La Tienanmen egiziana (700 morti – stima Reuters/New York Times) – mai complici del fascismo!

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Sono a Rabaa – scene di caos e un gran numero di morti. Ospedali da campo pieni di corpi e feriti gravi. Cecchini sparano sulla gente. Non è una operazione di rimozione degli occupanti, è un massiccio assalto militare condotto anche con mitragliatori contro civili in gran parte disarmati.

Tom Rayner, corrispondente per Sky News, twitter

Poliziotti e soldati stanno sparando sui reporter.

Erin Cunningham, inviata per il Global Post

… In realtà noi crediamo che l’amministrazione Obama sia complice del colpo di stato militare, come lo è stata in passato sostenendo la dittatura di Mubarak. È forse il compito dell’esercito “ripristinare la democrazia”? Kerry accetterebbe che il Segretario alla Difesa Hagel intervenisse per rimuovere Obama se si volgessero delle massicce proteste negli Stati Uniti? L’esercito degli Stati Uniti congelerebbe la costituzione e smantellerebbe congresso e senato? Potrebbe nominare un presidente di sua scelta? Questa retorica è molto allarmante, gli americani dovrebbero opporsi ad un’amministrazione che corrompe i loro valori appoggiando la tirannia e la dittatura.

Gehad El Haddad, portavoce dei fratelli musulmani

Il mio sostegno al movimento 30 giugno in opposizione a Morsi è cambiato dopo il colpo di stato militare, che si contrappone a tutte le conquiste e valori della rivoluzione del 25 gennaio. La sua natura mi è diventata chiara quando ho visto l’uccisione di manifestanti, la carcerazione, sequestro e sparizione forzata di migliaia di oppositori del colpo di stato e la chiusura di canali televisivi via satellite. Chiaramente i leader del colpo di stato militare hanno qualcosa da nascondere gli occhi attenti del mondo…. Forse uno dei pochi aspetti positivi del colpo di stato è che ha screditato l’asserzione che lo Stato fosse stato occupato dai fratelli musulmani sotto Morsi. I ministri incaricati della difesa, degli affari interni e esteri e molti altri ministri e titolari di alti incarichi di governo, sono tra i sostenitori del colpo di stato. Sono stati nominati dal Morsi, ma sono tutti oppositori del presidente, del suo partito e della sua comunità…. Le ripercussioni del colpo di stato sulle nascenti democrazie nel mondo arabo saranno distruttive. La gente potrebbe presto perdere la fiducia nel processo democratico, spianando la strada alla rinascita di gruppi estremisti. È terribile immaginare le conseguenze a lungo termine della frustrazione nei confronti della democrazia. Al-Qaeda e i suoi simpatizzanti hanno sempre deriso i Fratelli musulmani, dicendo che nessuna soluzione poteva venire dalle urne, ma solo attraverso proiettili. Il colpo di stato serve a rafforzare i radicali, interrompendo il corso del cambiamento pacifico.

Tawakkul Karman, Nobel nel 2011 per la sua “battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto alla piena partecipazione nell’opera di costruzione della pace”. Uno dei pochi Nobel per la Pace dissidenti

Egyptian security forces clear protest camps loyal to ousted President Mohamed Morsi, Cairo, Egypt - 14 Aug 2013

Ancora oggi ci sono in giro apologeti degli eccidi egiziani, come ce n’erano nel 1989 in Cina.

Siete spregevoli ora, come erano spregevoli i vostri predecessori. Come quelli che si esaltano per la distruzione della Siria, purché vinca la sua parte preferita e magari invocano un intervento armato: distruggere una nazione per poterla salvare!
La NATO in Siria e in Libia, le forze armate alleate della NATO in Egitto.

Con che coraggio condannate Assad e non al-Sisi, generale golpista? Solo perché i media vi hanno insegnato a disprezzare l’uno e ad apprezzare l’altro? E’ questa la vostra maturità cognitiva e morale? Bene vs. Male come nei Marvel Comics?

E voi, marxisti pro-golpe, siete d’accordo con le forze armate che arrestano gli operai delle acciaierie in sciopero?

http://menasolidaritynetwork.com/2013/08/12/egypt-appeal-for-solidarity-after-steel-workers-arrested-by-army/

Martin Rowson 16.08.13

Questo è il fascismo. Le reazioni (virtualmente inesistenti – perché Obama non ha minacciato di interrompere il gigantesco flusso di dollari che arriva annualmente all’esercito egiziano?) dei leader occidentali indicano che quello che sta succedendo in Egitto è un’anteprima di quello che accadrà in Occidente, se le popolazioni si ribelleranno all’austerità e alla dittatura dei mercati.

http://www.flickr.com/photos/mosaaberising/sets/72157635071774090/page2/

E’ quel che succede quando si arresta un presidente democraticamente eletto e lo si sostituisce con il capo delle forze armate. La situazione in Egitto non può essere risolta con eccidi a scadenza mensile (massacro dell’8 luglio, massacro del 27 luglio, massacro del 14 agosto). Il Medio Oriente e il Nord Africa sono in fiamme, l’Europa del sud è in bancarotta. L’Occidente sta militarizzando le sue forze di polizia e smantellando welfare e stato di diritto. Chi dobbiamo ringraziare se non la mafia finanziaria che ha eliminato ogni contrappeso alla competizione più sfrenata dove i forti stabiliscono le regole con cui schiacciare i deboli e i deboli sono troppo divisi per opporsi allo stillicidio? La democrazia sta scomparendo e le guerre si moltiplicano, prevedibilmente. L’unica via di uscita è eliminare le divisioni di classe, etnia, fede, ecc. e unire il genere umano contro questa minaccia esistenziale.

Euronews mostra cecchini mascherati sui tetti che sparano sulla folla, inclusi i reporter e cameraman egiziani e stranieri, uccidendo civili disarmati.

Dei 18 nuovi governatori provinciali nominati in questi giorni, la metà è composta di generali in pensione.

Tutto questo dimostra che Karman ha ragione. La stupefacente facilità e rapidità con cui i generali si sono ripresi l’Egitto mostra non c’era assolutamente alcuna possibilità che i Fratelli Musulmani potessero instaurare una dittatura, come gli oppositori li hanno accusati di voler fare: l’esercito non ha mai perso il controllo del paese. Hanno solo atteso il momento giusto per mettere fuori gioco i loro unici oppositori, i fratelli musulmani.

I quali, tra l’altro non hanno aggiunto alcun articolo islamico alla Costituzione. Le clausole aggiuntive sono state inserite dal Partito Nour degli islamisti radicali, che è schierato coi liberali nella lotta contro i fratelli musulmani (!!!).

Sorprendentemente (o forse no, forse ci vorrebbe più cinismo nei confronti della maggioranza degli occidentali) molti, in Occidente, non si chiedono come mai i nemici di Al-Qaeda siano quasi sempre i nemici di Washington

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/02/14/le-singolari-antipatie-di-al-qaeda/

e come mai i nemici dei salafiti siano quasi sempre i nemici di Israele

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/24/leader-della-rivolta-anti-assad-condivide-le-mie-preoccupazioni-sulla-siria/

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Morsi ha un dottorato in scienze dei materiali preso negli Stati Uniti, dove ha anche insegnato per un paio di anni.

Il generale golpista al-Sisi, addestrato negli Stati Uniti e nel Regno Unito, addetto militare egiziano in Arabia Saudita, ha una moglie  che indossa il niqab.

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È da almeno un anno che circolano voci di una sanguinosissima guerra civile/rivoluzione nel futuro dell’Egitto e in effetti questo sembra proprio il preludio. Gli egiziani hanno dimostrato una grandissima maturità nel 2011 e anche ora, scegliendo la strada della protesta nonviolenta. A me pare che abbiano dato una lezione di civiltà al mondo, anche se l’Occidente li tratta come umani di serie B.

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Mick Deane, ucciso dai cecchini, come pure Sohip Saad (fotografo) e Habiba Ahmed (giornalista)

Ma vedo che le cose si mettono sempre peggio.

Il generale golpista al-Sisi ha definito terroristi i suoi oppositori

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Egitto-dai-militari-appello-a-manifestazioni-venerdi-contro-il-terrorismo_32427199797.html

la Corte internazionale per i crimini nella ex-Jugoslavia ha stabilito che nessun generale jugoslavo è processabile se non esiste una prova inconfutabile che abbiano ordinato un massacro (Hitler sarebbe stato scagionato per mancanza di prove riguardo al suo ordine di perpetrare l’Olocausto) – sentenza che stabilità un precedente:

http://www.theguardian.com/law/2013/aug/13/hague-war-crimes-ruling-prosecutions-serb

Una domanda per il cosiddetto “campo laico” in Egitto: riuscirete ad assimilare i principi democratici o avete intenzione di ricorrere ai militari ogni volta che perdete le elezioni?

Altre decine di morti si sommano a quelle precedenti.

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cecchini sul tetto di uno degli edifici dell’intelligence egiziana

L’impressione è che qualcuno voglia istigare una guerra civile in Egitto, dividendo la popolazione lungo una frattura insanabile che va ben al di là della figura di Morsi e che potrebbe essere il preludio all’ennesima balcanizzazione/destabilizzazione semi-permanente di una nazione geostrategicamente fondamentale e scomoda.

Qualcuno vuole un Egitto frantumato, polarizzato, ridotto a un mosaico di settarismi, come la Libia e la Siria (e presto la Tunisia): un paese ingovernabile, diviso, debole, alla mercé dei suoi vicini.

Questo qualcuno ha trovato complicità tra i soliti privilegiati che hanno tutto da perdere da una redistribuzione delle risorse egiziane e da una progressiva opera di trasparenza sul passato regime e sulle sue connivenze.

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Chi potrà mai essere questo qualcuno?

La nomina dell’ambasciatore Robert S. Ford, già assistente di John D. Negroponte a Baghdad nel 2004/2005 e nominato a Damasco pochi mesi prima dello scoppio dell’insurrezione, nel 2011, è di pessimo auspicio: “Negroponte è una figura controversa per il suo coinvolgimento nei finanziamenti occulti ai Contras e l’occultamento degli abusi contro i diritti umani commessi da agenti addestrati dalla CIA in Honduras negli anni ottantahttp://it.wikipedia.org/wiki/John_Negroponte

http://www.nytimes.com/2013/08/05/world/middleeast/kerry-picks-former-syria-envoy-as-ambassador-to-egypt.html

Israele e l’esercito egiziano collaborano nel Sinai

http://www.repubblica.it/esteri/2013/08/10/news/egitto_gruppo_islamico_sinai_colpiti_da_raid-64581076/

e a Gaza

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Egitto-valico-Rafah-con-Gaza-chiuso-da-domani-per-fine-Ramadan_32470408039.html

Israele sta commettendo un errore fatale: destabilizzando ogni singolo paese confinante si ritroverà circondato da un odio inestinguibile. Prima o poi si formerà una coalizione di popoli arabi risoluti a porre fine una volta per tutte alle ingerenze sioniste, sconfiggendo Israele e costringendolo a più miti consigli. Purtroppo Israele non potrà mai accettare una sconfitta e la fine dei suoi sogni egemonici (cf. Grande Israele) e affonderà assieme ai suoi sogni di grandezza.

Intanto il Bahrein si prepara a classificare come terroristi i manifestanti contro il regime, con il sostegno dell’Arabia Saudita, nemica giurata dei fratelli musulmani e dell’Iran

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/12/il-bahrein-si-prepara-al-suo-tamarod-tra-nuovi-decreti-repressivi/680101/

Il precedente algerino si è concluso con 100mila morti – e non c’erano in ballo Suez e la Palestina-Sinai.

I fratelli musulmani non si faranno estromettere dalla vita politica egiziana senza lottare. Sanno che il loro futuro sarebbe la clandestinità, la persecuzione, la tortura, l’imprigionamento, la “sparizione”, come ai tempi di Mubarak e delle sue “forze di sicurezza” addestrate dall’FBI (gli americani pensano davvero che le stesse tecniche impiegate dalla CIA e dall’FBI all’estero non saranno mai impiegate contro di loro?):

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/wikileaks/8314475/WikiLeaks-Egyptian-torturers-trained-by-FBI.html

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Il golpe in Egitto è da considerarsi come un tentativo di congelare la Primavera araba. La Fratellanza ha perso il suo avamposto più importante. Nello stesso tempo i fondi finanziari a disposizione dell’Arabia Saudita, del Kuwait e degli Emirati superano di gran lunga le disponibilità del Qatar che sostiene i Fratelli. Eppure in tutto questo c’è la possibilità di una spirale nuova. Nel triangolo Iran (sciiti) – Arabia Saudita (salafiti) – Turchia (Fratellanza musulmana) può accadere un cambio di alleati piuttosto interessante. Se prima l’Arabia Saudita si univa in alleanza alla Turchia contro il pericolo sciita, ora la base della coalizione può cambiare. A fronte della «reazione» la Fratellanza e gli sciiti possono avvicinarsi. Inoltre la vittoria della reazione in Egitto non è per niente scontata. A differenza di Nasser il generale al-Sisi non ha una propria ideologia. Quanto ai leader liberali e tecnocrati, la loro autorevolezza non basta per mantenere il potere. L’attuale governo dipende dai troppo numerosi player esterni: i miliardari che desiderano far tornare non solo il capitale investito, ma farsi risarcire le perdite subite nella rivoluzione, i militari, i liberali, le minoranze religiose e i radicali – salafiti. Il governo, semplicemente, non potrà durare con tanti interessi da considerare inderogabili.

http://networkedblogs.com/O6y3B

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Obama NON ha tagliato i finanziamenti all’esercito egiziano, la Danimarca ha interrotto ogni forma di collaborazione con il regime golpista, l’Arabia Saudita lo copre d’oro

UN’INVEROSIMILE INTERPRETAZIONE ALTERNATIVA DEGLI EVENTI
L’esercito egiziano, che è sovvenzionato dal Pentagono-Casa Bianca e collabora con Israele in ogni circostanza, sarebbe intervenuto per bloccare una sovversione dell’Egitto da parte della NATO, che è controllata dal Pentagono-Casa Bianca…

http://aurorasito.wordpress.com/2013/08/15/stato-di-emergenza-in-egitto-per-sventare-la-sovversione-della-nato/

Gli islamofobi devono pur trovare un qualche appiglio per giustificare quasi 700 morti (più i 2-300 precedenti). La ragione implode, il fanatismo abbaglia l’intelletto.

I fatti sono che Al Nour (salafiti egiziani) ha appoggiato il golpe e continua a farlo anche dopo i massacri di musulmani:
http://www.grr.rai.it/dl/grr/notizie/ContentItem-811a63d0-b287-4178-9fa0-840a2b27862c.html
Gli islamisti salafiti (la destra islamica) sono alleati dei militari contro i fratelli musulmani, non ci si può girare intorno – le loro decisioni parlano per loro:

“Fanno parte del fronte di piazza Tahrir con i giovani Tamarrud soltanto per concorrenza islamica con la Fratellanza: pensano sia il modo migliore per conquistare i cuori e le menti dei tanti musulmani egiziani delusi da Morsi. Il richiamo alla purezza dell’Islam dei primordi da parte di un movimento come quello dei Salafiti che conta secoli di Storia non è argomento di poca suggestione per tutti quei credenti che devono confrontarsi con la corruzione e le storture del consumismo. Anche nel “laico” Egitto”.

http://www.geopolitica-rivista.org/22817/i-salafiti-in-ascesa-nellegitto-del-golpe-laico/

I nemici di Assad e di Hezbollah sono anche nemici di Morsi. Uno potrebbe farci qualche riflessione al riguardo…

Commesse e commessi di tutt’Italia, unitevi!

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IKEA GRANCIA – LUGANO

Orari d’apertura:

Lu-Ve: 9.00-18.30

Gio: 9.00 – 21.00

Sa: 9.00 – 17.00

[domenica chiuso]

La vita prima del business

Cartello di protesta di un gruppo di commesse

Non sarò mai soggetta a maltrattamenti criminosi

Yoona~939, Cloud Atlas

Il lavoro sta finendo! Lo dicono senza appello le statistiche. I lavoratori di fabbriche e uffici verranno ridimensionati da oggi al prossimo ventennio come nel secolo scorso letteralmente sparì la massa di agricoltori (dal 75% l 4% degli occupati totali). Una tragedia? Il punto è che la produzione di beni e servizi è aumentata migliaia di volte da allora, richiedendo sempre meno manodopera. È tragedia per colpa dei pochi che beneficiano dei profitti, che non ci pensano a cambiare sistema. Questa è la sfida del futuro, non il lavoro. Si chiama redistribuzione, reddito di cittadinanza, risanamento del territorio come fonte di lavoro. Redistribuzione e reddito di cittadinanza, certo, e questo lo scrivo per i “bottegai”, perché se chiudono le fabbriche, senza stipendi che girano, dopo due mesi, chiudete voi!! E in Italia ancora a combattere per la domenica, siamo governati da ladri incoscienti!!

Marco Benedetti

Marco ha ragione. Quel che sostiene lo confermano Martin Ford (“The Lights in the Tunnel: Automation, Accelerating Technology and the Economy of the Future”) e gli studiosi dell’MIT Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee (“Race Against the Machine: How the Digital Revolution is Accelerating Innovation, Driving Productivity, and Irreversibly Transforming Employment and the Economy”).

Stiamo realmente correndo il rischio di lasciare alle future generazioni un mondo spaventosamente simile a Nuova Seoul (Nea So Copros) di Cloud Atlas, una finta democrazia capital-corporativa e castale dove il reddito di cittadinanza ed i redditi da lavoro devono essere spesi forzatamente ed edonisticamente in base alle fasce di consumo in cui si è inseriti, per poter perpetuare un sistema in cui le persone sono consumatori prima ed esseri umani poi.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/21/sonmi-451-e-thomas-sankara-quando-finzione-e-realta-riecheggiano/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/18/cloud-atlas-uno-studio-antropologico/

 CLOUD ATLAS

Cloud Atlas

Che diritti si possono esercitare in un sistema caratterizzato da produzione in costante crescita e salari stagnanti, che significano crescente indebitamento, minori acquisti, massicce eccedenze, maggiore disoccupazione e crescente divaricazione tra una piccola minoranza di ricchi ed una fascia povera in espansione? Cosa vuol dire essere liberi in un mondo del genere? Di che libertà/diritti civili si può concretamente parlare?

La crescita economica richiede investimenti e può avvenire solo se c’è l’aspettativa di una forte domanda di prodotti e servizi. Dov’è questa forte domanda? Da dove arriverà? Da stati e famiglie sempre più oppressi dai debiti, indebitamenti che rappresentano l’unica maniera per assicurare un minimo di crescita in un sistema ormai saturo da una generazione e che sopravvive solo grazie a bolle speculative gonfiate dal credito facile ed irresponsabile? Dalle grandi catene e multinazionali che spazzano via i piccoli imprenditori, non solo nei paesi in via di sviluppo? Dai paesi in via di sviluppo che ci estromettono dai mercati e che esportano più che importare (es. Germania vs. Cina)?

Quante librerie hanno dovuto chiudere a causa di amazon.com?

Quanti addetti alle vendite sono stati sostituiti da sistemi on-line?

Quanti impiegati di banca sono stati sostituiti dai call center?

E quanti impiegati nei call center sono stati sostituiti da un software automatico?

E cosa succederà a molti professionisti quando arriveranno le intelligenze artificiali?

Con che introiti sosterranno consumisticamente la crescita?

Quali saranno i futuri costi umani della ricerca della competitività?

Quando l’intero sistema raggiungerà la massima estensione possibile e il punto di saturazione finale, cosa faremo?

Commerceremo con altri sistemi planetari, nella speranza di poter esportare a manetta, per non trovarci al punto di partenza?

Che senso ha tutto questo?

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TRENTO

TREVISO

http://demoandcrazia.blogspot.it/2012/10/la-rivoluzione-delle-commesse-parte-da.html

SESTO FIORENTINO

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/08/15/oggi-sciopero-da-obi-festa-anche-per.html

TORINO

http://torino.repubblica.it/cronaca/2012/03/23/news/rinascente_sciopero_di_sabato_per_non_lavorare_di_domenica-32070683/

VICENZA

http://www.vicenzatoday.it/economia/sciopero-commesse.html

BOLOGNA

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2012/05/03/news/sciopero_contro_aperture_domenicali-34393757/

OCCUPY SUNDAY

http://www.globalproject.info/it/tags/occupy-sunday/community?f_tags_subtags=italia&f_tags_subtags_types=geo

COMMENTI DA TUTTA ITALIA

Quello che mi fa rabbia è questo menefreghismo, egoismo, prevaricazione dei forti sui più deboli; non si assumerà gente in più (il nostro titolare è già in difficoltà così), gli orari faranno sempre più schifo, la famiglia va a ramengo (Vale).

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Vorrei commentare anche l’apparente noncuranza della maggior parte delle persone. Sembra che non interessi a nessuno che persone, per la maggior parte donne, ( che lavorano il TRIPLO di noi uomini) si vedano allungare l’orario di lavoro, sottrarre le domeniche, che e’ l’unico giorno di riposo per il commercio. chi lavora nelle grandi aziende, in fabbriche o uffici, hanno il sabato e la domenica! Senza contare tutti i “ponti”. C’e’ chi non e’ mai stato a casa due giorni di seguito! Chi lavora in un negozio i ponti non sa neanche cosa siano (Carlo).

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semplicemente vergognoso ciò che ha fatto il governo, ha semplicemente liberalizzato la schiavitù , faccio il commesso in un negozio di una grande catena privata nella provincia di Napoli, NON turniamo, non ci vengono pagati gli straordinari, e ora il padrone si sente libero di fare 9 ore e 30 al giorno senza nessun tipo di problema, aperture improvvise senza nessuna possibilità di riposo, e pure il governo sa che qui da noi c’è la schiavitù (Malo82).

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Al posto di fare sempre i pecoroni… dovremmo scioperare anche noi tutti uniti una volta per tutte, anche i dipendenti della grande distribuzione e invece nel commercio… ci sarà sempre l’imbecille che apre nel giorno di sciopero, per prendere i clienti che trovano chiuso dagli altri… altre categorie bloccano l’Italia per molto molto meno… qui invece possono distruggere le famiglie, cancellare il riposo, eliminarti tempo libero, hobby, interessi… e nessuno alza un dito come distruggere un’Italia già mal ridotta…(Marcello)

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Io sono senza parole, davvero, odio il commercio, e purtroppo ci lavoro e sono demoralizzata all’idea di dover regalare le mie domeniche a chi si arricchisce sulle mie spalle, tra l’altro sottopagata, in Italia non esistono più valori, sono davvero delusa e mi sento sconfitta…Vogliono tenere gli esercizi commerciali aperti tutte le domeniche??? Va bene…ma siccome noi che ci lavoriamo dentro abbiamo le stesse esigenze di chi la domenica non ha nient’altro di meglio da fare che andare in giro per negozi, gradiremmo cortesemente che anche gli uffici pubblici (poste, comuni, inps….), le asl, le banche, le assicurazioni, i medici, gli asili etc, si adeguassero a questo nuovo “stile di vita”, se di vita si può parlare, e fossero a disposizione 7 giorni su 7 ad orari ovviamente accessibili a tutti, perché noi dobbiamo rinunciare alle nostre domeniche ed altri no? Non lo trovo affatto giusto…(Taty)

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il problema e’ che i sindacati possono fare poco perché non siamo uniti, abbiamo paura che: il contratto a tempo non venga rinnovato, di metterci in cattiva luce nei confronti dell’azienda, ma così facendo arriveranno a sfruttarci peggio che in Cina: UN PUGNO DI RISO E UN CALCIO NEL SEDERE (Vale).

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ma lo sapete che io per fare quelle schifose 4h butto via tutta la domenica, che non ho più una vita sociale, che le mie amicizie si sono stufate di sentirsi dire no mi dispiace non posso, lavoro domenica,schifosi porci della grande distribuzione organizzata, siete organizzati a delinquere ecco cosa siete,chissà quanti soldi avete dato al governo perché approvasse questa legge e poi venite a dire a me di lavorare come fossi un full time perché non ci sono i soldi per pagare gli stipendi e ognuno deve fare la sua parte. e ti minacciano pure, si inventano le cose che non hai detto perché vogliono eliminare i vecchi contratti e assumere gente sottopagata senza più indennità di malattia, senza ferie, senza permessi retribuiti, ecco cosa vogliono fare. ci stanno esasperando per farci licenziare così assumono poveri ragazzini che hanno bisogno di lavorare e li pagano una miseria, ma io mi domando ma siamo aperti 13h ma possibile che non abbiate il tempo di fare la spesa in 13h ore?????ma sapete da quanto tempo non vado al cinema io? (Cassandra)

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non tutti i commercianti vogliono la liberalizzazione degli orari, è solo la grande distribuzione che li vuole perché negli ultimi anni hanno subito un calo dei fatturati non indifferente, io lo so perché ci lavoro. hanno aperto troppi centri commerciali, troppi supermercati e ora il mercato è saturo, troppa offerta per una domanda sempre in calo, la gente non ha più soldi. il problema però sono i clienti che smaniano dalla voglia di sapere se domenica si è aperti perché non hanno niente da fare a casa, le loro vite ormai sono vuote e l’unica cosa che si possono permettere è fare un giro la domenica al centro commerciale, tutto è gratis qui, riscaldamento e aria condizionata, parcheggi, leggono giornali e riviste gratis e poi non li acquistano, i bambini possono persino fracassare i giocattoli e nessuno glieli mette in conto….non sia mai. I clienti vengono la domenica ma poi durante la settimana non tornano, io sono anni che non vedo più il pienone nemmeno la domenica, vengono a fare un giro ma non comprano e allora che senso ha? Perché io devo andare a lavorare di domenica? Non sono un medico, il mio lavoro non salva la vita a nessuno, non è di utilità sociale come vuol far credere Monti (Cassidy).

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Hai ragione tu….vogliono vedere il nostro teatrino di marionette che lavorano “tanto sono pagati” e andare nel paese dei balocchi che è il centro commerciale, per ingannare la loro insaziabile sete di possedere: telefononi luccicanti, cartelli ammiccanti che urlano offerte Si imbambolano davanti alle vetrine e dentro di sé si chiedono “…mmmm ora che sono qua cosa cavolo compro?” e alla fine escono a malincuore, con la borsa vuota:per comprare ci vogliono i soldi: è finita l’illusione;magari ritrovandosi in mano un vasetto di acciughe di merda che a casa non mangia nessuno. Era in offerta! (Kaiser)

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Sono titolare di negozio all’interno di un centro commerciale, single con 1,2 dipendenti (perché a due non ci sto dentro con le spese anzi, è già troppo uno). Da oggi è ufficiale: aperti anche tutte le domeniche mattine. E adesso? Per un collega è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ha chiuso per sempre, un altro sta cercando di vendere e lasciare il posto. Io insieme agli altri siamo ammutoliti, visto che la risposta ad una nostra lettera di protesta per quando ci hanno tolto la mezza giornata di riposo infrasettimanale è stata questa: sempre aperti. D’altronde se lo fa la concorrenza lo dobbiamo fare pure noi! Maledetta concorrenza, allora la colpa è tua! Caro Monti hai fatto trenta fai trentuno: aperti 24 su 24, così prendo residenza al negozio, vendo casa e risparmio sull’ici e risparmio pure sulla benzina perché vendo anche l’auto! Una sola richiesta ti faccio, nei soli 46 min di tempo libero che mi hai lasciato per giorno, tu che hai i soldi vieni a trovarmi. PS il giorno di Natale lasciacelo di riposo, così riesco a farmi le ferie! Cosa ne pensate della proposta di tenere chiuse le serrande per protesta e chi di voi lo farebbe PER DAVVERO? Va bene lavorare per vivere ma vivere per lavorare NO! (Lavoratore Italiano)

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E fare venire Monti in negozio con noi 7 su 7 ??

mangiando nei magazzini a pranzo e cena ..visto che i centri commerciali sono aperti dalle 9 alle 22 o per chi è fortunato alle 21!!
Dopo la chiusura serale alle 22 e bello tornare a casa e trovare i tuoi figli che dormono e il più piccolo che si sveglia e ti dice ciao papì 6 tornato tardi anche oggi!!
Grazie Prof. Monti …come è umano LEI !! (Rocco Monticane)

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Sono d’accordo anch’io…E non dobbiamo mollare!!..Facciamoci sentire !!..Sono anch’io una schiava moderna,lavoro in uno di quei grossi centri di elettronica e di fronte abbiamo un centro commerciale..com’è triste vedere famiglie la domenica che vagano per il negozio cercando……ma cosa stanno cercando??..niente…non sanno dove andare, che fare…ed allora il centro commerciale,il negozio, diventa utile perché mentre i genitori guardano tutto e spesso non comprano niente, i figli intanto si distraggono vicino alle consolle dei giochi…e noi lì….a vedere questo triste scenario..Ma dove sono i genitori che portano i bimbi al parco??.. Comunque continuo a lottare ed oltre che boicottare le domeniche coinvolgo il più possibile i miei colleghi che spesso parlano,si lamentano ma poi non fanno niente!..Ho fatto scioperi ed andrò alla manifestazione di martedì sotto la Regione ma non so quanti saremo…eh…ad essere uniti….Noi commesse,commessi, siamo tanti e verrebbe proprio una bella cosa magari scioperare davanti al negozio, di domenica,ad oltranza,tutti quanti!..utopia… Insomma ragazze e ragazzi… CONTINUIAMO A FARCI SENTIRE!!! RICORDIAMOCI CHE CI STANNO TOGLIENDO TUTTI I DIRITTI CHE I NOSTRI PADRI, I NOSTRI NONNI SI SONO GUADAGNATI!!!.. INFORMIAMO I COLLEGHI DELLE MANIFESTAZIONI, DEGLI SCIOPERI E DI QUALSIASI ALTRA FORMA DI PROTESTA, ANCHE QUELLI CHE NON LAVORANO CON NOI!…Io ci spero che possiamo cambiare le cose…anzi, io ci credo….

Un saluto a tutti…(Ele)

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ciao ,anch’io sono una sfigatissima che lavora nel commercio,quando abbiamo chiesto al capo area di darci la possibilità di fare a turni ,la sua risposta è stata non se ne parla nemmeno avete firmato che se il negozio sta aperto la domenica lavorate (peccato che nel 2008 le domeniche erano 1 al max 2 e quelle di dicembre )per quest’anno dovete tenere duro ,e certo tanto mica ci sta lui o ci sta Monti a lavorare con un ridicolo straordinario ,per 4 domeniche ,avendo il giorno compensativo in settima ho preso 11euro (ovn).

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Mio marito lavora in un negozio e tutto andava bene fino allo scorso dicembre. Erano aperti solo una domenica al mese e a dicembre, ma non sempre il turno toccava a lui. Da gennaio non abbiamo più una vita familiare perché lui è a casa in settimana mentre io e mia figlia siamo a casa il sabato e la domenica. Quindi lui è sempre a casa da solo e non riesce più a stare con me e con sua figlia.

In negozio c’è un forte clima di tensione perché devono coprire più ore ma con lo stesso personale perché di assumere qualcuno non se ne parla nemmeno. Anzi tre persone si sono licenziate e gli tocca fare anche i loro lavori. Il direttore si lamenta che le vendite sono in calo e scarica le colpe su di loro quindi sono continuamente martellati, ma se in negozio non entra gente loro cosa possono fare?

Spero almeno che si degneranno di restare chiusi il giorno di Natale.

Io credo che con la scusa della crisi, i lavoratori stanno perdendo tutti i propri diritti. Con la scusa che c’è poco lavoro ci stanno facendo diventare degli schiavi (Anna).

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C’è ancora di peggio. Ad esempio, non solo lavorare TUTTI i sabati, domeniche e festivi, ma vedersi mettere (dalla responsabile di negozio) gli spezzati : 11-13/15-21. Alla mia gentile proposta di poter fare almeno uno/due sabati al mese con orario intero per poter avere un minimo di qualità di vita e godermi la mia famiglia ed un marito fuori casa fino al venerdi per lavoro, la risposta è stata di essere mobbizzata e costretta ad andarmene. La corda si era spezzata, avevo osato chiedere…E sono una con un’esperienza ventennale nel settore commercio…Ne ho viste e dovute subire tante, ma questa mi ha lasciata scioccata…(Anonima)

http://www.linkiesta.it/orari-negozi

Giapponesi indolenti, tedeschi lavativi ed altri miti etnici

Una leggenda medievale narra di anime di morti costrette a marciare notte e giorno, senza una meta, alla massima velocità: quelle che cadono, stremate, ai margini della via si sbriciolano immediatamente in polvere. Sembra la parabola di un tipo di coscienza molto diffuso nel mondo moderno, ossessionato dalla coazione a “tenere il passo”, ridotto alla disperazione dalla velocità sempre crescente del movimento totale. È un tipo di coscienza che chiamerò l’”alienazione del progresso”. Alienazione e progresso sono due elementi centrali nella mitologia dei nostri giorni, e tutt’e due i termini sono stati abbondantemente usati, a proposito e a sproposito.

Northrop Frye, “Cultura e miti del nostro tempo”, p. 23

Ma il destino ha voluto che il mantello si trasformasse in una gabbia di durissimo acciaio….  da cui lo spirito è fuggito. In ogni caso il capitalismo vittorioso non ha più bisogno di questo sostegno, da quando poggia su una base meccanica… e la ricerca del profitto si è spogliata del suo senso etico-religioso, e oggi tende ad associarsi con passioni puramente agonali, competitive… Nessuno sa ancora chi in futuro abiterà in quella gabbia…invero, per gli “ultimi uomini” dello svolgimento di questa civiltà potrebbero diventare vere le parole: “Specialisti senza spirito, edonisti senza cuore; delle nullità che si immaginano di essere ascesi a un grado di umanità mai prima raggiunto”.

Max Weber, “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”

I miti etnici possono anche essere divertenti. Penso ai film francesi ed italiani dove si ironizza sul meridionale che deve trasferirsi al nord e sul settentrionale spedito al sud. Se fatti con tatto e buon cuore, possono aiutare una popolazione a ridere di sé e sentirsi meglio con se stessa, più disposta a capirsi, ad accettare i suoi lati oscuri, i suoi vizi, i suoi difetti ed a valorizzare le sue virtù.

Quasi altrettanto divertenti sono i miti etnici del passato, se guardati con gli occhi del presente. Li ha recuperati ed impiegati con grande acume Ha-Joon Chang, docente di origine coreana all’università di Cambridge, uno dei più rispettati economisti del mondo ed uno dei tanti critici del paradigma neoliberista che governa l’economia mondiale (Ha-Joon Chang, “Cattivi samaritani : il mito del libero mercato e l’economia mondiale”, Milano : EGEA, 2008).

Chang riporta la vicenda del consulente australiano preoccupato nello scoprire che il paese asiatico che stava visitando sembrava completamente sprovvisto di un’etica del lavoro, popolato di gente pigra che non mostrava alcuna intenzione di riscattarsi, di imitare l’esempio australiano. Per questo, a suo avviso, il loro reddito equivaleva a meno di un quarto di quello australiano. Quel paese era il Giappone, nel 1915 (meno di un secolo fa). Oggi gli Australiani sono considerati dagli altri “anglo-sassoni” come i cugini più rilassati e dediti a spassarsela.

Non era il solo occidentale a pensarla a quel modo. Anche i missionari si stupivano dell’inclinazione giapponese alla pigrizia, della loro indifferenza al trascorrere del tempo, la loro assenza di qualsiasi turbamento riguardo al futuro, descrizioni che ricordano dappresso quelle dei conquistadores e dei pionieri del Nord America. La socialista britannica Beatrice Webb, qualche anno prima, stigmatizzava l’indipendenza di pensiero dei Giapponesi ed il loro indulgere nei piaceri del tempo libero, lamentandosi del fatto che nel paese del Sol Levante “non c’è evidentemente alcun desiderio di insegnare alla gente a pensare”. A suo modo di vedere i Coreani erano sporchi, degradati, tristi, pigri, selvaggi e complessivamente inetti.

Dal punto di vista dei turisti e visitatori inglesi i Tedeschi di un secolo prima non erano molto meglio dei Coreani. Nella prima metà del diciannovesimo secolo i Tedeschi erano descritti come indolenti, ottusi, indisciplinati, disonesti, svogliati (“lavorano quando vogliono”), scarsamente innovatori e curiosi, incapaci di distinguersi, troppo individualisti per cooperare e perciò anche per badare alla manutenzione delle strade. Così John McPherson, viceré dell’India, e perciò più che aduso a strade in pessime condizioni, raccontava che in Germania aveva trovato strade così malmesse da aver deciso di cambiare i suoi piani ed andare in Italia (!!!).

Ha-Joon Chang osserva giustamente che se i fattori culturali sono così determinanti per il progresso di un popolo non si capisce come i discendenti dei Tedeschi e Giapponesi di poche generazioni fa siano così diversi dai loro antenati. In secondo luogo, l’economista coreano fa notare che definire un popolo “cattolico” vuol dire tutto e niente, dato che sono cattolici sia gli ultrareazionari di Opus Dei sia gli ultraprogressisti teologi della liberazione. Guidati da principi morali e logiche drasticamente diverse, i loro rispettivi atteggiamenti verso la ricchezza e la giustizia sociale sono diametralmente opposti. Musulmani sono sia i talebani sia le donne dirigenti della banca centrale malese, in numero percentualmente maggiore delle donne impiegate in qualunque banca centrale dell’Occidente “femminista”. Certi economisti e storici attribuiscono il successo giapponese all’etica confuciana, ma altri incolpano proprio l’etica confuciana per il ritardo nello sviluppo cinese e coreano. L’Islam è rimasto all’avanguardia per molti secoli in molti settori rispetto alle nazioni cristiane, non ultimo per quanto concerne la tolleranza (gli Ebrei sefarditi cercarono rifugio tra i musulmani quando fuggivano dalle persecuzioni cristiane). Oggi, a parte le petromonarchie assolutiste alleate dell’Occidente, solo Malesia ed Indonesia sono nazioni islamiche economicamente di successo.
Tornando al Giappone, l’odierna immagine del lavoratore nipponico ciecamente leale all’azienda mal si concilia con la combattività della generazione precedente che, tra il 1955 ed il 1964, accumulò più ore di sciopero della Francia e della Gran Bretagna, paesi in cui i lavoratori non sono noti per la loro arrendevolezza.

La spiegazione di queste contraddizioni è piuttosto semplice: gli osservatori dei paesi ricchi tendono a spiegare l’arretratezza dei paesi poveri chiamando in causa la pigrizia (es. crisi dell’eurozona) quando invece è il sistema economico locale che opera con ritmi diversi, meno automatizzati, più umani, oppure molto più massacranti, schiavistici, ma lontano dalla vista dei visitatori. Chi ozia spesso non ha molte altre scelte: non c’è lavoro. Tanto più che molto spesso gli emigrati dei paesi “pigri di natura o di cultura” lavorano più duramente degli autoctoni, per poter aiutare chi è rimasto nel paese d’origine.

Quanto alla “disonestà tedesca”, Chang conclude che quando si è poveri non si va tanto per il sottile, se si tratta di poter sopravvivere dignitosamente. L’eccessiva emotività tedesca e giapponese era invece probabilmente dovuta all’assenza di un modello moderno di organizzazione razionale delle attività che modifica la comprensione del mondo e dei rapporti umani: “è per questo che i Tedeschi ed i Giapponesi del passato erano “culturalmente” molto più simili a chi vive nei paesi in via di sviluppo di oggi rispetto ai Tedeschi ed ai Giapponesi di oggi. In altre parole, la cultura cambia con lo sviluppo economico e diventa industriosa e disciplinata, o impigrita (stagnante) e spensierata, in funzione delle esigenze contingenti. Così, un giorno, se la geografia economica globale dovesse spostarsi verso l’Oceano Indiano, Kenya e Mozambico potrebbero rappresentare un nuovo modello di sviluppo ed impressionare il mondo.

