Cosa si può fare con i guadagni di 1 anno dei 100 uomini più ricchi del mondo?

tumblr_mgxnszZ2VU1r6m2leo1_1280

Nel 2010 le Forbes Global 2000, assieme, avevano un fatturato di 32mila miliardi di dollari (il PIL mondiale era di 60mila miliardi di dollari).

“Il costo della disuguaglianza: come l’estrema polarizzazione di ricchezze e redditi ci danneggia tutti”, rapporto Oxfam, 18 gennaio 2013

“Negli ultimi 30 anni la disuguaglianza è cresciuta drammaticamente in molti paesi. Negli Stati Uniti la quota di reddito nazionale che va al 1% più ricco è raddoppiata, dal 1980, dal 10 al 20%. Per lo 0,01% è addirittura quadruplicata, a livelli mai visti prima. A livello globale, per l’1% (60 milioni di persone), e in particolare per l’ancora più ristretto 0,01% (600.000 persone – ci sono circa 1200 miliardari in tutto il mondo), gli ultimi trenta anni sono stati un periodo di incredibile abbuffate. Un fenomeno che non si limita agli Stati Uniti, o anche ai paesi ricchi. Nel Regno Unito la disuguaglianza sta rapidamente tornando a livelli che non si vedevano dai tempi di Charles Dickens. In Cina il 10% ora porta a casa quasi il 60% del reddito complessivo. I livelli di disuguaglianza cinesi sono ormai simili a quelli del Sud Africa, che è il paese più iniquo sulla terra, molto più rispetto alla fine dell’apartheid. Anche in molti dei paesi più poveri la disuguaglianza si è rapidamente accresciuta.

Globalmente i redditi dell’1% più ricco sono aumentati del 60% in 20 anni. La crescita del reddito per lo 0,01% è stata ancora più consistente.

A seguito della crisi finanziaria, il processo si è accelerato, con l’1% che ha incrementato ulteriormente la sua quota di reddito. Il mercato dei beni di lusso ha registrato una crescita a due cifre ogni anno, dopo l’inizio della crisi. Che si tratti di una vettura sportiva o un super-yacht, caviale o champagne, non vi è mai stata una tale richiesta dei beni di lusso più costosi.

Il FMI ha dichiarato che la disuguaglianza è pericolosa, produce divisioni e potrebbe portare a rivolte sociali. I sondaggi mostrano che l’opinione pubblica è sempre più sensibile alla crescente disuguaglianza in molti paesi, e ciò riguarda tutti i cittadini, indipendentemente dall’orientamento politico.

[…]

I 100 miliardari più ricchi del mondo hanno aggiunto 240 miliardi di dollari alle loro ricchezze nel 2012 – un quarto di quella cifra sarebbe sufficiente a porre fine alla povertà estrema nel mondo. La crescita nei paesi più egalitari è molto più efficace nel ridurre la povertà. Le ricerche effettuate da Oxfam hanno dimostrato che, per via delle sue gravi disparità, in Sud Africa, anche con una sostenuta crescita economica, un milione di persone in più saranno spinte verso una condizione di miseria entro il 2020, se non si prenderanno delle contromisure.

Le parole del vecchio adagio ‘soldi uguale potere’ indicano che nelle società più disuguali la democrazia è più a rischio. Questo potere può essere esercitato legalmente, con centinaia di milioni spesi ogni anno, in molti paesi, per fare lobbismo politico (corruzione legale), o illegittimamente per corrompere il processo politico e comprarsi il processo decisionale democratico.

[…]

I membri dell’élite hanno più probabilità di ricoprire posizioni politiche prominenti o altri alti uffici, rafforzando le disuguaglianze. I loro figli hanno più possibilità di essere almeno ricchi quanto lo sono i loro genitori, il che significa che le disparità intergenerazionali aumentano. La disuguaglianza è stata ricollegata ad una pluralità di problemi sociali, quali la violenza, la malattia mentale, la criminalità e l’obesità.

Fondamentalmente la disuguaglianza ha dimostrato di essere non solo un male per i poveri nelle società disuguali, ma anche per i ricchi. Le persone più ricche sono più felici e più sane se vivono in società più uguali.

http://www.oxfam.org/sites/www.oxfam.org/files/cost-of-inequality-oxfam-mb180113.pdf

La secessione dal genere umano

Padania

La vita è essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione di tutto quanto è estraneo e più debole, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie, un incorporare o per lo meno, nel più temperato dei casi, uno sfruttare. […]. Lo “sfruttamento” non compete a una società guasta oppure imperfetta e primitiva: esso concerne l’essenza del vivente, in quanto fondamentale funzione organica, è una conseguenza di quella caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita

F. Nietzsche, “Al di là del bene e del male”

Non potete servire a Dio e a Mammona

Matteo 6, 24; Luca 16, 13

“Divided We Stand: Why Inequality Keeps Rising” (OECD, 2010) indica che le disuguaglianze stanno accrescendosi rapidamente e drammaticamente. Mentre nei paesi BRICS è stabile o diminuisce grazie all’impetuosa crescita economica, in Occidente la tendenza è inversa, con aumenti registrati in 17 paesi OECD su 22, per almeno un 4% nel giro di una generazione in Finlandia, Germania, Israele, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Svezia e Stati Uniti. Uno studio di ricercatori delle università di Warwick, Belfast ed Exeter (“British Economic Growth, 1270-1870”, 2010) ha mostrato che gli abitanti delle isole britanniche nell’epoca medievale se la passavano molto meglio dei cittadini dello Zaire, Burundi, Niger, Togo, Guinea e Guinea Bissau, Haiti, Sierra Leone, Ciad, Zimbabwe, Afghanistan. Un’altra ricerca (Santos et al. 2007) rivela che nell’Ungheria medievale c’erano minori disparità sociali che nel Regno Unito pre-crisi (figuriamoci ora!). Oggi i super-ricchi hanno a disposizione i paradisi fiscali per evitare di condividere la loro abbondanza e, stando alle statistiche fiscali statunitensi, meno del 4% dei super-ricchi americani è un imprenditore, ossia contribuisce in modo sostanziale all’economia reale. Quel che sta avvenendo è la progressiva secessione di una minuscola porzione del genere umano dal resto della specie: in luogo dei castelli di un tempo gli “eletti” risiedono in quartieri residenziali fortificati e video sorvegliati da vigilanti armati, oppure persino su isole di loro proprietà.

