Commesse e commessi di tutt’Italia, unitevi!

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IKEA GRANCIA – LUGANO

Orari d’apertura:

Lu-Ve: 9.00-18.30

Gio: 9.00 – 21.00

Sa: 9.00 – 17.00

[domenica chiuso]

La vita prima del business

Cartello di protesta di un gruppo di commesse

Non sarò mai soggetta a maltrattamenti criminosi

Yoona~939, Cloud Atlas

Il lavoro sta finendo! Lo dicono senza appello le statistiche. I lavoratori di fabbriche e uffici verranno ridimensionati da oggi al prossimo ventennio come nel secolo scorso letteralmente sparì la massa di agricoltori (dal 75% l 4% degli occupati totali). Una tragedia? Il punto è che la produzione di beni e servizi è aumentata migliaia di volte da allora, richiedendo sempre meno manodopera. È tragedia per colpa dei pochi che beneficiano dei profitti, che non ci pensano a cambiare sistema. Questa è la sfida del futuro, non il lavoro. Si chiama redistribuzione, reddito di cittadinanza, risanamento del territorio come fonte di lavoro. Redistribuzione e reddito di cittadinanza, certo, e questo lo scrivo per i “bottegai”, perché se chiudono le fabbriche, senza stipendi che girano, dopo due mesi, chiudete voi!! E in Italia ancora a combattere per la domenica, siamo governati da ladri incoscienti!!

Marco Benedetti

Marco ha ragione. Quel che sostiene lo confermano Martin Ford (“The Lights in the Tunnel: Automation, Accelerating Technology and the Economy of the Future”) e gli studiosi dell’MIT Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee (“Race Against the Machine: How the Digital Revolution is Accelerating Innovation, Driving Productivity, and Irreversibly Transforming Employment and the Economy”).

Stiamo realmente correndo il rischio di lasciare alle future generazioni un mondo spaventosamente simile a Nuova Seoul (Nea So Copros) di Cloud Atlas, una finta democrazia capital-corporativa e castale dove il reddito di cittadinanza ed i redditi da lavoro devono essere spesi forzatamente ed edonisticamente in base alle fasce di consumo in cui si è inseriti, per poter perpetuare un sistema in cui le persone sono consumatori prima ed esseri umani poi.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/21/sonmi-451-e-thomas-sankara-quando-finzione-e-realta-riecheggiano/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/18/cloud-atlas-uno-studio-antropologico/

 CLOUD ATLAS

Cloud Atlas

Che diritti si possono esercitare in un sistema caratterizzato da produzione in costante crescita e salari stagnanti, che significano crescente indebitamento, minori acquisti, massicce eccedenze, maggiore disoccupazione e crescente divaricazione tra una piccola minoranza di ricchi ed una fascia povera in espansione? Cosa vuol dire essere liberi in un mondo del genere? Di che libertà/diritti civili si può concretamente parlare?

La crescita economica richiede investimenti e può avvenire solo se c’è l’aspettativa di una forte domanda di prodotti e servizi. Dov’è questa forte domanda? Da dove arriverà? Da stati e famiglie sempre più oppressi dai debiti, indebitamenti che rappresentano l’unica maniera per assicurare un minimo di crescita in un sistema ormai saturo da una generazione e che sopravvive solo grazie a bolle speculative gonfiate dal credito facile ed irresponsabile? Dalle grandi catene e multinazionali che spazzano via i piccoli imprenditori, non solo nei paesi in via di sviluppo? Dai paesi in via di sviluppo che ci estromettono dai mercati e che esportano più che importare (es. Germania vs. Cina)?

Quante librerie hanno dovuto chiudere a causa di amazon.com?

Quanti addetti alle vendite sono stati sostituiti da sistemi on-line?

Quanti impiegati di banca sono stati sostituiti dai call center?

E quanti impiegati nei call center sono stati sostituiti da un software automatico?

E cosa succederà a molti professionisti quando arriveranno le intelligenze artificiali?

Con che introiti sosterranno consumisticamente la crescita?

Quali saranno i futuri costi umani della ricerca della competitività?

Quando l’intero sistema raggiungerà la massima estensione possibile e il punto di saturazione finale, cosa faremo?

Commerceremo con altri sistemi planetari, nella speranza di poter esportare a manetta, per non trovarci al punto di partenza?

Che senso ha tutto questo?

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TRENTO

TREVISO

http://demoandcrazia.blogspot.it/2012/10/la-rivoluzione-delle-commesse-parte-da.html

SESTO FIORENTINO

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/08/15/oggi-sciopero-da-obi-festa-anche-per.html

TORINO

http://torino.repubblica.it/cronaca/2012/03/23/news/rinascente_sciopero_di_sabato_per_non_lavorare_di_domenica-32070683/

VICENZA

http://www.vicenzatoday.it/economia/sciopero-commesse.html

BOLOGNA

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2012/05/03/news/sciopero_contro_aperture_domenicali-34393757/

OCCUPY SUNDAY

http://www.globalproject.info/it/tags/occupy-sunday/community?f_tags_subtags=italia&f_tags_subtags_types=geo

COMMENTI DA TUTTA ITALIA

Quello che mi fa rabbia è questo menefreghismo, egoismo, prevaricazione dei forti sui più deboli; non si assumerà gente in più (il nostro titolare è già in difficoltà così), gli orari faranno sempre più schifo, la famiglia va a ramengo (Vale).

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Vorrei commentare anche l’apparente noncuranza della maggior parte delle persone. Sembra che non interessi a nessuno che persone, per la maggior parte donne, ( che lavorano il TRIPLO di noi uomini) si vedano allungare l’orario di lavoro, sottrarre le domeniche, che e’ l’unico giorno di riposo per il commercio. chi lavora nelle grandi aziende, in fabbriche o uffici, hanno il sabato e la domenica! Senza contare tutti i “ponti”. C’e’ chi non e’ mai stato a casa due giorni di seguito! Chi lavora in un negozio i ponti non sa neanche cosa siano (Carlo).

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semplicemente vergognoso ciò che ha fatto il governo, ha semplicemente liberalizzato la schiavitù , faccio il commesso in un negozio di una grande catena privata nella provincia di Napoli, NON turniamo, non ci vengono pagati gli straordinari, e ora il padrone si sente libero di fare 9 ore e 30 al giorno senza nessun tipo di problema, aperture improvvise senza nessuna possibilità di riposo, e pure il governo sa che qui da noi c’è la schiavitù (Malo82).

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Al posto di fare sempre i pecoroni… dovremmo scioperare anche noi tutti uniti una volta per tutte, anche i dipendenti della grande distribuzione e invece nel commercio… ci sarà sempre l’imbecille che apre nel giorno di sciopero, per prendere i clienti che trovano chiuso dagli altri… altre categorie bloccano l’Italia per molto molto meno… qui invece possono distruggere le famiglie, cancellare il riposo, eliminarti tempo libero, hobby, interessi… e nessuno alza un dito come distruggere un’Italia già mal ridotta…(Marcello)

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Io sono senza parole, davvero, odio il commercio, e purtroppo ci lavoro e sono demoralizzata all’idea di dover regalare le mie domeniche a chi si arricchisce sulle mie spalle, tra l’altro sottopagata, in Italia non esistono più valori, sono davvero delusa e mi sento sconfitta…Vogliono tenere gli esercizi commerciali aperti tutte le domeniche??? Va bene…ma siccome noi che ci lavoriamo dentro abbiamo le stesse esigenze di chi la domenica non ha nient’altro di meglio da fare che andare in giro per negozi, gradiremmo cortesemente che anche gli uffici pubblici (poste, comuni, inps….), le asl, le banche, le assicurazioni, i medici, gli asili etc, si adeguassero a questo nuovo “stile di vita”, se di vita si può parlare, e fossero a disposizione 7 giorni su 7 ad orari ovviamente accessibili a tutti, perché noi dobbiamo rinunciare alle nostre domeniche ed altri no? Non lo trovo affatto giusto…(Taty)

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il problema e’ che i sindacati possono fare poco perché non siamo uniti, abbiamo paura che: il contratto a tempo non venga rinnovato, di metterci in cattiva luce nei confronti dell’azienda, ma così facendo arriveranno a sfruttarci peggio che in Cina: UN PUGNO DI RISO E UN CALCIO NEL SEDERE (Vale).

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ma lo sapete che io per fare quelle schifose 4h butto via tutta la domenica, che non ho più una vita sociale, che le mie amicizie si sono stufate di sentirsi dire no mi dispiace non posso, lavoro domenica,schifosi porci della grande distribuzione organizzata, siete organizzati a delinquere ecco cosa siete,chissà quanti soldi avete dato al governo perché approvasse questa legge e poi venite a dire a me di lavorare come fossi un full time perché non ci sono i soldi per pagare gli stipendi e ognuno deve fare la sua parte. e ti minacciano pure, si inventano le cose che non hai detto perché vogliono eliminare i vecchi contratti e assumere gente sottopagata senza più indennità di malattia, senza ferie, senza permessi retribuiti, ecco cosa vogliono fare. ci stanno esasperando per farci licenziare così assumono poveri ragazzini che hanno bisogno di lavorare e li pagano una miseria, ma io mi domando ma siamo aperti 13h ma possibile che non abbiate il tempo di fare la spesa in 13h ore?????ma sapete da quanto tempo non vado al cinema io? (Cassandra)

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non tutti i commercianti vogliono la liberalizzazione degli orari, è solo la grande distribuzione che li vuole perché negli ultimi anni hanno subito un calo dei fatturati non indifferente, io lo so perché ci lavoro. hanno aperto troppi centri commerciali, troppi supermercati e ora il mercato è saturo, troppa offerta per una domanda sempre in calo, la gente non ha più soldi. il problema però sono i clienti che smaniano dalla voglia di sapere se domenica si è aperti perché non hanno niente da fare a casa, le loro vite ormai sono vuote e l’unica cosa che si possono permettere è fare un giro la domenica al centro commerciale, tutto è gratis qui, riscaldamento e aria condizionata, parcheggi, leggono giornali e riviste gratis e poi non li acquistano, i bambini possono persino fracassare i giocattoli e nessuno glieli mette in conto….non sia mai. I clienti vengono la domenica ma poi durante la settimana non tornano, io sono anni che non vedo più il pienone nemmeno la domenica, vengono a fare un giro ma non comprano e allora che senso ha? Perché io devo andare a lavorare di domenica? Non sono un medico, il mio lavoro non salva la vita a nessuno, non è di utilità sociale come vuol far credere Monti (Cassidy).

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Hai ragione tu….vogliono vedere il nostro teatrino di marionette che lavorano “tanto sono pagati” e andare nel paese dei balocchi che è il centro commerciale, per ingannare la loro insaziabile sete di possedere: telefononi luccicanti, cartelli ammiccanti che urlano offerte Si imbambolano davanti alle vetrine e dentro di sé si chiedono “…mmmm ora che sono qua cosa cavolo compro?” e alla fine escono a malincuore, con la borsa vuota:per comprare ci vogliono i soldi: è finita l’illusione;magari ritrovandosi in mano un vasetto di acciughe di merda che a casa non mangia nessuno. Era in offerta! (Kaiser)

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Sono titolare di negozio all’interno di un centro commerciale, single con 1,2 dipendenti (perché a due non ci sto dentro con le spese anzi, è già troppo uno). Da oggi è ufficiale: aperti anche tutte le domeniche mattine. E adesso? Per un collega è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ha chiuso per sempre, un altro sta cercando di vendere e lasciare il posto. Io insieme agli altri siamo ammutoliti, visto che la risposta ad una nostra lettera di protesta per quando ci hanno tolto la mezza giornata di riposo infrasettimanale è stata questa: sempre aperti. D’altronde se lo fa la concorrenza lo dobbiamo fare pure noi! Maledetta concorrenza, allora la colpa è tua! Caro Monti hai fatto trenta fai trentuno: aperti 24 su 24, così prendo residenza al negozio, vendo casa e risparmio sull’ici e risparmio pure sulla benzina perché vendo anche l’auto! Una sola richiesta ti faccio, nei soli 46 min di tempo libero che mi hai lasciato per giorno, tu che hai i soldi vieni a trovarmi. PS il giorno di Natale lasciacelo di riposo, così riesco a farmi le ferie! Cosa ne pensate della proposta di tenere chiuse le serrande per protesta e chi di voi lo farebbe PER DAVVERO? Va bene lavorare per vivere ma vivere per lavorare NO! (Lavoratore Italiano)

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E fare venire Monti in negozio con noi 7 su 7 ??

mangiando nei magazzini a pranzo e cena ..visto che i centri commerciali sono aperti dalle 9 alle 22 o per chi è fortunato alle 21!!
Dopo la chiusura serale alle 22 e bello tornare a casa e trovare i tuoi figli che dormono e il più piccolo che si sveglia e ti dice ciao papì 6 tornato tardi anche oggi!!
Grazie Prof. Monti …come è umano LEI !! (Rocco Monticane)

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Sono d’accordo anch’io…E non dobbiamo mollare!!..Facciamoci sentire !!..Sono anch’io una schiava moderna,lavoro in uno di quei grossi centri di elettronica e di fronte abbiamo un centro commerciale..com’è triste vedere famiglie la domenica che vagano per il negozio cercando……ma cosa stanno cercando??..niente…non sanno dove andare, che fare…ed allora il centro commerciale,il negozio, diventa utile perché mentre i genitori guardano tutto e spesso non comprano niente, i figli intanto si distraggono vicino alle consolle dei giochi…e noi lì….a vedere questo triste scenario..Ma dove sono i genitori che portano i bimbi al parco??.. Comunque continuo a lottare ed oltre che boicottare le domeniche coinvolgo il più possibile i miei colleghi che spesso parlano,si lamentano ma poi non fanno niente!..Ho fatto scioperi ed andrò alla manifestazione di martedì sotto la Regione ma non so quanti saremo…eh…ad essere uniti….Noi commesse,commessi, siamo tanti e verrebbe proprio una bella cosa magari scioperare davanti al negozio, di domenica,ad oltranza,tutti quanti!..utopia… Insomma ragazze e ragazzi… CONTINUIAMO A FARCI SENTIRE!!! RICORDIAMOCI CHE CI STANNO TOGLIENDO TUTTI I DIRITTI CHE I NOSTRI PADRI, I NOSTRI NONNI SI SONO GUADAGNATI!!!.. INFORMIAMO I COLLEGHI DELLE MANIFESTAZIONI, DEGLI SCIOPERI E DI QUALSIASI ALTRA FORMA DI PROTESTA, ANCHE QUELLI CHE NON LAVORANO CON NOI!…Io ci spero che possiamo cambiare le cose…anzi, io ci credo….

Un saluto a tutti…(Ele)

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ciao ,anch’io sono una sfigatissima che lavora nel commercio,quando abbiamo chiesto al capo area di darci la possibilità di fare a turni ,la sua risposta è stata non se ne parla nemmeno avete firmato che se il negozio sta aperto la domenica lavorate (peccato che nel 2008 le domeniche erano 1 al max 2 e quelle di dicembre )per quest’anno dovete tenere duro ,e certo tanto mica ci sta lui o ci sta Monti a lavorare con un ridicolo straordinario ,per 4 domeniche ,avendo il giorno compensativo in settima ho preso 11euro (ovn).

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Mio marito lavora in un negozio e tutto andava bene fino allo scorso dicembre. Erano aperti solo una domenica al mese e a dicembre, ma non sempre il turno toccava a lui. Da gennaio non abbiamo più una vita familiare perché lui è a casa in settimana mentre io e mia figlia siamo a casa il sabato e la domenica. Quindi lui è sempre a casa da solo e non riesce più a stare con me e con sua figlia.

In negozio c’è un forte clima di tensione perché devono coprire più ore ma con lo stesso personale perché di assumere qualcuno non se ne parla nemmeno. Anzi tre persone si sono licenziate e gli tocca fare anche i loro lavori. Il direttore si lamenta che le vendite sono in calo e scarica le colpe su di loro quindi sono continuamente martellati, ma se in negozio non entra gente loro cosa possono fare?

Spero almeno che si degneranno di restare chiusi il giorno di Natale.

Io credo che con la scusa della crisi, i lavoratori stanno perdendo tutti i propri diritti. Con la scusa che c’è poco lavoro ci stanno facendo diventare degli schiavi (Anna).

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C’è ancora di peggio. Ad esempio, non solo lavorare TUTTI i sabati, domeniche e festivi, ma vedersi mettere (dalla responsabile di negozio) gli spezzati : 11-13/15-21. Alla mia gentile proposta di poter fare almeno uno/due sabati al mese con orario intero per poter avere un minimo di qualità di vita e godermi la mia famiglia ed un marito fuori casa fino al venerdi per lavoro, la risposta è stata di essere mobbizzata e costretta ad andarmene. La corda si era spezzata, avevo osato chiedere…E sono una con un’esperienza ventennale nel settore commercio…Ne ho viste e dovute subire tante, ma questa mi ha lasciata scioccata…(Anonima)

http://www.linkiesta.it/orari-negozi

La patetica menzogna del picco del petrolio

produzione russa

I dati indicano che siamo in pieno boom petrolifero, altro che picco!

# 1 Nel 1995, l’US Geological Survey ha detto al popolo americano che la formazione Bakken Shale nella parte occidentale del Nord Dakota e Montana orientale conteneva soltanto 151 milioni di barili di petrolio. Oggi, i funzionari governativi stanno ammettendo che le riserve ammontano a 4,3 miliardi di barili di petrolio recuperabile, e alcuni analisti ritengono che il numero effettivo potrebbe essere più vicino a 20 miliardi di barili di petrolio.

http://energyforamerica.org/wp-content/uploads/2012/01/Energy-InventoryFINAL.pdf

# 2 Si stima che ci siano fino a 19 miliardi di barili di giacimenti di petrolio recuperabili nelle sabbie di catrame dello Utah.

http://news.investors.com/article/604303/201203141303/oil-abundant-in-the-united-states.htm

# 3 Si stima che ci siano almeno 86 miliardi di barili di giacimenti di petrolio recuperabili nella Piattaforma continentale esterna (Outer Continental Shelf).
http://news.investors.com/article/604303/201203141303/oil-abundant-in-the-united-states.htm

# 4 Si ritiene che ci siano 800 miliardi di barili di giacimenti di petrolio recuperabili nella formazione Green River nel Wyoming.

http://news.investors.com/article/604303/201203141303/oil-abundant-in-the-united-states.htm

# 5 Nel complesso, gli Stati Uniti sono seduti su circa 1.442 miliardi di barili di giacimenti di petrolio recuperabili.

http://articles.businessinsider.com/2012-03-19/markets/31210459_1_oil-reserves-barrels-public-hearings

# 6 Secondo l’Istituto di ricerca energetica, gli Stati Uniti hanno a disposizione 120 anni di fornitura di gas naturale.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=Mwk-RMCNJds#!

# 7 Secondo l’Istituto di ricerca energetica, gli Stati Uniti hanno a disposizione petrolio per 200 anni.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=Mwk-RMCNJds#!

# 8 Secondo l’Istituto di ricerca energetica, gli Stati Uniti hanno riserve di carbone per 464 anni.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=Mwk-RMCNJds#!

# 9 Goldman Sachs ha previsto che gli Stati Uniti saranno il maggior produttore di petrolio nel mondo entro il 2017.

http://articles.businessinsider.com/2011-09-15/markets/30158293_1_crude-oil-permian-lrg

# 10 “Il decennio 2000-2010 ha visto un incremento delle scoperte e sarà il terzo migliore per quel che riguarda il rinvenimento di campi petroliferi e di gas naturale giganti negli ultimi 150 anni”

http://en.wikipedia.org/wiki/Giant_oil_and_gas_fields

Com’è possibile?

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/picco-ricco-mi-ci-ficco.html

L’Unione Europea prima distrugge le economie del Terzo Mondo, poi condanna il razzismo

 

In Ghana il concentrato di pomodoro che arriva dall’Italia costa cinque volte meno dei pomodori locali. In Nigeria la carne più economica è quella importata da Germania e Inghilterra. E ancora: il 67% del latte consumato in Giamaica è di provenienza europea, e gli allevatori locali devono buttar via migliaia di litri di latte. Effetti perversi del dumping, cioè la vendita di beni al di sotto del costo di produzione e del prezzo di mercato. Frutto di una politica che tutela le grandi imprese del Nord, affossando i piccoli produttori del Sud.

 Si scrive dumping, ma si può tranquillamente leggere “concorrenza sleale”. Si tratta di un termine inglese che spiega come mai, in un mondo dove oltre un miliardo di persone deve sopravvivere con meno di un dollaro al giorno, una mucca europea ne riceva invece ben due e mezzo e una sua collega giapponese addirittura sette. Grazie a questa cospicua dote, l’Unione europea è diventata il secondo produttore e il primo esportatore di carne bovina. In seguito alla crisi della mucca pazza e al crollo del 20% dei consumi di carne bovina in Europa, gli stock comunitari sono ulteriormente aumentati e le mucche del continente hanno girato ancora di più il mondo. Germania e Inghilterra hanno pensato bene di smaltire le loro eccedenze in Nigeria, esportandole al patetico prezzo di 0,2 euro al chilo e destabilizzando i mercati locali. Bingo? No, più semplicemente, dumping.

Il problema delle eccedenze

Nei manuali di economia, il dumping viene definito come la vendita di prodotti al di sotto del costo di produzione e al di sotto del prezzo mondiale di mercato. Nella vita di tutti i giorni questo si traduce, ad esempio, nel fatto che in Ghana il concentrato di pomodoro prodotto in Italia costi cinque volte meno rispetto ai pomodori freschi locali. Difficile da giustificare con il costo di manodopera più basso, o con minori spese di produzione e trasporto. Il trucco sta infatti nei sussidi che i paesi industrializzati concedono ai loro produttori per favorire lo smaltimento delle eccedenze agricole. In Europa, tutto ha origine negli anni ’50, quando i sei paesi fondatori dell’allora Comunità economica europea, ancora traumatizzati dal recente passato di guerra e fame, danno vita alla Politica agricola comunitaria (Pac). Gli obiettivi principali sono garantire l’autosufficienza alimentare, migliorare la produttività e il tenore di vita dei contadini. All’inizio è un successo, ma negli anni ’70 gli alti livelli di produttività raggiunti si traducono in saturazione del mercato e crescenti surplus. Oltre alle eccedenze agricole crescono anche le polemiche e si moltiplicano progetti e tentativi di riforma del sistema. Fino ad arrivare ai nostri giorni, quando la Pac costa 40 miliardi di euro all’anno, e comporta 23 euro in più di spesa settimanale per ogni famiglia europea. Un sacrificio per i consumatori che si traduce in un guadagno generale per i produttori europei? Non sempre, visto che il 70% dei sussidi della Pac finisce nelle tasche del 20% dei più grandi agricoltori europei. I piccoli produttori, che rappresentano il 40% dell’agricoltura europea, ricevono soltanto l’8% dei sussidi.

Concorrenza insostenibile


Ma a rimetterci sono soprattutto i paesi in via di sviluppo. In base ai dati del Rapporto sullo sviluppo umano 2002, i sussidi alle esportazioni praticati dai paesi industrializzati, in particolare Unione europea e Stati Uniti, si traducono in 100 miliardi di dollari l’anno di perdite per mancati introiti da parte dei paesi in via di sviluppo. Una somma pari al doppio dell’intero ammontare dei fondi stanziati per la cooperazione allo sviluppo. Ma prezzi più bassi non dovrebbero favorire i consumatori e migliorare l’accesso al cibo di una buona fetta della popolazione ancora malnutrita? Il problema è più complesso, perché i prodotti sovvenzionati rappresentano una concorrenza insostenibile per i produttori locali: chi ci rimette sono soprattutto i piccoli agricoltori, che perdono mercati e lavoro, con pesanti ripercussioni per il tessuto sociale e la sicurezza alimentare del paese. Più della metà della popolazione mondiale dipende dall’agricoltura o dal lavoro agricolo per il suo sostentamento. Inoltre, non sempre i prezzi per i consumatori alla fine sono più bassi: i prodotti venduti sottocosto spesso vengono utilizzati dagli intermediari locali per manipolare i prezzi a proprio vantaggio, importando e stoccando grandi quantità prima del raccolto per abbassare i prezzi da corrispondere ai produttori locali. Una volta comprati a basso costo i raccolti locali, le importazioni diminuiscono e i prezzi risalgono. I contadini ci perdono, e i consumatori non ci guadagnano.

Dumping alimentare/1 – Cotone e riso: l’Africa non compete


La coltivazione di un ettaro di cotone negli Stati Uniti costa 1.100 dollari, contro i 250 dollari di un ettaro in Mali o in Ciad. Eppure gli Usa sono diventati il primo produttore e, soprattutto, il principale esportatore mondiale di cotone. Le sovvenzioni promosse dall’Unione europea attraverso la Pac (Politica agricola comunitaria), e dagli Usa attraverso il Farm Bill, hanno stimolato artificialmente la produzione, causando sovrapproduzione e una vertiginosa caduta del prezzo del cotone sui mercati, ridottosi di due terzi dal 1995. Con grave danno per quei paesi, come il Burkina Faso, per cui il cotone rappresenta la principale coltura d’esportazione. «In Burkina – spiega l’agronomo Riccardo Capocchini, responsabile del Cisv nel paese – i produttori di cotone hanno da sempre ricevuto fertilizzanti e sementi a credito da una società, la Sofitex, originariamente con capitale francese e oggi con capitale statale e privato. I rimborsi avvenivano al momento del raccolto, sulla base del prezzo d’acquisto stabilito dall’impresa cotoniera. A partire dal 1998, i contadini si sono organizzati nell’Unione nazionale dei produttori di cotone burkinabé (Unpcb), acquistando il 30% del capitale della Sofitex e riuscendo a imporre condizioni più eque per i produttori. Ma, come risultato del dumping praticato negli ultimi anni e dell’abbassamento del prezzo di vendita, la Sofitex non riesce più a fornire sementi e fertilizzanti a prezzi agevolati, per cui i produttori non possono più coltivare il cotone. L’unica alternativa è quella di rivolgersi direttamente al mercato, dove i prezzi sono carissimi. L’aumento dei costi di produzione ha poi fatto salire il prezzo finale del cotone africano, ormai meno competitivo rispetto al prezzo mondiale». Ma le pratiche di dumping non arrivano soltanto da Stati Uniti e Unione europea: in Africa, nell’area saheliana, si sta imponendo il riso proveniente dai paesi asiatici, in particolare dalla Tailandia, a seguito della tanto celebrata “rivoluzione verde”. Nei paesi dell’Africa occidentale la produzione di riso locale si era molto sviluppata a partire dalla fine degli anni Settanta, ma oggi il riso tailandese, grazie alle sovvenzioni statali, si sta imponendo grazie a un prezzo inferiore. «Il riso tailandese è preparato in modo diverso da quello locale – racconta ancora Riccardo Capocchini – e siccome i suoi semi non si rompono, all’apparenza sembra più appetibile, facendo sì che i consumatori lo preferiscano».

Dumping alimentare/2 – Latte europeo, Giamaica in polvere


Secondo i dati della Commissione europea, nel 2001 un terzo dei sussidi europei all’esportazione sono stati destinati alla produzione di latte e derivati. In particolare, l’Unione europea risulta essere il maggior esportatore di latte scremato in polvere. Ciò ha causato non pochi problemi, ad esempio, ai produttori della Giamaica, che nel 1992 ha abbassato le barriere doganali all’importazione di latte, e per compiacere la Banca mondiale ha eliminato i sussidi ai produttori locali. Ciò si è tradotto in una rapida crescita della quota di latte importato dai paesi europei, che nel 2000 ha raggiunto il 67% del totale. La disponibilità di latte in polvere importato ha spinto l’industria alimentare giamaicana a voltare le spalle al latte fresco locale, con particolare danno per i piccoli allevatori costretti a distruggere buona parte della loro produzione: 500.000 litri di latte sono andati buttati tra il 1998 e il 1999″.

Emanuele Fantini

http://www.abassavoce.info/notizie_149.shtml