Guru che odiano le donne (e gli uomini) – da Rachel Carson a Gore e Latouche

A cura di Stefano Fait

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Mi amareggia sapere che Serge Latouche goda in Italia di una popolarità sproporzionata rispetto a quella riservatagli nel resto d’Europa e dell’Occidente, dove è relativamente poco conosciuto. E per fortuna, dico io

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/04/perche-grillo-fa-bene-a-non-credere-nella-decrescita-felice/

Latouche è uno dei tanti frutti di una corrente reazionaria e misantropica dell’ambientalismo. Reazionaria perché rimuove il benessere umano dal centro del discorso politico e lo sostituisce con un distorto “amore” per il pianeta / terra / natura che, per qualche ragione, esclude l’umanità.
Se questa corrente non sarà sconfitta sul terreno delle idee e dei dati empirici finirà per pugnalare alle spalle il pensiero progressista e lo stesso ecologismo.

Infatti il suo principale effetto è quello di dirottare l’attivismo progressista in campagne contro il meteo (tra lo scetticismo di tutti gli esperti che cercano di far capire che clima e tempo meteorologico sono cose diverse) e contro il progresso economico, anche se ciò condanna a morte e alla miseria milioni di esseri umani.

Questi nostri fratelli dei paesi in via di sviluppo desiderano ardentemente energia elettrica abbondante e poco costosa, acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati, non vogliono morire prematuramente di indigenza e indifferenza o guardare i loro figli morire o appassire. Vogliono sfuggire alla prigione della povertà. È un loro diritto, è una scelta perfettamente razionale e moralmente inappuntabile.

http://www.nytimes.com/2013/12/04/opinion/the-poor-need-cheap-fossil-fuels.html?_r=3&#h[]

Ma apparentemente non per Latouche o per Al Gore. Per loro crescita equivale a consumismo, mentre per il resto del mondo crescita significa speranza di diventare un po’ più liberi, un po’ meno discriminati, un po’ meno disuguali.
I dati reali danno ragione ai due miliardi di abitanti del pianeta privi di elettricità e torto ai guru dell”ecologismo reazionario:

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http://www.ted.com/talks/lang/it/hans_rosling_shows_the_best_stats_you_ve_ever_seen.html

Non è una questione di dover fare un po’ meno shopping, è una questione di trovare finalmente la forza, la volontà e il modo di dimostrare che ce ne importa qualcosa dei nostri fratelli di colore più scuro.

I poveri del mondo non hanno solo bisogno di un po’ di luce elettrica e di alcuni gadget elettronici per condurre una vita dignitosa. Oltre all’energia necessaria per alimentare una moderna produzione industriale e agricola, prerequisito per una vita dignitosa per centinaia di milioni di poveri, c’è la questione di come cucinare il cibo. Al momento moltissimi di loro disboscano per poter cucinare e ogni anno decine di milioni di (per lo più) donne soccombono di malattie polmonari conseguenti ai sistemi di cottura a legna e carbone in ambienti chiusi. Queste persone devono poter essere in grado di cucinare su fornelli elettrici e avere frigoriferi, sia a casa che durante lo stoccaggio e il trasporto.

Non è normale che qualcuno ci venga a dire che questi sono privilegi e non diritti per i quali si sono battuti i nostri genitori, nonni e bisnonni. E’ il pensiero di persone dissociate dalla realtà o, come nel caso del multimiliardario Gore, in malafede.

Dovremo abituarci a vivere con meno, ci spiega James Cameron, regista di Avatar, proprietario di 3 ville a Malibù con 3 piscine riscaldate, un ranch di 100 acri, un elicottero privato, 3 Harley-Davidson, una Corvette, una Ducati, uno yacht, un Humvee, una Ford GT, una flotta di sottomarini (ne ha donato uno da 10 milioni di dollari alla Woods Hole Oceanographic Institution).

Non che Latouche se la cavi troppo male, nel centro di Parigi.

Tornando al cuore della questione, la decrescita e l’aumento dei costi energetici in un paese sviluppato non sono fatali (salvo che per quegli anziani che non si potranno permettere di riscaldare le case in inverno). Se lo stesso però succede in un paese in via di sviluppo, si avrà un enorme disastro umanitario che costerà la vita a milioni di persone e condannerà a languire in miseria un numero ancora maggiore di esseri umani.

Una cosa del genere non è altro che un moderno programma eugenetico, dove una parte dell’umanità viene sacrificata per far sentire meglio i privilegiati.

Per fortuna il resto del mondo non ascolta le prediche di Latouche e Gore. Non è infatti concepibile difendere la tesi che la gente dovrebbe volontariamente restare povera. Non succederà mai ed è meglio che i decrescisti/serristi se ne facciano una ragione.

Miliardi di esseri umani, chi più chi meno, vogliono la stessa cosa, ossia una ragionevole aspettativa di vita, una ragionevole prosperità materiale, un posto in cui vivere che sia ragionevolmente piacevole, energia abbondante e a costi ragionevoli, opportunità di viaggiare, educarsi, curarsi e migliorarsi, acqua potabile, igiene, ordine e sicurezza. Sono diritti fondamentali di ciascun essere umano, o comunque dovrebbero essere riconosciuti come tali.

In ogni caso nessun politico può pensare di rimanere a lungo al potere impedendo alle future generazioni di soddisfare queste legittime ambizioni.

162628126-0e10219d-91ea-4526-a517-9420c7ae54bdIntroduzione di Al Gore, appunto

È questo che alla fine ci salverà dal radicalismo chic, cioè da chi, come giustamente nota Laura Fedrizzi, firma appelli e parla ex indignata conscientia, e troppo poco ex informata conscientia.

Fedrizzi si riferisce alla vergogna dell’affaire Silent Spring.

http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/quanta-nostalgia-del-ddt

L’ondata di panico generata da “Silent Spring” (“Primavera silenziosa”, 1962) della biologa e ambientalista Rachel Carson, ha ucciso oltre 40 milioni di persone, tra le quali moltissimi bambini. Lo sta ancora facendo. Il libro ha contribuito in modo significativo alla decisione di bandire l’insetticida Ddt (1972 negli Stati Uniti, 1978 in Italia), un modo sicuro e molto efficace per frenare la malaria, la prima causa di morte nell’Africa sub-sahariana, e un’invenzione per la quale il chimico elvetico Paul Hermann Müller era stato insignito del Nobel per la Medicina nel 1948.

Ci sono voluti oltre 30 anni perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconoscesse l’errore commesso e tornasse a raccomandare l’uso mirato del  Ddt.

Il Ddt comporta alcuni rischi per gli uccelli, ma vale la pena di salvare milioni di uccelli al costo di milioni di vite umane e, chi dovesse rispondere affermativamente, ha pensato che potrebbero essere i suoi figli (se le temperature mondiali dovessero riprendere a salire)?
È un libro che ha promosso un tipo di ambientalismo che prioritarizza l’ambiente sempre e comunque, anche a discapito del benessere umano ed è la ragione per cui ha successo anche e soprattutto negli ambienti reazionari – il conservazionismo è nato su iniziativa di quelli stessi magnati che predicavano l’austerità e la sterilizzazione eugenetica al tempo della Depressione e poi della crisi del 1973-1974 –, in cui il riscatto delle masse dalla miseria e dall’ignoranza non è visto come un obbligo ma come una minaccia per lo status quo.

Non sarò complice di questo abominio.

Se i sindaci governassero il mondo – 15 obiezioni alla distopia globalista di Benjamin R. Barber

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Ciò che noi, educatori delle nuove leve del Führer, vogliamo, è una moderna statualità articolata secondo il modello delle città-stato elleniche. Bisogna pensare a queste democrazie strutturate aristocraticamente, con la loro larga base economica di iloti, come ai maggiori risultati culturali dell’antichità. Il cinque-dieci per cento della popolazione, i migliori accuratamente selezionati, devono comandare, il resto deve lavorare e obbedire. Soltanto così sarà possibile raggiungere quelle alte mete che proponiamo a noi stessi e al popolo tedesco (Kaminski, 1998, p. 138).

Lo storico tedesco Eugen Kogon, sopravvissuto ai campi di concentramento per diventare uno dei padri della Repubblica Federale Tedesca, riferisce di un colloquio che ebbe nel 1937 con un ufficiale delle SS, che gli descrisse il futuro che avevano in mente i nazisti.

Il futuro è per i più piccoli: la posizione geopolitica non avrà più un grande peso, proprio grazie alle nuove tecnologie di comunicazione. Del resto l’Italia è nota in tutto il mondo per aver avuto delle città molto “potenti” come Genova o Venezia. Credo che i “piccoli” potranno farsi avanti se avranno volontà di farlo, delle strategie adatte, un gruppo dirigente che sappia creare entusiasmo su degli obiettivi precisi

Jacques Attali, già consigliere di François Mitterrand e uno degli intellettuali europei più ascoltati e citati

http://www.ladige.it/articoli/2010/04/23/attali-mondo-vince-chi-sa-cambiare

Venezia era Venezia, Genova era Genova, Firenze era Firenze: le repubbliche marinare e i comuni avevano una loro personalità. Ogni parte dell’ Italia era unica. Con il risultato che le città-Stato erano in competizione tra loro e questo era il motore della crescita, dell’ innovazione, del potere… Uso l’esempio del Sud Tirolo (l’Alto Adige, ndr). Quando ogni regione si auto-organizza, le cose riprendono a funzionare, come lì. Quando si dà uno stop alle interferenze e alle imposizioni di Roma, intesa come centro dello Stato, l’innovazione e la crescita lievitano, scompare la paura dello Stato. E la competitività ne guadagna enormemente. Questo, credo, è quello che l’Italia dovrebbe imparare dalla sua storia… Il primo passo necessario, probabilmente, sarebbe la separazione tra il Nord e il Sud. Per togliere paura ad ambedue le entità. Poi si dovrebbe andare verso regioni autonome, che si governano da sole. Dopo un po’ si potrebbe introdurre qualcosa che dia un feeling simbolico di identità italiana, ma niente di più. Come in alcuni Paesi è la monarchia… Io penso che, come entità politica, l’Europa sia finita. Credo nell’Europa culturale, nel senso dei valori dell’Occidente. Ma per il resto penso si debbano avere indipendenza, specializzazione, capacità di affrontare i propri problemi. E ognuno con la propria moneta.

Marcia Christoff Kurapovna, teorica neoliberista, collaboratrice del Wall Street Journal

http://archiviostorico.corriere.it/2012/luglio/14/Ispiratevi_alle_citta_del_Rinascimento_co_8_120714018.shtml

L’esimio sociologo neocon Benjamin Barber immagina un mondo senza stati-nazione, sostituiti da città-stato che amministrano le loro aree di pertinenza.

Secondo lui le città sono pragmatiche e non ideologiche e i sindaci sono più amati dei presidenti, le città sono meno sottoposte alla pressione lobbistica e le amministrazioni riescono a mantenere più promesse. Già si relazionano tra loro con unioni internazionali, come la Nuova Lega Anseatica o la Fondazione delle Megacittà.

Barber sostiene che la governance globale non ha bisogno di un grande edificio con governanti unitari. Può essere volontaria, informale, bottom-up. Raccomanda la costituzione di un parlamento mondiale delle città, perché gli Stati nazionali non possono governare a livello globale, mentre le città lo possono fare. Un pianeta governato dalle città rappresenterebbe un nuovo paradigma di governance globale, di glocalismo democratico e non imposizione dall’alto, di orizzontalismo invece di gerarchia, di interdipendenza pragmatica in luogo delle ideologie superate di indipendenza nazionale.

E’ un progetto che ha un futuro: la stampa angloamericana mainstream sta dando ampio spazio a chi suggerisce che città come Tokyo, New York, Londra, Chicago, Montreal, ecc. [es. cercate “London city-state” e “Montreal city-state”], seguano l’esempio di Singapore e, in parte, Honk Kong, dandosi uno statuto di città-stato.
Barber, nei prossimi anni, diventerà una star a livelli dell’Al Gore di inizio secolo, se l’agenda anarcocapitalista (fase finale del neoliberismo) procederà spedita:
http://it.wikipedia.org/wiki/Anarco-capitalismo

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Si possono muovere numerose obiezioni a questo “nuovo ordine mondiale”:

1. Innanzitutto i sindaci di norma vengono eletti perché assecondano le esigenze (e i capricci) locali e si ripromettono di risolvere i problemi locali, prima di tutto e quasi esclusivamente. Difficile che un sindaco venga eletto perché promette di risolvere i problemi del mondo assieme ad altri sindaci.

2. A un sindaco, anche il sindaco di una megalopoli, manca una prospettiva non solo globale, ma anche semplicemente nazionale, e non ha senso che siano autorizzati a parlare a nome di milioni di persone che non abitano nella città o nei paraggi (e se i paraggi fossero davvero estesi, che differenza ci sarebbe rispetto agli stati-nazione e capi di stato attuali?).

3. Capita che i sindaci/giunte emanino disposizioni che entrano in conflitto con le legislazioni nazionali, se non addirittura con le costituzioni. Chi tutelerebbe il rispetto dei principi fondamentali? Con quale forza impositiva?