Con una fulminante intuizione, Gustavo Zagrebelsky (Zagrebelsky, Mauro 2011) domanda al direttore della Repubblica:

“Non ti pare che si stia creando una distanza persino nella conformazione fisica esteriore tra una super e una infra-umanità? Non è razzismo, perché attraversa tutte le popolazioni d’ogni colore. Ha invece qualcosa di nietzscheano. La ricchezza e la povertà, con l’accesso o l’esclusione a cure, trapianti, trattamenti d’ogni genere, mai forse come ora – o comunque mai visibilmente come ora – si trasformano in differenze di corpi e di prospettive di vita- […]. Possiamo parlare ancora di “umanità”, al singolare? Un orrore che non ha nemmeno lontanamente a che vedere con la differenza di vita esistente un tempo tra un proletario e un borghese nelle nostre società. La stirpe umana si sta dividendo tra un sopra e un sotto biologico, come conseguenza d’un sopra-sotto sociale, e questa divisione è a tutti evidente. […]. E vuoi che prima o poi questa tensione, una volta che l’ideologia si congiunga con la tecnologia della violenza in una dimensione mondiale, non possa raggiungere un punto di rottura in grado di provocare la catastrofe?” (p. 42)

Contemporaneamente i social network e i forum dei quotidiani cominciano ad essere frequentati da persone che invece di usare la lingua come un ponte verso il mondo, la usano come un muro, con un portoncino blindato che si apre solo per i loro “simili”. Così ci sono veneti che nei forum italiani scrivono esclusivamente in veneto quando si parla di questioni venete, specialmente se sono legate alle spinte separatiste. Certi sudtirolesi usano il loro dialetto anche se alla discussione partecipano persone che capiscono solo il tedesco. I separatisti catalani usano la loro lingua sui forum dei quotidiani inglesi (mentre i loro critici spagnoli si sforzano di scrivere in inglese). Trovo tutto questo desolante e la ritengo una condotta di una piccineria spaventosa. Pare che sia sommamente difficile per alcuni capire che bisogna stare uniti per resistere ad un sistema che sta usando l’indebitamento per privatizzare i beni comuni e minare alle fondamenta le tutele dei diritti civili e fondamentali, avvalendosi della classica strategia del divide et impera. Questa stolidità ed ignoranza rischia di portarci a fondo.

L’errore che si commette è quello di considerare l’autodeterminazione di un gruppo umano come un valore assoluto e positivo. Ma l’autodeterminazione delle oligarchie finanziarie (deregulation – la chiamano “semplificazione” ma tra i ricchi e i poveri, tra i forti e i deboli la legge dovrebbe proteggere i secondi, l’anarchia avvantaggia sempre i primi) non è certo un passo in avanti per la civiltà umana, l’autodeterminazione dei ricchi che optano per i paradisi fiscali e le cosiddette “gated communities” (quartieri fortificati) perché non vogliono contribuire ad una vita decorosa per i meno abbienti né vogliono subire le conseguenze del loro egoismo non è una cosa buona. L’autodeterminazione della Germania e del Nord Europa dal resto del continente, come se la distruzione del potere d’acquisto degli altri europei non comportasse devastanti conseguenze per le loro economie è suicida, come lo è l’autodeterminazione di una regione del nord dalle altre perché si ritiene depauperata, non rendendosi conto che il sistema economico vigente la trasformerà nel giro di una generazione nel sud sfruttato di qualcun altro. La chiamano autodeterminazione ma è egoismo individualista e collettivista. Non siamo monadi autarchiche, ma esseri viventi interdipendenti, interconnessi che viaggiano sulla stessa barca: gettare fuori bordo la “zavorra” rende la scialuppa stessa indegna di restare a galla.

L’autodeterminazione delle persone che si continuano a considerare interdipendenti (autonomia, individualità democratica) è invece un approccio più saggio. È l’individuazione come salutare processo di maturazione spirituale e civile.

Tea Party – il totalitarismo anarchico alla conquista degli Stati Uniti

Tre anni fa, il Tea Party era un gruppo di qualche centinaio di pensionati diabetici incazzati coi neri e i gay perché li facevano sentire vecchi. Ora hanno 62 seggi al Congresso.
Bill Maher (comico)

Lo stato è oggi ipertrofico, elefantiaco, enorme e vulnerabilissimo, perché ha assunto una quantità di funzioni di indole economica che dovevano essere lasciate al libero gioco dell’economia privata. […] Noi crediamo, ad esempio che il tanto e giustamente vituperato disservizio postale cesserebbe d’incanto se il servizio postale, invece di essere avocato alla ditta stato, che lo esercisce nefandemente in regime di monopolio assoluto, fosse affidato a due o più imprese private. […] In altri termini, la volontà del fascismo è rafforzamento dello stato politico, graduale smobilitazione dello stato economico.

Benito Mussolini. Opera Omnia., XVI, p. 101

Il popolo italiano, gridiamolo a tutta voce, non si sentì mai, come sotto il regime fascista, più libero e franco…gli italiani non si sentirono mai più di ora liberi innanzi al dovere, liberi innanzi al destino, liberi innanzi alla morte.

