Appuntamento con Renzi ai Campi Flegrei

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Marco Carrai: coetaneo (37 anni) e amico personale di Renzi, imprenditore del settore edile, cattolico, vicino a Cl (il cugino Paolo è stato presidente della Compagnia delle opere in Toscana), è il principale punto d’unione con il mondo degli affari e con gli ambienti internazionali (soprattutto americani).

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-28/marco-carrai-133923.shtml?uuid=AbOkRC7G

Il sindaco fra i suoi rapporti politici in America…può contare anche su relazioni trasversali, grazie anche alla vicinanza di Marco Carrai, che cura la raccolta fondi di Renzi, a Michael Ledeen, animatore del think tank repubblicano American Enterprise Institute.

http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/politica/2012/6-settembre-2012/quella-rete-americana-asse-clinton-blair-2111718004332.shtml

Marco Carrai, amico e coetaneo del sindaco, imprenditore di Greve in Chianti, definito il «Gianni Letta di Renzi» per la fittissima rete nazionale e internazionale di rapporti politici ed economici che ha messo in relazione col sindaco, da Farinetti di Eataly a Baricco, dalla Compagnia delle Opere all’Opus Dei, da Blair a Michael Ledeen.

http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/2490000/2486104.xml?key=bersani&first=341&orderby=1

I tempi della diplomazia stanno terminando. È ora di liberare l’Iran, la Siria ed il Libano

Michael Ledeen, 30 aprile 2003, citazione a cura di William O. Beeman, Pacific News Service, 8 maggio 2003

Tony Blair: dalle stelle al disprezzo di milioni di persone. Non esiste un luogo pubblico in cui possa recarsi senza temere di diventare oggetto di insulti o peggio. Sarkozy se l’è cavata meglio, ma ha davvero ottenuto ciò che voleva? Pensa che il suo sia un bilancio positivo? Netanyahu può dirsi certo che la sua strategia non stia accelerando la distruzione di Israele invece di scansarla e che questo sia l’unico modo per onorare suo padre?

Chi vede il mondo come una scacchiera, o come argilla da plasmare, o come un chiodo da martellare, sarà pedone, argilla nelle mani di un vasaio, chiodo da martellare. Una vita in cui puoi solo essere un chiodo per qualcuno e un martello per qualcun altro è una vita degna di essere vissuta? Non è prevedibile che persone che concepiscono l’universo in questi termini siano animate da brame apocalittiche/messianiche autodistruttive?

Quanto può essere attraente per una persona “normale” un modus vivendi ed operandi così tipicamente psicopatico/sociopatico? (e così ansiogeno?)

In ciascuno di noi c’è un Ledeen & co. da ammansire. Le loro idee vanno contrastate ma, prima di tutto, occorre capirle, perché l’oracolo di Delfi non vaneggiava quando invitava tutti a conoscere se stessi.

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Ledeen ama così tanto l’Italia da volerla controllare.

Pur essendo agli antipodi della sua concezione politica e morale, mi è piaciuta la sua analisi (peraltro marcatamente filo-berlusconiana) delle recenti elezioni italiane (inclusa la gustosa frecciata all’amministrazione Obama).

Mi sono piaciute meno le sue conclusioni, prevedibilmente apocalittiche, sebbene non completamente irreali:

Quindi, dove va l’Italia? Se uno è superstizioso come tendono ad esserlo gli italiani, il segno più drammatico per il futuro immediato è venuto da Napoli. C’è una zona vulcanica nota come i Campi Flegrei, dove il terreno è caldo e fumo sulfureo emerge dalle fessure. Gli antichi romani non avevano alcun dubbio che l’Inferno giacesse là sotto. L’Istituto Nazionale Vulcanologico ha appena confermato che, dall’inizio dell’anno, il suolo dei Campi Flegrei è salito di più di un centimetro al mese.

Quando i nodi verranno al pettine, sarà l’inferno.

http://www.weeklystandard.com/articles/our-italian-future_704967.html?page=2

La catastrofe non è inevitabile, il futuro non è già deciso.

