Interventi drastici sulla forma di governo senza sentire il parere dei cittadini? è l’Italia del 2012

Stefano Rodotà, “Una fase costituente più democratica”, la Repubblica, 20 giugno 2012, p. 45

“Stiamo vivendo una fase costituente senza averne adeguata consapevolezza, senza la necessaria discussione pubblica, senza la capacità di guardare oltre l’emergenza
. È stato modificato l’articolo 81 della Costituzione, introducendo il pareggio di bilancio. Un decreto legge dell’agosto dell’anno scorso e uno del gennaio di quest’anno hanno messo tra parentesi l’articolo 41. E ora il Senato discute una revisione costituzionale che incide profondamente su Parlamento, governo, ruolo del Presidente della Repubblica. Non siamo di fronte alla buona “manutenzione” della Costituzione, ma a modifiche sostanziali della forma di Stato e di governo. Le poche voci critiche non sono ascoltate, vengono sopraffatte da richiami all’emergenza così perentori che ogni invito alla riflessione configura il delitto di lesa economia.

In tutto questo non è arbitrario cogliere un altro segno della incapacità delle forze politiche di intrattenere un giusto rapporto con i cittadini che, negli ultimi tempi, sono tornati a guardare con fiducia alla Costituzione e non possono essere messi di fronte a fatti compiuti. Proprio perché s’invocano condivisione e coesione, non si può poi procedere come se la revisione costituzionale fosse affare di pochi, da chiudere negli spazi ristretti d’una commissione del Senato, senza che i partiti presenti in Parlamento promuovano essi stessi quella indispensabile discussione pubblica che, finora, è mancata.

Con una battuta tutt’altro che banale si è detto che la riforma dell’articolo 81 ha dichiarato l’incostituzionalità di Keynes. L’orrore del debito è stato tradotto in una disciplina che irrigidisce la Costituzione, riduce oltre ogni ragionevolezza i margini di manovra dei governi, impone politiche economiche restrittive, i cui rischi sono stati segnalati, tra gli altri da cinque premi Nobel in un documento inviato a Obama. Soprattutto, mette seriamente in dubbio la possibilità di politiche sociali, che pure trovavano un riferimento obbligato nei principi costituzionali. La Costituzione contro se stessa? Per mettere qualche riparo ad una situazione tanto pregiudicata, uno studioso attento alle dinamiche costituzionali, Gianni Ferrara, non ha proposto rivolte di piazza, ma l’uso accorto degli strumenti della democrazia. Nel momento in cui votavano definitivamente la legge sul pareggio di bilancio, ai parlamentari era stato chiesto di non farlo con la maggioranza dei due terzi, lasciando così ai cittadini la possibilità di esprimere la loro opinione con un referendum. Il saggio invito non è stato raccolto, anzi si è fatta una indecente strizzata d’occhio invitando a considerare le molte eccezioni che consentiranno di sfuggire al vincolo del pareggio, così mostrando in quale modo siano considerate oggi le norme costituzionali. Privati della possibilità di usare il referendum, i cittadini — questa è la proposta — dovrebbero raccogliere le firme per una legge d’iniziativa popolare che preveda l’obbligo di introdurre nei bilanci di previsione di Stato, regioni, province e comuni una norma che destini una quota significativa della spesa proprio alla garanzia dei diritti sociali, dal lavoro all’istruzione, alla salute, com’è già previsto da qualche altra costituzione. Non è una via facile ma, percorrendola, le lingue tagliate dei cittadini potrebbero almeno ritrovare la parola.

L’altro fatto compiuto riguarda la riforma costituzionale strisciante dell’articolo 41. Nei due decreti citati, il principio costituzionale diviene solo quello dell’iniziativa economica privata, ricostruito unicamente intorno alla concorrenza, degradando a meri limiti quelli che, invece, sono principi davvero fondativi, che in quell’articolo si chiamano sicurezza, libertà, dignità umana. Un rovesciamento inammissibile, che sovverte la logica costituzionale, incide direttamente su principi e diritti fondamentali, sì che sorprende che in Parlamento nessuno si sia preoccupato di chiedere che dai decreti scomparissero norme così pericolose.

È con questi spiriti che si vuol giungere a un intervento assai drastico, come quello in discussione al Senato. Ne conosciamo i punti essenziali. Riduzione del numero dei parlamentari, modifiche riguardanti l’età per il voto e per l’elezione al Senato, correttivi al bicameralismo per quanto riguarda l’approvazione delle leggi, rafforzamento del Presidente del Consiglio, poteri del governo nel procedimento legislativo, introduzione della sfiducia costruttiva. Un “pacchetto” che desta molte preoccupazioni politiche e tecniche e che, proprio per questa ragione, esigerebbe discussione aperta e tempi adeguati. Su questo punto sono tornati a richiamare l’attenzione studiosi autorevoli come Valerio Onida, presidente dell’Associazione dei costituzionalisti, e Gaetano Azzariti, e un documento di Libertà e Giustizia, che hanno pure sollevato alcune ineludibili questioni generali. Può un Parlamento non di eletti, ma di “nominati” in base a una legge di cui tutti a parole dicono di volersi liberare per la distorsione introdotta nel nostro sistema istituzionale, mettere le mani in modo così incisivo sulla Costituzione? Può l’obiettivo di arrivare alle elezioni con una prova di efficienza essere affidato a una operazione frettolosa e ambigua? Può essere riproposta la linea seguita per la modifica dell’articolo 81, arrivando a una votazione con la maggioranza dei due terzi che escluderebbe la possibilità di un intervento dei cittadini? Quest’ultima non è una pretesa abusiva o eccessiva. Non dimentichiamo che la Costituzione è stata salvata dal voto di sedici milioni di cittadini che, con il referendum del 2006, dissero “no” alla riforma berlusconiana.

A questi interrogativi non si può sfuggire, anche perché mettono in evidenza il rischio grandissimo di appiattire una modifica costituzionale, che sempre dovrebbe frequentare la dimensione del futuro, su esigenze e convenienze del brevissimo periodo. Le riforme costituzionali devono unire e non dividere, esigono legittimazione forte di chi le fa e consenso diffuso dei cittadini.

Considerando più da vicino il testo in discussione al Senato, si nota subito che esso muove da premesse assai contestabili, come la debolezza del Presidente del Consiglio. Elude la questione vera del bicameralismo, concentrandosi su farraginose procedure di distinzione e condivisione dei poteri delle Camere, invece di differenziare il ruolo del Senato. Propone un intreccio tra sfiducia costruttiva e potere del Presidente del Consiglio di chiedere lo scioglimento delle Camere che, da una parte, attribuisce a quest’ultimo un improprio strumento di pressione e, dall’altra, ridimensiona il ruolo del Presidente della Repubblica. Aumenta oltre il giusto il potere del governo nel procedimento legislativo, ignorando del tutto l’ormai ineludibile rafforzamento delle leggi d’iniziativa popolare. Trascura la questione capitale dell’equilibrio tra i poteri. Tutte questioni di cui bisogna discutere, e che nei contributi degli studiosi prima ricordati trovano ulteriori approfondimenti. Ricordando, però, anche un altro problema. Si continua a dire che le riforme attuate o in corso non toccano la prima parte della Costituzione, quella dei principi. Non è vero. Con la modifica dell’articolo 81, con la “rilettura” dell’articolo 41, con l’indebolimento della garanzia della legge derivante dal ridimensionamento del ruolo del Parlamento, sono proprio quei principi ad essere abbandonati o messi in discussione”.


Un’altra Europa – Rodotà rammenta alcune cosette agli Europeisti militanti

“Scopriamo così un´altra Europa, assai diversa dalla prepotente Europa economica e dall´evanescente Europa politica. È quella dei diritti, troppo spesso negletta e ricacciata nell´ombra. Un´Europa fastidiosa per chi vuole ridurre tutto alla dimensione del mercato e che, invece, dovrebbe essere valorizzata in questo momento di rigurgiti antieuropeisti, mostrando ai cittadini come proprio sul terreno dei diritti l´Unione europea offra loro un “valore aggiunto”, dunque un volto assai diverso da quello, sgradito, che la identifica con la continua imposizione di sacrifici.
Questa è, o dovrebbe essere, una via obbligata. Dal 2010, infatti, la Carta ha lo stesso valore giuridico dei trattati, ed è quindi vincolante per gli Stati membri. Bisogna ricordare perché si volle questa Carta. Il Consiglio europeo di Colonia, nel giugno del 1999, lo disse chiaramente: «La tutela dei diritti fondamentali costituisce un principio fondatore dell´Unione europea e il presupposto indispensabile della sua legittimità. Allo stato attuale dello sviluppo dell´Unione, è necessario elaborare una Carta di tali diritti al fine di sancirne in modo visibile l´importanza capitale e la portata per i cittadini dell´Unione». Sono parole impegnative. All´integrazione economica e monetaria si affiancava, come passaggio ineludibile, l´integrazione attraverso i diritti. Fino a che questa non fosse stata pienamente realizzata, al già mille volte rilevato deficit di democrazia dell´Unione europea si sarebbe accompagnato addirittura un deficit di legittimità. Si avvertiva così che la costruzione europea non avrebbe potuto trovare né nuovo slancio, né compimento, né avrebbe potuto far nascere un suo “popolo” fino a quando l´Europa dei diritti non avesse colmato i molti vuoti aperti da quella dei mercati.
Negli ultimi tempi questo doppio deficit si è ulteriormente aggravato. L´approvazione del “fiscal compact”, con la forte crescita dei poteri della Commissione europea e della Corte di Giustizia, rende ancor più evidente il ruolo marginale dell´unica istituzione europea democraticamente legittimata – il Parlamento. Oggi si levano molte voci per trasformare la crisi in opportunità, riprendendo il tema della costruzione europea attraverso una revisione del Trattato di Lisbona. In questa nuova agenda costituzionale europea dovrebbe avere il primo posto proprio il rafforzamento del Parlamento, proiettato così in una dimensione dove potrebbe finalmente esercitare una funzione di controllo degli altri poteri e un ruolo significativo anche per il riconoscimento e la garanzia dei diritti.
Non è vero, infatti, che l´orizzonte europeo sia solo quello del mercato e della concorrenza. Lo dimostra proprio la struttura della Carta dei diritti. Nel Preambolo si afferma che l´Unione “pone la persona al centro della sua azione”. La Carta si apre affermando che “la dignità umana è inviolabile”. I principi fondativi, che danno il titolo ai suoi capitoli, sono quelli di dignità, libertà, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia, considerati come “valori indivisibili”. Lo sviluppo, al quale la Carta si riferisce, è solo quello “sostenibile”, sì che da questo principio scaturisce un limite all´esercizio dello stesso diritto di proprietà. In particolare, la Carta, considerando “indivisibili” i diritti, rende illegittima ogni operazione riduttiva dei diritti sociali, che li subordini ad un esclusivo interesse superiore dell´economia. E oggi vale la pena di ricordare le norme dove si afferma che il lavoratore ha il diritto “alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato”, “a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose”, alla protezione “in caso di perdita del posto di lavoro”. Più in generale, e con parole assai significative, si sottolinea la necessità di “garantire un´esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti”. Un riferimento, questo, che apre la via all´istituzione di un reddito di cittadinanza, e ribadisce il legame stretto tra le diverse politiche e il pieno rispetto della dignità delle persone.
Tutte queste indicazioni sono “giuridicamente vincolanti”, ma sembrano scomparse dalla discussione pubblica. Si apre così una questione che non è tanto giuridica, quanto politica al più alto grado. Il riduzionismo economico non sta solo mettendo l´Unione europea contro diritti fondamentali delle persone, ma contro se stessa, contro i principi che dovrebbero fondarla e darle un futuro democratico, legittimato dall´adesione dei cittadini. Da qui dovrebbe muovere un nuovo cammino costituzionale. Se l´Europa deve essere “ridemocratizzata”, come sostiene Jurgen Habermas, non basta un ulteriore trasferimento di sovranità finalizzato alla realizzazione di un governo economico comune, perché un´Unione europea dimezzata, svuotata di diritti, inevitabilmente assumerebbe la forma di una “democrazia senza popolo”. Da qui dovrebbero ripartire la discussione pubblica, e una diversa elaborazione delle politiche europee.
Conosciamo le difficoltà. L´emergenza economica vuole chiudere ogni varco. Dalla Corte di Giustizia non sempre vengono segnali rassicuranti. Lo stesso Parlamento europeo ha mostrato inadeguatezze sul terreno dei diritti, come dimostrano le tardive e modeste reazioni alla deriva autoritaria dell´Ungheria. Ma l´esito delle elezioni francesi, e non solo, ci dice che un´altra stagione politica può aprirsi, nella quale proprio la lotta per i diritti torna ad essere fondamentale. Di essa oggi abbiamo massimamente bisogno, perché da qui passa l´azione dei cittadini, protagonisti indispensabili di un possibile tempo nuovo”.

