli ospedali e in che modo si è procurato le chiavi dei reparti. Come è stata presa una tale decisione e da chi? Perché le ripetute denunce sono state ignorate? Sembra che tutti sapessero, ma nessuno ha fatto nulla. Perché?
Questo tizio è stato nominato cavaliere e aveva amici ai piani alti: che tipo di protezioni gli hanno queste relazioni? Sapeva troppo riguardo ad altre persone e ciò l’ha reso intoccabile? C’è molto da scoprire in questa storia sordida..”.
“Paul Gambaccini sostiene che Savile era ‘un necrofilo’ (prese i corpi dall’obitorio!), su Five Live.
Max Clifford reputa che ci fossero “molte altri” coinvolti con Savile in questi “eventi”. Quanti, e chi? Tutti hanno guardato dall’altra parte, o non volevano crederci. Orripilante”.
“Sì, e che dire delle scuole, ospedali, unità psichiatriche, persino gli obitori …
Perché gli hanno permesso di andare e venire a suo piacimento? Non hanno il dovere di prendersi cura delle persone che hanno la sfortuna di essere ricoverate o di giacere al loro interno?
Che cosa possiamo imparare da questo? Quanto sono sicuri i pazienti ricoverati negli ospedali, per esempio?”
“Savile, che è morto l’anno scorso a 84, ha rivelato: ‘Uno dei miei compiti è quello di portare via i defunti. Puoi prenderti cura di qualcuno, restare da solo con qualcuno, che ha vissuto tutta la vita, e io sto solo dicendo addio e prendendomi cura di lui”.
Exposure – The Other Side of Jimmy Savile | 2012 | Full Documentary – inchiesta dell’investigatore Mark Williams-Thomas: le testimonianze delle ragazzine violentate (ormai adulte) e dei colleghi; le relazioni di Savile con celebrità e potenti:
Attore Corey Feldman: “Posso dirvi che il problema numero 1 problema di Hollywood è stato, è e sempre sarà la pedofilia. Questo è il problema più grande per i bambini in questo settore …. È il grande segreto”
I poteri del capitalismo finanziario avevano un obiettivo più ampio, niente meno che la creazione di un sistema globale di controllo finanziario in mani private in grado di dominare il sistema politico di ciascuna nazione e l’economia mondiale nel suo complesso. Questo sistema andava controllato in stile feudale dalle banche centrali di tutto il mondo, agendo di concerto, per mezzo di accordi segreti raggiunti in frequenti incontri privati e conferenze. Al culmine della piramide ci doveva essere l’elvetica Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea, una banca privata posseduta e controllata dalle banche centrali mondiali che a loro volta erano imprese private…non bisogna immaginare che questi dirigenti della principali banche centrali del mondo fossero loro stessi dei ragguardevoli potenti nel mondo della finanza. Non lo erano. Erano piuttosto dei tecnici e gli agenti dei massimi banchieri commerciali delle loro rispettive nazioni, che li avevano allevati ed erano perfettamente capaci di liberarsene…e che rimanevano in gran parte dietro le quinte…Questi costituivano un sistema di cooperazione internazionale e di egemonia nazionale più privato, più potente e più segreto di quello dei loro agenti nelle banche centrali. Il dominio dei banchieri commerciali era fondato sul controllo dei flussi di credito e dei fondi di investimento nelle loro nazioni e nel mondo….potevano dominare i governi attraverso il controllo dei debiti nazionali e dei cambi. Quasi tutto questo potere era esercitato dall’influenza personale e dal prestigio di uomini che in passato avevano dimostrato la capacità di portare a compimento con successo dei golpe finanziari, di mantenere la parola data, di mantenere la mente fredda nelle crisi e di condividere le loro opportunità più vantaggiose con i loro associati.
Carroll Quigley, docente di storia, scienze politiche e geopolitica a Princeton, Harvard e Georgetown e mentore del giovane Bill Clinton, da “Tragedy and Hope: A History of the World in Our Time” (New York: Macmillan, 1966).
Molte persone non tengono in nessun conto l’ovvia constatazione che il potere corrompe ed il potere assoluto corrompe assolutamente. Queste persone vivono serenamente, godendo del tacito appoggio della massa (e dei media), spinta a farlo dai naturali meccanismi di difesa della psiche: nessuno vuole scoprire che la sua esistenza è precaria; che esercita solo un minimo controllo su di essa; che la realtà rischia di essere davvero così inquietante come in certi momenti ci troviamo a sospettare; che esistono forze economiche, politiche che lo considerano una cifra, una pedina; che la sua noncuranza, la sua beata innocenza rappresentano i migliori alleati di queste forze.