Quella parte della dirigenza del PD che conserva una coscienza ed una modica quantità di buon senso può ancora farci sterzare ed evitare il baratro verso cui sembrano volonterosamente diretti gli apocalittici/messianici.

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Michele Guarnieri, “Uomini nell’ombra: Michael Ledeen”

http://www.tifeoweb.it/pws/index.php?module=article&view=153

Dopo anni di purgatorio mediatico, tornò sugli schermi italiani durante l’ultimo governo Berlusconi. Presentato come esperto americano di affari internazionali e membro dello “American Enterprise Institute”, ripetutamente gli studi televisivi gli davano ampio spazio per esprimere le sue posizioni da falco. Nato l’1 agosto 1941, Michael Ledeen oggi compie 65 anni ed è uno dei massimi esponenti “neocon”. Il suo curriculum merita davvero di essere monitorato.

Nel 1974 si trasferì a Roma per dedicarsi allo studio della storia del fascismo italiano e del terrorismo. Tre anni dopo tornò negli Stati Uniti per collaborare alla Georgetown University con il “Centro di Studi strategici ed internazionali”. Visitava spesso l’Italia, tanto che nel 1980 entrò sulla lista paga del Sismi del generale Giuseppe Santovito. Sono i suoi contatti italiani, soprattutto con organizzazioni di estrema destra, ad avergli creato le prime difficoltà. Ripetutamente, le indagini gli attribuivano un ruolo centrale nella partita a triangolo giocata tra Sismi, Gladio e la loggia massonica P2, responsabile per la strategia della tensione.

Rientra in questa contiguità con la P2 di Licio Gelli, Giuseppe Santovito e Francesco Pazienza, uno dei primi “colpi maestri” di Michael Ledeen che fu un uomo chiave dell’affare “Billygate”. Verso la fine della presidenza di Jimmy Carter, nacquero delle accuse secondo le quali il fratello del presidente, Billy Carter, avesse condotto degli affari con Gheddafi. Insieme alla mancata liberazione degli ostaggi americani in Iran, lo scandalo ben orchestrato costò a Carter la presidenza, a favore di Ronald Reagan.

Quanto inquietante fosse il nesso tra Michael Ledeen e la P2, dimostra l’intercettazione di una telefonata americana del 21 gennaio 1981, tra Licio Gelli ed un avvocato. Nel corso della conversazione, si parla di Michael Ledeen come consulente di Alexander Haig [artefice di Gladio], capace di procurare “un dossier contenente accertamenti riservati”. (1) Haig che aveva avuto il comando supremo della Nato per l’Europa, era diventato segretario di stato sotto la nuova amministrazione Reagan.

Una particolare nota del ruolo di Ledeen in Italia merita il lancio della pista bulgara che si sarebbe delineata dietro l’attentato a papa Giovanni Paolo II. Divulgando le sue teorie attraverso il quotidiano “Il Giornale”, Michael Ledeen, in quegli anni, faceva parte del gruppo mediatico di James Jesus Angelton, ex direttore del “Counter Intelligence” della CIA. La campagna tesa ad aprire lo scontro finale con l’allora impero del male, l’Unione Sovietica, toccò il suo apice nel novembre 1982, quando venne arrestato a Roma un rappresentante della compagnia aerea bulgara, tale Serghej Ivanov Antonov secondo una foto presente in Piazza San Pietro durante l’attentato. Più avanti, l’uomo con la barba e gli occhiali si sarebbe rivelato un innocuo turista americano, ma tale notizia non destò più scalpore. L’immaginario collettivo era già stato accontententato anche se la magistratura italiana accertò che l’intero impianto accusatorio nei confronti delle Bulgaria e del KGB era stato studiato a tavolino, nel tentativo di screditare i paesi dell’Est. Ancora di più: il faccendiere Francesco Pazienza e Michael Ledeen erano stati “in stretto rapporto con un religioso belga, Andrew Felix Morlion, conosciuto come agente della CIA in Vaticano.” (2) Il presunto domenicano abitava in un appartamento sopra quello di Serghej Ivanov Antonov, dalla stessa pianta. E lì Mehmet Ali Agca avrebbe ricevuto le istruzioni per accusare Antonov con la dettagliata descrizione del suo appartamento.

