Stati Uniti d’Europa – i dubbi dei costituzionalisti e delle persone di buon senso

Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto!». Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento.

Esodo 3-6

Solo il federalismo sarà capace di evitare il fallimento dell’Euro e le sue conseguenze disastrose sulla vita di tutta l’Unione europea. Esso aprirà agli Europei la via verso un’Europa giusta, solidale e democratica in grado di garantire il suo spazio centrale nel mondo.

Giuliano Amato, Jacques Attali, Emma Bonino, Romano Prodi,Il federalismo che può salvare l’Europa”, La Repubblica, 9 maggio 2012

Un’Europa che potrebbe rivelarsi uno dei pilastri essenziali di un più ampio sistema euroasiatico di sicurezza e cooperazione sponsorizzato dagli americani. Ma, prima di ogni altra cosa, l’Europa è la testa di ponte essenziale dell’America sul continente euroasiatico. Enorme è la posta geostrategica americana in Europa…l’allargamento dell’Europa si traduce automaticamente in un’espansione della sfera d’influenza diretta degli Stati Uniti. In assenza di stretti legami transatlantici, per contro, il primato dell’America in Eurasia svanirebbe in men che non si dica. E ciò comprometterebbe seriamente la possibilità di estendere più in profondo l’influenza americana in Eurasia…Un impegno americano in nome dell’unità europea potrebbe scongiurare il rischio che il processo di unificazione segni una battuta d’arresto per poi essere addirittura gradualmente stemperato.

Zbigniew Brzezinski, architetto della politica estera statunitense in Eurasia, mentore del giovane Obama e co-fondatore con David Rockefeller della Commissione Trilaterale –“La grande scacchiera”,  Milano : Longanesi, 1998, pp. 83-85

Io credo che, alla fine, la risoluzione della crisi odierna in Europa non funzionerà poi tanto male…Inevitabilmente, una vera unione politica prenderà gradualmente forma, all’inizio probabilmente attraverso un trattato di fatto, che sarà raggiunto con un accordo intergovernativo nel prossimo futuro. Sarà un’Europa a due velocità. Non c’è niente di male in un’Europa che è in parte e contemporaneamente un’unione politica e monetaria nel suo nucleo centrale e che accetta di essere diretta da Bruxelles, circondata da un’Europa più ampia che non fa parte dell’eurozona ma condivide tutti gli altri vantaggi dell’Unione, per esempio la libera circolazione delle persone e delle merci. È un progetto in linea con la visione post-Guerra Fredda di un’Europa in espansione, unita e libera.

Zbigniew Brzezinski, intervista rilasciata al Christian Science Monitor, 24 gennaio 2012

Leggendo il suo articolo mi pare che per lei il federalismo sia una soluzione finale. Io credo che sia un mezzo: uno dei mezzi. Se ci guardiamo attorno, ci accorgiamo che il potere oppressivo non è soltanto prerogativa degli Stati nazionali. Una grande impresa oggi ha la possibilità di abusare del potere più dello stato stesso. Le nostre costituzioni accordano garanzie contro l’abuso di potere da parte degli organi dello Stato. Non ne accordano contro l’abuso di potere da parte dei grandi gruppi capitalistici. Il superamento dello Stato nazionale è una faccia del problema del potere. O i federalisti credono che sia una soluzione totale? Io non ne sono del tutto convinto.

Norberto Bobbio ad Altiero Spinelli, 15 dicembre 1957

Nessuno degli esempi della storia, siano essi una federazione di stati o un’unione di nazioni, può servire come modello per plasmare l’unione politica. L’Unione europea è sempre stata, e resterà, un impegno unico per il quale non ci sono modelli che possono essere facilmente adottati. È importante consentire un processo evolutivo, che è aperto a ulteriori iniziative di integrazione, ma salvaguarda ciò che è già in atto e funziona bene, e che assegna le competenze agli Stati nazionali o addirittura alle regioni a seconda dei casi.

Otmar Issing, capo degli economisti della BCE, 24 marzo 2006.