“LA NUOVA STAGIONE DEI DIRITTI” di STEFANO RODOTÀ da La Repubblica del 12 maggio 2012

Governo Monti o Italia: chi cadrà per primo? (pssst…i governi tecnici hanno le gambe corte, come le bugie)

a cura di Stefano Fait

“Sono volato in Asia per chiedervi di rilassarvi un po’ circa la crisi dell’Eurozona che è superata, anche grazie al più solido sentiero imboccato dall’Italia”.

Mario Monti, 2 aprile 2012

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=188613&sez=HOME_ECONOMIA

“Il pessimismo che regna tra i grandi produttori manifatturieri giapponesi è rimasto ai massimi livelli, stando ai dati del sondaggio trimestrale “tankan” effettuato dalla Banca del Giappone, che sottolinea le persistenti preoccupazioni circa l’apprezzamento dello yen ed il rischio legato all’indebitamento europeo”.

http://www.japantimes.co.jp/text/nb20120403a1.html

“Il peggioramento italiano sul fronte occupazione trova conferma anche nel trend europeo. Per l’Eurostat, infatti, i disoccupati nell’area Euro hanno raggiunto nel febbraio scorso la cifra record di 17 milioni di unità (+162mila su mese precedente), pari al 10, 8% (10,7% a gennaio)”.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-04-02/disoccupazione-febbraio-istat-giovani-111106.shtml?uuid=Ab00HoHF

 “L’indice manifatturiero Pmi dell’Eurozona è sceso a marzo a 47,7 da 49 di febbraio, in base alla lettura finale di Markit Economics. Il risultato conferma la stima preliminare e segnala una contrazione dell’attività per l’ottavo mese di fila. Quota 50 è la soglia di demarcazione tra espansione e contrazione dell’attività economica”.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2012/04/02/visualizza_new.html_160445975.html

“La Germania ha sorpreso perché il suo Pmi è sceso per la prima volta nel 2012, e bruscamente, al di sotto di quota 50, portandosi a 48,4 da 50,3; mentre l’indice francese, ai minimi da 33 mesi, scendeva intanto a 46,7 da 49,9…Eurolandia e diversi suoi Stati membri devono affrontare venti contrari, in una situazione di difficoltà (e di austerità) fiscali che non aiuta certo a frenare la caduta della domanda interna, e soprattutto quella degli investimenti”.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-04-03/eurozona-industria-prospettive-incerte-064027.shtml?uuid=AbBfFDIF

“La stretta creditizia, i ritardi nei pagamenti e il forte calo della domanda interna sono le principali cause che hanno costretto molti piccoli imprenditori [11.615 nel 2011] a portare i libri in Tribunale. Purtroppo, questo dramma non è stato vissuto solo da questi datori di lavoro, ma anche dai loro dipendenti che, secondo una nostra prima stima, in almeno 50.000 hanno perso il posto di lavoro”.

CGIA Mestre, 31 marzo 2012

http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=82321175

“Tariffe e tasse? Aumenti rozzi, ma meglio che finire come la Grecia”

Mario Monti, 1 aprile 2012

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-04-01/monti-tariffe-tasse-aumenti-081003.shtml?uuid=AbJZvKHF

“Oggi, secondo me, stiamo assistendo – non è un paradosso – al grande successo dell’Euro. E qual è la manifestazione concreta del grande successo dell’Euro? La Grecia”.

Mario Monti, 26 settembre 2011, trasmissione “L’Infedele”

“Rigore difficile da sopportare ma poi genera la ripresa economica”. Il presidente del Consiglio dopo l’incontro con il premier irlandese cita Dublino come esempio dei risultati che possono essere ottenuti con il consolidamento di bilancio e le riforme strutturali.

Mario Monti, 24 febbraio 2012

http://www.repubblica.it/politica/2012/02/24/news/monti_rigore_difficile_da_sopportare_ma_genera_la_ripresa-30426430/

“L’economia irlandese inaspettatamente si è contratta nel quarto trimestre, spingendo il paese in recessione, guidata da un calo delle esportazioni e della spesa pubblica. […]. Il ministro delle Finanze irlandese Michael Noonan ha detto la settimana scorsa che si aspetta di tagliare le previsioni di crescita per quest’anno, poiché le esportazioni rallentano e la spesa dei consumatori continua a contrarsi. L’Irlanda sta lottando per rilanciare la sua economia nazionale ma le misure di austerità pesano sulla domanda delle famiglie e la disoccupazione rimane sopra il 14 per cento”

http://www.businessweek.com/news/2012-03-22/irish-gdp-unexpectedly-declined-in-fourth-quarter-on-exports

“Le lezioni derivanti dalla repubblica di Weimar in Germania tra il 1919 e il 1933 non dovrebbero essere dimenticate. Già nel 1924 la stabilizzazione della moneta tedesca, dopo l’iperinflazione, era stata conseguita. Le cause immediate della fine della democrazia e dell’avvento del nazismo in Germania non sono derivate dalle incertezze sulla moneta, ma dalle politiche economiche di tagli drastici alle spese pubbliche e sociali, proprio negli anni della Grande Depressione, volute e realizzate dal Cancelliere Heinrich Brüning nel 1930-32, che hanno creato disoccupazione superiore al 30% e profondo malcontento nei lavoratori e nelle classi medie in Germania”

Rainer Masera, Repubblica – Affari e Finanza, 5 marzo 2012

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/03/05/cosi-europa-puo-evitare-la-tempesta-perfetta.html

“Intensificare le politiche di austerità in un contesto come quello attuale, in cui prevale il capitalismo finanziario, non abbasserà il rapporto debito/Pil, ma minerà soltanto la crescita economica. Le conseguenze del patto di bilancio saranno pertanto depressive”.

Stephan Schulmeister, “Quel patto che porta in Grecia”, Repubblica, 29 marzo 2012

http://temi.repubblica.it/micromega-online/quel-patto-che-porta-in-grecia/

 “Si è cominciato con atteggiamenti sprezzanti nei confronti dei giovani anche da parte del presidente del consiglio. Sfigati? Ma come si permettono? Vuol dire che non conoscono la realtà drammatica che vivono i giovani che spesso restano precari fino a che giovani non sono più. Poi la situazione è andata peggiorando. Fino a mercoledì. “Noi abbiamo il consenso, i partiti no”, ha detto Monti. Una frase e un atteggiamento che mi ha ricordato Craxi. E che denota una certa dose di populismo”.

Stefano Rodotà, “Monti non perda la sua sobrietà”, Trentino, venerdì 30 marzo 2012

“Ed è un capolavoro che raggiunge il suo apice nel passaggio sugli italiani, più maturi di quanto tutti si aspettassero. Bontà sua, professore. Sembra davvero trattarci alla stregua di quegli alunni un po’ indisciplinati che alla fine la fanno esclamare: “apperò, non siete mica così bestie come mi avevano detto”. Se ci consente, illustre presidente del Consiglio, accetti un nostro  suggerimento: non c’è cosa che manda più in bestia le persone dell’essere trattati dall’alto in basso, dell’essere considerati ingenuotti, sempliciotti, che si bevono tutto”.

Massimiliano Gallo, Linkiesta, 30 marzo 2012

http://www.linkiesta.it/lettera-monti-corriere#ixzz1qgwPMoAV

“Mario Seminerio, in questo breve post su Phastidio.net, commenta le Economic Surveys sull’Unione Europea presentata dall’Ocse. Dopo aver analizzato le raccomandazioni del documento, conclude con un desolato: “…L’unica spiegazione possibile è che l’Europa e la gestione della sua economia sono finiti in mano ad un gruppo di squilibrati”. Seminerio non è un sovversivo. È un bocconiano, economista, di posizioni mi pare moderate, più liberista che keynesiano. La sua voce si aggiunge al coro sempre più imponente degli economisti di entrambe le sponde atlantiche che contestano la politica economica Europea ritenuta ostinatamente demenziale. Il problema è che questo “gruppo di squilibrati” non è mai stato regolarmente eletto. Si tratta di tecnocrati auto-referenziali (o etero-referenziali, se li si considera come espressione di gruppi di potere), e in quanto tali non è possibile liberarcene con i normali metodi democratici. Non ci sono prossime elezioni grazie alle quali potremo cacciarli: sono lì per grazia divina, e in virtù di un potere che non abbiamo mai conferito loro continueranno a imporci sacrifici sempre maggiori con ricette sempre più recessive (cfr Grecia, Portogallo a breve). A questo punto, fra chi pensa come unica spiegazione possibile che siano un gruppo di squilibrati, e chi ha il sospetto che in realtà sia gente che opera lucidamente per un fine inconfessato, mi chiedo: chi è che sta peccando di ingenuità?”

Mauro Poggi, 27 marzo 2012

http://mauropoggi.wordpress.com/2012/03/27/gli-squilibrati-e-la-democrazia/

 “Questa sorta di nuovo populismo tecnocratico, incarnato dal montismo in versione elitaria, si invera nel richiamo alla maturità degli italiani…Ora, la contrapposizione partiti da una parte, governo dei tecnici e cittadini dall’altra, può piacere a molti italiani, spesso sedotti dalla tentazione a fare a meno della politica, e qualche volta anche della democrazia, ma non è una rappresentazione del tutto realistica. La stessa popolarità del governo è destinata a scendere quando saranno pienamente “percepibili” le misure adottate per evitare il baratro. Lo si vede in questi giorni con buste-paga pesantemente toccate dall’aumento delle addizionali Irpef locali; lo si vedrà con l’arrivo dell’Imu. E quando, e se, salirà l’Iva. Lo si intuisce già dalle diffuse reazioni, non certo della sola Fiom, sull’articolo 18. Vicenda nella quale l’ideologia dei tecnici ha dispiegato tutta la sua, voluta, potenza pedagogica. L’articolo 18 è essenzialmente un trofeo da consegnare a mercati, Bce e Unione Europea a guida tedesca. Visti gli esigui numeri in materia di giusta causa, è chiaro che la norma poco ha a che fare con l’appetibilità italiana per gli investimenti stranieri. Ostacolati, semmai, da una giustizia civile comatosa, dallo strapotere della criminalità organizzata in alcune aree del paese, dalle lentezze della burocrazia, dalla corruzione che altera le regole del gioco. La partita ha invece a che fare con la fine della concertazione, al massimo sostituibile, secondo Monti, con la consultazione delle parti sociali. Nel merito la visione del Presidente del Consiglio non è lontana da quella di Marchionne. La cosa non sorprende: per biografia Monti è parte dell’establishment finanziario internazionale e per dottrina un liberista, sia pure temperato”.

Renzo Guolo, “Se il populismo diventa tecnocratico”, Trentino, 31 marzo 2012

“Secondo l’ultimo sondaggio trimestrale svolto dalla Reuters tra gli economisti, l’arrivo di Monti non ha migliorato né le aspettative di crescita e nemmeno le attese per la tenuta per i conti pubblici italiani. Al punto che, per quanto riguarda la crescita, dallo zero del precedente sondaggio la previsione sull’andamento del Pil per il 2012 è addirittura precipitata al – 1,2 per cento, mentre il disavanzo è stato stimato al 2,2 per cento del Pil. In linea con il 2,3 per cento precedente. Ma significativamente al di sopra dell’obiettivo del governo che è dell’1,6 per cento. Proprio sulla base di queste previsioni negative nessuno degli interpellati ha ritenuto possibile aspettarsi che Monti possa raggiungere, come promesso, il pareggio di bilancio nel 2013”.

Pierre Carniti, 27 marzo 2012

http://www.nuovi-lavori.it/newsletter/section.asp?sid=17&iid=128&printme=1

“Non è che l’approccio del Governo non abbia nulla a che fare con la crescita. A chi dice all’Esecutivo di non cambiare il mercato del lavoro ma di occuparsi della crescita e della disoccupazione credo che il Governo risponda che un ostacolo allo sviluppo e all’occupazione sia rappresentato proprio da una situazione non soddisfacente, molto farraginosa, del mercato del lavoro”.

Giorgio Napolitano

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-04-03/napolitano-governo-riforma-aiuta-063731.shtml?uuid=Ab9NEDIF

“Il 99% della popolazione, praticamente tutti, si dice preoccupato e due famiglie su dieci sono state colpite dai licenziamenti…la crisi continua a colpire duramente: ormai un quarto delle famiglie (il 25%) rivela di esserne stata direttamente coinvolta, vuoi per la perdita di posto di lavoro o per la messa in cassa integrazione di uno dei propri componenti. Un dato in significativo aumento (+11%) rispetto a novembre 2011”.

http://www.agienergia.it/NewsML.aspx?idd=111216&id=67&ante=0

“L’analisi della crisi mostra chiaramente che il problema principale maturato negli ultimi trent’anni a seguito del contenimento della dinamica salariale e della spesa pubblica è stato l’insufficienza della domanda necessaria ad equilibrare la crescente capacità d’offerta potenziale dei sistemi produttivi. I tentativi di sopperire a questo squilibrio strutturale, alimentando la domanda con le “bolle” finanziarie e immobiliari, ha solo reso il sistema più fragile cosicché, dopo una lunga seria di crisi parziali, si è arrivati a quella globale in atto. In questo contesto, l’azione del governo si concentra su aspetti delle condizioni d’offerta, come la flessibilità in uscita dei lavoratori, che attualmente non hanno rilievo per rilanciare la crescita mentre aggrava le insufficienze dal lato della domanda che sono quelle dirimenti. Ma la riforma Monti-Fornero è controproducente anche rispetto alle problematiche dal lato dell’offerta; infatti non immette maggiori certezze nel sistema produttivo, ma – anzi – ne aumenta l’instabilità la quale è il nemico principale della crescita e della possibilità che essa sia qualitativamente compatibile con le esigenze sociali e ambientali sempre più ineludibili per generare sviluppo economico, sociale e civile nel medio e lungo periodo”.

Felice R. Pizzuti

http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/Niente-di-tecnico-molto-di-tecnocratico-13062

“Con questo spirito tutti noi – io e voi – affrontiamo le nostre comuni difficoltà […] Non siamo stati colpiti dalla piaga delle locuste […] Ciò accade innanzitutto perché chi domina lo scambio di beni materiali ha fallito […] La condotta degli speculatori senza scrupoli è ora di fronte al giudizio dell’opinione pubblica e alla ripulsa dei cuori e della ragione degli uomini. Le uniche regole che conoscono sono quelle di una generazione di egoisti privi di una visione del futuro e quando questa manca il popolo soffre. […] Il nostro obiettivo più importante è quello di far tornare la gente a lavorare […] Lo possiamo realizzare attraverso assunzioni governative dirette, affrontando l’impegno come faremmo con un’emergenza bellica, ma, al contempo, grazie a queste assunzioni, portare a termine progetti di riorganizzare le nostre risorse naturali. […]. In questo sforzo per un rilancio dell’occupazione […] Abbiamo bisogno di una severa azione di controllo su tutte le attività bancarie, creditizie e di investimento, per porre fine alle speculazioni con danaro altrui”.

Franklin Delano Roosevelt, discorso di insediamento, 4 Marzo 1933

Confesso di aver sopravvalutato Mario Monti. A forza di sentirlo chiamare “professore” mi ero inconsciamente convinto che fosse un nemico temibile per chi ama la democrazia, la giustizia sociale e la libertà. Invece sto constatando, giorno dopo giorno, che il sospetto di Aldo Giannuli era fondato: non è davvero troppo lucido. Così, il rispetto che si riserva ad un avversario degno di nota sta lasciando il posto alla pena. Sarà forse l’età, o sarà che non è particolarmente avvezzo ad operare in ambienti in cui esiste dissenso, in cui le sue affermazioni vengono vagliate e contestate, quando non rispondono al vero.

Comunque stiano le cose e qualunque valore abbiano i sondaggi del Corriere della Sera, Monti è spacciato. Ha sfruttato finché ha potuto la spinta dell’anti-berlusconismo, il desiderio del PD e dei suoi elettori di sentirsi nuovamente al governo, l’assenza della sinistra dal Parlamento e dai media, ma ormai vacilla e sembra non essere più capace di farne e dirne una giusta. Passa da una gaffe all’altra, al punto che persino i compiacenti e servili editorialisti del Corsera lo rampognano, peraltro sempre con molto tatto.

È come se, improvvisamente, Monti si fosse accorto che le direttive che gli provengono dall’alto sono inapplicabili, perché lo renderebbero supremamente impopolare, e stesse cercando di tenere il piede in due scarpe, aggravando così la sua crisi di credibilità ed autorevolezza, che i principali media non riescono o non vogliono più dissimulare [sarebbe bello assistere agli scontri all’interno della redazione della Repubblica].

Dubito fortemente che questo governo ce la farà ad arrivare al 2013; non con il disastro socio-economico che sta abbattendosi sull’Italia e che sarà, giustamente, imputato principalmente a Monti & compagnia “bella”. A questo punto, potrebbe sembrare quasi indecente infierire su di lui e sul suo governo, ma la superbia con la quale continua(no) ad ignorare i fatti, i doveri istituzionali, i valori costituzionali e la sovranità popolare esigono che lo/li si colpisca duro finché non avrà(nno) capito che è giunto il momento di passare il cerino a qualcun altro, prima di bruciarsi troppo le dita e finché l’opinione pubblica non si sarà risvegliata dal sortilegio che le fa vedere bello, buono e giusto ciò che è turpe, iniquo e, in una parola, mostruoso.

Vorrei poter dire che mi diverto ad assistere alla caduta di questi “dèi” di terza classe – ed in parte è vero – ma la disperazione di milioni di Italiani, prodotta dalle atroci politiche neoliberiste degli ultimi anni, è reale e tangibile. Resta dunque un retrogusto estremamente amaro e il desiderio che tutto questo abbia fine al più presto e che la gente possa tornare a sperare in un mondo migliore.

Cos’è il Grande Fratello? (La dittatura “morbida”)

 

 

a cura di Stefano Fait

 

 

 

Il re prende nota di tutte le loro intenzioni,

Con mezzi che nemmeno possono immaginare

William Shakespeare, “Enrico V”

Chi sorveglierà i sorveglianti stessi?

Giovenale, “Satire”, VI, 347

Un uomo di vetro in una società trasparente: è questo il nostro futuro? Torna l’antico interrogativo: qual è il prezzo della libertà? E di quale misura di libertà godremo in un ambiente tecnologicamente ridisegnato in forme tali da ridurre diritti fondamentali delle persone? Noi, e usando il plurale parlo di tutti noi cittadini, siamo chiamati a sciogliere una contraddizione tra una trasparenza crescente e l’inconoscibilità o l’incontrollabilità di chi ci rende visibili, rimanendo egli stesso lontano o oscuro. Ma può la democrazia lasciar crescere al suo interno quello che, per dirla con Conrad, può diventare il ‘cuore di un’immensa tenebra’?

Stefano Rodotà, “Relazione annuale dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali”, Roma, 3 maggio 2000.

http://www.treccani.it/enciclopedia/stefano-rodota/

Pensate alle conseguenze di un altro massiccio attacco (terroristico) negli Stati Uniti – magari la detonazione di una bomba radiologica o sporca, oppure di una mini bomba atomica o un attacco chimico in una metropolitana. Uno qualunque di questi eventi provocherebbe morte, devastazione e panico su una scala tale che al confronto l’11 settembre apparirebbe come un timido preludio. Dopo un attacco del genere, una cappa di lutto, melanconia, rabbia e paura resterebbe sospesa sulle nostre vite per una generazione. Questo tipo di attacco è potenzialmente possibile. Le istruzioni per costruire queste armi finali si trovano su internet ed il materiale necessario per costruirle lo si può ottenere pagando il giusto prezzo. Le democrazie hanno bisogno del libero mercato per sopravvivere, ma un libero mercato in tutto e per tutto – uranio arricchito, ricino, antrace – comporterà la morte della democrazia. L’armageddon è diventato un affare privato e se non riusciamo a bloccare questi mercati, la fine del mondo sarà messa in vendita. L’11 settembre con tutto il suo orrore, rimane un attacco convenzionale. Abbiamo le migliori ragioni per avere paura del fuoco, la prossima volta. Una democrazia può consentire ai suoi governanti un errore fatale – che è quel che molti osservatori considerano sia stato l’11 settembre – ma gli Americani non perdoneranno un altro errore. Una serie di attacchi su vasta scala strapperebbe la trama della fiducia che ci lega a chi ci governa e distruggerebbe quella che abbiamo l’uno nell’altro. Una volta che le aree devastate fossero state isolate ed i corpi sepolti, potremmo trovarci, rapidamente, a vivere in uno stato di polizia in costante allerta, con frontiere sigillate, continue identificazioni e campi di detenzione permanente per dissidenti e stranieri. I nostri diritti costituzionali potrebbero sparire dalle nostre corti, la tortura potrebbe ricomparire nei nostri interrogatori. Il peggio è che il governo non dovrebbe imporre una tirannia su una popolazione intimidita. La domanderemmo per la nostra sicurezza.

Michael Ignatieff, New York Times Magazine, il 2 maggio 2004

http://www.treccani.it/enciclopedia/michael-ignatieff/

Il governo inglese sta mettendo a punto un nuovo programma anti terrorismo che prevede l’archiviazione di tutte le telefonate, messaggini sms, email e siti internet visitati dagli utenti. Lo scrive il Telegraph, precisando che operatori telefonici e service provider saranno obbligati a conservare i dati per un periodo di 12 mesi per metterli così a disposizione dei servizi di sicurezza. I contenuti delle chiamate e delle mail non saranno registrati, al contrario dei numeri delle chiamate e gli indirizzi mail dei mittenti e dei destinatari delle mail. Il ministero dell’Interno, secondo il quotidiano, avrebbe già intavolato i negoziati con le internet company negli ultimi due mesi. Il piano potrebbe essere annunciato ufficialmente a maggio”.

http://www.corrierecomunicazioni.it/tlc/13906_londra-il-governo-monitorachiamate-sms-e-email.htm

“Dopo il no di Repubblica Ceca, Bulgaria, Slovenia e Polonia, anche i governi di Germania e Olanda sono orientati a votare contro l’Acta, l’accordo che imporrebbe limitazioni alla libertà della Rete delegando inediti poteri di polizia e di oscuramento ai service provider. La contrarietà di Amsterdam e Berlino è emersa dopo le manifestazioni di protesta che hanno animato le piazze di molte capitali: segno tangibile dell’esistenza di una nuova opinione pubblica internazionale che vuole difendere il Web da ogni tentativo di controllo politico, magari travestito da “accordo commerciale”. Anche in Italia sono in corso proteste contro l’Acta (come quella di Firenze, il 25 febbraio) seppur poco riprese dalla grande stampa. E anche da noi sta crescendo l’attivismo trasversale pro-Internet, talvolta in grado di influenzare i decisori della politica: com’è di recente capitato, ad esempio, per l’infausto “emendamento Fava” approvato in commissione all’unanimità e poi ritirato nell’imbarazzo generale dei partiti, dopo che era esplosa la contestazione on line.

Anche per questo lascia un po’ perplessi il fatto che il governo italiano non abbia preso una posizione pubblica sull’Acta: sarà uno di quei Paesi che al Parlamento europeo, l’11 giugno prossimo, ne proporranno la ratifica oppure no? Non si sa”.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/libero-web-monti-balbetta/2175050/1111

“Irresponsabile, anacronistico, anti-europeo e liberticida: sono questi gli aggettivi che – assieme  a molti altri – possono essere utilizzati per definire l’emendamento alla legge comunitaria 2011, con il quale l’on. Fava (Lega Nord) minaccia di attuare, nel nostro Paese, l’infausto progetto – nome in codice Sopa – che il Congresso degli Stati Uniti d’America è stato costretto ad abbandonare dopo lo sciopero della Rete dichiarato, nei giorni scorsi, dai giganti del Web.

L’emendamento, approvato giovedì scorso dalla Commissione per le politiche comunitarie, stabilisce – tra l’altro – che chiunque possa chiedere a un fornitore di servizi di hosting di rimuovere qualsivoglia contenuto pubblicato online da un utente sulla base del semplice sospetto – non accertato da alcuna Autorità giudiziaria né amministrativa – che violi i propri diritti d’autore e che, qualora il provider non ottemperi alla richiesta, possa essere ritenuto responsabile.

Un’inaccettabile forma di privatizzazione della giustizia: la permanenza o meno di un contenuto nello spazio pubblico telematico non dipenderà più dalla decisione di un Giudice ma da una semplice segnalazione – autonoma ed arbitraria – di un singolo.

E’, probabilmente, la più concreta e attuale minaccia per la libertà di espressione sul web registrata negli ultimi anni nel nostro Paese.

[…]

Il ministro per le politiche europee Enzo Moavero Milanesi, infatti, nel prendere la parola in Commissione, giovedì scorso ha dato parere favorevole al testo del disegno di legge, limitandosi a rilevare che l’emendamento Fava, affrontando “un tema – quello del commercio elettronico – di particolare delicatezza, che incontra sensibilità diverse…, avrebbe meritato di essere affrontato in uno specifico provvedimento”.

Nessun veto, tuttavia, né una parola sulla circostanza che le disposizioni in questione siano oggetto di una richiesta inoltrata dallo stesso Governo italiano a Bruxelles.
Cos’altro aggiungere?

La sensazione è quella che – Governo dei professori o governo del Cavaliere – il Paese rimanga saldamente in mano ad un manipolo di dilettanti allo sbaraglio, prezzolati dai soliti noti delle solite lobby e, soprattutto, totalmente ignoranti e disinteressati a proposito di Internet, futuro e innovazione”

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/22/sopa-italiano-la-legge-che-minaccia-il-web/185580/

Orwell, in 1984, immaginava l’esistenza di una Psicopolizia, capace di intercettare suoni, gesti, pensieri. L’incubo di ognuno era rappresentato dallo psicoreato, il delitto che consisteva nell’aver pensato male del governo del Grande Fratello. (125) Non siamo a questo punto, né mai, si spera, ci arriveremo. Ma è anche vero che molti sistemi di controllo ed intercettazione attualmente esistenti fanno temere per la libertà e la dignità dei cittadini che li subiscono loro malgrado. Molti di questi sistemi sono stati a lungo occultati alla conoscenza dell’opinione pubblica, altri sono stati invece adottati in quasi totale mancanza di rispetto verso le regole più elementari della democrazia. Oggi, con una guerra al terrorismo in atto dal famigerato 11 Settembre 2001, con gli attentati sempre più frequenti, in un clima di paura che aleggia su ogni scelta politica recente, alcuni potranno pensare che siano più che giustificate delle misure di massima sorveglianza. Ma non va dimenticato che alcuni degli apparati di controllo delle comunicazioni più potenti esistono da molto tempo prima dell’11 Settembre: Echelon, Enfopol, il Sistema Informativo Schengen, ed altri sistemi di intercettazione elettronica su scala mondiale, dimostrano che la sorveglianza a scopo di sicurezza ha una lunga storia alle sua spalle.

http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/control/surace/cap1.htm

“Non si può nutrire più alcun dubbio in merito all’esistenza di un sistema di intercettazione delle comunicazioni a livello mondiale, cui cooperano in proporzione gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda nel quadro del patto UKUSA. Che tale sistema o parti dello stesso abbiano avuto, almeno per un certo tempo, il nome in codice “ECHELON” può essere plausibile, alla luce degl’indizi a disposizione e delle numerose dichiarazioni concordanti provenienti da cerchie assai disparate, comprese fonti americane. Ciò che conta è che tale sistema serve non già all’intercettazione di comunicazioni militari, ma all’ascolto di comunicazioni private e commerciali. […]. Nella sessione del 30 marzo 2000 il Consiglio ha messo in chiaro che non intende accettare la creazione o l’esistenza d’un sistema d’intercettazione che non rispetti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e che violi i principi fondamentali del rispetto della dignità umana”.

Gerhard Schmid, Relazione sull’esistenza di un sistema d’intercettazione globale per le comunicazioni private ed economiche (sistema d’intercettazione ECHELON, 2001/2098 (INI), Parlamento Europeo, 11 luglio 2001

Le distopie della letteratura e del cinema, soprattutto quelle che tentano di immaginare un futuro prossimo per le nostre società, sono sempre state caratterizzate da un’atmosfera di oscura premonizione, che si palesa attraverso concetti ben scelti: spesso si tratta delle capacità di sorveglianza di un apparato tecnologico sofisticatissimo, o di un Grande Fratello che osserva chiunque, oppure della manipolazione di soggetti resi acquiescenti attraverso il controllo. Durante gli ultimi anni, però, la realtà in cui è immerso l’uomo contemporaneo occidentale ha subito mutamenti profondi, divenendo sempre più simile alle narrazioni distopiche di tipo orwelliano. E’ inutile negarlo: viviamo in una società sorvegliata, dove la dimensione privata si fa rarefatta e l’uso intrusivo delle nuove tecnologie, attuato da aziende private e governi, ci sta obbligando a condurre una “vita continuamente pubblica”.

[…].

La scena urbana descritta da Ridley Scott in Blade Runner non è più così immaginifica. Si tratta di un vero e proprio digital divide, un sistema di separazione tra coloro che sono in possesso delle informazioni e tutti gli altri. Non riguarda solo le diseguaglianze tra Nord e Sud del mondo, ma anche le interazione interne alle società capitaliste più sviluppate. Si tratta di un digital divide che concerne i differenti livelli di accesso alle informazioni ed ai servizi. […].

Dopo gli attentati dell’11 Settembre 2001, ed i più recenti tragici avvenimenti del Luglio 2005, la sorveglianza generalizzata che trasforma le popolazioni in una massa di sospetti, mette a dura prova ogni discorso in difesa della privacy. La pretesa degli stati è, molto spesso, che si rinunci a diritti fondamentali come la riservatezza e le libertà di circolazione ed opinione, in cambio di una società più sicura. La guerra al terrorismo ha portato ad una crescita esponenziale dei sistemi di sorveglianza, legittimando prassi che ledono gravemente le libertà individuali, a volte in maniera assolutamente sproporzionata rispetto al fine ed ai risultati. Termini come Internet e globalizzazione perdono ogni significato, se quello che ci aspetta è una società in cui ognuno si sente autorizzato a sospettare del proprio vicino, alimentando la crescita di una società sorvegliata, in cui noi stessi siamo i controllori ed i controllati. Non ci si deve abbandonare agli allarmismi, ma nemmeno arrendersi ad una realtà che appare immodificabile. Soprattutto, non bisogna permettere che il diritto a mantenere l’anonimato, essenziale affinché ognuno si senta libero di esprimere il proprio pensiero senza timore di ripercussioni e conseguenze dannose, venga leso in nome di controllo globale e generalizzato, costruito sul pretesto di una società al riparo da attacchi esterni. E’ difficile, infatti, pensare a che tipo di democrazia ci troveremmo a difendere, se lasciassimo che i nostri più elementari diritti venissero elusi in cambio della vana speranza di sentirci più al sicuro.

http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/control/surace/conclus.htm

LA QUESTIONE DELLA VIDEOSORVEGLIANZA

La Guerra al Terrore e la Guerra al Crimine ci hanno trascinati, a strattoni, spinte, strappi e pungoli, verso un collage surreale di autoritarismo messianico e burocratismo invasivo in una società del rischio, satura di timori e paranoia, che ha finito per prendersi talmente sul serio da non essere più in grado di distinguere una minaccia fantomatica da una minaccia reale.

In troppi animi alberga il desiderio che il potere sia collocato nelle mani delle Autorità, in una polarizzazione che sospinge figure sinistre al potere e riduce ad una condizione ovina cittadini che in passato aveva dato miglior prova di sé. Un cittadino democratico non vorrebbe essere comandato o guidato ma, più semplicemente, avrebbe l’aspettativa legittima di essere rappresentato da un suo delegato. La storia insegna che più forti sono stati i leader, più roboanti sono stati i disastri: affidarsi anime e corpo all’Autorità equivale a giocare alla roulette russa.

Parallelamente a questi sviluppi è diventato invalso un uso piuttosto generoso ed arbitrario del pronome noi, che dovrebbe includere tutti, ma classicamente si riferisce ad una conventicola di eletti o ad un ipotetico popolo, coeso ed unitario, eccezion fatta per poche pecore nere. Un noi che, a giudicare dalle tendenze, finirà per criminalizzare certe categorie di cittadini e concittadini prima ancora che possano persino essere sfiorati dall’idea di commettere un reato. Sono criminali in potenza. Questo noi plebiscitario e tirannico è un conveniente pretesto che giustifica ogni decisione imposta alla collettività. Sarebbe opportuna una maggiore umiltà nell’impiego dei pronomi plurali, ma non è una virtù che è saggio attendersi da chi presume di poter condannare il prossimo sulla base di una presunta colpa collettiva (“voi musulmani”, “voi ebrei”, “voi zingari”, “voi comunisti”, ecc.), sebbene sia impossibile stabilire che cosa una persona farà in futuro con un ragionevole margine di certezza – persino i chiaroveggenti ammettono che il futuro non è predeterminato – e punire le persone preventivamente distrugge il rispetto per la legge, il che non è nell’interesse di nessuno.

Allora perché le CCTV (telecamere a circuito chiuso) sono endemiche nei quartieri popolari e non in quelli dei ricchi, dove pure si concentrano i furti? Perché bastano le telecamere private o perché i ricchi non vogliono essere sorvegliati? Non abbiamo diritto ad una vita che non sia perennemente sorvegliata anche in pubblico? Ad una telecamera non posso chiedere perché mi stia monitorando, ad un poliziotto sì. Nel caso delle CCTV l’osservatore non è visibile, essendo remoto e spesso dissimulato. Si chiama sorveglianza asimmetrica: una parte reclama per se stessa il diritto di esercitare il controllo sullo spazio pubblico senza essere presente, senza essere in una condizione “da pari a pari”.

È anche uno spreco di denaro pubblico. Nel Regno Unito si stima un costo di circa 3000 sterline all’anno per ogni telecamera. I risultati sono magri e si sottraggono preziosi fondi che potrebbero essere destinati all’effettivo miglioramento delle condizioni di vita (Welsh and Farrington, 2002; Gill and Spriggs, 2005; Groombridge, 2008). Le telecamere rendono alcune persone insicure ed insinuano in altre una sensazione di falsa sicurezza. Più grave è la possibilità, più che plausibile, che instillino nella gente il senso che l’autorità sia onnipresente, addestrandola a credere che sia giusto, opportuno ed inevitabile e che lo spazio pubblico non appartenga a loro ma al potere centrale. La presenza di CCTV mortifica inoltre la dignità che dovrebbe essere accordata ad ogni cittadino onesto (presunzione di innocenza), ricorda ai cittadini in ogni momento che il prossimo potrebbe non essere degno di fiducia ed infine espone la popolazione al rischio che in futuro possa essere impiegato da un regime malevolo (o falsamente benevolo) per accanirsi su certe categorie di cittadini classificati come dissidenti o eterodossi. Basta che ciò avvenga una volta sola. Una sola volta è già di troppo.

Non è difficile immaginare che le valutazioni negative delle forze di polizia sull’efficacia delle CCTV possano anche dipendere dalla prospettiva di diventare superflui, come certi operai sostituiti dalle macchine. Senza dubbio le telecamere costano infinitamente meno degli agenti, come i droni (aerei spia teleguidati) costano infinitamente meno dei piloti. Ma il cittadino, in una democrazia, può conversare con il poliziotto, che è un cittadino come lui, al suo servizio, non una macchina. Con una telecamera il rapporto diventa asimmetrico ed univoco.

In un recente esperimento (Williams/Ahmed, 2009) dei ricercatori hanno fermato per strada 120 passanti scelti a caso, mostrando loro l’immagine di un ambiente urbano che include uno skinhead, una donna ben vestita, o nessuna persona e la presenza o meno di una vistosa telecamera di sorveglianza. I risultati mostrano che l’immagine con skinhead e telecamera accresce la preoccupazione ed ansia dei passanti, che descrivono la situazione dell’ordine pubblico come più seria rispetto a quelli che vedevano le altre foto in cui la CCTV era assente, compresa quella con lo skinhead. La combinazione di telecamera e skinhead si è dimostrata una miscela esplosiva per le ansie represse, perché attiva tutti gli stereotipi latenti riguardanti quel tipo di persona (un balordo sfaccendato). È ragionevole pensare che se l’immagine avesse raffigurato un poliziotto e non una CCTV la reazione sarebbe stata ben diversa, perché la sua inattiva ma visibilmente partecipe presenza avrebbe neutralizzato il potenziale di minaccia rappresentato dallo skinhead (“se il poliziotto non lo ferma significa che non è un pericolo”).

Il problema è che un crescente numero di cittadini è incline a presumere che ci siano valide ragioni per ogni ulteriore dispiegamento di tecnologie e misure per la sicurezza. Così quanto maggiore è l’incremento di leggi, droni, chip sottocutanei, telecamere, ecc., tanto più drammatica sarà la percezione di vivere un’esistenza minacciata dal crimine e dal terrorismo. “Altrimenti, perché spenderebbero i soldi in quel modo? Sanno certamente quello che fanno”. Il modo migliore per spaventare la gente è continuare a rassicurarla, ripetere che tutto andrà bene, che sarà al sicuro e che si sta facendo tutto il possibile per proteggerla. Alla moltiplicazione delle rassicurazioni corrisponderà l’impressione che ci sia una minaccia terribile della quale non si è messi al corrente, per non gettarci nel panico.

Un’isteria che è una miscela di mancanza di prospettiva, mancanza di senso delle proporzioni, mancanza di coraggio, ignoranza (del business della videosorveglianza), stoltezza e ignobile interesse a mantenere alta la tensione nella popolazione.

Sarebbe sbagliato associare l’orientamento autoritario e di dominanza sociale unicamente all’elettorato di destra. È un fenomeno trasversale e si nutre di una fiducia assoluta nell’autorità, nel bisogno compulsivo di leggi ed ordini dall’alto e nella tendenza a categorizzare gli altri in gruppi ben definiti invece di vedere il prossimo per quello che è, un altro essere umano come noi. Un criminale sa come camuffarsi e muoversi per evitare lo sguardo di una videocamera mentre il cittadino che passeggia vede occhi elettronici che lo scrutano e non può sfuggire. Difficile che non lo assalga il sospetto di vivere in una società insicura.

Questi sono gli interrogativi che cittadini e amministrazione pubblica dovrebbero porsi: quanti casi sono stati risolti dalle telecamere e quanti da un normale lavoro di investigazione? Quanto costano le telecamere? Quali sono i risultati di una valutazione costi-benefici dell’installazione di telecamere per l’ordine pubblico? Quali sono i costi sociali di piazzare telecamere ovunque, allarmando la popolazione, che così si sente insicura e circondata da delinquenti? Si è mai visto un paese eliminare le telecamere in caso di diminuzione della criminalità (che è comunque costante)? Chi controlla i sorveglianti? Chi controlla la circolazione delle immagini registrate?

L’Italia non è certo un paese noto per la meticolosità con la quale si rispetta la privacy dei cittadini e per il rispetto delle norme di gestione dei dati personali.

Si sostiene che i criminali hanno tutto da temere, gli innocenti nulla. Ma naturalmente tutto questo dipende dalla solidità del sistema democratico e dalla stabilità della nozione di crimine e criminale. Una volta introdotto un certo sistema di monitoraggio è particolarmente arduo toglierlo. C’è e, dato l’investimento iniziale, continuerà ad esserci, anche se i termini del contratto con la società civile sono cambiati. Applicando la stessa logica, un giorno si arriverà ad accettare l’installazione di tracciatori-localizzatori su tutte le nostre automobili e l’inserimento di biochip sottocutanei per essere monitorati in ogni momento, per la nostra sicurezza, tanto “se non hai niente da nascondere non hai nulla da temere” e  “le libertà civili vanno bene, ma ci sono cose più importanti…”

Durante la Seconda Guerra Mondiale il sistema olandese di schedatura di ogni cittadino, percepito come benevolo ed utile dai cittadini, che mai avrebbero immaginato che la loro amministrazione pubblica l’avrebbe potuto impiegare ai loro danni, diventò un’arma micidiale nell’Olanda occupata dai Nazisti, quando solerti burocrati resero possibili rastrellamenti efficienti di oppositori ed ebrei.

Rimane infine l’analisi dell’efficacia, che è comunque accessoria rispetto alla centralità dei diritti fondamentali dei cittadini (compreso quello alla privacy e ad una vita non-sorvegliata). Finora non ci sono prove incontrovertibili che la videosorveglianza serva da deterrente. Il Ministero degli Interni inglese ha riscontrato che in metà dei casi gli esiti sono stati lievemente positivi (max. 4 per cento) e nell’altra metà dei casi sono stati insignificanti o addirittura negativi. Nel 2007 a Londra operavano 10 mila telecamere anti-crimine. La polizia non è riuscita a rilevare una significativa differenza nella cattura di fuorilegge tra aree più o meno video-sorvegliate. Anzi, in quattro aree su cinque tra quelle con una maggiore concentrazione di videocamere si è registrato un minor numero di casi risolti. Nel 2008 un rapporto della polizia inglese ha rivelato che solo il 3 per cento dei crimini sono stati risolti grazie alla videosorveglianza. Analogamente, secondo i dati della polizia metropolitana di Londra, nel 2008 le videocamere hanno fornito un aiuto decisivo solo in un caso su mille.

Io penso che sarebbe più saggio destinare quei soldi alle forze di polizia (poliziotti di quartiere), o ad una migliore illuminazione stradale, opzioni che hanno registrato risultati tangibili e non rappresentano una minaccia per i diritti civili.

Infine, per gli amanti del bello, vale la pena di citare in conclusione anche la questione dell’imbruttimento progressivo delle città, sempre più simili a prigioni a cielo aperto.

LA MARCHIATURA ELETTRONICA DEI CITTADINI

 Il Sistema Elettronico Epidermico (epidermal electronic system – EES) è un adesivo elettronico che si sistema sulla pelle come un tatuaggio provvisorio senza incollarlo, sfruttando la forza di van der Waals:

http://it.wikipedia.org/wiki/Forza_di_van_der_Waals

È stato presentato sulla rivista “Science” di agosto 2011:

http://subitotechs.com/2011/08/15/tatuaggi-elettronici-tracciare-segni-vitali-pazienti-16156/

Non si sente, non si vede (50 micron; 1 millimetro = 1000 micron) e quasi privo di peso: come se uno non lo indossasse. Flessibile e soffice come la pelle, può servire a monitorare cervello, cuore e tessuti muscolari, ma anche a comunicare ed interfacciarsi con le macchine e registra con il 90% di accuratezza i comandi vocali di chi parla, se posto sulla gola. Si alimenta autonomamente con l’energia solare o ricevendo impulsi elettromagnetici. Può contenere sensori, LED, transistor, radioricevitori, antenne senza fili (wireless), celle solari, conduttori elettrici:

http://www.breitbart.com/article.php?id=CNG.6e1e2ad90e2d94b12b6258b7e9c5b33d.611&show_article=1

Eccolo, collocato su un polso:

http://www.physorg.com/news/2011-08-smart-skin-electronics-temporary-tattoo.html.

Un lettore commenta: “Potrei mettere la mia carta di credito sul polso”.

Qualcuno ha naturalmente già evocato il Marchio della Bestia (Apocalisse 13: 16-17):

E faceva sì che a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e servi, fosse posto un marchio sulla mano destra o sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere se non chi avesse il marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome”.

In Messico migliaia di persone, terrorizzate dal caos causato dalla guerra tra narcotrafficanti e forze dell’ordine, hanno richiesto di farsi impiantare dei chip di localizzazione:

http://www.washingtonpost.com/world/americas/scared-mexicans-try-under-the-skin-tracking-devices/2011/08/14/gIQAtReNUJ_story.html?wprss=rss_world

Si inizia così, e poi…

COME SI SCIVOLA IN UNA TIRANNIA

In un futuro non troppo lontano alcune nazioni cominceranno a richiedere ai propri cittadini di farsi impiantare dei dispositivi di localizzazione miniaturizzati, come quelli già disponibili per gli animali domestici. Sebbene sia arduo crederlo, la popolazione ottempererà a tale richiesta, in parte entusiasticamente, in parte di malavoglia. Ma alla fine tutti si atterranno alle nuove disposizioni, anche perché chi non lo farà non potrà esistere in società.

Ecco le ragioni che saranno addotte dalle autorità. Ce ne sarà per tutti:

– lo Stato è prossimo alla bancarotta, anche gli altri stati non sono messi meglio. Serve un nuovo sistema monetario in cui tutte le transazioni siano controllate da un’istituzione finanziaria centrale. I contanti saranno aboliti. N.B. Già se ne discute:

http://www.informarexresistere.fr/2011/12/16/labolizione-dei-contanti/#axzz1nNrT1Utx

– ci saranno sforbiciate alle tassazioni di chi adempie. Chi disobbedisce pagherà più tasse;

– i servizi sanitari saranno garantiti solo a chi adempie: in questo modo si ridurranno i casi di malasanità;

– il crimine ed il terrorismo svaniranno, dato che le forze dell’ordine potranno rintracciare tutti in ogni momento;

– i soccorritori sapranno immediatamente dove intervenire, i bambini saranno ritrovati in men che non si dica;

– non si faranno più file negli aeroporti;

– i passaporti saranno aboliti;

– casse self-service in ogni negozio, nessuna fila perché ognuno pagherà con il suo impianto identificativo che fungerà anche da carta di credito (es. film “in time”);

– nessun rischio di frode: nessuno potrà clonare una carta di credito o sottrarre un documento di identificazione;

– i diritti civili saranno garantiti;

– saremo tutti una grande famiglia;

– i generi di prima necessità costeranno di meno, risparmi per tutti, debito pubblico sotto controllo;

– evasione fiscale eliminata, non ci saranno più furbi: ogni transazione sarà registrata;

– dite addio ai commercialisti: saranno inutili;

– l’impianto è semplice, rapido ed indolore. Non vi accorgerete neppure che c’è;

– la Chiesa non è contraria;

– non ci saranno più disservizi, tutto funzionerà meglio;

– chi è onesto non ha nulla da temere;

– se il sistema non funziona lo abbandoneremo e tutto tornerà come prima;

– è un vostro dovere di cittadini fare quanto è necessario per aiutare gli altri e la nazione: siamo tutti nella stessa barca.

Citazioni per un Mondo Nuovo (1)


a cura di Stefano Fait, direttore di FuturAbles

“Chi sei? Donde sei? Della Terra sono figlio e del Cielo stellato”
Frammento orfico

“Da noi, niente va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi”
Italo Calvino, “Il Sentiero dei Nidi di Ragno”

“Dietro il milite delle Brigate nere più onesto, più in buona fede, più idealista, c’ erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l’Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c’ era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, perché di queste non ce ne sono. Non ce ne importa nulla che i bravi “ragazzi di Salò” non sapessero cosa difendevano, insieme con l’onore della patria. Capita, talvolta, nella storia di trovarsi dalla parte sbagliata”.
Alberto Asor Rosa

“Nessun rischio calcolato, all’insaputa delle vittime o delle cavie, giustifica l’esistenza di un potere che tutela dall’alto, che detiene e nasconde informazioni che riguardano la collettività. Un popolo adulto non può dare a nessun tutore una delega in bianco su questo. L’esercizio del potere di controllo dal basso è faticoso e poco gratificante, ma non è barattabile”
Marco Paolini

“Se la “rivoluzione dell’eguaglianza” era stato il connotato della modernità, la “rivoluzione della dignità” segna un tempo nuovo, è figlia del Novecento tragico, apre l’era della “costituzionalizzazione” della persona e dei nuovi rapporti che la legano all’innovazione scientifica e tecnologica.  “Per vivere  –  ci ha ricordato Primo Levi  –  occorre un’identità, ossia una dignità”. Solo da qui, dalla radice dell’umanità, può riprendere il cammino dei diritti. E proprio la forza unificante della dignità ci allontana da una costruzione dell’identità oppositiva, escludente, violenta, che ha giustamente spinto Francesco Remotti a scrivere contro quell'”ossessione identitaria” che non solo nel nostro paese sta avvelenando la convivenza civile. La dignità sociale, quella di cui ci parla l’articolo 3 della Costituzione, è invece costruzione di legami sociali, è anche la dignità dell’altro, dunque qualcosa che unifica e non divide, e che così produce rispetto e eguaglianza. Le manifestazioni di questi tempi, e quella di domenica con evidenza particolare, rivendicano il diritto a “un’esistenza libera e dignitosa”. Sono le parole che leggiamo nell’articolo 36 della Costituzione che descrivono una condizione umana e sottolineano il nesso che lega inscindibilmente libertà e dignità. Più avanti, quando l’articolo 41 esclude che l’iniziativa economica privata possa svolgersi in contrasto con sicurezza, libertà e dignità umana, di nuovo questi due principi appaiono inscindibili, e si può comprendere, allora, quale lacerazione provocherebbe nel tessuto costituzionale la minacciata riforma di quell’articolo, un vero “sbrego”, come amava definire le sue idee di riforma costituzionale la franchezza cinica di Gianfranco Miglio. Intorno alla dignità, dunque, si delinea un nuovo rapporto tra principi, che vede la dignità dialogare con inedita efficacia con libertà e eguaglianza. Questa, peraltro, è la via segnata dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Qui, dopo aver sottolineato nel Preambolo che l’Unione “pone la persona al centro della sua azione”, la Carta si apre con una affermazione inequivocabile: “La dignità umana è inviolabile”.
Stefano Rodotà, “La bandiera della dignità”, Repubblica, 15 febbraio 2011

“Tre cose differenziano il vivere con l’anima di contro al vivere solamente con l’Io: la capacità di sentire e apprendere modi nuovi, la tenacia per percorrere una strada impervia, la pazienza di apprendere nel tempo l’amore profondo. L’Io, tuttavia, ha la tendenza naturale e la propensione a evitare l’apprendimento. La pazienza non è una sua dote”.
Clarissa Pinkola Estés, “Donne che corrono coi lupi”

“Conoscere sé stessi è studiarsi mentre si agisce con l’altro”
Bruce Lee

“L’attenzione estrema è ciò che costituisce nell’uomo la facoltà creatrice e non vi è attenzione estrema se non religiosa. La quantità di genio creatore in un’epoca è rigorosamente proporzionale alla quantità di attenzione estrema, dunque di religione autentica, in quell’epoca”.
Simone Weil, “Dell’attenzione”

“Una vita senza esame è indegna di essere vissuta”
Socrate, Apologia.

“Il Regno è invece dentro di voi e fuori di voi. Quando vi conoscerete, allora sarete conosciuti e saprete che voi siete i figli del Padre che vive. Ma se non vi conoscerete, allora dimorerete nella povertà, e sarete la povertà”
Vangelo di Tommaso, 3

“Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. Perché dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore”.
Matteo 6, 19-21

“E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?”
Luca 12, 57

“La vostra preoccupazione per ciò che gli altri pensano di voi scompare una volta che capite quanto di rado pensano a voi”.
David Foster Wallace, “Infinite Jest”

“Non è una misura di buona salute l’essere ben adattato ad una società profondamente malata”.
Jiddu Krishnamurti

“La società di oggi non accetta facilmente la mia esistenza…Se mi guardo attorno, non c’è un luogo dove mi senta accettato. Non c’è qualcuno con cui poter parlare della domanda filosofica più importante: ‘Perché viviamo?’. Le menti dei miei compagni di scuola sono troppo impegnate a preparare i test d’ingresso alle scuole superiori e non si possono permettere di parlare delle apprensioni del cuore. Nell’educazione contemporanea si pone l’accento sul come realizzare l’obiettivo di passare il test d’ingresso piuttosto che discutere di questioni relative alla dignità umana. Non si capisce quanto importante sia pensare e parlare dei problemi della vita”.
Studente giapponese

“Gli oppressori non sentono il loro avere di più come privilegio che disumanizza gli altri e loro stessi”.
Paulo Freire

“Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”.
Alessandro Manzoni

“Quasi nessuno a Thalburg afferrò in quei giorni quel che stava accadendo; mancò la comprensione vera di quello a cui la città sarebbe andata incontro quando Hitler avesse conquistato il potere; mancò la capacità di capire realmente quel che fosse il nazismo”
W.S. Allen, “Come si diventa nazisti”

“Dall’inizio della rivoluzione industriale ha preso piede, e continua ad essere perpetrato, il sacrificio della coscienza di sé, degli altri e della realtà che ci circonda. Coscienza senza la quale nulla differenzierebbe la società umana da un’immensa colonia di laboriosi castori”.
Roberto Castaldi, Il fascino del potere, 1999, p. 79

“Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo”.
Matteo 22, 30

“Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”.
Paolo, Lettera ai Galati 3, 28

«Nous ne voyons pas les choses comme elles sont, mais comme nous sommes ».
“Non vediamo le cose come sono, ma come siamo”.
Anais Nin

“È incontestabile che solo chi crede nella verità può dubitare, anzi: dubitarne. Chi crede che le cose umane siano inafferrabili, non dubita affatto, ma sospende necessariamente ogni giudizio…L’astensione dall’affermare di ogni cosa ch’essa sia vera o falsa, buona o cattiva, giusta o ingiusta, bella o brutta significa che tutto è indifferente a questo genere di giudizi. Come forma estrema di scetticismo, è incompatibile con il dubbio. Il dubbio, infatti, al contrario del radicale scetticismo, presuppone l’afferrabilità delle cose umane, ma, insieme, l’insicurezza del carattere necessariamente fallibile o mai completamente perfetto della onoscenza umana, cioè ancora la coscienza che la profondità delle cose, pur se sondabile, è però inesauribile. Onde, di ogni nostra conoscenza deve dirsi ch’essa è non fallace o impossibile, ma sempre, necessariamente, superficiale. […]. Così, l’etica del dubbio non è contro la verità, ma contro la verità dogmatica, che è quella che vuole fissare le cose una volta per tutte e impedire o squalificare quella cruciale domanda: “sarà davvero vero?”. […] Essere per l’etica del dubbio non significa dunque affatto sottrarsi al richiamo del vero, del giusto, del buono e del bello, ma, propriamente, cercare di rispondere alla chiamata, in liberà e responsabilità verso sé e verso gli altri”.
Gustavo Zagrebelsky, “Contro l’etica della verità”

“Ciò che mi ha sempre colpito degli occidentali è il loro ardente desiderio di imparare. Ogni volta che presenzio a una conferenza sul buddismo, per esempio, tirate subito fuori carta e penna per prendere appunti, oppure il registratore portatile, mentre ho notato che tra i tibetani, i cinesi o gli indiani, anche se mi guardano con estrema devozione, nessuno tira fuori la penna; stanno lì, tranquilli, come se sapessero già tutto. La stessa cosa vale per i mongoli: credono che più si spingeranno in mezzo alla folla, più la benedizione sarà forte – apparentemente anche dei tibetani la pensano così! Ho sempre ammirato l’atteggiamento autenticamente scientifico nella ricerca, in cui l’imparzialità, l’apertura mentale e anche lo scetticismo hanno un ruolo importante”.
Dalai Lama, “Oltre i dogmi”.

“Le astrazioni monetarie, la prospettiva spaziale e il tempo meccanico formarono la cornice che racchiudeva la nuova vita. L’esperienza fu progressivamente ridotta proprio a quegli elementi che avevano in sèè la possibilità di essere divisi dall’insieme e misurati separatamente: computi convenzionali preseo il posto di organismi. […] uomini e donne, corporazioni e città, nella loro realtà concreta erano considerati dalle leggi e dai governi quasi fossero creature immaginarie; mentre artificiose finzioni pragmatiche quali il Diritto Divino, il Governo Assoluto, lo Stato, la Sovranità erano considerati realtà concrete”.
Lewis Mumford, “La cultura delle città”

“Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; 3 chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri. Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio”.
Lettera di Giacomo (I secolo)

“I bambini non hanno colore, basta guardarli quando sono tra di loro, non sanno cosa sia la differenza e allora vuol dire che la differenza non c’è”.
Gianangelo Bof, 35 anni, sindaco leghista di Tarzo in provincia di Treviso.

“Non possiamo identificarci con le nostre idee. Le idee hanno importanza, ma una importanza relativa. Chi non sa superare la dicotomia tra l’essere e il pensare, tra ciò che uno è e ciò che uno pensa, diventa schiavo del proprio pensiero e in ultimo termine perde il senso cristiano dell’esistenza”.
Raimon Panikkar

“A immagine del mare, la filosofia elude e polverizza il solido, il radicato, il pregiudizio, l’imperturbabile, il conformismo e la comodità. […] Moltiplicare i punti di vista ci libera dai pensieri imperialisti, unilaterali, dalle monomanie, da una coscienza esaltata o sentenziosa. è la scuola della modestia, della conoscenza giusta. Dilatandoci, ci semplifichiamo. Il mondo si alleggerisce quando non siamo trincerati in noi stessi. Non essere più inchiodati a se stessi permette paradossalmente di sentirsi vivere. Di affermarsi, di dimenticarsi!”
Cécile Guérard, “Piccola filosofia del mare”

“Men are not prisoners of their fate, but only prisoners of their own mind”.
F.D. Roosevelt.

“Questa è la stessa logica dei survivalisti, coi loro bunker e i loro allenamenti in vista del peggio, e le scatolette di fagioli impilate in cantina. Ibernarsi non significa davvero sopravvivere, perché poi arriva il disgelo e il mondo intorno può essere tutto diverso, e l’atmosfera talmente rarefatta da ucciderti in pochi secondi. Sopravvivere significa migliorarsi, accettare la mutazione. Per questo la lotta per l’identità non è – in ultima analisi – un modo per sopravvivere, ma soltanto un modo per invecchiare più in fretta e avvicinarsi più in fretta al decesso”.
Giovanni Cattabriga, Wu Ming 2.

“A giudicare dalle tendenze culturale ed ideali della nostra epoca, la disumanizzazione procede in due direzioni, verso il naturalismo e verso il tecnicismo. L’uomo è soggetto a forze cosmiche o alla civiltà tecnologica…si dissolve e svanisce nella vita cosmica, oppure nella tecnica onnipotente. Assume l’immagine della natura o della macchina. In entrambi i casi perde la sua e si disperde nei suoi costituenti. L’uomo come essere integrale, come creatura centrata in sé stessa, scompare; cessa di esistere come essere dotato di un centro spirituale, capace di mantenere una sua continuità ed unità intrinseca. Alle sue frazioni e componenti sono offerti non solo il diritto all’autonomia, ma anche la supremazia nella vita”
Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Il pensiero borghese”, 1934.