[…].

L’affare Iran-Contras a metà degli anni ’80, costituisce una “pochade” degna delle migliori partite a scacchi. Donald Rumsfeld era incaricato speciale per il Medio Oriente. Tramite l’agente segreto israeliano David Kimchee, Michael Ledeen contattò l’intermediario iraniano Manucher Ghorbanifar che viveva a Parigi. Successivamente, in data 8 ottobre 1985, Ledeen e Ghorbanifar si recarono ad un incontro con il tenente colonnello Oliver North del “National Security Council”.

Su Oliver North e il progetto di un golpe fascista negli Stati Uniti

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/garden-plot-e-rex-84-le-origini-del.html

[…].

Come si sa, in seguito all’occupazione dell’Iraq nella primavera del 2003 (senza nemmeno il mandato ONU), non furono trovate né armi di distruzione di massa né tracce del presunto acquisto di uranio. Ovviamente nacque subito il sospetto che le ultime verità sul regime di Baghdad fossero state costruite ad arte per creare il pretesto dell’attacco. Né i presunti sospetti si potevano interpretare come semplice bufala, dato che era stato occupato un paese fuori da qualsiasi contesto legale, con migliaia di soldati soprattutto americani caduti e soltanto con degli alleati accanto di cui ognuno, dalla Polonia all’Italia, aveva le sue buone ragioni per offrire i propri servizi agli USA ad occupazione avvenuta.

I dubbi aumentarono nel 2005. Michael Ledeen venne interrogato dall’FBI, sospettato di essere figura centrale dello scandalo avendo collaborato a procurare falsi documenti che testimoniassero l’imminente vendita di uranio da parte del Niger all’Iraq. Ma dalla elezione di George W. Bush, Michael Ledeen può contare su una fitta rete protettiva che trascinerebbe buona parte del governo americano, compreso il presidente. Tra i suoi amici intimi figura Karl Rove, uno dei più stretti collaboratori di George W. Bush in termini di politica estera. (1) Conosce benissimo Richard Perle (ex “Difense Policy Board Advisory Committee”)

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/11/24/il-principe-delle-tenebre-spiega-gaza-e-solo-laperitivo/

Doug Faith (sottosegretario della politica del Pentagono), John Bolton (ambasciatore americano all’ONU), Donald Rumsfeld (ministro alla difesa), Paul Wolfowitz (ex presidente della Banca Mondiale), Dick Cheney (vicepresidente americano) – cioè il gotha del potere americano – e quasi tutti da più di vent’anni.

In una intervista radiofonica del 3 aprile 2005 realizzata da Ian Masters, Vincent Cannistraro, ex capo CIA delle operazioni di antiterrorismo nonché direttore dell’intelligence al “National Security Council” sotto Ronald Reagan, disse che era stato il SISMI italiano a trasmettere i documenti falsi relativi al Niger. E alla domanda su chi avesse prodotto detti documenti, rispose che non era giunto il momento per parlarne in quanto le prove mancavano. Ma l’intervistatore non si arrese chiedendo se si tratti di Michael Ledeen. “Andrebbe molto vicino…”, fu il commento (2)

Poi esplose ufficialmente lo scandalo chiamato “Nigergate”. Il 24 ottobre 2005 la stampa americana ipotizzò l’esistenza di documenti falsi relativi al Niger. In contemporanea, il procuratore federale americano McNulty indagò contro Larry Franklin ed il gruppo lobbistico americano-israeliano AIPAC. Inoltre, attraverso l’allora consigliere per la sicurezza nazionale Stephen Hadley, la Casa Bianca avrebbe organizzato incontri segreti con il capo del SISMI Nicolò Pollari. Sarebbero stati coinvolti da parte americana, oltre a Hadley, Dick Cheney, Michael Ledeen, Paul Wolfowitz e Condoleeza Rice, ma per l’Italia anche il ministro alla difesa Antonio Martino. Silvio Berlusconi si era affrettato per questo a dichiarare subito dopo il 24 ottobre che, da sempre, era stato contro le guerra all’Iraq? Fatto sta che in data 30 ottobre 2005 si precipitò a Washington. Il resto è cronaca di questi giorni.

