Il partito che si disse trasparente, e un bel giorno svanì

 

finalmente-una-favola1

https://twitter.com/stefanofait

…Dunque la paura del cambiamento, qualunque sorpresa, qualunque incognita possa riservarci il futuro, è per la sinistra un indugio mortale. Ogni pigrizia conservatrice, dentro la sinistra e dentro le sue parole, parla prima di tutto di quella paura. Compresa la paura di sbilanciarsi, di dire cose azzardate, di sembrare stravaganti o ingenui o imprecisi. La paura dell’errore intellettuale. Ma per dire qualcosa di sinistra sarà obbligatorio, di qui in poi, ricominciare a rischiare. Chi si ferma è perduto. E chi tace acconsente.

Michele Serra

1005727_449014721872472_1680909695_n

Se poi si calcolano i soli voti validi, centrosinistra e centrodestra rappresentano meno di 20 milioni di “aventi diritto”, cioè poco più del 40% degli italiani. Le coalizioni guidate da Pd e Pdl hanno perso in cinque anni qualcosa come 12 milioni di elettori, per effetto dell’emorragia che ha colpito soprattutto i due principali partiti: il Pd, che ne ha smarriti quasi 3 milioni e mezzo, con una flessione del proprio “capitale elettorale” vicina al 30%, e soprattutto il Pdl, la cui euforia si spiega solo con il precedente terrore della scomparsa, e che in queste elezioni ha perso quasi 6 milioni e mezzo di voti.
Marco Revelli sulla vocazione minoritaria dei partiti di maggioranza relativa

„Una lettera drammatica. Il frutto di un lungo travaglio: la conclusione di un percorso politico diventato negli ultimi anni sempre più accidentato”. Così Sardinia Post racconta le dimissioni di Valentina Sanna, presidente dell’assemblea regionale (il ‘parlamentino’ del Pd sardo), che ha annunciato al segretario Silvio Lai la decisione di lasciare il Partito democratico da dirigente e anche da militante.“ “Lascio questo Pd”, scrive Sanna al segretario regionale “perché, pur con il rispetto verso le tante persone che ho cercato di rappresentare con dignità e onestà e verso le quali resta immutata la vicinanza, la stima e la disponibilità a un lavoro comune, non mi riconosco affatto in chi lo governa realmente a livello nazionale e regionale“.

http://www.today.it/rassegna/valentina-sanna-dimissioni-pd.html

20081111-trento-pd

La strategia elettorale del PD trentino:

– blocca le candidature di Borgonovo Re e Zeni alle primarie interne del PD perché sono “divisive” (= non coalizionali, ossia non sufficientemente centriste) e perché il loro appeal è urbano mentre bisogna prendere voti anche nelle valli;

– seleziona un candidato coalizionale, Olivi, che rappresenta la continuità e può prendere voti anche nelle valli;

– presentati alle primarie di coalizione del centrosinistra e scopri che Olivi perde nelle valli, e nelle città non riesce a recuperare perché l’affluenza è imbarazzante: 705 voti a Pergine, 3807 a Trento, 1261 a Rovereto, 557 ad Arco, 265 a Riva del Garda: questa è la misura della Waterloo del Pd trentino, incapace di mobilitare perfino il suo zoccolo duro;

prenditela con il sindaco di Rovereto, che era in ferie programmate da prima che si stabilisse la data delle primarie, anche se a Trento, dove il sindaco ha fatto campagna elettorale per Olivi, l’astensione è stata in proporzione anche maggiore;

– prenditela con quei candidati che volevano discontinuità: «Ora saranno contenti i girotondini delle primarie interne! non capitatemi a tiro perché potrei far male!»;

– lamentati di doverti presentare alle elezioni provinciali con un leader in cui ti riconosci, anche se era “coalizionale”: “Rossi entra nel cortile. In pochissimi tra i democratici gli stringono la mano, «ci mancherebbe altro», sono le parole smozzicate tra delusione e rabbia”;

ripudia le primarie perché è colpa loro se i cittadini non approvano i candidati prescelti (anzi, è colpa degli elettori se non vogliono scegliere la continuità);

Alcuni esponenti del PD trentino contrari alla continuità credono che il partito possa essere riformato. Io sono molto più pessimista. Quel che avverto è la assoluta convinzione che quella imboccata sia la strada giusta, o comunque l’unica percorribile, e che se non viene premiata dall’elettorato è perché i cittadini non possiedono abbastanza informazioni per capirlo. Se sapessero quello che sanno i dirigenti del PD, apprezzerebbero certe scelte scomode ma realistiche.
Posso dirlo con cognizione di causa, avendo seguito il dibattito interno: il PD trentino è un partito molto più cinico ed elitario di quel che si potrebbe credere e di quel che vorrebbe credere. Per questo non può essere realmente democratico. Ogni sconfitta elettorale lo allontana dall’elettorato, lo spinge a rinchiudersi sempre più nella sua fortezza di “progressismo realista”, dietro il paravento del “non ci sono alternative” e del “destra e sinistra sono concetti superati”. E’ stato infettato dal cinismo e dall’hybris e non è più chiaro se potrà mai ammettere che, in fondo, non rispetta gli elettori che hanno smesso di votarlo e in parte li disprezza, o comunque attende solo che capiscano i loro errori e ritornino sui loro passi.
E’ un circolo vizioso che lo sta spingendo a fondo e che, lungi dal contrastare le tendenze paternalistiche della Provincia Autonoma di Trento, incentiva una modalità di intendere le relazioni tra governanti e cittadini che favorisce i leviatani tecnocratici (e misantropici), che sanno meglio delle persone comuni cosa sia meglio per loro.

tze-tze-blog-grillobest practice da tenere a mente anche a livello partitico

“Il Partito democratico si fonda precisamente su due equivoci culturali, quelli che lo rendono ab origine una forza politica del tutto inservibile per qualsivoglia riforma (e tutt’al più utile per alcune controriforme): la pretesa di essere al tempo stesso liberisti e socialdemocratici, da un lato; e quella di essere laici e filoconfessionali, dall’altro. Questo determina l’impasse, poi l’immobilità, via via fino al rigor mortis.

[…]

Il governo del non-fare, che in questo momento occupa la plancia del Titanic facendo finta di pilotare, ha in organico una ministra la cui designazione può significare una cosa sola: ius soli. Ma lo ius soli non potrà mai essere finché si ha la necessità di abbozzare con gli alleati di governo e di normalizzare certi avversari impresentabili. Di stare cioè tutti insieme appassionatamente sul transatlantico.

Così come non si potrà mai avere una legge decente sulla fecondazione eterologa, né i matrimoni gay ormai approvati in tutto il mondo occidentale, né l’attuazione della legge 194 sull’interruzione di gravidanza (attualmente disattesa grazie alla presenza dell’80 per cento di obiettori di coscienza negli ospedali italiani), né la riduzione dei finanziamenti alle scuole private paritarie confessionali in favore del rifinanziamento della scuola pubblica… se si deve tenere buona la propria componente confessionalista cattolica.

I sedicenti democratici non possono scegliere tra gli operai e Marchionne, tra lo stato laico e la chiesa, tra la libertà e la discriminazione, perché hanno deciso che tutto si può tenere assieme, che il conflitto può essere negato, e di questa negazione hanno fatto la propria ragione sociale. Ma è una ragione sociale fallata, che infatti ha prodotto una débâcle clamorosa. Un partito che era nato con tre obiettivi: sconfiggere Berlusconi, diventare maggioritario, fare le riforme, è riuscito a mancarli tutti. Date le premesse, le cose non sarebbero potute andare diversamente.

http://www.internazionale.it/opinioni/wu-ming/2013/07/15/il-partito-del-non-senso/

pd-1994-2013

Un profetico Piergiorgio Cattani: “cronologia di un disastro” (maggio 2013)

In questo modo, con tutta probabilità, il Partito Democratico non avrà il candidato presidente. Ma questo è un particolare completamente insignificante, perché ormai il giudizio politico è irrevocabile: il PD è sempre gregario, in quanto strutturalmente incapace di assumere autentiche responsabilità di governo e meno che mai di imprimere alcuna svolta. Anzi, non ci pensa nemmeno: per la nomenclatura sono gli organigrammi (dettaglio secondario per i cittadini) ad essere il faro di ogni pensiero, di ogni azione.

Gli elettori hanno dimostrato, vedi i recentissimi risultati elettorali, nel resto dell’Italia come a Pergine, di essere sia apertissimi al nuovo, sia in parte significativa ancora attaccati al partito, cosa che però non è detto si ripeta in ottobre. Il fallimento cronico della sinistra è infatti ora conclamato e non si intravedono possibilità di cambiamento in tempi brevi“.

http://www.questotrentino.it/qt/?aid=13898

nuovo-pd

Un profetico Piergiorgio Cattani (giugno 2013)

Gli autonomisti hanno già vinto. Aumenteranno di certo i loro voti, magari avranno il candidato presidente. La loro però è una vittoria politica e culturale di lungo periodo“.

Giuliano Santoro, “Un grillo qualunque. Il Movimento 5 Stelle e il populismo digitale nella crisi dei partiti italiani” (2012)

matto1

bagatto1-1

Grillo-Casaleggio_metafora

“Senza di me torna il fascismo” (Grillo)

“CasaPound? Perché no se hanno le nostre idee” (Grillo)

Il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore: «[Grillo] non si è mischiato con il potere e sullo ‘ius sanguinis’ la pensiamo allo stesso modo. Non si può escludere un’alleanza».

CasaPound: «E’ il catalizzatore di un dissenso in virtù di alcuni suoi messaggi politici che condividiamo»

**********

“Sì, nel movimento c’è razzismo e ignoranza, ma”

“Sì, molti temi sono affrontati in maniera superficiale e confusa, ma”

“Sì, Benetazzo è disprezzabile, ma”

“Sì, Grillo sull’immigrazione si appiattisce sulla vulgata dominante, ma”

“Sì, c’è il rischio di diventare una Lega Nord ecologista, ma”

“Sì, c’è un problema di verticismo, ma”

Wu Ming 1, gennaio 2012

**********

A) La Casaleggio Associati detta tutto ciò che Grillo fa e dice, espelle, caccia, accetta, dirige, e il comico obbedisce.

B) La Casaleggio Associati è un’impresa con legami a 360 gradi nel mondo bancario internazionale, delle Telecom, della speculazione in equities, ha un fatturato e deve rispondere a quello.

C) Il M5S è il primo partito italiano nella storia del Paese che è interamente controllato da un’azienda privata specializzata in massificazione e massmanipolazione di massa. Assai più radicalmente del PDL. Neppure negli USA questo è mai stato possibile.

D) Alle primarie del M5S potevano partecipare come votanti gli iscritti al movimento “che devono però essere controllati da noi su chi sono e cosa fanno” (Grillo). Neppure la Stasi aveva questa regola.

F) Il M5S deve sgobbare gratis per anni perché “noi non abbiamo soldi”, dice Grillo, che dichiara 4 milioni di euro all’anno. Per non parlare del fatturato di Casaleggio.

G) Grillo dice “io non ti devo dimostrare di essere onesto, o ti fidi o non ti fidi”, proprio come in Scientology, o come nelle dittature.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11309

**********

Quante volte, nella storia, a partire dai giacobini, i movimenti che si autodefinivano ultra-democratici si sono dimostrati antidemocratici?

Il M5S è una macchia di Rorschach: ognuno ci vede quel che è portato a vederci. Per questo non sarà mai un qualcosa di definito: solo così può continuare a catturare consensi a destra, centro e sinistra. Per la stessa ragione non avrà mai un progetto politico di governo e dei candidati in grado di ricoprire incarichi di governo.
Scomparirà spontaneamente quando ci sarà una sinistra in grado di governare.

**********

GAIA – THE FUTURE OF POLITICS (i nuovi Conquistadores Cosmici)
“Nel corso di una terza guerra mondiale tra i buoni e i cattivi che accelererà i cambiamenti climatici nella direzione prevista da Al Gore, si verificherà la riduzione della popolazione mondiale ad un 1 miliardo di persone. Un nuovo Movimento Ambientalista risolverà tutti i problemi mondiali. Chi non è su Earthlink non esisterà (sic!). Sarà introdotta un’Intelligenza Artificiale Planetaria, chiamata BRAIN TRUST, che spiegherà a tutti come risolvere i problemi quotidiani, condividendo tutti i dati online. Ci sarà l’elezione in rete di un governo mondiale chiamato GAIA che abolirà partiti, ideologie e religioni. La conoscenza collettiva sarà la nuova norma”.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/11/01/totalitarismo-cosmico-grillo-gaia-casaleggio/

**********

Giuliano Santoro, “Un grillo qualunque. Il Movimento 5 Stelle e il populismo digitale nella crisi dei partiti italiani” (Castelvecchi, 2012) 

Stralci dal libro

Il gergo di Grillo e dei grillini comprende un lungo elenco di soprannomi degli avversari politici. È una scuola, quella dei nomi storpiati, che vanta molti antenati, un albero genealogico tutto schierato a Destra che coinvolge anche il fondatore dell’Uomo Qualunque Guglielmo Giannini, che chiamava il padre costituente Pietro Calamandrei «Caccamandrei» o l’azionista Luigi Salvatorelli, additato in quanto sostenitore delle epurazioni dei fascisti dalle istituzioni, «Servitorelli». Dopo di lui, ci fu Emilio Fede, che infastidito dal consenso dilagante alla contestazione al G8 di Genova, nel 2001, decise di storpiare i nomi di due dei portavoce di quel movimento, Luca Casarini e Vittorio Agnoletto, chiamandoli «Casarotto» e «Agnolini». In quel caso, sbagliare i nomi deliberatamente equivaleva a dire: «Non pensiate di essere diventati noti al grande pubblico, io ad esempio non ricordo mai i vostri cognomi». (…)

Nel mondo di Beppe Grillo il passato non esiste. Esiste solamente il futuro della «nuova era», della Rete, della mutazione antropologica. Le idee senza parole sono costituite prevalentemente da una costruzione mitologica che non ha certo inventato Grillo ma di cui il comico genovese si nutre a piene mani. I politici (riuniti nella «Casta») sono vecchi, la scuola che frequentano i vostri figli è vecchia, le ideologie sono vecchie. Nuova è la Rete, come mondo mitologico, organico, a-conflittuale, nel quale ogni cosa assume il suo ordine naturale. «Nel salotto di casa, collegandosi alla Rete, si potrà creare qualsiasi oggetto da una penna a un fischietto», scrivono Grillo e Casaleggio in Siamo in guerra. «La possibilità di comunicare in Rete attraverso il pensiero da ipotesi di fantascienza è diventata realtà». La tecnologia non viene descritta per quello che è, cioè un complesso campo di forze, uno spazio di tensione tra diversi interessi. Al contrario, la tecnologia diventa una sorta di panacea. Sono concetti che vengono ripetuti continuamente, mai spiegati fino in fondo, fino a rappresentare un elemento identitario, un universo di segni di riconoscimento cui attingere.

È quella che Wu Ming 1, in un articolo molto dibattuto sul «feticismo digitale» ha definito «narrazione tossica»: «La tecnologia come forza autonoma, soggetto dotato di un suo spirito, realtà che si evolve da sola, spontaneamente e teleologicamente». L’approccio alla «Rete» dei grillini, dice in un’altra occasione Wu Ming 1, «vede nella tecnologia una forza autonoma, trascendente le relazioni sociali e le strutture che invece la plasmano, determinandone sviluppo e adozione. La Rete diventa una sorta di divinità, protagonista di una narrazione escatologica in cui scompaiono i partiti (nel senso originario di fazioni, differenze organizzate) per lasciare il posto a una società mondiale armonica, organicista. L’utopia di un uomo è la distopia di un altro».

http://comune-info.net/2012/10/i-salti-del-grillo-tra-tv-rete-e-politica/

«I post critici sul forum del Movimento 5 Stelle spesso vengono cassati», racconta il consigliere ferrarese (epurato) Valentino Tavolazzi: «Ci sono tantissimi esempi di cancellazione di commenti “scomodi”. E poi ci sono troll che disinformano o infamano. A me ne hanno dette di tutti i colori. Per fortuna non ho niente da nascondere, altrimenti sarei già morto da un pezzo. È proibito criticare Grillo, se lo fai non ti danno tregua. Che sia una strategia precisa o una reazione spontanea dettata dal fanatismo, o forse entrambe le cose».

http://pubblicogiornale.it/politica/grillo-e-tavolazzi-storia-di-unepurazionesantoroqualunque/

Santoro, il suo libro racconta Beppe Grillo dalle origini, dai tempi del cabaret e della televisione, e offre così una prospettiva lunga sul personaggio. Un parallelismo che emerge con forza, dal rapporto con Antonio Ricci (che è stato un suo autore) al fiuto mediatico, è, in fondo, quello con Silvio Berlusconi. Viene da pensare: davvero dopo la fine del berlusconismo siamo destinati a rivivere ancora una volta il brutto film degli anni Ottanta?

Piccola premessa di metodo. “Un Grillo Qualunque” non è un libro dettato dall’urgenza del momento, serve a muoversi nello scenario attuale ma al tempo stesso affonda su più livelli e si muove su molti piani, a cavallo tra studi culturali, sociologia dei media e politologia. Ricostruendo la genealogia del grillismo parto dal Beppe Grillo personaggio dello spettacolo. Questo ci consente di comprendere due elementi.
Primo: che Grillo ha imparato il linguaggio televisivo, della televisione mainstream, da Antonio Ricci, cioè da quello che molti hanno indicato come vero ideologo del pensiero debole berlusconiano, dall’uomo che ha inventato il tg satirico “Striscia la notizia” per Berlusconi, facendo credere agli italiani che il Gabibbo e L’Uomo Ventosa erano giornalisti di inchiesta e mettendo davanti alle tavole imbandite per cena le Veline, cioè la donna-oggetto per eccellenza. Tra un tormentone e una scollatura, Ricci ha persino preteso di apparire come un “situazionista”, un uomo “contro”. Per questo non bisogna stupirsi se, dopo anni di colonizzazione berlusconian-ricciana, tanti pensano che davvero il grillismo sia addirittura una “rivoluzione”. Del resto, non bisogna stupirsi: c’era gente in questo paese che pensava che Calderoli avrebbe fatto la secessione!

Secondo elemento: Grillo non è affatto espressione della Rete. Al contrario è la prova conclamata del fatto che da qualche anno la Rete è stata colonizzata dalla televisione, ne ha assunto tic, gerarchie e strutture linguistiche. Avete mai visto Grillo confrontarsi con qualcuno, online oppure nella vita reale? Ovviamente no. Ecco perché parlo di “populismo digitale”. Si usa la Rete per reinvestire il proprio capitale di fama acquisito tramite la televisione e per portarvi logiche televisive.

[…].

Grillo sfonda in Veneto e in tutto il Nord. Ciò accade principalmente perché lucra sulla crisi delle destre. Il suo boom elettorale corrisponde con precisione millimetrica al crollo del Pdl e della Lega. Non voglio semplificare troppo, la questione è complessa e ci sono delle eccezioni, ma tutti gli indicatori al momento ci dicono che Grillo prende i voti dei delusi da Bossi e Berlusconi. In Veneto è la stessa cosa: gli orfani della Dc hanno fatto la fortuna della Lega e adesso, in attesa di nuovi equilibri, gli orfani di Silvio e gli elettori disillusi da Umberto votano per il Movimento 5 Stelle. Non è un caso che Grillo negli anni abbia usato toni molto simili quelli della destra contro gli immigrati, dimostrando in questo caso di essere davvero poco alternativo ai canoni dominanti.

[…].

Grillo fa un gioco di rappresentazione e rappresentanza delle istanze di cambiamento. Come altre volte è successo nella storia del nostro paese, canalizza l’attenzione dei frustrati, di gente che – sia chiaro – ha tutto il diritto e tutte le ragioni di questo mondo per mandare a quel paese la classe politica. Il problema è che questa rabbia viene canalizzata dentro un progetto confuso e tutto dentro le logiche dello spettacolo, in cui si sostiene tutto e il contrario di tutto. Cose giuste e vere si mescolano a proposte assurde.

[…].

Mi sono chiesto: che cos’è oggi il Movimento 5 Stelle? Lavorando a questo libro ho scoperto che opera praticamente solo quando si tratta di votare. È una macchina acchiappa-voti, che svuota le piazze e fa illudere la gente che soltanto andando a votare contro la cosiddetta “Casta” verrà il cambiamento, che basta sostituire una classe politica con un’altra per ottenere qualcosa. In questo contesto, è importante verificare come l’azione del movimenti sociali veri tolga spazio al Movimento spettacolare di Grillo.

Sono stato a Vicenza negli anni scorsi e ho assistito da vicino alla straordinaria emersione del movimento No Dal Molin, ho visto come le due culture presenti sul vostro territorio – schematizzando un po’, quella dei centri sociali e quella del pacifismo radicale – hanno messo in piedi un’esperienza in grado al tempo stesso di radicarsi nel locale e porre questioni globali, universali. Quando i movimenti veri mordono, Grillo ha meno spazio perché la delusione e la rabbia trovano ricettori più pronti e meno virtuali.

http://www.nuovavicenza.it/2012/10/un-grillo-qualunque-ecco-perche-i-5-stelle-sfondano-in-veneto/

Come spiega Giuliano Santoro in un libro acuto sul “populismo digitale” del Movimento 5 Stelle (Un grillo qualunque, Castelvecchi, pp.176, euro 16), rispetto al situazionismo il grillismo usa l’invisibilità, il silenzio, l’idea del candidato senza volto (televisivo) come arma per alimentare l’attesa di un messaggio messianico, creando una suspense narrativa che esalta la connessione diretta (“sentimentale” direbbe Gramsci) tra il leader-attore e il suo “popolo“.

[…].

Grillo fonda la sua impresa politica su attivisti che vivono nelle città piccole e grandi, detengono risorse immateriali in termini di tempo, istruzione e competenze.

Sono precari e freelance del lavoro della conoscenza e sono stati investiti da quel processo di proletarizzazione del ceto medio che condanna all’inoccupazione generale, oltre che al “disallineamento” tra la formazione dei plurititolati con lauree e master e la loro occupabilità sul mercato del lavoro. E’ questo il dramma della crisi del terziario avanzato che non ha voce in Italia. Oggi Grillo sembra offrire una sponda a questi nativi digitali, ai nuovi poveri, ai non rappresentati, ai “neet” disprezzati dal governo dei professori, agli esclusi dalla democrazia rappresentativa costruita sulla violenza della cooptazione, la corruzione, il corporativismo di una società all’ultimo stadio della decomposizione. Chiaramente non offre soluzioni, ma esalta il discorso della rete come elemento salvifico che si risolve in un individualismo esasperato. 

Il suo movimento non è interessato ad una proposta costituente alla ricerca di una forma comune della vita politica, ma conferma l’idea che l’individuo ritrova il suo protagonismo nella democrazia diretta, cioè nell’illusione della partecipazione senza filtri al reality messo in scena dal leader contro il mondo cattivo delle caste. Questa ricetta farà piazza pulita di ciò che resta dei partiti tradizionali dell’opposizione, a partire dalla sinistra “radicale” e del suo infimo spettro che barcolla ancora sulla scena. Ma questo è meno interessante rispetto alla ricetta di Grillo contro la crisi. Il comico genovese e il suo guru telematico Casaleggio riabilitano il dogma del libero mercato al tempo del fallimento del neo-liberismo.

“Nè di sinistra, né di destra”

[…].

Grillo viene percepito come anti-tutto e per questo prende voti sia a sinistra sia a destra. In un paese dove i nuovi assunti sono all’80 per cento precari, dove i “neet” sono 2,2 milioni, la disoccupazione giovanile è al 35,1 per cento (terza dopo Spagna e Grecia che sono ad oltre il 50%), mentre il governo Monti ha escluso ogni speranza di integrazione sociale e lavorativa, anche uno spazzino viene visto come membro della Casta – cioè della cittadella del lavoro garantito mediante raccomandazioni o cooptazione – in quanto dipendente pubblico a tempo indeterminato.

[…].

Scriveva tempo fa Wu Ming 1: il «grillismo» mi appare sempre più come un movimento di destra: diversivo, poujadista, sovente forcaiolo, indifferente a ogni tradizione (anche recente) culturale e di lotta, noncurante di ogni provenienza politica […] Il modo in cui il movimento descrive se stesso trasuda di quella retorica dei «processi dal basso» che il grillismo ha avuto in dote dai movimenti altermondialisti di inizio secolo e si è adoperato a ricontestualizzare. Per molti versi, il grillismo è un prodotto della sconfitta dei movimenti altermondialisti: ha occupato lo spazio lasciato vuoto da quel riflusso.

Roberto Ciccarelli, Manifesto

http://furiacervelli.blogspot.it/2012/11/grillo-la-precarieta-diventa-un-reality.html?spref=tw

«Beppe Grillo non incarna né il padre permissivo, cioè la figura della sinistra, né quello responsabile, della destra. Piuttosto è lo zio che ti fa divertire e ti lascia nei guai».

[…].

La tv resta però il suo modello. «A Genova Grillo faceva spettacoli per il partito liberale, è scoperto da Alfredo Biondi, poi chiamato da Pippo Baudo in tv, dove fa dei monologhi, e quando gliene chiedono di nuovi lui chiama l’amico Antonio Ricci per scriverli. Dopo verranno Serra e Benni, ma è Ricci che lo caratterizza, e che al tempo del crac Parmalat, quando ancora Grillo è senza rete, gli offre spazio su Striscia la notizia». In tv nasce il Grillo politico («che costruisce un’ideologia prêt-à-porter, in cui ognuno vede quel che vuole»), e nel web porta la tv.

E arriva alle urne. Ma per Wu Ming 2, ripartendo dal libro, si scopre che «il risultato elettorale del M5S è in realtà scarso laddove sono candidati volti non associabili all’establishment, come dimostrano i casi Pisapia e De Magistris»; e soprattutto che «il successo si gioca nella relazione con le lotte locali, con i movimenti preesistenti». Qui bisogna fare attenzione, perché «in Sicilia la retorica dei meetup, del movimento di movimenti, è risultata falsa. Là esistono pochi meetup, e l’affermazione del M5S è stata una sorta di delega per mandar via i vecchi volti». Inoltre «il M5S ha una visione schiacciata del passato, i grillini pensano che le lotte siano sempre partite da loro, da Grillo, come per l’acqua pubblica… non sanno che esistevano comitati radicati nei territori da decenni». «E se in effetti Grillo è stato il primo in Italia a parlare di ogm, e se firmava appelli con Alex Zanotelli – aggiunge Marco Trotta – ora sono spariti dalla sua agenda sfruttamento e ridistribuzione delle ricchezze».

http://caffeletterario-bologna.blogautore.repubblica.it/2012/12/09/un-grillo-qualunque-nella-crisi-politica/

Movimento 5 Stelle, ma il programma dov’è?

di Marco Trotta | 12 dicembre 2012

Ma soprattutto non si sa che programma e proposte andranno a portare in Parlamento. Il sito dove si prometteva di scrivere il programma elettorale insieme ai cittadini non è mai partito. Alle persone che mi dicono che voteranno il M5S alle prossime elezioni, contribuendo al 20% pronosticato dai sondaggi, chiedo: ma oltre a sapere sulla fiducia autocertificata da loro o dallo staff di Grilo che sono incensurate, sai come la pensano del Fiscal Compact? Cosa vogliono fare della legge Fornero che ha abolito, tra gli altri l’articolo 18? Cosa pensano delle missioni all’estero, delle spese militari? Cosa pensano del sistema sanitario nazionale? Della scuola pubblica?

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/12/movimento-5-stelle-ma-il-programma-dove-2/417409/

INTERVISTA A GIULIANO SANTORO

Lo scarto di cui parli è uno dei tanti paradossi del grillismo. Provo a descriverlo: nell’era della crisi della rappresentanza politica, e della sua incapacità – diciamo così – di far da contrappeso al mercato, ecco che spunta un movimento carismatico che in nome della “democrazia diretta” (concetto che, come spiego nel libro, viene utilizzato come feticcio ideologico) punta tutto sulle elezioni per costruire il rinnovamento. È una contraddizione non da poco: Grillo all’inizio degli Anni Zero affrontava i grandi temi della globalizzazione, del global warming e della guerra spiegandoci che contava di più il modo in cui si faceva la spesa che la scheda che si metteva nell’urna. Era un modo per ribadire che il vero potere si trovava altrove, nel mercato e nelle multinazionali, e che i partiti erano solo sovrastruttura. E invece, negli ultimi due anni, siamo arrivati al punto che il Movimento 5 Stelle non fa altro che organizzare campagne elettorali permanenti, compilare liste di candidati, polemizzare con gli altri partiti. Paradosso nel paradosso: Grillo – capo carismatico, trascinatore di masse e fondatore del Movimento – almeno per il momento non si candida e anzi trae forza da questo non mescolarsi con “la politica”. Ciò forse avviene perché in questo modo è come se tutti i candidati fossero Grillo. A meno che qualcuno non sia così ingenuo da pensare che i voti li prendono i cittadini che spauriti compaiono a fare da scenografia ai comizi-spettacolo del comico-leader.

Ho trovato molto interessante la tua analisi di alcune sconfitte elettorali del M5S. Dalla Vicenza dei No Dal Molin, alla Milano di Pisapia alla Napoli di De Magistris, appare chiaro che i Cinque Stelle si trovano in grave imbarazzo di fronte a due componenti: un movimento territoriale forte e la candidatura di outsider che rompono il frame “Grillo contro La Casta”.

[…]

in tutta Europa, e anche negli Stati Uniti per certi versi, la gente protesta contro le politiche di austerità, tenta di organizzarsi dal basso per rompere la gabbia dei sacrifici. In Italia, dove pure abbiamo una certa tradizione quanto a movimenti sociali, tantissime delle persone che potrebbero mobilitarsi si limitano ad aspettare il giorno delle elezioni, per poter sostituire quelli della “Casta” con altri eletti, che peraltro non si sa come vengano scelti e messi in lista. Come se questo davvero potesse cambiare la situazione.

Anche a questa contraddizione è legata l’urgenza di scrivere questo libro, che si rivolge a tutti quelli che orientano la loro rabbia verso obiettivi sbagliati e alla ricerca di soluzioni inesistenti. Grillo non è la risposta giusta perché risponde ad una domanda erronea in partenza. Grillo non risponde alla domanda “Come facciamo a costruire altre relazioni di potere e di produzione?”. Oppure, non si chiede: “Come si fa a ottenere una più equa distribuzione della ricchezza?”. La domanda alla quale risponde Grillo è “Come si fa ad andare nei palazzi del potere al posto di quelli là?”.

[…].

Intanto una premessa. Grillo dice: “Ringraziate che ci sono io, altrimenti ci sarebbero stati i neonazisti”. Ora, a parte il fatto che non ci vuole molto ad essere “meglio dei neonazisti”, e su questo concorderebbe chiunque appartenga al consesso civile, questa è più un’affermazione minacciosa che rassicurante. Come a dire “Li tengo a bada io, questi disperati”. Se fossi un elettore dei 5 Stelle mi incazzerei.

Il Partito Pirata ha molte analogie con il Movimento 5 Stelle. C’è la grossa differenza della struttura proprietaria e verticistica messa in piedi dallo Zio Beppe. Ma li accomuna un’ideologia profondamente liberista. Sia i grillini che i piraten, in fondo, pensano che la Rete serva a ristabilire la libera concorrenza, che in questo spazio virtuale si possa realizzare l’utopia liberale della “mano invisibile” che premia i più meritevoli e fa vincere la “verità”. Ancora una volta: non esistono classi, rapporti di forza, conflitti. Esistono solo individui che finalmente avrebbero opportunità di realizzarsi. Quelli del Partito Pirata, ad esempio, sono a favore del reddito minimo garantito perché sostengono che questo permetterebbe a chiunque di concorrere sul mercato in maniera più efficace. Il reddito non è un diritto, è uno strumento per perfezionare il funzionamento della libera concorrenza.

[…].

Il libro contiene una specie di disamina dello schema argomentativo (che si ripete sempre uguale) del troll grillista. È uno schema che ha dato vita anche a un gruppo su Facebook che parodizza le campagne emozionali di Grillo e che si chiama “Siamo la gente, il potere ci temono”. Il blogger (e giapster) Jumpinshark ha scritto una vera recensione di Un Grillo Qualunque utilizzando questo linguaggio.

Proprio ieri ho partecipato ad un dibattito televisivo su Beppe Grillo. In studio c’era anche un grillino, un imprenditore del varesotto ex leghista e forzitaliota che ora aveva scelto la causa del Movimento 5 Stelle. Quando la conduttrice gli ha chiesto cosa del programma di Grillo lo convincesse particolarmente, lui ha risposto (cito a memoria): “Ci ha fatto vedere la luce. Per noi Grillo è una luce in fondo al tunnel”. Pochi minuti fa, invece, una elettrice grillina mi ha scritto su Facebook che “La democrazia partecipata è un concetto unitario e unificante”. Ecco degli esempi di “idee senza parole” dei grillini. Alla radice della loro ideologia pret-a-porter c’è qualcosa di inspiegabile, inesprimibile, irrazionale. Altro che intelligenza collettiva: Grillo muove emozioni, dà vita ad un impasto di politica, spot pubblicitari e sentimenti.

http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=10112

FILIPPO CECCARELLI – la Repubblica | 31 Ottobre 2012

Ma «zitelle acide», in realtà, ci stava benissimo. I seguaci di Grillo fanno proprio questo effetto. In un libro appena uscito e davvero molto interessante, «Un Grillo qualunque» (Castelvecchi), Giuliano Santoro si sofferma anche sul perché e quindi sulla paura dei dirigenti M5S di perdere la purezza mescolandosi con gli «altri». Per i grillini infatti il passato non esiste, condizione che rappresenta al tempo stesso un vantaggio e un limite, enorme autonomia e scarsa conoscenza delle male arti del potere.

Da uomo di spettacolo, in compenso, Grillo saprà che l’archetipo delle «zitelle acide» è il motore di un’opera di Shakespeare, nientemeno. La protagonista de La bisbetica domata, Caterina, single di cattivo carattere e ricca dote, assomiglia moltissimo al movimento in ascesa. Scontrosa, impaziente e linguacciuta, ella sa che opporsi è l’unico modo per salvare la sua integrità arrivando pure alla minaccia di «pettinare la cocuzza con uno sgabello a tre zampe» a chiunque le giri intorno. Con il che ogni possibile pretendente «Da simili diavole Dio ci scampi! » – si ritrae.

http://www.dirittiglobali.it/home/categorie/21-politica-a-istituzioni/38131-le-zitelle-a-5-stelle-e-la-purezza-in-pericolo-nella-babele-politica.html

**********

[ironica contro-recensione spettacolare!]

LA KA$TA COLPISCE ANCORA!!11!!!1! SENZA VERGOGNA ORA SI FA SCRIVERE PURE I LIBRI!!

CHE PROVE C’ABBIAMO???? A PARTE CHE NON CE N’E’ BISOGNO, CMQ: QUESTO LIBROè STATO PRESENTATO DAL CORRIERE DELLA SERA, IL CORRIERE DELLA SERA E’ I POTERI FORTI, QUESTO è UNL IBRO DEI POTERI FORTI!!1!!!

BASTA LEGGERE 2PAGINE (SE NON T’ADDORMENTI AHAHAHAHA) X CAPIRE CHE è UN LIBRO MATTONE DEL SOLITO PROFESSORONE PECORONE DI SINISTRA, CHE VUOLE SPIEGARE ALLA GENTE QUELLO CHE FA COMODO A LUI MENTRE LA GENTE SA GIA’ DA SOLA LA VERITA’. PERCHE’ C’HA IL WEB E LA CONTRINFORMAZIONE.

http://jumpinshark.blogspot.it/2012/10/un-grillo-qualunque-di-giuliano-santoro.html

Citazioni per un Mondo Nuovo (1)


a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles

“Chi sei? Donde sei? Della Terra sono figlio e del Cielo stellato”
Frammento orfico

“Da noi, niente va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi”
Italo Calvino, “Il Sentiero dei Nidi di Ragno”

“Dietro il milite delle Brigate nere più onesto, più in buona fede, più idealista, c’ erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l’Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c’ era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, perché di queste non ce ne sono. Non ce ne importa nulla che i bravi “ragazzi di Salò” non sapessero cosa difendevano, insieme con l’onore della patria. Capita, talvolta, nella storia di trovarsi dalla parte sbagliata”.
Alberto Asor Rosa

“Nessun rischio calcolato, all’insaputa delle vittime o delle cavie, giustifica l’esistenza di un potere che tutela dall’alto, che detiene e nasconde informazioni che riguardano la collettività. Un popolo adulto non può dare a nessun tutore una delega in bianco su questo. L’esercizio del potere di controllo dal basso è faticoso e poco gratificante, ma non è barattabile”
Marco Paolini

“Se la “rivoluzione dell’eguaglianza” era stato il connotato della modernità, la “rivoluzione della dignità” segna un tempo nuovo, è figlia del Novecento tragico, apre l’era della “costituzionalizzazione” della persona e dei nuovi rapporti che la legano all’innovazione scientifica e tecnologica.  “Per vivere  –  ci ha ricordato Primo Levi  –  occorre un’identità, ossia una dignità”. Solo da qui, dalla radice dell’umanità, può riprendere il cammino dei diritti. E proprio la forza unificante della dignità ci allontana da una costruzione dell’identità oppositiva, escludente, violenta, che ha giustamente spinto Francesco Remotti a scrivere contro quell'”ossessione identitaria” che non solo nel nostro paese sta avvelenando la convivenza civile. La dignità sociale, quella di cui ci parla l’articolo 3 della Costituzione, è invece costruzione di legami sociali, è anche la dignità dell’altro, dunque qualcosa che unifica e non divide, e che così produce rispetto e eguaglianza. Le manifestazioni di questi tempi, e quella di domenica con evidenza particolare, rivendicano il diritto a “un’esistenza libera e dignitosa”. Sono le parole che leggiamo nell’articolo 36 della Costituzione che descrivono una condizione umana e sottolineano il nesso che lega inscindibilmente libertà e dignità. Più avanti, quando l’articolo 41 esclude che l’iniziativa economica privata possa svolgersi in contrasto con sicurezza, libertà e dignità umana, di nuovo questi due principi appaiono inscindibili, e si può comprendere, allora, quale lacerazione provocherebbe nel tessuto costituzionale la minacciata riforma di quell’articolo, un vero “sbrego”, come amava definire le sue idee di riforma costituzionale la franchezza cinica di Gianfranco Miglio. Intorno alla dignità, dunque, si delinea un nuovo rapporto tra principi, che vede la dignità dialogare con inedita efficacia con libertà e eguaglianza. Questa, peraltro, è la via segnata dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Qui, dopo aver sottolineato nel Preambolo che l’Unione “pone la persona al centro della sua azione”, la Carta si apre con una affermazione inequivocabile: “La dignità umana è inviolabile”.
Stefano Rodotà, “La bandiera della dignità”, Repubblica, 15 febbraio 2011

“Tre cose differenziano il vivere con l’anima di contro al vivere solamente con l’Io: la capacità di sentire e apprendere modi nuovi, la tenacia per percorrere una strada impervia, la pazienza di apprendere nel tempo l’amore profondo. L’Io, tuttavia, ha la tendenza naturale e la propensione a evitare l’apprendimento. La pazienza non è una sua dote”.
Clarissa Pinkola Estés, “Donne che corrono coi lupi”

“Conoscere sé stessi è studiarsi mentre si agisce con l’altro”
Bruce Lee

“L’attenzione estrema è ciò che costituisce nell’uomo la facoltà creatrice e non vi è attenzione estrema se non religiosa. La quantità di genio creatore in un’epoca è rigorosamente proporzionale alla quantità di attenzione estrema, dunque di religione autentica, in quell’epoca”.
Simone Weil, “Dell’attenzione”

“Una vita senza esame è indegna di essere vissuta”
Socrate, Apologia.

“Il Regno è invece dentro di voi e fuori di voi. Quando vi conoscerete, allora sarete conosciuti e saprete che voi siete i figli del Padre che vive. Ma se non vi conoscerete, allora dimorerete nella povertà, e sarete la povertà”
Vangelo di Tommaso, 3

“Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. Perché dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore”.
Matteo 6, 19-21

“E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?”
Luca 12, 57

“La vostra preoccupazione per ciò che gli altri pensano di voi scompare una volta che capite quanto di rado pensano a voi”.
David Foster Wallace, “Infinite Jest”

“Non è una misura di buona salute l’essere ben adattato ad una società profondamente malata”.
Jiddu Krishnamurti

“La società di oggi non accetta facilmente la mia esistenza…Se mi guardo attorno, non c’è un luogo dove mi senta accettato. Non c’è qualcuno con cui poter parlare della domanda filosofica più importante: ‘Perché viviamo?’. Le menti dei miei compagni di scuola sono troppo impegnate a preparare i test d’ingresso alle scuole superiori e non si possono permettere di parlare delle apprensioni del cuore. Nell’educazione contemporanea si pone l’accento sul come realizzare l’obiettivo di passare il test d’ingresso piuttosto che discutere di questioni relative alla dignità umana. Non si capisce quanto importante sia pensare e parlare dei problemi della vita”.
Studente giapponese

“Gli oppressori non sentono il loro avere di più come privilegio che disumanizza gli altri e loro stessi”.
Paulo Freire

“Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”.
Alessandro Manzoni

“Quasi nessuno a Thalburg afferrò in quei giorni quel che stava accadendo; mancò la comprensione vera di quello a cui la città sarebbe andata incontro quando Hitler avesse conquistato il potere; mancò la capacità di capire realmente quel che fosse il nazismo”
W.S. Allen, “Come si diventa nazisti”

“Dall’inizio della rivoluzione industriale ha preso piede, e continua ad essere perpetrato, il sacrificio della coscienza di sé, degli altri e della realtà che ci circonda. Coscienza senza la quale nulla differenzierebbe la società umana da un’immensa colonia di laboriosi castori”.
Roberto Castaldi, Il fascino del potere, 1999, p. 79

“Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo”.
Matteo 22, 30

“Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”.
Paolo, Lettera ai Galati 3, 28

«Nous ne voyons pas les choses comme elles sont, mais comme nous sommes ».
“Non vediamo le cose come sono, ma come siamo”.
Anais Nin

“È incontestabile che solo chi crede nella verità può dubitare, anzi: dubitarne. Chi crede che le cose umane siano inafferrabili, non dubita affatto, ma sospende necessariamente ogni giudizio…L’astensione dall’affermare di ogni cosa ch’essa sia vera o falsa, buona o cattiva, giusta o ingiusta, bella o brutta significa che tutto è indifferente a questo genere di giudizi. Come forma estrema di scetticismo, è incompatibile con il dubbio. Il dubbio, infatti, al contrario del radicale scetticismo, presuppone l’afferrabilità delle cose umane, ma, insieme, l’insicurezza del carattere necessariamente fallibile o mai completamente perfetto della onoscenza umana, cioè ancora la coscienza che la profondità delle cose, pur se sondabile, è però inesauribile. Onde, di ogni nostra conoscenza deve dirsi ch’essa è non fallace o impossibile, ma sempre, necessariamente, superficiale. […]. Così, l’etica del dubbio non è contro la verità, ma contro la verità dogmatica, che è quella che vuole fissare le cose una volta per tutte e impedire o squalificare quella cruciale domanda: “sarà davvero vero?”. […] Essere per l’etica del dubbio non significa dunque affatto sottrarsi al richiamo del vero, del giusto, del buono e del bello, ma, propriamente, cercare di rispondere alla chiamata, in liberà e responsabilità verso sé e verso gli altri”.
Gustavo Zagrebelsky, “Contro l’etica della verità”

“Ciò che mi ha sempre colpito degli occidentali è il loro ardente desiderio di imparare. Ogni volta che presenzio a una conferenza sul buddismo, per esempio, tirate subito fuori carta e penna per prendere appunti, oppure il registratore portatile, mentre ho notato che tra i tibetani, i cinesi o gli indiani, anche se mi guardano con estrema devozione, nessuno tira fuori la penna; stanno lì, tranquilli, come se sapessero già tutto. La stessa cosa vale per i mongoli: credono che più si spingeranno in mezzo alla folla, più la benedizione sarà forte – apparentemente anche dei tibetani la pensano così! Ho sempre ammirato l’atteggiamento autenticamente scientifico nella ricerca, in cui l’imparzialità, l’apertura mentale e anche lo scetticismo hanno un ruolo importante”.
Dalai Lama, “Oltre i dogmi”.

“Le astrazioni monetarie, la prospettiva spaziale e il tempo meccanico formarono la cornice che racchiudeva la nuova vita. L’esperienza fu progressivamente ridotta proprio a quegli elementi che avevano in sèè la possibilità di essere divisi dall’insieme e misurati separatamente: computi convenzionali preseo il posto di organismi. […] uomini e donne, corporazioni e città, nella loro realtà concreta erano considerati dalle leggi e dai governi quasi fossero creature immaginarie; mentre artificiose finzioni pragmatiche quali il Diritto Divino, il Governo Assoluto, lo Stato, la Sovranità erano considerati realtà concrete”.
Lewis Mumford, “La cultura delle città”

“Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; 3 chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri. Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio”.
Lettera di Giacomo (I secolo)

“I bambini non hanno colore, basta guardarli quando sono tra di loro, non sanno cosa sia la differenza e allora vuol dire che la differenza non c’è”.
Gianangelo Bof, 35 anni, sindaco leghista di Tarzo in provincia di Treviso.

“Non possiamo identificarci con le nostre idee. Le idee hanno importanza, ma una importanza relativa. Chi non sa superare la dicotomia tra l’essere e il pensare, tra ciò che uno è e ciò che uno pensa, diventa schiavo del proprio pensiero e in ultimo termine perde il senso cristiano dell’esistenza”.
Raimon Panikkar

“A immagine del mare, la filosofia elude e polverizza il solido, il radicato, il pregiudizio, l’imperturbabile, il conformismo e la comodità. […] Moltiplicare i punti di vista ci libera dai pensieri imperialisti, unilaterali, dalle monomanie, da una coscienza esaltata o sentenziosa. è la scuola della modestia, della conoscenza giusta. Dilatandoci, ci semplifichiamo. Il mondo si alleggerisce quando non siamo trincerati in noi stessi. Non essere più inchiodati a se stessi permette paradossalmente di sentirsi vivere. Di affermarsi, di dimenticarsi!”
Cécile Guérard, “Piccola filosofia del mare”

“Men are not prisoners of their fate, but only prisoners of their own mind”.
F.D. Roosevelt.

“Questa è la stessa logica dei survivalisti, coi loro bunker e i loro allenamenti in vista del peggio, e le scatolette di fagioli impilate in cantina. Ibernarsi non significa davvero sopravvivere, perché poi arriva il disgelo e il mondo intorno può essere tutto diverso, e l’atmosfera talmente rarefatta da ucciderti in pochi secondi. Sopravvivere significa migliorarsi, accettare la mutazione. Per questo la lotta per l’identità non è – in ultima analisi – un modo per sopravvivere, ma soltanto un modo per invecchiare più in fretta e avvicinarsi più in fretta al decesso”.
Giovanni Cattabriga, Wu Ming 2.

“A giudicare dalle tendenze culturale ed ideali della nostra epoca, la disumanizzazione procede in due direzioni, verso il naturalismo e verso il tecnicismo. L’uomo è soggetto a forze cosmiche o alla civiltà tecnologica…si dissolve e svanisce nella vita cosmica, oppure nella tecnica onnipotente. Assume l’immagine della natura o della macchina. In entrambi i casi perde la sua e si disperde nei suoi costituenti. L’uomo come essere integrale, come creatura centrata in sé stessa, scompare; cessa di esistere come essere dotato di un centro spirituale, capace di mantenere una sua continuità ed unità intrinseca. Alle sue frazioni e componenti sono offerti non solo il diritto all’autonomia, ma anche la supremazia nella vita”
Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Il pensiero borghese”, 1934.

“Good and ill have not changed since yesteryear; nor are they one thing among Elves and Dwarves and another among Men”.
Aragorn, “Lord of the Rings”

“Bandita la giustizia, che altro sono i regni se non grandi associazioni di delinquenti? Le bande di delinquenti non sono forse dei piccoli regni? Non sono forse un’associazione di uomini comandati da un capo, legati da un patto sociale, e che si dividono il bottino secondo una legge accettata da tutti? Se questa compagnia recluta nuovi malfattori, se occupa un paese, stabilisce proprie sedi, se si impadronisce di città e soggioga popoli, prende il nome di regno; titolo che le viene conferito non perché sia diminuita la sua cupidigia, ma perché a questa si aggiunge l’impunità. Così disse un pirata, fatto prigioniero, con arguzia e verità ad Alessandro Magno. Interrogato da questo sovrano con quale diritto infestasse il mare, egli con audace franchezza rispose: “Per lo stesso diritto con cui tu infesti tutta la terra. Perché non ho che una piccola nave, sono chiamato corsaro, e perché tu hai una grande flotta sei chiamato imperatore!”
Agostino, De Civitate Dei, libro IV, cap. 4

“I popoli, più o meno, sono rappresentati dagli Stati che formano; e gli Stati dai governi che li guidano. In questa guerra, il singolo cittadino può verificare con sgomento ciò che già in tempo di pace aveva talora intravisto: e cioè che ho Stato ha interdetto al singolo la pratica dell’illecito, non perché voglia abolirla, ma solo perché intende averne il monopolio.
Dai suoi cittadini, lo Stato pretende il massimo di obbedienza e di spirito di sacrificio, ma “li tratta come dei minorenni”, esagerando nella segretezza ed esercitando nei confronti di ogni comunicazione ed espressione di pensiero una censura tale da rendere tale lo stato d’animo di coloro che ha così represso intellettualmente del tutto privo di difese nei confronti di qualsiasi situazione sfavorevole che possa determinarsi o di una qualunque confusa diceria. Recede da tutti gli accordi e il cittadino deve approvare tutto questo per patriottismo”.
Sigmund Freud, Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, Roma, Editori Riuniti, 1982, pp. 56-57

“Quando lo Stato si prepara ad assassinare, si fa chiamare patria”
Friedrich Dürrenmatt

“A sense of humor always withers in the presence of the messianic delusion, like justice and truth in front of patriotic passion”
H.L. Mencken

“Tutti i nazionalismi hanno il potere di non vedere alcuna rassomiglianza fra due serie simili di fatti. […] Il nazionalista non solo non disapprova le atrocità commesse dalla sua fazione, ma ha la notevole capacità di non sentirne nemmeno parlare. […]. Nel pensiero nazionalista esistono fatti che sono contemporaneamente veri e non veri, conosciuti e non conosciuti. Un fatto conosciuto può essere così insopportabile da essere abitualmente accantonato e non ammesso ad entrare nei processi logici o, altrimenti, può entrare in ogni valutazione senza esser accettato come fatto, perfino nella proprio mente. […]. Ogni nazionalista è perseguitato dalla convinzione che il passato può essere alterato […]. I fatti materiali sono soppressi, le date alterate, le citazioni estrapolate dal loro contesto e alterate in modo da cambiarne il significato. Eventi che si sente non avrebbero mai dovuto accadere non sono menzionati e sono infine negati […]. L’indifferenza alla verità obiettività è incoraggiata isolando una parte del mondo dall’altra, cosa che rende sempre più difficile scoprire cosa stia effettivamente accadendo […]. Per qualcuno che in un qualunque angolo della mente nutra lealtà nazionalistiche od odio, alcuni fatti – sebbene in un certo senso si sappia siano veri – sono inammissibili”.
George Orwell, Notes on Nationalism

“Non siamo riusciti a creare una tradizione intellettuale in cui le persone pensino con la propria testa. Operiamo solo collettivamente. Parliamo al plurale, come Serbi. È spaventoso, specialmente tra i giovani. Ci vorranno anni prima di potersi liberare di questo virus”.
Obrad Savic

“Seguire un sistema di valori così privo di vita provoca una grave perdita del collegamento con l’anima. …la nostra sfida…è di non amalgamarci in nessuna collettività, è di distinguerci d quelli che ci circondano, gettando eventualmente per loro dei ponti dietro di noi..E le collettività che saranno da noi favorite con rapporti saranno quelle che offrono il massimo sostegno alla nostra anima e alla nostra vita creativa”.
Clarissa Pinkola Estés, “Donne che corrono coi lupi”

“Nel circo, gli esseri umani sono rappresentati come liberi dall’abbraccio della morte. Nel circo una persona cammina su un cavo a cinquanta piedi dal suolo…un’altra rimane sospesa in aria per il tallone, qualcuno sostiene dodici persone in una piramide umana, qualcun altro è un proiettile umano. L’artista circense è l’immagine della persona escatologica – emancipata dalla fragilità e dall’inibizione, briosa ed eccitante mentre trascende la morte, ormai né confinata né conforme ai dettami della paura di morire. Il circo perciò ridicolizza la morte e, così facendo, ci mostra che l’unico nemico in vita è la morte, un nemico che dobbiamo fronteggiare tutti, in ogni circostanza, in ogni momento…Il servizio che ci rende – più di quello che ci rendono le chiese, malauguratamente – è quello di illustrare esplicitamente, drammaticamente ed umanamente la morte in seno alla vita. Il circo è una parabola escatologica e una parodia sociale: segnala la possibilità di trascendere il potere della morte, rivelando il mondo così com’è mentre apre al strada al Regno”.
William Stringfellow, “A Simplicity of Faith”

“Conformismo, opportunismo, grettezza e debolezza: ecco dunque, della libertà, i nemici che l’insidiano “liberamente”, dall’interno del carattere degli esseri umani. Il conformista la sacrifica all’apparenza; l’opportunista, alla carriera; il gretto, all’egoismo; il debole, alla sicurezza. La libertà, oggi, più che dal controllo dei corpi e delle azioni, è insidiata da queste ragioni d’omologazione delle anime. Potrebbe perfino sospettarsi che la lunga guerra contro le arbitrarie costrizioni esterne, condotta per mezzo delle costituzioni e dei diritti umani, sia stata alla fine funzionale non alla libertà, ma alla libertà di cedere liberamente la nostra libertà. La libertà ha bisogno che ci liberiamo dei nemici che portiamo dentro di noi. Il conformismo, si combatte con l’amore per la diversità; l’opportunismo, con la legalità e l’uguaglianza; la grettezza, con la cultura; la debolezza, con la sobrietà. Diversità, legalità e uguaglianza, cultura e sobrietà: ecco il necessario nutrimento della libertà”.
Gustavo Zagrebelsky, Repubblica, 16 giugno 2011

“Il valore del viaggio è nella paura. E’ nel fatto che, a un certo momento, così lontani dal nostro paese e dalla nostra lingua (un giornale francese assume un valore inestimabile. E quelle ore serali trascorse al caffé cercando di stabilire un contatto con altri uomini), un vago timore ci coglie, e l’istintivo desiderio di ritrovare il rifugio delle vecchie abitudini. E’ l’apporto più evidente del viaggio. In quel momento siamo febbrili ma porosi. La minima emozione ci scuote sino al fondo dell’essere. L’incontro con una cascata di luce ci mette in presenza dell’eternità. Per questo non bisogna dire che si viaggia per piacere. Non esiste piacere nel viaggiare, ma piuttosto, mi sembra, un’ascesi”.
Albert Camus, “Alle Baleari, l’estate scorsa” –  Taccuini, 1935-1942

“Perché ci sia democrazia basta il consenso della maggioranza. Ma appunto il consenso della maggioranza implica che vi sia una minoranza di dissenzienti. Che cosa facciamo di questi dissenzienti una volta ammesso che il consenso unanime è impossibile e che là dove si dice che vi sia, è un consenso organizzato, manipolato, manovrato e quindi fittizio, è il consenso di chi, per ripetere il famoso detto di Rousseau, è obbligato ad essere libero? Del resto, che valore ha il consenso dove il dissenso è proibito? I dissenzienti li sopprimiamo o li lasciamo sopravvivere? E se li lasciamo sopravvivere, li recintiamo o li lasciamo circolare, li imbavagliamo o li lasciamo parlare, li espelliamo come reprobi o li teniamo fra di noi come liberi cittadini?”.
Norberto Bobbio, “il futuro della democrazia”, Einaudi, Torino 1984

“Ecco i principi cardine della democrazia: la fede in qualcosa, la cura dell’individualità, lo spirito del dialogo, il senso dell’uguaglianza, l’apertura verso la diversità, la diffidenza verso le decisioni irrevocabili, l’atteggiamento sperimentale, la responsabilità di essere maggioranza e minoranza, l’atteggiamento altruistico, la cura delle parole”.
Gustavo Zagrebelsky, “La felicità della democrazia: un dialogo”

“Conosco tutti gli argomenti utilizzati per giustificare le legislazioni dettate dall’emergenza. Cioè quando la difesa dei diritti, e quindi della libertà, per alcuni diventa un lusso superfluo. Io ero in Parlamento negli anni di piombo. E chi difendeva le garanzie era indicato come un fiancheggiatore dei terroristi. In quel momento, e per lungo periodo, in Italia cambiò la percezione della libertà. Di fatto si disse: il fermo di polizia, la perquisizione di abitazioni per blocchi di edifici si possono fare. E nella media la gente fu d’accordo. […]. In simili casi può cominciare un processo di mitridatizzazione: a piccole e progressive dosi, si abbassa la soglia di percezione della tua libertà”.
Stefano Rodotà, “Intervista su privacy e libertà”

“È la possibilità di ricattare moralmente e indicare alla riprovazione dei cittadini chi manifesta disaccordo (non violento) con il governo, ed equiparare eventuali violenze verbali con la violenza armata”.
Umberto Eco, “A passo di gambero. Guerre calde e populismo mediatico”

“Un essere umano è dotato di libero arbitrio. Può usarlo per scegliere tra il bene ed il male. Se può solo fare il bene oppure il male, allora è un’arancia meccanica, nel senso che ha l’apparenza di un organismo di bell’aspetto, colorato e succoso, ma in effetti è solo un giocattolo a molla che può essere caricato da Dio o dal Diavolo o, visto che ormai sta progressivamente rimpiazzando entrambi, dallo stato onnipotente”.
Introduzione di Anthony Burgess all’edizione americana di “Arancia Meccanica” del 1986

“Per umiliare qualcuno si dev’essere in due: colui che umilia, e colui che è umiliato e soprattutto: che si lascia umiliare. Se manca il secondo, e cioè se la parte passiva è immune da ogni umiliazione, questa evapora nell’aria. […] Dappertutto […] cartelli che ci vietano le strade per la campagna. Ma sopra quell’unico pezzo di strada che ci rimane c’è pur sempre il cielo, tutto quanto. Non possono farci niente, non possono veramente farci niente. […] Siamo noi stessi a privarci delle nostre forze migliori col nostro atteggiamento sbagliato: col nostro sentirci perseguitati, umiliati e oppressi, col nostro odio e con la millanteria che maschera la paura […] Siamo soprattutto noi stessi a derubarci da soli”.
Etty Hillesum

“La libertà umana non è una pretesa, ma un dovere. Non è ciò che richiede l’uomo, ma ciò che gli è richiesto. L’uomo deve essere libero. Dio lo esige e se lo aspetta da lui”.
Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Cristianesimo e guerra di classe”, 1931

“In realtà, la libertà è aristocratica, non democratica. Dobbiamo riconoscere, sconfortati, che la libertà è cara solo a chi pensa creativamente. Non è necessaria per chi non dà valore al pensiero. Nelle cosiddette democrazie, che si fondano sul principio della sovranità popolare, una proporzione considerevole della cittadinanza non possiede ancora la consapevolezza di essere libera, di recare con sé la dignità della libertà”.
Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Regno dello Spirito e Regno di Cesare”, 1951

“Ama davvero la libertà solo chi la riafferma per il suo prossimo”.
Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Regno dello Spirito e Regno di Cesare”, 1951

“L’uomo veramente libero non vuole dominare, ma neppure essere dominato”
Khalil Gibran

“Cosa sarebbe l’essere umano senza immaginazione? Un automa, uno strumento. Lo sviluppo dell’immaginazione è accrescimento di vita, mentre la sua limitazione è una riduzione di vita, un impulso di morte”.
Stefano Fait, “Il Trentino”, 3 febbraio 2010

“L’idea della congiunzione degli opposti – la coincidentia oppositorum – che accomuna tanto il pensiero di Jung quanto quello di Eliade alla tradizione orientale e al pensiero mistico – non solo anima una più vasta concezione dell’essere umano in quanto unità psico-soma e unità microcosmo-macrocosmo ma diventa anche uno dei motivi che ritornano con forza all’interno della cultura del Novecento, sia come forza di un archetipo che si impone autonomamente, sia come fascinazione di un’idea che permette di riscoprire e attivare l’archetipo operante in ogni individuo”.
Aldo Carotenuto, “Jung e la cultura del XX secolo”

“È noto che gli uomini che agiscono in seguito a comandi sono capaci delle azioni più orribili. Quando l’autorità che li comandava viene abbattuta e li si costringe a guardare da vicino ciò che hanno fatto, essi non si riconoscono. «Io non ho fatto questo», dicono, e non è affatto vero che siano sempre consapevoli di mentire. Quando poi si portano dinanzi a loro dei testimoni, quando cominciano a vacillare, continuano a dire: «Io non sono così, io non posso averlo fatto». Cercano dentro di sé le tracce di quell’azione e non possono trovarle. È sorprendente: ne sono rimasti intatti. La loro vita successiva è davvero diversa, per nulla improntata dalla azione che commisero. Essi non si sentono colpevoli, non si pentono di nulla. Quell’azione non è entrata in loro. Sono uomini perfettamente capaci, in altre circostanze, di valutare il proprio comportamento. Ciò che fanno di loro iniziativa lascia in cui tracce che non dimenticano. Si vergognerebbero di uccidere una creatura sconosciuta e indifesa che non li ha provocati. Proverebbero disgusto a torturare qualcuno. Non sono migliori ma neppure peggiori degli altri fra cui vivono. Alcuni che quotidianamente li frequentano da vicino sarebbero pronti a giurare che li si accusa ingiustamente. Quando poi avanza la lunga fila dei testimoni, delle vittime, che sanno benissimo di cosa parlano, -quando l’uno dopo l’altro riconoscono il colpevole e gli richiamano alla memoria, in ogni particolare il suo comportamento, allora ogni dubbio diviene assurdo e ci si trova dinanzi a un enigma inesplicabile. Ma per noi non c’è in ogni caso nessun enigma, giacché conosciamo la natura del comando. Per ogni comando che il colpevole ha eseguito, è rimasta in lui una spina. La spina è però estranea così come lo era il comando stesso nell’istante in cui veniva impartito. Per quanto a lungo la spina resti confitta nell’uomo, continua ad essere un corpo estraneo: egli non l’assimila mai. È anche possibile –  come in precedenza abbiamo mostrato – che più spine si adunino insieme, costituendo un complesso mostruoso in chi le porta in sé; ma esse restano sempre nettamente isolate dall’organismo in cui stanno infisse. La spina è un intruso che non può mai acquistare diritto di cittadinanza; è indesiderata: ci si vuol sempre liberare di essa. Essa è ciò che si ha commesso: ha esattamente la forma del comando. La spina continua a vivere come istanza estranea in chi ricevette il comando, e gli toglie ogni senso di colpa. Il colpevole non accusa se stesso ma la spina, l’istanza estranea, il vero colpevole – per così dire –, che egli porta sempre con sé. Quanto più il comando fu estraneo, tanto meno ci si sente colpevoli per averlo eseguito, tanto più esso resta separato – come spina – dal suo esecutore. Il comando è dunque testimone perenne del fatto che non fu quella certa persona il colpevole dell’uno o dell’altro delitto, Chi eseguì il comando considera se stesso la vittima, e perciò generalmente non prova alcun sentimento per la vittima vera e propria. È dunque vero che uomini che abbiano agito in seguito a comandi si considerino perfettamente innocenti. Posti in grado di aprire gli occhi sulla loro condizione, essi possono restare stupefatti constatando in quale misura furono in balìa del comando. Ma anche questo giusto moto dell’animo è senza valore, poiché giunge troppo tardi, quando tutto è ormai finito da tempo. Ciò che è accaduto potrà accadere di nuovo, in essi non si costituisce alcuna difesa contro situazioni che siano identiche a quelle trascorse. Essi restano esposti senza difese al comando, solo molto oscuramente coscienti dei suoi pericoli. Nel caso più esplicito, che per fortuna è raro, essi riconoscono nel comando una fatalità e ripongono il loro orgoglio nel fatto d’esserne stati ciechi strumenti, quasi fosse una peculiarità della condizione umana arrendersi a tale cecità. Da qualunque parte lo si consideri, il comando nella sua forma compatta, compiuta, che oggi gli è propria dopo secoli di storia, è divenuto l’elemento singolo più pericoloso della vita collettiva degli uomini. Bisogna avere il coraggio di opporvisi e di spezzare la sua sovranità. Si devono trovare mezzi e vie per liberare da esso la maggior parte degli uomini. Non gli si può permettere altro che di scalfire la pelle. Le sue spine devono diventare solo più lappole di cui ci si sbarazza con un gesto”.
Elias Canetti, “Masse e potere”

“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Italo Calvino, “Le città invisibili”

“L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non verrà mai meno. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto”.
Lettera ai Corinzi 13: 4-10

“Nella giustizia delle favole come nella psiche profonda, la gentilezza verso ciò che sembra di poco conto viene premiata con il bene, e il rifiuto di fare del bene a chi non è bello viene punito. Lo stesso accade nei grandi sentimenti come l’amore. Quando ci espandiamo per toccare il non-bello, siamo ricompensati. Se lo disprezziamo, siamo separati dalla vita vera e lasciati fuori al freddo. Per alcuni, è più facile pensare pensieri superiori e bellissimi e toccare le cose che positivamente ci trascendono, che toccare, aiutare ed assistere il non-così positivo. Come la storia illustra, è facile cacciare il non-bello e sentirsi falsamente nel giusto”.
Clarissa Pinkola Estés, “Donne che corrono coi lupi”.

“tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt 7,12; Lc 6,31)
“quel che non desideri per te, non farlo neppure ad altri uomini” (Confucio, Dialoghi)
“non fare ad altri ciò che non vuoi che essi facciano a te” (rabbi Hillel, Sabbat)
“Nessuno di voi è un credente, fintanto che non desidera per il proprio fratello quel che desidera per sé” (al-Nawawi, Hadith)
“L’uomo dovrebbe comportarsi con indifferenza verso le cose mondane e trattare tutte le creature del mondo così come vorrebbe essere trattato” (gianismo, Sutrakritanga)
“una condizione, che non è gradita o piacevole per me, non lo deve essere nemmeno per lui; e una condizione che non è gradita o piacevole per me, come posso imporla ad un altro?” (buddismo, Sanyutta Nikaya)
“Non bisognerebbe comportarsi verso altri in un modo che non è gradito a se stessi: questa è l’essenza della morale” (induismo, Mahabharata).

“La carità non risolve la povertà, perché perpetua il rapporto di dipendenza. Nessuno è perfetto e nessuno ha perfettamente ragione. Condividere le esperienze personali è l’unico modo per cambiare le cose. L’interesse personale sarà sempre al centro delle umane azioni, ma può essere indirizzato verso la cooperazione e la condivisione. La radice dei conflitti non è l’egoismo o l’avidità, ma la nostra incapacità di porci nei panni del prossimo. L’altruismo trova applicazione pratica in una molteplicità di piccole cose che poi si espandono per diventare sempre più grandi”.
Lü K’un (1536-1618)

“Posso dirvi questo: il poco che io so non l’ho imparato all’università, ma in compagnia di uomini come voi. La fraternità è la verità sacra dell’uomo. L’uomo mutilato della sua fraternità è un albero senza radici e senza rami, una pianta sterile… Per non morire bisogna ricominciare col riscoprire la fraternità. Amici, io sono venuto per dirvi questo: è necessario, è urgente stare assieme, metterci insieme, creare in questo paese cellule viventi di uomini interi cioè fraterni, difenderci dal contagio della morte”.
Ignazio Silone, “Ed Egli si nascose”

Per prima cosa lasciate che vi suggerisca che se vogliamo avere pace sulla terra, il termine fedeltà per noi deve avere un significato ecumenico, non parrocchiale. La nostra fedeltà deve trascendere la razza, la tribù, la classe sociale, la nostra patria stessa: e questo significa che dobbiamo sviluppare una prospettiva mondiale. Nessun individuo può vivere solo; nessuna nazione può vivere sola; è provato che se qualcuno tenta l’isolamento, questo qualcuno perpetua la guerra. Ecco perché io ho ancora un sogno. Ho il sogno che un giorno gli uomini si rizzeranno in piedi e si renderanno conto che sono stati creati per vivere insieme come fratelli
Martin Luther King, “Discorso della Vigilia di Natale 1967 ad Atlanta”

“Ognuno di noi è irripetibile ed unico, non c’è nessun volto uguale ad un altro, e proprio per questa unicità e singolarità siamo tenuti tutti ad assumerci le nostre responsabilità nei confronti della storia”
Alex Zanotelli

“L’oggetto dell’obbligo, nel campo delle cose umane, è sempre l’essere umano in quanto tale. C’è obbligo verso ogni essere umano, per il solo fatto che è un essere umano, senza che alcun’altra condizione abbia ad intervenire; e persino quando egli stesso non ne riconosce alcuno. Quest’obbligo non si fonda su nessuna situazione di struttura sociale, né sui rapporti di forza, né sull’eredità del passato, né sul supposto orientamento della storia. Perché nessuna situazione di fatto può suscitare un obbligo. Quest’obbligo non si fonda su nessuna convenzione. Perché tutte le convenzioni sono modificabili secondo la volontà dei contraenti, mentre in esso nessun cambiamento nella volontà degli uomini può nulla modificare. Quest’obbligo è eterno. Esso risponde al destino eterno dell’essere umano. Soltanto l’essere umano ha un destino eterno. Le collettività umane non ne hanno. Quindi, rispetto a loro, non esistono obblighi diretti che siano eterni. E’ eterno solo il dovere verso l’essere umano come tale”.
Simone Weil, “Obbedire all’amore nella giustizia”

“Mi sono spesso domandato perché mai gli esseri umani abbiano dei diritti. E sono sempre giunto alla conclusione che i diritti umani, le libertà umane e l’ umana dignità hanno le loro radici profonde da qualche parte al di fuori del mondo percettibile. Questi valori sono tanto potenti perché in determinate circostanze, la gente li accetta senza esservi costretta ed è pronta a morire per essi. Questi valori hanno un senso solo nella prospettiva dell’infinito e dell’eterno”.
Vaclav Havel, “L’idolo infranto dello Stato sovrano”

“Il mondo non si muove sui piccoli viottoli, sui piccoli viottoli si muovono le persone che valorizzano se stesse, però passeggiano da sole”
Oscar Luigi Scalfaro

“Siamo così pochi. Qualche miliardo in tutto. Una manciata! Forse siamo qui per fare esperienza delle persone come una ragione per amare”.
Andrei Tarkovsky

“So we’ll live and pray and sing and tell old tales and laugh at gilded butterflies”
[King Lear, let’s away to prison – Il re Lear si converte finalmente alla saggezza, dopo una vita di vanità ed ossessione per lo status/prestigio. Si rende conto che ora non gli interessa più e che preferisce vivere nell’anonimato con l’unica figlia che lo ama sinceramente, Cordelia – tatuato sulla spalla di Megan Fox].

“Tutti gli uomini hanno il sentimento della pietà e della vergogna (per i propri difetti) e della repulsione (per i difetti altrui), della reverenza e del rispetto, del diritto e del torto. Il sentimento della pietà e della commiserazione è la benevolenza, il sentimento della vergogna e della repulsione è la giustizia, il sentimento della reverenza e del rispetto è il rito, il sentimento del diritto e del torto è la sapienza. La benevolenza, la giustizia, il rito, la sapienza non sono infusi in noi dall’esterno: noi li possediamo sicuramente, (solo che) non ci pensiamo. Perciò si dice: “cercali e li otterrai, trascurali e li perderai”. Gli uomini non sanno esprimere tutte le loro capacità, chi il doppio di altri, chi il quintuplo, chi innumerevoli volte”.
Meng-tzu (Mencio)

“Capite che la vostra coscienza è quella del resto dell’umanità. L’umanità, come voi, affronta ogni genere di difficoltà, dolore, travaglio, ansia, solitudine, depressione, afflizione, piacere – ogni essere umano le affronta, ad ogni latitudine. Perciò la nostra coscienza, il nostro essere, è l’intera umanità. Siamo così riluttanti ad accettare questo semplice fatto, perché siamo abituati all’individualismo – io, per primo”.
Jiddu Krishnamurti

Philip K. Dick ricorda di quando tormentava uno scarafaggio che si era andato a nascondere nel guscio di una lumaca. Quando lo costrinse ad uscire, la credulità fu soppiantata dalla comprensione che la vita era una sola e che tutto dipende dalla gentilezza: “Voleva vivere, proprio come me, e io lo stavo ferendo. Per un istante – fu come per Siddharta, come per quello sciacallo morto – fui quello scarafaggio. Nel momento immediatamente successivo ero diverso. Non fu mai più lo stesso”.

“Ero venuto qui per sparare ai fascisti, ma un uomo che si tiene su i pantaloni non è un fascista, è manifestamente una creatura come me, e uno non si sente di sparargli”.
George Orwell, vedendo un miliziano franchista che fugge con i pantaloni in mano

“Avevo di fronte un uomo. Un uomo! Un uomo! Ne distinguevo gli occhi e i tratti del viso. La luce dell’alba si faceva più chiara ed il sole si annunziava dietro la cima dei monti. Tirare così, a pochi passi, su un uomo…come su un cinghiale! Cominciai a pensare che, forse, non avrei tirato. Pensavo. Condurre all’assalto cento uomini, o mille, contro cento altri o altri mille è una cosa. Prendere un uomo, staccarlo dal resto degli uomini e poi dire: “Ecco, sta’ fermo, io ti sparo, io t’uccido” è un’altra. …Uccidere un uomo, così, è assassinare un uomo”.
Emilio Lussu, quand’era soldato nella Prima Guerra Mondiale

“Fra gli junghiani si chiama “partecipazione mistica”, un termine ripreso dall’antropologo Levy-Bruhl, usato per designare una relazione in cui “una persona non può vedersi come individualità separata dall’oggetto o dalla cosa che contempla”. Tra i freudiani si chiama “identificazione proiettiva”. Fra gli antropologi si chiama “magia simpatetica”. Con tutte queste definizioni s’intende la capacità della mente di allontanarsi per un poco da suo Io e di fondersi con un’altra realtà, cioè con un altro modo di comprendere”.
Clarissa Pinkola Estés, “Donne che corrono coi lupi”.

“Sappi per vero che lo spirito libero, quando permane in un autentico distacco, costringe Dio a venire al suo essere e, se potesse permanere senza forma e senza accidente alcuno, assumerebbe l’essere proprio di Dio”.
Meister Eckhart, “Del distacco”

“Perché i re non hanno pietà per i sudditi? Perché pensano che non saranno mai essere umani. Perché i ricchi sono così severi coi poveri? Perché non hanno paura di diventare poveri. Perché i nobili disprezzano così i contadini? Perché non saranno mai contadini”.
J.J. Rousseau, “Emilio”

La trance catalettica (esperienza mistica) dell’ateo Bertrand Russell, scatenata dalla visione empatica della sofferenza della moglie di Alfred North Whitehead: “Sembrava tagliata fuori da tutto e da tutti da muri di agonia ed improvvisamente fui sopraffatto dal senso di solitudine di ogni anima umana. Da quanto mi ero sposato la mia vita emotiva era stata calma e superficiale. Mi ero scordato di tutte queste questioni più profonde, accontentandomi di frivole arguzie. All’improvviso mi sentii mancare il terreno sotto i piedi e mi trovai altrove…Al termine di quei cinque minuti ero diventato una persona completamente differente. Per un momento, una sorta di illuminazione mistica s’impadronì di me. Sentivo di conoscere i pensieri più intimi di tutte le persone che incontrato per strada ed anche se questo era indubbiamente un’illusione, mi trovai effettivamente a più stretto contatto con tutti i miei amici e molte delle mie conoscenze. Da imperialista, in quei cinque minuti, divenni un sostenitore dei Boeri ed un pacifista. Dopo aver passato lunghi anni interessandomi solo alla precisione ed all’analisi, mi ritrovai inondato di sensazioni semi-mistiche riguardanti la bellezza, con un intenso interesse per i bambini, e con un desiderio quasi altrettanto profondo di quello del Buddha di trovare una quale filosofia che rendesse tollerabile la vita umana. Fui preda di una strana eccitazione  che conteneva in sé un dolore intenso ma anche degli elementi di trionfo per via del fatto che riuscivo a dominare la sofferenza, trasformandola, così credevo, in un cammino di sapienza. Da allora l’intuizione mistica che immaginavo di possedere si è annebbiata e l’abitudine all’analisi si è riaffermata. Ma qualcosa di quel che ho pensato di vedere in quel momento mi è restato dentro, motivando il mio atteggiamento nei confronti della prima guerra mondiale, il mio interesse per i bambini, la mia indifferenza per i piccoli inconvenienti ed un certo tono emotivo in tutte le mie relazioni umane”
Bertrand Russell, “The autobiography of Bertrand Russell”, vol. 1, London: Allen and UNwin, 1967.

“Il mondo intero non è niente se messo a confronto con la personalità umana…con il suo fato esclusivo”.
“L’uomo è personalità non di natura, ma di spirito. Di natura è solo individuo”.
“La dimensione personale dell’uomo è solo ciò che in lui non è in comune con gli altri, ma in ciò che non è condiviso con altri è compreso anche il potenziale dell’universo”.
“L’universo è parte della personalità, è la sua qualità”.
“Il segreto dell’esistenza della personalità risiede nella sua assoluta insostituibilità, il suo aver luogo una sola volta, la sua unicità, il suo essere senza paragoni”.
“Il valore dell’uomo è la sua personalità. Non c’è altro di valore nell’umanità al di fuori della personalità”.
“La personalità come centro esistenziale presuppone la capacità di sentire la sofferenza e la gioia. Nulla, nel mondo degli oggetti, la nazione, lo stato o la società, o istituzioni social o la chiesa, possiede questa capacità”.
“La personalità è comunitaria; presuppone la comunione con altri e la comunità con altri. La profonda contraddizione e difficoltà che affligge la vita umana è dovuta a questa comunitarietà”.
“La liberazione spirituale dell’uomo è la realizzazione della personalità nell’uomo. È il conseguimento dell’interezza ed al tempo stesso è incessante conflitto”.
Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Schiavitù e libertà”, 1939

“Egli è Dio dell’eterno. Tu, invece, con le tue opere compiaciute, sei legato al tempo e al luogo, al fine e all’intenzione, così come il frutto del matrimonio, che, legato al tempo, ha bisogno di nove mesi per maturare. Tu guardi col tuo proprio io al tuo modo di agire, e cerchi e vuoi qualcosa con esso: te stesso e la tua ricompensa. Tu pretendi di cercare Dio; in verità fai di Dio una candela, con la quale cerchi qualcos’altro e, quando lo hai trovato, getti via la candela. Tu abbassi Dio al ruolo di una vacca da latte, che l’uomo custodisce per il proprio profitto, per il latte e per il formaggio.”
Meister Eckhart

“Possedere tutte le cose come se ci fossero imprestate, non donate: senza alcuna proprietà –corpo o anima, sentimento o facoltà, beni esteriori, onori, case e terreni, amici o parenti.”
Meister Eckhart

“Provavo un senso di estraneità, lo stupore e la meraviglia di esserci. Nello stesso tempo, percepivo di essere immerso nel mondo, di farne parte, e che il mondo si estendeva dal più piccolo filo d’erba fino alle stelle. Il mondo mi era presente, intensamente presente. Molto più tardi avrei scoperto che questa presa di coscienza del mio essere immerso nel mondo, questa impressione di appartenenza al Tutto, era ciò che Romani Rolland ha chiamato il “sentimento oceanico…Un sentimento di coappartenenza essenziale tra me stesso e l’universo circostante”
Pierre Hadot

“Perché Gino Strada è triste? […]. Strada ha capito che la sua predicazione pacifista non approderà a nulla. E non perché lui sia un cattivo predicatore, non perché i suoi argomenti non siano persuasivi, non perché le persone di buona volontà non si riconoscano in lui. Ma lui deve aver capito che la brama di potere, la volontà di potenza, lo scontro con gli altri e infine la guerra sono un istinto della nostra specie. Non è un vizio, non un’indole perversa da rieducare: un istinto che convive con quello della generosità e con l’amore per gli altri. L’uomo è un groviglio di due amori: quello per gli altri e quello per se stesso. E se mai ci si chiede quale sia il più forte e il più irruente di questi due istinti amorosi, s’arriva presto a concludere che l’amore per sé è quello dominante. Lo si può contenere, si può fare in modo di arginarne la pericolosità, ma non si riuscirà mai a spegnerlo perché si dovrebbe trasformare l’uomo in un angelo, dotarlo cioè di un’altra natura che estingua la natura umana”.
Eugenio Scalfari, “L’amore per sé e quello per gli altri”, L’Espresso, 22 aprile 2011
Commento di un lettore: “A me sembra che dalla filosofia dei Vangeli, espressa in parabole, risulti chiaramente che non la violenza su sé stessi, controproducente e fonte di nevrosi, bensì solo la conoscenza di sé e dei propri meccanismi profondi, possa portare al superamento dell’egoismo e ad un giusto amore per sé stessi, imprescindibile da quello per gli altri”.

“Se le posizioni sociali sono squilibrate, al punto che da una parte sta la libertà illimitata di concedere o non concedere un beneficio e, dall’altra, la necessità riaccettarlo; se c’è libertà contro necessità; se l’uno può tutto, l’altro niente, si può parlare, in questi casi, di dono? Il dono che si fa con la mano del potere è davvero un dono? Sì, ma solo se rimane in superficie. In realtà si tratta dell’esercizio d’una supremazia che approfitta d’una condizione di bisogno per manifestarsi. Quel “dono”, al quale non si ha diritto ma che è frutto d’una concessione graziosa e, pertanto, può essere in ogni momento revocato, sta nell’essenza d’un rapporto servile. È violenza che si esercita tramite mezzi non maligni, ma benigni. Anche con i doni si può far del male. È sfruttamento di uno stato di necessità in cui altri versano; cioè è violenza di natura morale: una violenza da cui ci si aspetta un tornaconto la cui materia è il sentimento di obbligazione verso il donante. Non è vera gratitudine, perché la gratitudine dettata dalla necessità è finta, malata. Se poi il “dono” è reso pubblico, pubblicizzato, diventa violenza usata a fini pubblicitari”.
Gustavo Zagrebelsky, “Sulla lingua del tempo presente”

“La generosità dell’amore consiste nel dono all’altro della sua libertà, nel riconoscimento del suo bisogno (che è costitutivo di ogni essere umano) di espandersi, di crescere, di trascendersi”
Aldo Carotenuto, “Attraversare la vita”

“Meglio astenersi dal governare il destino degli altri, dal momento che è già difficile ed incerto pilotare il proprio”
Primo Levi, “La chiave a stella”.

“È da se stessi, non dagli altri, che bisogna innanzitutto esigere l’onestà, lo zelo e l’intrepidezza; queste virtù, quando le possediamo cessano molto rapidamente di sembrare amabili se pretendiamo troppo dagli altri”
Li Zhi

“Sai bene che il dolore e la colpa non possono essere eliminati dal gesto di una mano fatata. Le cose che portiamo con noi ci rendono ciò che siamo. Perdendole, perdiamo la nostra identità. Non voglio che mi portino via il mio dolore, ne ho bisogno!”
James T. Kirk

Morpheus: Lo leggo nei tuoi occhi. Hai lo sguardo di un uomo che accetta quello che vede solo perché aspetta di risvegliarsi. E curiosamente non sei lontano dalla verità. Tu credi nel destino, Neo?
Neo: No.
Morpheus: Perché no?
Neo: Perché non mi piace l’idea di non poter gestire la mia vita.
Morpheus: Capisco perfettamente ciò che intendi. Adesso ti dico perché sei qui. Sei qui perché intuisci qualcosa che non riesci a spiegarti. Senti solo che c’è. È tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra, nel mondo. Non sai bene di che si tratta ma l’avverti. È un chiodo fisso nel cervello. Da diventarci matto. È questa sensazione che ti ha portato da me. Tu sai di cosa sto parlando.
Neo: Di Matrix.
Morpheus: Ti interessa sapere di che si tratta? Che cos’è? Matrix è ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità.
Neo: Quale verità?
Morpheus: Che tu sei uno schiavo, Neo. Come tutti gli altri, sei nato in catene, sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore. Una prigione per la tua mente. Nessuno di noi è in grado, purtroppo, di descrivere Matrix agli altri. Dovrai scoprire con i tuoi occhi che cos’è.
* Matrix è un sistema, Neo. E quel sistema è nostro nemico. Ma quando ci sei dentro ti guardi intorno e cosa vedi? Uomini d’affari, insegnanti, avvocati, falegnami…. le proiezioni mentali della gente che vogliamo salvare. Ma finché non le avremo salvate, queste persone faranno parte di quel sistema, e questo le rende nostre nemiche. Devi capire che la maggior parte di loro non è pronta per essere scollegata. Tanti di loro sono così assuefatti, così disperatamente dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo.
* Neo: Cosa cerchi di dirmi? Che posso schivare le pallottole?
Morpheus: No, Neo. Cerco solo di dirti che quando sarai pronto, non ne avrai bisogno.

“Tu puoi essere pacifista fino all’estremo ed essere disposto al martirio per testimoniare la tua fede, ma ti sentiresti di rimanere inerte quando altri che non partecipano della tua fede sono esposti alla violenza? Ti sentiresti di dire loro: in nome di ciò che io credo, tu lasciati massacrare? Non sarebbe questa, a sua volta, un’estrema violenza, per di più rivestita di buoni sentimenti?”
Gustavo Zagrebelsky, “La felicità della democrazia: un dialogo”, 2011

“Da dove ha preso tanti occhi, con i quali vi spia, se non glieli offrite voi? Come può avere tante mani per colpirvi, se non le prende da voi? I piedi con cui calpesta le vostre città, da dove li ha presi, se non da voi? Come fa ad avere tanto potere su di voi, se non tramite voi stessi? Come oserebbe aggredirvi, se non avesse la vostra complicità? Cosa potrebbe farvi se non foste i ricettatori del ladrone che vi saccheggia, complici dell’assassino che vi uccide e traditori di voi stessi?… Siate decisi a non servire più, ed eccovi liberi. Non voglio che lo scacciate o lo scuotiate, ma solo che non lo sosteniate più, e lo vedrete, come un grande colosso al quale è stata tolta la base, piombare giù per il suo stesso peso e rompersi”.
Étienne de La Boétie, Discorso sulla Servitù Volontaria

“Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete di più chi può far perire sia l’anima che il corpo”.
Matteo 10, 28

“La differenza [fra sinistra e destra] è fra chi prova un senso di sofferenza di fronte alle disuguaglian¬ze e chi invece non lo prova e ritiene, in sostanza, che al contrario esse producano benessere e quindi debbano essere sostenute. In questa contrapposizione vedo il nu¬cleo fondamentale di ciò che è sinistra e di ciò che è de¬stra”.
Norberto Bobbio, “La sinistra nell’era del karaoke”

“La misura della vita non sta nella sopraffazione reciproca o nella prestanza bellica, ma nella misura, nella socialità, nella gentilezza e perfino nell’eleganza, che non è una colpa ma una disciplina. […]. Si tratta di scegliere come stare al mondo; con quali idee, quali speranze, quali gusti e quali disgusti”
Michele Serra, Il Venerdì, 1152, 16 aprile 2010

“Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”.
K. Marx- F. Engels, Opere scelte, Roma, 1969, pag. 962

“Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno”.
Atti degli apostoli 4, 34-35

“Lévinas mostra come il nazismo consista nella filosofia dell’asservimento al corpo, nell’accettarne l’incatenamento, nel cancellare ogni esigenza di evasione. L’appello all’eredità, al passato, al sangue, l’idea della società a base consanguinea, annientano la libertà, precludono ogni possibilità di presa di parola, di critica, di scarto, di rimorso, di pentimento. Le idee che legano l’Io lo legano in maniera indissolubile, egli vi aderisce perché scaturiscono dalla sua carne e dal suo sangue, dal suo passato, dalla sua razza. L’Io non ha più il potere di sfuggire a se stesso. E se le idee con cui si identifica completamente, assumendole come la verità stessa del proprio corpo, pretendono in quanto verità di essere universali, malgrado il loro razzismo, la loro diffusione diviene espansione, diventa violenza, guerra, sterminio. L’origine del nazionalsocialismo è da ricercarsi fondamentalmente nella dedizione all’essere, nell’adesione incondizionata all’essere, da cui solo il peso della responsabilità per altri può disancorarare l’io, schiodarlo. La “filosofia dell’hitlerismo” non è un’anomalia contingente, ma si iscrive come una stabile minaccia nella filosofia occidentale, affetta com’è da allergia all’alterità. Senza il superamento di tale allergia, il liberalismo e la democrazia non possono nulla, dato che essi si sono costituiti fondamentalmente per la difesa dei diritti dell’Io, piuttosto che di quelli dell’Altro; si sono attestati a difesa degli appartenenti, dei comunitari, e non dei non appartenenti, degli extracomunitari”.
Augusto Ponzio, introduzione a “Dall’altro all’io” di Lévinas, Roma, 2002, p. 28

“Diretta conseguenza dell’emigrazione di massa è stata la creazione di tipi completamente nuovi di esseri umani – individui che si radicano in idee piuttosto che in luoghi, tanto nelle memorie quanto nelle cose materiali; gente che è stata obbligata a definirsi – perché così vengono definiti da altri – sulla base della loro alterità; gente nel cui io più profondo avvengono strane fusioni, unioni senza precedenti fra ciò che sono stati e il luogo nel quale si vengono a trovare. L’emigrazione comprende la natura illusoria. Per vedere le cose così come sono, è necessario attraversare una frontiera”.
Salman Rushdie, “Patrie Immaginarie”.

“E di nuovo Trimbali avvertì il privilegio della sua cultura – e della sorte che gli permetteva di sapere molto di più, di potersi sentire, in ogni caso, ovunque, come un “io”. Altre volte, parlando con i soldati, lo aveva colpito il senso totale di sradicamento che, allontanati dalle famiglie, e dal paese, sembravano coinvolgerli; quasi una pianta che, strappata dalla terra, dall’humus, in cui era cresciuta, si inaridisce improvvisamente. Sempre lo avevano attratto questi frammenti di vita, questi ambiti così, ancora, chiusi, ristretti. Eppure c’era un’esistenza, in loro; e affetti; amori; passioni, a volte; più forti, all’occorrenza, delle sue, filtrate com’erano dalla cultura, dalla lontananza”.
Mario Spinella, “Lettera da Kupjansk”

Altre citazioni utili per la creazione di un Mondo Nuovo:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/02/13/citazioni-per-un-mondo-nuovo-2/

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: