A Nassiriya gli italiani (“brava gente”) torturavano

AmeriKarma / Obamamania

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Il fatto che un certo comportamento sia comune non lo rende meno corrotto. In effetti…chi è al potere conta sulla volontà dei cittadini di assuefarsi alla corruzione, diventando insensibili, indifferenti alla sua illiceità. Una volta che un tale comportamento è percepito come la norma, si trasforma nella mente delle persone da qualcosa di sgradevole in qualcosa di accettabile. Molte persone credono di comprovare la loro sofisticatezza nell’esprimere una cinica indifferenza verso le malefatte dei potenti, in quanto sono così diffuse. Questo cinismo – “oh, non essere ingenuo: lo fanno tutti, sempre” – è proprio ciò che permette ad un comportamento distruttivo di prosperare incontrastato.

Glen Greenwald, 8 settembre 2012

Martedì notte la PBS ha mandato in onda il suo programma Frontline con un nuovo report di un’ora su uno dei più grandi e vergognosi fallimenti dell’amministrazione Obama: la totale mancanza anche di un singolo arresto o procedimento contro i maggiori banchieri di Wall Street per le frodi sistemiche che hanno accelerato la crisi finanziaria del 2008, una crisi che affligge milioni di persone nel mondo. Quello che il programma ha mostrato è che il dipartimento della giustizia di Obama, in particolare Lanny Breuer, capo della Criminal Division, non ha nemmeno provato a considerare responsabili i criminali d’ alto livello.

Quello che hanno fatto i funzionari della giustizia di Obama è esattamente quello che fecero di fronte ai crimini di torture e intercettazioni senza mandato dell’ era Bush: ovvero, hanno agito proteggendo le fazioni più potenti della società di fronte ad evidenti prove di gravi crimini. Infatti, le elite finanziarie non solo hanno ricevuto l’ immunità per le loro frodi, ma ci hanno guadagnato, mentre gli americani comuni continuano a soffrire degli effetti di questa crisi.

Ancora peggio, i funzionari della giustizia di Obama hanno sia protetto che onorato questi oligarchi di Wall Street (i quali hanno largamente supportato la campagna presidenziale di Obama del 2008) mentre allo stesso tempo perseguivano ed arrestavano gli impotenti americani per trasgressioni minori. Come ha suggerito due settimane fa Larry Lessing, insegnante di legge ad Harvard, esprimendo rabbia per la persecuzione del Dipartimento di Giustizia contro Aaron Swartz: “viviamo in un mondo dove gli architetti della crisi finanziaria vanno regolarmente a cena alla Casa Bianca.” (Infatti, come ne “Gli Intoccabili”, nessun grande dirigente di Wall Street è stato perseguito, al contrario di “molti piccoli broker, stimatori di prestiti e compratori di case”)

Glenn Greenwald

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2013/jan/23/untouchables-wall-street-prosecutions-obama

Gli Stati Uniti, paladini dei diritti umani nel mondo, salvo che nel Bahrein, nello Yemen o in Arabia Saudita dove la popolazione può essere uccisa, torturata e imprigionata dai rispettivi regimi senza che l’amministrazione Obama alzi un dito (al contrario, li arma): “Questo tiranno è OK, sta con noi!”

Nella lunga, squallida storia della CIA, figura anche la distruzione di videoregistrazioni di prigionieri interrogati per eliminare le prove del suo impiego di tecniche di tortura (Robert Fisk, “Torture doesn’t work, as history shows”, The Independent, 2 febbraio 2008).

A dicembre del 2012 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha finalmente reso giustizia a un cittadino tedesco, Khaled el-Masri, rapito nel 2004 dalla CIA ed inserito nel labirinto di prigioni segrete americane, per poi essere torturato in Macedonia da agenti della CIA, con la connivenza dello stato macedone, a causa del suo nome, simile a quello di un militante jihadista, Khalid al-Masri. Ci sono voluti mesi di tortura prima che la CIA capisse che era la persona sbagliata e lo abbandonasse in Albania, sul ciglio di una strada. Né la Germania né gli Stati Uniti hanno mai inteso quantomeno compensare quest’uomo per l’orrore subito.

Kathryn Bigelow, la Leni Riefenstahl dei nostri tempi, viene celebrata per la sua spettacolarizzazione propagandistica – esteticamente superba – delle guerre (“The Hurt Locker”) e della tortura come mali necessari e minori e perciò accettabili (Zero Dark Thirty”)

Altre apologie della tortura, come le serie tv “24” e “Homeland” hanno massaggiato le coscienze del pubblico statunitense e anche degli stessi soldati all’estero. Torin Nelson, un interrogatore con 16 anni di esperienza ha riferito di essere stato testimone dell’influenza che “24” ha avuto ad Abu Ghraib e Guantanamo.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/20/linconcepibile-samuel-l-jackson-jack-bauer-e-la-tortura-ragionevole/

Così, mentre il pubblico italiano si scandalizza con “Diaz” ed il Parlamento italiano cerca finalmente di far conformare le normative italiane a quelle europee ed internazionali, introducendo uno specifico reato di tortura, Obama può permettersi di nominare come nuovo direttore della CIA John Brennan, un incarico che aveva già ricoperto al tempo dell’amministrazione Bush. Brennan è favorevole alla tortura, alla cattura, deportazione e detenzione clandestina di persone sospettate di essere affiliate ad organizzazioni terroristiche (extraordinary renditions), alle strategie di uccisione mirata (con droni o sicari) di sospettati e al programma di sorveglianza dei cittadini americani tramite intercettazioni da parte dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale. Brennan è lo stesso funzionario che ha dichiarato che i droni americani non avevano ucciso civili pachistani e che Osama Bin Laden aveva usato sua moglie come scudo: due affermazioni poi appalesate come menzogne (Glenn Greenwald, “John Brennan’s extremism and dishonesty rewarded with CIA Director nomination”, The  Guardian, 7 gennaio 2013).

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Come se ciò non bastasse, grazie alle leggi che “costringono” l’amministrazione pubblica americana (per la verità a sua ampia discrezione) a rendere disponibili certe documentazioni riservate ed agli sforzi di varie organizzazioni per i diritti civili, siamo venuti a sapere che, negli Stati Uniti, le forze di polizia e gli agenti del dipartimento per la sicurezza interna (Department of Homeland Security, DHS) hanno collaborato e, verosimilmente, continuano a collaborare con i servizi di sicurezza delle banche per sorvegliare, arrestare e neutralizzare quei cittadini americani “colpevoli” di protestare pacificamente contro il sistema (Occupy Wall Street). Le strategie preparate congiuntamente contemplavano (contemplano?) anche l’uccisione da parte di cecchini di alcuni leader del movimento di protesta, in quanto classificati come “minaccia terroristica”. Poiché precedenti richieste di accesso a queste informazioni erano state rifiutate, il sospetto è che questa improvvisa generosità sia motivata da ragioni di deterrenza: nessun leader di un movimento di protesta si sentirà più al sicuro (Naomi Wolf, The Guardian, 29 dicembre 2012).

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/dec/29/fbi-coordinated-crackdown-occupy

L’FBI non è mai stato migliore della CIA
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/21/lfbi-organizza-e-sventa-la-maggior-parte-degli-attentati-terroristici-islamici-sul-suolo-americano-ricerca-della-ucla/

Non mi risulta che Obama si sia espresso in merito.

Se la gente pensa che è più o meno ‘normale’ che l’FBI (e le banche) sia coinvolto in un complotto che prevede anche la possibile soppressione di leader di un movimento popolare – (i fratelli Kennedy? Martin Luther King?) –  e sceglie di starsene zitta, proteggendo quindi questi potenziali assassini, non c’è davvero più alcun limite invalicabile per le autorità: tutto diventa possibile, con la tacita connivenza di milioni di americani.

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Il governo americano sta cancellando i confini della legalità, all’estero e in patria, ad un ritmo che ha subito una forte accelerazione dal 2001 (ricordo ai lettori che Osama Bin Laden era ricercato dall’FBI per l’attentato del 1998 alle ambasciate americane di Tanzania e Kenya, non per l’attacco dell’11 settembre). Ora si spiano le comunicazioni dei cittadini senza dover ottenere alcuna autorizzazione, la detenzione a tempo indeterminato di cittadini senza alcuna incriminazione e senza che l’arrestato possa rivolgersi ad un avvocato è stata codificata in legge (NDAA). È persino legale uccidere cittadini americani (Anwar al-Awlaki, colpevole di avere un blog e di pubblicare video jihadisti su youtube; suo figlio sedicenne, colpevole di essere suo figlio), senza prove di un loro coinvolgimento in attività terroristiche (Scott Shane, U.S. Approves Targeted Killing of American Cleric, New York Times, 6 aprile 2010; Glen Greenwald, “The due process-free assassinations of U.S. citizens is now reality, Salon, 30 settembre 2011). Si prevede che i cieli statunitensi saranno solcati da 30mila droni, entro il 2015, per una spesa di 5 miliardi di dollari nel solo 2012: soldi dei contribuenti che serviranno a spiare i contribuenti. Si discutono leggi per bloccare internet in maniera selettiva e ormai il dominio semantico del termine terrorista si è esteso al punto da identificare come terroristi chiunque parteciperà ad eventuali rivolte urbane come quelle inglesi dell’estate del 2011.

Da maggio del 2010, Bradley Manning è in stato di arresto e ha subito un trattamento che un relatore dell’ONU ha definito crudele, disumano e degradante. 900 giorni di detenzione senza che si stabilisse la data del processo. Persino un giudice militare ha dato ragione ai suoi avvocati difensori (contestati invece da Obama in persona, che aveva dichiarato il trattamento di Manning “interamente appropriato”): lui ha subito gravi violazioni dei suoi diritti e della sua integrità psico-fisica per aver denunciato crimini di guerra americani, invece una delle figure maggiormente coinvolte in quei crimini, Brennan appunto, riceve in premio la nomina a direttore della CIA: questa è l’America di Obama, cari obamofili!

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Stando ai parametri a cui gli Stati Uniti dichiarano di attenersi, il loro atteggiamento e le loro azioni verso l’Iran sarebbero considerate sufficientemente aggressive da giustificare una ritorsione. Hanno ucciso (o collaborato alla loro uccisione) i suoi ingegneri, invaso il suo spazio aereo con robot killer, parcheggiato in pianta stabile navi da guerra davanti alle sue coste, cercato di demolire il suo programma atomico (legittimo e legale!) con dei virus che tra l’altro rischiano di diffondersi nella rete internet planetaria con conseguenze catastrofiche, circondato il paese con basi militari, finanziato gruppi terroristici e movimenti secessionistici atti a destabilizzare il paese, organizzato almeno un colpo di stato contro un loro governo democraticamente eletto (gettando le basi per la successiva rivoluzione khomeinista).

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Non sono chiari gli obiettivi della guerra di droni nell’Asia Centrale: uccidere tutti i maschi in età da combattimento? Domandiamoci una buona volta se esista una differenza morale di qualche rilievo tra giustiziare i “nemici pubblici” gettandoli in mare da un elicottero o un aereo (Pinochet/Videla) e farli saltare in aria a terra con un robot volante (Obama).

Come possiamo sapere se quelli che vengono massacrati siano “terroristi armati”? Di cosa sono accusati dato che non sono stati identificati? In base a quali prove sono stati riconosciuti colpevoli? Solo perché lo dice il governo? I cittadini che prendono per buono tutto quel che dice il governo in casi di vita o di morte non sono più adulti responsabili, ma seguaci, robotoidi inebetiti dal tribalismo (“mi fido del mio capo-tribù, diffido degli altrui capi-tribù”), intossicati dalla credenza nella intrinseca superiorità della loro civiltà quanto i nazisti lo erano rispetto alla loro razza. Finché resteranno immobili non si accorgeranno di avere delle catene.

Chi difenderà questi uomini-pecora se diventeranno i prossimi bersagli? Chi può sentirsi davvero al sicuro? Il programma di omicidi mirati arriverà anche nelle nostre città?

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/04/28/children-of-men-i-figli-degli-uomini-un-film-preveggente/

Gli iracheni morti direttamente ed indirettamente a causa dell’invasione occidentale [Guerra al Terrore] sono alcune centinaia di migliaia, senza contare quelli morti per il precedente embargo (non diversamente da quel che rischia di succedere in Iran) e i quasi 2 milioni di rifugiati.

Chi sono i veri terroristi? Una Guerra al Terrore senza soluzione di continuità, senza la certezza che le vittime siano colpevoli di alcunché, portata avanti anche con la tortura, con l’invasione ed occupazione di nazioni sovrane, il rogo degli altrui testi sacri, l’urina sparsa sui cadaveri dei nemici, la morte che piove dal cielo indiscriminatamente su chiunque si trovi al posto sbagliato nel momento sbagliato (applicando il principio giuridico medievale germanico della colpa collettiva, Sippenhaftung, già recuperato dai nazisti) non è forse un colossale atto di terrorismo ai danni dell’umanità? È un gigantesco crimine contro l’umanità. Miliardi di dollari spesi per dimostrare la nostra bontà, superiorità e moralità alle vittime, siano esse musulmani all’altro capo del mondo o indignati nelle nostre città.

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Dopo 12 anni, la Guerra al Terrore deve, ad un certo punto, giungere al termine: la “guerra” è un evento circoscritto, uno stato di cose straordinario, innaturale, non permanente e normalizzato. La pace deve essere considerata la norma verso cui il genere umano si sforza continuamente di tendere.

E se non ha una fine – l’amministrazione Obama parla di un altro decennio di operazioni, ha programmato fin dal 2009 l’inaugurazione di una Guantanamo in territorio americano, nell’Illinois, ha esteso ed aggravato le norme liberticide post-2001 –, è difficile continuare a chiamarla guerra. È una cosa diversa, una sovversione del diritto internazionale che, perpetuandosi, “legittima” uccisioni e detenzioni illegali: una condotta che, per mille ragioni, non sarà perdonata dai posteri e che continua a corrompere lo stato di diritto e le coscienze delle democrazia occidentali, rendendole sempre meno facilmente distinguibili dai loro avversari, quasi che la Guerra al Terrore fosse diventato un pretesto per giustificare straordinari poteri di detenzione, sorveglianza, uccisione e segretezza su base permanente.

Che cosa raccoglieremo dopo questa semina? In Afghanistan gli attacchi ai liberatori occidentali si moltiplicano e molti di questi attentati ed imboscate non sono ad opera di miliziani talebani, ma di reclute delle forze armate o forze dell’ordine afgane. Più a lungo restiamo in quella regione, più siamo odiati. Ormai la popolazione si sente presa tra due fuochi i liberatori e gli oppressori: la speranza si è trasformata in odio ed ora i talebani sempre più spesso sono identificati come dei partigiani che lottano contro l’occupazione nemica. La battaglia per le coscienze afgane è stata persa e la Guerra al Terrore partorisce un numero crescente di terroristi, in Aghanistan ma anche nello Yemen e in Pakistan, a causa degli attacchi dei droni statunitensi, supportati dall’aviazione saudita, cioè di un regime già diffusamente malvisto o aborrito nel Medio Oriente.

Non è chiaro se tutto questo sia frutto di un calcolo deliberato – la guerra avvantaggia pur sempre certe lobby e disciplina “naturalmente” gli umori della cittadinanza – o di un errore di valutazione, ma rischia di produrre proprio quello “scontro di civiltà” che, a parole, persino i neocon affermavano di voler evitare. Possiamo permetterci di renderci ostili centinaia di milioni di musulmani, infiammati dal risentimento, dal senso di vittimizzazione, dalla volontà di riscattarsi non assieme a noi, ma in contrapposizione a noi?

Se il fanatismo islamico è un nemico irriducibile che occorre continuare a combattere, allora presto dovremmo assistere all’espansione della guerra, con l’inclusione dei miliziani formidabilmente armati dell’estrema destra antigovernativa americana, che ha già mostrato di poter compiere attentati terroristici su grande scala negli Stati Uniti (Alfred P. Murrah Federal Building ad Oklahoma City: 168 morti, 800 feriti).

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/12/23/ora-sono-diventato-la-morte-il-distruttore-dei-mondi-100-1000-waco/

Dove tracciamo quel solco invalicabile che possa scongiurare un’escalation autodistruttiva per l’intero Occidente?

Allo stesso modo in cui Bersani è responsabile di aver creato un consenso bipartisan sulle politiche neoliberiste antitetiche alla social-democrazia ed agli stessi diritti civili dei cittadini (es. Grecia, Russia, Thailandia, Malawi, ecc.), Obama ha reso digeribili le politiche di G.W. Bush: in precedenza i media americani arrivavano a definirle crimini di guerra o derive autoritarie. Ora il dissenso, almeno sui media ufficiali, è francamente insignificante.

Che cosa è preferibile? Un cane rabbioso con la bava alla bocca o un cane rabbioso che riesce a dissimulare la sua condizione?

L’inconcepibile – Samuel L. Jackson, Jack Bauer e la tortura ragionevole

Secondo il diritto internazionale la tortura è un crimine contro l’umanità. Secondo il legislatore italiano la tortura non è un crimine. […]. La tortura è un crimine che protegge il bene sommo della dignità umana. L’Italia, così attenta all’Europa, dovrebbe ricordarsi che nelle norme di apertura del Trattato di Lisbona della Ue vi è la proibizione categorica e senza eccezioni della tortura. L’Italia dovrebbe attivarsi anche per ratificare al più presto il Protocollo Opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura, che prevede la nascita di un meccanismo ispettivo su scala globale nonché l’istituzione di un organismo nazionale indipendente di controllo di tutti i luoghi di detenzione.

Patrizio Gonnella, “Un reato fantasma ma è l’unico chiesto dalla Costituzione”, il Manifesto, 18 maggio 2012

Non credo che ci sia solo pigrizia e strafottenza nel non inserire il reato di tortura [in Italia]. C’è la specifica intenzione di fare si che situazioni come il G8 di Genova si possano ripetere all’occorrenza, c’e’ la volontà di mantenere la gente in uno stato privo di elementi di diritto in modo da agire più “sbrigativamente” se ce ne fosse bisogno. Insomma, da tanti elementi, si deve accettare che l’Italia non e’ una democrazia compiuta anche per via di un diritto monco e malleabile.

Teresa, lettrice del Manifesto

Pensate alle conseguenze di un altro massiccio attacco (terroristico) negli Stati Uniti – magari la detonazione di una bomba radiologica o sporca, oppure di una mini bomba atomica o un attacco chimico in una metropolitana. Uno qualunque di questi eventi provocherebbe morte, devastazione e panico su una scala tale che al confronto l’11 settembre apparirebbe come un timido preludio. Dopo un attacco del genere, una cappa di lutto, melanconia, rabbia e paura resterebbe sospesa sulle nostre vite per una generazione. Questo tipo di attacco è potenzialmente possibile. Le istruzioni per costruire queste armi finali si trovano su internet ed il materiale necessario per costruirle lo si può ottenere pagando il giusto prezzo. Le democrazie hanno bisogno del libero mercato per sopravvivere, ma un libero mercato in tutto e per tutto – uranio arricchito, ricino, antrace – comporterà la morte della democrazia. L’armageddon è diventato un affare privato e se non riusciamo a bloccare questi mercati, la fine del mondo sarà messa in vendita. L’11 settembre con tutto il suo orrore, rimane un attacco convenzionale. Abbiamo le migliori ragioni per avere paura del fuoco, la prossima volta. Una democrazia può consentire ai suoi governanti un errore fatale – che è quel che molti osservatori considerano sia stato l’11 settembre – ma gli Americani non perdoneranno un altro errore. Una serie di attacchi su vasta scala strapperebbe la trama della fiducia che ci lega a chi ci governa e distruggerebbe quella che abbiamo l’uno nell’altro. Una volta che le aree devastate fossero state isolate ed i corpi sepolti, potremmo trovarci, rapidamente, a vivere in uno stato di polizia in costante allerta, con frontiere sigillate, continue identificazioni e campi di detenzione permanente per dissidenti e stranieri. I nostri diritti costituzionali potrebbero sparire dalle nostre corti, la tortura potrebbe ricomparire nei nostri interrogatori. Il peggio è che il governo non dovrebbe imporre una tirannia su una popolazione intimidita. La domanderemmo per la nostra sicurezza. E se le istituzioni della nostra democrazia fossero incapaci di proteggerci dai nostri nemici, potremmo andare anche oltre e farci giustizia da soli. Abbiamo una tradizione di linciaggi in questa nazione e quando la paura e la paranoia ci saranno entrati nelle ossa, potremmo finire per ripetere i peggiori episodi del nostro passato, uccidendo i nostri vicini, i nostri amici.

Michael Ignatieff, New York Times Magazine, il 2 maggio 2004

C’è chi non si ritrae con spavento di fronte all’idea di un potere con licenza di tortura. Forse è perché, consciamente o inconsciamente, è persuaso che ciò non potrà riguardare se stesso, i suoi figli, i suoi cari o quelli del suo ceto, ma solo gli “altri”, individui come loro ma di altre etnie, fedi, situazioni sociali o convinzioni politiche. Solo a questa condizione si possono fare discorsi “freddi” sulla violenza e la sua utilità. Se così fosse, dovremmo constatare che alla base dell’apologia della tortura c’è un discorso falso: non è tanto questione di sicurezza, quanto di discriminazione razzista, religiosa, classista o ideologica. E così s’accenderebbe una luce ulteriormente sinistra.

Gustavo Zagrebelsky

Assieme allo spauracchio del terrorismo nucleare, riappare immancabilmente anche l’apologia della tortura che ora può avvalersi di un film davvero pessimo sotto ogni punto di vista, “The Unthinkable” (“L’inconcepibile”), ma sufficientemente spettacolare e manipolatore da servire da strumento propagandista. Il protagonista è un torturatore freelance, H, interpretato da Samuel L. Jackson. La tecnica giustificatoria è quella consueta della bomba atomica ad orologeria: o torturi il terrorista e, eventualmente, i suoi cari, oppure milioni di persone moriranno. L’idea che ci possano essere dei terroristi che, dopo essere riusciti a sfuggire agli inseguitori, si permettano di procrastinare l’esplosione, giusto per dare un’altra chance ai loro avversari. Quando mai il topo si permette di giocare con il gatto?

È chiaro che questo film, come la serie “24”, incentrata su Jack Bauer, è stato pensato unicamente per convertire la popolazione al verbo del torturatore, ovvero per nazificare la democrazia americana, e non solo quella. Jackson e Kiefer Sutherland dovrebbero vergognarsi di farsi pagare per servire fini così mostruosi, ma è possibile che il loro intelletto e la loro coscienza siano già abbastanza corrotti da concordare con il messaggio che inviano; messaggio che, peraltro, scardina lo stato di diritto e fa a pezzi la morale comune.

Che la tortura non funzioni lo dimostra il fatto che i nazisti si sono lasciati sorprendere innumerevoli volte, dagli Alleati come dai partigiani delle nazioni occupate. Ma non è l’approccio utilitaristico che ci deve spingere a rigettarla.

La tortura è una crudeltà estrema che condanna un’altra persona, inerme, ad una sofferenza terribile. È un atto non solo crudele ma anche codardo, perché il prigioniero non può sfuggire, non può difendersi e non può restituire le sofferenze che gli vengono inferte. Il torturato è un “morto vivente”.

Chi ancora si avvale del baricentro morale costituito dalla sua coscienza e non è stato reso sociopatico dalla propaganda, accetterà l’intuizione morale che la tortura sia sbagliata e che se non è sbagliata la tortura, allora nulla è sbagliato. La tortura è un male assoluto.

I relativisti possono interrompere la lettura qui, oppure sostare a questi link:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/io-credo-nella-verita.html

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/contro-il-relativismo-morale.html

La tortura è una menzogna così oggettiva che persino le società schiaviste ponevano dei limiti alla tortura degli schiavi (non lasciando semplicemente che i limiti ultimi fossero la menomazione e la morte, ossia una perdita economica secca per lo schiavista torturatore).

La tortura è diventata di nuovo popolare con la Guerra al Terrore – l’Iraq è stato attaccato perché un torturato ha rivelato i presunti legami tra Saddam Hussein e Osama Bin Laden, poi smentiti –, è successivamente stata condannata dall’amministrazione Obama, secondo il quale il waterboarding è tortura, “e questa non è una cosa che noi facciamo. Punto e basta”. Ora sta riprendendo voga con la campagna elettorale repubblicana, ancora una volta “grazie” a Osama Bin Laden. Tutti i candidati repubblicani alle presidenziali, salvo Ron Paul, approvano la tortura, sostenendo che ha permesso di catturare ed eliminare il capo di Al-Qaeda. David H. Petraeus, già comandante dello U.S. Central Command, che prevede la responsabilità strategica di tutto il teatro medio-orientale, e attuale direttore della CIA, la pensa come loro. Per diversi osservatori, grazie ai suoi agganci negli ambienti militari e dell’intelligence, Petraeus è l’unico concorrente credibile per Obama ed era dato per sicuro candidato alle primarie repubblicane. Se Obama perderà l’appoggio delle élite, sarà Petraeus, in un modo o nell’altro, ad entrare nella stanza dei bottoni. Questa è una cosa preoccupante, dato che Petraeus è un ammiratore di Thomas P. M. Barnett:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/lo-stratega-che-piace-tanto-david-h.html

In definitiva, pare che, tra i Repubblicani, per poter essere un valido candidato alla presidenza degli Stati Uniti, si debba per forza essere favorevoli alla tortura.

Poco importa che sia un reato per il diritto internazionale e per il diritto americano (per questo gli Americani torturano nelle basi militari fuori dal territorio americano). In cambio non è un reato in Italia, la culla delle giurisprudenza.

L’ARGOMENTO DELLA BOMBA AD OROLOGERIA È UN ESTETISMO IRRILEVANTE

L’argomento della bomba ad orologeria ha esercitato un’enorme influenza in pubblicazioni, film, serie tv, quotidiani, conferenze, corsi universitari e persino dibattiti presidenziali (per la verità unicamente negli Stati Uniti). È probabile che una maggioranza di persone sia favorevole alla tortura nello scenario della bomba ad orologeria, usato già in passato per giustificare i torturatori francesi in Algeria e israeliani nei Territori Occupati. Tuttavia non esiste alcun caso comprovato in cui una tale situazione – se non si tortura non sarà possibile sventare un attentato terroristico imminente – si sia verificata o possa avere luogo (Darius Rejali, “Torture and democracy”, 2008).

Questo scenario prevede che il prigioniero da torturare sia effettivamente complice di un piano terroristico, pienamente informato di ciò che serve per bloccarlo e che non abbia preparato una plausibile menzogna per dirottare le indagini quel tanto che basta per permettere agli altri terroristi di completare l’opera e magari, per sopramercato, indurre gli investigatori a compiere una qualche atrocità gratuita. Pensiamo ad esempio all’invasione dell’Iraq del 2003, che fu in buona parte motivata dalle informazioni strappate sotto tortura a Ibn al-Shaykh al-Libi che “dimostravano” il famigerato legame Osama Bin Laden – Al-Qaeda e che sono costate la vita a centinaia di migliaia di iracheni e non-iracheni. D’altronde, se le forze di sicurezza fossero nella posizione di poter verificare che la confessione del torturato è vera, perché allora avrebbero dovuto torturarlo? Se lo torturi è perché sai già abbastanza informazioni su di lui da poter estrarre le informazioni senza torturarlo, se non lo sai, allora diventa necessario torturare qualunque sospettato, per evitare di perdere per strada delle informazioni importanti. L’intero scenario non ha il minimo senso e può essere credibile solo per chi già gode nel sapere che i suoi nemici sono torturati, pur non avendo gli attributi di farlo in prima persona, devastando la sua psiche al punto da trasformarsi in un sociopatico/psicopatico, se già non lo è.

Questi scenari ipotetici hanno due enormi limiti.

Il primo è che esagerano l’efficacia della tortura e minimizzano le controindicazioni. Idealizzano la situazione, rendendola verosimile quando non lo è; l’astraggono, cancellando tutto quel che interferisce con lo scenario idealtipico che prediligono i fautori della legalizzazione della tortura.

Il secondo è che generano confusione e corruzione morale, perché discutendone astrattamente perdiamo di vista la realtà atroce di questo atto, la sua natura perversa. Ci desensibilizziamo, ci abituiamo all’idea, diventa meno impensabile, il tabù si erode progressivamente, riusciamo a mascherare le forti emozioni che motivano le nostre posizioni dietro una cortina di parole. La questione della tortura si riduce ad un gioco intellettuale, una partita tra retori, che serve solo a far circolare idee imprecise o sbagliate riguardo ad una pratica che dovrebbe invece essere destinata all’oblio, proprio come è successo alla schiavitù o alla segregazione di bianchi e neri. Quanto a questo, vale la pena di notare che la tortura viene vista più favorevolmente se è un islamico a subirla, meno se è un proprio connazionale, meno ancora se sono stranieri che torturano un proprio connazionale.

La più prosaica realtà è quella di un gran numero di innocenti torturati e nessun risultato concreto che non potesse essere raggiunto con altri mezzi:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/in-italia-la-tortura-non-e-un-reato-e.html

Una fantasia iperattiva, ipercinetica genera una realtà fittizia dove la tortura è l’unica scelta giusta e simultaneamente oblitera la realtà effettiva delle cose. Una fantasia ipoattiva, letargica, impedisce invece di mettersi nei panni degli altri e di riflettere su ciò che si sta facendo e sulle conseguenze di ciò che si intende fare. Entrambe permettono di compiere il male sentendosi innocenti.

L’estetica maligna e l’utilitarismo fioriscono rigogliosi nelle condizioni emergenziali, giustificano la sospensione dei diritti civili e umani, la loro rivedibilità, la loro provvisorietà. L’intera popolazione diventa un ostaggio, uno strumento nelle mani di questi “fini” esteti e freddi calcolatori, che in realtà hanno soprattutto paura di affrontare la putredine che li divora.

MEMORANDUM (TRADOTTI) DEL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA STATUNITENSE SUL WATERBOARDING

Su Lsdi e Giornalismo e democrazia la traduzione integrale dei memorandum del Dipartimento della giustizia Usa sui metodi ‘’duri’’ di interrogatorio della Cia resi pubblici da Obama.

I quattro pareri legali sono introdotti da un articolo di Matteo Bosco Bortolaso, che da New York ha seguito tutta la vicenda, e corredati da una scheda sugli ultimi sviluppi politico-giudiziari e dall’ articolo del New York Times che nell’ aprile scorso aveva accompagnato la pubblicazione dei documenti spiegandone genesi e taglio. La traduzione dei memorandum è stata curata da Valentina Barbieri, Matteo Bosco Bortolaso, Barbara Di Fresco, Andrea Fama e Anna Martini:

http://www.lsdi.it/2010/ma-che-torture/

PER APPROFONDIRE IL TEMA DELLA TORTURA IN ITALIA

http://insorgenze.wordpress.com/

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