Per diritto di cronaca, va detto che Michael Ledeen spuntava ripetutamente nelle televisioni italiane, dalla rielezione di Berlusconi in poi e ciò dopo essere stato dichiarato “persona non grata” già dall’ammiraglio Fulvio Martini, quando questi fu direttore del SISMI. Ma i tempi cambiano come cambiano le direttive. Possibile che l’intero scandalo Nigergate che coinvolge ugualmente USA ed Italia, abbia alle sue origini la stessa rete di contatti che già negli anni ’80 rivelarono tutta la loro potenza, cioè quel nesso tra SISMI, ambienti vicini alla P2 ed eversione di destra? – Intanto, nelle trasmissioni televisive di questi ultimi tempi, Michael Ledeen che viene spacciato per brillante analista delle strategie americane, non perde occasione di proclamare che aveva sempre sostenuto che l’attacco all’Iraq fosse sbagliato perché la vera centrale del male starebbe in Iran.

(1)v. “Zeit-Fragen n. 42 del 24/10/2005

(2)v. “Everything You Need To Know About Michael Ledeen“ (“Tutto quello che occorre sapere di Michael Ledeen“) di Katherine Yurica, News Intelligence Analysis, 7 aprile 2005; v. oraclesyndicate, “Dunkelmänner der Desinformation“ (“Gli uomini ombra della disinformazione“), 19 agosto 2005
(3) “Ledeen Seems To Relish Iran Insider’s Role” a firma di Charles R. Babcock sul Washington Post (citazione su Wikipedia)

Mentre l’Europa si accinge a trascorrere le vacanze, l’obiettivo israeliano di distruggere le basi degli hezbollah in Libano si è trasformato in una guerra aperta contro l’intero paese. Il 25% della popolazione libanese in fuga, più di mille morti e le infrastrutture rase al suolo, stanno a dimostrare che è in atto molto più che una spedizione punitiva. Tutto ciò avviene con il silenzio quasi incondizionato da parte del movimento pacifista non solo israeliano bensì mondiale. Come se si assistesse a qualcosa di troppo grosso per poter reagire, come se si volesse affermare che qusta volta sì, l’Israele ha ragione, pur di farla finita.

La teorizzazione del fatto che la terza guerra mondiale si inneschi a fettine, non è dovuta a qualche paranoico pacifista che vede congiure dietro ogni avvenimento, bensì alla stessa cerchia di persone che determinano la politica americana dalla elezione di George W. Bush ad oggi. E ancora una volta, Michael Ledeen si dimostra uno dei maggiori pensatori della politica messa in atto.

Le sue convinzioni di dover passare dalla “distruzione creativa” alla “guerra totale” e ciò per diffondere nel mondo la democrazia di stampo americano, sono ben note. Che dopo l’Afghanistan e l’Iraq, Siria ed Iran possano essere le prossime tappe, lo indicò lo stesso Ledeen scrivendo in data 6 maggio 2003 sul “Toronto Globe”: “Nessuno che io conosca, vuole muovere guerra ad Iran e Siria, ma io credo si possa riconoscere senz’altro che ci dobbiamo difendere da loro.” (1)

[…]

Oltre al citato incontro di Roma, anche altre occasioni erano buone per portare in gioco l’Italia nell’organizzare la macchina che deve preparare la caduta del regime di Teheran. A metà novembre del 2003, la Fondazione Liberal di Ferdinando Adornato organizzò a Venezia un convegno sulla “peste terrorista” (3): presenti l’odierno ambasciatore USA all’ONU John Bolton, Richard Perle (allora direttore del “Difense Policy Board Advisory Committee”, soprannominato “principe delle tenebre”), il cattolico neo-con Michael Novak e Michael Ledeen. Nel suo intervento, Michael Bolton diede poche possibilità di successo al tentativo europeo di trattare con l’Iran, sostenendo che il programma nucleare fosse avanti al punto tale da dover essere oggetto di una risoluzione ONU (v. la risoluzione dell’1 agosto 2006). Circolarono poi voci che tanto ricordano l’affare del presunto uranio venduto dal Niger all’Iraq: secondo fonti non meglio specificate vicine all’IAEA, Teheran produrrebbe quanto più possibile di gas all’esafluoruro, necessario per la costruzione di armi nucleari.

(1) citazione di William O. Beeman su “Pacific News Service”, 8 maggio 2003

(2) “Regime-Wechsel, zweiter Teil” di Jochen Bittner, “Die Zeit”, 28/10/2005

(3) “Liberal, neocon e realisti discutono della ‘peste” terrorista’” di Christian Rocca, Il Foglio, 18/11/2003

(4) “Michael Ledeen: neoconservative Guru” di Williamo O. Beeman, Daily Star (Beirut, Libano), 9/5/2003

Il “Principe delle Tenebre” spiega: “Gaza è solo l’aperitivo”

“Non appena insediato, il primo ministro Netanyahu varò la “Nuova strategia di Israele per il 2000”, eloquentemente intitolata Clean Break: A New Strategy for Securing the Realm[1]. Questa strategia rappresenta il frutto degli sforzi profusi da un gruppo di analisti statunitensi che riuscirono poi ad entrare – da Richard Perle a David Wurmser, da James Colbert a Douglas Faith – a far parte dell’organo dirigenziale del presidente George Bush junior. In base alle direttive contenute in tale documento, Israele intraprese una politica estremamente muscolare incardinata sul concetto di “pace attraverso la forza”, che depennò implicitamente dal novero delle possibilità – pur assai flebili – la restituzione dei territori occupati e la distensione dei rapporti con le autorità palestinesi. La svolta ambita da Netanyahu sarebbe dovuta scaturire dall’avvicinamento simbiotico di Israele agli Stati Uniti, dall’incremento della capacità persuasoria dell’Israel lobby e dall’imposizione di un nuovo “nomos della terra” capace di legittimare eventuali interventi militari israeliani nella regione. L’obiettivo fondamentale rimase però quello, perseguito con ostinazione anche da Yitzhak Rabin e da Shimon Peres, di promuovere la formazione di un’alleanza strategica tra Israele, Turchia, Giordania ed Iraq finalizzata a isolare l’Iran e ad accerchiare la Siria in modo da sottrarre il Libano all’influenza di Damasco.

[…].

“Ad ogni modo, la Siria rappresenta un tassello fondamentale della strategia adottata dal governo israeliano, modellata in base agli imperativi indicati all’interno del Clean Break: rendere sicuro il confine settentrionale di Israele ed instaurare una strategia fondata sulla potenza militare. All’interno di tale documento si legge, infatti, che «La Siria sfida Israele sul suolo libanese. Un approccio efficace, con cui gli americani potrebbero simpatizzare, prevede che Israele acquisisca l’iniziativa strategica lungo i suoi confini settentrionali impegnando Hezbollah, Siria e Iran»[5].

Colpire le infrastrutture del Libano costituisce un aspetto essenziale di questo progetto, così come «Distogliere l’attenzione di Damasco facendo leva su elementi dell’opposizione libanese per intaccare il controllo siriano del Libano»[6].

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=43828

Richard Perle, che si è guadagnato il soprannome di “Principe delle Tenebre”, è uno stretto collaboratore di Michael Ledeen (a sua volta pappa e ciccia con MATTEO RENZI, quello che ha dichiarato: “talvolta Israele eccede nella difesa, e dobbiamo dirlo, ma è tempo che la sinistra pronunci parole inequivocabili sul diritto di Israele di vivere senza minacce“.

Intervistato dal Corriere della Sera, Perle dichiara:

«Israele non poteva continuare a vivere sotto la minaccia dei missili di Hamas, doveva reagire».

«sebbene il peggio debba ancora venire, la crisi si spegnerà a poco a poco, perché nessuno ha interesse a un’escalation, non l’Iran che l’ha propiziata, né l’Egitto che pure è guidato dai Fratelli Musulmani».

«Se l’Iran non rinuncerà all’atomica, Israele attaccherà: amici israeliani mi dicono che Netanyahu si considera investito da Dio nella missione di fermarlo per la salvezza del popolo ebraico».

«Hamas l’ha iniziato con il lancio di missili, una pioggia continua. Uccidendo Ahmed al-Jabari, il capo della sua ala militare [Jabari voleva la fine delle violenze e cercava un accordo, per questo è stato ucciso, NdR], Netanyahu ha indicato che stroncherà questa minaccia a qualsiasi prezzo e che punterà sui bersagli più importanti. Se Israele non avesse commesso lo sbaglio di ritirare le sue truppe da Gaza, Hamas non sarebbe stato in grado di attaccare. Ma le ha ritirate, e l’Iran e altri Paesi ne hanno approfittato per armare Hamas. Israele si è così trovata in una situazione insostenibile, deve fare pulizia a Gaza».

Perciò ritiene inevitabile l’escalation della crisi?

«Esatto. L’intelligence israeliana sa dove si trovano le rampe e i depositi dei missili e chi li comanda, e li eliminerà. Con l’appoggio dell’America, che pure lamenta la perdita di vite umane e chiede a israeliani e palestinesi di cessare le ostilità e di negoziare».

Ma il nuovo Egitto e persino la Turchia, che sta cercando di influire sul Medio Oriente, non sono dalla parte di Hamas?

«Penso che il governo egiziano faccia la voce grossa soprattutto a fini interni, per la sua base islamica, e che l’influenza della Turchia sul Medio Oriente sia modesta. L’Egitto di Morsi non si atteggerà a mediatore in pubblico, a differenza dell’Egitto di Mubarak, ma forse si adopererà per un accordo dietro le quinte. Quanto alla Turchia perché dovrebbe crearsi altri problemi? Ha già il suo daffare in Siria, una spina nel fianco dei Paesi arabi, che non hanno un buon ricordo dello Impero Ottomano».

E l’America?

«Non sta premendo molto su Israele, ma penso che Obama stia promuovendo negoziati che coinvolgano l’Autorità palestinese. Credo che a breve Netanyahu sarebbe disposto ad aprirli e l’Egitto ad accettarli. Certo, non ci si arriverà facilmente, l’emarginazione di Hamas è contraria alla politica dei Paesi islamici. Ma potrebbe essere questione di tempo, il Medio Oriente ha bisogno di stabilità dopo le scosse della primavera araba».

Non crede che il conflitto possa estendersi al Libano?

«Hezbollah è gestita dall’Iran. Teheran sa che se fa una mossa sbagliata Israele avrebbe una giustificazione per un attacco immediato. Mira a tenere Israele impegnata a Gaza il più a lungo possibile, dividendo l’Autorità palestinese e Hamas. Non mira a una guerra regionale che finirebbe per ritorcersi a suo danno».

Pensa che Israele una volta raggiunti i suoi obiettivi a Gaza tornerà a concentrarsi sull’Iran?

«Netanyahu intende porre fine prima o poi ai progetti nucleari iraniani. Ho visitato Israele di recente e gente a lui vicina mi ha detto che è convinto che Dio lo abbia scelto per liberare il Paese dall’incubo dell’atomica di Teheran. In un certo senso è come Bush Jr. che era persuaso di essere stato incaricato da Dio di liberare il mondo da Saddam Hussein. Con una differenza: che Saddam non era mai stato prossimo a procurarsi la bomba. Temo che il conto alla rovescia possa incominciare presto».

Intervista di Ennio Caretto, Corriere della Sera, 18 novembre 2012

NOTA BENE: con Stalin e Mao il deterrente nucleare funzionava e con l’Iran non dovrebbe funzionare? Per quale assurdo motivo uno dovrebbe credere ad una tale idiozia? Anche Hitler diceva di essere guidato dalla Provvidenza.