Il modello burocratico che vige a Bruxelles è il modello francese, in cui la burocrazia decide quanto cacao vi deve essere in un impasto di cioccolata oppure il raggio di curvatura che deve avere una banana. La Svizzera per contro rappresenta ancora oggi lo spirito di regionalismo, d’identità locale che non vuole cedere alla pressione dell’Unione Europea. E secondo me con diritto. Perché io sono democratico, e per me l’esistenza di una comunità come Bellinzona, che andrà alle urne per decidere di un credito per la pavimentazione di una piazza, è una parte importante della democrazia mondiale. […]. I singoli Stati americani sono molto più simili tra loro che non i 26 cantoni svizzeri. Quando si attraversano le frontiere in America non si nota nessuna differenza. Tutto è uguale, che sia Pennsylvania o New Jersey o Virginia. La diversità americana, che tanto ho amato, non esiste più. […]. Lì il federalismo è più una finzione: in realtà quello americano è un governo centralizzato.

Jonathan Steinberg, docente di storia moderna europea all’Università della Pennsylvania, Corriere del Ticino, 31 Luglio 2003

È nell’interesse di tutti addivenire ad un’Europa politicamente unita, ma dovrebbe essere evidente a tutti che l’Europa è sostanzialmente diversa dagli Stati Uniti d’America, per storia, lingue e cultura. I suoi popoli e comunità non possono essere trattati alla stregua degli ospiti della leggendaria locanda di Procuste, che venivano amputati oppure “allungati” per poterli adattare alle misure dei letti. È più che realistico attendersi che proprio la mancanza di rispetto per le specificità locali e le sensibilità particolari, oltre ad una fretta ingiustificata, produrranno reazioni violente e l’affondamento del sogno europeista.

Tra l’altro, è piuttosto curioso che si caldeggi una maggiore integrazione europea mentre oltreoceano, per tre soli voti (e grazie ad uno scaltro emendamento inserito all’ultimo minuto), non è passata una proposta di legge del Wyoming (HB 0085, 2012) per l’istituzione di un gruppo di studio che intraprenda l’analisi delle conseguenze di una potenziale interruzione del governo federale degli Stati Uniti, di un eventuale rapido declino del dollaro, di una situazione in cui il governo federale non ha alcun potere effettivo o autorità sul popolo degli Stati Uniti, di una crisi costituzionale e dell’ipotetica interruzione nel settore della distribuzione alimentare e dell’energia.

In un libro molto bello e sincero, intitolato “Il mito d’Europa” (Monti, 2000) Luciano Monti, docente di Politica Regionale europea presso la Luiss Guido Carli, dà testimonianza di come certe perplessità siano assolutamente motivate. Carli rileva che l’Europa è diventata un fine in sé e che il mito rischia di diventare un idolo. Sottolinea la modesta potestà legislativa del Parlamento europeo ed il suo scarso coinvolgimento nel processo decisionale della politica europea, stigmatizza il prevalere della burocrazia e l’inamovibilità dei suoi vertici, il proliferare di normative sempre più complesse ed il decentramento a livello regionale che indebolisce gli stati come corpi intermedi che possono anche tutelare le regioni stesse, le quali, sono comunque troppo deboli e mal coordinate. Infine, un’élite distante dai cittadini, isolata nella sua torre eburnea, persuasa di essere, sola, in grado di decretare i destini di centinaia di milioni di cittadini (p.235): “Vi sono anche numerosi potentati, che a differenza delle tradizionali strutture di governo, legate ad un territorio, sono piuttosto incardinati su una fitta rete di relazioni. Non si tratta in realtà di una casta determinabile, ma, per dirla con Herman Hesse, delle Castalie, vale a dire dei gruppi circoscritti di soggetti isolati dal resto della società civile. Dove l’isolamento è il prodotto non già dell’emarginazione ma piuttosto dell’elevazione“.

Perciò non sorprende constatare che le corti costituzionali dei paesi europei, specialmente in Francia, Germania e Regno Unito, abbiano assunto un atteggiamento difensivo e critico verso l’architettura istituzionale dell’Unione Europea (Zagrebelsky/Portinaro/Luther, 1996; Zagrebelsky, 2003). In particolare, il costituzionalista tedesco Dieter Grimm ha argomentato in modo molto persuasivo una serie di contestazioni all’iter integrativo europeo che si coniugano a quelle che ho menzionato in precedenza. Grimm osserva che, come non si possono costruire degli edifici a partire da tetto, ma servono delle solide fondamenta, così l’edificio europeo non può prescindere da una società civile europea, una lingua-ponte europea sufficientemente diffusa, partiti europei, media europei, una memoria sufficientemente condivisa, ossia di tutti quei trait d’union e soprattutto corpi intermedi che, fin dai tempi di Montesquieu, sono considerati elementi basilari ed irrinunciabili per un’organizzazione statuale stabile ed efficiente ed una cittadinanza che possa prendere parte attiva al processo decisionale. Senza la possibilità di comunicare in modo più agevole, di scambiare opinioni e valutazioni, come sarà possibile che mezzo miliardo di persone trovi punti di accordo, raggiunga compromessi e regoli i suoi rapporti con i paesi extra-europei, anche in tempi di crisi?

