Il razzismo di sinistra che fa il gioco della destra neoliberista (divide et impera)

Non esiste la guerra del bene contro il male. Esiste la guerra del bene assoluto e del male minore. Cioè, ormai dovrebbe essere chiaro, del male assoluto e del male minore. Non bisogna lottare per la verità, ma per l’incertezza. Per il tentativo. Per l’esperimento. Per l’avventura. Per la fallibilità. Dunque per la libertà, purché sia una libertà che non si realizza mai, e dunque che non è duratura in nessuna della sue singole forme. Non bisogna lottare per nulla che sia infinito ed eterno: queste armi lasciamole all’avversario. Non bisogna lottare per essere perfettamente buoni, ma per essere moderatamente, tollerabilmente, umanamente cattivi. Non c’è diritto più grande ed irrinunciabile di quello all’imperfezione: perché è il diritto alla perfettibilità.
Luigi Alfieri

Una giornalista dell’Espresso scrive: “Lega e nazisti, una faccia una razza”.

La suddetto giornalista dell’Espresso usa slogan razzisti per denunciare il razzismo, usa logiche razziste (qualche leghista ragiona come un nazista, ergo la Lega è un movimento neonazi) per evidenziare le logiche razziste, contribuisce a svuotare di ogni significato agli epiteti fascista e nazista, ormai inflazionati ed usati quasi immancabilmente a sproposito.

Esiste dunque un razzismo di sinistra?

L’intolleranza di tanti cittadini di sinistra verso i concittadini leghisti assume spesso tinte razziste ma, a sinistra, è più difficile accorgersene, perché inveire con stereotipi ed insulti contro i leghisti è politicamente corretto. È come se questi ultimi fossero collocati un gradino sotto gli esseri umani normali, assieme ai Neanderthal (e sotto gli immigrati). Il che fa tra l’altro il gioco del governo e dell’élite che lo appoggia, ben felice di vedere che l’indignazione si scarica contro l’opposizione (leghisti, grillini, no-Tav, anarchici, camionisti, ecc.).

Il razzismo di sinistra si scaglia contro chi critica gli immigrati e le politiche dell’immigrazione. Come tutti i fanatismi, osserva selettivamente la realtà, rimuovendo gli aspetti spiacevoli della medesima. Così i clandestini non sono un così grosso problema, le carceri ricolme di extracomunitari non sono un così grosso problema, le strade invase dalle prostitute non sono un così grosso problema, l’insicurezza non è un così grosso problema, la mentalità medievale di una parte degli immigrati non è un così grosso parte. Non è un così grosso problema che certe realtà siano state letteralmente invase dagli extracomunitari nel giro di pochissimi anni per fare un favore alle imprese e perché ci va bene di continuare a distruggere le economie del Terzo Mondo per poter esportare le nostre merci:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/23/lunione-europea-prima-distrugge-le-economie-del-terzo-mondo-poi-condanna-il-razzismo/

I leghisti hanno comunque torto, i critici dei leghisti hanno comunque ragione. I parlamentari leghisti sono comunque incompatibili con la democrazia. “Se i leghisti prendessero il potere in Italia chissà cosa succederebbe!”

Il razzismo di sinistra è persino più irritante di quello leghista perché è moralista. Molti leghisti, in fondo, sanno che essere razzisti è brutto e sbagliato (infatti lo nascondono finché non sono con altri razzisti). Invece temo non siano molti i legofobi che si interrogano sulla moralità del loro atteggiamento nei confronti di milioni di loro concittadini (di serie B). Infatti “razzismo di sinistra” è un ossimoro. Non si può essere razzisti/xenofobi e di sinistra. O sei l’uno o sei l’altro. Chi è razzista/xenofobo non è davvero di sinistra. A sinistra, va da sé, ci stanno “li mejo”. Si comincia così e si arriva ai centri di rieducazione ed ai gulag [“se la sinistra prendesse il potere in Italia chissà cosa succederebbe!”] – specialmente in seno ad un certo ambientalismo messianico .

A questo proposito, un’osservazione di Jacques Attali mi pare quanto mai azzeccata (Attali, “Domani chi governerà il mondo?” 2012, p. 289): “In risposta ai rischi sistemici mondiali, si vedrà in particolare crescere un’ideologia ecologica planetaria che raccomanda la riduzione della produzione per diminuire il consumo di energia ed attenuare i rischi d’inquinamento, imponendo restrizioni in tutti i settori in nome della frugalità e dei vantaggi a lungo termine. Dall’altra parte, un’ideologia religiosa – o più d’una – tenterà anch’essa di imporre regole conformi alle esigenze di un aldilà dove risiederà, secondo quanto sostiene, l’unica speranza di salvezza. Queste due ideologia fondamentaliste, ecologica e religiosa, convergeranno: l’una e l’altra affermeranno che il destino degli uomini è già scritto e che il vero padrone del mondo – la Natura o Dio – è altrove. L’una e l’altra, alla ricerca della purezza, denunceranno l’Occidente. L’una e l’altra sosterranno di pensare alla felicità degli uomini in termini di prospettiva. Potrebbe anche emergere un giorno un’ideologia che metta insieme le due dottrine: un fondamentalismo allo stesso tempo religioso ed ecologico. Un ossimoro, come lo fu il nazionalsocialismo. Già ha fatto la sua comparsa in Brasile, dove si sta sviluppando un fondamentalismo evangelico eminentemente interessato alla tutela dell’ambiente. Inoltre, nel 2002, Osama Bin Laden, nella sua “Lettera all’America”, accusò gli Stati Uniti di distruggere la natura più di qualsiasi altra nazione, con l’emissione di gas a effetto serra e la produzione di rifiuti industriali. Nel gennaio del 2010, sosteneva che “tutte le nazioni occidentali” sono colpevoli del cambiamento climatico. Nell’ottobre dello stesso anno, ribadiva che le vittime del cambiamento climatico sono più numerose di quelle delle guerre”.

Ho sempre detto che la prossima tirannia sarebbe stata umanitaria ed ecologista, ma non avevo pensato al tipo di connubio preconizzato da Attali. Vedremo chi ci andrà più vicino.

Tornando alla questione del razzismo di sinistra, mi pare che il film “Cose dell’altro mondo”, quello con Abatantuono imprenditore veneto razzista (a proposito: un attore credibilmente veneto non lo si poteva trovare?) lo esemplifichi mirabilmente.

Il messaggio centrale è che senza la forza lavoro immigrata l’Italia sarebbe finita (il neoliberismo ce la sta comunque mettendo tutta – a proposito: chi può essere così genio da chiedere ad un neoliberista sfegatato di risolvere problemi causati dal neoliberismo?).

Un messaggio così banale che persino quei subumani dei leghisti l’hanno capito.

Dunque un film inutile? No. Molto utile per capire i pregiudizi della sinistra.

Il film in questione è una predica rivolta ai credenti, fatta di caricature di leghisti ignoranti, italiani mammoni, immigrati per bene che devono restare qui perché sono bravi amanti e lavoratori instancabili.

Un film che fa star bene i benpensanti perché sorvola sul problema della criminalità, della clandestinità, del lavoro nero, della virtuale abolizione dei diritti dei lavoratori, della sostituzione della forza lavoro italiana con quella immigrata, delle politiche commerciali europee ed italiane che sbattono fuori dal mercato gli imprenditori dei paesi in via di sviluppo (dumping), della filantropia e dell’umanitarismo che mantengono miliardi di persone in una condizione di dipendenza, minorità e squallore, ecc.

È un film ipocrita e classista. Infatti fa svanire gli immigrati. Poteva farli mobilitare, organizzare in un movimento di protesta appoggiato dagli italiani, invece sceglie di perpetrare la dicotomia tra veneto razzista benestante (leghista cripto-nazi o proto-nazi) ed immigrato umile e passivo servo della gleba.

È un film che crede di essere pedagogico ma è paternalista e reazionario, manicheo e stracolmo di cliché, incluso l’uomo bianco con ansie di inadeguatezza sessuale e l’ultrarazzista ipocrita che assume quasi solo extracomunitari, va con le prostitute nere e perciò si merita il nipotino meticcio.

La questione sociale, la lotta di classe, viene esclusa in favore dell’ennesima riproposizione del volemosebbène e del rassicurante ordine che vede i bianchi benevoli e magnanimi in alto e i rispettosi, disciplinati colorati in basso.

Nel film non c’è nessun protagonista immigrato che non sia un amante (alla fine la protagonista si consola molto presto tornando con l’ex italiano: alla faccia del grande amore!) o un lavoratore (amici? Parenti? Dirigenti? Negozianti? Liberi professionisti? Amministratori comunali? Docenti? Delinquenti professionisti?). Non si pone un’alternativa tra immigrato al suo posto ed immigrato assente (desaparecido).

Cosa sarebbe cambiato se alla fine del film gli immigrati fossero ricomparsi magicamente come magicamente erano svaniti?

Ci sarebbe stato meno razzismo esplicito in una società ugualmente iniqua, ugualmente ipocrita, ugualmente disumana. Si sarebbe radunato qualche milione di indigeni pronti a sostituire gli immigrati scomparsi – umilmente, docilmente, disciplinatamente (perché nel capitalismo, come nel socialismo, ogni essere umano è un’unità rimpiazzabile).

Il film assegna agli Italiani la parte dell’ebete superficiale incapace di adattarsi alla nuova situazione, troppo viziato e bamboccione per darsi da fare, a dispetto degli allarmanti tassi di disoccupazione giovanile.

È una forma di disumanizzazione – verso immigrati ed autoctoni – paragonabile a quella leghista, ma va bene perché è politicamente corretta. Non può essere razzismo, anche se è tanto deplorevole quanto quello leghista, anzi più viscido e manipolativo, perché moralista, perché offre una corsia preferenziale agli immigrati, trattandoli come minori o minorati, dispensati da alcuni degli obblighi spettanti a tutti gli altri in quanto sfortunati o comunque non ancora pienamente integrati, non ancora pienamente maturi, non ancora pienamente adulti.

Il razzismo anti-leghista, non solo disumanizza i leghisti ma non fa nulla per aiutare gli italiani a sentire, a capire che gli immigrati sono esseri umani esattamente come loro.

Se una maggioranza di persone comincia, per esempio, a pensare, come fece Jean-Paul Sartre, che “l’antisemita è l’uomo che vuole essere roccia spietata, un torrente furioso, fulmine devastatore: tutto fuorché un uomo” (“Réflexions sur la question juive”), non c’è limite a cosa sarà possibile fare a chi non pensa in modo conforme alla norma. E’ necessario ripeterci continuamente che chi non la pensa come noi ha pari dignità rispetto a noi, è un essere umano come noi, anche se la cosa ci dispiace.

In conclusione, un film troppo compiaciuto dei suoi cliché per poter confessare il proprio razzismo. Un film manipolativo, diseducativo e squallido. Consigliatissimo per chi vuole capire la mentalità di certa sinistra.

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