Motto perpetuo

lavoro e libertà

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“Il governo Monti – aggiunge Tremonti – ha rivalutato le rendite catastali del 60% e ha introdotto l’imposta sulla casa di abitazione. Si tratta di una vera e propria patrimoniale permanente con la conseguenza che i valori fiscali sono cresciuti, mentre i valori reali delle abitazioni, anche a causa della recessione, sono crollati». «Un conto – osserva – è una patrimoniale moderata come era la vecchia Ici, che escludeva la prima casa e che aveva valori bassi, un conto è trasformare la vecchia Ici in un’imposta patrimoniale fortissima. Le conseguenze? Se uno ha i soldi per pagare l’Imu se la cava, altrimenti c’è chi, e penso ai pensionati e alle fasce più deboli, è costretto a vendere la casa per pagare le imposte. Ecco che l’Imu, in questo modo, cessa di essere un imposta sulla proprietà e diventa un’imposta contro la proprietà”.

http://www.unita.it/italia/tremonti-contro-l-imu-di-monti-br-tassa-sua-fate-ricorso-1.477674

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La pensione di mia madre prosciugata dall’Imu, Mauro Minguzzi, Ravenna, lettera a Repubblica, 11 gennaio 2013
“Leggo su Repubblica che il premier Monti ha pagato per la sua prima casa (che presumo di un certo pregio) in corso Vercelli a Milano (zona di analogo pregio) 1531 euro di Imu. Mia madre, vedova 85enne con 600 euro mensili di pensione, e che per ridurre le spese ha affittato per 250 euro al mese (con contratto regolarmente registrato all’Agenzia delle Entrate) una porzione dell’unica casa che possiede a Ravenna, di Imu ha pagato 1165 euro.
Per di più, per effetto del cumulo dei redditi tra la pensione e il canone di locazione, a novembre, in occasione della scadenza per i pagamenti dell’Irpef, si è vista quasi azzerare l’assegno dell’Inps. Dov’è l’imbroglio?”

Monti, Ambrosetti, la Repubblica e lo smantellamento del sistema sanitario nazionale

Ambrosetti e Monti, amici da 35 anni

Monti ha parlato di un sistema che avrà difficoltà a resistere. I ricercatori di Ambrosetti, nella pubblicazione “Meridiano sanità”, si sono spinti oltre. Hanno infatti ipotizzato che entro il 2050, cioè in meno di 40 anni, la spesa sanitaria italiana sarà più che raddoppiata, e salirà a 260 miliardi di euro”.

La Repubblica del 28/11/2012.

Cos’è Ambrosetti e perché la Repubblica lo cita come fonte autorevole a sostegno delle dichiarazioni di Monti?

“Ambrosetti – Europe House” è uno di quei club in cui si decidono (a porte chiuse) le sorti di milioni di persone. Fa parte della stessa schiatta di Gruppo Bilderberg, Trilaterale, CFR, Aspen, Bruegel, ecc.

http://www.informarexresistere.fr/2012/09/08/the-european-house-ambrosetti-una-s-p-a-che-detta-lagenda-mondiale-2/#axzz2DQlEDeu5

Ne è Presidente onorario Alfredo Ambrosetti, “il padre del seminario che dal 1975 riunisce sulle rive del Lago di Como chi fa leggi e chi dirige le aziende, i pensatori più brillanti e i ministri attuali o futuri, in Italia come a Bruxelles…. «Con Napolitano c’è sempre stata una forte corrente di simpatia e di stima reciproca, per quel che posso testimoniare. Il presidente è stato un ospite assiduo del seminario e Monti ha sempre curato di persona le sessioni che lo hanno riguardato». Già, perché il neopremier è, fin dalle origini, uno dei «fabbri» più preziosi di quella fucina di idee che è da sempre il workshop di Cernobbio. A lui si deve in buona parte il merito di avere dato forma all’«Ambrosetti», molto di più di un convegno o di un luogo di discussione libera….

come si fa a non partecipare a quella kermesse cui ogni anno Monti, forte della sua rete di contatti e di relazioni internazionali ad altissimo livello, presenta i protagonisti del mondo che verrà? «È stato lui a segnalare Christine Lagarde» rivela Ambrosetti «prima che venisse nominata nel governo francese».

«Monti è arrivato da noi nel ’77, quando il seminario era alla sua terza edizione» ricorda Ambrosetti. «È stato l’anno del salto di qualità, quando il seminario ha preso una fisionomia più precisa e internazionale, grazie alla collaborazione di Franco Modigliani, non ancora premio Nobel. In quell’occasione spuntò quel giovane economista così serio e preciso, mi colpì subito per la sua competenza e la proprietà di linguaggio: mai un aggettivo fuori posto, mai una sbavatura. Da quel momento decisi che la sua sarebbe stata una  collaborazione preziosa».

Mai decisione fu più felice, visto che, 34 anni dopo, l’entusiasmo è più vivo che mai. Anzi. «Monti è semplicemente perfetto» assicura Ambrosetti. Inutile tentare di scalfire l’ammirazione di Ambrosetti, che pure ha visto sfilare i grandi della Terra, per il suo amico prestato alla politica. Emerge il ritratto di un uomo schivo, amante della natura e della solitudine, ma capace di grandi gesti d’affetto, come congedarsi da un vertice di altissimo livello in Polonia per correre al matrimonio della figlia dell’amico Alfredo, come è successo il 22 ottobre scorso.

«Non l’ho mai visto arrabbiato» continua Ambrosetti. «Ha una capacità di autocontrollo ai limiti dell’umano». E ancora: «È misurato nelle parole, puntuale negli appuntamenti». Difficile che uno così se la possa cavare in un ambiente difficile e complicato come la politica. «Non credo» replica Ambrosetti «che la sfida di Bruxelles fosse più agevole. Anche lì non mancavano difficoltà ambientali o nemici potenti.

Lui ha un’arma preziosa: è assolutamente incorruttibile. Non solo, come è ovvio, dal punto di vista materiale. Ma anche sul piano ideologico. Ha convinzioni profonde e quando si sente nel giusto non cede ai compromessi».

http://economia.panorama.it/Alfredo-Ambrosetti-vi-dico-io-come-Mario-Monti-e-arrivato-qui

La trentottesima edizione del tradizionale appuntamento di Cernobbio, il workshop Ambrosetti, si è chiusa ieri con l’incoronazione di Mario Monti. Anzi, del ‘Monti bis’. A decretare l’assoluta necessità di affidare all’agenda del professor Monti il futuro del Paese sono stati gli ospiti del forum. Amministratori delegati, industriali e banchieri ci mettono la faccia, e spiegano che “il governo che uscirà dalle urne dovrà proseguire il lavoro di Monti”. Un messaggio alla politica, dunque. Perché candidarsi è lecito, ma per quanto riguarda il programma, quello dell’illustre bocconiano basta e avanza. Unica nota stonata, il pollice verso di Giulio Tremonti. “I banchieri sono contenti”, spiega l’ex ministro del Tesoro, “sicuramente non lo sono i cittadini”. Ma l’ultima parola l’ha avuta il padrone di casa e presidente onorario di The European House Ambrosetti. “Stimo Monti infinitamente”, dichiara il cavaliere Alfredo Ambrosetti, che proietta ‘Super Mario’ ben oltre la presidenza del Consiglio. “Nutro un sogno”, confessa alle telecamere de ilfattoquotidiano.it, “vorrei che Mario Monti diventasse Presidente della Repubblica”

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/09/10/cernobbio-elegge-monti-ambrosetti-sogno-premier-colle/204700/

Matteo Renzi, Nunzio dell’Apocalisse (una canzonatura in 4 passaggi illogici)

Anche Mussolini e Hitler erano giovani.

Giulio Tremonti, ottobre 2012

È noto che Hitler aveva una personale, sterminata ammirazione per Wagner. Alcuni biografi di Hitler sostengono che egli usasse dire che “tutto era cominciato” (vale a dire l’inizio della sua attività politica), durante una rappresentazione di Rienzi a Linz. Hitler avrebbe tanto apprezzato la figura del protagonista, ispirata alla storia di Cola di Rienzo, da vedere in esso un modello per il riscatto del proprio popolo, ovviamente con se medesimo come dittatore.

http://memoria.comune.rimini.it/binary/rimini_memoria/progetto/LA_POLITICA_MUSICALE_DEL_NAZISMO.1205827357.pdf

Rienzi, der Letzte der Tribunen (Rienzi, l’ultimo dei tribuni) e il titolo completo del primo successo teatrale di Wagner. L’opera, scritta a Parigi schivando abilmente creditori e gendarmi, fu rappresentata per la prima volta il 20 ottobre 1842 nel nuovo teatro di corte di Dresda, appena costruito dall’architetto Gottfried Semper. L’opera reca con se anche la fama sinistra di essere stata tra le favorite di Adolf Hitler, che si fece regalare il manoscritto in occasione del suo cinquantesimo compleanno e lo porto con se nel bunker di Berlino. L’autografo non e più tornato alla luce e rimane uno dei tanti misteri che circondano la fine del Fuhrer. Wagner aveva tratto spunto per il libretto da un romanzo dello scrittore Edward Bulwer-Lytton, un nobile inglese autore di lavori a sfondo storico come Gli ultimi giorni di Pompei o Richelieu. Il soggetto ruota attorno alla figura di Cola di Rienzo, un plebeo romano del Trecento che riuscì per breve tempo a strappare il potere dalle mani della nobiltà, prima di venire rovesciato a sua volta da una rivolta popolare sobillata dalle grandi famiglie e dalla Curia.

http://www.teatrocomunalemodena.it/upload/doctesti/Pagine%20da%20ORCH%20RAI%204.pdf

“Credono che un giorno torneranno a vedere il sole, per sterminare la specie umana che ha sporcato il mondo” (cf. “La razza ventura” di Edward Bulwer-Lytton).

http://www.lankelot.eu/letteratura/bulwer-lytton-edward-george-la-razza-ventura.html

Se gli Antichi si risveglieranno, distruggeranno il mondo intero. Per questo motivo la Direttrice invita Dana ad uccidere Marty prima dell’alba per completare il rituale e salvare tutta l’umanità… Marty si siede e conforta Dana, ferita mortalmente, facendole notare che potrebbe essere migliore un’altra umanità. La ragazza è d’accordo e, mentre i due fumano una canna, una gigantesca mano esce da terra, annunciando quindi il ritorno degli antichi dèi”.

http://it.wikipedia.org/wiki/Quella_casa_nel_bosco

La “Modesta proposta per superare la crisi dell’Euro” di Yanis Varoufakis

Varoufakis ha perso la sua cattedra all’Università di Atene a causa della crisi e delle politiche europee e ora vive in “esilio”, migrando come visiting scholar da una facoltà estera all’altra.

E’ categoricamente contrario all’uscita dall’eurozona, per delle ragioni assolutamente condivisibili.

Alcune sue interviste rilasciate in italiano e analisi tradotte in italiano.

[Premetto che il grave limite di Varoufakis, come di Bagnai, è quello di rifiutarsi di considerare l’idea di complotti finanziari globali che hanno finalità politiche e non solamente di mero profitto. Penso che a questo punto sia surreale non tenerne conto. Varoufakis incolpa principalmente i banchieri tedeschi, il nazionalismo tedesco e le manovre sul dollaro e l’egemonia americana (un complottino, insomma) che sono solo una dimensione del problema, Bagnai riduce il tutto alle naturali dinamiche della finanziarizzazione dell’economia (bah). Ciò non toglie che occorre fornire un’alternativa affinché la gente possa dire: “allora non è vero che non ce n’erano”, “allora sono veramente dei criminali”. Varoufakis, Stuart Holland e Joseph Halevi hanno fatto precisamente questo e qualcuno lo doveva fare. Per altri è stato Bagnai a farlo ma, dal mio punto di vista, la fuga dall’eurozona è effettivamente un suicidio, come sostengono i critici. Per chi vuole qualcosa di più di questo è interessato a sentir parlare di economia e finanza ad alti livelli (ma con stile divulgativo) con un dibattitto che includa i veri complotti in corso – in particolare come l’indebitamento sia impiegato per rifeudalizzare le democrazie occidentali (ma senza riferimenti ad alieni, Haarp, scie chimiche o altro) -, rimando a (in inglese!): http://www.golemxiv.co.uk

Ci dovrebbe essere più integrazione in Europa per combattere la crisi?

“Assolutamente, ma possiamo farlo domani. Non abbiamo bisogno di una Federazione europea, di un nuovo trattato o di cose del genere. Il Fondo Salvastati deve intervenire direttamente nella ricapitalizzazione delle banche, senza passare dai governi. La Banca centrale europea dovrebbe prendersi carico dei debiti pubblici e lo potrebbe fare immettendo gli eurobond. Abbiamo bisogno degli investimenti bancari europei per creare le condizioni per avere la meglio sulla recessione”.

Ci sono alcuni Paesi, come la Germania, che non voglio creare una maggiore integrazione economica. Come se ne esce?

“La Germania, prima di accettare un’integrazione economica, vuole una unione politica. Finché la crisi non verrà arrestata non ci saranno unioni politiche, perché per crearle serve molto tempo. E noi non abbiamo tempo. Dobbiamo fermare la crisi il prima possibile in modo da avere la possibilità di un’unione politica. Se continuiamo così non uniremo altro che cenere“.

http://affaritaliani.libero.it/esteri/yanis-varoufakis-ad-affaritaliani200612.html

Tre cose. I passi molto semplici che devono essere fatti. In Europa, sia in Grecia che in Spagna, quello che succede ora è che le banche insolventi sono strette in un abbraccio mortale con gli stati insolventi. Così, gli Stati prendono in prestito denaro dal centro dell’Europa al fine di finanziare le banche, e le banche prendono in prestito per dare allo Stato, e sia le banche che gli stati sono bloccati in una sorta di abbraccio mortale. Quindi quello che dobbiamo fare è rompere questo legame tra le banche insolventi e gli stati insolventi. Il modo per farlo è unificare il sistema bancario, europeizzarlo all’interno dell’Unione Europea, finanziandolo direttamente e non attraverso i governi nazionali. Questo è un passo molto semplice, ma è un passo che sembra essere troppo lontano dall’Unione Europea.

In secondo luogo ciò che serve è una mutualizzazione, una sorta di debito comune, come in Australia, dove il governo federale ha il proprio debito al di sopra degli Stati.

In terzo luogo, abbiamo bisogno di una politica di investimento in tutta la zona euro. Perché siamo in un’area monetaria, è necessario disporre di una strategia di investimento, di un meccanismo di riciclaggio del sistema. Se non abbiamo queste cose, e la Germania non vuole avere queste cose, temo che non ci sia assolutamente la possibilità di evitare questo deragliamento al rallentatore.

L’economia Greca non può essere sistemata. L’economia Greca è finita. L’economia Greca è in una grande, grande depressione. L’economia sociale è nel lungo, lungo inverno del suo scontento. Non c’è nessun potere, nessuna forza all’interno dell’economia Greca, della società Greca, che possa evitare tutto questo – è come se fossimo nell’Ohio nel 1931, e ci chiedessimo: che cosa possono fare i politici dell’Ohio per tenere l’Ohio fuori dalla Grande Depressione? La risposta è: niente.

Tutto dipende da ciò che accade nella zona euro. Proprio come quello che è successo in Ohio è dipeso dell’ascesa del presidente Roosevelt e dal New Deal – a meno che non ci sia un new deal per l’Europa, la Grecia non ha possibilità. Questo non vuol dire che se l’Europa si sistema, anche la Grecia si sistemerà. Una condizione necessaria è che la zona euro trovi un piano razionale per se stessa. Ma non è una condizione sufficiente. L’Europa potrebbe mettersi a posto e la Grecia, così fragile e maligna, potrebbe ancora avere grossi problemi e non recuperare mai. Ma fino a quando la zona euro non troverà un piano razionale per fermare questo disastro ferroviario che avanza al rallentatore in tutta l’Unione Europea, in tutta la zona euro, la Grecia non ha alcuna possibilità.

Questa è la nostra Grande Depressione. Non solo in senso economico, ma anche in senso psicologico. I Greci passano da uno stato catatonico a uno stato di rabbia, ed è un tipico caso di depressione maniacale. Non ci sono prospettive. Non c’è luce alla fine del tunnel. Ci sono sacrifici, ma nessuno ha la sensazione che si tratti di sacrifici che assumono la forma di un qualche tipo di investimento per girare l’angolo. Questo è il problema quando si è bloccati in una zona euro davvero mal progettata, che sta crollando, e che non dà la possibilità alle sue parti più deboli di venirne fuori attraverso una sorta di crisi rigeneratrice, di catarsi.

http://www.frontediliberazionedaibanchieri.it/30-categorie-12335539.html

Come si pone la crisi greca rispetto a quella che assume sempre più i connotati, anche politici, di una crisi dell’intera zona euro?

Io sono convinto che si debba, finalmente, ammettere come la crisi economica greca non sia, in realtà, greca, non nel senso di un paese vittima del proprio debito. Si pensi a uno tsunami: l’onda esiste indipendentemente dalla città che poi andrà a colpire. La Grecia aveva, e continua ad avere problemi che non hanno il Paese come unico obiettivo. Semplicemente, Atene è la prima destinazione di un percorso che sta investendo l’intera zona dell’euro.

Si faccia l’ipotesi che, dal 1998 al 2008, la Grecia fosse stata guidata da governi saggi e angelici i quali, per esempio, avessero colpito corruzione ed evasione fiscale: non saremmo stati la prima vittima dello tsunami, eppure questo sarebbe comunque arrivato anche a noi, qualsiasi cosa avessimo fatto. Si pensi al Portogallo: non ha un deficit esorbitante e anche l’ammontare del debito non è paragonabile al nostro. L’Irlanda, poi, non conosce fenomeni di corruzione e rappresentava il modello del Fmi, della zona euro e del Washington consensus. Eppure entrambi i Paesi sono vittime della crisi che stiamo vivendo ed è chiaro che l’Irlanda, come la Grecia, avrà presto bisogno di un secondo prestito. Questo, penso, significa che siamo di fronte a una crisi sistemica della moneta unica ed è un falso assoluto che l’euro sia vittima di attacchi speculativi; molto semplicemente, l’Euro è vittima della sua stupidità [come Bagnai, anche Varoufakis, per ragioni che mi sfuggono, nega l’evidenza del fatto che gli attacchi speculativi coordinati ci sono stati e sono stati documentati dai maggiori quotidiani internazionali, come ad esempio il New York Times, l’Huffington Post e la Repubblica: https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/10/02/mercati-mercatini-e-monti-bis/, https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/09/01/il-complotto-delle-banche-daffari-documentato-dallhuffington-post-non-da-un-blogger-paranoico/, NdR]

Si faccia l’esempio della Spagna, un paese che, allo scoppio della crisi, nel 2008, aveva surplus finanziario e, in questo preciso istante, ha un debito e un deficit inferiori a quelli britannici. Ciononostante, mentre la Gran Bretagna non affronta nessun problema a farsi prestare denaro dai mercati internazionali, non è così per la Spagna, la quale rimane attaccata a una moneta problematica; l’euro. Questa è la vera questione: se io fossi un investitore giapponese e detenessi bond inglesi e spagnoli sarei fortemente preoccupato dello stato di salute dei due Paesi; telefonerei al mio broker e gli direi, per esempio, di vendere i bond inglesi. A quel punto potrei reinvestire il ricavato della vendita o in Gran Bretagna o, continuando l’esempio, in Germania. Se scegliessi di investire fuori dalla Gran Bretagna vendendo, pertanto, sterline per comprare euro, il prezzo delle prima crollerebbe, rendendo le esportazioni inglesi vantaggiose, le importazioni costose, dunque migliorando la bilancia dei pagamenti inglese. Sia che si tenga un bond inglese sia che si venda, qualcosa di buono per l’economia britannica accadrà comunque.

Nel caso, invece, dei bond spagnoli dell’esempio, se io chiedessi al broker di liquidare e acquistare bond tedeschi non registreremmo la vendita di valuta spagnola; gli euro uscirebbero, semplicemente, dalla Spagna che, non avendo una moneta nazionale, non potrebbe far altro che assistere impotente alla propria emorragia. Ecco perché, nonostante le statistiche vitali della Spagna siano migliori della Gran Bretagna, quest’ultima si trova in posizione di vantaggio rispetto alla penisola iberica.

Prima dell’avvento dell’Euro, pertanto, il problema non esisteva e la crisi ha rivelato le debolezze del sistema della moneta unica.

Dieci anni fa la crisi non c’era e gli Stati Uniti, principalmente, assorbivano le eccedenze tedesche attraverso le importazioni. Nel 2008 tutto questo cessò e la struttura della moneta unica, per come è stata edificata, non è stata capace di assorbire una frana di tali dimensioni.

Chiaro che, nel corso di un terremoto, la prima abitazione a crollare è quella le cui fondamenta sono marce. Ma se non fosse stata la Grecia, sarebbe stato un altro Paese. Il fatto, però, non è riconosciuto a livello delle istituzioni europee che continuano ad additare la Grecia come il grande colpevole. Io credo che si tratti del rifiuto psicologico ad ammettere errori. Si ipotizzi che, nel giro di pochi minuti scompaiano tutti i greci: cambierebbe qualcosa? Ci sarebbero sempre la Spagna e l’Italia e quando cadessero anche loro, l’Euro cesserebbe di esistere. Bisogna, pertanto, mettere da parte sciocchezze e cercare soluzioni ai problemi strutturali dell’Euro.

Il governo greco, alla frana di più di un anno fa, rispose con il ricorso a un meccanismo di salvataggio che comprendeva un prestito di 110 miliardi, erogati dalla Ue, dalla Bce e dal Fmi. In virtù di tale prestito, la Grecia si impegnò all’adozione di misure che avrebbero dovuto risanare il deficit. Oggi sappiamo che il deficit non solo non diminuisce con i ritmi previsti ma il debito sale a ritmi vertiginosi e saranno presto necessari altri 100 miliardi di prestito. Cosa non ha funzionato?

Senz’altro le previsioni del meccanismo erano sbagliate eppure la responsabilità maggiore grava sul governo greco che non doveva accettare molta parte delle imposizioni.

Sono almeno duecento anni che conosciamo e siamo tutti d’accordo su due cose. Innanzitutto, quando qualcuno ha fallito, non puoi ”aiutarlo” garantendogli un nuovo prestito e, per giunta, con tassi di interesse molto alti. Questo è solo un aiuto temporaneo che, però, non fa che accrescere il problema. Il fatto che la Grecia stia trattando un nuovo prestito rappresenta una tragedia.

Il secondo elemento è che quando un’economia è in recessione, se si diminuiscono le spese pubbliche la recessione si aggrava. Ora, con il memorandum firmato un anno fa, abbiamo fatto proprio le due cose che non dovevamo fare: abbiamo preso un prestito enorme e abbiamo tagliato le spese pubbliche. Questa è la definizione della paranoia: fare tutte le volte la stessa cosa e tutte le volte aspettarsi un risultato diverso.

Lei ha proposto una soluzione alla crisi dell’Euro articolata in tre punti che non richiedono il raggiungimento, irreale al momento, di un’organizzazione politica dell’Ue diversa da quella presente. Al tempo stesso sostiene con fermezza la necessità di mantenere l’Euro come moneta della Grecia, definendo il ritorno alla dracma come ritorno all’età della pietra.

Innanzitutto, bisogna riconoscere che stiamo vivendo una crisi strutturale dell’euro e il problema non è risolvibile attraverso la proposta, dall’esito altamente improbabile, della creazione di una struttura politica europea altra da quella presente. La crisi si fonda sull’incidenza di tre fattori: del primo nessuno parla in una congiura del silenzio, dal momento che tutte le banche, non solo greche, sono ”zombie banks” in tutta Europa, ossia, detta semplicemente, esse non hanno liquidità a disposizione [es. Deutsche Bank, NdR]. Il debito statale rappresenta solo il secondo fattore, non l’unico, mentre si deve aggiungere che, dal 2008, non si attua in tutta Europa, nessun investimento di una qualche rilevanza.

Dobbiamo, pertanto, affrontare contestualmente le tre questioni. Il Fondo strutturale europeo (Fse) deve smettere di prestare agli Stati e invece sostenere le banche europee, garantendo loro capitali a basso tasso d’interesse, perché possano ricapitalizzarsi; il Fse otterrebbe in cambio azioni che poi rivenderebbe al fine di non incidere sui contribuenti europei.

Rispetto al debito, chiarito che non è possibile garantire nuovi prestiti a chi è già indebitato a dismisura, la soluzione sta nel sollevare il debitore di quella parte di debito ammessa dal trattato di Maastricht, ossia il 60 per cento del Pil. Il modo per farlo è che la Bce prelevi i bond nazionali in scadenza e li trasformi in un bond europeo di buona qualità e, pertanto, appetibile ai mercati.

Il terzo asse su cui ruota la mia proposta è che la Banca europea per gli investimenti (Bei) assuma il ruolo di coordinatrice di un vero e proprio piano Marshall per l’Europa, ove il 50 per cento di ogni misura messa in atto verrà finanziata dai bond europei invece che dai singoli stati.

[nota bene: chi, come me, apprezza Webster G. Tarpley, sarà lieto di sapere che le sue proposte coincidono con quelle di Varoufakis]

La soluzione, pertanto, potrebbe essere molto semplice, anche se la cancelleria tedesca non ne vuole sentire parlare e, di conseguenza, il governo greco non la propone neppure. Di conseguenza scegliamo, ancora una volta, la via dell’ulteriore indebitamento e delle misure che esso comporta. Tuttavia, anche se riuscissimo a rispettare proprio tutte le condizioni che porrà il nuovo prestito, in pochi anni l’esposizione al debito della Grecia sarà superiore al 400 per cento. Non è pensabile, dunque, che il Paese, prima o poi, non dichiari default sovrano, con la differenza che più tardi avverrà, peggiori saranno le conseguenze; basti pensare che allora lo Stato non avrà più nulla da sfruttare, dal momento che avrà svenduto tutto nel frattempo.

http://it.peacereporter.net/articolo/29047/Grecia.+Processo+all%27euro.+Una+ricetta

Yanis Varoufakis: la sua “Modesta proposta per superare la crisi dell’Euro”, presentata fra l’altro sul sito del Levy Institute in un articolo con Stuart Holland, è stata oggetto di ampio dibattito fra gli economisti e anche sui mass media greci ed europei (inclusa la BBC). La proposta è vicina ha quella avanzata da molti studiosi e politici e consiste nel trasferire una quota del debito pubblico dei paesi europei presso la BCE, che ne potrebbe assicurare la sostenibilità a bassi tassi di interesse. Ulteriori notizie sono ricavabili dal sito: http://yanisvaroufakis.eu/.

Nella lettera qui sotto tradotta egli si rivolge al primo ministro Greco Papandreu affinché resista all’imposizione delle politiche restrittive imposte dall’Europa, socialmente devastanti e, ahimè, inutili, sostenendo invece con l’appoggio del popolo greco una diversa soluzione lungo le linee delineate nella “Modesta proposta”. Nella lettera traspare, fra l’altro, il dramma di un governo di sinistra salito al potere, come sempre, con un  carico di speranze che finisce per accettare umilianti politiche anti-popolari. Prima che ciò accada anche nel nostro paese, nella Lettera aperta a Bersani abbiamo cercato di inviare un avviso preventivo al segretario del PD a riflettere sulla necessità di una riposta progressista alla crisi, ma il monito è esteso anche agli altri leader della sinistra. S.Cesaratto, L.Turci

«Caro George,

Pochi giorni dopo le elezioni 2009 che ti hanno portato al potere, hai detto al tuo governo in un incontro trasmesso in tv: “Siamo anti-autoritari al potere”. La maggior parte del tuo governo, uomini e donne che avevano per anni ambito al potere, ti hanno guardato increduli, mentre i tuoi detrattori ti derisero. Sembravi piuttosto solo in quel momento. E tuttavia, nella misura in cui ti conosco, sei stato assolutamente autentico a pronunciare quel pensiero.
Da allora molta acqua avvelenata è passata sotto il proverbiale ponte. Le dichiarazioni utopiche sono state sommerse dallo sforzo carico d’angoscia per salvare il paese. Ti ha costretto non solo a stringere i denti, e a nascondere la tua natura utopica, ma anche a rinunciare ad alcune delle tue convinzioni di base su ciò che dovrebbe, e ciò che non dovrebbe, essere fatto da coloro che hanno autorità. Nella misura in cui ti conosco, sono convinto che consideri le tue difficili decisioni le migliori possibili di un orribile lotto. E posso immaginare la tua solitudine immediatamente dopo aver preso ognuna di loro.
Così siamo arrivati a maggio 2010, un momento in cui sei stato colto dalla necessità della decisione più importante che il primo ministro ha dovuto affrontare finora in tempo di pace. Tu sai che eravamo in disaccordo sulla questione se è stata la decisione corretta. Poco importa ora. Ti hanno convinto che l’accordo su cui hai messo la tua firma sia stato un vero e proprio piano di salvataggio, un giubbotto di salvataggio offerto dopo un naufragio scioccante per consentire al naufrago l’opportunità di guadagnare tempo e trovare la sua strada, attraverso le acque tempestose, verso la terraferma. Ho considerato lo stesso ‘bailout’ un enorme palla al piede attaccata alle nostre caviglie collettive, trascinando l’intera zona euro verso il basso (le nazioni in surplus e in deficit allo stesso modo, Nord e Sud uniti in una trappola mortale). Hai scelto di seguire il consiglio dei tuoi collaboratori e dei capitani della finanza, giudicando che il ‘salvataggio’ necessario, infatti, e acquistando tempo prezioso. Tuttavia, nella misura in cui ti conosco, la tua decisione ti ha riempito di angoscia e tristezza.

Da mesi si sapeva che il ‘salvataggio’ stava fallendo perché era nel suo DNA di fallire (e non perché non è stato seguito nel miglior modo possibile dal tuo governo). Noi economisti, come ben sai, non siamo d’accordo su quasi nulla. La storia, tuttavia, ci ha insegnato due lezioni: (1) Non è possibile salvare il fallito grazie a costosi nuovi prestiti, e (2) austerità a fasi alterne non può ridurre e non ridurrà il deficit e i debiti di una macro-economia catturata da una recessione selvaggia, soprattutto quando non si è in grado di svalutare la propria moneta e, per di più, costretto ad operare in un contesto di recessione globale e regionale. Il ‘bailout’ dello scorso anno ha violato entrambi i principi. C’è da meravigliarsi che non sia riuscito?
Non sapevi che sarebbe andata cosi? E ‘possibile che tu sperassi in un miracolo di natura economica (ad esempio qualche grosso flusso di crescita dell’economia europea che avrebbe aiutato la Grecia trascinarsi fuori dal fango) o forse di tipo politico (alcune visite ad Angela Merkel da parte dello Spirito Santo). Ahimè, non è accaduto. E ora sei chiamato, per la seconda volta in un anno, ad andare contro l’essenza di quello che credi, le informazioni in tuo possesso, i tuoi istinti, le tue esperienze (dell’anno passato, quantomeno). Ti dicono, proprio come hanno fatto l’anno scorso: “primo ministro, pensa a quello che accadrà alla nostra nazione, se non otteniamo prestiti freschi. Come faremo a pagare gli stipendi del settore pubblico e le pensioni? “Nella misura in cui ti conosco, so che ti stai mordendo la lingua.

Alcuni mesi fa ti è diventata famigliare una proposta politica di tre semplici passi, denominata “Modesta proposta per superare la crisi Euro”. Le mie informazioni sono che tu pensi molto bene di questa proposta, sia in termini di meriti tecnici che con riguardo al suo potenziale politico (anche tra l’elettorato tedesco, olandese, austriaco e finlandese)Infatti, sei stato recentemente informato che questa proposta è stata adottata dal Consiglio europeo dei sindacati, per volere dei suoi membri tedeschi e austriaci.

Come sai, le tre indicazioni contenute nella “Modesta proposta” affrontano in modo efficace (e senza invocare la necessità di modifiche sostanziali del Trattato di Lisbona), tre aspetti della crisi: (A) la crisi bancaria che infuria all’interno della zona euro da Francia a Grecia e dalla Germania alla Spagna; (B) la crisi del debito sovrano che sta trascinando la periferia verso il basso (e con essa la BCE e le regioni in surplus della zona euro); e (C) la crisi di sotto-investimento che solo una programma europeo di ripresa dagli investimenti può essere in grado di affrontare, piantando così l’ultimo chiodo sulla bara della crisi. Se ti credessi in disaccordo con questa modesta proposta, non avrei scritto questa lettera. Ma ho molta paura … che tu sia d’accordo con questa. (In caso contrario, dillo.)

Tu potresti dire: “Diciamo che sono d’accordo con la tua proposta. Come posso, come Primo Ministro di un piccolo paese in bancarotta, andare a Bruxelles e proporre una ridefinizione di tutta la zona euro? Soprattutto quando i miei consiglieri attuali mi dicono di abbandonare tali idee? “

Se me lo dicessi, la mia risposta sarebbe: “Come puoi tu, come Primo Ministro di un piccolo paese in bancarotta, andare a Bruxelles per accettare un nuovo prestito di svariati miliardi che, in tutte le ipotesi plausibili (anche se tutte le privatizzazioni e gli obiettivi di tagli di spesa fossero raggiunti in pieno), non riesce a rallentare (per non parlare di invertire) il percorso esplosivo del debito nazionale del paese? Come tu, e i leader dell’Unione, affronterai ad un anno da oggi  la inevitabile crisi di legittimità sia nel Nord che nel Sud Europa , dal momento che le garanzie sui prestiti dei contribuenti tedeschi e olandesi alla fine (tramite lo Stato greco) risiedono nelle casse di banche zombie quasi in bancarotta, mentre per tutto il tempo il debito greco continua a crescere, il PIL greco è in calo, i greci sono spinti ulteriormente nella miseria senza nulla in cambio, e gli olandesi e i tedeschi sono invitati a scavare più a fondo una volta ancora per salvarli?

Potresti chiedere: “Allora, che cosa devo fare?

Io ti risponderò in un modo che suonerà a molti utopistico, ma che sono convinto sia la tua ultima possibilità realistica. Se qualcuno può capire il realismo della mia proposta, quella persona sei tu: Salta sulla tua bicicletta questa sera, da solo, senza guardie del corpo o consulenti, e pedala verso piazza Syntagma, la piazza centrale di fronte al nostro Parlamento, dove le manifestazioni anti-austerità, contro il governo si verificano ogni notte. Una volta lì, la gente sarà infastidita in un primo momento, ma, visto che sei solo, la folla si aprirà come il Mar Rosso e si formerà un percorso che ti consentirà di spostarti al centro della piazza, dove uno Speaker’s Corner è stato allestito. Richiedi agli organizzatori il diritto di parlare per dodici minuti, la durata del tempo concesso a tutti. E affronta la folla stordita.

Dì loro che è giunto il momento per i greci di recuperare la nostra dignità perduta. Annuncia che il tuo governo non accetterà altri prestiti fino a quando la zona euro si rifiuterà di discutere la sua ristrutturazione istituzionale  e il suo orientamento politico lungo le linee di una serie di principi razionali. Proclama che il tuo governo, se necessario, procederà nell’ambito della zona euro, ma senza prestiti. Se qualcuno ti chiede quali sono i principi razionali su cui la zona euro deve essere rifondata, e come questo potrebbe essere realizzato in tempi brevi, conosci la risposta, l’abbiamo fornita nella Modesta Proposta. L’hai già studiata, ad ogni modo. Spiegala tu stesso al popolo riunito. E aggiungi che fino a che non si terrà un dibattito a Bruxelles su queste linee (linee che seri politici europei come JC Juncker e G. Tremonti hanno già illustrato), non accetterai un solo euro dei nostri partner. Afferma chiaramente che si domanda un dibattito sull’idea di Eurobond e sull’uso delle euro-obbligazioni, al fine di stimolare la Banca europea degli investimenti, per realizzare un New Deal per l’Europa.

Suggerisci che il EFSF dovrebbe ricapitalizzare le banche, invece di concedere prestiti agli Stati. Mostra al tuo popolo, e al mondo, che sai che esiste un’alternativa. Afferma a chiare lettere che fino a che fino a che questo dibattito non creerà nuove prospettive di crescita e la prosperità della zona euro, la Grecia farà quello che avrebbe dovuto fare da tanto tempo: vivere con i propri mezzi! E se ti chiedono di come si pagheranno i salari e le pensioni, rispondi che  ridurrai  lo stipendio più alto del settore pubblico al livello del secondo più grande e quindi entrambi a livello del terzo più grande e quindi questi tre al livello del quarto, e così via fino a  tutte le riduzioni necessarie siano effettuate fino a che  lo Stato greco non raggiunga il break evenAggiungi che porremo fine tutti i contratti della difesa fino a nuovo avviso. Che lo Stato greco farà tutto ciò che è necessario al fine di sopravvivere senza un euro di addizionali e costosi prestiti da parte della UE.

Man mano che ti avvicini alla fine del tuo discorso, alza la voce per dire che è assurdo che le stesse persone che accusano la Grecia di vivere col denaro preso in prestito stanno ora insistendo sul fatto che la Grecia umiliata e in bancarotta dovrebbe accettare molti miliardi in più di prestiti quando tutti sanno che sarà impossibile ripagarli. Concludi facendo un paragone con i maneggioni che, negli Stati Uniti, prima del 2008, costrinsero a costosi prestiti famiglie povere insolventi, ma che questa volta l’azione è rivolta contro un intero paese. Dichiara una volta per tutte che, come un cittadino europeo, e presidente della Internazionale socialista, non ti senti in diritto di firmare un altro contratto di finanziamento che mette a rischio non solo un piccolo paese del Mediterraneo, ma tutta la zona euro e, anche, l’idea di una Europa unita e democratica.

Alla fine, guarda in una delle telecamere puntate nella tua direzione da parte  del pubblico,  video  che presto troverà la sua strada su YouTube, guarda la sua lente e rivolgiti allo spettatore tedesco, in inglese, dicendo: ” E’ uno scandalo di primo grado che tu, tedesco che lavori sodo, dovresti fornire prestiti al mio governo che, tragicamente, sono costretto a non utilizzare per rinvigorire la nostra economia in crisi, ma per rimborsare le banche zombie che, pienamente consapevoli del loro stato terribile, si accaparrano i soldi, rifiutano prestiti alle imprese e, quindi, diventano buchi neri che assorbono le tue energie economiche, nello stesso momento in cui il tuo omologo greco soffre senza speranza per il futuro.”

A quel punto, un saluto rapido e raggiungi a piedi  la tua bicicletta parcheggiata. Per la prima volta in tanto tempo, non ti senti più solo. Avrai contribuito a un emozionante momento di democrazia partecipativa, la forma di democrazia che tu ed io abbiamo discusso  un bel po’ di volte, e sparso un sacco di inchiostro e sudore cercando di integrarla nella piattaforma del partito tanti anni fa. Piazza Syntagma, non può essere, come ai manifestanti sarebbe piaciuto, un luogo di democrazia diretta (cosa che richiede non solo la partecipazione ma anche reale potere esecutivo), ma, credo, costituisce una riedizione moderna di Agorà che calza come un guanto all’anti-autoritario George che conosco.

Ti aspetto stasera. Intorno alle 19 sarebbe bello!

PS. Ora che ci penso, forse è meglio non venire da solo. Perché non portare con sé (a patto di possedere una bici e voler partecipare) il tuo vecchio amico di college, Antonis Samaras (il leader dell’opposizione ufficiale). Fate a turni ad affrontare la folla, cantando più o meno dallo stesso libro di inni, facendo così la storia. Forse i nostri partner europei, non domandano consenso all’opposizione in questo momento cruciale? Diamogli quindi il consenso.

Yanis Varoufakis

http://www.melogranorosso.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=169:lettera-aperta-al-primo-ministro-greco&catid=27:documenti&Itemid=313

Gli eurobond sono la nostra rovina vs gli eurobond sono la nostra salvezza

Un Bond per domarli, Un Bond per trovarli,

Un Bond per ghermirli e nel buio incatenarli,

Nella Terra di Europa, dove l’Ombra cupa scende.

“Riprenderà il cammino di una idea che lanciò Delors nel 93 e che dieci anni dopo, durante il semestre di presidenza italiana, il sottoscritto ripresentò: gli Eurobond”.

Giulio Tremonti, intervista a La Stampa dopo vittoria Hollande

http://www.wallstreetitalia.com/article/1372505/francia-tremonti-con-hollande-in-arrivo-gli-eurobond.aspx

“I paesi dell’eurozona molto probabilmente decideranno di adottare gli eurobond nei prossimi anni, ha poi sostenuto Juncker. L’emissione degli eurobond dovrà avvenire in base a regole molto rigide e sarà la logica conseguenza di una ulteriore integrazione europea, ha affermato Juncker”.

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=193421&sez=HOME_ECONOMIA&ctc=0

Romano Prodi: “Gli eurobond sono la soluzione. L’eurobond è uno strumento che mette a posto la politica europea, ma la Germania non ne vuole sapere”.

http://blog.panorama.it/ultimora/2011/11/21/prodi-eurobond-sono-la-soluzione/

“L’idea di emettere obbligazioni garantite da tutti gli stati membri della zona euro sembra ragionevole, in quanto abbasserebbe immediatamente i tassi di interesse per i paesi fortemente indebitati. Tuttavia, c’è anche un problema, dato che innalzerebbe i tassi di interesse di quei paesi che hanno goduto della fiducia dei mercati finanziari in passato. Coloro che affermano che questo effetto sarebbe limitato sono vittime di un’illusione o sottovalutano deliberatamente questo rischio. Considerando la quantità di debito che con il passare del tempo diventerebbe condiviso per ciascun paese, è difficile sopravvalutare il rischio d’interesse per i debitori che finora si sono comportati responsabilmente.

Un bond comune inoltre allevierebbe immediatamente il carico di conseguenze per alcuni paesi dovuto alla loro irresponsabilità fiscale. Difficile immaginare di potersela cavare più a buon mercato. La mancanza di disciplina fiscale viene premiata, mentre la solidità fiscale è punita. Il trasferimento del denaro dei contribuenti avverrebbe inoltre senza il coinvolgimento dei parlamenti nazionali – una chiara violazione del principio democratico fondamentale del “no taxation without representation” (“solo le assemblee elette possono tassare i cittadini”).

Le proposte su come si potrebbe controllare e limitare l’emissione di tali obbligazioni non sono convincenti. Quasi tutti i trattati che promettevano una disciplina fiscale europea sono stati infranti di volta in volta. L’esempio peggiore è stato quella della Francia e della Germania nel 2002-03, quando hanno violato il Patto di Stabilità e Crescita, e perfino organizzato una maggioranza politica contro l’applicazione delle sue regole. […]. L’idea che un nuovo processo europeo di trasferimento del denaro dei contribuenti che non è né democratico né governato da principi che sostengono la solidità delle finanze pubbliche si muoverà nella direzione dell’unione politica è totalmente fuorviante. […]. Qualsiasi tentativo di “salvare” l’unione monetaria attraverso accordi di trasferimento della sovranità ad un livello europeo, dove le violazioni dei trattati fondamentali sono diventati un appuntamento fisso, è privo di qualsiasi logica. Alla fine potrà solo alienare ulteriormente la gente dalla stessa Europa. […]. Questo tipo di unione politica non sopravvivrebbe. Il suo crollo sarebbe provocato dalla resistenza della gente. In passato le grida di “no taxation without representation”, hanno portato alla guerra. Questa volta la conseguenza sarebbe quella di minacciare il crollo del progetto di integrazione economica di maggior successo nella storia dell’umanità“.

Otmar Issing, già capo degli economisti della BCE tra il 1998 ed il 2006, “Slithering to the wrong kind of union”, Financial Times, 15 agosto 2011

“Prendiamo gli eurobond, uno strumento assai popolare in Italia. Un eurobond è un titolo emesso con la garanzia illimitata e in solido di tutti i Paesi europei, il cui ricavato viene prestato all’Italia a un tasso inferiore a quello pagato dallo Stato italiano sul proprio debito. La differenza tra i due tassi di interesse misura il rischio che si accollano i contribuenti europei per aiutare l’Italia. C’è da stupirsi se la Merkel, che ha il dovere di rappresentare i propri elettori, non è d’accordo? Continuare a invocare gli eurobond in questa situazione denota mancanza di realismo politico, e allontana la soluzione dei problemi. Oppure prendiamo l’invocazione di “più Europa”, anch’essa così frequente nel dibattito italiano. “Più Europa” significa più decisioni prese da organismi sovranazionali: perché queste siano efficaci, è necessario anche dare più risorse a questi organismi: in altre parole, accentrare le entrate. Ancora una volta, non è realistico (né sarebbe equo) pensare che Germania e Olanda mettano in comune con l’Italia il proprio gettito fiscale senza avere un peso sulle decisioni di spesa di quest’ultima. Quando si invoca “più Europa” ci si rende conto della perdita di sovranità che ciò comporta? Si è disposti ad accettare che la Merkel e i suoi successori decidano di fatto su una parte delle nostre pensioni?”

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-11-05/rendere-debito-meno-rischioso-081047.shtml?uuid=AavfDvIE

“Ora crescono le pressioni per adottare un bilancio europeo, attraverso la creazione dei cosiddetti “Eurobonds”. Questo schema, se verrà adottato, significherà un passo gigantesco verso la dittatura e l’iperinflazione. Infatti, il vero scopo degli Eurobond, o titoli di stato europei, è quello di rifinanziare il debito marcio del sistema bancario. Anche se qualcuno sostiene che gli Eurobond saranno usati per finanziare gli investimenti, questa è una pia illusione. Finché il sistema bancario non sarà ripulito dai titoli tossici, le garanzie illimitate concesse dai governi costringeranno quest’ultimi a rifinanziare le banche, tagliando gli investimenti e i programmi sociali”.

http://www.movisol.org/11news142.htm

“Gli eurobond, così come sono intesi da molte persone, sono un’assurdità. Non si può credere che l’Unione Europea o i Paesi membri possano garantire il debito dei singoli Stati: se così fosse, la Grecia potrebbe indebitarsi allo stesso tasso della Germania, ricomincerebbe a spendere senza limiti, e si troverebbe presto con un debito ancora più grande“.

http://www.linkiesta.it/la-grecia-una-scusa-allargare-il-potere-politico#ixzz1uGiQfcO7

 

Capolinea: Grecia

 

 

È stato evitato uno shock distruttivo. Ci battiamo ogni giorno per continuare a evitare un drammatico destino come quello della Grecia

Mario Monti, 18 aprile 2012

In Grecia la crisi ha provocato 1.725 suicidi, noi lo eviteremo.

Mario Monti, 18 aprile 2012

Un ottimo incentivo alla crescita nel settore edile, l’unico che potrebbe rilanciare l’economia, proviene da un emendamento al dl fiscale approvato dalla Commissione Finanze della Camera: anche sul ”marchio” apposto ”sulle gru mobili, sulle gru a torre adoperate nei cantieri edili e sulla macchine da cantiere” si applicherà l’imposta comunale sulla pubblicità (Ansa – ringrazio Ruben per la segnalazione).

Nel frattempo la destrutturazione dello Stato italiano (e degli altri Stati europei) a beneficio delle istituzioni sovranazionali globali non elette (FMI, BCE, Commissione Europea, ecc.) procede di gran carriera, come se ci fosse un senso di urgenza, un qualche progetto che va completato entro una ben determinata scadenza.

Mauro Poggi sintetizza efficacemente quel che è accaduto con l’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione: “un parlamento squalificato vota a maggioranza qualificata (per evitare il referendum confermativo) una modifica costituzionale proposta da un governo non eletto, su indicazione di organismi extra-nazionali privi di alcun mandato popolare, nel connivente silenzio dei mezzi di informazione. Democrazia? What is “democrazia”?

http://mauropoggi.wordpress.com/

I Democratici sono contrari al pareggio di bilancio per legge; quelli americani, però:

http://keynesblog.com/2012/04/18/il-partito-democratico-contro-il-pareggio-di-bilancio-ma-e-quello-americano/#more-1182

Leggiamo cosa che ne pensa l’economista Vladimiro Giacchè, già protagonista di un precedente post.

Sera di martedì 17 aprile. Il Senato ha appena inserito in Costituzione il pareggio di bilancio. Per capire gli effetti di questa riforma, abbiamo intervistato Vladimiro Giacchè, economista, autore del libro dal titolo “Titanic Europa – La crisi che non ci hanno raccontato” (ed. Aliberti, gennaio 2012).

 

Professor Giacchè, iniziamo col provare a capire la base di questa riforma. Qual è la ratio del pareggio di bilancio in costituzione?

[…]. Questa cosa può sembrare apparentemente ragionevole per paesi indebitati come il nostro, ma in realtà è assolutamente folle. Così facendo si stanno replicando gli errori drammatici degli anni ’30: quando ci si trova alle prese con la recessione, oggi come ottanta anni fa, accade che i privati investono meno. Ed è qui che sarebbe fondamentale un deciso intervento pubblico, con investimenti che facciano in modo che la ‘domanda aggregata’, cioè l’insieme dell’economia, aumenti, per ripresa. Questi effetti benefici, poi, si riassorbirebbero negli anni a seguire con effetti positivi sui conti pubblici. Ad esempio, con un maggior introito di tasse, il governo avrebbe avuto un rientro maggiore. Da oggi, invece, questo non sarà più possibile.  

 

Cosa significa questo per un paese come l’Italia?

Semplicemente che sarà impossibile mettere soldi nei settori che invece richiedono un forte investimento. Ad esempio nella cultura, nella ricerca o nelle infrastrutture ‘utili’. ‘Utili’ come la Salerno-Reggio Calabria, per intenderci, e non come il Ponte sullo Stretto. Non è un caso se il nostro è un paese che per la ricerca spende meno della media europea. Non è un caso se il nostro è un paese con un sistema scolare e post-scolare che versa in condizioni drammatiche a causa dei tagli iniziati nel 2008. Non è un caso se tra gli Stati europei il nostro è ai primi posti, insieme ai paesi più arretrati d’Europa (in primis Portogallo e Grecia), per bassa qualifica dei nostri lavoratori. Oggi abbiamo reso illegale il ‘deficit spending’. Questo significa che sarà impossibile investire ma soprattutto attivare una serie di diritti previsti dalla nostra Costituzione: il diritto alla scolarità che non deve essere ‘per ceto’, l’assistenza sanitaria gratuita per tutti, il diritto a una serie di servizi alla persona. Ora, interpretando la Costituzione facendo perno sull’articolo 81 come modificato, tutti questi diritti primari non saranno più esigibili. O almeno saranno subordinati all’articolo 81.

Lei quindi vede nel pareggio di bilancio un attacco ai diritti di base che dovrebbero essere costituzionalmente garantiti?

La questione è molto semplice. Il senso di questa riforma costituzionale è che se uno ‘vuole’ dei diritti, se li deve pagare. Non sarà più lo Stato a raccogliere risorse per i suoi cittadini. Peccato, però, che guardando alla crescita economica di lungo periodo, per uscire da una crisi come quella che stiamo attraversando, servirebbero tutta una serie di investimenti che il privato non si sobbarcherà mai.

 

Nell’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio, si lega la crescita al Prodotto interno lordo. Cosa significa questo?

Partiamo dal precedente governo. Per diverso tempo Tremonti all’epoca del suo dicastero all’Economia ha ingannato i mercati facendo leva su false previsioni di crescita, parlando di una crescita maggiore di quella che si sarebbe poi verificata. Ma il meccanismo di queste ‘bugie’ era chiaro: si aveva bisogno della crescita per far si che il deficit diminuisse. Comunque la si voglia vedere, i dati di fatto da cui partire per analizzare le conseguenze di questa riforma sono due. Il primo: con la crisi, sono diminuite le entrate fiscali e sono aumentate le spese per gli ammortizzatori sociali. Il secondo: si continua a incentrare qualsiasi analisi sul rapporto tra debito e Pil. Dove il debito è il numeratore e il Pil il denominatore. Ma io posso far calare il numeratore all’infinito (in questo caso, tagliando all’inverosimile la spesa pubblica), ma se è il numeratore a diminuire più velocemente (e il Pil è la ricchezza prodotta), ecco che il rapporto sarà sempre destinato a peggiorare. Sembra una cosa evidente, ma per qualcuno al governo evidentemente non lo è. Basterebbe ragionare partendo da questo aspetto per capire che una vera manovra per uscire dalla crisi dovrebbe essere calibrata per fare in modo che si impedisca al Pil di scendere. Cosa che, invece, puntualmente accade con ogni manovra di austerity. Dopo i 55 miliardi di tagli di Berlusconi, siamo ai 30 miliardi di tagli di Monti. Ma questi 85 miliardi di tagli hanno impattato fortemente sulla crescita. Si è lavorato sullo ‘stabilizzatore keynesiano’ ma al contrario. E’ crollata la domanda privata, e di riflesso è crollata la domanda pubblica. Così, di colpo, abbiamo settori di imprese rivolte al mercato interno in grave difficoltà, mentre quelle imprese che lavorano sul mercato estero sono in ripresa. Ma così si è soltanto indebolita l’economia italiana.

Vede ‘la Grecia’ come un rischio per il nostro paese?

Qui la sfida è una crescita reale, possibile solo abbandonando le ricette adoperate negli ultimi tempi. Se si riduce drammaticamente la spesa pubblica in tempo di crisi, il futuro è la Grecia. C’è poco da girarci attorno. Con i tagli su tagli, l’economia greca di obbedienza all’Unione europea è crollata del 6,5% per tre anni consecutivi. E’ praticamente implosa. E il Pil crollato. Il risultato, per fare esempi chiari da vita quotidiana, è che oggi in Grecia si comprano il 20% in meno di medicine. E parliamo di un bene essenziale. Con la Grecia si è andati dietro l’ideologia folle che nasce dall’incomprensione di quanto è successo. Il debito pubblico non è la causa della crisi, ma la sua conseguenza. Il debito pubblico nasce dal tentativo di tamponare la crisi, ad esempio salvando le banche. Un esempio: la Germania ha ‘coperto’ le banche con qualcosa come 200miliardi di euro negli ultimi dieci anni. Risultato: il debito pubblico tedesco è cresciuto di 750miliardi di euro in dieci anni. La cosa bizzarra, però, è che i tedeschi hanno adottato misure di compensazione del deficit spending per far fronte a questa situazione e nel 2009 hanno speso il 3% del Pil per salvare le loro imprese. Ebbene, quella stessa Germania oggi impone il divieto di deficit spending ai paesi più deboli dell’Unione europea.

Quale sarebbe, secondo lei, una possibile via d’uscita dalla crisi?

Ce n’è una sola: guardare meno al giorno per giorno e progettare per il lungo periodo. Purtroppo il nostro governo tecnico nasce per l’emergenza e non riesce a progettare nel lungo periodo, anche perché per farlo servirebbe una larga investitura popolare. Ma se continuiamo a vivere nell’emergenza, e questo governo continua a fare politiche ‘da stato di emergenza’, è inevitabile infilarci in un tunnel senza uscita. Non è un caso che per alcuni istituti il Pil quest’anno diminuirà del 2,6%, con una diminuzione prevista per il prossimo anno del 2,9%. Stando così le cose, sarà inevitabile dover ricorrere a nuove manovre di austerity. Ed ecco qui la spirale, innestata proprio dal vincolo costituzionale del pareggio di bilancio. Facendo due rapidi calcoli a partire dall’obbligo sancito dal ‘Fiscal compact’ di dover ridurre il debito pubblico del 5% annuo per quanto eccede il Pil del 60% – ergo, un ventesimo del Pil – ecco che per un certo numero di anni il nostro paese sarebbe chiamato a manovre annuali di 45miliardi di euro. Senza considerare quanto paghiamo di interessi sul debito: nel 2012 qualcosa come 72 miliardi di euro. Di fatto, l’Italia per i prossimi anni sarebbe costretta a manovre, per ridurre il suo debito pubblico, di circa 120miliardi di euro l’anno. Una follia. O meglio, la perfetta ricetta per il disastro economico. Un disastro motivato dall’assurda idea di fondo che si debba cancellare il debito pubblico. Ma la realtà è un altra: nessuno ti chiede di azzerare il debito. Quello che interessa i mercati, infatti, non è che il debito venga cancellato ma che si stabilizzi. L’obiettivo dovrebbe essere non far crescere tendenzialmente il debito.

http://www.today.it/politica/intervista-vladimiro-giacche-pareggio-bilancio.html

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