Una valutazione sottoscritta, tra gli altri, da Ralph Dahrendorf e Gian Enrico Rusconi nei loro commenti ad una sentenza della Corte Costituzionale Federale Tedesca del 12 ottobre 1993, la prima di una serie di sentenze, non solo tedesche, che hanno intralciato i piani delle autorità europee di addivenire al più presto ad uno Stato federale. Sentiamo il parere, al riguardo, di Andreas Vosskuhle, presidente della corte costituzionale tedesca, intervistato dalla Frankfurter Allgemeine („Mehr Europa lässt das Grundgesetz kaum zu“, 25 settembre 2011):

La Costituzione consente un’ulteriore integrazione europea?

Penso che i margini di manovra si siano in gran parte esauriti.

E se la politica volesse procedere oltre?

La costituzione tedesca garantisce l’inviolabilità della sovranità statuale. Essendo ancorata alla Costituzione, essa non potrebbe essere accantonata neppure per mezzo degli emendamenti costituzionali. Le modifiche della Costituzione concernenti i principi strutturali – democrazia, stato di diritto, stato sociale, federalismo – sono inammissibili.

La sovranità di bilancio del Parlamento potrebbe essere parzialmente trasferita alle istituzioni europee?

Non c’è più molto spazio per una cessione di ulteriori competenze all’Unione Europea. Se si volessero varcare questi limiti – il che può anche essere politicamente legittimo e desiderabile –, in quel caso la Germania dovrebbe darsi una nuova costituzione. Ma allora si renderebbe necessaria una consultazione referendaria. Non si possono fare queste cose senza il popolo.

È curioso che molti analisti politici, accecati dalla loro fede europeista, si dimentichino della differenza tra democrazia formale (la scatola) e democrazia sostanziale (il contenuto) e che debbano essere dei costituzionalisti a rammentarglielo (cf. per esempio Antonio Cantaro). Una democrazia senza una società civile vigorosa e corale (voci distinte ma armonizzate, come in un coro, appunto) è come quelle pagnotte che sembrano belle esternamente ma quando le spezzi scopri che è quasi tutta crosta e poca mollica (sostanza). Un vinaccio scadente ed un vino di alta qualità sono entrambi vini, ma sfido chiunque a dire che sono la stessa cosa: uno intossica, l’altro gratifica.

Ciò che è forse paradossale, ma molto significativo, è che questa agognata società civile europea, questo popolo sovrano europeo, sta effettivamente sbocciando, con fatica, solo ora, tra gli indignati, ma come atto di protesta contro le istituzioni europee e globali. La sensazione è che, per molti Europei, l’Unione stia diventando un problema, piuttosto che una soluzione, a dispetto del diverso parere di una larga fetta dell’intellettualità europea.

Come giustamente lamenta Giuseppe Guarino (2008, p. 160): “Bisogna andare avanti, si dice. Completare un processo glorioso che si è svolto con successo per oltre cinquanta anni. Andare avanti, certo. È indispensabile. Ma sempre che la strada prosegua diritta e sicura. Se diventa accidentata e va inoltrandosi in luoghi non chiari, se sorge anche un minimo dubbio se continui ad essere quella giusta, la più elementare prudenza suggerisce di fermarsi e chiedere informazioni…Non c’è ragione per discostarsi da quanto in analoghe condizioni farebbe una comune persona, mediamente saggia. Solo di questo si tratta“.

