Commesse e commessi di tutt’Italia, unitevi!

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IKEA GRANCIA – LUGANO

Orari d’apertura:

Lu-Ve: 9.00-18.30

Gio: 9.00 – 21.00

Sa: 9.00 – 17.00

[domenica chiuso]

La vita prima del business

Cartello di protesta di un gruppo di commesse

Non sarò mai soggetta a maltrattamenti criminosi

Yoona~939, Cloud Atlas

Il lavoro sta finendo! Lo dicono senza appello le statistiche. I lavoratori di fabbriche e uffici verranno ridimensionati da oggi al prossimo ventennio come nel secolo scorso letteralmente sparì la massa di agricoltori (dal 75% l 4% degli occupati totali). Una tragedia? Il punto è che la produzione di beni e servizi è aumentata migliaia di volte da allora, richiedendo sempre meno manodopera. È tragedia per colpa dei pochi che beneficiano dei profitti, che non ci pensano a cambiare sistema. Questa è la sfida del futuro, non il lavoro. Si chiama redistribuzione, reddito di cittadinanza, risanamento del territorio come fonte di lavoro. Redistribuzione e reddito di cittadinanza, certo, e questo lo scrivo per i “bottegai”, perché se chiudono le fabbriche, senza stipendi che girano, dopo due mesi, chiudete voi!! E in Italia ancora a combattere per la domenica, siamo governati da ladri incoscienti!!

Marco Benedetti

Marco ha ragione. Quel che sostiene lo confermano Martin Ford (“The Lights in the Tunnel: Automation, Accelerating Technology and the Economy of the Future”) e gli studiosi dell’MIT Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee (“Race Against the Machine: How the Digital Revolution is Accelerating Innovation, Driving Productivity, and Irreversibly Transforming Employment and the Economy”).

Stiamo realmente correndo il rischio di lasciare alle future generazioni un mondo spaventosamente simile a Nuova Seoul (Nea So Copros) di Cloud Atlas, una finta democrazia capital-corporativa e castale dove il reddito di cittadinanza ed i redditi da lavoro devono essere spesi forzatamente ed edonisticamente in base alle fasce di consumo in cui si è inseriti, per poter perpetuare un sistema in cui le persone sono consumatori prima ed esseri umani poi.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/21/sonmi-451-e-thomas-sankara-quando-finzione-e-realta-riecheggiano/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/18/cloud-atlas-uno-studio-antropologico/

 CLOUD ATLAS

Cloud Atlas

Che diritti si possono esercitare in un sistema caratterizzato da produzione in costante crescita e salari stagnanti, che significano crescente indebitamento, minori acquisti, massicce eccedenze, maggiore disoccupazione e crescente divaricazione tra una piccola minoranza di ricchi ed una fascia povera in espansione? Cosa vuol dire essere liberi in un mondo del genere? Di che libertà/diritti civili si può concretamente parlare?

La crescita economica richiede investimenti e può avvenire solo se c’è l’aspettativa di una forte domanda di prodotti e servizi. Dov’è questa forte domanda? Da dove arriverà? Da stati e famiglie sempre più oppressi dai debiti, indebitamenti che rappresentano l’unica maniera per assicurare un minimo di crescita in un sistema ormai saturo da una generazione e che sopravvive solo grazie a bolle speculative gonfiate dal credito facile ed irresponsabile? Dalle grandi catene e multinazionali che spazzano via i piccoli imprenditori, non solo nei paesi in via di sviluppo? Dai paesi in via di sviluppo che ci estromettono dai mercati e che esportano più che importare (es. Germania vs. Cina)?

Quante librerie hanno dovuto chiudere a causa di amazon.com?

Quanti addetti alle vendite sono stati sostituiti da sistemi on-line?

Quanti impiegati di banca sono stati sostituiti dai call center?

E quanti impiegati nei call center sono stati sostituiti da un software automatico?

E cosa succederà a molti professionisti quando arriveranno le intelligenze artificiali?

Con che introiti sosterranno consumisticamente la crescita?

Quali saranno i futuri costi umani della ricerca della competitività?

Quando l’intero sistema raggiungerà la massima estensione possibile e il punto di saturazione finale, cosa faremo?

Commerceremo con altri sistemi planetari, nella speranza di poter esportare a manetta, per non trovarci al punto di partenza?

Che senso ha tutto questo?

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TRENTO

TREVISO

http://demoandcrazia.blogspot.it/2012/10/la-rivoluzione-delle-commesse-parte-da.html

SESTO FIORENTINO

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/08/15/oggi-sciopero-da-obi-festa-anche-per.html

TORINO

http://torino.repubblica.it/cronaca/2012/03/23/news/rinascente_sciopero_di_sabato_per_non_lavorare_di_domenica-32070683/

VICENZA

http://www.vicenzatoday.it/economia/sciopero-commesse.html

BOLOGNA

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2012/05/03/news/sciopero_contro_aperture_domenicali-34393757/

OCCUPY SUNDAY

http://www.globalproject.info/it/tags/occupy-sunday/community?f_tags_subtags=italia&f_tags_subtags_types=geo

COMMENTI DA TUTTA ITALIA

Quello che mi fa rabbia è questo menefreghismo, egoismo, prevaricazione dei forti sui più deboli; non si assumerà gente in più (il nostro titolare è già in difficoltà così), gli orari faranno sempre più schifo, la famiglia va a ramengo (Vale).

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Vorrei commentare anche l’apparente noncuranza della maggior parte delle persone. Sembra che non interessi a nessuno che persone, per la maggior parte donne, ( che lavorano il TRIPLO di noi uomini) si vedano allungare l’orario di lavoro, sottrarre le domeniche, che e’ l’unico giorno di riposo per il commercio. chi lavora nelle grandi aziende, in fabbriche o uffici, hanno il sabato e la domenica! Senza contare tutti i “ponti”. C’e’ chi non e’ mai stato a casa due giorni di seguito! Chi lavora in un negozio i ponti non sa neanche cosa siano (Carlo).

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semplicemente vergognoso ciò che ha fatto il governo, ha semplicemente liberalizzato la schiavitù , faccio il commesso in un negozio di una grande catena privata nella provincia di Napoli, NON turniamo, non ci vengono pagati gli straordinari, e ora il padrone si sente libero di fare 9 ore e 30 al giorno senza nessun tipo di problema, aperture improvvise senza nessuna possibilità di riposo, e pure il governo sa che qui da noi c’è la schiavitù (Malo82).