Giuseppe Maggiore

Io sono liberale nel senso economico del termine…Il termine americano “liberale” significa qualcuno che pensa che si dovrebbe permettere a tutti di svilupparsi a proprio piacimento e fare quel che gli pare

Lee Kuan Yew, ex despota di Singapore, confonde liberalismo e libertarismo/neoliberismo/anarchismo di destra

Anche il Guardian dice quello che molti di noi pensano da lungo tempo. I repubblicani neoliberisti stanno deliberatamente sabotando l’economia per ricavarne dei vantaggi personali ed elettorali. Da quando hanno la maggioranza al congresso hanno impedito ogni misura che portasse alla crescita ed imposto austerità, austerità, austerità, tanto che l’economia americana è sul punto di affondare nuovamente, a pochi mesi dalle elezioni presidenziali.

Esaminiamo meglio la questione.

* La carriera giornalistica di Mussolini che lo proiettò verso il potere è stata finanziata dall’Ansaldo che, grazie all’intervento italiano nella Grande Guerra, diventò un gigante industriale.

* Oscar Giannino è l’importatore in Italia del movimento statunitense del Tea Party. Tea Party Italia è referente ufficiale italiano per

http://www.teapartypatriots.org/

* Il Tea Party americano è finanziato generosamente dai multimiliardari fratelli Koch (i ricchi sono sempre molto felici di finanziare un movimento anti-stato: senza stato possono fare più agevolmente i propri comodi)

http://it.wikipedia.org/wiki/David_H._Koch

* Tra i candidati alla presidenza degli USA targati Tea Party figurano Ron Paul, Sarah Palin e Michele Bachmann.

Sarah Palin è già notoria: una fondamentalista cristiana, omofoba, amante delle armi automatiche e credente nella necessità dell’Armageddon per il ritorno del Cristo (NB l’Armageddon prevede lo sterminio degli Ebrei non convertiti: lei si dice sionista perché senza un Israele aggressivo non ci può essere l’Armageddon, ovvero il Secondo Olocausto).

Michele Bachmann è un clone di Sarah Palin:

http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201108/110811faggioli.pdf

Christian Rocca (un libertario di destra) ha già detto molto di quel che andava detto riguardo a Ron Paul:

http://www.camilloblog.it/archivio/2011/12/29/ron-paul-non-e-un-libertario/

* Un altro beniamino dei Tea Party Patriots è il governatore del Wisconsin, il repubblicano Scott Walker, l’Attila del sindacato e del pubblico impiego e il Babbo Natale delle grandi imprese, sostenuto nella sua riconferma da 30 milioni di dollari di sponsorizzazioni repubblicane:

http://www.repubblica.it/esteri/2012/06/06/news/sindacati_tradiscono_obama-36678874/

“Appena eletto governatore nel 2010, Walker aveva affrontato il rapporto dipendenti pubblici sul disavanzo dello stato con decisione: aveva chiesto l’eliminazione del negoziato collettivo del contratto di lavoro, il licenziamento di circa 12.000 dipendenti dello stato del Wisconsin, aveva eliminato i diritti sindacali, autorizzando il licenziamento immediato di chiunque scioperasse, e un taglio di stipendio per 340.000 lavoratori statali”.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-06-06/vittoria-walker-wisconsin-pesante-120334.shtml?uuid=Ab6Uw6nF

Come si vede, nessun cittadino di sinistra dovrebbe avere a che spartire con questo movimento, in Italia o altrove.

* Ma c’è un ulteriore livello da esplorare. Il maggiore benefattore di Ron Paul è Peter Thiel, guarda caso un altro miliardario libertario che vuole costruire città-stato neofeudali in acque internazionali, dove le leggi degli stati non possono essere applicate (e quindi tutto è lecito, se hai i soldi):

http://www.liberazione.it/news-file/Benvenuti-a-Seasteading–la-citt–del-sole-del-capitalismo.htm

Orbene, questo Peter Thiel è anche un pezzo grosso del Bilderberg, un’organizzazione di potenti non nota per la sua passione democratica (eufemismo!):

http://www.bilderbergmeetings.org/governance.html

http://www.politico.com/news/stories/0512/76518_Page2.html

Il paladino delle libertà, sponsorizzato da un nemico della democrazia.

Come volevasi dimostrare.

L’ANELITO TOTALITARIO DELL’ANARCHISMO DI DESTRA: APPROFONDIMENTI

In linea generale, la differenza tra anarchismo di destra (libertarismo/neoliberismo) e liberalismo consiste nell’avversione del primo nei confronti dell’intervento governativo nell’economia e nel favore con il quale invece accoglie la difesa dei rapporti gerarchici in natura e nella società.

Il liberalismo democratico invece approva l’intervento statale nell’economia al fine di consentire ad un crescente numero di cittadini di porre in essere i propri progetti di vita, nella prospettiva della loro emancipazione – per quel che è lecito attendersi – dall’assistenza delle istituzioni, mentre condanna le intrusioni non richieste nella sfera privata. Questo dualismo era già evidente nel periodo tra le due guerre, quando la destra autoritaria promuoveva programmi di governo conservatori a livello culturale e liberisti a livello economico-fiscale (Soucy, 1995; Bobbio, 2008). Così, scrivendo sul Popolo d’Italia, nel 1921, Benito Mussolini, ormai burattino degli interessi industriali, asseriva che “lo stato deve esercitare tutti i controlli possibili immaginabili, ma deve rinunciare ad ogni forma di gestione economica. Non è affar suo. Anche i servizi cosiddetti pubblici devono essere sottratti al monopolio statale” (cf. Sternhell, 2008, p. 315).