Restano gli interrogativi impliciti nelle riflessioni di Frye e Weber: ne vale davvero la pena? È questo l’unico modello di sviluppo possibile? È così che si valorizzano gli insondabili potenziali di ciascuno di noi? È questa la retta via nella ricerca della felicità? Oppure ci siamo dimenticati che la triade libertà, uguaglianza e fraternità ha senso solo se tutti e tre i principi acquistano un peso determinante, contemporaneamente? I miti etnici (razzisti) non hanno forse tentato di abolire l’ultimo?

Il rischio di furia nichilista rilevato dai sondaggi europei è reale e va contrastato

Un sondaggio per le Acli da Ipr Marketing, realizzato tra il 22 ed il 25 aprile del 2012 e pubblicato il 2 maggio 2012, mostra che il numero di Italiani che ritiene che l’unico mezzo per cambiare il paese sia una rivoluzione (32,5%) non si discosta molto da quello di chi preferirebbeinterventi graduali e condivisi” (35,7%). Il 49,7% degli Italiani non crede più alla capacità o volontà dei politici di migliorare la società. L’opzione rivoluzionaria è di gran lunga maggioritaria tra i giovani (18-34 anni) dove raggiunge il 41,4% e tra gli adulti di età compresa tra i 35 ed i 54 anni (36,7%); anche tra le persone più anziane (oltre i 54 anni) è comunque condivisa da un ragguardevole 22,1%. Il 32,3% delle donne approverebbe una rivoluzione.

L’opinione pubblica greca si è orientata nella stessa direzione già nel 2011. Uno dei principali istituti demoscopici del paese, “Questioni Pubbliche”, ha rilevato che un terzo dei Greci (33%) desiderava una rivoluzione e che, complessivamente (includendo anche i contrari), la sensazione è che la rivoluzione sia in ogni caso assai probabile (78% contro un 21% di chi la considera improbabile), un valore in aumento del 7% rispetto al 2010.

Questo sondaggio è stato pubblicato nel maggio 2011, prima che si verificasse il tracollo socioeconomico che ha costretto Poul Thomsen, il capo della missione dell’FMI incaricata di monitorare il risanamento delle finanze della Grecia, ad ammettere che la via dell’austerità intransigente si è rivelata una scelta sbagliata (“IMF official admits austerity is harming Greece”, Guardian, 1 febbraio 2012).

In Spagna, un sondaggio pubblicato da El País il 30 aprile del 2012 registra un aumento del 10% (al 70%) degli intervistati, rispetto all’ottobre del 2011, che rispondono che le misure di austerità stanno solo distruggendo l’economia del paese. Solo un 21% degli intervistati crede che non ci siano alternative (-9%).

Il rapporto speciale dell’Eurobarometro 379 (dicembre 2011, pubblicato nell’aprile del 2012), dal titolo “Il futuro dell’Europa”, conferma che il 33% vuole cambiamenti anche radicali e rapidi (44% in Italia).

Gli altri indicatori misurati nel sondaggio descrivono un umore molto cupo in tutto il continente.

Poco più della metà degli europei concorda sul fatto che la sua voce conti nel proprio paese (52%) e solo un terzo sente che questo è il caso nell’Unione Europea (33%). In Italia i due valori crollano rispettivamente al 18% ed al 16%. L’89% dei cittadini europei reputa che esista un’ampia discrepanza tra il sentire dell’opinione pubblica e le decisioni prese dai leader politici. Spagnoli, Francesi e Tedeschi sono, a sorpresa, mediamente più severi degli Italiani nel valutare l’estensione di questo gap. Il 42% non pensa che i dirigenti europei siano in grado di gestire le sfide globali. In Francia, Paesi Bassi, Svezia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Grecia prevale la sfiducia. In Germania il valore è del 49%.

Il 52% pensa che la vita sarà più difficoltosa nel 2030, una crescita del 20% rispetto al 2009.

L’Europeismo è ancora flebile. Anzi, come vedremo nel capitolo sui miti europeisti, si sta indebolendo. Solo il 4% si sente già cittadino europeo, senza alcuna affiliazione nazionale. L’8% si sente prima di tutto europeo e poi cittadino della propria nazione. Il 46% antepone la nazione all’Europa e ben il 39% non sente alcun tipo di legame con l’Europa o le è ostile. Grecia, Portogallo e Ungheria si sentono sempre meno europei (-6%) rispetto al 2009.

Coerentemente, rispetto al 2007, l’importanza della diversità culturale tra le qualità che devono essere centrali nel progetto europeo è cresciuta dal 32% al 44%; è anche il valore che è salito maggiormente, a testimonianza del fatto che gli Europei sono molto affezionati alle proprie specificità.

Anche il governo economico unificato auspicato dai leader europei arriva al terzo posto tra le priorità degli Europei (33%), dietro maggiore equità (51%) ed una migliore istruzione (38%). Un esercito comune è in fondo alle priorità degli Europei.

Un sondaggio di Metroscopia riguardante l’immagine dell’Unione Europea in Spagna indica che la percentuale di cittadini che credono che l’adesione all’UE sia una buona cosa è scesa al 55% (10 punti percentuali in meno nel corso di tre mesi e 25 punti in meno rispetto al 2009). Al contrario, il 37% crede che appartenere all’Unione sia negativo per il paese. Un dato senza precedenti che rappresenta un aumento di 33 punti percentuali dall’inizio della crisi e 15 solo negli ultimi tre mesi.

Il rapporto 76 “Europa 2020” (marzo 2012) dell’Eurobarometro avvalora il dato spagnolo. Solo un 38% degli Europei pensa che l’Unione stia andando nella direzione giusta nel tentativo di risolvere la crisi, un valore in discesa di 8 punti percentuali rispetto ad un anno prima.

La cosa non deve sorprendere. Il Rapporto Flash dell’Eurobarometro numero 338 (ricerca sul campo dicembre 2011, pubblicazione aprile 2012), intitolato “Monitorare l’impatto sociale della crisi: percezione dell’opinione pubblica nell’Unione europea”, rileva che il 63% degli intervistati europei sostiene di correre il rischio di non riuscire a far fronte a spese impreviste di € 1.000 per il prossimo anno, il 45% dice di non potersi permettere di pagare le bollette ordinarie o acquistare cibo, il 43% dice di non essere in grado di pagare l’affitto o un mutuo e il 31% pensa che ci sia il rischio che non riesca a saldare i suoi debiti. Guardando ai prossimi 12 mesi, poco meno della metà (47%) si aspetta che tutto rimanga come prima e più di un terzo (36%) prevede un peggioramento, rispetto al 26% dell’ottobre 2010. Quasi un quinto (18%) degli intervistati non è sicuro di poter mantenere il suo posto di lavoro nei prossimi 12 mesi. Il 48% crede che, in quel caso, avrebbe difficoltà a trovare un altro impiego. La maggioranza (57%) degli intervistati europei teme che non avrà un reddito sufficiente per vivere la propria vecchiaia dignitosamente (53% a ottobre 2010). In Germania il dato è del 58%. In Europa, 1 cittadino su 6 nel corso degli ultimi 12 mesi ha dovuto scegliere tra pagare le bollette e comprare generi di prima necessità.