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Al posto di fare sempre i pecoroni… dovremmo scioperare anche noi tutti uniti una volta per tutte, anche i dipendenti della grande distribuzione e invece nel commercio… ci sarà sempre l’imbecille che apre nel giorno di sciopero, per prendere i clienti che trovano chiuso dagli altri… altre categorie bloccano l’Italia per molto molto meno… qui invece possono distruggere le famiglie, cancellare il riposo, eliminarti tempo libero, hobby, interessi… e nessuno alza un dito come distruggere un’Italia già mal ridotta…(Marcello)

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Io sono senza parole, davvero, odio il commercio, e purtroppo ci lavoro e sono demoralizzata all’idea di dover regalare le mie domeniche a chi si arricchisce sulle mie spalle, tra l’altro sottopagata, in Italia non esistono più valori, sono davvero delusa e mi sento sconfitta…Vogliono tenere gli esercizi commerciali aperti tutte le domeniche??? Va bene…ma siccome noi che ci lavoriamo dentro abbiamo le stesse esigenze di chi la domenica non ha nient’altro di meglio da fare che andare in giro per negozi, gradiremmo cortesemente che anche gli uffici pubblici (poste, comuni, inps….), le asl, le banche, le assicurazioni, i medici, gli asili etc, si adeguassero a questo nuovo “stile di vita”, se di vita si può parlare, e fossero a disposizione 7 giorni su 7 ad orari ovviamente accessibili a tutti, perché noi dobbiamo rinunciare alle nostre domeniche ed altri no? Non lo trovo affatto giusto…(Taty)

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il problema e’ che i sindacati possono fare poco perché non siamo uniti, abbiamo paura che: il contratto a tempo non venga rinnovato, di metterci in cattiva luce nei confronti dell’azienda, ma così facendo arriveranno a sfruttarci peggio che in Cina: UN PUGNO DI RISO E UN CALCIO NEL SEDERE (Vale).

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ma lo sapete che io per fare quelle schifose 4h butto via tutta la domenica, che non ho più una vita sociale, che le mie amicizie si sono stufate di sentirsi dire no mi dispiace non posso, lavoro domenica,schifosi porci della grande distribuzione organizzata, siete organizzati a delinquere ecco cosa siete,chissà quanti soldi avete dato al governo perché approvasse questa legge e poi venite a dire a me di lavorare come fossi un full time perché non ci sono i soldi per pagare gli stipendi e ognuno deve fare la sua parte. e ti minacciano pure, si inventano le cose che non hai detto perché vogliono eliminare i vecchi contratti e assumere gente sottopagata senza più indennità di malattia, senza ferie, senza permessi retribuiti, ecco cosa vogliono fare. ci stanno esasperando per farci licenziare così assumono poveri ragazzini che hanno bisogno di lavorare e li pagano una miseria, ma io mi domando ma siamo aperti 13h ma possibile che non abbiate il tempo di fare la spesa in 13h ore?????ma sapete da quanto tempo non vado al cinema io? (Cassandra)

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non tutti i commercianti vogliono la liberalizzazione degli orari, è solo la grande distribuzione che li vuole perché negli ultimi anni hanno subito un calo dei fatturati non indifferente, io lo so perché ci lavoro. hanno aperto troppi centri commerciali, troppi supermercati e ora il mercato è saturo, troppa offerta per una domanda sempre in calo, la gente non ha più soldi. il problema però sono i clienti che smaniano dalla voglia di sapere se domenica si è aperti perché non hanno niente da fare a casa, le loro vite ormai sono vuote e l’unica cosa che si possono permettere è fare un giro la domenica al centro commerciale, tutto è gratis qui, riscaldamento e aria condizionata, parcheggi, leggono giornali e riviste gratis e poi non li acquistano, i bambini possono persino fracassare i giocattoli e nessuno glieli mette in conto….non sia mai. I clienti vengono la domenica ma poi durante la settimana non tornano, io sono anni che non vedo più il pienone nemmeno la domenica, vengono a fare un giro ma non comprano e allora che senso ha? Perché io devo andare a lavorare di domenica? Non sono un medico, il mio lavoro non salva la vita a nessuno, non è di utilità sociale come vuol far credere Monti (Cassidy).

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Hai ragione tu….vogliono vedere il nostro teatrino di marionette che lavorano “tanto sono pagati” e andare nel paese dei balocchi che è il centro commerciale, per ingannare la loro insaziabile sete di possedere: telefononi luccicanti, cartelli ammiccanti che urlano offerte Si imbambolano davanti alle vetrine e dentro di sé si chiedono “…mmmm ora che sono qua cosa cavolo compro?” e alla fine escono a malincuore, con la borsa vuota:per comprare ci vogliono i soldi: è finita l’illusione;magari ritrovandosi in mano un vasetto di acciughe di merda che a casa non mangia nessuno. Era in offerta! (Kaiser)

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Sono titolare di negozio all’interno di un centro commerciale, single con 1,2 dipendenti (perché a due non ci sto dentro con le spese anzi, è già troppo uno). Da oggi è ufficiale: aperti anche tutte le domeniche mattine. E adesso? Per un collega è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ha chiuso per sempre, un altro sta cercando di vendere e lasciare il posto. Io insieme agli altri siamo ammutoliti, visto che la risposta ad una nostra lettera di protesta per quando ci hanno tolto la mezza giornata di riposo infrasettimanale è stata questa: sempre aperti. D’altronde se lo fa la concorrenza lo dobbiamo fare pure noi! Maledetta concorrenza, allora la colpa è tua! Caro Monti hai fatto trenta fai trentuno: aperti 24 su 24, così prendo residenza al negozio, vendo casa e risparmio sull’ici e risparmio pure sulla benzina perché vendo anche l’auto! Una sola richiesta ti faccio, nei soli 46 min di tempo libero che mi hai lasciato per giorno, tu che hai i soldi vieni a trovarmi. PS il giorno di Natale lasciacelo di riposo, così riesco a farmi le ferie! Cosa ne pensate della proposta di tenere chiuse le serrande per protesta e chi di voi lo farebbe PER DAVVERO? Va bene lavorare per vivere ma vivere per lavorare NO! (Lavoratore Italiano)

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E fare venire Monti in negozio con noi 7 su 7 ??

mangiando nei magazzini a pranzo e cena ..visto che i centri commerciali sono aperti dalle 9 alle 22 o per chi è fortunato alle 21!!
Dopo la chiusura serale alle 22 e bello tornare a casa e trovare i tuoi figli che dormono e il più piccolo che si sveglia e ti dice ciao papì 6 tornato tardi anche oggi!!
Grazie Prof. Monti …come è umano LEI !! (Rocco Monticane)

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Sono d’accordo anch’io…E non dobbiamo mollare!!..Facciamoci sentire !!..Sono anch’io una schiava moderna,lavoro in uno di quei grossi centri di elettronica e di fronte abbiamo un centro commerciale..com’è triste vedere famiglie la domenica che vagano per il negozio cercando……ma cosa stanno cercando??..niente…non sanno dove andare, che fare…ed allora il centro commerciale,il negozio, diventa utile perché mentre i genitori guardano tutto e spesso non comprano niente, i figli intanto si distraggono vicino alle consolle dei giochi…e noi lì….a vedere questo triste scenario..Ma dove sono i genitori che portano i bimbi al parco??.. Comunque continuo a lottare ed oltre che boicottare le domeniche coinvolgo il più possibile i miei colleghi che spesso parlano,si lamentano ma poi non fanno niente!..Ho fatto scioperi ed andrò alla manifestazione di martedì sotto la Regione ma non so quanti saremo…eh…ad essere uniti….Noi commesse,commessi, siamo tanti e verrebbe proprio una bella cosa magari scioperare davanti al negozio, di domenica,ad oltranza,tutti quanti!..utopia… Insomma ragazze e ragazzi… CONTINUIAMO A FARCI SENTIRE!!! RICORDIAMOCI CHE CI STANNO TOGLIENDO TUTTI I DIRITTI CHE I NOSTRI PADRI, I NOSTRI NONNI SI SONO GUADAGNATI!!!.. INFORMIAMO I COLLEGHI DELLE MANIFESTAZIONI, DEGLI SCIOPERI E DI QUALSIASI ALTRA FORMA DI PROTESTA, ANCHE QUELLI CHE NON LAVORANO CON NOI!…Io ci spero che possiamo cambiare le cose…anzi, io ci credo….

Un saluto a tutti…(Ele)

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ciao ,anch’io sono una sfigatissima che lavora nel commercio,quando abbiamo chiesto al capo area di darci la possibilità di fare a turni ,la sua risposta è stata non se ne parla nemmeno avete firmato che se il negozio sta aperto la domenica lavorate (peccato che nel 2008 le domeniche erano 1 al max 2 e quelle di dicembre )per quest’anno dovete tenere duro ,e certo tanto mica ci sta lui o ci sta Monti a lavorare con un ridicolo straordinario ,per 4 domeniche ,avendo il giorno compensativo in settima ho preso 11euro (ovn).

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Mio marito lavora in un negozio e tutto andava bene fino allo scorso dicembre. Erano aperti solo una domenica al mese e a dicembre, ma non sempre il turno toccava a lui. Da gennaio non abbiamo più una vita familiare perché lui è a casa in settimana mentre io e mia figlia siamo a casa il sabato e la domenica. Quindi lui è sempre a casa da solo e non riesce più a stare con me e con sua figlia.

In negozio c’è un forte clima di tensione perché devono coprire più ore ma con lo stesso personale perché di assumere qualcuno non se ne parla nemmeno. Anzi tre persone si sono licenziate e gli tocca fare anche i loro lavori. Il direttore si lamenta che le vendite sono in calo e scarica le colpe su di loro quindi sono continuamente martellati, ma se in negozio non entra gente loro cosa possono fare?

Spero almeno che si degneranno di restare chiusi il giorno di Natale.

Io credo che con la scusa della crisi, i lavoratori stanno perdendo tutti i propri diritti. Con la scusa che c’è poco lavoro ci stanno facendo diventare degli schiavi (Anna).

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C’è ancora di peggio. Ad esempio, non solo lavorare TUTTI i sabati, domeniche e festivi, ma vedersi mettere (dalla responsabile di negozio) gli spezzati : 11-13/15-21. Alla mia gentile proposta di poter fare almeno uno/due sabati al mese con orario intero per poter avere un minimo di qualità di vita e godermi la mia famiglia ed un marito fuori casa fino al venerdi per lavoro, la risposta è stata di essere mobbizzata e costretta ad andarmene. La corda si era spezzata, avevo osato chiedere…E sono una con un’esperienza ventennale nel settore commercio…Ne ho viste e dovute subire tante, ma questa mi ha lasciata scioccata…(Anonima)

http://www.linkiesta.it/orari-negozi

La Guerra al Terrore arriva in Mali – l’intervento anglo-franco-americano

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“Ciò che ci ha veramente colpito è quanto avanzato sia il loro equipaggiamento e il modo in cui sono stati addestrati ad usarlo …” ha dichiarato un funzionario francese. “All’inizio pensavamo che sarebbe stato solo un gruppo di tizi armati di pistola che circolavano coi loro pick-up, ma la realtà è che sono ben addestrati, ben attrezzati e ben armati. Si sono armati in Libia di un sacco di apparecchiature sofisticate, molto più robusto ed efficace di quanto avremmo potuto immaginare” [li avete armati, avete chiuso un occhio quando saccheggiavano gli arsenali di Gheddafi e ora ce li avete contro: chi è causa del suo mal…]

http://www.bbc.co.uk/news/world-europe-21002918

Un intervento armato internazionale è destinato ad aumentare l’entità delle violazioni dei diritti umani a cui stiamo già assistendo in questo conflitto… All’inizio del conflitto, le forze di sicurezza del Mali hanno risposto alla rivolta bombardando civili tuareg, arrestando, torturando e uccidendo la gente tuareg apparentemente solo per motivi etnici. L’intervento militare rischia di innescare nuovi conflitti etnici in un paese già lacerato da attacchi contro i Tuareg e altre persone di pelle più chiara.

http://www.amnesty.org/en/news/armed-intervention-mali-risks-worsening-crisis-2012-12-21

7 Gennaio 2013: In Libia la polizia non c’è: ci sono le milizie. Lo Stato non c’ è, ci sono le tribù, le città, i gruppi di potere, le fazioni religiose. La gente è evidentemente frustrata dalla mancanza di sicurezza, seguita alla caduta dell’ex Rais. Molti gruppi islamici, che hanno aiutato a mettere fine alla dittatura del colonnello, non vogliono sciogliersi né accettare di entrare nelle forze dell’ordine. Essi agiscono spesso come bande di fuorilegge, attaccando gruppi e persone che non ubbidiscono alla loro visione di un islam fondamentalista. Anche la morte dell’ambasciatore Usa Chris Stevens è il frutto di una situazione di caos che regna in Libia nel dopo Gheddafi. È ancora presto per delineare con esattezza il ruolo salafita nel panorama politico mediorientale, ma di certo non lo si può ignorare.

http://www.linkiesta.it/salafiti-primavera-araba-egitto#ixzz2HlPKAllp

Che la situazione in Mali fosse potenzialmente esplosiva era evidente da tempo. Come è evidente la strategia destabilizzante di Francia e Stati Uniti: Gheddafi è caduto per volontà francese, e con lui è caduto uno dei principali nemici commerciali di Parigi”. Con una Libia poco influente e filo-europea, la politica estera francese ha consolidato uno spazio coloniale che collega l’esagono al Congo, tramite gli stati amici di Ciad, Niger, Camerun e tutto il corno d’Africa francofono, Costa d’Avorio e Mali inclusi. “A questo – sottolinea il ricercatore – si uniscono gli interessi U.S.A: la penetrazione commerciale nord-americana parte dal Ghana e mira alle risorse di tutto il Sahel. Destabilizzare quest’area diventa dunque un mezzo per giustificare un intervento armato e riaffermare interessi neo-coloniali”.

Marco Massoni, studioso del Centro Alti Studi per la Difesa

http://www.unimondo.org/Notizie/Mali-una-esplosiva-crisi-nascosta-136701

Non è il caso di gridare all’usurpazione perché il Mali è di fatto uno stato fallito. Due terzi del territorio sono occupati dai ribelli e a Bamako, la capitale, c’è un precario condominio fra una giunta militare e un governo civile provvisorio insediato dall’esercito impegnati in una gara a chi è più irresponsabile e impotente. Il beau geste di Parigi diventa per ciò stesso ancora più insensato e ipocrita perché non sarà facile per nessuno ristabilire la sovranità in quel che resta del Mali. Per parte sua, il capitano Sanogo, autore del colpo di stato del marzo 2012 contro il presidente in carica e di un secondo colpo in dicembre per togliere di mezzo un capo del governo che si era rivelato indigesto, non ha nascosto di giudicare forze «neocoloniali» tutti coloro che si prodigano per «aiutare» il Mali senza distinguere apparentemente fra paesi vicini e grandi potenze.

Gian Paolo Calchi Novati, Il vizio coloniale, Il Manifesto, 13 gennaio 2013

Il ruolo che l’emiro del Qatar Hamad Bin Khalifa Al-Thani e i suoi diplomatici stanno svolgendo in Mali è al centro di indiscrezioni,  proprio mentre il paese sprofonda nell’abisso della disgregazione. Da mesi si parla di trasferimenti di denaro da parte del monarca multimiliardario ad Ansar Dine e al Movimento per l’Unicità e la Jihad nel Africa Occidentale (Mujao), i gruppi che insieme ai tuareg di Mnla controllano il triangolo Kidal-Gao-Timbuktu e destabilizzano il Sahel in affiliazione con al Qaeda nel Maghreb islamico. Una questione spinosa per Francia e Stati Uniti, da anni vicini all’emirato qatariota.

http://www.meridianionline.org/2012/12/22/ruolo-diplomatico-qatar-mali/

Il Qatar, alleato di Francia e Stati Uniti, finanzia i salafiti anti-Gheddafi in Libia ed anti-Assad in Siria, con l’entusiastica approvazione di entrambi, ma anche quelli del Mali, bombardati dai francesi dopo essere stati armati anche dai francesi in Libia (!). Fino al 2011 Gheddafi ed Assad erano eroi dell’Occidente perché contrastavano anche con la forza il fondamentalismo islamico e partecipavano alla Guerra al Terrore, oggi l’eroe è Hollande, perché fa lo stesso in Mali (ma non in Siria, dove le agenziedi stampa internazionali ci informano che siamo alleati di Al-Qaeda).

La buona, vecchia Guerra al Terrore. L’ancor più classica e rassicurante ingerenza umanitaria. E, immancabile, arriva il rafforzamento ed irrigidimento delle misure di sicurezza previste da Vigipirate (in una nazione con una fortissima percentuale di residenti di origine araba e maghrebina):
La guerra contro il terrorismo è una guerra di durata indeterminata contro un nemico sconosciuto. Ha permesso di introdurre leggi eccezionali nel diritto comune con il consenso della popolazione, sottolinea Dan van Raemdonck, vice-presidente della Federazione Internazionale per i Diritti Umani. Si è banalizzata la nozione di controllo. Le persone hanno finito per accettare di essere sorvegliate, controllate, con il pretesto che non hanno niente da nascondere. Siamo entrati nell’era del sospetto…L’ultima versione del piano, in vigore dal gennaio 2007, è fondata su un chiaro postulato: ”la minaccia terrorista dev’essere ormai considerata permanente”. Vigipirate definisce delle misure applicate da quel momento in tutte le circostanze, ”anche in assenza di segni precisi di minaccia” (Le Monde, 9 settembre 2011).
http://sois.fr/fileadmin/pdf/11_sett_2011.pdf

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L’aviazione francese ha cominciato a bombardare i talebani (e lo sono e alcuni di loro sono pure narcotrafficanti!) del Mali (e ha già perso due elicotteri ed un pilota in poche ore) mentre Hollande grida “Al-Qaeda! Al Qaeda!” (se non avesse chiamato in causa Al-Qaeda avrei anche potuto ipotizzare che potesse trattarsi di un’autentica missione umanitaria) ed interviene per puntellare un sistema di potere corrotto fino al midollo, tanto che la popolazione era favorevole ad un golpe militare contro il governo “democraticamente” eletto (dopo aver annullato un quarto dei voti, perché “scomodi”), autocratico nei fatti e che intascava gran parte degli aiuti allo sviluppo:
http://www.lrb.co.uk/v34/n16/bruce-whitehouse/what-went-wrong-in-mali

Gli inglesi hanno assicurato il loro appoggio logistico ed una brigata americana (3500 uomini) è pronta ad essere schierata in Mali (paese ricco d’oro, uranio e gas naturale).

http://www.armytimes.com/news/2012/06/army-3000-soldiers-serve-in-africa-next-year-060812/

Ci siamo di mezzo anche noi, giacché la loro sede operativa è alla Caserma Ederle di Vicenza:

http://www.disarmo.org/rete/a/36791.html

Catherine Ashton preannuncia il coinvolgimento europeo nel Mali

http://www.ilmondo.it/esteri/2013-01-10/mali-ashton-missione-addestramento-ue-necessaria-urgente_175208.shtml

per combattere quegli stessi jihadisti che, stando al rapporto del West Point Combating Terrorism Center da Bengasi sono arrivati in Afghanistan e Iraq,

http://www.scribd.com/doc/111001074/West-Point-CTC-s-Al-Qa-ida-s-Foreign-Fighters-in-Iraq

per poi tornare in Libia a combattere contro Gheddafi e in Siria contro Assad (dopo tutto sono dei mercenari):

http://uk.reuters.com/article/2012/08/14/uk-syria-crisis-rebels-idUKBRE87D06M20120814

http://edition.cnn.com/2012/07/28/world/meast/syria-libya-fighters/index.html?iid=article_sidebar

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/africaandindianocean/libya/8919057/Leading-Libyan-Islamist-met-Free-Syrian-Army-opposition-group.html

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/syria/8917265/Libyas-new-rulers-offer-weapons-to-Syrian-rebels.html

http://www.albawaba.com/news/libyan-fighters-join-free-syrian-army-forces-403268

Una parte di questi mercenari fondamentalisti, terminato il servizio in Libia, si è spostata nel vicino Mali, seguendo i compagni d’arme berberi maliani, e portandosi dietro le armi saccheggiate nei depositi del regime:

http://abcnews.go.com/Blotter/al-qaeda-terror-group-benefit-libya-weapons/story?id=14923795

Per usare un eufemismo, questi guerriglieri non amano i neri. Non li amano in Libia, non li amano nel Mali:

http://www.corriere.it/esteri/11_ottobre_16/cremonesi-incendi-terrore-caccia-uomo_75667202-f7c6-11e0-8d07-8d98f96385a3.shtml

http://www.ilfoglio.it/soloqui/10804

Adesso il Nord berbero è contrapposto al Sud “nero” anche se i berberi volevano solo l’autonomia ed erano contrari al fondamentalismo:

http://www.unimondo.org/Notizie/I-tuareg-e-la-difficile-partita-dell-indipendenza-136881

Quanti dei 120 morti erano guerriglieri jihadisti e quanti erano tuareg o civili?

La cosa terminerà verosimilmente con l’ennesimo frazionamento di uno stato e nel proliferare di signori della guerra in tutta l’area (libanizzazione/balcanizzazone). Una situazione analoga si sta verificando nel Medio Oriente, dove i media occidentali caldeggiano la nascita di uno stato kurdo che però, per sorgere, dovrebbe disgregare Iran, Iraq, Siria e Turchia, gettando nel caos l’intera regione.

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2013/jan/09/birth-kurdish-state-ottoman-syria-arab-spring?INTCMP=SRCH

Le conseguenze nell’Africa occidentale non sarebbero meno gravi: i Berberi (70-80 milioni) sono molto numerosi in Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Mali, Niger. Il re del Marocco, alleato della NATO e di Israele, ha messo le mani avanti proclamando il cabilo (lingua dei berberi occidentali) la seconda lingua ufficiale del Marocco.

L’Algeria, molto critica dell’intervento in Libia e bersaglio predestinato

http://nationalinterest.org/commentary/algeria-will-be-next-fall-5782

rischia di diventare quel che il Pachistan è diventato per l’Afghanistan: luogo di rifugio dei guerriglieri, bombardato dai droni.

Non penso che quei quasi 2 milioni di immigrati o figli di immigrati algerini che vivono in Francia la prenderanno troppo bene.

Due cose sono certe:

* gli stati sovrani hanno una certa capacità negoziale, i signori della guerra sono più facili da corrompere e svendono più facilmente le risorse delle popolazioni che controllano.

* l’anarchia nel Medio Oriente impedisce alla Russia di fare affari in quella regione (ma si veda anche il tentato accordo con i Russi per la fornitura di armi al governo maliano) mentre l’anarchia nel Nord Africa e nell’Africa occidentale rende queste due aree off-limits per gli investimenti cinesi.

La baggianata di Kony 2012 ha preparato il terreno per la loro espulsione dall’Africa Orientale:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/12/kony-2012-la-stucchevole-pornografia-umanitaria-i-bambini-pensate-ai-bambini/

Non bisogna mai dimenticare che è in corso una partita a scacchi decisiva tra NATO e Eurasia: la si gioca nel Medio Oriente, la sia gioca nell’Asia Centrale, nel Pacifico, nei Caraibi (Cuba e Venezuela) e, naturalmente, in un continente ricchissimo di risorse (oro, diamanti, petrolio, metalli e, soprattutto, terre rare) come l’Africa. La nascita del Sud Sudan (ricco di petrolio e anti-cinese) è un magnifico esempio delle dinamiche in corso.

Siamo nuovamente gettati in una Guerra Fredda e questo non sarebbe così male per i paesi più piccoli, che possono cercare di assicurarsi un trattamento migliore mettendo in concorrenza le grandi potenze. È già successo al tempo dell’Unione Sovietica e potrebbe funzionare ancora. Il problema è, però, che questa volta pare destinata a prendere fuoco, per almeno quattro ragioni (quelle che vedo io: ce ne possono essere altre che mi sfuggono):

1. Lo stallo in Siria e sul programma atomico iraniano;

2. L’aggressività di Israele ed il suo rifiuto di tollerare l’esistenza di uno stato palestinese;

3. Internet rende pressoché istantanea la circolazione di informazioni in grado di smascherare le manipolazioni e quindi ostacola le manovre clandestine degli uni e degli altri;

4. il sistema finanziario globale è tenuto in vita con ogni mezzo (a spese dei contribuenti) ma è un malato terminale, a causa della sfrenata avidità di quelle poche migliaia di oligopolisti che determinano il corso della storia umana contemporanea – dovranno far succedere qualcosa per poter passare alla fase successiva (post- dollaro e post-euro).

sarkozy-hollande

Un’altra cosa certa, come detto, è che, in questo momento, Hollande si trova nella curiosa situazione di appoggiare i salafiti che combattono in Siria mentre li bombarda nel Mali.

Non è troppo diverso da Sarkozy, anche lui un volonteroso interventista in Africa, a sostegno del locale candidato del FMI (sorpresona!):

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/costa-davorio-unaltra-guerra.html

Hanno tempo fino a maggio. Poi iniziano i monsoni.

Persa la sovranità sulla Sicilia, in bilico quella su “Padania” e Sudtirolo – quale futuro per l’Italia?

 

Un giornalista, tempo addietro, mi confidò che delle fonti istituzionali lo avevano informato del fatto che esisteva un progetto di dissoluzione dello stato italiano e che la Sicilia costituiva un tassello importante.

Pare che le sue fonti non fossero troppo sprovvedute o fuorvianti.

Maurizio Zoppi, “Niscemi si trasforma in star wars pronto il Muos degli Usa”, Il Manifesto, 21 settembre 2012

La Sicilia sarà il cuore pulsante dell’esercito Americano. Come in star wars la nostra Isola governerà le guerre climatiche e nucleari attraverso comandi satellitari e telematici. A Niscemi, proprio nel cuore della riserva naturale “Sugherata”, sta per vedere la luce il Muos.

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La struttura verrà edificata nell’antico feudo niscemese ‘Ulmo’ dove, dal 1991, è operativa una delle più grandi centrali di telecomunicazioni della marina Usa esistente nel Mediterraneo. Questa centrale, con le sue 41 antenne, collega il nostro mare con l’Asia sud-occidentale, l’Oceano Indiano e l’Oceano Atlantico. La base ‘Ulmo’ è sotto il controllo della ‘U.S. Naval Computer and Telecommunication Station Sicily’ che ha sede a Sigonella, la base militare americana dislocata tra gli agrumeti della piana di Catania. La centrale militare statunitense assicura la comunicazione top secret e non di alleati Nato e Stati Uniti. Questo, per grandi linee, il quadro generale dell’egemonia militare a stelle e strisce in Sicilia. Troppo poco, a quanto pare, per gli Usa che, a breve, amplieranno la loro forza militare tramite il Muos (Mobile user objective system). Questo sistema satellitare è un’infrastruttura militare di ultima generazione. Sono quattro, oggi, le strutture tipo Muos presenti nel mondo. Tutte dislocate in zone desertiche. Solo quella che sta per essere realizzate in Sicilia, chissà perché, vedrà la luce in un’area vicinissima ai centri abitati. Da qui la ragionevole e giustificata paura delle popolazioni che si ‘sciropperanno’ le radiazioni con effetti sulla loro salute ancora tutti da capire.

L’impianto presenta due torri radio e tre antenne del diametro di 18,4 metri e dell’altezza pari a 149 metri. Il sofisticato sistema di comunicazione ad altissima frequenza integrerà comandi, centri d’intelligence, radar, cacciabombardieri, missili da crociera, velivoli senza pilota e altri strumenti di morte. Insomma dalla nostra Isola gli Stati Uniti, con un solo click, potrebbero immedesimarsi nel generale dell’esercito romano, Massimo Decimo Meridio, e dire: “Al mio segnale scatenate l’inferno”. Tutto questo con un solo unico obiettivo: aumentare la capacità offensiva militare.

[…].

La Commissione d’Inchiesta sull’uranio impoverito ha ritenuto che sussistono le basi per una moratoria, sia per quanto riguarda la costruzione del Muos, sia per il sistema di antenne già presente nella riserva.

MUOS e militarizzazione della Sicilia. Intervista ad Antonio Mazzeo

“In Sicilia cresce la protesta e l’opposizione ai processi di militarizzazione della regione portati avanti negli anni da parte degli USA e della NATO. Da decenni l’isola è letteralmente violentata dalla presenza di basi militari che oltre a nuocere alla salute distruggono l’ambiente e la biodiversità e che l’hanno ‘bellicizzata’ a tal punto da divenire il centro strategico per il controllo e le azioni militari su tutta l’aera del mediterraneo, dell’Africa e del Medio Oriente. Ne abbiamo discusso con Antonio Mazzeo, scrittore e giornalista, grande conoscitore di tali tematiche.

La Sicilia è sempre più armata e militarizzata e progressivamente sembra essersi trasformata in un’area di conquista degli USA. Che foto prenderesti oggi dell’isola in questo senso?

L’immagine che più mi viene in mente è quella di un’immensa portaerei superarmata nel cuore del Mediterraneo, in grado di lanciare terribili strumenti di morte (cacciabombardieri, missili, droni e testate persino nucleari) contro obiettivi civili e militari in Est Europa, Caucaso, Africa, Medio oriente e sud est asiatico. Un’isola soffocata da basi e porti militari per le forze armate italiane, Usa, Nato ed extra-Nato, dove le poche oasi naturali vengono sacrificate per ospitare selve di radar e antenne di telecomunicazione.

Ma contemporaneamente un territorio di frontiera dove s’innalzano gigantesche mura per negare l’accoglienza ai profughi e ai migranti che fuggono dalle guerre e dalla miseria. Per i pochi scampati ai tragici naufragi, la Sicilia si trasforma in un grande centro di detenzione, con decine di Cie e Cara che violano impunemente i diritti umani.

In pochissimi sono al corrente di tutte le infrastrutture militari esistenti in questa regione italiana…

Sì è vero, eppure in Sicilia proliferano e vengono ampliate le basi di guerra. Alle porte di Catania c’è la metastasi di Sigonella, la maggiore stazione aeronavale delle forze armate degli Stati Uniti d’America, destinata a fare da vera e propria capitale mondiale degli aerei senza pilota. Nel golfo di Augusta approdano le unità della VI flotta e i sottomarini a propulsione nucleare zeppi di missili e bombe atomiche. Più a sud, in contrada Testa dell’Acqua del comune di Noto, sorge una delle maggiori installazioni radar della Nato, per spiare l’intero bacino mediterraneo e concorrere a dirigere i blitz e gli attacchi militari.

La Sicilia è sempre più armata e militarizzata e progressivamente sembra essersi trasformata in un’area di conquista degli USA

A Niscemi, all’interno di una pregevole riserva naturale, la ‘sughereta’ di contrada Ulmo, da più di vent’anni la marina militare Usa ha installato 41 antenne per le comunicazioni con le unità di superficie e subacquee. E nonostante il lungo bombardamento elettromagnetico contro le comunità che vivono nelle vicinanze della base, a Niscemi fervono adesso i lavori di costruzione di uno dei quattro terminali terrestri al mondo del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare Usa, il MUOS, un ecomostro per condurre le guerre sempre più disumanizzate e disumanizzanti del XXI secolo.

Ci sono poi gli scali aerei di Trapani-Birgi, Pantelleria e Lampedusa, utilizzati dai reparti Nato ed extra-Nato in caso di crisi e conflitto in nord Africa; gli aeroporti ‘civili’ di Palermo Punta Raisi e Catania Fontanorossa dove atterrano con sempre più frequenza i giganteschi aerei per il trasporto truppe e munizioni; il pericolosissimo radar di Marsala, e i sempre più numerosi radar che le forze armate e di polizia italiane installano nelle coste della Sicilia e delle isole minori per fare la guerra alle imbarcazioni dei migranti. Ma è prevedibile che nei prossimi mesi il processo di militarizzazione si faccia ancora più soffocante.

In un intreccio di accordi, consensi, assensi silenziosi ed affari tra la classe politica governante a livello regionale e nazionale, le organizzazioni mafiose e le forze armate statunitensi, la Sicilia è divenuta inoltre un territorio geo-politicamente e militarmente strategico, quali sono le conseguenze e le ripercussioni di tutto ciò per i cittadini e per il paese?

La diabolica alleanza tra forze armate alleate e organizzazioni criminali mafiose siciliane alla vigilia dello sbarco del ’43 [Accordi fra Allen Dulles e Lucky Luciano, http://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Husky, NdR] ha avuto come prima conseguenza storica quella di impedire, anche con il sangue, che nella Sicilia del dopoguerra venisse riconosciuta piena legittimità e cittadinanza alle forze politiche e sociali realmente democratiche e che si riconoscessero le giuste istanze sociali di libertà, uguaglianza e ridistribuzione della ricchezza delle classi popolari. Abbiamo pagato in termini di agibilità democratica, siamo stati per tutti questi decenni un’isola a sovranità più che limitata.

“Il MUOS è una bomba ambientale i cui effetti elettromagnetici saranno devastanti per le popolazioni, la flora e la fauna dell’isola”

La mafia è stata, accanto alla borghesia parassitaria dell’isola, il gendarme privato, una specie di contractor ante litteram, per assicurare il pieno controllo politico e sociale del capitale. La partnership con i poteri militari transatlantici è stata una costante. La mafia ha assicurato il controllo del territorio, impedendo con le stragi e gli omicidi selettivi di sindacalisti, giornalisti e leader politici di sinistra lo sviluppo di una coscienza democratica collettiva, ostacolando ogni forma d’opposizione contro l’uso e l’occupazione della Sicilia a fini di guerra. E la borghesia mafiosa è stata ricompensata con milioni e milioni di dollari grazie agli appalti di edificazione delle installazioni di morte o alla vendita o all’affitto dei villaggi-residence per i militari Usa e le loro famiglie.

Grazie alla vostra protesta, la faccenda MUOS è finalmente approdata in Parlamento proprio in questi giorni, ci daresti maggiori dettagli?

Finalmente, a seguito di decine di manifestazioni, incontri e dibattiti, in cui abbiamo denunciato l’insostenibilità socio-ambientale del MUOS e che la decisione di localizzarlo a Niscemi è stata presa bypassando del tutto il circuito parlamentare, l’11 settembre scorso una delegazione dei sindaci e dei Comitati No MUOS è stata ricevuta in audizione dalle due Camere.

Il primo incontro si è svolto davanti alla Commissione difesa della Camera dei deputati, mentre il secondo, sicuramente più proficuo, davanti al Comitato d’inchiesta sull’uranio impoverito del Senato della Repubblica. Tutti i membri di quest’organo si sono dichiarati d’accordo a convocare prima possibile il presidente della regione siciliana e il ministero della difesa per chiedere la moratoria del progetto d’installazione delle tre maxi-antenne radar del nuovo sistema militare Usa.

C’è da sperare in un miracoloso risveglio della politica italiana e in una ‘controffensiva’ al potere militare ed affaristico?

Pur condividendo la soddisfazione di tutti i membri della delegazione No MUOS in trasferta a Roma credo che non ci si debba fare molte illusioni sulle reali volontà di fermare il progetto da parte di una classe politica da sempre asservita agli interessi geo-strategici Usa e Nato e del complesso militare-industriale transnazionale.

Da decenni la Sicilia è violentata dalla presenza di basi militari che oltre a nuocere alla salute distruggono l’ambiente e la biodiversità

Per questo bisognerà continuare a sviluppare azioni di lotta il più possibile partecipate e radicali, rafforzando la mobilitazione e l’auto-organizzazione dei comitati popolari di base in tutta la Sicilia. Credo che sarà fondamentale riuscire a legare i temi dell’opposizione alla guerra e alla militarizzazione a quelli della difesa dello stato sociale, del diritto all’istruzione e alla sanità per tutti i cittadini, contro l’ondata neoliberista e di dissoluzione della Costituzione che ha investito l’Italia a partire dalla fine degli anni ’80.

