L’Autonomia di Nettuno, ovvero della vocazione apocalittica delle Terre Alte

"Scuola di Atene", deserto di Atacama

“Scuola di Atene”, deserto di Atacama

Dal lat. apocalypsis, gr. ἀποκάλυψις «rivelazione»

Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto.

Paolo di Tarso

La “rivoluzione esistenziale” non è un qualcosa che un giorno ci cadrà in grembo dal cielo, o che un nuovo Messia ci porterà. È un compito che ogni uomo ha davanti a sé in ogni momento. Possiamo “fare qualcosa in proposito” e dobbiamo farlo tutti, qui e ora. Nessuno lo farà mai per noi e quindi non possiamo aspettare nessuno.

Vàclav Havel

Il Canada al quale dobbiamo devozione è il Canada che non siamo riusciti a creare….l’identità che non siamo riusciti a realizzare. È espressa nella nostra cultura ma non realizzata nella nostra vita, come la nuova Gerusalemme di Blake da costruire nella verde e bella terra inglese non è ideale meno genuino solo perché non è stata edificata laggiù. Ciò che resta della nazione canadese può ben essere distrutto da quella sorta di dispute settarie che per molta gente sono più interessanti della vita vera dell’uomo. Ma, mentre entriamo nel secondo secolo di vita contemplando un mondo in cui il potere e il successo si esprimono così ampiamente in menzogne stentoree, in una leadership ipnotizzata e nell’atterrita repressione della libertà e della critica, l’identità non creata del Canada forse non è, dopotutto, un retaggio così brutto da accollarsi.

Northrop Frye, “Cultura e miti del nostro tempo”

L’unico mito su cui vale la pena di ragionare nell’immediato futuro è un mito che parli del pianeta, non di una città o di un popolo, ma del pianeta e di tutti quelli che ci vivono… Avrà a che fare con la maturazione dell’individuo, dalla dipendenza fino all’età adulta, alla maturità e poi al trapasso; e poi il modo in cui ci relazioniamo con questa società e come essa si relaziona con la natura e il cosmo. Questo è ciò di cui hanno sempre parlato i miti ed è anche quello di cui dovrà parlare questo mito. La società al centro della sua narrazione sarà la società planetaria. Fino ad allora, non avremo niente in mano.

Joseph Campbell, intervista

Una crescita materiale illimitata, unita a una crescita spirituale pressoché nulla. Invenzioni che promettevano di farci risparmiare soldi e tempo ma non ci impediscono di avere sempre fretta e pochi quattrini e in cambio ci mantengono perennemente distratti.

Le zuffe indecorose, la prosaicità di molti protagonisti e molte argomentazioni del nostro tempo, la scadente comunicazione politica, l’indifferenza della gente, le oscene iniquità, i minacciosi squilibri e la violenza spicciola della nostra epoca mettono a dura prova la dedizione e la determinazione di quei cittadini che credono ancora che l’umanità — localmente e globalmente — abbia un futuro più degno del suo presente.

È chiaro che chi ci governa o è guidato da pulsioni egoistiche sociopatiche o, quando è in buona fede, non sa bene che pesci pigliare. In qualche caso è possibile che tra i decisori ci siano figure maggiormente consapevoli della natura del nostro tempo, ma possono solo sforzarsi di contenere i danni.

Non prendiamoci in giro: senza un risveglio di massa la nostra sorte non sarà piacevole e dare tutta la colpa ai politici è infantile.

Questo è un tempo apocalittico. Segni premonitori e letteratura, analisi dotte ed elevate (non ciarpame new age o ciarlatani pseudo-religiosi e millenaristi) colgono nel tempo presente segni catastrofistici che spianano la strada a una mentalità apocalittica…

Gustavo Zagrebelsky, “La felicità della democrazia: un dialogo”

Il nostro è, indubbiamente, un tempo apocalittico, un tempo da fine dei tempi e cominciamento di un evo nuovo.

Che la classe dirigente del Trentino Alto Adige lo capisca meno che altrove (non ci è dato saperlo con certezza) è irrilevante: mentre le sale dei dibattiti politici sono disertate, quelle della divulgazione spirituale e scientifica sono gremite.

Chi, avvinghiato a una mentalità manageriale in assenza di visioni, ideali e lucidità, si affida a paradigmi obsoleti in via di estinzione, sarà trascinato a fondo assieme ai relitti a cui si aggrappa.

Se ci domandassero come ci immaginiamo la società in cui vorremmo vivere, molti di noi non saprebbero cosa rispondere.

Non siamo più abituati a esaminare la società in cui viviamo in maniera radicalmente critica, a ragionare strategicamente, a immaginare creativamente le nostre utopie.

E in ogni caso ci ripetono continuamente che questo tipo di pensiero è vano, puerile, perfino pericoloso.

La megamacchina dello spettacolo ci ammannisce quasi esclusivamente cronaca nera e futuri distopici: la paura è il miglior guinzaglio, lo schiavo che non sa di esserlo non necessita di troppa sorveglianza.

Eppure la storia insegna che mentre gli incubi di oggi sono molto tangibili, i sogni di oggi possono essere le realtà di domani, o di dopodomani.

Siamo chiamati a nutrirci di principi e pratiche più nobili, a lasciarci guidare da forze superiori (spirituali) verso opportunità e in direzioni che ci sarebbero precluse, se facessimo leva solo sui nostri sforzi personali.

Questo a prescindere dai lazzi, improperi e rimproveri dei sempliciotti e falsi dotti.

Se il nostro uomo ridiscendesse e si rimettesse a sedere sul medesimo sedile, non avrebbe gli occhi pieni di tenebra, venendo all’improvviso dal sole? — Sí, certo, rispose. — E se dovesse discernere nuovamente quelle ombre e contendere con coloro che sono rimasti sempre prigionieri, nel periodo in cui ha la vista offuscata, prima che gli occhi tornino allo stato normale? E se questo periodo in cui rifà l’abitudine fosse piuttosto lungo? Non sarebbe egli allora oggetto di riso? E non si direbbe di lui che dalla sua ascesa torna con gli occhi rovinati e che non vale neppure la pena di tentare di andar su? E chi prendesse a sciogliere e a condurre su quei prigionieri, forse che non l’ucciderebbero, se potessero averlo tra le mani e ammazzarlo? — Certamente, rispose.

Socrate aiuta Glaucone a prendere coscienza dell’Apocalisse

Le circostanze sono propizie. La convergenza di un numero strabiliante di Crisi Strutturali Globali (indica che siamo prossimi a una sintesi ascendente oppure discendente. Enorme opportunità, enorme minaccia.

Il che ci conduce al tema del nuovo statuto e dell’autonomia.

LA NECESSITÀ DI UN PREAMBOLO DEGNO DI QUESTO NOME

Lo statuto dev’essere una Grande Idea, una di quelle idee che non appartengono a nessuno in particolare, essendo patrimonio di tutti. Le grandi idee, distillato di sapienza, aiutano a crescere anche chi viene dopo di noi. Serve un preambolo che esprima questa grande idea.

LO SPIRITO DI UN’AUTONOMIA AVANZATA: POST-ETNICO E POST-TERRITORIALE

Con buona pace del Dolomiten, l’autonomia su base etnica è un vicolo cieco: i residenti immigrati aumentano di anno in anno.

Con buona pace dei fautori del “piccolo è bello”, l’autonomia non può nemmeno essere legata a rigidità territoriali o particolari condizioni orografiche: la globalizzazione annulla le distanze, spiana le montagne.

La globalizzazione è la presa di coscienza del fatto che siamo tutti interconnessi e che ciascuna persona è responsabile del fato di tutte le altre.

Pertanto l’unica autonomia che ha un futuro non è l’autonomia del creditore (che cosa mi deve il mondo?) ma un’autonomia kennediana (non chiederti cosa il mondo può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il mondo e per il tuo prossimo).

Nessuna comunità e nessuna specie può avere successo se sacrifica l’interesse generale al proprio utile ed identità.

Se la natura fosse il risultato della competizione tra le specie non ci sarebbe più vita su questo pianeta.

La condizione umana si eleva con: (a) sicurezza sociale, (b) sicurezza finanziaria, (c) pace interiore, (d) salute fisica. Se queste garanzie mancano gli esseri umani si ripiegano in se stessi, nelle loro paure e rancori che castrano i loro talenti, buon senso (coscienza), sentimenti più nobili, senso di responsabilità.

(a) e (b) si conseguono attraverso 1. stabilizzazione delle valute; 2. regolamentazione dei commerci; 3. salvaguardia e radicale espansione dei beni comuni (es. energia, fibra ottica, ricerca & sviluppo pubblica).

Resta la dimensione spirituale, di gran lunga la più importante.

L’AUTOGOVERNO ESISTENZIALE E SPIRITUALE

L’autonomia è una specifica forma di governo che ha il compito di assistere i cittadini nello sforzo di migliorarsi e di migliorare la vita umana sulla terra. Parte dal presupposto che se non cambiano le teste delle persone non cambia realmente nulla: l’ingiustizia è nei cuori e nelle menti delle persone che creano determinate circostanze inique, non è un qualcosa di esterno, alieno.

L’autonomia deve creare un paese materialmente prospero ma deve anche dar vita a un luogo dell’anima, in cui le persone devono avere la possibilità di cercare la verità, ascoltare le proprie coscienze, coltivare la vita interiore e lavorare assieme nell’interesse generale (globale). Questa dimensione spirituale non può essere incidentale.

L’umanità deve rivendicare l’autorità di un contratto sociale, che rappresenti la volontà di stabilire su questo pianeta una forma di civiltà basata sulla giustizia e sulla trasformazione della coscienza umana nel senso dell’autogoverno morale e solidale delle persone e delle comunità.

NETTUNO COME PATRONO DELLA VOCAZIONE AUTONOMISTICA AVANZATA, OSSIA APOCALITTICA

Un particolare sentimento che, quanto a lui [Romain Rolland], non lo abbandonerebbe mai, che troverebbe attestato da molti altri e che supporrebbe presente in milioni di uomini, ossia in un sentimento che vorrebbe chiamare senso della “eternità”, un senso come di qualcosa di illimitato, di sconfinato, per così dire di “oceanico”…Le opinioni espresse dal mio stimato amico…mi hanno causato non lievi difficoltà. Per quel che mi riguarda, non riesco a scoprire in me questo sentimento “oceanico”.

Sigmund Freud, Il disagio della civiltà

Shiva, Poseidone e Nettuno imbracciano un tridente. Perché delle città alpine hanno adottato un dio marittimo? Perché, come il dio sumerico Enki-Ea, Nettuno è il dio delle acque sotterranee ossia, simbolicamente, il patrono della “coscienza oceanica”, quel grado di consapevolezza che permette al singolo di trascendere il proprio ego, disarmarlo, percepire l’unitarietà fondamentale della varietà del creato, apprezzare l’uguaglianza spirituale degli esseri umani, ridimensionare l’importanza dei possessi materiali che alimentano la nostra vanità, ritrarsi con orrore dalla predisposizione a vedere nel prossimo un rivale da schiacciare o una preda da spolpare (sempre “per il suo bene”).

Il fine ultimo dell’autodeterminazione personale e collettiva è la coltivazione di una coscienza oceanica (N.B. l’empatia espansiva e pacificante dell’ebbrezza ne è un assaggio).

Mi riferisco a un desiderio di partecipazione, di fusione con qualcosa di molto più vasto ed elevato di noi (le “nostre” montagne ne sono il riflesso, in un certo senso), un anelito verso Dio, verso qualcosa di profondo, nobile e intelligente nell’universo, che troviamo simultaneamente fuori e dentro di noi. Un desiderio di vivere più abbondantemente, più profondamente, più intensamente, di essere maggiormente presenti nel mondo, ma anche amorevolmente distaccati, come dei testimoni imparziali, per non farsi distrarre dalle trivialità, dalle banalità, dalle bramosie più deleterie, per poter arrivare al cuore delle cose e delle persone, per poter essere realmente di aiuto al prossimo.

Perché una domanda più profonda è più importante di una risposta superficiale. Perché un comportamento ponderato, un pensiero approfondito hanno tutto quel senso che manca alla reazioni meccaniche, agli automatismi comportamenti che determinano il nostro vivere, quasi nella sua interezza.

L’autonomia, personale e collettiva, è vocazione all’amore, cioè alla ricerca della libertà interiore, perché le due cose coincidono. L’autonomia non è un’idea, ma una pratica, un lavoro che dovrebbe condurre a una capacità di intuizione nascosta dentro di noi e che deve essere risvegliata (un altro livello di coscienza per un’altra qualità di conoscenza) perché se non cominceremo a vedere le cose come realmente sono potrebbe non esserci un futuro, per noi (il pianeta è resiliente, troverà il modo di rigenerare vite autocoscienti).

Non abbiamo bisogno di nuove ideologie o nuovi movimenti di massa o nuove filosofie. Abbiamo bisogno di persone nuove. La risposta alla crisi del mondo moderno è la comparsa di persone nuove.

Quando presentavo “Contro i miti etnici. Alla ricerca di un Alto Adige diverso” spiegavo sempre che la vera ricerca spettava a chi mi domandava soluzioni, che l’esito dipendeva dalle loro teste, prima ancora che dall’ingegneria istituzionale. Pochi hanno inteso perché pochi immaginano modalità di esistenza alternative e più profonde, sintesi hegeliane più alte.

Ora siamo arrivati a un punto di svolta estremamente critico in cui un po’ più di ottuso egoismo ci spingerà oltre l’orlo del baratro e un po’ più di consapevolezza altruista e risvegliata potrebbe salvarci dalla rovina. Dobbiamo sperare nella comparsa di esseri umani autentici, che costruiscano società autentiche adatte a cittadini autentici che non si facciano ipnotizzare da questa o quella grande idea, espunta dal suo contesto.

Nessuna “rivelazione” è definitiva: le rivelazioni continueranno a susseguirsi se una persona o una comunità è sufficientemente umile da riconoscere l’immensa distanza che la separa da ciò che vorrebbe diventare e potrebbe essere.

Lord Digory: “Non devi piangere per Narnia, Lucy. Tutto ciò che contava della vecchia Narnia, tutte le creature più care, sono state portate nella vera Narnia attraverso la Porta. E ovviamente è differente, tanto differente come lo può essere una cosa vera da un’ombra o la veglia dal sogno”.

Era quella la differenza tra la vecchia e la nuova Narnia. Quella nuova era una terra più profonda; ogni roccia e fiore e stelo d’erba sembrava significare qualcosa di più. Non posso descriverlo meglio di così. Se un giorno ci andrete capirete di cosa sto parlando.

La ragione per cui amavamo la vecchia Narnia è che qualche volta sembrava un pochino come questa.

[…]

Lucy: “Capisco. Questa è ancora Narnia e più reale e più bella della Narnia là sotto…capisco. Un mondo dentro un mondo. Narnia dentro Narnia”.

E qualunque cosa guardasse, non importa quanto distante fosse, una volta che aveva fissato lo sguardo su quella cosa, diventava nitidissima e vicina come se guardasse attraverso un telescopio.

“Pensavo che la casa fosse andata distrutta”, disse Edmund.

“È così”, disse il Fauno. “Ma adesso stai guardando l’Inghilterra nell’Inghilterra, la vera Inghilterra proprio come questa è la vera Narnia. E in quell’Inghilterra interiore nessuna cosa buona è andata distrutta”.

C.S. Lewis, “Le Cronache di Narnia”.

È scritto che la vita si rifugi in un sol luogo, apprendiamo cioè che esiste un paese nel quale la morte non toccherà gli uomini, quando sarà il terribile momento del duplice cataclisma. Tocca a noi cercare, poi, la posizione geografica di questa terra promessa, dalla quale gli eletti potranno assistere al ritorno dell’età d’oro. Perché gli eletti, figli di Elia, secondo le parole della Scrittura, saranno salvati. Perché la loro fede profonda, la loro instancabile perseveranza nella fatica avrà fatto meritare loro d’essere elevati al rango di discepoli del Cristo-Luce. Essi porteranno il suo segno e riceveranno da lui la missione di ricollegare all’umanità rigenerata la catena delle tradizioni dell’umanità scomparsa.

Fulcanelli

La “nuova” autonomia e un limitatore di velocità da disinserire al più presto

T#E a Bolzano 2

[…]

La riforma dello statuto delle due province resta un grande test di maturità per le popolazioni locali, la cartina al tornasole del grado di consapevolezza raggiunto.

  • Ci limiteremo a un restyling?
  • Ripareremo e rinnoveremo un sistema che era adeguato alle esigenze del secolo scorso ma non più a quelle attuali?
  • In altre parole, ci accontenteremo di un sistema che si troverà in una situazione in cui la complessità e il tasso di cambiamento esterni tenderanno ad eccedere la sua capacità di adattamento interna (come occasionalmente succede già ora)?
  • L’intento è quello di preservare surrettiziamente una società gerarchica, del comando e controllo, della metodolatria, della percezione del futuro come un’estensione lineare del presente, dell’autonomia verso l’esterno che si accompagna all’ingerenza, interferenza e dipendenza verso l’interno, nei rapporti coi cittadini?
  • Oppure possiamo anche ragionare sull’opportunità di impiegare l’autonomia per operare una rivoluzione copernicana che faccia emergere cittadini co-creattivi (cooperativi, creativi, protagonisti/leader), in modo tale che il Forum dei 100 sia solo il primo, timido passo di un percorso di maturazione collettiva?

Il resto del testo lo trovate su Medium

T#E a Bolzano

Verso lo scontro con Roma (e con Bruxelles?)

Lo Stato continua a giocare la carta dell’emergenza per riservarsi di intervenire unilateralmente. Non che così facendo ottenga di più. L’obiettivo sembra piuttosto di tipo “educativo”: dimostrare di avere il coltello dalla parte del manico, anche a costo di perdere qualche ricorso davanti alla Corte costituzionale. Pensando che, alla lunga, il Paese non possa più permettersi la specialità. Un’idea sbagliata, ma che permea molti circoli politici e accademici a sud di Borghetto…Il Governo, forte di un consenso ancora ampio e della forza che gli deriva dalla gestione dell’emergenza, sta facendo oggi quello che le autonomie speciali hanno fatto a lungo, e con indubbio successo. Adotta un atteggiamento pragmatico. Cioè, sostanzialmente, senza regole, o (il che è lo stesso) con regole ad hoc. Il pragmatismo è dei forti, le regole servono per i deboli. Ignorando lo stato di diritto, si passa ai rapporti di forza, e in questo momento le autonomie speciali forti non lo sono. Hanno certamente alcuni importanti baluardi giuridici, che però valgono fintantoché vale lo stato di diritto. Se la regola è l’emergenza o il pragmatismo, rischiano di saltare anche le garanzie più solide. Insomma, la partita in corso va ben al di là delle cifre. È la cartina di tornasole della qualità dello stato di diritto in Italia”.

Francesco Palermo (giurista), Alto Adige, 1 giugno 2012

“In attesa che Roma chiami per dare una risposta chiara e definitiva sulle ultime proposte delle Province di Trento e Bolzano, il presidente Dellai si porta avanti e dà il via libera alla riscrittura dello Statuto dell’autonomia, quel “terzo statuto” che dovrebbe sancire il passaggio all’autonomia integrale. «E’ una base di partenza – spiega lo stesso presidente – di alto profilo sulla quale avviare il dibattito necessario». È chiaro che il percorso è ancora lungo, ma intanto la giunta provinciale ha dato incarico a Roberto Toniatti (costituzionalista, già preside di giurisprudenza a Trento) e a Massimo Carli (già professore di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano) di predisporre nel giro di un anno una bozza che tenga conto delle evoluzioni più recenti e che prefiguri un’evoluzione basata sul diritto. «Il dibattito su una riforma in senso costituzionale – aggiunge il presidente Dellai – non è certo nuova ma ultimamente si affaccia sempre di più nel dibattito politico nazionale. Noi vorremmo farci trovare pronti nel momento in cui si vorranno definire i nuovi scenari, abbozzando una proposta seria e concreta che naturalmente ha bisogno di un confronto politico e sociale molto più ampio. Già nelle passate legislature si sono susseguiti studi e approfondimenti relativi all’impianto statutario, posto a fondamento dell’autonomia di questa Provincia; tali studi hanno dato luogo a una notevole e pregevole documentazione in materia e hanno evidenziato spunti di riflessione e di approfondimento anche di rilievo politico. Ora c’è la necessità di elaborare una proposta organica di revisione dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige, anche in una prospettiva evolutiva dei precedenti lavori commissionati e alla luce dei recenti mutamenti normativi, economici e sociali, che si riflettono anche sull’assetto statutario vigente e che hanno evidenziato la necessità di ridefinire gli assetti istituzionali dello Statuto speciale a distanza di oltre 40 anni dalla sua approvazione». Il lavoro dei due professori si concluderà in un anno e costerà complessivamente alle casse pubbliche 51 mila euro”.

Trentino, 3 luglio 2012

http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/cronaca/2012/07/03/news/e-gia-ora-di-scrivere-il-terzo-statuto-1.5356511

“A noi fa piacere che Dellai venga. Non importa chi sia, che stia lavorando palesemente pro domo sua. Importa che le Alte Terre si parlino e che si concepiscano come un soggetto politico, un soggetto che nel contesto attuale può rivendicare un nuovo ruolo. Finita e fallita la modernità le Alte Terre possono tornare al centro della scena”.

http://www.ruralpini.it/Inforegioni04.07.12-Dellai-autonomismo-alpino.htm

Da Provincia Autonoma a Comunità Autonoma?

 

La Comunità Autonoma del Trentino

http://www.politicaresponsabile.it/temi/51/la-comunita-autonoma-del-trentino.html#iniziocommenti

Mio commento:
Tutti pensieri condivisibili ma io tengo famiglia e vorrei capire, in soldoni, cos’è questa “Comunità Autonoma”.
Come si inserisce giuridicamente ed amministrativamente nella struttura dello Stato e nell’orbita europea?
Cosa la distingue, al di là dei buoni propositi, dalla Provincia Autonoma?
Come intende procedere nella risoluzione della vera tara trentina, l’inesistenza di una società civile degna di questo nome, che sorvegli il potere, dibatta e si emancipi dalla sua imbarazzante condizione parassitaria nei confronti di Mamma Provincia?
Come pensa di affrontare le conseguenze della prossima, imminente esplosione della bolla dei derivati che, presumibilmente, modificherà radicalmente l’assetto dell’eurozona?
Come pensa di difendere le specificità locali ed i suoi stessi cittadini dagli interessi finanziari transnazionali? Accendendo mutui con l’impresentabile Royal Bank of Scotland? O affidando la previdenza trentina ai peggiori squali della finanza internazionale, quelli di Black Rock?
Insomma, ritengo sia legittimo attendersi concretezza e chiarezza, visto che siamo già in frangenti terribili e non si vede ancora la luce in fondo al tunnel.
Grazie.

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