Nel 2011, in Grecia, si era ventilata l’ipotesi di un referendum. L’uomo dietro questa proposta era l’allora Ministro degli Interni Charalambos “Charis” Kastanidis, figlio di una vittima delle persecuzioni della dittatura dei Colonnelli. Paladino dei diritti umani, era determinato a sentire il parere dei Greci su quanto fossero disposti a rinunciare ed in più di un’occasione aveva messo in discussione l’efficacia di una terapia a base di misure di austerità, incolpato i grandi interessi finanziari di imporre la loro volontà a paesi sovrani e suggerito di seguire altre vie, per evitare che il tenore di vita greco crollasse istantaneamente a livelli disumani. Quel governo fu sostituito da un governo guidato dal banchiere Papademos. Oggi le cose sono cambiate e le obiezioni di Kastanidis sono diventate patrimonio di una maggioranza di elettori in diversi paesi europei (es. Francia, Olanda, Grecia e Irlanda).

È il segnale che almeno una parte dell’opinione pubblica europea sta entrando in una nuova fase in cui comincia a farsi sentire l’esigenza di espandersi, di formulare obiettivi chiari, di rivedere sì il proprio stile di vita ma senza distruggere il futuro delle nuove generazioni. La mia speranza è che questo blog possa assistere questo processo di elaborazione concettuale ed in particolare serva a mettere in crisi quella parallela e crescente propensione ad auspicare un’esplosione di furia cieca contro tutto e tutti, inclusi quei politici che vorrebbero sinceramente migliorare le cose. L’umore diffuso, oggigiorno, è incapsulato in un motto semplice ed incisivo: “ora basta”. Ma è inaccettabile che si faccia di tutte le erbe un fascio anche se è comprensibile che ciò avvenga, date le attuali tragiche circostanze.

IL RIGETTO DELL’EUROPA

I dati dell’eurobarometro del novembre 2011 mostrano che, alla domanda se siano o no in favore di un’unione economica e monetaria con una valuta comune, l’euro, i favorevoli sono passati dal 63% della primavera del 2007 al 53% della fine del 2011. I contrari sono passati dal 31% (2007) al 40%. Ad una domanda riguardante le loro personali previsioni in merito alla crisi, il 68% ha risposto che “il peggio deve ancora arrivare”. Solo il 23% crede che le cose miglioreranno a breve. La domanda su quali istituzioni siano più in grado di gestire la crisi, vede l’Unione Europea al 23% contro il 20% dei governi, che già godono di scarsissima fiducia. Una percentuale analoga ha scelto altro, nessuna o non lo so. Gli eurobond interessano davvero a pochi (44%) rispetto alla lotta all’elusione fiscale (88%), una maggiore trasparenza dei mercati finanziari (87%), la tassazione sui profitti bancari (81%) e la regolamentazione dei salari nel settore finanziario (79%). La fiducia dei cittadini europei nei confronti dei loro governi ha raggiunto un minimo di 24%, verso i loro parlamenti è al 27%, verso l’Unione Europea è al 34%. Richiesti di dare un giudizio sull’Unione Europea che includa anche una posizione neutrale, il 26% si è detto ostile, il 31% favorevole, il 41% neutrale. Gli ostili sono cresciuti del 6% in soli sei mesi, i favorevoli sono crollati di nove punti percentuali. In pratica, siamo entrati nel 2012 con il 72% dei cittadini europei che non dà un giudizio positivo dell’Unione Europea, con una tendenza prevalente nel segno di un ulteriore calo delle impressioni favorevoli.

I dati statistici raccolti periodicamente dall’Unione Europea indicano che già nel 2010 il 47% Europei non si fidava dell’Unione Europea, contro un 42% in favore. Il tasso di fiducia era in caduta libera (-7%) rispetto all’autunno del 2009. Tra i più scettici figuravano Grecia, Germania, Austria, Regno Unito, Francia e Svezia. Tra i più favorevoli: Estonia, Slovacchia, Bulgaria e Danimarca. In ogni caso, tra il 2000 ed il 2006, il numero di coloro che avevano un’immagine positiva dell’Unione Europea non ha mai superato il 50%, oscillando intorno al 46%. Le nazioni con l’opinione migliore includevano, ai vertici, Irlanda (73%), Grecia (58%), Italia (56%), Spagna (51%) e Portogallo (50%), tutte nazioni successivamente colpite duramente dalle politiche europee e che ora sono tra le più scettiche. Se si osservano questa variazioni di fiducia si può constatare che i popoli meglio disposti sono quelli che ci guadagnano di più. L’europeismo, per i cittadini europei, sembra aver ben poco a che fare con aneliti morali e molto a che fare con considerazione di ordine esclusivamente pratico, come peraltro è normale che sia: le istituzioni devono servire i cittadini, non il contrario. Così, gli Italiani, in pochi anni, sono passati dalla condizione di entusiastico europeismo al più robusto euroscetticismo e, tra i Greci, il 64% ha un’immagine negativa della Commissione Europea, il 65% della Banca Centrale Europea. Alla domanda se l’Unione Europea abbia avuto un impatto positivo sull’impiego e sulle politiche sociali, i sì sono crollati del 19% in Italia, 20% in Francia, 25% in Portogallo, 29% in Grecia, 31% a Cipro. In Spagna il valore si è quasi dimezzato, passando dall’84% del 2009 al 44% del 2011.

Un recente sondaggio di YouGov-Cambridge segnala che quasi due terzi degli inglesi vorrebbero allentare i legami con l’Unione Europea o, addirittura, sarebbero pronti ad abbandonare la nave. Il 60% domanda un referendum sulla permanenza nell’Unione, il 40% sarebbe felice di stabilire accordi commerciali e di cooperazione con l’Unione Europea, ma dall’esterno (attualmente circa il 50% delle leggi promulgate dal parlamento inglese ha origine da iniziative europee). Solo il 27% sarebbe felice che le cose restassero come sono. Un sondaggio tedesco commissionato dalla Frankfurter Allgemeine indica che tre quarti dei tedeschi non pensano che l’euro abbia un futuro e che solo il 19% ha ancora fiducia nella valuta comune. Il 68% non crede che la Grecia possa essere salvata. Un altro sondaggio per Die Welt vede l’opinione pubblica tedesca divisa tra un 50% che desidera tornare al marco e un 48% che sarebbe felice di tenersi l’euro. Nove svedesi su dieci non hanno alcuna intenzione di abbandonare la corona in favore dell’euro.

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