4. Circa il 50% della popolazione mondiale non vive in un contesto urbano. Di che tutele potrebbe godere?

5. E se questa popolazione non urbanizzata, che produce il 95% del cibo e delle risorse di cui necessitano le città, decidesse di scioperare per difendere la propria autonomia, che succederebbe?

6. L’esempio cinese (o di Singapore) non promette bene: i sindaci onnipotenti delle megalopoli non sembrano interessati a coordinarsi per il bene della Cina. Sembrano più intenzionati a trasformare le loro città in feudi personali e gli amministratori locali in cortigiani. Un caso non troppo dissimile è quello di Tokyo, che molti giapponesi considerano un’entità ipertrofica con un’eccessiva influenza sulla gestione del paese. Per non parlare della bancarottata Detroit.

7. Le città-stato del passato non erano certo il paragone della virtù e della concordia, né in Grecia, né in Italia o in Germania. La ‘culla della democrazia’ era in realtà un nido di serpi infido di città in perenne conflitto tra loro per centinaia di anni fino a che furono conquistate da un impero. L’Italia è un esempio classico di come un mosaico di piccoli staterelli è rimasto per secoli alla mercé delle grandi potenze e delle grandi banche. Se le città erano murate una ragione c’era.

8. Senza entità nazionali e federali chi amministra i parchi nazionali, la viabilità transcontinentale, i soccorsi ed aiuti di emergenza, la difesa, la lotta alla criminalità transnazionale? Chi salverà le istituzioni finanziarie troppo grandi per essere lasciate fallire? La tua città o la mia?

9. Oggi, nella maggior parte dei paesi democratici, il governo raccoglie le tasse dai cittadini e le distribuisce ai governi locali. Ci si sforza di contrastare le disparità dovute alle rendite di posizione che nascono dalla concentrazione di ricchezze e di competenze in certi luoghi strategici. Tuttavia, se i governi dovessero scomparire, i divari tra aree urbane e rurali crescerebbero stabilmente e le periferie finirebbero alle dirette dipendenze delle grandi città in grado di far valere la loro volontà con la forza e il ricatto.

10. Inoltre l’attenzione concentrata sulle questioni locale non farebbe che sviluppare il campanilismo e la competizione più sfrenata che ora i governi centrali riescono a gestire a beneficio di un’intera nazione.

11. Per quel che riguarda l’idea che i sindaci siano in grado di cooperare meglio dei leader nazionali, non è difficile capire perché ciò avvenga. Lo possono fare perché tutte le questioni più scottanti, controverse e potenzialmente esplosive vengono gestite a livello nazionale, e così i sindaci possono occuparsi di tutto quel che resta, come i bambini possono giocare assieme mentre i genitori si prendono cura dei problemi reali. Riusciamo ad immaginare una conferenza di sindaci che cercano di decidere riguardo a questioni complesse come il diritto delle donne all’aborto, la guerra alla criminalità organizzata, il welfare, ecc.?

12. La creazione di migliaia di città-stato sarebbe un regalo a quella porzione avida e priva di scrupoli delle élites. Essa prenderebbe il controllo di tutto le esistenti strutture di potere sfruttandole per i propri fini egoistici. La storia italiana, quella tedesca e quella giapponese ce lo insegnano.

13. I candidati a sindaco/governatore sarebbero molto probabilmente ricchi e non capirebbero le condizioni di vita dei distretti più poveri.

14. Infine, mi rifiuto di vivere in un mondo governato da politici post-ideologici, se questo significa che giustizia sociale, uguaglianza e fratellanza saranno incasellate nelle categorie “ideologia”, “populismo”, “radicalismo”. Abbiamo bisogno di più democrazia, non della fantasia di un mondo fiabesco, in cui tutti i sindaci non sono corrotti o vittime della sindrome del salvatore che ha sempre ragione perché è dalla parte del vero, del bene e del giusto.

Post-ideologico, al giorno d’oggi, è diventato sinonimo di neo-liberismo, la dottrina che promuove l’abolizione di quelle norme che tutelano i deboli dall’arbitrio dei forti in nome della “meritocrazia”: come se un bambino allevato “parsimoniosamente” non subisse contraccolpi a livello cognitivo e psicologico,  veri e propri handicap di cui non ha alcuna colpa e come se un bambino allevato in una famiglia benestante non avesse le migliori opportunità di sfruttare una posizione di rendita e di privilegio pregressa.

15. Il progetto di Barber ricorda troppo da vicino lo scenario denominato “renew-abad” nell’analisi futurologica intitolata “Megacities on the Move” di Forum for the Future e che prevede la riemersione delle “città-stato”, un massiccio uso delle energie rinnovabili; uso delle risorse strettamente regolamentato; “benevole” autocrazie sul modello cinese; il divario tra ricchi e poveri diminuito a livello sociale, ma aumentato a livello globale; iniziativa privata fortemente regolamentata dal potere centrale: “I governi impongono regole più severe e utilizzano tecnologie sempre più sofisticate per monitorare i cittadini e far rispettare la legge. Spesso decretano il distretto in cui uno dovrà risiedere, le modalità di spostamento, il livello di consumi energetici consentito. Il tasso di criminalità è calato drasticamente, il traffico è più fluido, ma le rappresentanze della società civile denunciano la morte della democrazia. Le città-stato controllano vasti territori come al tempo dell’Europa medievale”.

I centri urbani funzionerebbero come città-stato neo-feudali che sfruttano e tengono a bada le masse sottomesse e divise in clan neotribali in perenne conflitto – la filantropia al posto dei diritti sociali, la “sicurezza” al posto dei diritti civili, il populismo al posto della democrazia, il vassallaggio al posto del contratto sociale, il precariato al posto dei diritti dei lavoratori. No, grazie!

Chi potrebbe volere una cosa del genere?
Avete presente i semi terminator e zombie della Monsanto? Avete presente le sperimentazioni statunitensi per creare soldati-macchina privi di empatia che saranno poi usati contro la popolazione civile?
http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/i-cyloni-sono-gia-tra-noi.html
http://www.independent.co.uk/news/science/super-soldiers-the-quest-for-the-ultimate-human-killing-machine-6263279.html
Avete presente le revisioni dei conti greci della Goldman Sachs? Avete presente il riciclaggio dei soldi del narcotraffico e della vendita di armi della HSBC? Avete presente le conseguenze letali delle politiche europee in Grecia?
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/10/09/islanda-grecia-egitto-italia-cavie-sovrane/
Avete presente le liste della morte di Obama? Avete presente Deepwater Horizon e Tepco? Avete presente l’Halliburton? Avete presente la guerra delle case farmaceutiche contro i paesi del Terzo Mondo? Avete presente il lobbismo delle multinazionali contro gli interessi e la salute della popolazione? Avete presente la Black Rock, la più grande società di investimento nel mondo, che gestisce un giro d’affari superiore al PIL della Germania? Avete presente il Washington Consensus? Avete presente l’11 settembre? Avete presente la misantropia di certi leader dell’ecologismo?
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/08/09/quando-lumanita-odia-se-stessa-la-misantropia-serrista/
Pensate seriamente che questo esercizio psicopatico di un potere spropositato sia capace di e disposto a disciplinare la sua avidità ed egoismo?

1-reports-per-year2-700x4602145 avvistamenti ufficializzati nel 2012 – 2250 all’inizio di ottobre 2013

http://www.amsmeteors.org/fireball_event/2013/


L’umanità può essere indotta ad accettare tutto questo?

Ecco la risposta di Jacques Attali (parti in rosso): meteoriti/impatti cosmici
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/26/jacques-attali-domani-chi-governera-il-mondo-2012-estratti/
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/23/spedizioni-cosmiche-consegna-rapida-e-sicura-in-tutto-il-mondo/

photo7http://sciencefictionruminations.wordpress.com/2011/12/05/adventures-in-science-fiction-cover-art-the-domed-cities-of-the-future/

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Il celebre scrittore di fantascienza William Gibson, incuriosito dalla possibilità che Singapore incarnasse l’avanguardia di quel mondo futuro che lui descriveva nei suoi romanzi, dopo aver visitato la città-stato, l’ha definita “Disneyland con la pena di morte” e ha ipotizzato che, se la IBM avesse potuto crearsi un suo staterello, le corrispondenze con la tecnocrazia capitalista di Singapore sarebbero state ragguardevoli. Un microcosmo fatto di conformismo, automatizzazione, sorveglianza capillare, carenza di creatività e di senso dell’umorismo, efficientismo, soppressione di tutto ciò che è considerato vecchio, censura, divieto di vendita di certi libri (inclusi, a quel tempo, i suoi!), programmi TV che insegnano ai vari gruppi etnici come essere stereotipicamente “se stessi”, locali gay clandestini, omologazione della moda e delle vetrine, ecc. Gibson conclude mestamente che, se gli architetti della società di Singapore dimostreranno di avere ragione – cioè che è così che una società dovrebbe essere amministrata – sarà una sconfitta per l’umanità, perché sarà la prova che essa può prosperare a dispetto della repressione della libera espressione delle personalità e dell’eterogeneità della natura umana.

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post-3990-1246826145Astana

Più inquietante ancora è l’allucinante “città-utopia” di Astana, capitale dell’odierno Khazakhstan, soprannominata la “base spaziale della steppa” e fortemente voluta dal dittatore Nursultan Nazarbaev, strenuo alleato della NATO, che ne magnifica l’architettura futuristica e sincretistica, gli appelli umanitaria al dialogo tra le fedi e le nazioni, alla pace, alla prosperità ed al progresso, ecc. Ma non c’è unità nella diversità ad Astana, non ci sono concordia, dignità, libertà, uguaglianza e fratellanza. È solo il sogno auto-celebrativo – realizzato con l’aiuto dei proventi petroliferi di un tiranno che si crede illuminato. È anche l’incubo di qualunque persona assennata. Non sembra essere una residenza popolarissima: doveva raggiungere il milione di abitanti nel 2012, ma è rimasta bloccata sotto la soglia degli 800mila e, di questo passo, al milione ci arriverà, forse, dopo il 2030. Tuttavia, nel 2010, Astana è stata scelta come sede di una conferenza diplomatica sui diritti umani dell’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa.

Quello di Nazarbaev e delle città-stato tecnocratiche è un dispotismo che ha un futuro, perché non è orwelliano, non è sguaiato. È piuttosto molto paternalistico e retoricamente benevolo, un po’ come quello preconizzato da Tocqueville ne “La Democrazia in America” (1840):

Se cerco di immaginare il dispotismo moderno, vedo una folla smisurata di esseri simili ed eguali che volteggiano su se stessi per procurarsi piccoli e meschini piaceri di cui si pasce la loro anima… Al di sopra di questa folla, vedo innalzarsi un immenso potere tutelare, che si occupa da solo di assicurare ai sudditi il benessere e di vegliare sulle loro sorti. È assoluto, minuzioso, metodico, previdente, e persino mite. Assomiglierebbe alla potestà paterna, se avesse per scopo, come quella, di preparare gli uomini alla virilità. Ma, al contrario, non cerca che di tenerli in un’infanzia perpetua. Lavora volentieri alla felicità dei cittadini ma vuole esserne l’unico agente, l’unico arbitro. Provvede alla loro sicurezza, ai loro bisogni, facilita i loro piaceri, dirige gli affari, le industrie, regola le successioni, divide le eredità: non toglierebbe forse loro anche la forza di vivere e di pensare?

Lo spirito di questo possibile futuro è stato colto con una prodigiosa ed inquietante capacità precognitiva da Fëdor Dostoevskij nella Leggenda del Grande Inquisitore:

Il grande inquisitore si presenta come liberatore degli uomini dal peso della libertà. Sembra quasi una contraddizione: liberare dalla libertà. Ma è proprio questo ch’egli vuole fare: sollevare gli esseri umani da quella che sostiene essere la maledizione che il Cristo è venuto a portare agli uomini. Alla stragrande maggioranza di essi, dice il vegliardo al Cristo prigioniero che lo ascolta in silenzio, non si addice la vertigine della libertà, ma la servitù dello spirito… Il grande inquisitore e il Cristo sono fratelli e al tempo stesso nemici mortali. Cristo promuove la vita, l’inquisitore la soffoca…L’inquisitore sostiene le sue posizioni dal punto di vista della «ragion del volgo»: si presenta come amico e non come nemico del popolo. Egli, che ha detto di sì a tutte le tentazioni del demonio nel deserto, non vuole affatto costringere con la forza gli esseri umani ad obbedire; vuole piuttosto impadronirsi dell’animo. È l’anima umana che gli interessa. Il potere non compare come violenza, ma nella sua versione seduttiva, fino al punto di dispensare l’illusione di una vita oltre la morte. Noi, gli eletti – dice l’inquisitore – sappiamo bene che non è così, ma poiché sappiamo illudere gli uomini, essi moriranno felici (Gustavo Zagrebelsky, intervista, Il Sussidiario, 23 gennaio 2012)

E, non meno lucidamente, da Aldous Huxley in “Brave New World” e da David Mitchell in un romanzo trasposto sul grande schermo dai fratelli Wachowski (cf. “L’Atlante delle Nuvole”) che tratteggia una città-stato plutocratica, iperconsumista, castale ed ecologicamente compromessa chiamata Nea So Copros, retta da un’oligarchia, l’“Unanimità”, che si presenta unita ma in realtà è divisa da lobby, tribalismi e lotte di potere, ed è soprattutto condannata:

Nea So Copros si sta avvelenando da sola. Il terreno è inquinato, i fiumi sono privi di vita, l’aria è tossica, le scorte di cibo sono piene di geni canaglia. Gli strati inferiori non ce la fanno più a comprare le droghe indispensabili per affrontare queste privazioni. Le fasce di melanoma e malaria avanzano verso nord a una velocità di quaranta chilometri all’anno. Le Zone di Produzione dell’Africa e dell‘Indonesia che alimentano la domanda delle Zone di Consumo sono per il sessanta per cento inabitabili. La legittimità della plutocrazia, il benessere, sta scomparendo; le Leggi per l’Arricchimento promulgate dalla Juche sono semplici cerotti a fronte di emorragie e amputazioni. L’unica via d’uscita rimasta è la strategia tanto apprezzata da tutti gli ideologi della bancarotta: la negazione.

Al tempo della rivoluzione francese, Louis-Sebastien pubblicò una visione utopica, intitolata “L’anno 2440”, che doveva prefigurare l’esito finale dell’ingegneria sociale di un certo filone illuminista tecnocratico applicata alla rivoluzione. A distanza di qualche secolo Parigi sarebbe diventata una città puritana che avrebbe bandito caffè, the e tabacco. Sarebbe stata la capitale di una società imperialista che aveva occidentalizzato il mondo, che censurava la letteratura non allineata e inquisiva i dissidenti per convertirli. Una società patriarcale, fatta funzionare come un orologio, in cui non esistevano ozio e tempo libero, ma tutti dovevano rendersi utili in ogni momento. La separazione tra pubblico e privato era svanita e i doveri civici avevano eclissato le libertà civili. I critici hanno paragonato la Parigi di Mercier a una città di morti viventi, una necropoli. Dobbiamo contrastare ogni spinta in quella direzione con tutte le nostre forze.

Quando l’umanità odia se stessa – la misantropia serrista

https://twitter.com/stefanofait

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Il disagio nei confronti della modernità, della tecnologia e del loro potenziale trasformativo ed emancipatore, unito alla nostalgia per un idilliaco passato rurale – inesistente se non per pochi privilegiati – ha impresso al movimento ambientalista delle origini un caratteristico conservatore. Molti tra i primi ambientalisti erano di estrazione nobiliare ed è stato questo sostrato culturale a generare l’ecologismo völkish mitteleuropeo – nazionalista, ruralista, etnocentrico – che poi confluì nel nazional-socialismo. Nel Nord America i maggiori magnati erano impegnati a finanziare generosamente tre cause principali: la conservazione ambientale, il controllo delle nascite e l’eugenetica. Erano convinti di essere gli unici a possedere quell’intelletto e sensibilità necessari a rispettare la natura e quindi tendevano a favorire ogni misura che ostacolasse la crescita demografica e la massificazione della natura. Quindi programmi di aborto e sterilizzazione di massa involontari, come quelli proposti dal biologo statunitense Paul Ehrlich (1968) e dall’esperto di ecologia e politiche energetiche John Holdren, ora consulente di Obama per le scienze e la tecnologia (Ehrlich & Holdren 1973). Dal canto loro i britannici James Goldsmith, John Aspinall (proprietario dello zoo di Londra) e Lord Lucan erano di simpatie franchiste e non nascondevano di parteggiare per chi avesse eseguito un colpo di stato autoritario nel Regno Unito e fosse stato in grado di ridurre la popolazione mondiale rimuovendo almeno tre miliardi di persone (Monbiot, 2002; Bright 2005).

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/10/19/prossima-mossa-neoliberista-chi-non-paga-abbastanza-tasse-perde-il-diritto-di-voto-george-monbiot-sul-guardian/

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Il nemico comune dell’umanità è l’uomo. Alla ricerca di un nuovo nemico che ci unisse, ci è venuta l’idea che l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d’acqua, la fame ed altre cose del genere sarebbero adatti…Tutti questi pericoli sono causati dall’intervento umano ed è solo attraverso il cambiamento degli atteggiamenti e dei comportamenti che essi possono essere superati. Il vero nemico, dunque è l’umanità stessa” [Alexander King, co-fondatore del Club di Roma (1991)]

Originale: “The common enemy of humanity is man. In searching for a new enemy to unite us, we came up with the idea that pollution, the threat of global warming, water shortages, famine and the like would fit the bill…All these dangers are caused by human intervention, and it is only through changed attitudes and behavior that they can be overcome. The real enemy then, is humanity itself.”

FONTE: “The First Global Revolution: A Report by the Council of the Club of Rome, di Alexander King & Bertrand Schneider” (p. 75)

http://books.google.com/books?id=8RNKHGbzUuAC&pg=PA75&dq=%22The+common+enemy+of+humanity+is+man%22&hl=it&%20ei=EvTQTYubENCUswbS28yoCw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=2&ved=0CDQQ6AEwAQ#v=onepage&q=%22The%20common%20enemy%20of%20humanity%20is%20man%22&f=false

Dobbiamo garantirci un vasto supporto di base e catturare l’immaginazione del pubblico, il che implica un’amplissima copertura mediatica. Quindi dobbiamo presentare scenari spaventosi, fare dichiarazioni semplicistiche ma drammatiche tralasciando di citare i dubbi che potremmo avere…ciascuno deve decidere quale sia il giusto equilibrio tra efficacia e onestà”.

[Stephen Schneider, biologo a Stanford e paladino dell’AGW/serrismo, Discover, Ottobre 1989]

Originale: “We need to get some broad based support, to capture the public’s imagination… So we have to offer up scary scenarios, make simplified, dramatic statements and make little mention of any doubts… Each of us has to decide what the right balance is between being effective and being honest.”

http://fanuessays.blogspot.it/2011/12/10-miti-da-sfatare-sul-riscaldamento.html

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Essendo patologicamente narcisista e quindi antropocentrico, l’ecologista misantropico non può che distorcere la realtà pur di poter dare la colpa all’umanità di ogni misfatto.

Infatti, “non guidato da un super-io realistico e da un corrispondente adattamento ai limiti della realtà, privo in altre parole della guida di quel “genitore interno” che educa e protegge con retto rigore, il mondo del narcisista è fondamentalmente egoista, infantile e abitato dalla pretesa eccessiva verso gli altri e verso se stesso, dalla cui frustrazione originano i sentimenti di rabbia e odio a cui il narcisista oppone difese diverse, che lo portano ad esistere in una dimensione sempre più alienata e compensatoria di soddisfazioni mancate.

Centrata su aspettative che non possono trovare conferma e su una visione falsa e idealizzata della realtà, l’immagine che il narcisista ha di se stesso è deludente, così come lo è il mondo che lo circonda. È naturale che la vergogna di se stesso, la paura del mondo e la rabbia verso di esso siano le emozioni che fanno da corollario alla patologia narcisistica“.

http://www.aipt.it/Italiano/Pubblicazioni/LBG_ApprIntNarcisismo.htm

Traduzione di scambi di email tra serristi (Climategate II)

“Le osservazioni non mostrano alcun aumento delle temperature in tutta la troposfera tropicale a meno che non si accetti un singolo studio e si ignorino tutti gli altri. Questo è davvero pericoloso”

“Penso anch’io che la scienza sia manipolata a fini politici, il che potrebbe rivelarsi non particolarmente astuto nel lungo termine”

“sembra che poche persone impongano il loro punto di vista e, indipendentemente dai risultati del dibattito, prendano le grandi decisioni, all’ultimo momento, a nome di tutti”.

“Ci sono state diverse presentazioni ingannevoli dei risultati dei modelli da parte di certi autori e dell’IPCC”

“Il trucco potrebbe essere quello di stabilire quale sia il messaggio centrale e poi usarlo per decidere cosa includere e cosa escludere”

“Bisogna convincere i lettori che c’è stato un effettivo incremento della conoscenza, maggiore evidenza empirica. Qual è?”

“È vitale che nell’IPCC si introducano solo persone che conosciamo e di cui ci fidiamo”

“Ho notato che la questione del raffreddamento globale è diventata un problema di relazioni pubbliche con i media”

“Sono d’accordo che sia meglio usare l’espressione cambiamento climatico rispetto a riscaldamento globale”

“E se vien fuori che il cambiamento climatico è principalmente una fluttuazione naturale su base multi-decennale? Probabilmente ci uccideranno”

“Mi pare che se diamo maggior peso all’irradiazione solare nei modelli, allora gran parte del riscaldamento del diciannovesimo e ventesimo secolo sarebbe spiegato unicamente dal sole”.

“C’è un piccolo problema con il regresso dei ghiacciai tropicali. Sono diminuiti di molti negli ultimi 20 anni, eppure i dati indicano che le temperature non sono cresciute a questi livelli”.

“All’Università dell’East Anglia [importante centro di ricerca climatica legato all’IPCC] non ci dovrebbe essere qualcuno con un diverso punto di vista [sul tema: “le recenti estreme condizioni meteo sono dovute al riscaldamento globale”] – o per lo meno non un climatologo”.

“Non sono persuaso che valga la pena di cercare la verità se ciò danneggia le relazioni personali”.

“Phil, grazie per il tuo contributo – ti garantisco che non laveremo i panni sporchi in pubblico”.

“penso che il riscaldamento dovuto all’urbanizzazione dovrebbe essere più ridotto, ma non riesco a trovare un modo convincente di dirlo”.

“Abbiamo scoperto che l’effetto dell’urbanizzazione è piuttosto considerevole nelle aree che abbiamo analizzato…sfortunatamente i nostri commenti in materia sono stati rifiutati dall’IPCC”.

“Ci sono dei coglioni puntigliosi che hanno criticato i dati di Jones et al.: non li vogliamo qui in giro”.

“Il coglione a cui ti riferisci si chiama Gooderich e ha scoperto il riscaldamento urbano in tutte le aree californiane”.

“Abbiamo fatto ogni possibile sforzo statistico per usare dati che non tengano conto dell’effetto di urbanizzazione”

“Quel che Zwiers ha fatto porta ad una conclusione diversa rispetto a Caspar e Gene! Possiamo salvarci stando attenti alle parole che usiamo”

“Sono sicuro che anche tu sei d’accordo che l’articolo Mann/Jones era veramente patetico e non sarebbe mai dovuto essere pubblicato. Non voglio essere associato con quella “ricostruzione” di 2000 anni”

“Perché come si può criticare Crowley per aver espunto 40 anni di dati nel mezzo della sua calibrazione, quando noi stessi abbiamo tolto tutti i dati post-1960…”

“Non prendiamo abbastanza seriamente la responsabilità divina di prenderci cura della Terra…Si stima che 500 milioni di persone vedranno “L’Alba del giorno dopo”. Dobbiamo pregare che colgano il messaggio”.

“Il mio lavoro di direttore del centro nazionale di ricerca sul cambiamento climatico, un lavoro che mi richiede di tradurre in termini di ricerca ed azione la mia fede cristiana a proposito della cura (stewardship) del pianeta di Dio”.

“È inconcepibile che i politici siano disposti a prendere decisioni che costeranno miliardi e miliardi per potersi adattare ai cambiamenti climatici regionali sulla base di modelli che non sanno neppure descrivere e simulare i processi che strutturano la variabilità climatica”.

“Ho gettato la spugna con Judith Curry già da un po’. Non so cosa stia pensando di fare, ma non sta aiutando la causa”.

“Una maniera per tutelarvi potrebbe essere quella di cancellare tutte le email ala fine del processo”.

“Ogni lavoro che abbiamo fatto nel passato grazie alle borse di ricerca che otteniamo dev’essere tenuto nascosto. Ne ho discusso in passato con il principale finanziatore (il dipartimento per l’energia degli Stati Uniti) e sono ben lieti di non pubblicare i dati originali della stazione di rilevamento”.

http://tallbloke.wordpress.com/2011/11/22/breaking-news-foia-2011-has-arrived/#more-3471
*****
Altre traduzioni:

<1939> Thorne/MetO: Le osservazioni non mostrano alcun aumento delle temperature lungo la troposfera tropicale [il problema dell’hot spot troposferico], a meno che non si prendano in considerazione un singolo studio e un singolo approccio, trascurandone un mucchio di altri. Questo è davvero pericoloso. Dobbiamo comunicare l’incertezza ed essere onesti. Phil [Jones?], magari potremmo trovare il tempo di discuterne ulteriormente se necessario […]

<3066> Thorne: Penso anche che la scienza sia stata manipolata a fini politici, cosa che potrebbe rivelarsi non troppo intelligente a lungo andare.

Wils: Che si fa se il climate change si rivela essere essenzialmente una oscillazione multidecadale? Probabilmente ci uccideranno […]

<1485> Mann: La cosa importante è essere sicuri che stiano perdendo la battaglia delle pubbliche relazioni. Questo è lo scopo del sito [Real Climate].

<5111> Pollack: Ma sarà molto difficile far scomparire il Periodo Caldo Medioevale dalla Groenlandia.

<1790> Lorenzoni: Concordo con l’importanza degli eventi estremi come focus per l’opinione pubblica e governativa […] ‘il climate change’ deve essere presente nella vita di tutti i giorni della gente. Deve essere loro ricordato che è un fenomeno che accade e si evolve in continuazione.

<2428> Ashton/co2.org: Avendone stabilito l’urgenza, la sfida politica è ora di trasfromarla da un argomento che riguarda i costi dei tagli alle emissioni – cattiva politica – a uno concernente il valore di un clima stabile – politica molto migliore […] la cosa migliore da fare è raccontare la storia delle brusche variazioni in modo più vivido possibile.

<2267> Wilson: Sebbene sia d’accordo che i gas serra siano stati importanti nel 19° e 20° secolo (specialmente dal 1970), se ilpeso del forcing solare fosse stato maggiore nei modelli, certamente avrebbe diminuito la significatività dei gas serra. […] Mi sembra che assegnando un peso maggiore alla radiazione solare nei modelli, la maggior parte del riscaldamento del 19° e 20° secolo può essere spiegato dal Sole.

http://daltonsminima.altervista.org/?p=17487

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L’ecologista misantropico vede le evidenti e terribili offese perpetrate dagli umani all’ecosistema e conclude che il pianeta starebbe messo meglio se non ci fossero gli umani. Io la penso diversamente:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/08/26/il-mondo-non-starebbe-meglio-senza-gli-umani/

«Non dimenticherò tanto facilmente la mostra “ambientalista” organizzata negli anni ’70 dal Museo di Storia Naturale di quella città [New York], con una lunga serie di scenografie che mostravano al pubblico esempi di inquinamento e distruzione ecologica. L’ultima di esse, quella che concludeva la mostra, portava l’incredibile titolo “L’animale più pericoloso della Terra”, e consisteva unicamente di un grande specchio che rifletteva l’immagine del visitatore che si fosse trovato a sostare di fronte ad esso.

Murray Bookchin (1921 –  2006), ecologista non misantropico

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/08/11/contro-lecologismo-misantropico-che-occulta-cause-e-responsabili/

Ascesa e caduta del Grinch climatologico

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https://twitter.com/stefanofait

Gli aztechi sacrificavano migliaia di prigionieri di guerra per placare gli dèi. I sacerdoti ingiungevano loro di farlo, altrimenti un terribile disastro sarebbe occorso. Era in gioco la loro sopravvivenza e quella della civiltà azteca. Forse chi si oppose subì l’ostracismo o fu sacrificato.

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Fast Forward fino ai giorni nostri…

Il dogma della causa umana del riscaldamento globale servirà per farci accettare dispotismi “benevoli” e solo il rapido insorgere di un sensibile raffreddamento globale può salvare la democrazia (paradossalmente).
Studio della maggior organizzazione non governativa britannica per lo sviluppo sostenibile (finanziata da alcune tra le maggiori multinazionali del mondo, inclusa la Shell)

http://www.forumforthefuture.org/project/megacities-move/overview
2 scenari su 4 sono dichiaratamente autoritari e quelli non autoritari sono descritti come evidentemente peggiori

C’era dunque un duplice obiettivo per questa spettacolare truffa: arricchire gli speculatori con una bolla di derivati verdi e spianare la strada all’opzione “a mali estremi, estremi rimedi” (cf. impero azteco).

Il raffreddamento globale e la conseguente glaciazione manderanno in fumo tutti i loro ben congegnati piani. Ma li vedrete in azione comunque e potrete toccare con mano la loro completa mancanza di scrupoli e la loro tendenza a scambiare i loro desideri per la realtà.

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Ma prima di arrivare al tentato golpe globale

Gli allarmisti climatici (serristi) pretendono una soluzione rapida perché danno la colpa all’uomo e insistono che siamo vicini al punto di non ritorno: non importa quale sia il costo monetario o umano, la vogliono ora.
I realisti climatici sostengono invece che, nel lungo periodo, indipendentemente dalle conseguenze del cambiamento climatico, abbiamo bisogno di sviluppare una vera e propria alternativa ai combustibili fossili, che sia pratica, sostenibile e consenta al resto del mondo di raggiungere il tenore di vita dell’Occidente (poi si vedrà il da farsi). Questa ricerca non può essere affrettata perché dev’essere una tecnologia affidabile.

Il problema attuale è che c’è una corsa all’oro verde e i produttori di petrolio si sono proiettati nel settore delle rinnovabili. In realtà una buona fetta degli investimenti è sprecata e sarebbe meglio spesa per progetti a lungo termine come la fusione o il torio, tanto per fare due esempi

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/21/torio-per-un-mondo-nuovo/

perché le rinnovabili, da sole, non possono coprire neanche lontanamente il fabbisogno (es. la Danimarca e la Germania devono ricorrere al petrolio della Norvegia quando il vento cala)

L’abbandono del nucleare da parte della Germania è stato un disastro (ma i tedeschi preferiscono prendersela coi Greci) e le sovvenzioni per l’energia verde non possono proseguire all’infinito ora che l’economia è stagnante

http://www.repubblica.it/economia/2013/03/20/news/la_politica_energetica_tedesca_un_flop_l_addio_al_nucleare_coster_mille_miliardi-54966558/

http://www.genitronsviluppo.com/2013/02/23/germania-nucleare/

e l’inverno rigido ha significato un massiccio utilizzo delle super-inquinanti centrali a carbone:

http://www.agenzianova.com/a/51756753019217.13509033/715190/2013-04-22/speciale-energia-germania-aumentata-produzione-energia-elettrica-da-centrali-a-carbone

Possiamo dire che è stata una decisione idiota? Sì. D’altronde il governo tedesco non sembra riuscire a prendere una decisione buona neanche per sbaglio, da quando c’è la destra al governo.

Il fatto è che l’economia verde è un gigantesco business

http://www.linkiesta.it/blogs/che-tempio-fa/il-verde-che-invoglia-green-economy-e-grandi-affari

anche per le solite banche d’affari

http://green.blogs.nytimes.com/2008/11/12/goldman-sachs-buys-into-carbon-offsets/

una gigantesca truffa da migliaia di miliardi di dollari in derivati “verdi”, per chi ha la pazienza di approfondire

http://english.pravda.ru/opinion/columnists/20-12-2012/123254-green_economy_fraud-0/

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Il blogger serrista del Guardian è Dana Nuccitelli che, lombrosianamente parlando, non pare essere un fulmine di guerra

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Nuccitelli lavora per

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Ecco com’è nata questa truffa che rischia di ritardare lo sviluppo di tecnologie per la produzione di energia sostenibile con conseguenze che, in caso di raffreddamento globale, o addirittura glaciazione, sarebbero mostruose, dato che la gente di solito muore per il freddo, non per il caldo: es. inverno del 2012

Cronologicamente:
1. Anni Novanta: la temperatura globale è in aumento e non sappiamo perché. Né peraltro si sapeva spiegare il minimo di Maunder, il periodo caldo medievale e quello romano, o perché, tra il 1900 e il 1940, la temperatura era cresciuta anche se la produzione di Co2 era di molto inferiore a quel tempo; oppure perché nel dopoguerra, in pieno boom, le temperature scendevano e il consenso scientifico e mediatico era che si andava verso una glaciazione

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/06/1000-anni-fa-il-pianeta-si-riscaldo-senza-che-lumanita-emettesse-co2/

2. Alcuni “esperti” (i Grinch) si inventano di sana pianta un’ipotesi plausibile, impossibile da dimostrare o confutare se non nel lungo periodo, ma molto conveniente

http://fanuessays.blogspot.it/2011/12/10-miti-da-sfatare-sul-riscaldamento.html

3. Al Gore è uno dei lobbisti-chiave ma c’è anche la buona vecchia famiglia Rotschild, gli immancabili Rockefeller e tutti i petrolieri del mondo;

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4. Non ci si astiene dal “massaggiare” i dati quando non tornano – almeno 2 volte: qui alcuni estratti della seconda ondata di “wikileaks” climatologiche;

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5. Si orchestra un panico mediatico globale e si accusano di negazionismo e di corruzione tutti i dissidenti: climatologi, geologi, fisici, ingegneri, meteorologi che non negano il riscaldamento globale, ma dubitano che sia interamente causato dalle attività umane, reputandolo in gran parte ciclico:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/12/06/esperti-di-climatologia-che-contestano-la-versione-ufficiale-del-riscaldamento-globale/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/13/nasa-contro-nasa-la-fronda-contro-i-dogmi-climatologici-si-estende/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/05/piu-sei-istruito-piu-sarai-scettico-in-merito-alla-versione-ufficiale-del-cambiamento-climatico/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/08/lo-confesso-sono-un-negazionista/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/05/ce-chi-mici-paragona-agli-schiavisti-ed-ai-segregazionisti/

6. Prodotta la crisi, si offre ai governi la soluzione, un prodotto vendibile e redditizio sul quale possono lucrare anche i mercati (carbon credit e rinnovabili) e che permette alle banche di gonfiare una altra bolla speculativa proprio in tempi di vacche magre (la crisi del 2008 era quasi scoppiata nel 2001 ma poi ci furono l’11 settembre, un mucchio di documenti dissolti e due guerre);

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7. Non importa se dopo qualche anno, nonostante il circo mediatico e la pressione coercitiva/finanziaria sui ricercatori, la verità verrà inevitabilmente a galla: le leggi sono state approvate, la nave è salpata e i soldi che dovevano promuovere la ricerca tecnologica sono stati sprecati nell’assurda e futile pretesa di contenere le emissioni di anidride carbonica: “Ipotesi di future Carbon Tax, impiego di immani risorse finanziarie in politiche di mitigazione e di revisione dei sistemi di approvvigionamento energetico, aspetti puramente politici, la fanno da padrone in quello che invece dovrebbe essere un puro e semplice scambio di opinioni scientifiche. Del resto, l’organismo per eccellenza cui è delegato il compito di riassumere le posizioni che dovrebbero definire i confini dello stato dell’arte della conoscenza scientifica, l’IPCC, è a tutti gli effetti un organismo politico”

http://www.climatemonitor.it/?p=29170#more-29170

8. Poi, improvvisamente, la temperatura smette di salire e, “sorprendentemente”, comincia lievemente a scendere

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https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/06/26/winter-is-coming-giugno-2013/

9. Se questa tendenza continuerà – e non c’è ragione di dubitarlo, dato che la NASA ha confermato che il sole procede verso una fase di scarsissima attività e questo significa raffreddamento globale

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/09/il-sole-al-minimo-raffreddo-leuropa-2-800-anni-fa-le-prove-nei-sedimenti-dei-laghi/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/02/25/siamo-fatti-come-nuvole-che-nel-cielo-si-confondono-e-iniziano-a-perder-quota-in-tutto-il-mondo/

o glaciazione

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/19/le-glaciazioni-cambiano-il-mondo-in-pochi-mesi-non-anni-o-secoli/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/31/il-rapporto-del-pentagono-lumanita-e-in-grado-di-gestire-una-glaciazione/

– i politici, i giornalisti, gli “scienziati” e i blogger che hanno alimentato questa pagliacciata truffaldina saranno responsabili, direttamente o indirettamente di CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ

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10. Qualcuno si sta smarcando appena in tempo

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/03/james-lovelock-pugnala-alla-schiena-al-gore-si-scusa-con-tutti-e-si-schiera-con-gli-scettici/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/06/26/winter-is-coming-giugno-2013/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/02/cosa-motiva-i-fanatici-del-cambiamento-climatico-globale-causato-dalluomo/

11. La gente esposta a documentari scettici cambia idea mentre lo stesso non succede quando le si mostra un documentario serrista (magari perché gli scettici hanno dei buoni argomenti?)
http://www.psychologytoday.com/blog/the-inertia-trap/201306/are-we-losing-the-war-climate-change-cinema

SULLA CO2

L’anidride carbonica è buona: “L’anidride carbonica è molto importante per le piante, sia terrestri che acquatiche, che la utilizzano per la crescita, estraendo il carbonio inorganico e trasformandolo in organico”.

È un fatto assodato che le temperature e i livelli di anidride carbonica sono sempre variati sincronicamente, ANCHE NELL’ERA PRE-INDUSTRIALE

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Questo dato di fatto dovrebbe porre fine al dibattito, in un mondo in cui la scienza e i media non fossero governata dalle lobby.

Visto che così non è:

Il riscaldamento degli oceani ha liberato la gran parte dell’anidride carbonica: “L’anidride carbonica si scioglie nell’acqua marina, con una solubilità inversamente proporzionale alla temperatura dell’acqua: minore è la temperatura, maggiore è la solubilità. Per questo motivo le regioni polari sono molto efficienti nell’assorbimento di CO2: quando l’acqua raggiunge l’equatore si riscalda, rilasciando l’anidride carbonica nuovamente nell’atmosfera (processo detto “outgassing”)”.

http://www.eur-oceans.info/medias/documents/booklet-EUR-OCEANS_cambiamenti_climatici.pdf

possibile causa del riscaldamento oceanico:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/28/vulcani-sottomarini-e-riscaldamento-globale/

http://news.discovery.com/earth/weather-extreme-events/volcanoes-sandwich-islands-110713.htm

http://www.livescience.com/25521-weird-volcano-found-baja.html

http://www.krbd.org/2013/05/14/geologist-discovers-underwater-volcano-near-misty/

http://www.weather.com/news/science/environment/tonga-underwater-volcano-20130326

http://www.guardian.co.uk/world/2009/mar/21/tonga-volcano-island-nuku-alofa

http://www.independent.co.uk/environment/climate-change/video-underwater-volcano-erupts-6260732.html

le emissioni umane costituiscono una percentuale non insignificante, ma neppure decisiva del totale

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Winter is coming – giugno 2013

alpe di siusi 24 giugno24 giugno: Alpe di Siusi, 2140 m

Buffaure24 giugno: Buffaure

santa cristina in val gardena24 giugno: Santa Cristina in Val Gardena, 1450 m s.l.m

7944_10200867346157315_249396831_n28 giugno malga Sass, m. 1950

5862_10152012918894202_582179276_n28 giugno, altra nevicata sull’Alpe di Siusi

https://twitter.com/stefanofait

Guido Guidi (climatemonitor):
PIU’ MORTI CHE NASCITE – Il 31 dicembre 2012 risiedevano in Italia 59.685.227 persone, di cui più di 4 milioni e 300mila (7,4%) di cittadinanza straniera. Nel 2012 sono stati registrati più di 12 mila nati in meno rispetto all’anno precedente e circa 19 mila morti in più: precisamente 534.186 nati e 612.883 decessi. Quindi, il “saldo naturale”, dato dalla differenza tra nati e morti, è risultato negativo per 79 mila unità. Un picco negativo ancora più elevato di quello raggiunto nel 2003 quanto la mortalità fece registrare valori particolarmente elevati nei mesi giugno-agosto a causa di una eccezionale ondata di calore. Analogamente, l’Istat ha osservato un elevato numero di decessi nei primi mesi del 2012, per la forte ondata di gelo che ha colpito tutto il Paese, in particolare il Centro e il Nord, dove infatti si è riscontrato il maggior incremento della mortalità.

E così, con grande sorpresa, apprendiamo che ne ammazza più il freddo che il caldo. Chi l’avrebbe mai detto? Ora mi chiedo e vi chiedo: quanti gruppi di lavoro, comitati di studio, stanziamenti di fondi et similia sono stati messi in piedi per “salvarci” dal freddo e quanti dal caldo?

http://www.climatemonitor.it/?p=32830

Più a lungo si fugge dalla realtà, più spiacevole e doloroso sarà l’impatto quando ci andremo a sbattere contro

CMIP5-73-models-vs-obs-20N-20S-MT-5-yr-means1modellistica serrista vs. rilevamenti (osservazioni empiriche)

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La NASA, nel gennaio 2013, aveva introdotto nel dibattito il fattore solare, legandolo ad eventuali glaciazioni prossime venture e a quelle del passato, ma la cosa sembra sia stata deliberatamente ignorata dai serristi:

http://science.nasa.gov/science-news/science-at-nasa/2013/08jan_sunclimate/

AllCompared GlobalMonthlyTempSince1979GISS GlobalMonthlyTempSince1979 With37monthRunningAverageMSU RSS GlobalMonthlyTempSince1979 With37monthRunningAverageNCDC GlobalMonthlyTempSince1979 With37monthRunningAverageNegativeTrendsEndingIn20121009898_277490715727012_985719422_nscreenhunter_314-jun-25-14-53Artico più freddo del normale

Guido Guidi: “Ai lettori più attenti non sarà sfuggito che si sente parlare sempre più spesso della “pausa” del riscaldamento globale e, ancora sempre più spesso, a parlarne sono media una volta insospettabili di scetticismo che intervistano ora questo ora quell’altro rappresentante del mainstream scientifico. E c’è un argomento sul quale, finalmente, è stato raggiunto il consenso: la temperatura media del Pianeta ha smesso di aumentare e non sappiamo perché. Inevitabilmente, questo postula anche il fatto che, forse, non sappiamo neanche tanto bene perché sia aumentata prima.

Hans Von Storch commenta l’imprevista “pausa” nel riscaldamento globale:

Possiamo immaginare due spiegazioni – e nessuna di queste è per noi molto piacevole. La prima possibilità è che ci sia meno riscaldamento globale di quanto ne sia atteso perché i gas serra, specialmente la CO2, hanno un effetto minore di quello che abbiamo assunto. Questo non vorrebbe dire che non c’è effetto serra causato dall’uomo, ma semplicemente che il nostro effetto sul clima non è così grande come abbiamo creduto. L’altra possibilità è che, nelle nostre simulazioni, abbiamo sottostimato quanto possa oscillare il clima per effetto di cause naturali.

[…]

Sicuramente l’errore più grande dei ricercatori climatici è stato quello di dare l’impressione di rivelare la verità definitva. Il risultato finale è la stupidità tra le righe di brochure sulla protezione del clima di recente pubblicazione da parte dell’Agenzia per la Protezione Ambientale della Germania Federale dal titolo “Il Pianeta si sta scaldando”. Libretti come quello non convinceranno alcuno scettico. Non è grave commettere errori ed essere poi costretti a correggerli. l’unica cosa sbagliata è stato agire come se fossimo infallibili. Nel farlo, ci siamo giocati la cosa più importante che abbiamo come scienziati: la fiducia del pubblico. Ci è capitato qualcosa di simile con la deforestazione – e dopo non abbiamo più sentito parlare dell’argomento per parecchio tempo.

Guigo Guidi: “Von Storch dice anche di essere certo che i famosi 2°C di riscaldamento rispetto al periodo pre-industriale arriveranno, perché così gli dice il suo istinto. Strano, pensavo lo dovessero dire i numeri…”

http://www.climatemonitor.it/?p=32801#more-32801

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Hans von Storch è uno dei massimi climatologi del mondo ed è solo uno dei tanti che stanno modificando il loro punto di vista di fronte alla realtà dei fatti.
Sulle foreste dice una scomoda verità: la superficie boschiva italiana si espande al ritmo di 100mila ettari l’anno. Lo stesso avviene in tutta Europa, Nord America e in Cina, dove la superficie boschiva, grazie agli interventi del governo, è cresciuta dal 12 al 16%. India e Brasile sono impegnati da decenni in vasti programmi di riforestazione. Quando si diceva che ogni anno una Svizzera di foresta amazzonica scompariva e invece è ancora lì, dopo 20-30 anni, non si è forse causato un enorme danno all’ecologismo e alla natura?

Storch dice un’altra grande verità: se anche la scienza perde la sua credibilità ed autorevolezza, su quali basi solide si potranno convincere le persone a modificare i propri comportamenti ?

Siccome siamo ecologicamente irresponsabili è meglio credere alle menzogne o agli errori perché il fine giustifica i mezzi, anche se il risultato potrebbe essere il discredito del mondo scientifico ed ambientalista?

Qui rischiamo di ripiombare in secoli di oscurantismo ed anti-intellettualismo precisamente a causa del fanatismo inquisitoriale di alcuni e questo è intollerabile. E’ una battaglia di civiltà che va combattuta.

*****

Su questo la pensa come Luca Romaldini, che scrive:

“I dati satellitari confermano l’attuale stabilizzazione termica del pianeta con inizio di graduale discesa media dal 2004.

Siamo di fatto rientrati nei canoni climatici old style (2012) e presto il raffreddamento, già in atto, provocherà uno scenario del tutto diverso da quello profilato da media e dagli scienziati di parte, rimettendo in forte discussione le politiche agrarie ed economiche dell’intero pianeta.

Altre conferme derivano dalla correlazione che con il rallentamento del vento solare, la radiazione cosmica nel sistema solare è in crescita, con conseguente aumento della copertura nuvolosa sul nostro pianeta, dimostrato da ricerche isotopiche e sedimentarie.

Dunque si continuano, ostinatamente, a confermare le gravi conseguenze ambientali derivate dalle attività umane, quando si dovrebbe guardare ad un processo ciclico climatico accelerato dall’uomo.

Ciò non vuol dire che non bisogna fare nulla per ridurre o annullare l’inquinamento dei metalli pesanti o delle radiazioni nucleari, vere piaghe per la vita sul nostro pianeta, ma non dare colpe alla CO2 dei problemi climatici. Anzi l’anidride carbonica andrebbe benedetta visto che è il nutrimento della vegetazione sul nostro pianeta, essenziale per la fotosintesi clorofilliana e di rilascio di ossigeno.

Vi ricordate che necessitate di ossigeno???”
http://evoluzioneclima.com/2013/06/14/ciclo-24-del-sole-verso-una-stabilizzazione-ma-e-gia-minimo-di-eddy-calo-termico-planetario-in-atto/

Torio per un Mondo Nuovo

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La meravigliosa energia atomica è stata usata per distruggere, oppure senza garantire dei ragionevoli margini di sicurezza (es. centrali costruite su faglie sismiche attive, come ad Oi, in Giappone).

Ora è tempo di passare dallo stadio embrionale alla maturità e questo non potrà avvenire finché il paradigma dell’uranio impedirà l’affermarsi dell’era del torio che comporta un rischio molto minore, se non nullo, di proliferazione nucleare, annulla la possibilità di una fusione del nocciolo (meltdown), smaltisce le scorie radioattive che non sappiamo ancora dove sistemare generando energia nel farlo (!), decade in poche centinaia di anni invece delle decine di migliaia del materiale usato oggi, è più abbondante dell’uranio ed ha un’altissima resa.

Rubbia spiega il torio

Questo metallo leggermente radioattivo, scoperto nel 1828 dal chimico svedese Jons Jakob Berzelius e che prende il nome dal dio Thor, ha il potenziale di rivoluzionare completamente l’evoluzione della civiltà umana, da un punto di vista economico, sociale e culturale, emancipando la nostra specie dal materialismo, dalla lotta per le risorse, dal soggiogamento a mestieri spiacevoli o umilianti, dalla miseria e dall’austerità indotta da scaltre strategie di profitto basate su una falsa scarsità di risorse.

Lo sfruttamento del torio, sviluppato negli anni Sessanta e Settanta, è stato ostacolato da tutti quegli interessi legati allo sfruttamento dei combustibili fossili e che ora cercano di rifarsi un nome “verde”, pur sapendo che per molte generazioni le energie rinnovabili, senza dubbio fondamentali, saranno insufficienti per i nostri bisogni e soprattutto per riscattare dalla miseria milioni di esseri umani del terzo e quarto mondo.

I cittadini tedeschi stanno ora facendo i conti, dolorosamente, con le scelte populistiche e scellerate dei loro governanti:

http://qualenergia.it/articoli/20120904-la-germania-tra-carbone-e-caro-bolletta-da-rinnovabili

Energie rinnovabili e reattori al torio [LFTR – Liquid Fluoride Thorium Reactor] possono e devono procedere mano nella mano, fino all’avvento della fusione nucleare. Si possono amare allo stesso tempo l’energia “verde” e l’energia nucleare senza dover scegliere tra “mamma” e “papà” e senza che i tifosi dell’una insultino quelli dell’altra, quando invece dovrebbero essere alleati, nel nome di una verità inoppugnabile: E = mc2

Mentre l’infame Nixon tagliava le gambe alla ricerca sul torio negli Stati Uniti, Francia, Canada, Cina ed India hanno continuato su questa strada promettente e siamo vicini alla sua applicazione:

http://www.newscientist.com/article/mg21628905.600-indias-thoriumbased-nuclear-dream-inches-closer.html

L’Italia dovrebbero fare la sua parte, seguendo l’esempio del Nobel Carlo Rubbia, uno dei suoi massimi promotori e di tanti ecologisti pro-torio:

http://www.greenme.it/informarsi/ambiente/4476-centrali-nucleari-le-5-ragioni-di-rubbia-per-sostituire-luranio-con-il-torio

http://www.greenstyle.it/centrali-nucleari-al-torio-vantaggi-e-svantaggi-2528.html#ixzz2NQHh0oat

http://www.ecoblog.it/post/13583/lindia-progetta-un-nucleare-piu-sicuro-con-il-torio

 

Perfino tra i grillini ci sono dei sostenitori

http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2013/02/nucleare-sicuro-col-torio-parola-di-carlo-rubbia.html

Il successo dello sfruttamento del ciclo del torio metterebbe fuori gioco Chevron, BP, ExxonMobil, ecc. che hanno lucrato sulla menzogna del picco del petrolio (scarsità artificiale = estorsione):

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/12/la-colossale-menzogna-delle-guerre-per-il-petrolio/

Le loro azioni crollerebbero, il loro dominio sull’economia e la geopolitica mondiale terminerebbe. Le centrali a carbone sarebbero un ricordo del passato, così come il fracking con i suoi rischi sismici

http://it.wikipedia.org/wiki/Fratturazione_idraulica

Il prezzo del gas naturale declinerebbe stabilmente.

Addirittura, le navi da trasporto, che consumano il 20-30% del petrolio impiegato nel mondo, potrebbero essere equipaggiate con dei mini reattori LFTR.

Il dollaro, agganciato al petrolio, collasserebbe, e con lui l’egemonia della NATO e dell’OPEC sul mondo.

La Cina non sarebbe più costretta a dipendere dalle importazioni americane per poter acquistare il petrolio saudita (teocrazia militarista alleata con gli USA e con Israele).
Le guerre in Iraq, Afghanistan e Libia, infatti, non erano per controllare il petrolio (gli USA saranno presto il maggior produttore mondiale di petrolio), ma per impedire alla Cina di accedere alle riserve medio-orientali ed africane e possibilmente spingerla a cercare miglior fortuna in aree strategiche per la Russia (divide et impera). Cosa penserebbero gli Americani se scoprissero che le ingentissime spese militari del Pentagono che li hanno indebitati fino al collo non servono a tener basso il prezzo dell’energia e della benzina negli Stati Uniti, ma unicamente a sabotare la Cina, inimicandosela sempre di più?

Occorre capire che il paradigma della scarsità delle risorse è l’architrave del sistema oligarchico mondiale. Quelle poche migliaia di individui (la stima era di 8000 circa persone e 147 imprese/banche) che controllano la finanza e la politica, non avrebbero alcuna chance in un regime di abbondanza energetica

 

PROLIFERAZIONE NUCLEARE (LA GUERRA AL TERRORE FA UN’ALTRA VITTIMA: LA SCIENZA)

Già nel 2005 i massimi specialisti mondiali di proliferazione nucleare (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) avevano mostrato che il rischio è molto inferiore rispetto ai reattori ad uranio:

http://www-pub.iaea.org/mtcd/publications/pdf/te_1450_web.pdf

Robert Hargraves e Ralph Moir “Liquid Fluoride Thorium Reactors” (American Scientist July–August 2010) hanno ribadito che il rischio è inferiore per le seguenti ragioni:

Un reattore commerciale produrrà uranio quel tanto che basta per alimentare la produzione di energia. Qualunque sottrazione fermerebbe il reattore, avvisando le autorità di una violazione, con blocco immediato delle uscite.

Certamente dei terroristi non potrebbero rubare dall’interno di un reattore sigillato U-233 disciolto in una soluzione di sale fuso [i reattori a sale fuso che utilizzano torio liquido come combustibile sono la soluzione tecnica ideale per lo sfruttamento del torio, NdT] con prodotti di fissione letalmente radioattivi.

Il protocollo di sicurezza dell’agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) richiederebbe rigidi controlli, la contabilizzazione di tutto il materiale nucleare, la sorveglianza ed ispezioni meticolose.

È concepibile che una nazione o gruppo rivoluzionario possano espellere gli osservatori dell’AIEA, fermare il reattore torio e tentare di rimuovere l’U-233. Ma servirebbero ingegneri particolarmente capaci per alterare le apparecchiature di fluorurazione e separare l’uranio dal sale.

In ogni caso, l’U-233 è una pessima scelta per chi vuole creare un’arma nucleare perché gli stessi neutroni che lo producono, generano anche l’U-232, altamente contaminante e facilmente individuabile per la sua fortissima radioattività, migliaia di volte maggiore di quella del “normale” plutonio.

L’esposizione all’U-232 renderebbe probabile la morte dell’eventuale terrorista o malintenzionato entro 72 ore. Questo isotopo di uranio non può essere rimosso chimicamente ed una separazione tramite centrifuga contaminerebbe irreparabilmente il dispositivo.

Inoltre l’uso del torio porterebbe allo smantellamento degli impianti di arricchimento dell’U-235, dal quale si può effettivamente ricavare materiale radioattivo impiegabile per azioni terroristiche.

I due scienziati concludono: “Questa fonte di energia è più conveniente del carbone, può aumentare la prosperità e può ridurre il rischio di guerre per le risorse.

http://www.americanscientist.org/issues/pub/2010/5/a-thorium-future

FONTI

http://www.amazon.com/SuperFuel-Thorium-Energy-Source-Future/dp/0230116477

http://www.amazon.com/THORIUM-energy-cheaper-than-coal/dp/1478161299/ref=pd_bxgy_b_text_y

Is there a safer future for nuclear? Dr Geoff Parks, Cambridge University, June 2012

Safer nuclear – let the thorium debate begin, SmartPlanet, May 2012

New Life for Forgotten Fuel, FT Magazine, September 2011

The Nuclear Renaissance?, BBC Business Daily, September 2011

Thor Forges Safer Nuclear Power, The Sunday Times (PDF 1.6 Mb)

Thorium: the Element that Could Power our Future, Wired.co.uk, September 2011

Safer nuclear does exist, The Telegraph, August 2011

Why thorium nuclear power shouldn’t be written off, Bryony Worthington, The Guardian, July 2011

Uranium is so last century – enter thorium, the green nuke, Wired, December 2009

Come invertire il processo di desertificazione e sconfiggere la fame nel mondo

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Il bestiame al pascolo può bloccare la desertificazione?

By Colin Sullivan and ClimateWire

Uno dei maggiori esperti mondiali di degrado ambientale in aree semi-aride ha messo a punto una soluzione facilmente praticabile per invertire la desertificazione in tutto il pianeta…Vuole che siano mucche e pecore a risolvere il problema.

L’articolo di Scientific American spiega che inizialmente Allan Savory era convinto, come molti, che l’allevamento fosse parte del problema, ora ha capito che è la migliore soluzione possibile. Ha appreso dai suoi errori. Negli anni Cinquanta si era macchiato di un vero crimine, contribuendo all’eliminazione di migliaia di elefanti per ostacolare la desertificazione che al tempo si riteneva fosse causata dalle loro abitudini alimentari e “nomadiche”. Ora considera quella decisione l’errore più triste e grave della sua vita.
“Un tempo eravamo convinti che la Terra fosse piatta. Avevamo torto allora e siamo nuovamente nel torto adesso”.
Savory, dopo un lungo periodo di test, ha raccolto prove incontrovertibili del fatto che l’allevamento di carattere olistico e la transumanza degli erbivori ha l’effetto opposto a quello previsto dai modelli “scientifici”: il deserto arretra, la vegetazione avanza e con essa l’acqua. L’obiettivo degli allevatori dev’essere quello di simulare quanto più possibile il comportamento dei branchi di animali selvatici e fare in modo che questi stessi animali si moltiplichino perché, nelle aree semi-desertiche, lo sterco e la naturale “aratura” causata dal passaggio degli erbivori proteggono il suolo dall’aridità. Se non ci sono animali selvatici, va bene il bestiame: non c’è comunque concorrenza, anzi.
L’articolo include un video in cui Savory mostra le foto di regioni oggetto di sperimentazione: Zimbabwe, Messico, Corno d’Africa ed Argentina, prima e dopo il trattamento.

“Non mi viene in mente nulla che offra più speranza per il pianeta”

http://www.scientificamerican.com/article.cfm?id=can-livestock-grazing-stop-desertification

e tanti saluti alla decrescita “felice”
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/04/perche-grillo-non-crede-nella-decrescita-felice/

Qual è il ruolo dell’umanità nell’universo? La crescita felice

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La decrescita “felice” ci condurrebbe all’atrofizzazione della mente/coscienza in un mondo rilocalizzato, autarchico, privo di forze espansive e centrifughe, a ridottissimo pluralismo:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/04/perche-grillo-non-crede-nella-decrescita-felice/
Il paradigma materialista ci sta già portando verso l’abisso e nuocendo all’ecosfera.

Lo sviluppo dev’essere sostenibile anche per la psicologia ed antropologia umana e deve attivare ed amplificare le nostre migliori facoltà, incluse quelle latenti. La missione della democrazia è proprio quella di creare le precondizioni indispensabili, sebbene di per sé insufficienti, per facilitare il processo evolutivo della nostra specie e di questo pianeta. Dobbiamo crescere, non abbandonarci ad una deriva involutiva. Ma crescere come, in che direzione, per qualche scopo? L’opinione del filosofo e docente alla San Francisco State University Jacob Needleman (che è anche la mia).

Jacob Needleman risponde ad alcune domande sul suo libro “An Unknown World” (“un mondo ignoto”)
D. Quando ci interroghiamo sul senso della vita, lei insiste sulla necessità di aggiungere la Terra a questa ricerca. Perché è importante farlo?
JN. Uno degli obiettivi principali di questo libro è quello di capire che cosa significa per noi il fatto che la Terra stessa sia un essere vivente (cf. Gaia). All’interno di ciascun organismo vivente tutto ciò che esiste ha una funzione, un ruolo, nel quadro complessivo della vita di cui fa parte. Pertanto, il senso della vita umana è inseparabile dalla funzione che la specie umana è destinata a servire come parte della Terra vivente. La questione centrale del mio libro è: di cosa ha realmente bisogno da parte nostra la Terra? Al di là dello sforzo che stiamo facendo per risolvere la crisi ambientale che abbiamo creato. Dal momento che tutto ciò che è umano è parte della Terra ed è pensato per svolgere un ruolo essenziale per l’evoluzione stessa della Terra, allora tutte le cose umane, specialmente la nostra vita interiore e più intima, hanno una funzione essenziale nella vita del pianeta [questo ragionamento va compreso alla luce di una scuola di pensiero antica che, in anni più prossimi ai nostri, ha persuaso, tra gli altri, R.W. Emerson, Teilhard de Chardin, Gustav Theodor Fechner, William James, Vaclav Havel, Mary Midgley, Alfred North Whitehead, i fisici Erwin Schrödinger, Wolfgang Pauli, Fritjof Capra, Shimon Malin e la biologa Mae-Wan Ho, NdT]
D. Il suo libro esplora lo scopo dell’umanità sulla Terra, l’eterna questione che non sembriamo mai in grado di rispondere. Qual è l’elemento mancante nella nostra comprensione del perché l’umanità è sulla Terra? Inoltre, perché è una questione importante per le nostre riflessioni?
JN. Ciò che manca è la nostra comprensione di ciò che distingue la vita umana da tutte le altre forme di vita sulla Terra. L’elemento che distingue un essere umano da tutte le altre creature è la possibilità di una coscienza desta. Pertanto, è proprio questa coscienza desta quello di cui ha bisogno la Terra da noi, ben oltre il livello di pensiero, emozioni e comportamento che caratterizza la qualità della nostra attuale vita di tutti i giorni. Siamo costituiti in maniera tale da vivere a un livello di esperienza cosciente e azione superiore, più fine, più profondo. In questo senso, parlando in generale, la vita umana, la vita pienamente umana, non si è ancora radicata sulla Terra, tranne che in uomini e donne straordinari nel corso della storia che hanno cercato di aiutare gli esseri umani a risvegliare il livello di comprensione, compassione e forza morale che sono gli attributi di una coscienza risvegliata.
D. Nella ricerca della coscienza, lei conclude che il Sé (o l’anima) non è misurabile dalla scienza della nostra epoca. Quali parti del Sé non possono essere spiegate con il metodo scientifico? Perché la scienza non basta?
JN. La coscienza può esistere a diversi livelli e ogni livello di coscienza porta con sé il proprio livello di conoscenza. Il nostro livello attuale di conoscenze scientifiche riflette il nostro attuale livello di coscienza. Una mente umana più pienamente risvegliata umano vedrebbe una realtà completamente diversa, una visione più unitaria di un più teleologico universo vivente. La capacità di sentimento/sensibilità umano più elevato, di una qualità sconosciuta, è un elemento essenziale per vedere l’intera realtà per quello che è. Questa capacità di percezione è sconosciuta alla scienza e può essere riconosciuta solo dal suo destarsi dentro di noi. Pertanto, una profonda conoscenza di sé è necessaria per una più profonda comprensione sia dell’universo, sia del cervello. Gli scienziati che studiano il cervello e la mente prima o poi si renderanno conto che le nuove tecnologie o teorie non saranno capaci di per sé a comprendere il Sé all’interno della psiche umana. Per capire una coscienza risvegliata occorre cominciare a diventare consapevoli della potenzialità della propria coscienza. Senza questo sforzo, la nostra cultura moderna continuerà a spingere su di noi uno standard di conoscenza e una visione della realtà che ci faranno dimenticare il nostro possibile ruolo nello schema cosmico.
D. Perché lei sostiene che tutta la scienza dell’uomo è una scienza della Terra?
JN. Così come ci sono livelli di coscienza e livelli di conoscenza, così ci sono anche livelli di realtà. In altre parole, ci sono livelli di realtà in qualsiasi organismo: ogni livello serve gli scopi di un livello più alto ed è a sua volta servito dal livello sottostante. La vita delle cellule serve le esigenze e le finalità dei tessuti in cui funzionano le cellule – in questo senso i tessuti esistono ad un livello di scopo superiore rispetto alla cellula. Questa è la progressione: cellule-tessuti-organi (come cuore, polmone, ecc), sistema (circolatorio, respiratorio, ecc) e, infine organismo. In un universo vivente, organico, ci sono anche livelli di realtà: i fini della Terra servono i fini del successivo livello – i fini dei pianeti nel sistema solare, i pianeti servono gli scopi del Sole, ecc. Possiamo dire che la scienza moderna non supera mai il livello della Terra perché per percepire uno scopo (e valore) occorre aver sviluppato un sentimento; l’intelletto isolato in quanto tale non può percepire valore o scopo nella realtà, la ragione per cui lo scientismo dogmatico (come quello di Richard Dawkins) offre una visione relativistica di etica e di valori. La parte della mente che viene utilizzata nello scientismo è quella meccanica, la parte logica della mente che è non in grado di percepire lacuna finalità nel mondo esterno. La scienza moderna non supera mai il livello della Terra, perché spiega tutto ciò che incontra tentando di vedere solo gli elementi meccanici in esso (quelli privi di mente e di scopo). Poiché non può percepire uno scopo non può comprendere le finalità che spettano alla Terra e che sono quindi al di sopra del livello della Terra. Nell’essere umano vi è anche un livello di funzionamento che si trova al di sopra del livello della Terra – la consapevolezza risvegliata appunto (che vede uno scopo nel mondo oggettivo) e la coscienza risvegliata (che avverte l’elemento morale in tutta la realtà) [NB. in inglese si distingue tra coscienza morale – conscience – e coscienza come superiore grado di consapevolezza – consciousness]
[…]
D. Che cosa si augura che i lettori ricavino dal suo libro?
JN. Un nuovo senso di speranza e di responsabilità, a misura che ci rendiamo conto che ciò che può dare alla nostra vita il suo vero significato è anche ciò che la nostra Terra minacciata si aspetta da noi.

http://www.jacobneedleman.com/blog/2013/2/9/responding-to-questions-about-an-unknown-world.html

1001 Jacob Needleman An Unknown World cover

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/e-tutta-una-questione-di-coscienza.html
http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/fisica-quantistica-e-trascendenza.html
http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/la-paura-della-morte-non-dovrebbe.html

La perniciosa influenza planetaria delle fondazioni e think tank degli Stati Uniti

 

Le fondazioni…esercitano un’influenza corrosiva sulla società democratica; rappresentano concentrazioni di potere e ricchezza relativamente incontrollate e che non devono rispondere delle proprie azioni, che comprano i talenti, promuovono cause e, di fatto, determinano che cosa meriti l’attenzione della società…un sistema che…ha operato a svantaggio degli interessi delle minoranze, dei lavoratori e dei popoli del Terzo Mondo

Robert F. Arnove, “Philanthropy and Cultural Imperialism. The Foundations at Home and Abroad”.

Un enorme potere, senza paragoni è concentrato nelle mani di un gruppo di persone, perfettamente coordinato e con la tendenza a perpetuare se stesso. Diversamente dal potere nelle aziende, non è controllato dagli azionisti; diversamente dal potere del governo, non è sottoposto al controllo popolare; diversamente dal potere nelle chiese, non è controllato da alcun canone consolidato di valori.

Conclusioni di un’indagine conoscitiva sulle fondazioni statunitensi effettuata da un comitato del Congresso americano nel 1952

Non ci si dovrebbe aspettare che ingenti patrimoni privati siano donati in maniera tale da innescare nella società redistribuzioni delle ricchezze e trasformazioni politiche.

Ruth Crocker, in“Charity, Philanthropy, and Civility in American History”

Il miglior programma in assoluto di educazione alla democrazia si chiama “Esercito degli Stati Uniti”

Michael Ledeen, American Enterprise Institute for Public Policy Research (AEI), collaboratore di Matteo Renzi

 

I think tank, pensatoi che dovrebbero partorire soluzioni per i grandi problemi di una comunità, sono armi a doppio taglio, perché danno alla luce idee e simboli, che sono il cibo della mente umana, ma anche la sua droga ed il suo veleno. Come le api sono nate per fare il miele ed i castori per costruire dighe, gli esseri umani sono nati per trasmutare simbolicamente tutto ciò che li circonda. Sono fatti per attingere al sublime, ma anche per cadere nella trappola dei miti politicizzati (Fait/Fattor 2010).

La ragion d’essere delle principali fondazioni e think tank (pensatoi, gruppi di riflessione ed approfondimento, reti di esperti) è quella di migliorare il mondo in accordo con le preferenze di chi le crea e le finanzia, ossia, in genere, dei magnati o dei politici, cioè a dire di persone che esercitano già una considerevole influenza sulla società, ma intendono esercitarne ancora di più. Queste organizzazioni, in termini pratici, servono a giustificare la permanenza di rapporti di poteri vantaggiosi per chi è già economicamente e politicamente egemone, pensando al posto nostro. Dato il loro profilo così prominente nella contemporaneità, sono stati oggetto di innumerevoli studi sociologici. Usando un gioco di parole, possiamo dire che il think tank è un carro armato (tank, in inglese) nella guerra delle idee che mira al controllo delle menti di 7 miliardi di persone.
Stephen Boucher e Martine Royo (2006) definiscono i “think tank” degli organismi permanenti non pubblici che hanno l’incarico di formulare soluzioni su scala nazionale o internazionale che possano essere tradotte in politiche pubbliche. Quasi tutte le fondazioni si sono dotate di uno o più think tank, perciò è pressoché inutile cercare di separarli. La loro missione li rende inscindibili. La fondazione si occupa della parte strategica, il think tank di quella tattica. Alcune fondazioni esistono da oltre un secolo, come ad esempio il trittico Ford, Rockefeller e Carnegie, dai nomi dei magnati che hanno fatto la storia dell’economia e dell’industria americana moderna. Un altro gigante si è aggiunto di recente, la Gates Foundation di Bill Gates, il fondatore di Microsoft, e di sua moglie. In Germania, la Friedrich Ebert Stiftung è vicina ai socialdemocratici, la Konrad Adenauer Stiftung è nella sfera democristiana.

Anche se ufficialmente i loro think tank dovrebbero produrre ricerca seria e rigorosa, non conosco nessuno studio accademico (ossia non promosso da un qualche think tank e quindi apologetico) che non li consideri delle vere e proprie macchine ideologiche al servizio di un qualche specifico interesse e/o ideologia. Boucher e Royo parlano di “pensiero mercenario”, un eufemismo per quello che altri chiamerebbero, meno sottilmente, “prostituzione intellettuale”.

Con questo non si vuol dire che tutti i think tank e tutte le fondazioni siano da mettere sullo stesso piano e demonizzare. Ma è indubbio che all’intensificarsi dei legami con la politica ed il capitale l’indipendenza di giudizio e l’integrità morale dei componenti di un think tank subiscono un inevitabile processo involutivo e la loro attività finisce per rassomigliare sempre più al marketing ed al lobbismo, con un impatto mediatico rapido e massiccio nel mercato delle idee (Boucher/Royo, ibidem). Gli intellettuali e gli stessi scienziati sono degli esseri umani come gli altri, né peggiori né migliori degli altri, anche se loro, non-ufficialmente, sono inclini a ritenersi migliori ed esenti da certe influenze corruttrici. Non citerò la cospicua produzione di studi sociologici che smentiscono le loro più intime convinzioni. Per questo sarebbe meglio che le politiche pubbliche fossero formulate da commissioni pubbliche temporanee, allo stesso modo in cui si sottopongono periodicamente al voto i rappresentanti parlamentari che poi le vaglieranno. A meno che non si creda, con Mandeville, che i vizi privati sono alla base delle virtù pubbliche, uno slogan screditato da millenni di storia umana ma che piace molto ai neoliberisti.

L’influenza dei think tank è poderosa in una molteplicità di settori: dall’ecologismo alla bioetica ed alle biotecnologie, dagli studi sulla pace alla geopolitica, dalle risorse energetiche alle politiche socio-economiche, carcerarie e monetarie, dalla Guerra al Terrore alla globalizzazione, all’arte ed alla cultura, al razzismo, al federalismo ed alla tutela delle minoranze etno-linguistiche.

Gli esempi della loro egemonia culturale non si contano, ma due sono forse i più eclatanti. Il primo è quello delle politiche di sterilizzazione involontaria di decine di migliaia di donne nel mondo occidentale e di milioni di donne nel Terzo Mondo a fini eugenetici prima e di controllo della popolazione non-bianca (ad esempio i quechua ed aymara del Perù) poi (Connelly, 2008). L’altro è il “Progetto per un nuovo secolo americano”, una strategia neoconservatrice imperialista statunitense che risale alla fine degli anni Novanta e che ha condotto all’invasione dell’Iraq nel 2003. È notorio perché al centro delle teorie del complotto riguardo all’11 settembre 2001, in quanto un suo rapporto del settembre del 2000, intitolato “Rebuilding America’s Defenses: Strategies, Forces, and Resources for a New Century” (“Ricostruire le difese dell’America: strategie, forze e risorse per un nuovo secolo”), auspicava il verificarsi di un evento del tipo Pearl Harbor che autorizzasse gli Stati Uniti a prendere il controllo dell’Asia Centrale, considerata la chiave per mantenere in una posizione subalterna Russia, India e Cina e quindi per conservare lo status di unica superpotenza egemone. Altri casi degni di menzione sono l’amministrazione Reagan, che selezionò lo staff presidenziale (150 specialisti!) nel vivaio della Hoover Institution, della Heritage Foundation e dell’American Enterprise Institute, tutte fondazioni ultraconservatrici, con relativi think tank.

Tra gli studiosi che hanno approfondito il ruolo delle fondazioni e dei think tank nella formazione della percezione della realtà da parte dei cittadini delle democrazie occidentali figura anche il celebre Pierre Bourdieu, che anche dopo la morte, avvenuta nel 2002, resta il più influente sociologo francese. Nel 1998, assieme al collega francese (docente a Berkeley) Loïc Wacquant, riconosciuto specialista nel campo del razzismo e dei sistemi carcerari, pubblicò un saggio dagli effetti dirompenti, intitolato “Sulle astuzie della ragione imperialista” (“Sur les ruses de la raison impérialiste”), in cui si argomentava la tesi che le grandi fondazioni americane che si occupano di razzismo, in particolare la Rockefeller e la Ford, cerchino deliberatamente di incoraggiare i leader delle minoranze etno-razziali al di fuori degli Stati Uniti ad adottare le stesse tecniche di autoaffermazione identitaria, oggettivamente fallimentari, impiegate negli Stati Uniti. Tecniche, per intendersi, che sono state ripudiate dallo stesso Martin Luther King, un uomo dall’enorme perspicacia ed onestà, e che non sono mai state prese in seria considerazione da Aung San Suu Kyi o da qualunque attivista che rivendichi i diritti umani e civili per tutti e non solo per una fazione.

Bourdieu e Wacquant sono finiti al centro di una vigorosa polemica non tanto per aver denunciato il carattere fallimentare dell’identitarismo particolaristico e settario, ma per aver affermato che la contrapposizione tra neri e bianchi, che volutamente cancella l’esistenza dei meticci/mulatti, fa parte di una strategia globale neocolonialista all’insegna del divide et impera che, insistendo sulla componente somatica (il colore della pelle), conduce ad una guerra tra poveri che avvantaggia chi teme che le classi subordinate possano creare una piattaforma di rivendicazioni comuni che metta in difficoltà lo status quo. Le loro conclusioni sono in linea con quanto si apprende dalle ricerche di Anthony W. Marx (nessuna relazione con il più celebre Karl) su Stati Uniti, Sudafrica e Brasile, Livio Sansone sul Brasile (2002, 2003), Mark Clapson sul Regno Unito (2006), Donald E. Abelson (1996), Yves Dezalay & Brian G. Garth (2002), Noliwe Rooks (2006), Inderjeet Parmar (2012) e Thomas Medvetz (2012) sugli Stati Uniti e le loro relazioni interrazziali ed internazionali, Rafael Loayza Bueno ed Ajoy Datta sulla Bolivia (2011).

A dire il vero, Bourdieu e Wacquant non sono stati dei pionieri. Già negli anni Quaranta il giornalista e storico statunitense Joel A. Rogers lamentava il fatto che gli attivisti neri per i diritti civili fossero usati dai filantropi delle maggiori fondazioni per diffondere un’immagine omogenea, omologata, monolitica e caricaturale dei neri che sarebbe servita a “tenerli al loro posto” e a “mettere in cattiva luce quei pochi neri in grado di ragionare con la propria testa” (cit. in Plummer, 1996, p. 228). Uno dei più ammirati sociologi americani, C. Wright Mills, aveva gettato le basi per un’analisi scientifica di questo fenomeno già a cavallo degli Cinquanta e Sessanta, ma scomparve prematuramente prima di riuscire a portare al termine il suo ambiziosissimo progetto sociologico di studio delle élite e delle loro strategie. Solo negli anni Ottanta, grazie ad Edward Berman ed al suo magnifico e scrupoloso saggio (“The Ideology of Philanthropy”) e, più recentemente, Sally Covington (1998), Frances Stonor Saunders (1999, ed. it. 2004) e Joan Roelofs (2003) sono riusciti a mettere in luce i legami tra le fondazioni filantropiche, le militanze identitarie, gli architetti della politica estera americana e la CIA. Centinaia di milioni di dollari investiti in una guerra di idee e per il controllo dei media, di interi dipartimenti universitari e della lealtà di membri del Congresso (Saunders, op. cit., p. 122):

L’uso delle fondazioni filantropiche si rivelò il modo più efficace per far pervenire consistenti somme di denaro ai progetti della CIA, senza mettere in allarme i destinatari sulla loro origine…Nel 1976, una commissione d’inchiesta nominata per indagare le attività dell’intelligence statunitense riportò i seguenti dati relativi alla penetrazione della CIA nella fondazioni: durante il periodo 1963-1966, delle 700 donazioni superiori ai 10.000 dollari erogate da 164 fondazioni, almeno 108 furono totalmente o parzialmente fondi della CIA. Ancor più rilevante è che finanziamenti della CIA fossero presenti in quasi metà delle elargizioni, fatte da queste 164 fondazioni durante lo stesso periodo nel campo delle attività internazionali durante lo stesso periodo.

Sempre negli anni Ottanta, Robert Arnove, oggi professore emerito all’Università dell’Indiana, allora un insider con accesso ad informazioni riservate, curò la pubblicazione di un volume collettaneo (“Philantropy and cultural imperialism: the foundations at home and abroad”, 1980) in cui puntava il dito contro le fondazioni Ford, Rockefeller e Carnegie e la loro “corrosiva influenza sulla società democratica”, resa possibile da una concentrazione di potere e capitali non adeguatamente regolamentata, in grado letteralmente di comprare la lealtà degli esperti e di promuovere certe cause secondo certe modalità in modo tale da indirizzare l’attenzione dell’opinione pubblica in certe direzioni piuttosto che in altre. Lo stesso Arnove, in seguito, assieme alla collega sociologa Nadine Pinede (“Revisiting the Big Three Foundations”, 2003), ha potuto confermare la validità dei precedenti giudizi sulle politiche di deradicalizzazione (leggi: castrazione e frammentazione) del movimento per i diritti civili attuate dalle suddette fondazioni in nome dell’ideologia dell’identitarismo culturale che sottrasse al più vasto movimento le importanti energie di una larga porzione di attivisti afro-americani, non più disposti a condividere la lotta con esponenti di altre culture ed etnie (si veda anche Roelofs 2003).

Il povero Martin Luther King non poté sfuggire a questo gorgo e ne finì risucchiato, lui che contrastava ogni tentativo di spezzare il movimento dei diritti civili in fazioni concorrenti. Nel febbraio del 1967 prese la decisione di opporsi alla politica americana in Vietnam, pur sapendo che così facendo avrebbe causato l’interruzione del flusso di erogazioni da parte di varie fondazioni e in particolare della Ford Foundation. Aveva ben chiaro in mente che, com’era più che logico, le politiche di finanziamento delle maggiori fondazioni favorivano le valvole di sfogo, ossia quelle organizzazioni che davano voce alla protesta ma senza mai mettere in discussione l’establishment nel suo complesso (Walker, 1983).

Molte persone fanno fatica ad immaginare che delle fondazioni possano realmente cambiare il corso della storia di un’intera nazione. Ma si considerino le somme a loro disposizione. Nel 2011 il valore del patrimonio complessivo delle fondazioni americane ammontava a quasi 622 miliardi di dollari. Se fossero una nazione, sarebbero al ventesimo posto nella classifica del PIL, poco dietro la Svizzera. Nel 2010 decine di migliaia di fondazioni filantropiche hanno distribuito finanziamenti per un valore totale che eccede i 46 miliardi di dollari (valore raddoppiato rispetto al 1999). Ciò significa che, in questi anni, solo negli Stati Uniti, le fondazioni movimentano l’equivalente di una manovra finanziaria italiana importante o del PIL della Tunisia o dell’Uruguay. Nel 2000 il solo “Programma per la pace e la giustizia sociale” della Ford Foundation ha devoluto 26 milioni di dollari per i “diritti delle minoranze e la giustizia razziale”, su un totale di 80 milioni di dollari di finanziamenti a livello globale. La Bill e Melinda Gates Foundation distribuisce annualmente almeno 3 miliardi di dollari ad organizzazioni ed individui che ritiene meritevoli e dispone di un patrimonio del valore di oltre 33 miliardi di dollari (poco meno del PIL del Kenya, più di quello della Lettonia). Era a 37 miliardi nel 2010. Ford Foundation, Paul Getty Trust, Robert Wood Johnson Foundation dispongono tutte di circa 10 miliardi di dollari di beni: in termini di PIL, si collocherebbero davanti all’Armenia. In termini pratici, non devono rispondere del loro operato né ai mercati, né alla stampa, né tantomeno all’elettorato.

Con queste cifre e questo potere in ballo, non è sorprendente che i saggi dedicati a questo argomento così cruciale siano, globalmente, poche decine e tutti o quasi tutti ad opera di accademici non dipendenti da sovvenzioni private. Non sono molti i giovani ricercatori disposti a sputare nel piatto in cui sperano di mangiare e ancor meno quelli, più maturi, pronti a farlo in quello in cui stanno già mangiando. La falsa coscienza fa il resto: si razionalizza il proprio comportamento e quello di chi ci sovvenziona e ci si convince che l’utile giustifica i mezzi. D’altronde, stante il feroce antistatalismo americano, quasi tutte le organizzazioni per i diritti civili, la giustizia sociale e la difesa dell’ambiente, per poter restare in vita, sono costrette a rivolgersi alle fondazioni “filantropiche” ed alla loro per nulla disinteressata filantropia. Lo stato non è quindi in grado di assicurarsi che l’elaborazione e discussione delle questioni pubbliche non vengano monopolizzate da interessi privati. È un fenomeno che si sta verificando anche in Europa, specialmente ora che la crisi e l’austerità hanno prosciugato le casse degli stati europei.

Ora, limitatamente alle fondazioni maggiori, emanazioni del capitale finanziario-industriale, alla luce degli studi summenzionati, possiamo dire che quelle di destra sono anti-democratiche e non fanno molto per nasconderlo; quelle “progressiste” sembrano più orientate a provare a migliorare la situazione, ma solo per poter mantenere le cose come stanno. Queste ultime sono espressioni di centri di interesse che non disprezzano apertamente la democrazia, ma preferiscono gestirla in modo accentrato e tecnocratico, a causa della scarsa stima che nutrono nei confronti delle masse. Ciò che accomuna le fondazioni di destra (es. praticamente tutte quelle legate agli interessi delle multinazionali farmaceutiche e petrolifere, o il Pioneer Fund) e i think tank di destra da un lato (es. Freedom House, Council on Foreign Relations, Hudson Institute) e quelle di sinistra (es. Open Society di George Soros, Gates Foundation) con i rispettivi think tank (es. la New America Foundation vicina a Zbigniew Brzezinski, una delle figure più influenti nelle scelte di politica estera dell’amministrazione Obama) dall’altro è, a grandi linee, il rifiuto del principio della pari dignità e il trionfo dell’elitismo e dell’oligarchismo più o meno benevolo (o malevolo, a seconda dei punti di vista, naturalmente). Come documentano Robert Arnove e Nadine Pinede, tutte le grandi fondazioni “progressiste” sono ispirate ai principi del conservatorismo sofisticato ed appoggiano dei cambiamenti che assicurano una maggiore efficienza del sistema esistente ed una minore frizione con i privilegi già acquisiti. In questo modo, però, perpetuano le dinamiche che generano quelle disuguaglianze ed ingiustizie alle quali ufficialmente desiderano porre rimedio.

Il mondo non starebbe meglio senza gli umani

In risposta ai rischi sistemici mondiali, si vedrà in particolare crescere un’ideologia ecologica planetaria che raccomanda la riduzione della produzione per diminuire il consumo di energia ed attenuare i rischi d’inquinamento, imponendo restrizioni in tutti i settori in nome della frugalità e dei vantaggi a lungo termine. Dall’altra parte, un’ideologia religiosa – o più d’una – tenterà anch’essa di imporre regole conformi alle esigenze di un aldilà dove risiederà, secondo quanto sostiene, l’unica speranza di salvezza. Queste due ideologia fondamentaliste, ecologica e religiosa, convergeranno: l’una e l’altra affermeranno che il destino degli uomini è già scritto e che il vero padrone del mondo – la Natura o Dio – è altrove. L’una e l’altra, alla ricerca della purezza, denunceranno l’Occidente. L’una e l’altra sosterranno di pensare alla felicità degli uomini in termini di prospettiva. Potrebbe anche emergere un giorno un’ideologia che metta insieme le due dottrine: un fondamentalismo allo stesso tempo religioso ed ecologico. Un ossimoro, come lo fu il nazionalsocialismo. Già ha fatto la sua comparsa in Brasile, dove si sta sviluppando un fondamentalismo evangelico eminentemente interessato alla tutela dell’ambiente. Inoltre, nel 2002, Osama Bin Laden, nella sua “Lettera all’America”, accusò gli Stati Uniti di distruggere la natura più di qualsiasi altra nazione, con l’emissione di gas a effetto serra e la produzione di rifiuti industriali. Nel gennaio del 2010, sosteneva che “tutte le nazioni occidentali” sono colpevoli del cambiamento climatico. Nell’ottobre dello stesso anno, ribadiva che le vittime del cambiamento climatico sono più numerose di quelle delle guerre.
Jacques Attali, “Domani chi governerà il mondo?”, 2012, p. 289

L’ecologista misantropico vede le evidenti e terribili offese perpetrate dagli umani all’ecosistema e conclude che il pianeta starebbe messo meglio se non ci fossero gli umani.

Io la vedo diversamente.

In parte per la simpatia con cui guardo a questa corrosiva demolizione dell’ecologismo new-age:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/01/salvate-le-lumache-george-carlin-mi-mette-in-riga/

In parte per la mia adesione ad una prospettiva radicalmente diversa ed incompatibile con quella del panteismo naturalista.

Per me la realtà materiale non è la realtà ultima: né per gli umani, né per gli altri animali. La realtà materiale è solo l’espressione visibile di un piano di realtà in cui un colibrì e Mozart assumono un significato molto più grande di quel che ci appare qui e ora (o di quel che pensa un colibrì).

Questa prospettiva si chiama panENteista ed è in armonia con i fondamenti della fisica quantistica (cf. Alfred North Whitehead).

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/02/18/viviamo-nellillusione-e-chi-lo-sa-ci-manipola-agevolmente/

Per il panenteista è tutta una questione di coscienza:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/e-tutta-una-questione-di-coscienza.html

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/il-sentimento-oceanico-etica-per-un.html

incluso l’ambientalismo:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/12/ambientalismo-per-un-mondo-nuovo.html

Per un panenteista il mondo senza l’umanità sarebbe incredibilmente triste, incapace di contemplarsi, creativamente impoverito. Un panenteista si augura che l’umanità capisca come disciplinare il proprio peggio ed esaltare il proprio meglio, ossia che apprenda come gestire il potere ed i rapporti di potere.

Per un panenteista un mondo senza Mozart, Heisenberg, Aung San Suu Kyi, Michelangelo, i Beatles, Truffaut, Kandinsky, Dostoevskij, Omero, Calvino, Socrate, Gesù, il Buddha, Goethe, senza le danze, canti e musiche tradizionali, senza i piatti tradizionali, i giardini zen, gli orti, l’artigianato, le chiesette di montagna, senza la moda al suo meglio, senza la fede, senza l’altruismo disinteressato, senza la capacità di tradurre i sogni in realtà, ecc. sarebbe triste e povero in senso assoluto, non solo per gli umani. Questo perché il panenteista considera l’umano come una data espressione di un “tutto” che è nella natura ma anche la trascende, simultaneamente; e da ciò consegue che la musica di Mozart, il messaggio di Gesù, il principio di dignità e la democrazia, tra le altre cose, hanno un significato universale che va ben oltre i confini di questo pianeta o di questo universo.

Quale animale potrebbe esperire e comunicare l’estasi poetica e spirituale di un Whitman nell’entrare in contatto con la natura? Tutti gli animali sono speciali, ma gli umani sono più speciali nella loro specialità:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/02/20/non-siamo-scimmie-nude-diritti-umani-diritti-degli-animali-specismo/

E questa peculiare specialità è probabilmente risibile se messa a confronto con altri esseri viventi che popolano il cosmo in tutti i suoi piani di realtà. La differenza sta nel grado di profondità con cui si percepisce e si comprende la realtà: la consapevolezza di una formica è meno profonda di quella di un gatto. Un gatto ha una comprensione di universali come la matematica e la musica più estesa e complessa di quella di una formica. Come noi rispetto agli scimpanzé. Come qualcun altro rispetto a noi.

Per tutte queste ragioni il panenteismo non è antropocentrico. È, semmai, teocentrico, di un teocentrismo che non ha nulla a che vedere con il vecchio barbuto e capriccioso dei monoteisti, essendo piuttosto in sintonia con la concezione tradizionale del “Grande Spirito” o di “Sofia”/“Anima Mundi”. Antropocentrico è, al contrario, il panteismo naturalista. Infatti pensare che la natura starebbe meglio senza di noi è antropocentrico, ed è il sintomo di un notevole narcisismo. Dobbiamo essere sempre noi, nel bene e nel male, al centro. Dobbiamo essere sempre noi i principali responsabili di ogni catastrofe naturale, dell’estinzione delle api, del riscaldamento globale e un giorno immagino persino degli impatti cosmici. Sempre noi al centro di tutto.

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