Vorrei concludere questo capitolo riproponendo alcuni passi salienti di un dibattito avvenuto in seno alla famosa, o famigerata, Commissione Trilaterale (Crozier, Huntington, Watanuki, 1977), un’organizzazione che è soprattutto nota per il suo elitismo e che quindi non ci si aspetta che possa manifestare posizioni contrarie all’accentramento del potere nelle mani di pochi selezionati. Ebbene, verso la fine degli anni settanta, le proposte di tre relatori che andavano, appunto, nella direzione di una revisione in senso tecnocratico e centralistico della democrazia come rimedio per la presunta crisi in cui versavano le società democratiche, ricevettero una bordata di critiche da diversi membri della Commissione. Ci fu chi sottolineò che i padri fondatori degli Stati Uniti non avrebbero mai anteposto la “governabilità” al rispetto dei diritti dei cittadini, chi denunciò gli eccessi dei governanti e della burocrazia, piuttosto che quelli dei governati, chi definì i rimedi raccomandati “errati, deludenti, fatali”, chi invocò più democrazia, non meno democrazia, chi lamentò il restringimento del pluralismo nei media e chi constatò che, essendo gli esseri umani così deboli, in una situazione di monopolio sarebbero inclini ad abusare del potere loro conferito. Posizioni assolutamente coincidenti con quelle degli indignati dei nostri giorni. Quel che più ci interessa è invece la valutazione che i membri canadesi diedero del federalismo canadese, uno dei possibili modelli per quello europeo (pp. 184-185): “Si fece rilevare che l’espansione e la proliferazione della burocrazia a livello federale, provinciale e comunale hanno contribuito, a causa della sempre minore chiarezza di direzione e responsabilità, alle tensioni cui è sottoposto il sistema politico canadese. Si registra una tendenza sempre più forte – si disse – della burocrazia ad assumere ruoli che tradizionalmente erano di pertinenza prevalente degli uomini politici – ad esempio quei ruoli che hanno per oggetto il “bene pubblico”. In ciò si potrebbe vedere uno sviluppo pericoloso, specie alla luce della vocazione della burocrazia federale a “imperniarsi su Ottawa”, senza più esprimere un’adeguata rappresentanza delle altre regioni del paese“.

Il Wyoming e il crepuscolo dell’impero

 

La storia è una galleria di immagini in cui ci sono pochi originali e molte copie.
Alexis de Tocqueville

Mentre c’è chi caldeggia la nascita degli Stati Uniti d’Europa, c’è chi paventa o comunque predice il crollo di quelli d’America.

“Marcus Cassianius Latinius Postumus si dice sia nato in una famiglia povera di origine gallica, crescendo in condizioni modeste fino in età adulta, quando si arruolò nell’esercito. Postumus eventualmente avanzò di grado per effetto del suo coraggio, forza, intelligenza e capacità diplomatiche. Postumus e vissuto in una era di grande inquietudine per l’Impero Romano. Nel terzo secolo l’ambiente stava cambiando ed i Romani avevano a che fare con gravi problemi sia all’interno che al di fuori dell’impero. Postumus divenne il governatore della Germania Superiore durante il regno dell’imperatore Gallieno. Nel 258 DC, fu un anno di grande fermento alle frontiere: i Goti e le altre tribù germaniche venivano spinti contro i confini romani da una nuova tribù barbara di grandi guerrieri che erano tutto ad un tratto apparsi dall’ est: gli Unni.

Gallieno era già impegnato in una guerra per difendere le frontiere orientali dai Persiani, suo figlio, Saloninus, si trovava in Germania per difendere la frontiera del Reno. Postumus nel frattempo era diventato il comandante delle legioni di stanza sulla frontiera del Reno. Non correva buon sangue tra Postumus e Saloninus, situazione che portò all’assassinio di quest’ultimo. Dopo la morte di Saloninus, Postumus si proclamò imperatore del nuovo Impero gallico, che comprendeva i territori di Spagna, Gran Bretagna, Gallia e Rezia. Il comandante ribelle affermò così la sua indipendenza da Roma e dall’imperatore Gallieno, arrivando a coniare una nuova moneta raffigurante il proprio volto. Postumus avrebbe regnato tra il 260-269 DC, quando fu assassinato da uno dei suoi uomini. L’Impero Gallico sarebbe andato avanti per altri cinque anni, fino al 274 DC, quando, dopo la battaglia di Chalons, l’imperatore Aureliano avrebbe reintegrato i territori di Postumus nell’Impero romano.