 

FRIEDERICH NIETZSCHE

Il filosofo tedesco Friederich Nietzsche (1844-1900) fu tra coloro i quali scelsero di raccogliere la sfida della modernità e di perseguirne la logica fino alle conclusioni più sgradevoli. Egli si pose l’obiettivo di determinare quali approcci filosofici e sistemi morali sarebbero stati più o meno vantaggiosi per il prosperare della vita. Si badi bene, della “vita”, non dell’”umanità” nel suo complesso. Nietzsche, come Schopenhauer, era fondamentalmente un misantropo e come tale la sua antropologia non poteva che essere negativa. Lui stesso dichiarò in diverse occasioni che ben più importante dell’amore per il prossimo era l’amore per ciò che è remoto e futuro e che in lui l’amore per le cose e le idee eccedeva quello per l’essere umano. Nietzsche è famoso per la sua perorazione della causa del Superuomo. La visione superomistica era la sua risposta all’incedere del nichilismo nella modernità scettica, cinica e disillusa. La moralità del Superuomo era quella idealistica e sprezzante del signore e padrone ed andava contrapposta alla moralità utilitaristica dello “schiavo”, l’uomo debole e codardo destinato a rimanere succube del signore una volta che questi avesse preso coscienza della sua condizione di superiorità. La moralità dello schiavo – che per Nietzsche si identificava con quella cristiana, socialista e liberal-democratica – giudicava malvagio tutto ciò che era nell’interesse del Signore che, invece, avrebbe dovuto adottare se stesso ed il suo volere come supremo parametro etico, pronto a sacrificare gli altri nel perseguimento dei propri interessi, senza sentirsi in alcun modo in colpa. L’umanitarismo, la pazienza e la tolleranza, virtù predicate dallo schiavo come strategie di sopravvivenza ed espressione del risentimento del debole nei confronti del forte, erano solo d’intralcio alla superiore volontà dell’Uomo Padrone. Quelle della moralità dello schiavo erano dunque virtù negative, piuttosto che positive come quelle che informavano l’azione del Superuomo, ed il movimento liberal-democratico era solo un’altra forma di decadenza dell’organizzazione politica che sminuiva, svalutava e rendeva mediocre l’umanità. Questo Superuomo non era una figura chiaramente definita. Nietzsche sembrava volerne preparare l’avvento. Lui stesso affermava di scrivere per una specie d’uomo che doveva ancora nascere. In breve il Superuomo fu il parto delle fantasie di una classe privilegiata che si sentiva minacciata dalla concessione del suffragio universale e sognava un sistema istituzionale che ricreasse almeno in parte il sistema di rapporti semi-feudali pre-esistente. Una società mascolina e militante che rigenerasse e ringiovanisse l’umanità attraverso una cultura più autentica e vitale. Il risultato finale sarebbe stato, sempre secondo Nietzsche, che come la scimmia per l’uomo è oggetto di scherno o di doloroso imbarazzo, così l’uomo sarebbe stato trattato dal Superuomo, perché ogni miglioramento del tipo “uomo” è sempre stato e sempre sarà il prodotto di una società e di una mentalità aristocratica, che crede in un scala gerarchica lungo la quale i vari tipi umani sono ordinati per valore decrescente [il libertario di destra, narcisisticamente, non può immaginare che un giorno si troverà in fondo alla scala: lui/lei è speciale per definizione].

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/24/morbido-e-bello-perche-amo-il-femminino-e-detesto-nietzsche-pur-ammirandolo/#axzz1xCovAXps

 

BENITO MUSSOLINI

L’egocentrico Benito Mussolini si lasciò conquistare dal fascino del Superuomo, al punto da credere di rappresentarne l’incarnazione terrena, pioniere e messaggero di un’umanità futura, palingeneticamente rigenerata e superiore. Mentre “la società borghese ha creato l’uomo macchina, l’uomo funzionario, l’uomo orologiaio, l’uomo regola. Io sogno l’uomo eccezione” (Gentile, 1996: p. 65). Mussolini definisce il Superuomo un “inno alla vita – alla vita vissuta con tutte le energie in una tensione continua verso qualche cosa di più alto, di più fino, di più tentatore” (Gentile, 1996: p. 35). Tuttavia il libertarismo mussoliniano, come quello futurista, non poteva che tradursi nell’autoritarismo più sfrenato, perché le libere decisioni dell’individuo eccezionale dovevano per definizione essere vincolanti per tutti gli altri, anche quelli che non sapevano cogliere la presunta sagacia e lucidità del Duce. L’intolleranza più feroce nei confronti degli oppositori è infatti il tratto caratterizzante del libertarismo di destra che usa l’appello alla libertà per giustificare il diritto del forte di intimidire il debole, l’incerto, o l’avversario (vis = ius). Per questo il motto di questa dottrina dovrebbe essere: “Sono libero di fare quel che ritengo giusto e vantaggioso, e voi siete liberi di fare quel che ritengo giusto e vantaggioso”.

http://www.informarexresistere.fr/2011/12/21/la-sindrome-dellanticristo/#axzz1xCovAXps

L’IDEOLOGIA DELLA FRONTIERA

La società libertaria trovò la sua piena realizzazione in California durante la corsa all’oro, quando centinaia di migliaia di cercatori d’oro e commercianti provenienti da tutto il mondo si riversarono in California, la nuova Terra Promessa. Molti di loro erano uomini che avevano lasciato le mogli a casa e che quindi costruirono una società completamente diversa dalle altre. Quasi interamente maschile (97 per cento di uomini), la violenza ed il sopruso erano parte della quotidianità, specialmente nei confronti delle minoranze etnico-razziali. Circa 4000 su alcune decine di migliaia di cercatori d’oro furono uccisi violentemente. L’ideologia della frontiera americana privilegia la libertà (irresponsabile, se non verso il proprio tornaconto), l’individualismo, l’autarchia, l’autogoverno, la violenza “legittima”, l’anti-intellettualismo, il vigilantismo, il paternalismo, una religiosità emozionale ed un’etica familista.

Libertà dalle gerarchie ecclesiastiche tradizionali, libertà dalla regolamentazione del mercato e libertà dal governo centrale e dalle indicazioni e prescrizioni degli esperti. L’invocazione della volontà popolare altro non è che una netta presa di posizione contro le élite del sapere, la democrazia liberale e, più in generale, la necessità di esaminare le questioni più spinose da molteplici punti di vista, tenendo aperti diversi percorsi esplicativi e rifuggendo dalle conclusioni affrettate. È una libertà populista, la libertà di poter agire come se la realtà fosse assai meno complessa di quel che appare o di quel che altri vorrebbero far credere. È la libertà che gode la gente comune di ritenersi immune dalle “balorde astrusità” della torre d’avorio e di poter attingere senza intermediari e senza soverchie difficoltà alla sorgente del buon senso e quindi della verità. È la libertà, infine, di poter credere che il troppo pensare e l’eccessivo sapere sviino la mente e lo spirito, facendoli deviare dal retto pensare e dal retto sentire – ritenuti frutto di una rivelazione che resiste alle interpretazioni razionali – e spingendo le persone verso l’infelicità e la cronica insubordinazione che, così si sostiene, sempre s’associano alla perenne incertezza del relativismo etico.

Fu in questo contesto che emerse la figura, profondamente misogina, asociale e reazionaria, del giustiziere solitario redentore che, dotato di straordinaria integrità morale, lealtà, coraggio, valore, determinazione e chiarezza d’intenti, tralascia le strade diplomatiche ed assume temporaneamente un potere assoluto di vita e di morte per rimettere a posto le cose in una piccola comunità minacciata dai malvagi, che saranno alla fine puniti. In questa tradizione narrativa un “vigilantismo” unilaterale e senza regole si trasforma nella più pura espressione della tutela della legge e dell’ordine in assenza di un governo democraticamente eletto. Il virile maschio bianco libertario, novello eroe omerico che si cura più dei compagni d’arme, della gloria, degli dèi e della propria gente che delle leggi umane, diviene l’incarnazione della sua legge e della sua giustizia e, laddove lo stato c’è, come nel contesto urbano, le sue azioni si contrappongono in modo stridente alle disposizioni ufficiali.

Il manicheismo della sua visione del mondo è sconfinato: solo lui ha ben chiaro in mente cosa impedisca alla società di evolvere naturalmente nella direzione da lui auspicata, solo lui e pochi altri sono realmente in grado di gestire la libertà personale e quindi si meritano di esercitarla. In fondo quel che l’eroe libertario cerca è un universo nel quale agire come un demiurgo. Il suo desiderio infantile è quello di sostituire la sua autorità a quella di un governo che ne limita le ambizioni. Per questo molto spesso l’eroe solitario si sente particolarmente a suo agio nel ruolo di tiranno.

Ayn Rand è un distillato dell’ideologia della frontiera

AYN RAND, LA PSICOPATIA E IL MOVIMENTO TEA PARTY ITALIA

Ayn Rand è il Marx dei neoliberisti/libertari/anarchici di destra. I suoi testi sono le sacre scritture del Tea Party, inclusa la sua filiale italiana (es. il manifesto del Tea Party italiano è corredato da una citazione di Ayn Rand).

Ron Paul ha chiamato suo figlio Rand Paul come tributo ad Ayn Rand.

Rand e Ron Paul

Diamo un’occhiata alle sue teorie, riunite nella filosofia oggettivista.

Può essere a buon diritto definita la peggiore filosofia partorita nel dopoguerra. L’egoismo, si sostiene, è un bene, l’altruismo un male, l’empatia e la compassione sono irrazionali e distruttive. I poveri meritano di morire, i ricchi meritano di esercitare una potenza senza limiti. È già stata testata ed ha fallito clamorosamente e catastroficamente. Eppure la dottrina di Ayn Rand, morta 30 anni fa, non è mai stato più popolare ed influente.

Rand era russa, di famiglia benestante emigrata negli Stati Uniti. Attraverso i suoi romanzi (come “La rivolta di Atlante”) e la sua saggistica (come “La virtù dell’egoismo”), ha illustrato una filosofia chiamata oggettivismo. Questa sostiene che l’unica morale è il puro interesse personale. Non dobbiamo nulla a nessuno, neppure ai membri delle nostre famiglie. Descrive i poveri e i deboli come “rifiuti” e “parassiti” e critica aspramente chiunque cerchi di aiutarli. Oltre polizia, tribunali e forze armate, non ci dovrebbe essere alcun altro ruolo per il governo: nessuna sicurezza sociale, né salute pubblica o istruzione pubblica, infrastrutture pubbliche o trasporti pubblici, nessuna regolamentazione, nessuna imposta sul reddito.

“La rivolta di Atlante”, pubblicato nel 1957, raffigura gli Stati Uniti come paralizzati dall’interventismo governativo, in cui eroici milionari lottano contro un popolo di parassiti. I milionari, che lei ritrae come Atlante che regge il mondo su di sé, scioperano, con il risultato che la nazione crolla. Si salva solo grazie all’avidità ed all’egoismo sconfinato, per mano di uno degli eroici plutocrati, John Galt.

I poveri muoiono come mosche a causa dei programmi di governo e della loro pigrizia ed irresponsabilità. Coloro che cercano di aiutarli sono gasati. In un passo famoso, Rand sostiene che tutti i passeggeri di un treno uccisi da fumi avvelenati meritavano la loro sorte. Uno, per esempio, era una maestra che aveva insegnato ai bambini a fare squadra, una era una madre sposata con un funzionario pubblico che si era presa cura dei suoi figli, uno era una casalinga “che credeva di avere il diritto di eleggere politici di cui sapeva nulla”.

Quella di Rand è la filosofia degli psicopatici, una fantasia misantropica di crudeltà, vendetta ed avidità. Eppure, come Gary Weiss mostra nel suo nuovo libro, “Ayn Rand Nation”, è diventata per la nuova destra ciò che Karl Marx una volta era a sinistra: un semidio a capo di un culto millenaristico. Quasi un terzo degli americani, secondo un recente sondaggio, ha letto “La rivolta di Atlante”, che ora vende centinaia di migliaia di copie ogni anno.

Ignorando l’ateismo evangelico di Rand, il movimento Tea Party l’ha adottata. Nessun loro raduno è completo senza cartelli con le scritte “Chi è John Galt?” e “Rand aveva ragione”.

Rand, afferma Weiss, fornisce quell’ideologia unificante che ha fornito un bersaglio ad una rabbia ed infelicità che non ce l’avevano. La filosofa è energicamente promossa dalle emittenti Glenn Beck, Rush Limbaugh e Rick Santelli. È lo spirito guida dei repubblicani al Congresso.

[…].

Non è difficile capire perché Rand piaccia ai miliardari. Offre loro qualcosa che è fondamentale per ogni movimento politico di successo: un senso di vittimismo. Dice loro che sono vampirizzati dai poveri ingrati ed oppressi da governi invadenti.

E invece più difficile capire che cosa ci guadagnino i militanti ordinari del Tea Party, che avrebbero molto da perdere se lo stato si ritraesse. Ma tale è il grado di disinformazione che satura questo movimento e così diffusa, negli Stati Uniti, è la sindrome di Willy Loman (il divario tra realtà e aspettative) che milioni, allegramente, si offrono volontari per fungere da zerbini ai miliardari. Mi chiedo quanti avrebbero continuato a venerare Ayn Rand se avessero saputo che, in età più avanzata, si iscrisse ai programmi di sanità e previdenza pubblica. Si era scagliata furiosamente contro entrambe, in quanto rappresentavano tutto quello che disprezzava dello stato invadente, ma il suo sistema di credenze non poteva competere con la realtà del’invecchiamento e della salute cagionevole.

[…].

Impregnata della sua filosofia, la nuova destra su entrambi i lati dell’Atlantico continua a chiedere il rimpicciolimento dello Stato, anche se i resti del naufragio di quella politica ci circondano. I poveri sprofondano, gli ultra-ricchi prosperano. Ayn Rand approverebbe”.

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/mar/05/new-right-ayn-rand-marx

Ne consegue che l’anarchismo di destra è un concentrato di tutti i vizi umani, che però esalta come magnifiche virtù (cf. Bernard de Mandeville, “La favola delle api: ovvero vizi privati, pubbliche virtù”):

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/18/la-vera-banalita-del-male-ovvero-perche-le-cose-non-stanno-andando-come-dovrebbero/

Non c’è altro da dire. I rest my case.

Il FMI sapeva fin dal 2010 che l’austerità avrebbe distrutto l’economia e la società europea

PREMESSA: Non ci sono alibi per i 450mila bambini greci malnutriti (UNICEF), né per la distruzione di migliaia di piccole e medie imprese italiane espulse dal mercato a causa del crollo dei consumi dovuto ad un’austerità immotivata stando al parere degli stessi analisi dell’FMI. Ci sarà clemenza, perché tutti possono sbagliare in buona fede e rifiutarsi di osservare le cose come stanno, ma non ci sono alibi. Ognuno si dovrà assumere le sue responsabilità al cospetto della propria coscienza e chiedersi se ha davvero fatto tutto quel che poteva fare, se è stato un giusto o un operatore di iniquità.

Già da due anni il Fondo Monetario Internazionale (Christine Lagarde) sa che l’austerità è la strategia più sbagliata che si possa immaginare per risolvere la crisi. La prova che non sono inetti ma che stanno deliberatamente distruggendo le vite di milioni di persone si trova in uno studio realizzato dallo stesso FMI nel 2010.

Michael Kumhof & Romain Rancière, “Inequality, Leverage and Crises”, International Monetary Fund, Working Paper 268 (2010)

http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2010/wp10268.pdf

L’austerità non potrà mai funzionare perché si basa sulla premessa che la stagnazione economica attuale è la conseguenza del debito pubblico mentre questo studio dimostra che la causa del crollo finanziario del 2007 e della susseguente recessione è la colossale disparità di reddito, non l’eccesso di spesa pubblica o di indebitamento.

Le ragioni di questa disparità individuate dai due economisti dell’FMI sono: indebolimento dei sindacati, disgregazione del sistema della contrattazione collettiva, flessibilità del mercato del lavoro, delocalizzazione, riduzione della spesa sociale, privatizzazioni, globalizzazione, sgravi fiscali per i più ricchi, esplosione nella remunerazione dei dirigenti, tassazione dei guadagni derivanti da investimenti finanziari inferiore a quella del reddito generato dal lavoro.

[Economisti dell’FMI più marxisti di Paolo Ferrero? O forse Ferrero ha ragione e gli editorialisti dei maggiori quotidiani non sanno quello che dicono?]

Il risultato è stato questo:

http://www.informarexresistere.fr/2012/04/01/il-99-contro-l%E2%80%991-non-e-populismo-spicciolo-eccone-la-prova/#axzz1wjYeBq00

Gli autori sottolineano che l’altro periodo nella storia degli Stati Uniti in cui si è verificata una situazione del genere è stato quello precedente la Grande Depressione.

Le montagne di denaro accumulate dal 10% più ricco degli americani, allora come a partire dagli anni Ottanta, non sono stati investite per aumentare la capacità produttiva dell’economia, ma in attività di acquisizione, speculazione immobiliare e, catastroficamente, in prestiti concessi al 90% il cui reddito è diminuito. Così la restante parte della popolazione si è indebitata sempre di più, anche grazie alle invenzioni di Wall Street, che hanno permesso di introdurre nuovi strumenti di indebitamento come i mutui sub-prime e le garanzie collaterali (collateralized debt obligations, CDO). [Per non parlare delle frodi su scala industriale]. Così, dal 1983 al 2007 l’indebitamento per i mutui sulle abitazioni è aumentato di oltre il 200% negli Stati Uniti, con un incremento che non si vedeva dalla Grande Depressione. Ma il massiccio trasferimento di denaro e beni dal basso verso l’alto non ha affrontato il problema essenziale: la mancanza di crescita del reddito per la maggior parte dei lavoratori. Così la disparità tra diminuzione dei salari e incremento del debito privato ha portato il sistema al collasso nel 2008, falciando le bellezza di 9mila miliardi dollari dall’economia degli Stati Uniti.

Nel Regno Unito, stagnazione dei salari, deregolamentazione del governo Thatcher del settore dei servizi finanziari nel 1980 e crescita della disuguaglianza hanno portato ad una simile esplosione del debito privato. Per mantenere il loro potere d’acquisto, i salariati si sono rivolti al credito, contando sul rapido aumento di valore delle proprietà. Ma, come negli Stati Uniti, l’inflazione dei prezzi delle abitazioni alimentata dal crescente debito privato si è rivelato insostenibile ed il castello di carte è crollato. Entro il 2015 si prevede che l’indebitamento delle famiglie inglesi salirà del 36%, fino all’astronomica cifra di 2mila miliardi di sterline.

Quale soluzione proponeva lo studio del FMI per ridurre l’indebitamento, saldare i debiti e stabilizzare l’economia? L’esatto opposto dell’austerità, ossia l’aumento dei redditi bassi e medi. Un’idea già testata con successo negli Stati Uniti del 1930: si chiamava New Deal (F.D. Roosevelt) e realizzò l’aumento dei redditi e l’occupazione di milioni di persone.

Solo un elettorato ignorante, ebete e fanaticamente anticomplottista, dei politici corrotti e conniventi ed un’élite genuinamente psicopatica potrebbero continuare a sostenere la ricetta dei salassi del rigore neoliberista a dispetto dei fatti e delle raccomandazioni dei loro stessi esperti.

Il 99% contro l’1% non è populismo spicciolo: eccone la prova

Come si può osservare, nel 2010, l’aumento dei redditi complessivo negli Stati Uniti è stato ripartito come segue:
37% allo 0,01% della popolazione (gli straricchi), con un incremento del 21,5% rispetto al 2009;
56% all’1% della popolazione (i ricchi, che guadagnavano già oltre 1 milione di dollari all’anno), con un incremento dell’11,6%;
7% al 99% della popolazione, con un incremento dello 0,2%;

Nel complesso, il 93% dei benefici pecuniari prodotti dal capitalismo finisce nelle mani dell’1% della popolazione americana, come volevasi dimostrare.

Ai tempi di Clinton era il 45%, ai tempi di Bush il 65%. Obama non ha fatto quel che doveva fare, ossia seguire l’esempio di F.D. Roosevelt. Quando il secondo maggior finanziatore della tua campagna elettorale è Goldman Sachs, non sei probabilmente nella posizione di governare un paese con la necessaria decenza e l’indispensabile buon senso. Si è ritagliato il ruolo del Robin Hood all’incontrario.

Dovrebbe perciò essere evidente a chi ha occhi per vedere che la situazione è completamente insostenibile, come lo era nel 1789.

Zuccotti Park e Piazza Battisti: il fallimento di indignati ed autonomisti ci serva di lezione

di Stefano Fait

Ho notato (numero di visualizzazioni) che c’è un certo interesse per il mio punto di vista sulla questione: “autonomia al bivio”.

Mi fa ovviamente molto piacere e mi auguro vivamente di non deludere i lettori: non posso fare molto altro per la mia comunità se non cercare di analizzare quel che vedo e sento quanto più lucidamente mi sia possibile fare.

Dice bene il direttore del Trentino Alberto Faustini, nel suo editoriale: “A mancare erano…le facce delle persone che ogni giorno vivono d’autonomia, ma che sentono il Palazzo meno vicino d’un tempo…I cittadini, in piazza, non ci sono scesi proprio: chi di dovere, si chieda perché“.

È un fatto: Piazza Battisti era affollata, ma non piena, e certamente non più di un terzo dei presenti non è stato “convocato”.

Il tanto deprecato e vezzeggiato popolo non si è visto.

Sono stato intervistato e non ho idea di cosa sarà trasmesso in TV di quanto ho detto.

Ne approfitto per riproporre ed elaborare i punti nodali che ho toccato.

Primo, ma non per importanza. L’assessore Panizza doveva usare maggior circospezione. La situazione richiede una certa coesione, non visibilità personale e a vantaggio del proprio partito: uniti nella diversità, con pari dignità. Le strumentalizzazioni politiche allontanano la gente e costringono il dibattito nei binari del monologo. Un manifestazione per l’autonomia è diventata una manifestazione per gli autonomisti, non particolarmente riuscita. Bah…
Mettiamo da parte le partigianerie e lavoriamo tutti assieme per il bene comune (con diritto di critica e di dissociarsi).

