A cura di Stefano Fait
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Il mio giudizio? Un Don Abbondio in carne e ossa: prepotente coi deboli, untuoso coi forti. Questo ho visto e sentito io. Ma potrei sbagliarmi.
Riporto una serie di considerazioni scovate nei forum dei quotidiani e sui social network:
“Caro Luigi Abbate, ho visto il video in cui Girolamo Archinà ti ruba il microfono mentre fai la tua domanda a Emilio Riva sui morti di tumore a Taranto svariato tempo fa. L’avevo rimosso. Poi per fortuna Il Fatto Quotidiano e Repubblica hanno ripreso la telefonata in cui il governatore della tua regione e lo stesso Archinà ne parlavano con grasse risate, e allora quel video e quella vicenda mi è tornata a mente. Siccome ridevano anche di te, e del tuo lavoro, del nostro lavoro, mi sono sentito offeso per te e pure per me. Tu non eri a libro paga dei Riva come molti tuoi colleghi del posto, e allora ti sei potuto permettere quella domanda. Che poi è la domanda delle domande. Quella che ogni collega avrebbe dovuto ripetere fino allo spasmo, perché quella domanda, in quel posto, in quelle condizioni, è l’abc della nostra professione. Eppure nessuno ti ha ringraziato. Nessuno ti ha chiesto scusa. E anzi, il tuo governatore, un uomo di sinistra (così dice), ha telefonato non a te, ma a chi ti ha rubato il microfono. Allora mi sono doppiamente offeso, perché non solo credo nel giornalismo, ma pure nei valori della sinistra. Che prevedono questo: si fa i forti con i forti, contro i forti si lotta, per i deboli e a fianco ai deboli. Invece in quelle risate c’era tutto il contrario di quel valore. C’era il potere che si dà del tu, c’era la mancanza di sensibilità e la coscienza sporca di un’intera classe politica e imprenditoriale che non vuole domande e non vuole il coraggio di certe domande. C’era la mancanza di rispetto verso di te e verso i chiarimenti che chiedevi, che poi riguardano la vita delle persone. Forse veniamo da un altro mondo, o forse siamo semplicemente i pochi rimasti sani in questa terra dove tutto funziona alla rovescia. Dove un governatore di sinistra non solidarizza con te, ma di te si fa beffe dandoti del mezzo provocatore. Dove le domande al padrone vengono vietate, dove un cronista ci si mette poco a comprarlo, o a zittirlo. Basta un semplice atto di prepotenza, quella a cui siamo stati abituati ad assistere da troppi anni. Allora mentre tutti si arrovellano su Vendola sì o Vendola no, io compreso, mi sono reso conto che di te si è parlato poco o nulla. Sei un semplice giornalista, ma per chi prova a farlo davvero e con passione, dal basso o dall’alto poco importa, è il mestiere più bello e (credo io) più nobile del mondo. Lo hai dimostrato con un gesto piccolo. Una semplice scontata eppure potente domanda. Un’ottima lezione di giornalismo. Grazie. Continua così”.
Matteo Pucciarelli
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/11/15/matteo-pucciarelli-lettera-a-luigi-abbate-il-giornalista-che-fa-ridere-i-potenti/
“Il passaggio che ferisce come una lama ben affilata è quella in cui definisci la faccia del giornalista, che legittimante pone una domanda sui tumori al sig. Riva, come quella di un provocatore. Tu che “le battaglie per la difesa della vita e della salute le hai fatte” sai bene quale è la differenza tra un prepotente che difende il proprio padrone ed un provocatore. Quelle risate fanno male ai malati, è vero, non ridevi di noi, ma fanno male ugualmente e fanno male di più a me e a quelli come me che credono ancora nella politica, quelle risate ci pongono di fronte all’amara realtà che è più facile apprezzare lo scatto felino di chi sfugge dalla realtà che non di chi la affronta. Quelle risate fanno male a chi crede ancora che è normale che un presidente di regione parli con i rappresentanti della fabbrica più grande della propria terra per capire come unire il diritto alla salute con quello al lavoro, che ritiene normale che i due poteri si sentano e si incontrino, la politica è anche questo, ma che ritiene, senza ombra di dubbio, che non sia normale apparire servili ad esso. Sicuramente sai già che Taranto conta solo 9 medici al reparto di ematologia dell’ospedale “Giuseppe Moscati” e 2 al Santissima Annunziata, solo 10 medici nel reparto di oncologia al “Moscati” a fronte di 8916 con codice asl 048, attribuito a persone con patologie neoplastiche maligne, questa realtà non fa ridere. Noi non abbiamo scatti felini, fanno male le ossa e per questo sicuramente non facciamo ridere, ma non voglio neanche pietà, mi piacerebbe solo che mi accompagnassi quando tra un po’ mi aspireranno di nuovo il midollo, forse sentirti ridere allevierà il dolore perché anche un malato vuole sentir ridere, ma in modo diverso da quello ascoltato oggi”.
Vitanna Convertini
“Tutti, a cominciare dal divertito Vendola, si sono dimenticati della violenza esercitata sul cronista. Logica da potenti spocchiosi. Resa ancora più grave dal fatto che non si parlava di avventure erotiche ma della salute e della vita di operai e di un’intera generazione di tarantini”.
“Sarà per deformazione professionale, sarà perché la prepotenza è odiosa sempre, anche quando la esercita un bambino di 5 anni… In quel video non c’era nulla da ridere. Niente. Un giornalista fa una domanda sui tumori a Taranto al padrone della fabbrica, un prepotente a libro paga del padrone della fabbrica gli ruba il microfono. Non c’è niente da ridere. Niente. E se ci ridi sopra con tanto gusto, allora poniti qualche domanda su chi sei diventato. Domandati perché invece di telefonare al giornalista che fa il suo lavoro e viene umiliato in questo modo hai fatto il numero del prepotente a libro paga del padrone“.
“Il fatto che, come ripete con troppa enfasi, non abbia mai preso un soldo dai Riva (diversamente da Berlusconi e Bersani), non è un’attenuante, anzi un’aggravante. Non c’è una sola ragione plausibile che giustifichi il rapporto di complicità “pappa e ciccia” che emerge dalla telefonata pubblicata sul sito del Fatto fra lui e lo spicciafaccende-tuttofare dei Riva: quell’Archinà che tutti sapevano essere un grande corruttore di politici, giornalisti, funzionari, persino prelati. Un signore che non si faceva scrupoli di mettere le mani addosso ai pochi giornalisti non asserviti. In quella telefonata gratuitamente volgare, fatta dal governatore per complimentarsi ridacchiando con il faccendiere della bravata contro il cronista importuno, non c’è nulla di istituzionale: nemmeno nel senso più deteriore del termine, nel più vieto luogo comune del politico scafato che deve tener conto dei poteri forti e delle esigenze occupazionali. C’è solo un rapporto ancillare e servile fra l’ex rivoluzionario che si è finalmente seduto a tavola e il potente che a tavola ha sempre seduto e spadroneggia nel vuoto della politica e dei controlli indipendenti, addomesticati a suon di mazzette. Il darsi di gomito fra gli eterni marchesi del Grillo, “io so’ io e voi nun siete un cazzo”. Questo ovviamente in privato, mentre in pubblico proseguivano le “narrazioni” e le “fabbriche di Nichi”. La poesia sulla scena, la prosa dietro le quinte. La telefonata con Archinà è peggio di qualunque avviso di garanzia, persino di un’eventuale condanna. Perché offende centinaia di migliaia di elettori che ci avevano creduto, migliaia di vittime dell’Ilva e i pochi politici che hanno pagato prezzi altissimi per combattere quel potere malavitoso. Perché cancella quello che di buono (capirai, in otto anni) è stato fatto in Puglia. Perché diffonde il qualunquismo del “sono tutti uguali”. Perché smaschera la doppia faccia di Nichi. Perché chi ha due facce non ce l’ha più, una faccia”.
Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano del 15/11/2013.
“Vendola che querela Il Fatto perché lui rideva di un gesto ginnico e non dei morti… È iniziato il delirio dialettico del nostro”.
“A proposito dei video riportati oggi da Repubblica.it che infiammano la discussione sul web, mi permetto di osservare che quello che inquieta non è tanto il contenuto delle affermazioni di Nichi, durante la sua telefonata al dirigente dell’Ilva – che meriterebbero una attenta analisi che non si può fare in base a una conversazione telefonica, quanto il suo divertimento per una pura mascalzonata: quella di questo impresentabile Archinà che strappa il microfono di mano per compiacere il padrone che ha la spudoratezza di negare che a Taranto ci siano stati dei casi di tumore. La cosa è talmente assurda che quando me l’hanno raccontata ho pensato ad uno scherzo di cattivo gusto di Checco Zalone. Purtroppo non è così”.
“«Una montatura assurda, un’intercettazione montata a video con la musica superdrama»: così una mia amica – una brava – mi ha scritto su Facebook per chiedermi di «non cadere nella trappola» contro Nichi Vendola. Chissà, forse in parte ha ragione: in quello che dice al telefono Vendola non c’è nulla di penale – è ovvio – anzi a un certo punto il presidente della Puglia rivendica di aver fatto «tante battaglie in difesa della vita e della salute». Però, però. Però ci risiamo con quell’affettuosa complicità fra potenti, con quell’intimità tra il potere politico e la peggiore imprenditoria. Ed è questo che non si tollera più. È questo che non si tollera nel caso Cancellieri, è questo che non si può accettare nei toni di Vendola, nel suo declamato «quarto d’ora di risate» verso il giornalista che faceva il suo mestiere di cane da guardia. È questo che non si può più subire, per Vendola come per qualunque altro: la sensazione di un potere che ride, si «dà garanzie» e si scambia pacche sulle spalle mentre il Paese si arrabatta, soffre, si incazza, muore. Non credo che sia del tutto chiaro, ai miei ottimi amici di Sel, che questa per Vendola è la pietra tombale in termini di reputazione: come per Di Pietro è stata Report e per Violante il video del discorso alla Camera su Berlusconi. Peccato: qui scrive uno che all’ultimo giro ha votato proprio Sel. A proposito, se vuole un po’ di bene alla gente di sinistra che rappresenta, Vendola dovrebbe molto riflettere sul da farsi, nei prossimi giorni.
http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/11/15/buonanotte-nichi/”
“Non mi sembra minimamente accettabile – semmai trovo sia vergognoso – per il Presidente della Regione puglia chiamare uno dei più importanti manager dell’Ilva, Archinà (ora in carcere, accusato tra le varie nefandezze di aver manipolato, a suon di mazzette, l’informazione, affinché non venissero fuori i fatti che dimostravano la connivenza della politica con le malefatte dell’Ilva) per ridere sguaiatamente e complimentarsi del fatto che quest’ultimo, con “scatto felino”, avesse strappato un microfono a un giornalista, da Vendola definito un “provocatore” per il solo fatto di aver posto una domanda mirata (essendo tra l’altro, non dimentichiamolo, il giornalista suddetto uno dei pochi reporter locali non controllati da Archinà, come la Procura ha avuto modo di illustrare) e quindi avallando con le sue penose risate il fatto che il manager avesse in questo modo impedito al cronista di proseguire le sue domande circa i danni che l’Ilva causava ad ambiente e salute. Vendola suggerisce di “stringere i denti” di fronte a questi improvvisatori “senza arte né parte”. Vendola rassicura il manager Ilva che non si è affatto scordato di loro e che ha capito qual è la situazione premurandosi col manager di far sapere “a Riva che il presidente non si è defilato”, ma che “se ci mettesse la sua faccia si accenderebbero ancora più i fuochi”. Non solo, gli ricorda che gli operai FIOM, ovviamente stritolati tra l’esigenza di vivere in salute, ma anche di lavorare, sono i “loro migliori alleati” (strumentalizzando biecamente, per tranquillizzare la dirigenza Ilva, gente disperata che si trova tra il dover scegliere tra lavoro e salute). Tutto ciò avveniva mentre Taranto viveva i giorni di massima bufera per l’emergenza benzoapirene e relative conseguenze ambientali e tumorali. Non dimentichiamoci poi che questa telefonata deve essere inquadrata in quello che è il contesto attuale: oggi Nichi Vendola è tra i 53 indagati, lui per concussione, dell’inchiesta “Ambiente svenduto”. Per la procura di Taranto, che ha coordinato l’attività investigativa della Guardia di finanza, il leader di Sinistra ecologia e libertà ha fatto pressioni sul direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, perché ammorbidisse il suo atteggiamento nei confronti dell’Ilva. Cosa poi effettivamente avvenuta, stando alla ricostruzione della Procura: secondo quest’ultima, Assennato, su pressione di Vendola, ridimensionerà il suo approccio fino ad allora improntato al più assoluto rigore scientifico. Girolamo Archinà, invece, è finito in carcere il 27 novembre 2012. Associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Sono le ipotesi di reato da cui dovrà difendersi l’ex pr dell’Ilva insieme a Emilio, Fabio e Nicola Riva, all’ex direttore della fabbrica Luigi Capogrosso. Ma non è tutto. Archinà, infatti, è accusato anche di corruzione in atti giudiziari per aver versato una tangente di diecimila euro a Lorenzo Liberti, ex consulente della procura, incaricato di svolgere una perizia sulle emissioni nocive dello stabilimento siderurgico. Nel corso dell’inchiesta è anche emerso come molti cronisti locali (e alcune testate) fossero di fatto a libro paga di Archinà. Soldi per nascondere lo scandalo inquinamento e, soprattutto, per non fare domande”.
“Non mi serve un reato, mi basta un discredito, una macchia reputazionale, per interrompere la carriera politica di un indegno. A me quelle risate non sembrano rispettose dei tanti morti di tumore a causa dell’ILVA ( e tanto basta e avanza pure). Inoltre un pubblico controllore (è in tal veste che interviene Vendola, cioè in qualità di organo sovraordinato all’ARPA) non deve avere rapporti estranei ed informali ai doveri di ufficio con un soggetto privato suo controllato. A meno che il conflitto di interessi sia una trascurabile bazzecola. Secondo te c’è ancora la disciplina e l’onore richiesti ai sensi dell’art. 54 della Costituzione? Secondo me no”.
“Grasse risate per il prezioso atto di prepotenza. La nuova sinistra, quella dei prepotenti”.
“Sembra di rivivere le telefonate di Pierfrancesco Gagliardi e suo cognato Francesco Piscicelli per gli appalti su disastro del terremoto dell’Aquila. A me sembra ancora più schifosa perché si percepisce una sorta di diplomazia indecifrabile che si sbraca con quella vergognosa risata”.
“Un quarto d’ora a ridere…non potevo riprendermi”. Vendola ha detto bene: non si riprenderà mai più.
“Niente che non si sapesse già, per chi voleva informarsi, ma questa telefonata avrà un effetto mediatico devastante. E comunque non si tratta della telefonata in se, ma dei rapporti che quella telefonata sottende. Spero che Vendola, dopo aver elargito lezioni di moralità a destra e a manca, ne tragga le dovute conseguenze”.
“Io penso che sentire Vendola dare del “provocatore” ad un giornalista che chiede conto ad un possibile nesso tra morti di tumore ed inquinamento mi fa schifo”.
“E’ il carattere “confidenziale” della conversazione il più grande macigno sulla credibilità di Vendola!!…fa capire che tutto era gestito dalle alte autorità per salvaguardare i Riva!”
“Vendola è finito. Non tanto per quella telefonata, ma per esser voluto apparire diverso da chi fa quelle telefonate”.
“Più delle risate sul cronista, della telefonata di Vendola colpisce la totale sudditanza ai Riva”.
“Una risata vi seppellirà”.
“Vendola che ride con l’infido Archinà e che si inginocchia ai Riva è la conferma di un sospetto (e di una delusione): Nichi è fiction”.