Nonostante la crisi del III secolo, l’impero romano sopravviverà per altri 200 anni, grazie soprattutto a due grandi imperatori: Diocleziano e Costantino, che contribuirono a immettere nuova linfa nell’impero morente. Le invasioni barbariche, iniziate nel 376 DC, con i Goti, e la sconfitta delle legioni romane ad Adrianopoli nel 378, avrebbero continuato per un secolo con i Visigoti nel 410, seguita dagli Unni nel 451 e dai Vandali nel 455, fino a quando l’ultimo imperatore romano, Romolo Augustolo fu deposto da Odoacre nel 476 DC data che segnò la fine dell’impero romano occidentale. Le invasioni barbariche sono state il risultato, non la causa della debolezza romana. Quando Odoacre prese il potere, Roma era ormai un guscio vuoto.

Quando i padri fondatori hanno stipulato la Costituzione americana, lo hanno fatto prendendo ad esempio la Repubblica Romana come un modello politico. Da allora un numero incalcolabile di libri, relazioni accademiche e opinioni sono state rese sul confronto tra l’Impero Romano e gli Stati Uniti. Una considerevole quantità di storici e sociologi oggi vedono molte similitudini tra la fine dell’Impero Romano e la situazione attuale in evoluzione negli Stati Uniti. Il motivo di tanta ricerca è che gli USA siano la versione attuale dell’Impero Romano. Per loro, Hollywood equivale agli spettacoli tenuti nel Colosseo, la politica estera degli Stati Uniti con i loro tentacoli di vasta portata, l’esercito americano con la sua presenza ufficiale e non ufficiale in 140 paesi in tutto il mondo sono paragonabili alla legione romana a guardia del vasto territorio dell’impero. Naturalmente, questi confronti possono essere inverosimili, soggettivi e discutibili. A mio parere, Roma è troppo distante dagli Stati Uniti in termini di tempo per esprimere un giudizio equo. Gli Stati Uniti e Roma non sono confrontabili, ma per il ragionamento di questa analisi, facciamo finta che l’equazione USA = Romano Impero sia correlata. Dobbiamo partire dal presupposto che se gli Stati Uniti equivalgono all’Impero Romano i due condividerebbero allora lo stesso destino, compreso il loro collasso. Uno stato di fatto è che tutti gli imperi e le civiltà che ci hanno preceduto sono nati e morti seppelliti dalla storia. Alcuni di essi sono durati più a lungo rispetto ad altri, ma non c’è mai stata una civiltà che è sopravvissuta intatta al flusso del tempo.

Probabilmente, la caduta dell’impero romano non è stata causata da un singolo evento, ma era la combinazione di molti eventi, alcuni più importanti di altri. Non importa quale sia la ragione, i segni del declino erano presenti per essere interpretati e spiegati ben prima della fine dei Cesari. Si possono prevedere i tempi della fine americana? Possiamo interpretare i segni di decadenza americana e il collasso? Può essere, ma è un giudizio soggettivo di chi fa l’analisi. Nel terzo volume della La Storia della Civiltà, del suo splendido libro, Cesare e Cristo, pubblicato nel 1944, Will Durant ha scritto: “Una grande civiltà non viene conquistata dall’esterno fino a quando non si è distrutta dall’interno“.

Durante gli anni dell’Amministrazione Bush, personaggi appartenenti all’altra parte dello spettro politico avevano ipotizzato la caduta degli Stati Uniti a causa delle guerre in Iraq e in Afghanistan, del terrorismo, della globalizzazione, della erosione delle libertà civili, della violazione della Costituzione, della crisi economica, ect. Se abbiano realmente creduto alla sua morte è un’altra questione. Ora che Obama è in carica, l’ideologia politica avversa vede Obama e i risultati delle sue decisioni, come un segno del declino americano. Essi dichiarano: le guerre continuano, destabilizzazione di Medio Oriente e Africa, la spesa e il debito nazionale, la recessione economica, crollo della struttura familiare, erosione dei valori morali, la violazione della Costituzione, immigrazione, ect. Come potete vedere, alcuni di questi fattori sono gli stessi di entrambe le parti politiche e tutti insieme hanno una qualche validità nell’ipotizzare la possibilità del crollo americano. Tenete a mente, però, che fare la previsione su modelli futuri e stabilire una linea di tempo è quasi impossibile e non importa quanto efficaci si e`nell’interpretare gli eventi attuali; si può solo speculare. Forse uno dei più grandi errori che possiamo fare è quello di concentrarci sui segni più grandi, mentre sottovalutiamo i piccoli.

A volte i guai cominciano negli angoli più remoti dell’impero, i luoghi più tranquilli. Si inizia con una crepa, per quanto piccola, ma queste piccole crepe sono quelli più difficili da affrontare. A volte possono passare inosservate, anche quando sono visibili, non si prendono sul serio, perché sembrano innocue. Se non immediatamente chiuse, queste sono le crepe che si espandono mettendo così in moto una serie di effetti devastanti sulla fondazione; mettendo di conseguenza in pericolo la stabilità della struttura dell’impero. La proposta di legge del Wyoming HB85 potrebbe essere una di quelle piccole crepe.

Il Wyoming è un posto tranquillo, uno Stato bellissimo di montagne imponenti, maestosi parchi nazionali come Yellowstone e il Grand Tetons, con una massa di terra di 251501 chilometri quadrati, più grande della Gran Bretagna e Irlanda del Nord messe insieme. Confina con il Montana a nord, Nebraska e South Dakota ad est, Colorado e Utah a sud, Idaho ad ovest. Ci sono solo circa 570.000 residenti in Wyoming, ma è una terra ricca di risorse naturali. Wyoming fu acquistato dalla Francia nel 1803. A volte ci si riferisce al Wyoming come a “lo Stato Cowboy”. Oltre alla bellezza naturale, il Wyoming è uno degli stati che negli ultimi anni hanno espresso un certo “dispiacere” nei confronti del governo centrale e dell’amministrazione Obama.

Alcuni sostengono che questo malcontento è dovuto al fatto che il Wyoming è governato da un repubblicano, come repubblicani sono il segretario di Stato, il procuratore generale e il tesoriere. Non nego che ci sia una certa verità in questa affermazione, ma minimizzare il malcontento strisciante presente in alcuni degli stati dell’Unione, come una questione puramente ideologica-politica è troppo semplicistico. Per iniziare, il Wyoming è ben lungi dall’essere semplicemente uno ”Stato Cowboy”come dice il suo soprannome. Il Wyoming ha una storia molto progressista. E ‘stato il primo stato dell’Unione a concedere alle donne il diritto di voto nel 1869, ha avuto la prima donna giudice di Pace nel 1870, la prima giuria tutta femminile nel 1870, la prima donna governatore negli Stati Uniti tra 1925-1927; il primo senatore donna negli Stati Uniti è stato eletto nel Wyoming, la prima città in America ad essere interamente governata da donne ; la città di Jackson nel biennio 1920-1921. Inoltre, Wyoming non è il primo Stato che ha cercato di esercitare una sorta di “indipendenza” da Washington. Dopo l’introduzione della legislazione sanitaria di Obama, molti stati, come Florida, Oklahoma, Colorado, Virginia, South Carolina e Georgia, hanno introdotto una legislazione locale in opposizione a determinati requisiti del mandato di salute pubblica di Obama. Inoltre, lo Utah, una volta ha tentato di creare il suo sistema monetario. In molti casi, questi stati si appellano al decimo emendamento della Costituzione americana che dice: “I poteri non delegati agli Stati Uniti dalla Costituzione, né proibiti ai singoli Stati, sono riservati ai rispettivi Stati, o ai cittadini. ” Originariamente i padri fondatori dell’America hanno messo l’emendamento decimo nel Bill of Rights, perché non volevano che il governo centrale diventasse troppo potente. Ma il decimo emendamento è stato dimenticato e indebolito da anni di continui cambiamenti e dall’acquisizione di maggiori poteri federali.

Il Wyoming HB85 va oltre la lotta alla legislazione sanitaria federale. HB85 è un nuovo tipo di disegno di legge senza precedenti dalla fine della guerra rivoluzionaria. HB85 propone la creazione di una task force “per studiare la continuità del governo locale in caso di interruzione nei poteri del governo federale.” Questa task force sarebbe stato costituita da due senatori nominati dal Senato. Nella proposta di legge è scritto: “La task force studierà gli impatti potenziali sul Wyoming di … una potenziale interruzione del governo federale degli Stati Uniti, compreso, ma non limitato a:

(I) gli effetti potenziali del rapido declino del dollaro degli Stati Uniti …

(Ii) gli effetti potenziali di una situazione in cui il governo federale non ha alcun potere effettivo o autorità sul popolo degli Stati Uniti;

(Iii) I potenziali effetti di una crisi costituzionale;

(Iv) Il coordinamento tra l’ufficio del governatore, la guardia nazionale e il personale militare federale nel Wyoming;

(V) I potenziali effetti di una interruzione nel settore della distribuzione alimentare;

(Vi) I potenziali effetti di una interruzione nella distribuzione di energia “.

Il disegno di legge è stato subito soprannominato il ” Doomsday Bill.”

Introdotto da David Miller, un legislatore repubblicano del Wyoming, in un’intervista con un giornale locale, l’autore ha affermato che “Le cose a volte accadono in fretta. Guarda la Libia, guarda l’Egitto, vedi quelle situazioni “Miller ha anche aggiunto che” Se continuiamo su questa linea, questo è il modo in cui ogni società finisce -.. Con una moneta senza valore .”

HB85 è morta nella mattinata di Martedì 28 per soli tre voti, 30-27. Il disegno di legge inizialmente era sopravvissuto alla Camera, ma poi, prima della votazione finale, un altro parlamentare repubblicano, Kermit Brown, ha aggiunto una nuova clausola nel disegno di legge che la modificava in modo da includere uno studio per la creazione di un esercito indipendente del Wyoming, compresi marina e aviazione. In più alla possibilità di acquisto di una portaerei (non importa che il Wyoming sia senza sbocco sul mare). E facile intuire che Brown potrebbe aver deciso di aggiungere l’emendamento per una ragione: rendere il disegno di legge scandalosamente ridicolo firmandone la sua condanna. Forse Brown, un ex ufficiale della Marina, è stato colpito da un senso di fedeltà al governo federale. Brown ha dichiarato dopo aver aggiunto l’emendamento sulla portaerei ”Ho deciso di iniettare un po’ di umorismo in questo disegno di legge“. Brown, ovviamente, non ha voluto immaginare uno stato dell’unione potenzialmente con il proprio esercito e la propria valuta.

Se il disegno di legge fosse passato, si sarebbe creato un gruppo di studio. Questo gruppo di studio avrebbe dovuto redigere un rapporto entro il dicembre di quest’anno, consigliando quali passi sono necessari per creare un esercito e una moneta. Chissà cosa sarebbe venuto dopo? Una volta che la porta è aperta, tutto può succedere. Non è difficile immaginare forse non nell’immediato futuro, ma nei prossimi anni, che, inspirato dal Wyoming, qualcuno potrebbe prendere l’iniziativa di presentare un referendum per l’indipendenza da Washington.

Molti degli altri Stati dell’Unione hanno problemi di bilancio e il governo federale è di $ 15 trilioni di debito. Alcuni hanno chiamato i sostenitori della ” Doomsday Bill” pazzi da complotto apocalittico e stanno ridendo di loro. Ma dietro queste etichette facilmente appiccicate,il Wyoming ha il diritto di essere preoccupato. Per Miller e molti dei legislatori del Wyoming, l’incubo di un crollo del governo centrale è reale. Miller ha dichiarato: “Le cose le facciamo giuste nel Wyoming, abbiamo la miglior conduzione dello Stato incluso un avanzo di bilancio. ” Le finanze del Cowboy State sono molto migliori rispetto al resto del paese. Sam Krone, un rappresentante repubblicano di Cody, ha dichiarato: “Siamo in una situazione relativamente buona finanziariamente, con $ 14 miliardi di risparmio e surplus.” La disoccupazione in Wyoming è anche la più bassa rispetto al resto del paese con il 5,7%; ben al di sotto del 8,5% a livello nazionale. Lo Stato del Wyoming in questo ciclo di bilancio in corso prevede di finire con 1.000 milioni dollari in eccesso. Sicuramente la gestione del “Cowboy State” è molto positiva

Se l’umanità sopravvive, in 1000 anni, gli storici guarderanno indietro nel la storia e` forse identificheranno la HB85 come una di quelle piccole crepe che sono diventati un punto di svolta nella caduta degli Stati Uniti. Se ci sono voluti 200 anni per Roma a cadere, ci vorrà molto meno per gli Stati Uniti. Se non è il Wyoming, forse sarà un altro Stato a bussare alle porte dell’indipendenza, usando come mezzo il “referendum democratico” creando probabilmente un effetto domino. Allora la caduta sarà veloce come il collasso dell’Unione Sovietica. Non vedo uno Diocleziano o Costantino all’orizzonte. Il meglio che l ‘America è in grado di produrre al giorno d’oggi sono persone del calibro di Obama o di Romney. Invece di ridere, mi metterei a piangere”.

Potete leggere una copia del HB-85: QUI

Gianfranco Campa
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=42857

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: