a cura di Stefano Fait
Che cosa è giusto fare quando si sa e si crede fermamente di avere ragione e si sente che il proprio avversario, dalla parte del torto – in buona fede o cattiva fede – è disposto a tutto pur di non smettere la strada intrapresa? […]. Se si stesse “serenamente” ai fatti, bisognerebbe riconoscere…che i fautori della Tav appartengono a quel partito trasversale e ingordo che si chiama Partito Preso. Il loro avverbio è: Ormai. Ormai, non si può che continuare. Lo ripetono, come per convincersene meglio. Lo direbbero, con la stessa inesorabilità, a proposito del nucleare, se non ci fosse stato l’incidente di Fukushima, e aspettano solo di ricominciare.
Adriano Sofri, “La Val di Susa e l’assimmetria delle ragioni”, Repubblica, 29 febbraio 2012
Avanti con i lavori!
Corrado Passera, Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti
Deus lo volt
(“Dio lo vuole”)
Grido di battaglia dei crociati
Luca Mercalli, “Alcune domande sul TAV/TAC Torino-Lione”:
http://areeweb.polito.it/eventi/TAVSalute/presentazioni/TAV%20e%20Salute%20Mercalli.pdf
Confronto tra modelli predittivi che dovevano comprovare la necessità della TAV Torino Lione e i flussi di traffico reali:
http://www.lsmetropolis.org/2011/07/bignamino-no-tav-per-non-valsusini/
Studio di Paolo Beria e Raffaele Grimaldi, del Politecnico di Milano: «Difficile da giustificare, dato il calo continuo dei traffici negli ultimi 10 anni».
“TAV in Valle di Susa. Problemi di radioprotezione e impatto ambientale per la presenza di uranio e radon”
Massimo Zucchetti [Professore di I fascia di Impianti Nucleari, Dottore in Ingegneria Nucleare, Docente del Politecnico di Torino], Lucia Bonavigo [Laureata in Ingegneria Energetica presso la I Facoltà del Politecnico di Torino]
http://staff.polito.it/massimo.zucchetti/Seconda_Relazione.pdf
“Una analisi costi-benefici sulla linea ferroviaria Torino-Lione riesce a dimostrare la redditività dell’opera. Un risultato sorprendente considerati i costi altimissimi e lo scarso traffico. Lo si ottiene però sorvolando su alcune prescrizioni previste dalle migliori prassi internazionali e senza considerare per esempio l’impatto ambientale del cantiere. Mentre le previsioni di domanda sono eccessivamente ottimistiche. Ciononostante la redditività è marginale e basterebbe abbassare una delle tante sovrastime per rendere non fattibile il progetto.
La controversa linea ferroviaria Torino-Lione è stata recentemente oggetto di una analisi economica (costi-benefici sociali) commissionata dai promotori dell’infrastruttura: tra il quasi unanime stupore – considerati gli altissimi costi dell’opera e lo scarso traffico – mostra risultati positivi. Qualunque studioso del settore ne dedurrebbe che, se risulta fattibile un’opera con questi numeri, probabilmente non esiste alcun investimento infrastrutturale non fattibile. In ogni caso, la priorità di questa specifica opera risulterebbe bassissima se fosse confrontata con altre. Ma l’analisi in questione, come d’altronde accade sempre nel nostro paese, non è stata fatta in termini comparativi con altri progetti e nemmeno con possibili alternative tecniche dello stesso progetto”.
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002454.html
Angelo Tartaglia, docente di scienze fisiche, fisica teorica, modelli e metodi matematici al Politecnico di Torino
“Sintesi dei risultati dello studio sulla convenienza economica dell’ipotizzata nuova linea ferroviaria Torino-Lione”
Lo studio ha preso in considerazione i dati ufficiali relativi ai costi di realizzazione del nuovo collegamento ferroviario a standard di Alta Velocità tra Torino e Lione. Includendo i costi di manutenzione/gestione della nuova linea e gli oneri finanziari, da un lato, e valutando in termini economici i benefici ambientali, dall’altro, è emerso che per raggiungere una soglia minima di economicità il nuovo collegamento dovrebbe ospitare flussi di traffico decine di volte superiori a quelli correnti ed anche alla punta massima lungo la direttrice, verificatasi nel 1997. […]. Anche il solo pareggio di gestione, non considerando il recupero dell’investimento, richiederebbe flussi di passeggeri e merci da 5 a 10 volte superiori a quelli correnti.
[…].
Nell’ipotesi di realizzazione parziale, la linea risulterebbe necessariamente in perdita in ogni caso.
[…]
il flusso di merci attraverso la frontiera francese, mettendo insieme tutte le modalità (strada e ferrovia) e tutti i valichi (dal Monte Bianco a Ventimiglia), è in calo da una decina d’anni;
il traffico su rotaia cala in modo molto più marcato che sulla strada;
nello stesso tempo si riscontra una crescita dei flussi lungo la direttrice Nord-Sud (frontiere svizzera e austriaca), con un consistente aumento del traffico per ferrovia. Analizzando il contesto si vede che le ragioni di questi andamenti sono strutturali, in quanto sono legate alla dislocazione delle aree di produzione, come anche di smercio, delle merci di massa verso Est e in particolare verso il lontano oriente asiatico. Partendo dalle tendenze in atto e dalle prospettive di evoluzione del mercato delle merci atte al trasporto ferroviario è possibile valutare i flussi attendibili per il futuro lungo l’asse della Valle di Susae, per la verità, attraverso l’intero arco alpino occidentale. Le valutazioni si basano sull’osservazione che le economie dai due lati della frontiera italo-francese sono mature, con mercati di beni di consumo di massa sostanzialmente saturi. Viceversa i mercati in espansione si trovano in aree il cui tenore di vita è più basso di quello della media dell’Europa occidentale e l’economia è (e potrà essere) in crescita. Ne emerge che incrementi significativi dei traffici sono prevedibili lungo l’asse Nord-Sud e quindi in corrispondenza dei porti, non lungo l’asse Est-Ovest attraverso le Alpi.
Quello che emerge, in sostanza, è che è del tutto immotivata e irragionevole l’ipotesi di un aumento dei traffici tra Italia e Francia nella misura che sarebbe necessaria per giustificare la nuova linea Torino-Lione.
Il flusso di merci attraverso la frontiera italo-francese potrebbe verosimilmente, in condizioni economiche globali migliori di quelle di oggi, risalire ai livelli del 1997 o poco più in alto senza però cambiare di ordine di grandezza. Questa conclusione collima con le valutazioni espresse in un documento della Direction des Ponts et Chaussées predisposto per il Parlamento francese nel 2003. Da quanto sopra consegue che è del tutto infondata la previsione di una saturazione della linea esistente nei prossimi decenni.
Schematizzando, le conclusioni sono che:
1. l’economicità di una nuova linea ferroviaria tra Torino e Lione richiede flussi, in particolare di merci, che sono più di un ordine di grandezza superiori a quelli verificatisi nell’ultimo decennio (fino a 40 volte e più);
2. Il volume di traffico, tanto di passeggeri che di merci, lungo il corridoio della Valle di Susa è da tempo tendenzialmente in calo e non ha motivo di crescere in maniera rilevante nei prossimi decenni;
3. Non vi è alcuna ragionevole prospettiva di saturazione della linea esistente entro tale arco di tempo;
4. Una nuova linea non potrebbe far altro che essere fonte continua di passività;
5. L’opera sarebbe, di conseguenza, del tutto ingiustificata anche in una situazione economica molto migliore di quella presente;
6. I benefici non direttamente economici ipotizzabili non sono tali da modificare la valutazione negativa;
7. In caso di realizzazione parziale della nuova linea con utilizzo della linea storica tra Susa e a piana delle Chiuse l’esercizio risulterebbe comunque in passivo anche se la linea funzionasse in condizioni di saturazione.
Torino, 21/06/2011
http://www.scribd.com/sarti42/d/59819873-Relazione-Prof-AngeloTartaglia
Replica del Prof. Tartaglia alle teorie a favore del TAV Torino-Lione esposte dall’Onorevole Esposito nel suo sito web
Angelo Tartaglia è docente di scienze fisiche, fisica teorica, modelli e metodi matematici al Politecnico di Torino; da molti anni consulente per il TAV della Comunità montana della Valle di Susa, di cui è stato rappresentante nelle diverse commissioni tecniche e, per il periodo 2007-2009, anche nell’Osservatorio sulla Torino-Lione.
Stefano Esposito del Partito Democratico, è ex consigliere provinciale e dal 2008 Deputato del Piemonte; si è sempre distinto per iniziative, spesso dalla carica provocatoria, a favore della realizzazione del TAV Torino-Lione: autore di proposte quali l’espulsione dal proprio partito degli amministratori valsusini contrari all’opera e per l’impiego dell’esercito nell’imporre i cantieri sul territorio.
http://www.notavtorino.org/documenti/tartaglia-smonta-esposito-25-11-10.pdf
Mirco Federici, “Analisi termodinamica integrata dei sistemi di trasporto in diversi livelli territoriali”, Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Siena
La TAV ha impatti ambientali paragonabili al trasporto individuale in auto e addirittura superiori al trasporto merci su gomma. Non migliora l’impatto dovuto alle emissioni, ed anzi peggiora la qualità ambientale con l’invasività delle sue infrastrutture… la TAV non ha ragione di esistere né dal punto di vista dell’offerta di trasporto (troppo bassa) né dal punto di vista dell’efficienza… Inutile e oltretutto dannoso investire risorse e soldi su una tipologia di trasporto che non offre miglioramenti ambientali nel caso del trasporto passeggeri e che addirittura peggiora la situazione per il trasporto merci. Sottolineiamo che se il trasporto merci sulle TAV venisse abbandonato, allora il trasporto passeggeri diverrebbe assolutamente insostenibile, perché l’allocazione dei materiali e dell’energia delle infrastrutture verrebbe imputata interamente su un volume di traffico, che per quanto ottimistico, porterebbe ad una sotto utilizzazione della linea. Se questi risultati venissero integrati dagli altri impatti ambientali relativi alla cantierizzazione della TAV (come le falde acquifere deviate, infiltrazioni e contaminazione di terreni e falde sotterranee, impatto paesaggistico, inquinamento acustico etc.), il giudizio finale delle TAV diverrebbe ancora più negativo:
http://www.notav-valsangone.eu/index.php?option=com_docman&task=doc_details&gid=28&Itemid=93
Appello a Monti sottoscritto da 360 professori universitari, ricercatori e professionisti convinti che il problema della nuova linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità Torino-Lione rappresenti “una questione di metodo e di merito sulla quale non è più possibile soprassedere, nell’interesse del Paese”.
“Il progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione…non si giustifica dal punto di vista della domanda di trasporto merci e passeggeri, non presenta prospettive di convenienza economica né per il territorio attraversato né per i territori limitrofi né per il Paese, non garantisce in alcun modo il ritorno alle casse pubbliche degli ingenti capitali investiti (anche per la mancanza di un qualsivoglia piano finanziario), è passibile di causare ingenti danni ambientali diretti e indiretti, e infine è tale da generare un notevole impatto sociale sulle aree attraversate, sia per la prevista durata dei lavori, sia per il pesante stravolgimento della vita delle comunità locali e dei territori coinvolti. […]. L’applicazione di misure di sorveglianza di tipo militare dei cantieri della nuova linea ferroviaria Torino-Lione ci sembra un’anomalia che Le chiediamo vivamente di rimuovere al più presto, anche per dimostrare all’Unione Europea la capacità dell’Italia di instaurare un vero dialogo con i cittadini, basato su valutazioni trasparenti e documentabili, così come previsto dalla Convenzione di Aarhus. Per queste ragioni, Le chiediamo rispettosamente di rimettere in discussione in modo trasparente ed oggettivo la necessità dell’opera”:
http://www.notav-valsangone.eu/documenti/letteraMonti9_2_12.pdf
TAV Torino-Lione e ‘ndrangheta piemontese:
Mauro Poggi said,
29 febbraio 2012 a 11:28
Grazie Stefano: una preziosa miniera di informazioni che provvedo a segnalare su Facebook.
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grandebeltazor said,
2 marzo 2012 a 12:03
Intervista a Marco Ponti realizzata da Barbara Bertoncin UNA CITTÀ n. 187 / 2011 settembre
PERCHE’ NO?
L’inopportunità di spendere soldi pubblici su una tratta, la Torino- Lione, che aveva visto precipitare il traffico già prima della crisi; i Verdi e le merci che ‘non voglio andare in treno’; l’infondatezza dell’argomento dell’occupazione e l’irresistibilità dei ‘soldi di Roma’; i tram di Bologna e Firenze. Intervista a Marco Ponti.
Marco Ponti insegna economia dei trasporti al Politecnico di Milano. Ha svolto attività di consulenza per la Banca Mondiale, il Ministero dei trasporti, le Ferrovie dello Stato. Svolge attività di ricerca nell’ambito dei modelli trasporti-territorio, analisi di fattibilità economica e finanziaria dei progetti, regolazione economica e liberalizzazione del settore, e di “public choice”.
Lei fin dall’inizio ha denunciato, conti alla mano, che la linea Torino-Lione, detta impropriamente Tav, era un’opera inopportuna. Può raccontare?
La storia è semplice: la linea che attualmente va in Francia, tra Torino e Lione porta 4-6 treni passeggeri al giorno, di lunga distanza, con un modesto numero totale di passeggeri.
Partiamo dunque dall’andamento delle merci, visto che anche ufficialmente la nuova linea è stata dichiarata come principalmente dedicata al traffico merci: alla fine del secolo scorso su quella tratta passavano circa nove milioni di tonnellate all’anno, oggi ne passano tre.
Si dice: “C’è la crisi”. Infatti da nove erano diventati sei prima della crisi, poi sono precipitati a tre. Per cui può darsi che ritornino a sei, non è escluso.
Il fatto è che la linea esistente, che è stata rimessa a posto con una spesa -di soldi pubblici, tutti pubblici- molto rilevante, vicino al miliardo di euro, può portare (secondo le Ferrovie dello Stato!) venti milioni di tonnellate di merci. Questo già oggi, senza fare niente. Anzi qualcuno dice che potrebbe portarne anche di più.E qui apro una parentesi.
Proprio all’osservatorio di Virano un bravo ingegnere ha chiesto: “Ma com’è che voi riuscite a far passare su questa linea (molto pendente) solo treni leggeri e invece gli svizzeri fanno viaggiare treni ben più capienti su pendenze analoghe?”. Risposta delle ferrovie: “Eh, perché con la doppia trazione noi abbiamo un sacco di problemi, gli svizzeri sono più bravi, hanno più esperienza…”.
Insomma, hanno risposto che non sono capaci. E questo è ufficiale. Beh, uno che risponde così forse deve essere licenziato. Ma s’immagina uno che dice una cosa così nel privato, parlando della concorrenza?
Ricordo che stiamo parlando di soldi pubblici, non sono soldi loro. Cioè il problema di fondo è l’incoscienza, l’irresponsabilità totale sull’uso dei soldi pubblici. I soldi pubblici non sono di nessuno. Ma questo vuol dire meno sanità, meno pensioni, rischio di fallimento dello Stato. Anche l’alta velocità ha contribuito pro quota al buco di bilancio. Io la prendo sempre, tanto han pagato quei fessi di contribuenti!
Diceva del calo del traffico merci…
I difensori del progetto dicono: “Per forza c’è un calo del traffico, perché vanno tutti in camion, e poi la linea è troppo pendente, ecc”. Non è vero perché anche il traffico di camion è diminuito con la stessa tendenza. Su quella direttrice il traffico è diminuito semplicemente perché noi non scambiamo abbastanza con quell’area geografica. D’altra parte quella linea va in mezzo alla Francia agricola e quindi non è un asse per noi particolarmente interessante. Noi scambiamo con l’area di Parigi che poi va su in Inghilterra, tutt’al più, e poi scambiamo soprattutto con la Germania. Infatti sul Brennero c’è una folla incredibile sia di treni che di camion. Invece lì non passa niente.
Allora, rispetto alla protesta locale, se la linea avesse senso, ai valligiani io direi: “Prendetevi tutte le compensazioni possibili, per i danni che si riescono a provare, però poi state zitti”. Cioè non dovrebbero fiatare se fosse un progetto di interesse nazionale.
Ma in questo caso hanno ragione perché il progetto, oltre a rompere le scatole a loro, è impossibile da giustificare con questi numeri.
Ho detto delle merci. Ma secondo l’affermazione ufficiale delle Ferrovie (io uso solo dati ufficiali) sono pochi anche i passeggeri previsti. La linea avrà -a seconda degli standard con cui si costruisce- una capacità aggiuntiva nell’ordine di duecentocinquanta treni al giorno, ma il traffico passeggeri previsto dalle ferrovie a progetto realizzato è sui quindici treni al giorno! Insomma, non serve a niente.
Altra bufala: i treni merci italiani devono poter correre sulle linee AV francesi. Falso: sulle linee ad alta velocità francese i treni merci non ci possono andare perché la rete alta velocità francese (e spagnola) è progettata solo per i treni passeggeri. È un fatto tecnico, cioè non ci potranno andare mai, perché i carichi per asse e le pendenze non glielo consentono. Quindi vanno di là, ma poi viaggiano sulle linee storiche francesi, che non sono migliori delle nostre.
Allora tutto il progetto servirebbe a far risparmiare un’ora, forse un’ora e mezza -siamo generosi- a delle merci che, se viaggiano in treno, per definizione non hanno fretta. E tutto questo con un costo forsennato; cioè il “giocattolino” costa ventidue miliardi di euro. Loro dicono che costa sette o otto miliardi, ma quella è solo la galleria di valico, l’unica tratta che verosimilmente sarà finanziata in parte dalla Commissione europea.
All’inizio si diceva: dobbiamo approfittare dei fondi della Commissione.
Approfittare di che cosa? Ad essere ottimisti, dalla Commissione europea arriva il 20% di quei sette-otto miliardi di euro che dicevo, perché finanziano solo la tratta internazionale. Se anche arrivano due miliardi, il giocattolino completo ne costa ventidue di preventivo. Insomma, se va bene, arriva meno del 10% della spesa. Se arriva, tra l’altro, perché è molto incerto. Mentre i costi, ahimé, sono certi. Pertanto è un pretesto ignobile quello di dire che perdiamo i soldi della Commissione. Perché comunque venti miliardi dobbiamo metterceli noi, cioè non chi viaggia sulla linea, ma i contribuenti.
Bisogna infatti anche ricordare che mentre le autostrade sono pagate (in buona misura: dal 50% al 70% dei costi di investimento) da chi ci viaggia, se dovessimo far pagare agli utenti l’investimento della Torino-Lione, le tariffe farebbero un salto in cielo e la linea rimarrebbe deserta. Perché le merci non vogliono andare in treno.
I camion sono super tassati e le ferrovie sono super sussidiate, e ciò nonostante la domanda merci è debolissima. Bisognerà pur porsi qualche domanda. Perché è debolissima? Basta fare un ragionamento: non produciamo più carbone, legname, materie prime, cereali, produciamo vestiti di Armani, prodotti ad alto valore aggiunto. Se lei fosse un industriale e dovesse scegliere tra un sistema in cui telefona al camionista che arriva in fabbrica e porta la merce a destinazione garantendo i tempi e i costi, e invece uno in cui deve comunque chiamare un mezzo che porti la merce in stazione, dove tra l’altro ci vuole l’appuntamento, e poi il treno deve fare il suo percorso e ha bisogno di un secondo appuntamento, cioè di un secondo camionista che aspetta il carico dall’altra parte…
Insomma ci vogliono proprio delle condizioni particolari perché questa soluzione risulti appetibile. Per esempio, se il percorso è lunghissimo, magari 3000 km, può essere conveniente andare in treno, ma perché ci sono i sussidi. Questo dev’essere chiaro: senza soldi pubblici le ferrovie chiuderebbero domani.
Se lei dovesse pagare il costo di investimento dell’alta velocità, il suo biglietto costerebbe tre volte tanto e quindi lei andrebbe piuttosto in auto o in aereo. Ma i contribuenti non lo sanno, come non sanno che alla fine inspiegabilmente i costi di investimento dell’alta velocità sono triplicati. E questo a parere del Sole24ore, che è un difensore di questi progetti. Sul Sole è uscito un lungo e durissimo articolo in cui si diceva, appunto, che il costo è arrivato a tre volte tanto quello di progetti analoghi in Francia e Germania. È uno scandalo, ma nessuno si è ribellato, tanto i contribuenti non lo sanno.
Anche il sindacato non apre bocca, anzi ne vuole di più, perché ci sono dentro le cooperative rosse. Le cooperative rosse sono sempre cooptate. La Bresso, che era contro questo progetto, com’è diventata presidente ha cambiato posizione… ma per forza! Io ho partecipato a moltissimi incontri come consulente tecnico: se i soldi vengono dall’alto è impossibile resistere, cioè la pressione dell’industria locale sulla politica per dire: “Non dite di no ai soldi che vengono da Roma” è irresistibile. È andata così a Firenze e a Bologna. Poi, sa, le imprese sono anche grate… Quando i soldi vengono dall’alto c’è di mezzo un intreccio politica-affari che è micidiale.
La soluzione è quella americana o francese e cioè che parte dei soldi devono essere messi dall’ente locale, con un dibattito pubblico: li usiamo lì o per fare parchi e ospedali? Perché i soldi sono dei contribuenti che votano lì. Ma se vengono tutti da Roma, chi se ne frega.
Infatti il consenso è “bipartisan”, sono tutti d’accordo.
Poi se il progetto non funziona o non lo si finisce, chi se ne importa? Tanto l’orizzonte temporale dei politici è molto più breve. Se tutto va bene, ci vorranno dodici anni a costruire quest’aggeggio. Se poi rimane deserto o i costi quadruplicano, o se ne fa solo un pezzo, benissimo! Chi si lamenta? Tanto nessuno ne risponde.
L’alta velocità è costata il triplo, qualcuno ne ha risposto? Ma si immagini un’impresa privata in cui il manager fa costare il 30% in più un progetto di investimento finanziato dal padrone dell’impresa: viene licenziato in un nanosecondo! E si gioca anche la reputazione. Questo l’ha fatto costare tre volte tanto e… niente. Moretti ha fatto una dichiarazione al Senato dicendo: “Eh, ci sono stati un sacco di problemi…”.
Ma l’aspetto più grave è che ci sono mille cose da fare prima di quella. Per esempio la nuova galleria del Brennero. Basta guardare i numeri: costa la metà e porta il doppio, ha dei problemi di congestione enormemente più gravi. No, bisogna fare la Torino-Lione. Addirittura a Moretti in un paio di occasioni è scappato fuori che è difficile considerare questa linea una priorità.
Che poi chissà mai se la finiscono, visto che è un’opera di modesta utilità (anche in Francia ci sono gli oppositori).
Pensi solo a questo: ci vogliono dodici anni per farla, se va bene. Dodici anni sono tre governi di qua e tre governi di là. E poi c’è la Commissione. Tutti questi sette soggetti devono mettere sempre tutti i soldi che servono e al momento giusto. Se qualcuno non ce li ha o ha un’altra priorità, i cantieri si fermano. Questo -che è successo migliaia di volte- fa esplodere i costi del progetto rendendo folle tutta l’operazione.
Qui poi c’è anche una grossa colpa dei Verdi, perché hanno chiesto -con gran felicità dei costruttori!- che il progetto complessivo dell’alta velocità non fosse “alla francese” (cioè solo per passeggeri), ma anche per le merci, che vuol dire farla costare molto di più. Ma su questo i Verdi non han fatto una piega.
Si è detto che quei cantieri danno lavoro…
Si dice sempre: “Però occupa gente”, ma non è vero. Vada a vedere un cantiere dell’alta velocità: ci sono tre persone! Viene fatto tutto a macchina, l’effetto occupazionale è molto piccolo. C’è un grande costo di capitale, ma modesti effetti occupazionali.
Pensi al recupero di un quartiere degradato, lì il contenuto di occupazione è altissimo perché ci sono le tubature, le murature, l’impianto elettrico, l’impermeabilizzazione, milioni di cose che tutte generano un sacco di occupazione. Ma su una grande opera ci sono solo delle gettate di cemento e una talpa che scava. Non c’è molto di più. Quindi anche da quel punto di vista è difficile da difendere.
Ma allora perché ci siamo imbarcati in questa impresa?
Sono soldi pubblici: perché no? Tanto paga un altro! Meglio di così? Pagheranno i contribuenti, ma non lo sapranno perché entra nel calderone del bilancio pubblico. Senza contare che molta gente ha motivo per esserne contenta: le imprese che ci lavorano (anche quelle della mafia), l’immagine dei politici… Chi resiste a un’alleanza politici-industria che dice: “Vi abbiamo portato un sacco di soldi da Roma”? È il migliore dei mondi possibili!
Questo comunque non è un male solo italiano. Un amico e collega, il professor Rothengatter, consulente del governo tedesco, ogni momento deve correre a Berlino per frenare stupidaggini simili, nel senso che se ne inventano un giorno sì e un giorno no.
Ma lo sa che hanno proposto un ponte sopra l’Adriatico; o che Cuffaro (che adesso ha ben altri problemi) ha proposto un tunnel tra Tunisi e Trapani? Ci sono già i finanziatori giapponesi. Tanto sono soldi pubblici e allora perché no?
In che fase è attualmente l’opera?
Virano ha fatto tutto quel lavoro per organizzare il consenso presentando anche un’analisi costi benefici che francamente non sta né in cielo né in terra. Lo stesso autore ammette che è un po’ ballerina. Virano però è ancora legato al progetto precedente, quello faraonico da ventidue miliardi di euro.
Ora il governo ha ridotto drasticamente il piano di spesa, portandolo a un terzo. Anche qui: è una cosa vergognosa che nessuno sollevi la voce dello scandalo. Perché hanno ridimensionato adesso? Prima allora c’erano soldi da buttare? Vorrei capire. Perché se servisse un progetto da ventidue miliardi e ne facessero uno da otto, sarebbe gravissimo. Comunque il ridimensionamento prevede solo la galleria che si raccorda con la linea esistente, quindi non si costruisce niente fuori da lì, almeno da parte italiana. Ora il downgrading lo vendono politicamente come costruzione “per fasi”.
Logica vorrebbe che le fasi fossero stabilite in funzione della crescita della domanda, ma siccome la domanda non ci sarà mai…
L’opera, qualora venisse ultimata, dovrebbe poi fare i conti con la concorrenza. Può spiegare?
Se per caso questo tunnel si facesse e se per caso ci fosse domanda, gli svizzeri avranno due tunnel pronti e non staranno mica lì a dormire, faranno delle tariffe aggressive. Anche quello è un rischio, che nel caso del Brennero invece non c’è perché non ci sono direttrici alternative.
Poi c’è il cabotaggio: se un po’ di merci vanno giù verso la costa, verso Marsiglia, il cabotaggio diventerà aggressivo. Quindi tutte le prospettive sono molto fragili. Tutto si può fare ed è sicuramente meglio metterci un’ora in meno per andare in Francia, chi lo nega, il problema è che costa una follia e ci sono decine di priorità maggiori. Tra l’altro tutti i maggiori problemi non sono sulla lunga distanza, ma sulla breve. Congestione, inquinamento antropico (quello che colpisce la salute delle persone), sono tutti nelle aree congestionate, nelle aree dense, dove c’è tantissimo traffico e tantissima gente. In Val di Susa c’è poca gente e poco traffico.
Lei si è espresso anche contro altre opere discutibili, in particolare quelle legate alle stazioni dell’AV di Bologna e di Firenze.
L’attraversamento di Bologna è uno scandalo: non c’era nessun bisogno di fare una galleria sotterranea. Sa qual è stata l’argomentazione: perché i treni di alta velocità arrivando in stazione fanno un po’ di rumore. Che anche tecnicamente non è tanto vero perché fanno rumore sopra i 250 km/h. Ora, è impossibile che un treno arrivi in stazione a quella velocità, sarebbe una palla di cannone, una cosa catastrofica. E comunque con i soldi della stazione in sotterranea si facevano barriere antirumore intere -cioè a tunnel- d’argento massiccio foderate di leopardo, ma non leopardo sintetico leopardo vero! E invece nessuno ha fatto un plissè neanche su questo, perché? Perché sono soldi di Roma.
E questo è rimbalzato su Firenze. La linea doveva passare fuori e i fiorentini facevano come adesso: perdevano tre minuti e avevano le diramazioni per andare in centro.
No, si fa tutto in sotterraneo, che costa due miliardi di euro. Quello di Firenze è proprio un progetto cretino perché, tra l’altro, lo scavo è stato fatto a collo d’oca, e in più le due stazioni non sono nemmeno in corrispondenza. Ma si può? All’inizio Renzi si era opposto, poi ha dovuto abbozzare perché l’insieme degli interessi costituiti era troppo grosso.
Ma l’origine è Bologna, perché i fiorentini hanno detto: “Come, Bologna sì e noi no? Anche da noi fanno rumore i treni”. Ma per favore!
Io sono stato interpellato e ho dichiarato: “Quella stazione è un assurdo spreco di soldi”.
Ma non basta: ai fiorentini, in cambio, danno anche una linea tranviaria, come regalo, come se l’alta velocità fosse un dispetto.
Non so se ha letto dell’orrore di questo tram fiorentino, che se è frequente spacca il centro, ha un impatto visuale allucinante, e se non è frequente è inutile. E per di più, nonostante ne paghi metà lo Stato, all’amministrazione costa una follia. Io ho fatto mettere a verbale: “Il progetto è una cretineria, uno spreco di soldi allucinante, e farà un danno ambientale incredibile”. Ero in minoranza ed è finita lì.
Il segretario comunale m’ha detto: “Eh, ha ragione, professor Ponti, ma era impossibile resistere alla pressione dell’industria fiorentina. Lei capisce: per l’aeroporto abbiamo dato un sacco di lavoro a una parte, ma l’altra è rimasta senza lavoro e quindi adesso dobbiamo darne anche a loro”. Me l’ha proprio detto. Cosa potevo rispondergli?
A Parma però le cose sono andate diversamente…
Parma è una città deliziosa. Ora, avrà mille problemi, ma non quello della congestione del traffico. Invece avevano deciso di fare una metropolitana profonda. E chi la faceva? Pizzarotti, che è di Parma. E chi gli dava i soldi? Il ministro Lunardi, che è di Parma. Ecco, lì però l’opera è stata bloccata e io lo considero un grande successo. Io avevo fatto uno studio sul traffico per il comune di Parma e già lì mi ero accorto che c’era qualcosa che non quadrava, perché quando ho chiesto di vedere il progetto per la metropolitana, il sindaco m’ha detto: “No, la metropolitana lei non la guarda…”.
Per fortuna il progetto è stato fermato. D’altra parte c’è stata la rivolta popolare.
All’inizio il Pd era favorevole -per le cooperative ovviamente- poi però il progetto era così inverecondo che si è tirato indietro. La storia delle cooperative non è mica uno scherzo. Io ho sempre votato Pd, però, cavoli, fanno patire molto i loro elettori.
Quali sarebbero oggi nel nostro paese gli interventi urgenti, o almeno necessari?
Sono paradossalmente delle piccole opere, forse qualche strada. L’ipotesi dei Verdi di non fare più strade o autostrade perché bisogna mandare tutto sul treno è irrealistica. Io ho fatto cinquanta simulazioni per la Commissione europea: si può mandarne sul treno un po’ di più, ma davvero, si fa un miracolo se si arriva al 5%. E gli altri? Li metto tutti in coda? Ma dal punto di vista ambientale un traffico in coda è il peggio del peggio perché le emissioni esplodono, perché il motore quando va a “stop-and-go”, brucia molto male il combustibile e produce le peggio emissioni che si possano immaginare, gli idrocarburi aromatici incombusti, una serie di porcate straordinarie…
Allora, ripeto, si può mettere parte del traffico stradale sulle ferrovie, ma i numeri in percentuale sono davvero nell’ordine delle unità. Il resto rimane tutto nella strada, dove inquina e ammazza. Quindi occorre intervenire per fare in modo che inquini di meno e ammazzi di meno, facendo tutto quello che piace agli urbanisti che si occupano di arredo urbano anche per le strade statali, in modo da spostarci verso la Svizzera invece che verso il Cairo, anche per la gestione del traffico privato. Tre quarti dei problemi, di pericolo, indisciplina, emissioni sono lì.
Questo, spiegarlo a degli ambientalisti, è impossibile. L’automobile per loro è un male in sé. Io dico: “No, alt un momento: l’automobile consente a un sacco di gente di lavorare e soprattutto di risparmiare sulla casa”. Se io ho pochi soldi e lavoro in una fabbrica “in tanta malora” e devo trovare una casa “in tanta malora”, come mi muovo? Basta guardare le statistiche dell’Istat: gli operai vanno in macchina.
Comunque, per tornare alla domanda, sono le “piccole opere” che fanno funzionare meglio la mobilità laddove è congestionata e fa più danni, cioè nelle aree metropolitane. Possibilmente senza fare altre mega-stupidaggini.
Io ho partecipato anche alla riunione contro il tram di Bologna. La genesi è uguale a quello di Firenze: “I fiorentini fanno quello stupido tram? Anche noi dobbiamo fare lo stesso stupido tram!”.
Ha visto i disegni? L’invasione del centro di Bologna… Ma, dico, il patrimonio di Bologna è il suo centro, e gli si fa passare in mezzo un elefante lungo quaranta metri; io non sono ambientalista, ma si immagini l’impatto di quest’affare. Ma si facciano piuttosto dei piccoli veicoli elettrici. Ancora non si sa se riescono a fermarlo.
Agli autori dello studio di Bologna ho detto: “Avete fatto, secondo me, un’analisi costi-benefici che non sta né in cielo né in terra”. “Lo sappiamo, ma sa, come si fa a dir di no ai soldi da Roma? Dovevamo trovare modi di giustificarli, sennò ci ammazzavano”. Sono i soldi da Roma il disastro. In questo sono un po’ leghista: occorre maggiore autonomia fiscale.
Il primo caso che ho seguito è stato San Francisco. La metropolitana di San Francisco è un ottimo caso: lo Stato ha detto: “Ti do un terzo dei costi, il resto ve lo pagate voi con le vostre tasse”. C’è stato un dibattito di grande qualità democratica, anche molto aspro, sui valori dei terreni, sul costo dell’opera, eccetera, e alla fine hanno deciso di farla. Ma quando compravi i panini all’Università di Berkeley, c’era una piccola scritta su ogni confezione che diceva: “Lo 0,3% è per la nuova linea metropolitana perché questo è stato deciso democraticamente”. Poi è andata maluccio, perché hanno fatto un errore tecnico micidiale. Anche lì, il solito protezionismo (anche americano): l’han fatta fare alla Westinghouse, grande società, che però non ha alcuna esperienza di questo tipo e ha fatto una catastrofe tecnologica, per cui i treni prendevano fuoco, si aprivano le porte in corsa. Però la decisione ha visto un dibattito democratico di grande qualità con tutti i portatori di interessi contrapposti che discutevano pubblicamente. E alla fine un po’ hanno pagato anche i percettori di rendite, i proprietari di case e di terreni vicini alle fermate.
Anche a Brescia ho fatto uno studio sulla metropolitana; ho detto: “Ma non vi serve la metropolitana, vi basta un buon sistema di servizio pubblico, magari un tram con un pezzo centrale in sotterranea”. “No, noi abbiamo un sacco di soldi grazie al teleriscaldamento e quello che lei propone costa troppo poco”. Ho consigliato: “Almeno fatela pagare in parte a quelli che hanno le case e i terreni, che ne traggono grande beneficio”. “Ma no, perché sennò vien fuori un casino…”. E questi sono amministratori onesti, perché poi ci sono anche i ladri. È proprio la cultura del denaro pubblico che manca.
Io vengo dalla Banca Mondiale dove la prima cosa che mi hanno ficcato in testa col chiodo e il martello è che ogni soldo di denaro pubblico che va da una parte non va da un’altra, quindi il denaro pubblico è sacro. Anch’io ero tutto per i grandi progetti, e loro m’han detto: prima si fanno i conti, poi si discute quale priorità seguire. Qui no, qui se arrivano i soldi, bene, si spendono.
Esistono dei casi virtuosi?
Parma è un caso in cui la sollevazione popolare, pur con grande difficoltà, ha avuto successo. Il progetto di Parma era davvero vergognoso. Purtroppo il fatto che non venga realizzato non esime dal dover sborsare dei soldi. Il Comune infatti ha firmato un contratto suicida, impegnandosi a compensare comunque l’impresa costruttrice, per cui ora dovranno pagare una penale a Pizzarotti. Una cosa da galera!
Altri casi virtuosi italiani? Beh l’alta velocità Milano-Roma è un progetto molto utile: nonostante sia costata il triplo, è piena di treni che viaggiano e serve bene. Anche lì, se lasciassero fare a Ryanair la Milano-Roma, il collegamento aereo Linate-Ciampino, il quadro sarebbe un po’ meno allegro per le ferrovia, ma non glielo lasciano fare. Comunque questo è un progetto che sarà ben utilizzato. In fondo tutte le infrastrutture ben utilizzate sono soldi ben spesi.
Ecco, non voglio essere troppo pessimista, perché poi le idee hanno le loro gambette… magari non subito, nel senso che nel caso della Torino-Lione ci hanno messo cinque anni a tagliare drasticamente i costi…
Io sono moderatamente ottimista sul fatto che le idee camminano. In fondo il caso di Parma mi dà ragione. E poi per fortuna ci sono sempre meno soldi pubblici a disposizione. Il mio maestro, il professor Brosio di Torino, mi diceva: “L’unico modo è che ci siano meno soldi. Fino a che ci sono tanti soldi, metà li buttano dalla finestra e l’altra metà li rubano”. L’unica è che ce ne siano di meno. Così è.
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To TAV or not to TAV (2) « Mauro Poggi said,
2 marzo 2012 a 13:18
[…] Fait, sul suo bel blog Verso un Mondo Nuovo, fa il punto della situazione con diversi link ad articoli. Fra gli altri, mi è sembrato di […]
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grandebeltazor said,
2 marzo 2012 a 14:40
LA TORINO-LIONE SI FA LOW COST: PERCHÉ SOLO ORA?
di Andrea Debernardi e Marco Ponti 27.02.2012
Il progetto originale della nuova linea Torino- Lione prevedeva 25 miliardi circa di costo totale, caratteristiche di alta velocità con ritorni finanziari trascurabili e mai esplicitati. Ora il progetto è suddiviso per fasi: all’inizio si costruirà la sola galleria di base. Il completamento della linea avverrà in funzione della reale crescita del traffico, quindi probabilmente mai. Scende di conseguenza l’investimento dell’Italia, intorno ai 3 miliardi e mezzo. Ma sulla base dell’analisi costi-benefici è una decisione saggia? E se sì, perché non è stata presa prima?
Il progetto originale della nuova linea Torino-Lione prevedeva 25 miliardi circa di costo totale, caratteristiche di alta velocità, ritorni finanziari trascurabili e comunque mai esplicitati (e quest’ultimo punto la dice lunga sull’attenzione dei promotori per la crisi del bilancio pubblico in cui ci troviamo).
IL PROGETTO PER FASI
Dopo due decenni, ecco il colpo di scena: il progetto è “fasizzato”: all’inizio si costruirà di fatto la sola galleria di base. Il completamento della linea avverrà probabilmente in funzione della reale crescita del traffico, e lo stesso Sole-24Ore, grande sostenitore fino ad ora del progetto originale senza “se” e senza “ma”, prospetta che non si farà mai. Non è difficile crederlo: le previsioni ufficiali di traffico mettono in luce da molti anni che si tratta di un progetto essenzialmente dedicato alle merci, e le parti escluse dal progetto non apportano particolari vantaggi a questo tipo di traffico, almeno sino a quando non raggiunga livelli comparabili alla potenzialità residua della linea esistente.
Vediamo ora qualche caratteristica del nuovo progetto, definito anche “Tav low-cost” da alcune fonti. Si tratta di costruire la sola galleria di base, per ridurre drasticamente le pendenze da superare. Da Chambery a Lione, i francesi costruiranno comunque una tratta alta velocità, ma è un progetto tutto interno a quel paese.
I costi del progetto che interessa l’Italia di fatto sarebbero solo quelli della sezione transfrontaliera della tratta internazionale, che è poi l’unica che l’Europa forse contribuisce a finanziare. Si tratta di circa 8 miliardi (usiamo valori un po’ approssimati, perché si tratta comunque di preventivi). Se l’Europa ne mette due, alla Francia ne toccheranno due e mezzo, e all’Italia 3 e mezzo. Un bel risparmio, rispetto a costi italiani del progetto originale con caratteristiche di alta velocità, che erano dell’ordine degli 11 miliardi (sempre se l’Europa ne avesse messi 2).
UNA SAGGIA DECISIONE?
Ma il drastico ridimensionamento è una cosa buona? No, se la riduzione dei costi fosse inferiore alla riduzione dei benefici (e in questi termini bisogna ragionare per forza, non ci sono alternative se non mistico-ideologiche).
Non pare proprio, però, che la riduzione dei costi sia minore di quella dei benefici. Abbiamo fatto alcuni conti molto semplificati, basati su un modellino sviluppato da chi, da anni, propone invano un’articolazione del progetto per fasi, in funzione della domanda. Lo strumento di calcolo adatto era dunque disponibile e, valutando più di una articolazione per fasi del progetto, ne indicava come più fattibile una assai diversa da quella della “low cost” attuale.
Vediamo cosa significa la tabella dei risultati: per fare un confronto, dai costi del progetto originale (Nltl) sono stati eliminati quelli, tutti francesi e invarianti, della tratta Av Lione-Chambery. I costi detti “fasaggio” sono una stima dei costi economici totali del progetto attuale, inclusivi dell’esercizio e di altre voci specifiche delle analisi benefici-costi, su cui qui non è possibile entrare nei dettagli.
A fronte di una diminuzione di costi (attualizzati) di (14,7 – 10,1) = 4,6 miliardi, si avrebbe una diminuzione di benefici, sempre attualizzati, di (9,1 – 7,3) = 1,8 miliardi; beninteso a fronte di un esercizio ferroviario volto a saturare la potenzialità delle linee di adduzione alla rete nazionale, che già oggi costituiscono i principali “colli di bottiglia del sistema”, senza impegnarla con i previsti servizi navetta per il trasporto degli autocarri, poco efficaci in termini sia di chilometraggi evitati, sia di peso utile trasportato.
Anche se il rapporto fra benefici e costi resta deficitario, ne consegue comunque un beneficio netto per la collettività di (4,6 – 1,8) = 2,8 miliardi. Se poi ci si aggiungesse il costo-opportunità dei fondi pubblici, (“Compf” nella tabella), data l’assoluta irrilevanza dei ricavi netti del progetto, il beneficio per la collettività del passaggio alla versione “low-cost” aumenterebbe ancora, ma anche qui non ci dilunghiamo.
Sembrerebbe un’ottima decisione, dunque. Ma forse i calcoli su cui si basa, certo meno ottimistici di quelli ufficiali, sono sbagliati. E qui sorge il problema maggiore: perché non sono stati presentati i calcoli ufficiali sui quali si fonda la nuova decisione, pure così drastica? Forse risultavano motivazioni ancora più solide. Oppure, al contrario, negative (risparmi inferiori alla perdita di benefici), e solo la scarsità di fondi ha determinato una scelta così importante. Ma non è dato saperlo.
Si noti che in questa fase la quantità di fondi che arriverà dall’Europa è irrilevante: si parla dell’utilità socioeconomica netta del progetto. I fondi europei per l’Italia infatti sono sostanzialmente una “invariante”: quelli che eventualmente andranno a questo progetto saranno sottratti ad altri, all’interno degli equilibri politici complessivi dell’erogazione delle risorse per infrastrutture ai diversi paesi. Peraltro, da notizie recenti sembra che i fondi europei per il progetto siano di ammontare tutt’altro che certo.
Ma immaginiamo che il ridimensionamento sia stata una decisione saggia. Emerge una questione molto rilevante: perché non è stata presa prima, avvalendosi di analisi comparative tra soluzioni diverse, come sempre auspicato da lavoce.info, dalle migliori pratiche internazionali e da studiosi indipendenti? Quale idea sull’uso dei fondi pubblici stava alla base del faraonico progetto originario? Quali interessi si intendeva far prevalere rispetto a quelli della collettività (non è difficile certo immaginarlo, senza dietrologie particolari)?
Ora, la necessità di un riesame urgente di tutte le altre grandi opere, concepite con logica identica, sembra davvero improcrastinabile: quali sarebbero i costi e i benefici, anche ambientali, di un ponte di Messina senza la ferrovia, che ne raddoppia i costi per pochi treni al giorno? E per un terzo valico Milano-Genova progettato non in funzione dei (pochi) passeggeri, ma solo delle merci, cioè con standard e costi molto inferiori? Lo stesso vale per la linea Av Napoli-Bari, e per molte altre grandi opere, concepite evidentemente senza alcuna considerazione della scarsità delle risorse pubbliche.
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grandebeltazor said,
5 marzo 2012 a 10:07
DI MARCO TRAVAGLIO
Il Tav Torino-Lione nasce ventuno anni fa, quand’era appena caduto il Muro di Berlino, al governo c’erano Andreotti e Cirino Pomicino e alle Ferrovie Lorenzo Necci. Poi, guardacaso, Tangentopoli li ha spazzati via tutti. Un’altra era geologica, quando i politici erano in preda a una supersonica “invidia del pene” e come modello di sviluppo inseguivano ancora la Muraglia Cinese e la Piramide di Cheope. Poi sappiamo che cosa ci han lasciato di grosso, in eredità: il debito pubblico . Il primo studio di fattibilità commissionato dalla Regione Piemonte 21 anni fa stimava che i passeggeri fra Italia e Francia sarebbero aumentati da un milione e mezzo a 7 milioni e 700.000 in dieci anni. Invece adesso sono 700.000: un decimo del previsto. Infatti il vecchio treno diretto Torino-Lione è stato soppresso da un pezzo.
Allora si è detto: siccome la nuova linea non serve per i passeggeri, che non ci sono più, servirà per le merci. E il progetto ha cambiato nome: da “alta velocità” a “alta capacità”. Adesso, a parte l’idea folle di fare una nuova ferrovia per portare le rape e le fave mezz’ora prima da Torino a Lione, basta dare un’occhiata ai dati del traffico merci fra l’Italia e la Francia, che è salito fino al 2000 e da allora è colato a picco. L’ufficio federale dei trasporti svizzero calcola che nel 2000 viaggiavano 8 milioni di tonnellate di merci; oggi ne viaggiano due e mezzo, anche perché ormai il grosso passa dal Gottardo e dal Brennero. Basta appostarsi lungo la ferroviaria Torino-Modane e osservare: l’80-90% dei treni merci passa completamente deserto. Anche perché abbiamo speso un sacco di soldi per potenziarla, la Torino-Modane, che ora potrebbe trasportare 20 milioni di tonnellate e invece ne trasporta due o tre al massimo.
Cioè, nessuno usa la linea esistente: e noi, furbi, ne facciamo una seconda. Con un cantiere che durerà 15 anni, scaverà per 57 chilometri una montagna piena di amianto e materiale radioattivo – perché noi siamo molto furbi: come se non fosse bastata l’Eternit, a insegnarci qualcosa. E dove lo mettiamo il milione di tonnellate di detriti, per giunta in parte tossici, che usciranno da quel buco? E quanti Tir ci vorranno per portarli via? Con quanta CO2 e quanto inquinamento? E che fine farà il turismo, nel frattempo? E le infiltrazioni della ‘ndrangheta in quella regione? Qualcuno ci ha pensato? E chi curerà le 10.000 persone che si prevede possano ammalarsi per le polveri e lo smog da cantiere, visto che è previsto addirittura un +10% di malattie cardiache e respiratorie? Per questo, non è vero che il Tav è inutile. Il Tav Torino-Lione è dannoso per l’ambiente e le falde acquifere (chiediamo ai toscani cos’è successo con il Tav tra Firenze e Bologna), è dannoso per la vita e per la salute degli abitanti della val Susa, ma soprattutto per le casse dello Stato.
Dicono che l’Europa dovrebbe pagare il 30-40% dell’opera ma non è vero niente, non c’è niente di sicuro: finora ha stanziato solo 600 milioni per il tunnel esplorativo, il resto è tutto da vedersi. E gli accordi con la Francia prevedono che l’Italia pagherà il 57% di un’opera che passa solo per il 30% sul nostro territorio: siamo sempre più furbi. Alla fine il Tav dovrebbe costare nell’ipotesi “maxi” 18-20 miliardi, cioè quanto basterebbe per cablare tutta l’Italia a 100 megabyte, o – nella versione “low cost” – 8 miliardi: tanti quanti la Gelmini ne ha tagliati alla scuola, alla ricerca e all’università negli ultimi tre anni. Ogni traversina del Tav è un banco di scuola, una culla di asilo nido, un posto letto di ospedale e di ospizio, un insegnante in meno. E questi sono solo i preventivi, che di solito, all’italiana, raddoppiano o triplicano. Basta vedere quello che abbiamo speso per gli altri Tav già fatti, quelli utili, come per esempio la Torino-Milano su cui nessuno si è opposto: abbiamo speso 73 milioni di euro a chilometro, mentre la Francia ne spende 10 e la Spagna 9.
Dicono: ma in Francia stanno scavando. Intanto non è vero: è tutto fermo anche lì, manca ancora il progetto definitivo fino a Lione. Hanno fatto solo tre cunicoli esplorativi e poi hanno tappato tutto, in attesa di tempi migliori: infatti i giornali francesi se ne strafottono di quello che succede dall’altra parte della montagna, perché non interessa nessuno. E comunque in Francia, quando scavano, scavano solo nella terra, mentre da noi scavano soprattutto nelle nostre tasche. E di solito il differenziale dei costi fra Italia e Europa, lo spread del magna-magna, ha un nome soltanto: tangenti. Basta aspettare. Il sospetto che, dietro, ci sia qualcosa di non detto aumenta quando si sentono parlare i difensori del Tav.
Prima c’erano i politici che ripetevano: «Il Tav si deve fare perché si deve fare, punto». A “Report”, il governatore piemontese Roberto Cota, col suo sguardo penetrante tipico della triglia lessa, ha risposto alle cifre dei No-Tav dicendo la seguente “supercàzzola”: «La Tav apre il Piemonte e tutto il sistema-paese all’Europa : prima di tutto, è un’apertura psicologica, di prospettiva». Ecco, più che psicologica sembrerebbe psichiatrica, visto che il Piemonte è già collegato all’Europa e alla Francia, dato che il traforo del Fréjus l’hanno inaugurato nel 1871 – all’insaputa di Cota, naturalmente. E meno male che la Lega Nord difende la volontà popolare, il radicamento nel territorio, il popolo sovrano, il “dio Po” che difende i popoli da scelte imposte da “Roma ladrona”. Il popolo della val Susa dev’essere figlio di un Po minore, perché non viene preso in considerazione.
Sempre a “Report”, l’ex sottosegretario alle infrastrutture del governo Berlusconi, Giachino, disse un’altra “supercàzzola” memorabile: «Il Tav consentirà di collegare le merci da Torino a Lisbona, fino a Kiev». Una super-mega-transiberiana, senza spiegare quali sarebbero queste merci che dovrebbero partire dal Portogallo e arrivare addirittura – marce, naturalmente – in Ucraina. E perché mai dovrebbero fare una capatina a Torino? Forse per visitare la Sindone o il Museo Egizio? I politici non dicono mai niente di esatto, di preciso: dicono una “supercàzzola” dopo l’altra, però sono quasi tutti d’accordo: quelli attualmente presenti in Parlamento sono tutti d’accordo sul Tav, centrodestra e centrosinistra. Uno dei più scatenati è il Pd: il sindaco Fassino ha detto che i No-Tav sono anti-storici. Un po’ come chi, quarant’anni fa, credeva nel comunismo sovietico. Chiamparino voleva addirittura espellere dal centrosinistra tutti quelli che erano contro la Tav. Poi ha scoperto la sua vera vocazione: ora fa il banchiere.
Il Pd piemontese ha minacciato di togliere la tessera agli iscritti che manifestano contro il Tav, manco fossero dei pregiudicati o degli inquisiti – anzi, no: se fossero degli inquisiti la tessera non gliel’avrebbero tolta: Penati ce l’ha ancora, è soltanto sospeso. Bersani l’ha ripetuto anche stasera: in fondo, il Tav è solo un treno. Non è solo un treno: è una linea ferroviaria che scava 57 chilometri nella montagna. E che, guardacaso, è appaltata a una cooperativa rossa, la Cmc di Ravenna, molto nota alle cronache (soprattutto giudiziarie) per i suoi vecchi rapporti con Primo Greganti: siamo passati da “falce e martello” a “calce e martello”. Ha scritto bene Adriano Sofri ieri su “Repubblica”: «Il partito trasversale pro-Tav è il Partito Preso, cioè quello che dice “ormai non si può più tornare indietro” e non spiega mai perché. Il Partito dell’Ormai. Il Tav è una nuova religione rivelata, fondata su un mistero sacro, calato dall’alto, quindi indimostrabile ma indiscutibile: il dogma dell’Immacolata Costruzione».
Infatti, nessuno si confronta mai con i dati degli economisti de “LaVoce.info”, del “Sole 24 Ore” (che è un noto organo dei centri sociali) o dei 360 professori universitari e professionisti che si sono riuniti insieme a Luca Mercalli, Ivan Cicconi e i professori Marco Ponti e Sergio Ulgiati e hanno lanciato quel famoso appello a Monti. Gli hanno detto: caro Monti, hai avuto coraggio nel respingere l’assalto olimpico di “Roma 2020”, possibile che non dimostri lo stesso coraggio ripensando un’opera così superata e così costosa? Anche quelli sono tecnici, anche se non sono al governo: per essere tecnici non è necessario essere ministri. Anzi, ci sono tecnici che non sono ministri, la pensano diversamente dai ministri tecnici e magari sono molto più tecnici dei ministri tecnici.
I 360 esperti citano per esempio uno studio di due ricercatori del Politecnico di Milano, Beria e Grimaldi, sulla grave sofferenza in cui versano tutte le linee di alta velocità in Italia. Poi c’è uno studio dell’università di Oxford su 260 grandi infrastrutture trasportistiche in ben 20 nazioni. Si dimostra che tutte le previsioni sui costi vengono regolarmente sottostimate, e tutte le previsioni sui benefici vengono regolarmente sovrastimate. Tant’è che quell’analisi si intitola: “La peggiore infrastruttura è sempre quella che viene costruita”. Altri ricercatori, svedesi e americani, hanno dimostrato che le grandi infrastrutture ferroviarie non risparmiano energia: la consumano. Quindi, inquinano molto più dei Tir che si vorrebbero togliere dalla strada.
Sono tutti professori, mica anarco-insurrezionalisti: non insultano i poliziotti, non tirano pietre, non si arrampicano sui tralicci, non sporcano e non urlano; chiedono solo un tavolo, un tavolino, per discutere pubblicamente come si fa tra tecnici: cioè con i dati e con le cifre, e nient’altro. E’ quello che chiedevano i No-Tav quando non c’era ombra di violenza, nel movimento. Solo che, quando non c’era la violenza, non li ascoltavano perché non erano violenti. E così qualcuno, sbagliando, ha pensato che per farsi notare e ascoltare bisognasse diventare violenti: e ha molto sbagliato, a fare questo. Ora, i tecnici di governo parlano come i politici. Il ministro Passera ha detto: i lavori devono proseguire, punto e basta. Perché? Perché sì. Bell’argomento: un argomento tecnico. Si è iscritto anche lui al Partito Preso.
In realtà, “proseguire” i lavori è un verbo sbagliato, perché i lavori non esistono: il cantiere è finto, i lavori dovrebbero semmai “cominciare”: pochissimi operai, l’abbiamo visto, e moltissimi poliziotti. I poliziotti, anche loro, come i valligiani, sono le vere vittime di questa politica e di questi tecnici che non ci mettono mai la faccia: forse perché non ce l’hanno più o forse perché ormai sono al 4% di fiducia, come diceva Ainis. Nessuno nega che tra i manifestanti ci siano dei violenti, e nessuno nega che anche tra le forze dell’ordine ci siano dei violenti, anche se lì è più difficile individuarli perché sono nascosti sotto i caschi, ma la gran parte fa il suo dovere. Come fa il suo dovere il procuratore Caselli, minacciato di morte e insultato con slogan orrendi, paragonato addirittura ai terroristi e ai mafiosi che ha combattuto per tutta la vita, solo perché ha fatto arrestare 25 attivisti accusati di violenze – tra l’altro, quasi tutti venuti da fuori della val di Susa.
Ma non è stato mica Caselli a decidere di militarizzare la valle, lui si è limitato a perseguire i reati. Gli ordini li danno i politici, quelli del 4%, quelli che oggi si defilano e lasciano la patata bollente ai tecnici: forse perché temono di non essere credibili, o magari perché temono che qualcuno gli ricordi che il movimento operaio in Italia è nato proprio con i blocchi stradali e con le occupazioni delle terre. E’ credibile forse un ex banchiere come Passera che ora fa il ministro e che ha scelto come vice-ministro delle infrastrutture un altro ex banchiere amico suo e socio suo in Banca Intesa, che prima le infrastrutture le finanziava e ora le dovrebbe controllare e deliberare? Sono credibili i ministri, politici e tecnici, che hanno militarizzato una valle per proteggere un cantiere che non esisteva? Che ordinano ai poliziotti di accogliere nelle stazioni in assetto antisommossa i manifestanti pacifici e di caricarne qualcuno? O di inseguirli fino in cima agli alberi?
Ecco, che bisogno c’era di far inseguire quel ragazzo sopra al traliccio? Possibile che davvero in Italia chiunque si arrampichi su un traliccio venga regolarmente inseguito da un rocciatore dei carabinieri oppure è un trattamento ad personam che riserva soltanto ai No-Tav? Lo dico perché un mese fa a Milano c’è stata una manifestazione secessionista della Lega. Alcuni milanesi hanno accolto i manifestanti srotolando la bandiera tricolore. La Digos gliel’ha fatta ritirare – il tricolore, non quella secessionista – per non provocare i leghisti. E’ il mondo alla rovescia, perché la bandiera nazionale è legalità e la secessione è illegalità. Però si può capire, la scelta della polizia: voleva evitare inutili tensioni e inutili scontri. Siamo sicuri che si stia cercando di evitare inutili tensioni e inutili scontri in valle di Susa? Perché non si cerca di fare anche lì quello che si è cercato di fare a Milano tra i leghisti e i tricolori? Soprattutto: perché i tecnici non fanno finalmente i tecnici e non rispondono, su quel tavolino da tecnici, alle obiezioni dei tecnici No-Tav con degli argomenti tecnici pro-Tav, se li hanno? Se non lo fanno non sono dei tecnici: sono dei cialtroni, e anche un po’ provocatori. E nessuno, a quel punto, toglierà dalla testa a molta gente che questa non sia l’alta velocità, ma l’alta voracità.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=9965
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