Secondo. Faustini ha scritto un’altra cosa importante, che è venuta in mente anche a me. Lui l’ha espressa molto meglio: “Il Trentino…può scegliere di chiudersi a riccio, interpretando l’autonomia come un privilegio, oppure può mettere la propria esperienza al servizio dell’Italia come esempio. L’evento di ieri avrà senso solo se perseguirà la nuova strada”.

La strategia del riccio è nobilmente nonviolenta, perché fa male solo a chi aggredisce, ma è anche futile ed autodistruttiva, quando l’aggressore è di un certo peso. Appallottolarsi per resistere all’attacco di un’automobile è istintivo, però è anche suicida.

Per questo il movimento degli indignati e di Occupy Wall Street sta, temporaneamente, fallendo, com’è fallita la mobilitazione trentina.
Gli indignati non hanno combinato nulla, non hanno ottenuto nulla e ora li stanno scacciando da tutti i luoghi occupati, uno dopo l’altro. Succederebbe lo stesso ai no-Tav, se le comunità della Val di Susa non fossero determinate a resistere. Il fallimento è dovuto alla pateticità del fine principale, che pare essere solo quello di far vedere che ci siamo, che non possiamo essere ignorati, non di cambiare le cose in modo duraturo.

La gente si mobilita quando vede che c’è una ragionevole possibilità che un movimento possa cambiare le cose, che possa ristabilire la giustizia sociale o la libertà, quando è stata persa.

Al momento i Trentini non hanno ancora sentito i veri morsi della crisi, ma solo dei mordicchiamenti sopportabili. Molti non si sono resi conto che ciò è successo soprattutto grazie all’autonomia. I negozi del centro chiudono, ma la maggior parte dei Trentini può continuare a credere che è solo questione di tempo e tutto si sistemerà.

In quei paesi dove l’autonomia non esiste, la gente ha invece capito che la situazione è ben diversa:

Che ci piaccia o no, i dati indicano che è in atto una lotta di classe scatenata unilateralmente da un’oligarchia di ricchi contro la classe media. Dove questo conflitto ci potrebbe condurre l’ha spiegato Gustavo Zagrebelsky senza tanti giri di parole:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/02/29/gustavo-zagrebelsky-sul-nuovo-ordine-mondiale-e-lapocalisse/
Perché sia stata intrapresa proprio ora non è una questione da affrontare in questa sede, ma è probabilmente legata ad un progressivo risveglio della società civile globale, reso possibile da internet (e forse dalla consapevolezza di altri grandi eventi imminenti).

Data la situazione, credo senza precedenti, si rende necessaria una stategia diversa, che pretenda dai politici di rispettare la sovranità e la volontà popolare e di difendere lo stato sociale. Questo è un altro punto che ho toccato nell’intervista. L’autonomia è il fondamento della democrazia, che è nata per contrastare incessantemente ed instancabilmente la tendenza del potere ad accentrarsi in poche mani e per promuoverne la diffusione tra tutti i cittadini, assieme alla consapevolezza ed alle competenze necessarie ad usarlo saggiamente.

Ora, quel che è mancato ad indignati ed autonomisti è la capacità di fare richieste. Il potere non concede nulla se non c’è una richiesta specifica. Se vogliamo qualcosa dobbiamo domandarlo.
Dellai
e Durnwalder hanno chiesto maggiori competenze, ossia hanno assicurato che le due province autonome si faranno carico di maggiori spese, alleviando ulteriormente i costi che spettano allo Stato. È una buona mossa, ma non credo che avrà alcun successo, perché a Roma e Bruxelles la tendenza prevalente è quella dell’accentramento, della sottrazione di fette sempre più ampie di sovranità ai paesi membri.

Trentini ed Alto Atesini/Sudtirolesi non devono dividersi, devono fare fronte comune e farsi sentire, devono parlare la lingua di tutti, proprio come raccomanda di fare Faustini.

Ho scritto con Mauro Fattor il saggio “Contro i miti etnici. Alla ricerca di un Alto Adige diverso” proprio in previsione di questo tipo di evenienza globale con ripercussioni locali (cf. introduzione, pp. 15-20). Gli eventi ci stanno dando ragione.

Si devono fare richieste concrete che riguardino tutti e che possano realisticamente cambiare le cose, altrimenti Roma avrà buon gioco a mettere Lombardi e Veneti contro i Trentini, mentre i separatisti sudtirolesi frazioneranno ancora di più la società civile della provincia di Bolzano. Dobbiamo dare l’esempio a tutte le comunità italiane e non solo. Dobbiamo batterci per tutti e non solo per noi stessi. Dobbiamo agire localmente, ma pensare globalmente, pensare ad un Mondo Nuovo, dove il neoliberismo dei monopoli politico-economico-finanziari sia ricacciato indietro e si riprenda il cammino tracciato dai padri dell’autonomia e dai padri della Costituzione.

O si fa così, oppure le piazze non si riempiranno mai: né le nostre, né quelle altrui.

Concludo con una serie di interrogativi che spero riceveranno una risposta corale e positiva.
L’Alto Adige può imparare dagli errori trentini e vice versa?
Possiamo creare assieme un modello autonomistico che serva da piattaforma per tante altre realtà, disgiuntamente dal fattore etnico-linguistico?
Possiamo, cioè, essere “glocali”?
Come suggerisce Michele Nardelli, è possibile “fare del Trentino un laboratorio permanente per la risoluzione dei conflitti nazionali e territoriali attraverso l’autogoverno come paradigma post-nazionale”?
http://www.michelenardelli.it/
Ma, soprattutto, Bruxelles sarà capace di superare il paradigma centralista ed accettare questo genere di sperimentazioni?

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: