Appuntamento con Renzi ai Campi Flegrei

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Marco Carrai: coetaneo (37 anni) e amico personale di Renzi, imprenditore del settore edile, cattolico, vicino a Cl (il cugino Paolo è stato presidente della Compagnia delle opere in Toscana), è il principale punto d’unione con il mondo degli affari e con gli ambienti internazionali (soprattutto americani).

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-28/marco-carrai-133923.shtml?uuid=AbOkRC7G

Il sindaco fra i suoi rapporti politici in America…può contare anche su relazioni trasversali, grazie anche alla vicinanza di Marco Carrai, che cura la raccolta fondi di Renzi, a Michael Ledeen, animatore del think tank repubblicano American Enterprise Institute.

http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/politica/2012/6-settembre-2012/quella-rete-americana-asse-clinton-blair-2111718004332.shtml

Marco Carrai, amico e coetaneo del sindaco, imprenditore di Greve in Chianti, definito il «Gianni Letta di Renzi» per la fittissima rete nazionale e internazionale di rapporti politici ed economici che ha messo in relazione col sindaco, da Farinetti di Eataly a Baricco, dalla Compagnia delle Opere all’Opus Dei, da Blair a Michael Ledeen.

http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/2490000/2486104.xml?key=bersani&first=341&orderby=1

I tempi della diplomazia stanno terminando. È ora di liberare l’Iran, la Siria ed il Libano

Michael Ledeen, 30 aprile 2003, citazione a cura di William O. Beeman, Pacific News Service, 8 maggio 2003

Tony Blair: dalle stelle al disprezzo di milioni di persone. Non esiste un luogo pubblico in cui possa recarsi senza temere di diventare oggetto di insulti o peggio. Sarkozy se l’è cavata meglio, ma ha davvero ottenuto ciò che voleva? Pensa che il suo sia un bilancio positivo? Netanyahu può dirsi certo che la sua strategia non stia accelerando la distruzione di Israele invece di scansarla e che questo sia l’unico modo per onorare suo padre?

Chi vede il mondo come una scacchiera, o come argilla da plasmare, o come un chiodo da martellare, sarà pedone, argilla nelle mani di un vasaio, chiodo da martellare. Una vita in cui puoi solo essere un chiodo per qualcuno e un martello per qualcun altro è una vita degna di essere vissuta? Non è prevedibile che persone che concepiscono l’universo in questi termini siano animate da brame apocalittiche/messianiche autodistruttive?

Quanto può essere attraente per una persona “normale” un modus vivendi ed operandi così tipicamente psicopatico/sociopatico? (e così ansiogeno?)

In ciascuno di noi c’è un Ledeen & co. da ammansire. Le loro idee vanno contrastate ma, prima di tutto, occorre capirle, perché l’oracolo di Delfi non vaneggiava quando invitava tutti a conoscere se stessi.

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Ledeen ama così tanto l’Italia da volerla controllare.

Pur essendo agli antipodi della sua concezione politica e morale, mi è piaciuta la sua analisi (peraltro marcatamente filo-berlusconiana) delle recenti elezioni italiane (inclusa la gustosa frecciata all’amministrazione Obama).

Mi sono piaciute meno le sue conclusioni, prevedibilmente apocalittiche, sebbene non completamente irreali:

Quindi, dove va l’Italia? Se uno è superstizioso come tendono ad esserlo gli italiani, il segno più drammatico per il futuro immediato è venuto da Napoli. C’è una zona vulcanica nota come i Campi Flegrei, dove il terreno è caldo e fumo sulfureo emerge dalle fessure. Gli antichi romani non avevano alcun dubbio che l’Inferno giacesse là sotto. L’Istituto Nazionale Vulcanologico ha appena confermato che, dall’inizio dell’anno, il suolo dei Campi Flegrei è salito di più di un centimetro al mese.

Quando i nodi verranno al pettine, sarà l’inferno.

http://www.weeklystandard.com/articles/our-italian-future_704967.html?page=2

La catastrofe non è inevitabile, il futuro non è già deciso.

Quella parte della dirigenza del PD che conserva una coscienza ed una modica quantità di buon senso può ancora farci sterzare ed evitare il baratro verso cui sembrano volonterosamente diretti gli apocalittici/messianici.

*****

Michele Guarnieri, “Uomini nell’ombra: Michael Ledeen”

http://www.tifeoweb.it/pws/index.php?module=article&view=153

Dopo anni di purgatorio mediatico, tornò sugli schermi italiani durante l’ultimo governo Berlusconi. Presentato come esperto americano di affari internazionali e membro dello “American Enterprise Institute”, ripetutamente gli studi televisivi gli davano ampio spazio per esprimere le sue posizioni da falco. Nato l’1 agosto 1941, Michael Ledeen oggi compie 65 anni ed è uno dei massimi esponenti “neocon”. Il suo curriculum merita davvero di essere monitorato.

Nel 1974 si trasferì a Roma per dedicarsi allo studio della storia del fascismo italiano e del terrorismo. Tre anni dopo tornò negli Stati Uniti per collaborare alla Georgetown University con il “Centro di Studi strategici ed internazionali”. Visitava spesso l’Italia, tanto che nel 1980 entrò sulla lista paga del Sismi del generale Giuseppe Santovito. Sono i suoi contatti italiani, soprattutto con organizzazioni di estrema destra, ad avergli creato le prime difficoltà. Ripetutamente, le indagini gli attribuivano un ruolo centrale nella partita a triangolo giocata tra Sismi, Gladio e la loggia massonica P2, responsabile per la strategia della tensione.

Rientra in questa contiguità con la P2 di Licio Gelli, Giuseppe Santovito e Francesco Pazienza, uno dei primi “colpi maestri” di Michael Ledeen che fu un uomo chiave dell’affare “Billygate”. Verso la fine della presidenza di Jimmy Carter, nacquero delle accuse secondo le quali il fratello del presidente, Billy Carter, avesse condotto degli affari con Gheddafi. Insieme alla mancata liberazione degli ostaggi americani in Iran, lo scandalo ben orchestrato costò a Carter la presidenza, a favore di Ronald Reagan.

Quanto inquietante fosse il nesso tra Michael Ledeen e la P2, dimostra l’intercettazione di una telefonata americana del 21 gennaio 1981, tra Licio Gelli ed un avvocato. Nel corso della conversazione, si parla di Michael Ledeen come consulente di Alexander Haig [artefice di Gladio], capace di procurare “un dossier contenente accertamenti riservati”. (1) Haig che aveva avuto il comando supremo della Nato per l’Europa, era diventato segretario di stato sotto la nuova amministrazione Reagan.

Una particolare nota del ruolo di Ledeen in Italia merita il lancio della pista bulgara che si sarebbe delineata dietro l’attentato a papa Giovanni Paolo II. Divulgando le sue teorie attraverso il quotidiano “Il Giornale”, Michael Ledeen, in quegli anni, faceva parte del gruppo mediatico di James Jesus Angelton, ex direttore del “Counter Intelligence” della CIA. La campagna tesa ad aprire lo scontro finale con l’allora impero del male, l’Unione Sovietica, toccò il suo apice nel novembre 1982, quando venne arrestato a Roma un rappresentante della compagnia aerea bulgara, tale Serghej Ivanov Antonov secondo una foto presente in Piazza San Pietro durante l’attentato. Più avanti, l’uomo con la barba e gli occhiali si sarebbe rivelato un innocuo turista americano, ma tale notizia non destò più scalpore. L’immaginario collettivo era già stato accontententato anche se la magistratura italiana accertò che l’intero impianto accusatorio nei confronti delle Bulgaria e del KGB era stato studiato a tavolino, nel tentativo di screditare i paesi dell’Est. Ancora di più: il faccendiere Francesco Pazienza e Michael Ledeen erano stati “in stretto rapporto con un religioso belga, Andrew Felix Morlion, conosciuto come agente della CIA in Vaticano.” (2) Il presunto domenicano abitava in un appartamento sopra quello di Serghej Ivanov Antonov, dalla stessa pianta. E lì Mehmet Ali Agca avrebbe ricevuto le istruzioni per accusare Antonov con la dettagliata descrizione del suo appartamento.

[…].

L’affare Iran-Contras a metà degli anni ’80, costituisce una “pochade” degna delle migliori partite a scacchi. Donald Rumsfeld era incaricato speciale per il Medio Oriente. Tramite l’agente segreto israeliano David Kimchee, Michael Ledeen contattò l’intermediario iraniano Manucher Ghorbanifar che viveva a Parigi. Successivamente, in data 8 ottobre 1985, Ledeen e Ghorbanifar si recarono ad un incontro con il tenente colonnello Oliver North del “National Security Council”.

Su Oliver North e il progetto di un golpe fascista negli Stati Uniti

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/garden-plot-e-rex-84-le-origini-del.html

[…].

Come si sa, in seguito all’occupazione dell’Iraq nella primavera del 2003 (senza nemmeno il mandato ONU), non furono trovate né armi di distruzione di massa né tracce del presunto acquisto di uranio. Ovviamente nacque subito il sospetto che le ultime verità sul regime di Baghdad fossero state costruite ad arte per creare il pretesto dell’attacco. Né i presunti sospetti si potevano interpretare come semplice bufala, dato che era stato occupato un paese fuori da qualsiasi contesto legale, con migliaia di soldati soprattutto americani caduti e soltanto con degli alleati accanto di cui ognuno, dalla Polonia all’Italia, aveva le sue buone ragioni per offrire i propri servizi agli USA ad occupazione avvenuta.

I dubbi aumentarono nel 2005. Michael Ledeen venne interrogato dall’FBI, sospettato di essere figura centrale dello scandalo avendo collaborato a procurare falsi documenti che testimoniassero l’imminente vendita di uranio da parte del Niger all’Iraq. Ma dalla elezione di George W. Bush, Michael Ledeen può contare su una fitta rete protettiva che trascinerebbe buona parte del governo americano, compreso il presidente. Tra i suoi amici intimi figura Karl Rove, uno dei più stretti collaboratori di George W. Bush in termini di politica estera. (1) Conosce benissimo Richard Perle (ex “Difense Policy Board Advisory Committee”)

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/11/24/il-principe-delle-tenebre-spiega-gaza-e-solo-laperitivo/

Doug Faith (sottosegretario della politica del Pentagono), John Bolton (ambasciatore americano all’ONU), Donald Rumsfeld (ministro alla difesa), Paul Wolfowitz (ex presidente della Banca Mondiale), Dick Cheney (vicepresidente americano) – cioè il gotha del potere americano – e quasi tutti da più di vent’anni.

In una intervista radiofonica del 3 aprile 2005 realizzata da Ian Masters, Vincent Cannistraro, ex capo CIA delle operazioni di antiterrorismo nonché direttore dell’intelligence al “National Security Council” sotto Ronald Reagan, disse che era stato il SISMI italiano a trasmettere i documenti falsi relativi al Niger. E alla domanda su chi avesse prodotto detti documenti, rispose che non era giunto il momento per parlarne in quanto le prove mancavano. Ma l’intervistatore non si arrese chiedendo se si tratti di Michael Ledeen. “Andrebbe molto vicino…”, fu il commento (2)

Poi esplose ufficialmente lo scandalo chiamato “Nigergate”. Il 24 ottobre 2005 la stampa americana ipotizzò l’esistenza di documenti falsi relativi al Niger. In contemporanea, il procuratore federale americano McNulty indagò contro Larry Franklin ed il gruppo lobbistico americano-israeliano AIPAC. Inoltre, attraverso l’allora consigliere per la sicurezza nazionale Stephen Hadley, la Casa Bianca avrebbe organizzato incontri segreti con il capo del SISMI Nicolò Pollari. Sarebbero stati coinvolti da parte americana, oltre a Hadley, Dick Cheney, Michael Ledeen, Paul Wolfowitz e Condoleeza Rice, ma per l’Italia anche il ministro alla difesa Antonio Martino. Silvio Berlusconi si era affrettato per questo a dichiarare subito dopo il 24 ottobre che, da sempre, era stato contro le guerra all’Iraq? Fatto sta che in data 30 ottobre 2005 si precipitò a Washington. Il resto è cronaca di questi giorni.

Per diritto di cronaca, va detto che Michael Ledeen spuntava ripetutamente nelle televisioni italiane, dalla rielezione di Berlusconi in poi e ciò dopo essere stato dichiarato “persona non grata” già dall’ammiraglio Fulvio Martini, quando questi fu direttore del SISMI. Ma i tempi cambiano come cambiano le direttive. Possibile che l’intero scandalo Nigergate che coinvolge ugualmente USA ed Italia, abbia alle sue origini la stessa rete di contatti che già negli anni ’80 rivelarono tutta la loro potenza, cioè quel nesso tra SISMI, ambienti vicini alla P2 ed eversione di destra? – Intanto, nelle trasmissioni televisive di questi ultimi tempi, Michael Ledeen che viene spacciato per brillante analista delle strategie americane, non perde occasione di proclamare che aveva sempre sostenuto che l’attacco all’Iraq fosse sbagliato perché la vera centrale del male starebbe in Iran.

(1)v. “Zeit-Fragen n. 42 del 24/10/2005

(2)v. “Everything You Need To Know About Michael Ledeen“ (“Tutto quello che occorre sapere di Michael Ledeen“) di Katherine Yurica, News Intelligence Analysis, 7 aprile 2005; v. oraclesyndicate, “Dunkelmänner der Desinformation“ (“Gli uomini ombra della disinformazione“), 19 agosto 2005
(3) “Ledeen Seems To Relish Iran Insider’s Role” a firma di Charles R. Babcock sul Washington Post (citazione su Wikipedia)

Mentre l’Europa si accinge a trascorrere le vacanze, l’obiettivo israeliano di distruggere le basi degli hezbollah in Libano si è trasformato in una guerra aperta contro l’intero paese. Il 25% della popolazione libanese in fuga, più di mille morti e le infrastrutture rase al suolo, stanno a dimostrare che è in atto molto più che una spedizione punitiva. Tutto ciò avviene con il silenzio quasi incondizionato da parte del movimento pacifista non solo israeliano bensì mondiale. Come se si assistesse a qualcosa di troppo grosso per poter reagire, come se si volesse affermare che qusta volta sì, l’Israele ha ragione, pur di farla finita.

La teorizzazione del fatto che la terza guerra mondiale si inneschi a fettine, non è dovuta a qualche paranoico pacifista che vede congiure dietro ogni avvenimento, bensì alla stessa cerchia di persone che determinano la politica americana dalla elezione di George W. Bush ad oggi. E ancora una volta, Michael Ledeen si dimostra uno dei maggiori pensatori della politica messa in atto.

Le sue convinzioni di dover passare dalla “distruzione creativa” alla “guerra totale” e ciò per diffondere nel mondo la democrazia di stampo americano, sono ben note. Che dopo l’Afghanistan e l’Iraq, Siria ed Iran possano essere le prossime tappe, lo indicò lo stesso Ledeen scrivendo in data 6 maggio 2003 sul “Toronto Globe”: “Nessuno che io conosca, vuole muovere guerra ad Iran e Siria, ma io credo si possa riconoscere senz’altro che ci dobbiamo difendere da loro.” (1)

[…]

Oltre al citato incontro di Roma, anche altre occasioni erano buone per portare in gioco l’Italia nell’organizzare la macchina che deve preparare la caduta del regime di Teheran. A metà novembre del 2003, la Fondazione Liberal di Ferdinando Adornato organizzò a Venezia un convegno sulla “peste terrorista” (3): presenti l’odierno ambasciatore USA all’ONU John Bolton, Richard Perle (allora direttore del “Difense Policy Board Advisory Committee”, soprannominato “principe delle tenebre”), il cattolico neo-con Michael Novak e Michael Ledeen. Nel suo intervento, Michael Bolton diede poche possibilità di successo al tentativo europeo di trattare con l’Iran, sostenendo che il programma nucleare fosse avanti al punto tale da dover essere oggetto di una risoluzione ONU (v. la risoluzione dell’1 agosto 2006). Circolarono poi voci che tanto ricordano l’affare del presunto uranio venduto dal Niger all’Iraq: secondo fonti non meglio specificate vicine all’IAEA, Teheran produrrebbe quanto più possibile di gas all’esafluoruro, necessario per la costruzione di armi nucleari.

(1) citazione di William O. Beeman su “Pacific News Service”, 8 maggio 2003

(2) “Regime-Wechsel, zweiter Teil” di Jochen Bittner, “Die Zeit”, 28/10/2005

(3) “Liberal, neocon e realisti discutono della ‘peste” terrorista’” di Christian Rocca, Il Foglio, 18/11/2003

(4) “Michael Ledeen: neoconservative Guru” di Williamo O. Beeman, Daily Star (Beirut, Libano), 9/5/2003

Apocalisse = Rivelazione – per chi ha avuto o avrà esperienze che non sa spiegare

Jacob-Needleman

esperienze come queste, ad esempio:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/11/di-che-vita-parlava-gesu-della-vita-della-morte-e-delle-esperienze-extracorporee/

Jacob Needleman intervistato da Richard Whittaker, Parabola, Autunno 2012

Jacob Needleman ha abbandonato una carriera in medicina per dedicarsi alla filosofia, studiando ad Harvard e Yale, per poi insegnare alla SFSU.

Richard Whittaker: Ho pensato che, visto che lei insegna filosofia, potrei chiederle di parlare un po’ dell’ignoto nella tradizione filosofica occidentale.

Jacob Needleman:…Quando sento la frase “l’ignoto” penso prima di tutto ad Immanuel Kant, forse il più grande filosofo moderno. Ha definito qualcosa di essenziale per la modernità del mondo occidentale attraverso un libro straordinario chiamato “La Critica della Ragion Pura”. Si tratta di un vasto e complesso capolavoro, è come camminare in una grande cattedrale per l’immensità e la profondità di pensiero e di comprensione in esso contenute. Per dirla in breve, ha sostenuto con insuperabile forza di persuasione che la struttura della mente plasma la nostra realtà, che ci sono categorie con cui opera la mente, organizzando i dati che ci provengono dai nostri sensi.

Organizza tutti i dati automaticamente al di sotto del livello cosciente in modo che nel momento in cui otteniamo una percezione del fiore o del tal oggetto, essa è già stato ordinata dalle categorie attraverso le quali opera la mente. Tutta la nostra esperienza prende forma passando attraverso queste funzioni plasmanti. Quindi non possiamo veramente mai sapere come sono le cose indipendentemente dalla nostra percezione di esse….Qualunque sia il grado di certezza sul mondo che ci sembra di avere – come ad esempio la legge di causalità – è semplicemente una certezza che la mente sovrappone irresistibilmente alla nostra percezione…Per molte persone è stata e rimane ancora una presa di coscienza (!) sconvolgente pensare che l’umanità non avrà mai la possibilità di conoscere la realtà così com’è.

[…].

Mi sono reso conto che avevo una specifica capacità della mente, la capacità di ritrarre la mia attenzione da tutto ciò che si trova all’esterno, al di fuori di “Io”, rivolgendola verso me stesso.

Ora, ho trascorso molto tempo a contatto con grandi insegnamenti spirituali, come i sermoni di Meister Eckhart, la Bhagavad Gita e molte altre fonti. A un certo punto, e in alcuni contesti, quasi tutti parlano dell’opera di distogliere l’attenzione da quelli che Eckhart chiama “gli agenti dell’anima”, dai dati che ci portano i sensi, i pensieri, per rifocalizzarla su se stessi.

[…]
È stata un’esperienza di estremo interesse. Potevo separarmi – in maniera molto sana – dall’esperienza di essere preso, ingoiato dai pensieri, dalle immagini emotive e dal mondo esterno. Ciò ha avuto una grande influenza su di me. Non c’era alcun senso di alienazione dalla natura o dalla vita intorno a me, ma solo la sensazione di una nuova capacità mentale, personale, che non sapevo di avere.

[…]

Penso che Cartesio sia stato demonizzato per questo, perché ha fatto una distinzione radicale tra mente e materia, queste due realtà fondamentali che, a suo dire, non hanno nulla in comune l’una con l’altra. E questo ha generato un paradosso. Come interagiscono tra loro, visto che ovviamente lo fanno
ogni volta che ci muoviamo intenzionalmente? Un paradosso che è rimasto con noi.

[…]

RW: Socrate è questa figura basilare grazie a Platone. Da dove spunta fuori? Dove ha trovato la sua conoscenza? So che è una domanda che non trova risposte definitive, ma resta una domanda interessante, non è vero?

JN: Dobbiamo riconoscere di Socrate, prima di tutto, che tutto quello che sappiamo di lui e della sua grandezza è qualcosa che si è svolto in forma di dialogo con altre persone. Era un maestro nel mostrare alle persone che non sapevano quello che credevano di sapere. Era un maestro nel togliere alle persone le loro certezze, in particolare nelle questioni morali, ma anche più in generale. Questo modo di interrogare, in un faccia a faccia, era un aspetto fondamentale di Socrate, e Platone ha colto un suo tratto, ma forse non l’intera cosa. Un altro scrittore greco, Senofonte, ha scritto dei suoi incontri con Socrate e di un altro aspetto della forza di Socrate come persona: indagava e sapeva ascoltare.

[…]

Ed è questa la liberazione che ci dona. Approfondire realmente una questione ci mette in contatto con un’altra parte di noi stessi che le nostre “risposte” normalmente occultano; questa è la libertà dal noto di cui parlano Krishnamurti ed anche altri. La grande risposta è avvertita come una domanda, quando è un maestro che ve la offre. Il noto può essere uno schiavista.

L’altra cosa principale di Socrate è che lui invitava ogni persona a conoscere se stessa – a prendersi cura di ciò che egli chiamava l’anima, prendersi cura del vero sé. Il primo obiettivo di chiunque avrebbe dovuto essere quello di essere solleciti nei confronti dell’anima. Tutto il resto ci porta fuori strada…Prenditi cura del tuo vero sé, della tua vera coscienza e spogliati delle cose che pensavi di conoscere, non solo riguardo al mondo, ma su di te. Queste due cose vanno di pari passo.

RW: Quindi, questa idea di conoscere me stesso – che cosa significa? Chiaramente, l’implicazione è che io non mi conosco.

JN: La grande incognita sono io, me stesso. Possiamo parlare quanto vogliamo di Kant e della Critica della ragion pura e di come non conosciamo le cose in sé, ma questa è la grande incognita: me stesso. […]. Ha a che fare con la coscienza. Ed è una grande incognita, questa cosa chiamata coscienza. Noi non sappiamo cosa sia la coscienza. Questo è incredibile! Non so cosa sia la coscienza, ma sono sicuro di essere consapevole! La mente, i pensieri, le categorie, le parole che riguardano ogni tipo di conoscenza specificamente umana e l’azione…Una delle grandi questioni della filosofia è come facciamo a sapere? Ma questa classica domanda filosofica è in realtà una domanda inerente alla coscienza. La coscienza è l’uomo [sta parlando dei più elevati stati di coscienza: cani e gatti sono spesso più consapevoli degli scimpanzé non in cattività, pur essendo geneticamente più distanti dall’uomo, in virtù della loro frequentazione dell’ambito umano, NdT]. Questa è la sua specificità. Quindi penso che l’idea della mente, la conoscenza, la certezza, l’ignoto, abbiano a che fare prima di tutto con la coscienza.

RW: È bellissimo. A volte mi stupisce che non si riconosca il fatto che ogni cosa esiste, prima di tutto, come esperienza.

[Questo è esattamente il punto che hanno cercato in ogni modo di farci capire i fisici quantistici, con scarso successo, purtroppo:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/fisica-quantistica-e-trascendenza.html – NdT]

JN: È sorprendente che questo non sia in cima ai nostri pensieri. Il mio “essere io” [“Iness”] si perde nella mia vita. Potrei trascorrere un intero mese, un anno, una vita intera, senza rendermi conto della mia esperienza dell’esistenza. La coscienza sono io in un senso profondo della parola. Io non sono le braccia e le gambe, il mio naso, le mie opinioni. Non sono le mie parole, i miei pensieri, le mie sensazioni. Io non sono i miei organi. Io sono un essere umano. Un essere umano è definito dalla coscienza.

[…].

Nelle neuroscienze ora è quasi di moda affermare che si possono cominciare a vedere molte cose all’interno del cervello. È notevole, ma ancora non hanno spiegato l’esperienza della coscienza. Si può dire tutto quello si vuole sui neurotrasmettitori e tutto il resto, ma come si dà conto della qualità esperienziale della coscienza, anche a suoi livelli più semplici, come l’esperienza, per esempio, di vedere un colore rosso, o blu, o qualunque altro colore?

[…]

RW: Parliamo di comunità. La comunità ed una sua possibile funzione, quella di avere una cosa di cui ho bisogno ma non conosco e manco me ne rendo conto. Questa è una realtà importante.

JN: Certo che lo è…Ma troppe comunità sono semplicemente punti di incontro di similarità e diventano un po’ come una folla. Una massa è una comunità di persone che hanno tutte la stessa illusione, la stessa paura. E c’è l’inflazione dell’ego anche lì [cf. Jung, ma anche “la rana e il bue” di Fedro – NdT].

http://www.lefiabe.com/fedro/larana-ilbue.htm

Quindi, una comunità che non abbraccia l’altro non è una comunità.

RW: Una vera comunità potrebbe abbracciare l’altro e diventare migliore nel farlo, giusto?

JN: Sì. E ci sono molti livelli in questo processo. Penso che la grandezza dell’America sia quella di rendere ancora possibili le comunità. È una qualità molto grande per una nazione quella di tutelare la libertà delle persone di costituire comunità spirituali, altri tipi di comunità. La speranza è che l’America permetta alle persone di cercare coscienza. Questo è il suo grande ideale. Il pericolo è che se lo perdiamo, allora l’America diventerà solamente un altro grosso e potente dinosauro che scomparirà.

RW: C’è un articolo di Philippe Lavastine intitolato “I due Vedanta: Il meglio e il peggio dell’India”. È notevole. Scrive che qualcosa è andato storto nell’Induismo forse alcune centinaia di anni fa. Prima la ricerca della liberazione era fatta nel contesto della comunità, assieme agli altri. Ma qualcuno ha introdotto l’idea di singoli che perseguono la loro via per conto loro. È diventato un qualcosa di individualistico.

JN: Sta parlando di come la liberazione di sé sia diventato l’obiettivo principale, piuttosto che l’integrazione della vita interiore e delle esigenze della comunità. È un articolo molto potente [sono d’accordo ma occorre fare comunità in modo intelligente, con senso critico: Lavastine, 30 anni prima nella Francia di Vichy collaborò entusiasticamente con le politiche culturali degli occupanti nazisti, NdT].

[…].

Può sembrare assurdo dire che la scienza non funziona. Sembra funzionare in maniera fantastica. Guardate tutto quello che fa. Ma un qualcosa che non serve a portare l’amore, la bellezza, il porsi al servizio del prossimo è, nel migliore dei casi solo una mezza verità in un senso profondo, e non è davvero pragmatico.

[…].

Abbiamo bisogno di un linguaggio basato sull’esperienza, su ciò che vorrei chiamare un empirismo interiore. La scienza si basa su un empirismo esterno. Ma c’è anche un empirismo interiore che ci mostra la verità su noi stessi. E quando questo è risvegliato, inizia a mostrare anche la verità del mondo. Allora gli strumenti impiegati dalla scienza cominciano a servire scopi di altro genere [più nobili, NdT].

[…].

Rivelazione [“apocalisse”, NdT] è un altro termine per quella coscienza superiore che incontra gli strumenti di cui ci ha dotato l’evoluzione o qualcos’altro, e li umanizza e divinizza trasformandoli in qualcosa di straordinario. Quindi c’è un significato dell’interiorità che non è affatto quello comune. Non è solo l’insieme dei miei pensieri, dei miei sentimenti, è un energia di una qualità molto elevata e sottile che quando entra in contatto con gli strumenti del sé, li divinizza. Si pongono spontaneamente al servizio di una causa. In questo senso, la pratica spirituale è una forma di empirismo interiore. Quindi è corretto definirla una scienza, la scienza della vita interiore.

[…].

La questione legata a questi doni e poteri speciali è a cosa ci servono, che uso ne vogliamo fare, se li abbiamo? Le persone con questa sensibilità hanno uno scopo che è onorevole e corrisponde a ciò che è meglio per il mondo? Quindi è una specie di intelligenza del cuore quella su cui dobbiamo lavorare molto sul serio, perché ci sono questi poteri, ci sono queste cose che accadono. Non c’è proprio nessun dubbio su questo.

Se uno non ha mai provato quell’esperienza, naturalmente, è libero di essere un cinico. È qui che diventano fondamentali le grandi idee, la grande filosofia, la grande musica, la grande arte: per ricordarci chi siamo.

Ci sono tante idee tossiche, tanta arte tossica, tante cose che ci fanno dimenticare quel che dobbiamo ricordare.

[In “La Città Incantata” di Hayao Miyazaki, Chihiro accetta il cambiamento di nome e l’oppressione della strega Yu-Baaba, si dimentica della sua missione, del suo vero nome, della sua vera identità, della sua origine. Solo quando un biglietto le ricorda che il suo vero nome è Chihiro e non Sen, tutto riaffiora alla memoria, assieme al coraggio ed al senso di responsabilità e dedizione alla causa. Così può salvare i suoi genitori immemori e tornare con loro in “Kansas” (cf. Il Meraviglioso Mago di Oz), NdT]

C’è un blocco nella cultura contemporanea. Non importa quali fenomeni avvengano, si cerca di spiegarli tutti riducendoli a qualcosa di inferiore rispetto a quello che sono.

[…].
Al giorno d’oggi, giovani e adulti, quando fanno esperienza di quest’altra energia, un evento che si verifica anche accidentalmente, non sanno come chiamarlo. Non ne conoscono il significato. Non si rendono conto che la loro vera natura li sta chiamando e che è questo il loro destino.

http://www.jacobneedleman.com/storage/pdf/J-Needleman_w-Whitaker_Parabola_Fall_2012.pdf

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