Mondi nuovi, mentalità vecchie – la profezia maya come specchio di un’epoca

Non vi fate tesori sulla terra, ove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri sconficcano e rubano, ma fatevi tesori in cielo”.

Matteo 6: 6, 19

Mancano due mesi.

La fatidica data del 21 dicembre 2012 è stata rinvenuta solamente in due iscrizioni maya, a Tortuguero e, qualche mese fa, a La Corona in Guatemala. Data la relativa sporadicità della sua ricorrenza epigrafica, è lecito suggerire che i Maya non abbiano assegnato a quel particolare giorno un significato epocale, come si tende invece a fare nelle società del consumo mediatico. Questo anche perché, essendo suddivisi in città-stato, non possedevano una cosmologia unificata ed univoca e i loro calendari non erano sincronizzati. Come non lo erano quelli degli altri popoli mesoamericani. La data di fine del mondo (di un’era) per gli Aztechi è il 4-Movimento di un anno 2-Canna. Sarebbe il 2027, o il 2079. I Mixtechi hanno altre date ancora.

Gli stessi indigeni maya dei nostri giorni sono venuti in gran parte a sapere della “loro” profezia su internet o per bocca dei turisti occidentali; il che spiega come mai, tra quelli che divulgano questa credenza, abbondino le allusioni tipicamente euro-americane ai teschi di cristallo, agli alieni e ad Atlantide.

Ciò nonostante, tra un paio di mesi, nella notte tra venerdì e sabato, migliaia di pellegrini si raduneranno in vari centri maya ed una recentissima ricerca Ipsos ha rilevato che, su un campione di 16.262 adulti in 21 paesi, 1 persona su 10 crede che la fine arriverà nel 2012 ed un 14% pensa che sarà testimone della fine del mondo. Mi pare significativo che, indipendentemente dalla fatidica data del 21 dicembre 2012, circa 1 persona 7 ritenga che la civiltà umana e forse l’intero pianeta si stiano avvicinando al capolinea. Dunque molti rifiutano la rigida e semplicistica dicotomia che vede contrapposti i due scenari: distruzione certa in quella data, oppure non succede nulla e ci si fa una risata.

La verità è che, periodicamente, si verificano delle enormi catastrofi, perché la crosta terrestre è sottoposta a pressioni endogene che la scuotono e perché alla Terra, per forza di cose, può capitare di trovarsi sul percorso di asteroidi e comete. Le grandi catastrofi del passato hanno lasciato tracce nelle tradizioni mitologiche di tutto il mondo che solo ora sono indagate da una disciplina di recente affermazione, la geomitologia. Nelle Metamorfosi di Ovidio leggiamo di Fetonte, “con le fiamme che gli divorano i capelli di fuoco, precipita vorticosamente su sé stesso e lascia nell’aria una lunga scia, come a volte una stella che sembra cadere”.

Proprio in Messico abbiamo appreso della terrificante industria del sacrificio umano degli Aztechi, del loro imperialismo finalizzato ad alimentarla, della loro assoluta devozione a dèi spietati, schiavisti e mortiferi che, presentatisi nella notte dei tempi come educatori e civilizzatori, avrebbero fatto la felicità dei superuomini ariani che popolavano i sogni e le visioni di Hitler. Un sistema di potere e distruzione del genere non avrebbe potuto sopravvivere così a lungo se le popolazioni sottomesse non avessero avuto ragione di credere che qualcosa di ancora più mostruoso era accaduto in passato e si sarebbe potuto ripetere.

 

Detto questo, un’obiezione generale alle ansie apocalittiche legate alla “profezia” maya è che i Maya non hanno saputo prevedere l’estinzione della propria civiltà: perché dovremmo prendere sul serio un computo di cui non conosciamo neppure il significato? E perché dovremmo credere che il futuro sia predeterminato e che nessuna variabile possa influenzare il corso degli eventi? E ancora: com’è possibile che la gente sia precipitata in un tale abisso di disperato fatalismo da rinunciare a tentare di cambiare le cose in prima persona, costruendo un Mondo Nuovo più umano, equo e dignitoso di quello del presente, con le sue forze, la sua iniziativa, la sua immaginazione, ingegnosità, industriosità e buona volontà? Come mai è prevalsa la via della fede millenaristica nella distruzione rigeneratrice e/o nella razza aliena salvifica?

Le radici dell’odierna credenza nella profezia apocalittica dei Maya vanno cercate negli anni Settanta, con la pubblicazione di alcuni libri che determineranno il corso delle successive interpretazioni. Gli autori di questi saggi del genere new age erano Terence McKenna, Jose Arguelles, Peter Tompkins, Luis Arochi e Frank Waters. Nessuno di loro è noto per l’uso rigoroso delle fonti e della logica. Sono autori che, per loro stessa ammissione e scelta, ripudiano il metodo scientifico, considerandolo inadeguato. Diversamente da loro, pur essendo un fiero critico dello scientismo, ritengo che la razionalità sia un dono, non una menomazione, e osservo che la stragrande maggioranza delle società “indigene”, incluse quelle con una tradizione sciamanica e quelle spiritualmente più avanzate – in termini New Age – come l’aborigena australiana e la tibetana,non ha fatto e non fa ricorso a “stimolanti” psichedelici, a differenza di McKenna e soci, preferendo sollecitazioni visive ed acustiche per indurre le trance.

Più significativo è il contributo di Michael D. Coe, uno dei giganti dell’archeologia ed antropologia mesoamericana che, nel suo “I Maya”, pubblicato nel 1966 (una curiosità: è il libro su cui ho imparato a leggere l’inglese): “Si propone che ognuno di questi [cicli] misuri 13 baktun, ossia un po’ meno di 5.200 anni,  e che l’Armageddon annichilirà i popoli depravati e l’intera creazione l’ultimo giorno del tredicesimo bantu…Il nostro universo sarebbe stato creato nel 3113 a.C. per essere distrutto il 24 dicembre del 2011, quando il grande ciclo del lungo computogiunge a compimento”. La data di inizio sarà poi corretta all’11 agosto 3114 a.C. e quella di fine ciclo al 21 oppure al 23 dicembre del 2012. Non è ancora chiaro quale dei due sia il giorno cruciale anche se in rete e sui media domina incontrastato il primo, sebbene i solstizi non rivestissero alcun ruolo particolare nella liturgia maya.

Sorprende che un luminare come lui, pur affermando di aver calcato i toni, abbia disinvoltamente precisato di non aver mai voluto rivedere quel passaggio nelle numerose edizioni successive.

Nel 2009 il massimo specialista di archeostronomia mesoamericana del mondo, Anthony Aveni, ha pubblicato un suo libricino, intitolato “The End of Time: The Maya Mystery of 2012” che prendeva spunto da uno scambio epistolare con un giovane inglese seriamente preoccupato di dover abbandonare prematuramente il suo corpo alla fine del 2012 e che, conoscendo la sua fama, si era rivolto a lui per chiedere lumi. Aveni esclude recisamente che i Maya avessero in mente un Armageddon ma rimarca che la stele C di Quiriguá in Guatemala registra la cronaca della discesa degli dèi celesti che imposero ai Maya il loro ordine sociale (non particolarmente pacifico, democratico o umano) dando l’avvio a quell’epoca che i Maya descrivevano come la più oscura, quella che precede la necessaria e fortemente sospirata rigenerazione/palingenesi. Poi aggiunge che quella di Tortuguero accenna ad un ritorno dei medesimi. Il che non ha fatto atro che piacere agli adepti del culto degli fratelli cosmici salvatori. Una lettura alternativa è stata fornita da nientemeno che la serie X-Files, che ha scelto proprio il 22 dicembre 2012 come data d’inizio della fase conclusiva dell’invasione aliena.

Infine, come ultimo punto-chiave dell’odierno canone neo-maya, il famoso allineamento galattico di quella notte è già avvenuto molte volte, ad esempio, a partire dal 1983 e continuerà a verificarsi in quella data fino al 2019.

Insomma, l’apocalisse maya è diventata un fenomeno planetario, epocale, una vera e propria industria a se stante, con enormi profitti per chi ha saputo cavalcare l’onda. Rivela molte più cose sulla nostra cultura che su quella maya.

Una credenza sintetica è stata partorita da sogni e desideri di alcuni psiconauti dediti all’assunzione di allucinogeni e diffusa capillarmente dalla macchina mediatica occidentale nella più completa indifferenza delle tradizioni locali, investite improvvisamente dalla mania apocalittica maya e da torme di turisti in preda a smanie millenaristiche.

Per concludere. La nostra conoscenza della civiltà maya non è più avanzata dell’egittologia del diciannovesimo secolo, però su una cosa possiamo concordare: nessun documento maya classico, post-classico o coloniale afferma che il mondo finirà in quel giorno. Semplicemente, si azzererà il computo e si ricomincerà con una nuova sequenza, a partire da 13.0.0.0.0, per un altro milione e 872mila giorni, pari a 5.125,366 anni.Infatti esistono altre iscrizioni che citano date successive a questa, come ad esempio l’incoronazione di Pacal, eccelso sovrano che dovrebbe tornare a regnare su Palenque nel 1.0.0.0.0.8, (21 ottobre 4772 d.C.) ed alcune che abbracciano milioni di anni.

Per ulteriori, affidabili, informazioni:

http://www.famsi.org/research/vanstone/2012/index.html

“Sono rimasto a bocca aperta” (Thorne Lay, geoscienziato, UC Santa Cruz)

 

 

Il Pianeta Terra potrà anche avere 4,5 miliardi di anni, ma questo non significa che, di tanto in tanto, non possa prenderci alla sprovvista con una sorpresa sconvolgente. È quel che è successo l’11 aprile, con due massicci terremoti nell’Oceano Indiano al largo della costa dell’isola indonesiana di Sumatra, lontano dalle consuete zone a rischio. Ora gli scienziati dicono che le fratture del fondale marino sono parte di un evento che si sospettava da tempo potesse accadere, ma non era mai stato osservato prima: lo scisma di una placca tettonica. Il primo dei terremoti, di magnitudo 8.7, è stato 20 volte più potente del tanto anticipato “Big One” californiano e ha spezzato una complessa rete di faglie in profondità, sui fondali oceanici. La violenza del sisma ha anche innescato scosse di assestamento insolitamente importanti a migliaia di chilometri di distanza, quattro delle quali al largo della costa occidentale del Nord America. “Sono rimasto a bocca aperta”, ha detto Thorne Lay, professore di geoscienze presso la UC di Santa Cruz. “È stato qualcosa che non avevamo mai visto“. In un primo momento, Lay si era domandato se il codice del computer che aveva impiegato per analizzare i terremoti fosse sbagliato. Alla fine, lui e altri scienziati si sono resi conto che avevano documentato la rottura della placca Indo-Australiana in due parti, un processo epocale che ha avuto inizio circa 50 milioni di anni fa e continuerà per altre decine di milioni di anni. Lay e altri scienziati hanno messo online i loro risultati mercoledì sulla rivista Nature. La maggior parte dei grandi terremoti si verificano lungo i bordi delle placche, dove l’una si sovrappone all’altra adiacente e sprofonda nel mantello terrestre, un processo chiamato subduzione. I terremoti dell’aprile, però, si sono verificati al centro della placca, e ha coinvolto una serie di placche trascorrenti, che sono quelle che scivolano orizzontalmente, in parallelo rispetto alle altre. Gli scienziati dicono che la scossa principale da 8,7 ha rotto quattro faglie. Il sisma è durato 2 minuti e 40 secondi – la maggior parte dura pochi secondi – ed è stato seguita da una seconda scossa principale, di magnitudo 8.2, due ore più tardi. A differenza del terremoto di magnitudo 9.1 che ha colpito la stessa regione il 26 dicembre 2004, creando uno tsunami letale, quelli dell’11 aprile non hanno causato una distruzione paragonabile a quella. Questo perché gli spostamenti orizzontali non provocano massicci spostamenti in verticale dell’acqua degli oceani, come succede invece con i sovrascorrimenti delle faglie (leggi: una si sovrappone all’altra e spinge in alto l’acqua che si trova sopra di lei). Il tipo di faglie coinvolte nei terremoti di Sumatra sono il risultato di forze monumentali, alcune delle quali hanno spinto l’India verso il centro dell’Asia milioni di anni fa, sollevando le montagne dell’Himalaya. Man mano che la placca Indo-Australiana continua a scivolare verso nord-ovest, la parte occidentale della placca, di cui fa parte l’India, sfrega contro quella dell’Asia ed ad infilarvicisi sotto (sottoscorrimento, subduzione). Ma la porzione orientale della piastra, che contiene l’Australia, continua a muoversi senza incontrare quel genere di ostacoli. Questa differenza esercita pressioni di schiacciamento (compressione) nell’area in cui si sono verificati i terremoti.

[…].
Questi due terremoti sono famosi anche perché hanno innescato potenti scosse di assestamento a migliaia di chilometri di distanza. Anche se i terremoti più importanti sono stati noti per questo fenomeno, di solito la magnitudo non eccede i 5,5. I terremoti dell’11 aprile, invece, hanno prodotto scosse di assestamento superiori a 5.5 nei sei giorni seguenti; tra questa, una di magnitudo 7. Si sono avvertite scosse a distanze comprese tra i 6.000 ed i 12.000 chilometri dagli epicentri. Fred Pollitz, un geofisico dello US Geological Survey di Menlo Park, in California, autore di uno degli studi, ha detto che i terremoti erano estremamente efficaci nella trasmissione di onde sismiche in tutto il mondo. Ha aggiunto che sebbene il terremoto più grande dei due è il numero 10 nella classifica dei terremoti più forti misurati a partire dal 1900, nessun altro sisma ha innescato così tante forti scosse di assestamento a così grande distanza. È il terremoto più potente mai registrato in quanto a capacità di mettere sotto pressione altre faglie in giro per il mondo“.

Lo tsunami giapponese e la guerra con l’Iran – per chi crede ancora che la leadership israeliana sia razionale

 

“Proprio come i cittadini giapponesi devono rendersi conto che possono subire dei terremoti – ha dichiarato Vilnai, ministro uscente della Difesa interna di Tel Aviv – i cittadini israeliani devono capire che se vivono qui devono essere preparati ad aspettarsi missili sul fronte interno. Non è piacevole, ma devono essere prese delle decisioni e dobbiamo essere pronti”.

http://www.lapresse.it/mondo/asia/israele-ministro-vilnai-in-guerra-a-iran-possibili-centinaia-di-morti-1.203009

Sembra impossibile che un ministro possa equiparare le vittime di una guerra che può essere evitata intraprendendo un serio processo di pace in tutto il Medio Oriente, a partire dai Territori Occupati, alle vittime di una catastrofe naturale inevitabile. Il messaggio che trasmette gronda di fatalismo e di megalomania, la megalomania di cui è impregnato il gabinetto Netanyahu:

“Se Netanyahu attacca, indipendentemente dal risultato, Israele diventerà uno stato paria, come da anni sanno bene i diplomatici israeliani, mentre se non attacca dopo aver tanto parlato, rischia l’ostilità di tutti quei paesi, e sono tanti, che a parole appoggiano Israele e in realtà ne detestano il governo, sono stufi di dichiarazioni bellicose e temono ulteriore instabilità in un Medio oriente già più che complicato. […]. In una riunione di governo a porte chiusissime, Netanyahu ha detto che si prenderebbe lui la responsabilità di un attacco all’Iran.
Discorso talmente infantile da  essere incredibile, forse le fonti anonime hanno riferito male?
Anzi, ricorda molto certe uscite del Duce sul balcone, l’ora delle decisioni supreme etc.
Perché Bibi, con totale irrealtà, crede che un politico che prende una decisione sbagliata venga al massimo temporaneamente mandato a casa, oppure diventi oggetto di una commissione di inchiesta.  Faccenda che non fermò Sharon dopo la sua decisione, nel 1982, di disobbedire al governo Begin e invadere il Libano molto più del previsto. E poi divenne capo del governo. Ovvero Bibi crede di non rischiare nulla e vuole il suo momento di gloria. Messianico. Dimentica che molte cose possono succedere e che anche le democrazie a volta uccidono i propri capi democraticamente eletti – dopotutto ne ha avuto un esempio in casa.
La risposta alla follia di Netanyahu l’ha indirettamente data Grossman, citando il poeta Bialik: sarà Israele a pagare col sangue e col midollo.
Alcuni anni fa, Grossman ricevette una laurea ad honorem dall’Università di Firenze, con la motivazione che non era solo un grande scrittore ma un profeta. E i profeti, per definizione, hanno ragione solo dopo, quando è tardi”.
http://www.santalmassiaschienadritta.it/2012/08/lestate-messianica-di-nethaniahu.html

Mappa dei sismi sopra il quarto richter dal 1898

Il seppuku (harakiri) nucleare giapponese

I poteri forti giapponesi stanno per condannare il Giappone ad un altro disastro, forse persino peggiore di quello precedente. La cecità di chi, avidamente, persegue unicamente il profitto a discapito di tutto il resto è sempre stata la radice della gran parte dei mali umani. Laddove c’è incessante bramosia non può sussistere alcun senso del limite, o buon senso in generale. Ogni manifestazione di hybris porta con sé la sua nemesi.
Consiglio a tutti gli amici in quell’area di informarsi accuratamente su come si possono contrastare gli effetti di un fall-out radioattivo, in particolare consiglio di munirsi di iodio.

“Due importanti sismologi hanno avvertito che il Giappone sta ignorando le lezioni sulla sicurezza della crisi Fukushima dello scorso anno e hanno messo in guardia contro il riavvio di due reattori il mese prossimo.

Il Giappone ha approvato il riavvio dei due reattori della centrale nucleare Kansai Ohi, nonostante l’opposizione di massa dell’opinione pubblica [che nei sondaggi ha indicato la sua volontà di fare sacrifici pur di non rischiare un altro disastro, NdT].

Saranno i primi a tornare in linea dopo che tutti i reattori sono stati chiusi a seguito del terremoto e dello tsunami dello scorso marzo che ha causato la peggiore crisi nucleare dopo Chernobyl, presso l’impianto Daiichi Fukushima.

I modelli sismici adottati dalle autorità non tengono in adeguata considerazione le linee di faglia attive vicino all’impianto di Ohi, ha detto ai giornalisti Katsuhiko Ishibashi, un sismologo dell’Università di Kobe.

“Le prove di stress e le linee guida sulla sicurezza per il riavvio di nuove centrali nucleari consentono il verificarsi di incidenti agli impianti”, ha detto ai giornalisti Ishibashi: “Invece di imporre standard più rigidi, entrambe rappresentano un duro colpo per le norme di sicurezza.”

Gli esperti che sono stati consultati dall’industria nucleare giapponese hanno sottovalutato la minaccia sismica, ha detto alla conferenza stampa Mitsuhisa Watanabe, professore di geomorfologia tettonica all’Università Toyo.

“L’esperienza e la neutralità degli esperti che consigliano l’Agenzia di sicurezza del nucleare industriale è seriamente discutibile”, ha detto Watanabe.

Dopo che un terremoto del 2007 aveva provocato delle fuoriuscite radioattive in reattori a nord di Tokyo, Ishibashi aveva spiegato che il Giappone era a rischio di un disastro nucleare a seguito di un grande terremoto, un avvertimento che si è rivelato premonitore, dopo Fukushima.

Sebbene sia impossibile prevedere i terremoti, ha concluso Ishibashi, il terremoto di magnitudo 9 dello scorso anno ha reso più probabile “devastanti” terremoti in futuro”.

http://www.reuters.com/article/2012/06/29/us-japan-nuclear-idUSBRE85S02920120629

Avvistamenti di bolidi negli Stati Uniti 2005-2012

Non sono solo i terremoti ad essersi moltiplicati negli ultimi anni.

È aumentato il numero di avvistamenti di comete:

http://www.universetoday.com/81994/soho-finds-its-2000th-comet/

http://science.nasa.gov/science-news/science-at-nasa/2011/12jan_cometstorm/

come quello degli avvistamenti annuali di bolidi (fireballs) negli USA:

2005: 466

2006: 515

2007: 537

2008: 726

2009: 693

2010: 948

2011: 1629 (609 fino al 23 giugno 2011)

2012: 868 fino al 23 giugno 2012

MEDIA GIORNALIERA

Pre-2005: 1,20-1,30

2005: 1,28

2006: 1,41

2007: 1,61

2008: 1,98

2009: 1,90

2010: 2,59

2011: 4,46

2012: 5,03

FONTE:

http://www.amsmeteors.org/fireball2/public.php?start_date=2012-01-01&end_date=2012-06-31&state=&event_id=&submit=Find+Reports

Jacques Attali sa di cosa sta parlando:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/23/jacques-attali-e-gli-asteroidi-il-mondo-non-finira-ma/

Fukushima – è realmente possibile che Tokyo debba essere evacuata?

Il 70% dei giapponesi vorrebbe ridurre la dipendenza dall’energia nucleare, mentre il 25% rimane favorevole all’uso del nucleare. Solo il 4% dei giapponesi vorrebbe che il paese aumenti l’uso dell’energia nucleare. Un anno fa, a poche settimane dall’inizio della crisi nucleare di Fukushima, i giapponesi erano più divisi su questo tema: il 44% era per una diminuzione dell’energia nucleare, il 46% voleva mantenere le cose come stavano, mentre l’8% si dichiarava favorevole ad un incremento del nucleare.

“Japanese Wary of Nuclear Energy. Survey Report”. Pew Research Center, 5 giugno 2012.

http://bywo.wordpress.com/

Il governo giapponese ha deciso di riavviare i due reattori della centrale nucleare di Oi nella prefettura di Fukui, ma il 71 per cento degli intervistati in un sondaggio condotto da Mainichi Shimbun dice che il governo non dovrebbe avere fretta nel riavviare i reattori fermi, mentre il 23 per cento è favorevole al riavvio immediato.

“71 percent against hastily restarting Oi nuclear plant: Mainichi poll”. The Mainichi Shimbun, 4 giugno 2012.

http://bywo.wordpress.com/

Masashi Goto, già ingegnere della Toshiba specializzato nella progettazione antisismica delle centrali nucleari, ha progettato il reattore nucleare di contenimento, riguardo alla solidità della struttura del reattore n° 4: “Anche se ci sono le pareti, non esistono modi semplici di verificarne la stabilità. In che misura è stata compromessa la loro stabilità dalla temperatura dell’incendio? È essenziale avere tutti i dati quando si esegue un calcolo strutturale. Ogni volta che Tepco pubblica i dati, dice sempre: “Abbiamo calcolato questo, ecco il risultato di ciò che abbiamo fatto, quindi non c’è pericolo”. Ma non hanno mai pubblicato un dato che un analista esterno possa utilizzare per verificare le loro conclusioni”.

Yukiteru Naka, direttore della Tohoku, ha lavorato come ingegnere presso la General Electric. Specializzata in sistemi di tubazioni, è stato coinvolto direttamente nella costruzione della centrale Fukushima Daiichi (reattore 1, 2 e 6). Attualmente è impegnato nel lavoro di smantellamento. Essendo a conoscenza del reale stato della costruzione del reattore 4, ha ammesso che ci sono dei pericoli di una fuoriuscita d’acqua dalla piscina di raffreddamento del combustibile: “Devo dire che c’è un rischio per l’unità 4. La piscina è attualmente raffreddata da un sistema temporaneo. Ma i condotti si estendono per decine di chilometri e poiché questa è una struttura temporanea, non è stata pensata per resistere a terremoti. Non c’è manutenzione sufficiente. I tubi attraversano le macerie. Penso che ci vorrà del tempo per svuotare la piscina, se i tubi sono stati danneggiati e causano una perdita. Le emissioni di materiale radioattivo sarebbe così alta che nessuno potrebbe avvicinarsi. (…) Vorrei che il governo e la Tepco si preparassero consapevolmente all’idea di una crisi incombente. (…) Se la piscina si svuota, nessun lavoratore potrà avvicinarsi al reattore 4 o agli edifici 1, 2 e 3”.

Hiroaki Koide, professore presso l’Istituto di Ricerca Nucleare dell’Università di Kyoto, è particolarmente preoccupato per lo stato dell’unità 4: “Se la piscina arrivasse al collasso a causa di un nuovo terremoto di grandi dimensioni, l’emissione di materiale radioattivo sarebbe enorme: una stima conservativa dà una radioattività pari a 5000 volte la bomba di Hiroshima”.

Per Robert Alvarez, ex consigliere del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, il problema riguarda il mondo intero: “Se un terremoto o un altro evento colpisse questa piscina [del reattore 4], potrebbe provocare un incendio radiologico catastrofico, con quasi dieci volte la quantità di cesio-137 che si è diffuso dopo l’incidente di Chernobyl”.

http://fukushima.over-blog.fr/article-fukushima-et-l-avenir-du-monde-106326840.html

Ho incontrato Robert Alvarez a Washington ed abbiamo parlato per diverse ore. L’ho ringraziato per il suo calcolo del Cs-137 nel sito di Fukushima Daiichi, un semplice numero che ha contribuito a richiamare l’attenzione del pubblico sulla questione. Alvarez ha detto che il dato di dieci volte il Cs-137 (nel reattore 4) rispetto a Chernobyl è basso, ma è utile ad evitare dispute scientifiche; una cifra più realistica potrebbe essere 50 volte…Ma poco importa, ha aggiunto, se la quantità è di 10 o 20 volte superiore. L’intero territorio giapponese diventerebbe una zona di evacuazione e la forte radioattività colpirebbe l’Asia orientale ed il Nord America. La ricaduta (fall-out) di materiale radioattivo durerebbe per diverse centinaia di anni.

http://akiomatsumura.com/2012/06/what-is-the-united-states-government-waiting-for.html

Il governo giapponese aveva già programmato l’evacuazione della metà settentrionale dell’isola di di Honshu (Tokyo compresa: fino a circa 40 milioni di persone) in caso di aggravamento della situazione a Fukushima:

http://ajw.asahi.com/article/0311disaster/fukushima/AJ201201070039

In una conferenza stampa il ministro Hosono ha affermato che il reattore numero 4 potrebbe sopportare un terremoto di magnitudo 6. Ma uno studio geologico sino-giapponese ha stimato un 90% di probabilità che un terremoto di magnitudo 7 colpisca quell’area entro tre anni:

http://www.solid-earth.net/3/43/2012/se-3-43-2012.pdf

Tre giorni fa c’è stato un terremoto da 6,4 nei paraggi, fortunatamente molto profondo.

“Dobbiamo far capire il concetto di after heat, vale a dire la generazione di calore da frammenti di fissione che durerà per settimane e mesi, e che deve essere continuamente rimosso. Non è facile comunicare questo concetto alla gente, per la quale qualsiasi incendio può essere domato in poco tempo. Per il nucleare purtroppo non è così”.

Robert Socolow, fisico della Princeton University, Bullettin of Atomic Scientist

http://thebulletin.org/web-edition/op-eds/reflections-fukushima-time-to-mourn-to-learn-and-to-teach

 

IL NUCLEARE IN ITALIA ED IL MITO DELL’EFFICIENZA GIAPPONESE

di Roberto Vacca (ingegnere favorevole al nucleare)

“…Il Giappone era al terzo posto nel mondo (dopo USA e Francia) per potenza installata e numero di centrali. Di 54, ne funzionano solo due. Molte sono ferme per manutenzione e le popolazioni circostanti si sono opposte con successo alla loro riaccensione. Al Giappone manca così un terzo dell’energia elettrica prodotta fino a un anno fa. Il risparmio forzoso è imponente: condizionatori spenti d’estate, illuminazione pubblica e privata al minimo e nuovo deficit della bilancia commerciale dopo tre decenni. Si aggravano localmente gli effetti della crisi economica. Sembra che i giapponesi si avviino a lasciare l’energia atomica. Le discussioni sulla sicurezza sono decisive – e peculiari. Ogni tecnologia presenta rischi. Per uccidere un uomo basta che il suo corpo sia attraversato da una corrente elettrica di circa un decimo di Ampere – meno di quella che passa in una lampadina. La sicurezza, però, è facile da capire e da assicurare (con limitatori e salva-vita). I morti per elettrocuzione sono pochissimi specie in Europa ove le protezioni sono più stringenti. Anche le automobili sono rischiose e, nel mondo, muoiono ogni anno 1.200.000 persone in incidenti di traffico. I movimenti per abolire le auto, però, sono scarsi e deboli. Molto più energici i verdi anti-nucleari con slogan, marce e propaganda, sebbene nel mezzo secolo da quando c’è l’energia nucleare i morti siano stati poche decine di migliaia. È arduo calcolarli: le radiazioni agiscono a distanza di tempo e spazio e si sommano alla radiazione naturale (da minerali, radon e raggi cosmici).
[quel che è certo è che le migliaia di test atomici della Guerra Fredda hanno ucciso un numero enorme di persone inquinando il pianeta irrimediabilmente, NdR]

Che conclusioni trarre per l’Italia? Il CIRN, Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare, conduce una campagna ispirata da esperti del settore. Sostengono che il nucleare sicuro è possibile. Questo è vero, se esistono accertati prerequisiti di competenza e rigore. In Italia certo esistevano nei pochi anni in cui funzionarono le nostre poche centrali nucleari. Discutere di competenza è difficile. Occorrono dati: non facilmente disponibili e compresi solo da chi ha studiato. Anche qui la trasparenza talora è scarsa, come in Giappone su Fukushima. Ci vogliono valutazioni espresse da esperti sulle prestazioni e i record di altri esperti. Spesso sono opinabili.

Molte delle opinioni espresse sono poco meditate e talora viscerali. Già un anno fa pubblicai su La Stampa un pezzo per controbattere chi diceva:”Perfino i giapponesi tecnicamente perfetti hanno avuto Fukushima: figuratevi che succederebbe da noi!” Spiegavo che la rete elettrica nipponica è spaccata in due: la metà orientale alla frequenza di 50 Hertz [come in Europa, NdR]e l’altra a 60 Hertz [come negli USA, NdR]. Solo una piccola frazione della potenza producibile può essere trasmessa da una regione all’altra. È una madornale inefficienza sistemica – altro che perfezione tecnica!

Come dico da anni, gli aspetti sistemici sono vitali: non basta essere perfetti, sia pure in alta tecnologia. Le quarantenni centrali di Fukushima erano di buon livello tecnico, ma i progettisti ignorarono il rischio degli tsunami. In quella zona sono fenomeno antico e ben documentato. Ce ne furono di più grossi: nel 1933 con un’onda alta 27 metri e nel 1890 con un’onda di 38 metri. Un recente studio commenta le statistiche sui 70 tsunami che colpirono la regione negli ultimi 12 secoli (vedi in figura: il segmento a destra indica un’onda di 10 metri). Nell’869 un’onda di 70 metri colpì Jorgan e distrusse tutto fino a 4 chilometri entro terra. I progettisti di Fukushima non tennero conto di questi precedenti.

L’ingegneria della sicurezza impone di considerare ogni possibile eventualità e predisporre difese adeguate. Queste mancavano nell’intera struttura della rete elettrica giapponese, nella scelta della località della centrale e nel progetto delle difese contro il mare. Avvenuto il disastro, i tecnici non potevano entrare nelle centrali per non subire gli effetti di radiazioni nucleari pericolose. Si poteva rimediare facendo entrare nei fabbricati robot radiocomandati muniti di telecamere. Anche questi, però, non erano stati predisposti.

Il costruttore americano iRobot mise gratuitamente a disposizione due robot Packbot e due robot Warrior 710 muniti anche di braccia meccaniche per rimuovere ostacoli e manipolare oggetti. I tecnici giapponesi dovettero essere addestrati a usarli. L’impiego pratico poté iniziare solo un mese dopo il disastro. Le difficoltà incontrate erano documentate dal diario di un operatore giapponese, noto solo con le sue iniziali S.H. I diari erano intitolati “Dico tutto quel che voglio”.  Le note di S.H. sono state scaricate da Web (prima che fossero cancellate) da un redattore del mensile SPECTRUM dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers [e.guizzo@ieee.org]. Ne risultano situazioni gravine critiche. S.H. racconta che dopo una lunga operazione in cui aveva dovuto avvicinarsi molto al robot (data la scarsa portata della connessione radio) l’allarme del dosimetro che misurava il livello di radiazioni che aveva assorbito cominciò a suonare. Il suo supervisore gli disse che il dosimetro era difettoso e che continuasse a lavorare.

Solo dopo tre mesi arrivarono alcuni moderni robot giapponesi. Erano modelli in cui i circuiti integrati erano vulnerabili alle radiazioni e avevano dovuto essere schermati opportunamente. Nell’ottobre 2011 uno di questi tranciò il proprio cavo e dovette essere abbandonato.

Le strategie energetiche e i problemi di sicurezza non si risolvono con discorsi (anche se “paiono assai fondati”), né su principi ideologici, né su astratti principi di precauzione. Dobbiamo analizzare i fatti, studiare, addestrare tecnici eccellenti, finanziare ricerca e scuole avanzate.

http://www.internauta-online.com/2012/02/energia-nucleare-tsunami-robot-politica-e-competenza/

Una possibile causa dei recenti disastri naturali anomali

“Piacerebbe anche a me sentire cosa ne pensano di questa nuova scossa. un conto era lo sciame di assestamento con magari qualche scossa più netta, con grado tra 4 e 5 ma qui si è ripresentata una scossa di uguale forza a quella principale. che vadano in tv e spiegare tutta la faccenda”

“queste 2 scosse sono passate a 9 giorni l’una dall’altra e si tratta delle scosse più forti registrate in pianura padana da almeno mille anni, se non di più. non si tratta di un evento già avvenuto in passato”

http://daltonsminima.altervista.org/?p=21093&cpage=2#comments

Il campo magnetico terrestre è generato dalla rotazione del pianeta (effetto dinamo).

Il campo geomagnetico e quello solare si sono indeboliti:

http://pianetablunews.wordpress.com/2012/03/07/ricercatori-del-british-geological-survey-i-poli-magnetici-sarebbero-in-procinto-di-invertirsi/

http://www.meteoit.it/in-arrivo-il-ciclo-solare-piu-debole-degli-ultimi-300-anni/

Ho già spiegato che io sto dalla parte di chi dà la “colpa” all’avvicinamento di Nemesis, la stella (nana bruna/marrone) compagna del Sole:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/02/nemesi-la-stella-della-morte-chiarimenti-ed-aggiornamenti/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/02/19/cosa-sta-succedendo-al-sistema-solare/

Nemesis potrebbe avere un campo sufficientemente forte da interagire a distanza con quello terrestre e con quello solare.

Questa sarebbe un’ovvietà nel modello dell’universo elettrico:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/12/luniverso-elettrico-un-modello.html

Nemesis e il Sole formano un dipolo elettrico: carica positiva il Sole, negativa Nemesis. Quest’ultima invia scariche a polarità inversa verso  Terra e del Sole, formando archi elettrici e rallentamenti – inizialmente non facilmente percepibili e misurabili – della velocità di rotazione.

Conseguenze: il Sole si addormenta quando dovrebbe essere al suo massimo, la Terra si scuote e si trasforma – sismi anomali e vulcanismi accentuati:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/tag/terremoti/

cambiamento climatico:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/tag/glaciazione/

effetti “trombe dell’apocalisse”:

http://fanuessays.blogspot.it/2012/01/voi-sonerete-le-vostre-trombe-del.html

*****

Io starei lontano da tutta la cintura di fuoco del Pacifico:

http://it.wikipedia.org/wiki/Cintura_di_fuoco

per i terremoti ma anche per i vulcani

https://versounmondonuovo.wordpress.com/?s=Shasta

http://fukushima-diary.com/2012/05/high-possibility-of-mt-fujis-eruption/

“Fuji in rosso” (sogno di Akira Kurosawa): L’alter-ego si ritrova ai piedi del Monte Fuji che, risvegliatosi, ha cominciato ad eruttare lava e ceneri, assumendo un aspetto rosso. Un fiume di persone disperate, a cui egli si aggrega, cerca scampo invano lungo una scogliera a picco sul mare: tra queste ci sono una madre con due bambini ed un ingegnere nucleare, responsabile di aver costruito una centrale proprio ai piedi del vulcano e che la lava ha appena distrutto. I vapori radioattivi assassini si sprigionano nell’aria e si abbattono su di loro: mentre l’ingegnere sparisce in mare, il protagonista cerca invano di allontanare le esalazioni dalla madre e dai bambini sventolando il giubbotto, mentre la scena si dissolve in nero.

http://it.wikipedia.org/wiki/Sogni_%28film%29

E pur si muove! – sismi delle ultime 24 ore nella Cintura di Fuoco del Pacifico

 

Quelli più forti:

SUMATRA: 8,9 / 8,7 / 8,2 / 6,0

MESSICO: 7,0

GIAPPONE: 6,1

OREGON: 6,0

Altrove:

UTAH: 4,8

NEW ENGLAND: 4,5

 

Il terremoto indonesiano ha sorpreso gli scienziati: di solito questo tipo di scossa non è così potente. “Una settimana fa, non avremmo pensato che avremmo potuto avere uno terremoto orizzontale di queste dimensioni. Questo è molto, molto grande” ha detto Kevin Furlong, professore di geoscienze alla Penn State University. Lo USGS National Earthquake Information Center lo classifica all’undicesimo posto dal 1900, probabilmente al primo posto tra quelli a scorrimento orizzontale:

http://www.foxnews.com/us/2012/04/11/odd-duck-indonesia-quake-surprises-scientists/

Oltre 500 milioni di persone vivono in aree a forte sismicità. Senza contare quelle che vivono lungo le coste esposte a tsunami (maremoti).

Quante sono le centrali atomiche costruite in tali aree?

Cosa bisognerebbe fare a chi le ha progettate, approvate e costruite?

 

Eruzioni vulcaniche del 2012:
1. Ambryn volcano, Vanuatu

2. Manam volcano, Papua New Guinea

3. Ol Doinyo Lengai volcano , Tanzania
4. Yasur volcano, Vanuatu
5. Erta Ale volcano, Ethiopia
6. Nyiragongo volcano, Congo
7. Ulawun volcano, Papua New Guinea
8. Planchón-Peteroa, Chile
9. Erebus, Antarctica
10. Kiluchevskoivolc volcano, Kamchatka
11. Stromboli volcano, Italy
12. Mount Etna volcano, Italy
13. El Hierro, Canary Islands
14. Kileau volcano, Hawaii
15. Sukurajima volcano, Japan
16. Red Sea volcano, Middle East (nuova isola)
17. Turrialba Volcano, Costa Rica

18. Popocatepeti volcano, Mexico City
19. Semeru volcano, Indonesia
20. Pagan volcano, Mariana Islands
21. Puntiagudo-Cordón Cenizos volcano, Chile

22. Puyehue Cordón-Caulle volcano , Chile
23. Nyamulagira volcano, Congo – 2012

24. Dukono volcano, Indonesia
25. Mt. Cameroon volcano, Cameroon
26. Mt. Lokon volcano, Indonesia
27. Karymsky volcano, Kamchatka
28. Mt. Fuego, Guatemala
29. Kanaga volcano, Alaska
30. Fimmvörðuháls volcano, Iceland
31. Nevado del Huila volcano, Colombia

32. Rincón de la Vieja volcano, Costa Rica
33. Mount Merapi, Indonesia
34. Reventador volcano, Ecuador
35. Kizimen volcano, Kamchatka
36. Shiveluch volcano, Kamchatka
37. Santa Maria volcano, Guatemala
38. Tungurahua volcano, Ecuador
39. Cleveland volcano, Aleutian Islands
40. Bezymianny volcano, Aleutian Islands
41. Nevado del Ruiz volcano, Colombia
42. Poás volcano, Costa Rica
43. Soufrière Hills volcano, Montserrat
44. Lamongan volcano, Indonesia
45. Villarrica volcano, Central Chile
46. Batu Tara volcano, Indonesia

47. Santiago volcano, Guatemala
48. Anak Krakatoa, Indonesia

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