Della protesta pacifica contro i MUOS e dei Comitati NO MUOS non c’è molta risonanza su scala nazionale quasi si trattasse di una faccenda relegabile a livello regionale e locale, vogliamo ricordare cosa rischiano gli abitanti della zona colpita e perché deve essere considerata una problematica scottante riguardante l’intero paese?

Il MUOS è una bomba ambientale i cui effetti elettromagnetici saranno devastanti per le popolazioni, la flora e la fauna dell’isola. Le microonde impediranno il regolare funzionamento dei sistemi di bordo degli aerei in rotta nei pressi della stazione di Niscemi e non consentiranno l’attesissima apertura dell’aeroporto di Comiso, ex base missilistica nucleare della Nato. Ancora una volta i processi bellici ostacoleranno ogni possibilità di sviluppo economico e occupazionale e genereranno nuove povertà.

Ma il MUOS è soprattutto un sistema di guerra ad uso esclusivo delle forze armate statunitensi, programmato per riaffermare la superiorità militare e strategica di Washington e consentire di colpire e uccidere a migliaia di chilometri di distanza, con gelido anticipo sui potenziali e sospetti avversari.

I futuri conflitti ipertecnologizzati esautoreranno qualsivoglia presenza decisionale dell’Uomo, annullando la ragione e l’assunzione di responsabilità innanzitutto etiche. Il MUOS risponde alle logiche di morte degli odierni apprendisti stregoni del Pentagono che puntano ad annientare gli antichi paradigmi dell’umanità sulla Vita e sulla Morte, sulla Pace e sulla Guerra. Per questo la sua installazione non va vissuta solo come un problema locale, ma innanzitutto come un Problema globale.

Quali sono le prossime mosse dei Comitati NO MUOS?

Dopo le audizioni a Roma, il Movimento si è dato appuntamento per una manifestazione nazionale No MUOS a Niscemi, sabato 6 ottobre. Stiamo raccogliendo le prime adesioni d’oltre Stretto e sappiamo già dell’arrivo in Sicilia di una delegazione delle donne del Presidio No dal Molin di Vicenza e di attivisti No TAV della val di Susa. All’appuntamento giungeremo con un fitto calendario d’iniziative in tanti Comuni siciliani e con azioni di protesta di fronte ai maggiori santuari di guerra dell’isola. Sarà importantissimo rafforzare i legami con i territori a partire dalle vertenze più drammatiche che riguardano soprattutto la mobilità e i trasporti, i settori maggiormente colpiti dall’asfissiante processo di militarizzazione.

Sarà opportuno così sostenere la mobilitazione perché venga utilizzata Sigonella per i voli di linea che dovranno lasciare Fontanarossa a novembre per consentire i lavori di ampliamento e messa in sicurezza delle piste (un primo passo per la riconversione a uso civile della stazione aeronavale Usa) o quella per l’apertura dello scalo di Comiso, il cui funzionamento sarà impossibile se malauguratamente dovessero essere attivate le antenne MUOS. Ma penso anche alla lotta contro il Ponte sullo Stretto e per impedire la trasformazione del porto di Messina in megadiscarica delle unità navali Nato da rottamare o a quella contro l’uso a fini militari dello scalo di Trapani-Birgi, da dove sono stati scatenati lo scorso anno, quasi il 70% degli attacchi contro la Libia.

Da un lato, c’è una parte della società civile, attiva, che cerca di fare emergere certe verità, dall’altra una maggioranza di cittadini italiani ignari probabilmente vittime passive di alcune forze d’interessi, in primis quelle politiche e quelle dell’informazione, che spesso manipolano per insabbiare. In questa Italia a due livelli, qual è la strada da percorrere per svegliare il paese?

Bisogna tornare a riconquistare le piazze, le strade e ogni spazio dove poter denunciare i crimini dei poteri finanziari transazionali e riconquistare agibilità, fiducia, speranza di cambiamento e trasformazione democratica. Un’azione generale, in prima persona, senza deleghe, con la convinzione che i tempi per impedire l’olocausto mondiale si sono fatti strettissimi.

Il paese non è spento e non vuole cedere alla rassegnazione, è così?

Sì, nonostante le amplificazioni generali del pensiero unico neoliberista, sono tantissime le coscienze che non si sono piegate, specie tra le fasce di popolazione più giovane. Come generazione, siamo stati pessimi padri e pessimi maestri. Mi auguro che riusciremo almeno ad essere buoni osservatori e buoni ascoltatori e che saremo in grado di star loro accanto con passione e profondo rispetto quando nei prossimi mesi, ne sono certo, ragazze e ragazzi torneranno a riprendersi la vita e il presente-futuro che gli sono stati sino ad ora negati.

http://www.ilcambiamento.it/territorio/muos_militarizzazione_sicilia_intervista_antonio_mazzeo.html

 

L’abolizione delle province è una fesseria che destabilizzerà il Paese (e Di Pietro cavalca l’antipolitica)

Un governo centralista che cancella senza problemi una provincia come quella di Belluno…il grido di dolore che viene dai nostri cugini bellunesi s’infrange di fronte alla soppressione forzosa delle province (e rivendicata a gran voce dalla furia di questo tempo) e alla possibilità stessa di un’autogoverno improntato al principio di solidarietà e di sussidiarietà.

Michele Nardelli, 6 maggio 2012

In tutti i paesi europei c’è un’istituzione geograficamente intermedia tra Regioni e Comuni e persino la Grecia per risparmiare “sui costi della politica” ha ridotto il numero delle Regioni, Province e Comuni tramite accorpamenti ma non si è sognata di abolirle. Le Province soffrono di mancanza di poteri e di altri mali, sono anche diventate un po’ troppe, ma sono mediamente la dimensione geografica ideale per politiche territoriali e ambientali moderne. E, comunque la si pensi in proposito, non si possono abolire né svuotare senza un confronto pacato, razionale ed approfondito, lontano da linciaggi.

Paolo Hutter, giornalista ed ambientalista, lettera a Repubblica, 15 dicembre 2011

La gente deve cominciare ad usare la testa, invece di farsi prendere dalle smanie dell’antipolitica. Non è possibile essere democratici e voler eliminare i corpi intermedi tra cittadini e potere centrlea, non è possibile essere federalisti ed approvare un maggiore accentramento statalista.
Accorpare sì, eliminare no!

Carlo Rapicavoli, “I cittadini di 8 province privati del loro diritto di voto… è così che si salva l’Italia?”, 5 maggio 2012

“Il delitto è finalmente consumato.

E’ arrivata la scadenza elettorale amministrativa, per molti ma non per tutti.

I cittadini di otto Province italiane – in virtù di quanto disposto da un decreto legge, in considerazione della straordinaria necessità ed urgenza di “salvare l’Italia” – non potranno esercitare il loro diritto di elettorato per il rinnovo dei propri rappresentanti nella Province.

I “fortunati” pionieri di questa riforma “salva Italia” sono i cittadini di Vicenza, Ancona, Ragusa, Como, Belluno, Genova, La Spezia e Caltanissetta.

In Sardegna, anziché votare per il rinnovo degli amministratori della Provincia di Cagliari, i cittadini saranno chiamati ad esprimersi su 5 referendum abrogativi regionali e i 5 referendum consultivi regionali relativi alla soppressione delle nuove Province e ad una consultazione su alcuni temi relativi all’organizzazione amministrativa della Regione.

Finalmente!

Finalmente i tanti sostenitori della “grande” riforma possono ritenersi soddisfatti!

I cittadini delle Province interessate potranno verificare direttamente quanti benefici deriveranno loro da questa rivoluzione.

Sui costi-benefici della soppressione delle Province e sull’esigenza di una riforma organica, che superi gli slogan, abbiamo già detto e rinviamo ai precedenti interventi sull’argomento.

[http://blog.panorama.it/economia/files/2012/01/11-12-06-upi-proposta-riassetto-province.pdf]

Su un punto vogliamo porre oggi l’attenzione.

Cosa accade oggi nelle otto Province private del diritto di elettorato?

[…]

La soluzione adottata nel ddl al contrario non riesce a dare una risposta equilibrata alle esigenze di rappresentanza di tutto il territorio provinciale che oggi hanno un punto di riferimento nel sistema elettorale provinciale basato su collegi territoriali, né riesce a tenere conto in modo adeguato della rappresentanza delle diverse forze politiche nei territori e dei necessari equilibri fra maggioranze e minoranze”.

Dunque: incertezza sulla scadenza degli organi in carica; incertezza sulla nomina dei Commissari; incertezza sul futuro e sulle nuova modalità di elezione.

Era proprio necessario tutto questo?

Era proprio necessario creare un conflitto istituzionale di tale portata?

Contro l’articolo 23 del decreto Salva Italia fanno ricorso, per evidente vizio di incostituzionalità, 8 Regioni: Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Campania, Molise, Sardegna.

Contro la mancata convocazione dei comizi elettorali della prossima tornata elettorale hanno presentato ricorso al TAR le Province di: Ancona, La Spezia, Vicenza e Como oltre ad un gruppo di cittadini organizzato della provincia di Belluno.

Un primo risultato è stato raggiunto: nasce una palese disparità nella rappresentanza di alcuni territori.

I cittadini di otto Province – a differenza delle altre – non avranno più una rappresentanza politica portatrice dei loro interessi in tutte le sedi istituzionali, ma saranno rappresentanti da un Commissario – non eletto ma nominato – che non risponde delle proprie scelte agli elettori ma al Ministro dell’Interno che l’ha nominato.

Con quale mandato un commissario potrà decidere se approvare un no ad esempio un piano urbanistico comunale?

Sulla base di quale autorità rappresentativa potrà stabilire le priorità negli investimenti ad esempio su scuole o su viabilità?

Sulle priorità nella destinazione delle risorse? Sulle scelte in merito al futuro assetto istituzionale nei tavoli di coordinamento?

E’ possibile che non ci renda conto del grave vulnus al sistema democratico ed al diritto di elettorato attivo si sta determinando in questo modo?

Ci sarà un motivo se solo nel periodo fascista si registra, nella storia d’Italia, la sospensione del sistema elettivo degli Enti Locali: la legge 237 del 4 febbraio 1926 che sopprimeva, nei comuni con meno di 5000 abitanti (ma il provvedimento fu esteso nel settembre dello stesso anno a tutti i comuni), l’elezione di consiglio e sindaco, sostituito dal podestà, unico organo deliberante del Comune, nominato con decreto regio; la legge 6 aprile 1926 attribuiva poteri politici ai prefetti, che diventavano rappresentanti del governo nelle province (circolare del 5 gennaio 1927) e infine la legge n. 2960 del 27 novembre 1928, che sanciva infine un nuovo ordinamento per le amministrazioni provinciali: veniva anche qui abolito il sistema elettivo: un “preside” avrebbe sostituito le funzioni del presidente della Deputazione e della Deputazione stessa, un “rettore” il Consiglio provinciale.

Era proprio necessario anteporre una decisione di tale portata ad una revisione ponderata di riordino istituzionale e di riassetto delle competenze?

La discussione avviata in Parlamento è auspicabile in ogni caso che riesca a superare e modificare radicalmente i contenuti di un provvedimento affrettato, confuso, dettato esclusivamente dalla necessità di offrire al dibattito mediatico quel “taglio” tanto invocato, ma purtroppo altrettanto poco ponderato, da chi, cavalcando le indubbie e gravissime difficoltà del nostro sistema politico ed economico, propone soluzioni devastanti per l’intero assetto costituzionale dello Stato ed in particolare per le Autonomie Locali, che andrebbero al contrario rafforzate e tutelate nell’erogazione dei servizi essenziali, in quanto oggi, molto più che il ritorno al centralismo, da sole possono riuscire a tentare di interpretare e gestire le aspettative e i bisogni dei cittadini.

La “grande riforma”, infatti lungi dal consentire risparmi – come indicato espressamente dalle relazioni tecniche della Camera e del Senato, che non hanno ritenuto di potere quantificare alcuna cifra dai risultati delle misure stesse – produce notevoli costi aggiuntivi per lo Stato e per la Pubblica amministrazione, ingenera caos nel sistema delle autonomie e conseguenze pesanti per lo sviluppo dei territori e sta già producendo effetti devastanti sulle economie locali, poiché produce il blocco degli investimenti programmati e in corso delle Province.

Se dunque è ormai chiaro che il Governo Monti difficilmente vorrà o potrà retrocedere dalla scelta di vedere nelle Province il capro espiatorio e che quindi una riforma dovrà essere attuata, occorre finalmente procedere al riordino dell’organizzazione delle istituzioni, in modo da razionalizzarne funzioni e costi, però in modo organico e complessivo, attraverso una revisione costituzionale del nostro ordinamento e non certo con decretazione d’urgenza.

Da tempo l’UPI chiede un confronto su una proposta organica di riforma su questi punti fondamentali:

Ciascuna provincia deve avere una dimensione adeguata dal punto di vista demografico, territoriale ed economico, per l’esercizio delle funzioni fondamentali previste dalla Legge sul federalismo fiscale.

Per razionalizzare le circoscrizioni territoriali, lo Stato e le Regioni a Statuto speciale procedono alla riduzione del numero delle Province e alla ridefinizione delle circoscrizioni provinciali, anche in conseguenza dell’istituzione delle città metropolitane.

Conseguentemente alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali e metropolitane, vengono accorpati gli uffici territoriali del governo.

Si prevede che le funzioni amministrative siano esercitare dai Comuni, dalle province e dalle città metropolitane: si eliminano quindi tutti gli enti o le agenzie statali, regionali e degli enti locali.

Si prevede l’istituzione delle Città metropolitane. Il territorio della città metropolitana coincide con il territorio di una o di più province. La città metropolitana acquisisce tutte le funzioni della provincia e le funzioni del comune capoluogo.

La città metropolitana prende il posto della provincia e del comune capoluogo e si articola al suo interno in comuni metropolitani.

Dall’attuazione di una riforma organica con tali contenuti ci si può attendere un risparmio di almeno 5 miliardi.

Vorrà finalmente il Governo aprire un confronto serio sull’argomento?”

http://www.leggioggi.it/2012/05/05/i-cittadini-di-8-province-privati-del-loro-diritto-di-voto-e-cosi-che-si-salva-litalia/

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