Tre presidenti americani – F.D. Roosevelt, D.D. Eisenhower e J.F. Kennedy – hanno dimostrato di non essere così sprovveduti. Nel 1936, Franklin D. Roosevelt, nel suo discorso di accettazione della ricandidatura (Philadelphia, 27 giugno 1936) avvertiva i suoi concittadini che il superamento del feudalesimo e l’abolizione della schiavitù non aveva esaurito la necessità di combattere per la libertà e contro i potentati:
Perché da questa civiltà moderna gli aristocratici dell’economia hanno ricavato per sé nuove dinastie. Nuovi regni sono stati edificati sulla concentrazione del controllo dei beni materiali. Attraverso nuovi utilizzi di aziende, banche e titoli, nuovi macchinari industriali ed agricoli, nuovi usi del lavoro e dei capitali – il tutto inimmaginabile per i nostri avi – l’intera struttura della vita moderna è stata posta al servizio di questa nuova sovranità.
Non c’era posto in mezzo a questa regalità per le nostre molte migliaia di piccoli imprenditori e commercianti che hanno cercato di fare un uso degno e dignitoso del sistema americano di iniziativa e profitto. Non erano più liberi di quanto lo fossero operai e contadini. Anche i ricchi onesti e di vedute progressiste, consapevoli di quanto il loro successo fosse dovuto ad una miriade di fattori, non avrebbero mai potuto sapere dove inserirsi in questo schema dinastico.
È stato naturale e forse umano che i principi privilegiati di queste nuove dinastie economiche, assetati di potere, allungassero le mani per il controllo del governo stesso. Hanno creato un nuovo dispotismo e lo hanno avvolto nelle vesti delle beneplaciti giuridici. Al servizio di questo sistema, nuovi mercenari hanno cercato di irreggimentare la popolazione, il loro lavoro, le loro proprietà. E come risultato l’uomo comune si trova ancora una volta ad affrontare gli stessi problemi dei Minute Man (patrioti che dovevano essere pronti a combattere gli inglesi nel giro di un minuto, NdT).
Le ore di lavoro, i salari ricevuti, le condizioni di lavoro, tutto questo era passato al di là del controllo delle persone e veniva imposto da questa nuova dittatura industriale. I risparmi della famiglia media, il capitale del piccolo uomo d’affari, gli investimenti messi da parte per la vecchiaia – insomma il denaro altrui – sono stati lo strumento che la nuova regalità economica ha impiegato per trincerarsi.
Coloro che lavoravano la terra non raccoglievano più i frutti che spettavano loro di diritto. I loro modici guadagni erano decretati da uomini che vivevano in città lontane.
In tutta la nazione, le opportunità erano limitate dai monopoli. L’iniziativa personale è stata schiacciata dagli ingranaggi di questa grande macchina. Lo spazio per la libera intrapresa era sempre più ristretto. L’impresa privata, infatti, è diventata troppo privata. È diventata un’impresa privilegiata, non libera.
Un venerando giudice inglese una volta ha detto: “Gli uomini bisognosi non sono uomini liberi”. La libertà richiede la possibilità di farsi una vita decente in accordo con gli standard del proprio tempo, una vita che dia all’uomo non solo quanto basta per vivere, ma qualcosa per cui vivere.
Per troppi di noi l’uguaglianza politica che avevamo conquistato era priva di significato di fronte alla disuguaglianza economica. Un piccolo gruppo aveva concentrato nelle proprie mani il controllo pressoché completo sulle proprietà altrui, il denaro altri, il lavoro altrui, le altrui vite. Per troppi di noi la vita non era più libera, la libertà non era più reale, gli uomini non potevano più perseguire la ricerca della felicità.
Dwight D. Eisenhower, nel suo discorso di addio alla nazione, il 17 gennaio 1961, più allarmato ancora:
Nei concili di governo, dobbiamo guardarci le spalle contro l’acquisizione di influenze che non danno garanzie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. Il potenziale per l’ascesa disastrosa di poteri che scavalcano la loro sede e le loro prerogative esiste ora e persisterà in futuro. Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione di poteri metta in pericolo le nostre libertà o processi democratici. Non dobbiamo presumere che nessun diritto sia dato per garantito. Soltanto un popolo di cittadini allerta e consapevole può esercitare un adeguato compromesso tra l’enorme macchina industriale e militare di difesa ed i nostri metodi pacifici ed obiettivi a lungo termine in modo che sia la sicurezza che la libertà possano prosperare assieme.
Infine John F. Kennedy, in un discorso tenuto all’hotel Waldorf-Astoria di New York, il 27 aprile 1961, poco più di due anni prima del suo assassinio:
Signore e signori, la parola “segretezza” è ripugnante in una società libera e aperta e noi, come popolo, ci siamo opposti, intrinsecamente e storicamente, alle società segrete, ai giuramenti segreti e alle riunioni segrete. Siamo di fronte, in tutto il mondo, ad una cospirazione monolitica e spietata, basata soprattutto su mezzi segreti per espandere la sua sfera d’influenza, sull’infiltrazione anziché sull’invasione, sulla sovversione anziché sulle elezioni, sull’intimidazione anziché sulla libera scelta. È un sistema che ha reclutato ampie risorse umane e materiali nella costruzione di una macchina affiatata, altamente efficiente, che combina operazioni militari, diplomatiche, di intelligence, economiche, scientifiche e politiche. Le sue azioni non vengono diffuse, ma tenute segrete. I suoi errori non vengono messi in evidenza, ma vengono nascosti. I suoi dissidenti non sono elogiati, ma ridotti al silenzio. Nessuna spesa viene contestata. Nessun segreto viene rivelato. Ecco perché il legislatore ateniese Solone decretò che evitare le controversie fosse un crimine per ogni cittadino. Sto chiedendo il vostro aiuto nel difficilissimo compito di informare e allertare il popolo americano. Sono convinto che con il vostro aiuto l’uomo diventerà ciò che per cui è nato: un essere libero e indipendente.
Poi i due Kennedy sono stati uccisi e le cose sono cambiate. Ora c’è più cautela.
Consideriamo tre dichiarazioni pubbliche risalenti al 2008, in piena campagna elettorale per le presidenziali americane che hanno portato alla vittoria Obama.
La prima è di Joe Biden, candidato alla vice-presidenza: “non passeranno sei mesi prima che il mondo metta alla prova Barack Obama come fece con John Kennedy (riferimento alla crisi dei missili di Cuba, NdR)… Ricordate quel che vi ho detto ora, se anche non ricorderete nessun’altra delle cose che ho detto. Badate, stiamo per avere una crisi internazionale, una crisi provocata (generated), per mettere alla prova la stoffa di quest’uomo…vi assicuro che succederà…e non sarà chiaro fin da subito che abbiamo ragione (20 ottobre, 2008).
La seconda è di Colin Powell, segretario di stato nella prima amministrazione Bush (20 ottobre, 2008): “I problemi resteranno sul tavolo e ci sarà una crisi, una crisi che arriverà il 21, 22 gennaio, la cui natura non ci è ancora chiara. Quindi penso che quello che il Presidente dovrà fare è iniziare a utilizzare il potere presidenziale e la forza della sua personalità per convincere il popolo americano e convincere il mondo che l’America è solida, che l’America andrà avanti, che risolveremo i nostri problemi economici e che rispetteremo i nostri obblighi con le altre nazioni”.
La terza arriva in serata, è di Madeleine Albright, segretaria di stato nella seconda amministrazione Clinton, alla quale si domanda di commentare quanto detto da Biden: “beh, penso sia una constatazione dei fatti, francamente…”.
Qui i videoclip che documentano queste dichiarazioni:
Alcuni giorni dopo Zbigniew Brzezinski, uno dei pezzi grossi della politica internazionale americana, conferma questa linea: “Penso che quello che sta succedendo in questo momento – che non è altro che una crisi globale della leadership americana, niente di meno che questo – penso che il presidente eletto, chiunque sarà – e ho le mie preferenze [Obama, NdT] – dovrà iniziare subito ad inviare segnali, e dovrà prepararsi ad affrontare alcuni problemi imminenti”
Social forecaster, horizon scanner
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Arts and Culture reporter for "Trentino" & "Alto Adige"
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editor-in-chief of futurables.com
peer reviewer and contributor for Routledge, Palgrave Macmillan, University of British Columbia Press, IGI Global, Infobase Publishing, M.E. Sharpe, Congressional Quarterly Press, Greenwood Press.
Laurea in Political Science – University of Bologna (2000). Ph.D. in Social Anthropology – University of St. Andrews (2004).
Co-author of “Contro i miti etnici. Alla ricerca di un Alto Adige diverso” (2010)
https://medium.com/@stefano_fait