“Good and ill have not changed since yesteryear; nor are they one thing among Elves and Dwarves and another among Men”.
Aragorn, “Lord of the Rings”

“Bandita la giustizia, che altro sono i regni se non grandi associazioni di delinquenti? Le bande di delinquenti non sono forse dei piccoli regni? Non sono forse un’associazione di uomini comandati da un capo, legati da un patto sociale, e che si dividono il bottino secondo una legge accettata da tutti? Se questa compagnia recluta nuovi malfattori, se occupa un paese, stabilisce proprie sedi, se si impadronisce di città e soggioga popoli, prende il nome di regno; titolo che le viene conferito non perché sia diminuita la sua cupidigia, ma perché a questa si aggiunge l’impunità. Così disse un pirata, fatto prigioniero, con arguzia e verità ad Alessandro Magno. Interrogato da questo sovrano con quale diritto infestasse il mare, egli con audace franchezza rispose: “Per lo stesso diritto con cui tu infesti tutta la terra. Perché non ho che una piccola nave, sono chiamato corsaro, e perché tu hai una grande flotta sei chiamato imperatore!”
Agostino, De Civitate Dei, libro IV, cap. 4

“I popoli, più o meno, sono rappresentati dagli Stati che formano; e gli Stati dai governi che li guidano. In questa guerra, il singolo cittadino può verificare con sgomento ciò che già in tempo di pace aveva talora intravisto: e cioè che ho Stato ha interdetto al singolo la pratica dell’illecito, non perché voglia abolirla, ma solo perché intende averne il monopolio.
Dai suoi cittadini, lo Stato pretende il massimo di obbedienza e di spirito di sacrificio, ma “li tratta come dei minorenni”, esagerando nella segretezza ed esercitando nei confronti di ogni comunicazione ed espressione di pensiero una censura tale da rendere tale lo stato d’animo di coloro che ha così represso intellettualmente del tutto privo di difese nei confronti di qualsiasi situazione sfavorevole che possa determinarsi o di una qualunque confusa diceria. Recede da tutti gli accordi e il cittadino deve approvare tutto questo per patriottismo”.
Sigmund Freud, Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, Roma, Editori Riuniti, 1982, pp. 56-57

“Quando lo Stato si prepara ad assassinare, si fa chiamare patria”
Friedrich Dürrenmatt

“A sense of humor always withers in the presence of the messianic delusion, like justice and truth in front of patriotic passion”
H.L. Mencken

“Tutti i nazionalismi hanno il potere di non vedere alcuna rassomiglianza fra due serie simili di fatti. […] Il nazionalista non solo non disapprova le atrocità commesse dalla sua fazione, ma ha la notevole capacità di non sentirne nemmeno parlare. […]. Nel pensiero nazionalista esistono fatti che sono contemporaneamente veri e non veri, conosciuti e non conosciuti. Un fatto conosciuto può essere così insopportabile da essere abitualmente accantonato e non ammesso ad entrare nei processi logici o, altrimenti, può entrare in ogni valutazione senza esser accettato come fatto, perfino nella proprio mente. […]. Ogni nazionalista è perseguitato dalla convinzione che il passato può essere alterato […]. I fatti materiali sono soppressi, le date alterate, le citazioni estrapolate dal loro contesto e alterate in modo da cambiarne il significato. Eventi che si sente non avrebbero mai dovuto accadere non sono menzionati e sono infine negati […]. L’indifferenza alla verità obiettività è incoraggiata isolando una parte del mondo dall’altra, cosa che rende sempre più difficile scoprire cosa stia effettivamente accadendo […]. Per qualcuno che in un qualunque angolo della mente nutra lealtà nazionalistiche od odio, alcuni fatti – sebbene in un certo senso si sappia siano veri – sono inammissibili”.
George Orwell, Notes on Nationalism

“Non siamo riusciti a creare una tradizione intellettuale in cui le persone pensino con la propria testa. Operiamo solo collettivamente. Parliamo al plurale, come Serbi. È spaventoso, specialmente tra i giovani. Ci vorranno anni prima di potersi liberare di questo virus”.
Obrad Savic

“Seguire un sistema di valori così privo di vita provoca una grave perdita del collegamento con l’anima. …la nostra sfida…è di non amalgamarci in nessuna collettività, è di distinguerci d quelli che ci circondano, gettando eventualmente per loro dei ponti dietro di noi..E le collettività che saranno da noi favorite con rapporti saranno quelle che offrono il massimo sostegno alla nostra anima e alla nostra vita creativa”.
Clarissa Pinkola Estés, “Donne che corrono coi lupi”

“Nel circo, gli esseri umani sono rappresentati come liberi dall’abbraccio della morte. Nel circo una persona cammina su un cavo a cinquanta piedi dal suolo…un’altra rimane sospesa in aria per il tallone, qualcuno sostiene dodici persone in una piramide umana, qualcun altro è un proiettile umano. L’artista circense è l’immagine della persona escatologica – emancipata dalla fragilità e dall’inibizione, briosa ed eccitante mentre trascende la morte, ormai né confinata né conforme ai dettami della paura di morire. Il circo perciò ridicolizza la morte e, così facendo, ci mostra che l’unico nemico in vita è la morte, un nemico che dobbiamo fronteggiare tutti, in ogni circostanza, in ogni momento…Il servizio che ci rende – più di quello che ci rendono le chiese, malauguratamente – è quello di illustrare esplicitamente, drammaticamente ed umanamente la morte in seno alla vita. Il circo è una parabola escatologica e una parodia sociale: segnala la possibilità di trascendere il potere della morte, rivelando il mondo così com’è mentre apre al strada al Regno”.
William Stringfellow, “A Simplicity of Faith”

“Conformismo, opportunismo, grettezza e debolezza: ecco dunque, della libertà, i nemici che l’insidiano “liberamente”, dall’interno del carattere degli esseri umani. Il conformista la sacrifica all’apparenza; l’opportunista, alla carriera; il gretto, all’egoismo; il debole, alla sicurezza. La libertà, oggi, più che dal controllo dei corpi e delle azioni, è insidiata da queste ragioni d’omologazione delle anime. Potrebbe perfino sospettarsi che la lunga guerra contro le arbitrarie costrizioni esterne, condotta per mezzo delle costituzioni e dei diritti umani, sia stata alla fine funzionale non alla libertà, ma alla libertà di cedere liberamente la nostra libertà. La libertà ha bisogno che ci liberiamo dei nemici che portiamo dentro di noi. Il conformismo, si combatte con l’amore per la diversità; l’opportunismo, con la legalità e l’uguaglianza; la grettezza, con la cultura; la debolezza, con la sobrietà. Diversità, legalità e uguaglianza, cultura e sobrietà: ecco il necessario nutrimento della libertà”.
Gustavo Zagrebelsky, Repubblica, 16 giugno 2011

“Il valore del viaggio è nella paura. E’ nel fatto che, a un certo momento, così lontani dal nostro paese e dalla nostra lingua (un giornale francese assume un valore inestimabile. E quelle ore serali trascorse al caffé cercando di stabilire un contatto con altri uomini), un vago timore ci coglie, e l’istintivo desiderio di ritrovare il rifugio delle vecchie abitudini. E’ l’apporto più evidente del viaggio. In quel momento siamo febbrili ma porosi. La minima emozione ci scuote sino al fondo dell’essere. L’incontro con una cascata di luce ci mette in presenza dell’eternità. Per questo non bisogna dire che si viaggia per piacere. Non esiste piacere nel viaggiare, ma piuttosto, mi sembra, un’ascesi”.
Albert Camus, “Alle Baleari, l’estate scorsa” –  Taccuini, 1935-1942

“Perché ci sia democrazia basta il consenso della maggioranza. Ma appunto il consenso della maggioranza implica che vi sia una minoranza di dissenzienti. Che cosa facciamo di questi dissenzienti una volta ammesso che il consenso unanime è impossibile e che là dove si dice che vi sia, è un consenso organizzato, manipolato, manovrato e quindi fittizio, è il consenso di chi, per ripetere il famoso detto di Rousseau, è obbligato ad essere libero? Del resto, che valore ha il consenso dove il dissenso è proibito? I dissenzienti li sopprimiamo o li lasciamo sopravvivere? E se li lasciamo sopravvivere, li recintiamo o li lasciamo circolare, li imbavagliamo o li lasciamo parlare, li espelliamo come reprobi o li teniamo fra di noi come liberi cittadini?”.
Norberto Bobbio, “il futuro della democrazia”, Einaudi, Torino 1984

“Ecco i principi cardine della democrazia: la fede in qualcosa, la cura dell’individualità, lo spirito del dialogo, il senso dell’uguaglianza, l’apertura verso la diversità, la diffidenza verso le decisioni irrevocabili, l’atteggiamento sperimentale, la responsabilità di essere maggioranza e minoranza, l’atteggiamento altruistico, la cura delle parole”.
Gustavo Zagrebelsky, “La felicità della democrazia: un dialogo”

“Conosco tutti gli argomenti utilizzati per giustificare le legislazioni dettate dall’emergenza. Cioè quando la difesa dei diritti, e quindi della libertà, per alcuni diventa un lusso superfluo. Io ero in Parlamento negli anni di piombo. E chi difendeva le garanzie era indicato come un fiancheggiatore dei terroristi. In quel momento, e per lungo periodo, in Italia cambiò la percezione della libertà. Di fatto si disse: il fermo di polizia, la perquisizione di abitazioni per blocchi di edifici si possono fare. E nella media la gente fu d’accordo. […]. In simili casi può cominciare un processo di mitridatizzazione: a piccole e progressive dosi, si abbassa la soglia di percezione della tua libertà”.
Stefano Rodotà, “Intervista su privacy e libertà”

“È la possibilità di ricattare moralmente e indicare alla riprovazione dei cittadini chi manifesta disaccordo (non violento) con il governo, ed equiparare eventuali violenze verbali con la violenza armata”.
Umberto Eco, “A passo di gambero. Guerre calde e populismo mediatico”

“Un essere umano è dotato di libero arbitrio. Può usarlo per scegliere tra il bene ed il male. Se può solo fare il bene oppure il male, allora è un’arancia meccanica, nel senso che ha l’apparenza di un organismo di bell’aspetto, colorato e succoso, ma in effetti è solo un giocattolo a molla che può essere caricato da Dio o dal Diavolo o, visto che ormai sta progressivamente rimpiazzando entrambi, dallo stato onnipotente”.
Introduzione di Anthony Burgess all’edizione americana di “Arancia Meccanica” del 1986

“Per umiliare qualcuno si dev’essere in due: colui che umilia, e colui che è umiliato e soprattutto: che si lascia umiliare. Se manca il secondo, e cioè se la parte passiva è immune da ogni umiliazione, questa evapora nell’aria. […] Dappertutto […] cartelli che ci vietano le strade per la campagna. Ma sopra quell’unico pezzo di strada che ci rimane c’è pur sempre il cielo, tutto quanto. Non possono farci niente, non possono veramente farci niente. […] Siamo noi stessi a privarci delle nostre forze migliori col nostro atteggiamento sbagliato: col nostro sentirci perseguitati, umiliati e oppressi, col nostro odio e con la millanteria che maschera la paura […] Siamo soprattutto noi stessi a derubarci da soli”.
Etty Hillesum

“La libertà umana non è una pretesa, ma un dovere. Non è ciò che richiede l’uomo, ma ciò che gli è richiesto. L’uomo deve essere libero. Dio lo esige e se lo aspetta da lui”.
Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Cristianesimo e guerra di classe”, 1931

“In realtà, la libertà è aristocratica, non democratica. Dobbiamo riconoscere, sconfortati, che la libertà è cara solo a chi pensa creativamente. Non è necessaria per chi non dà valore al pensiero. Nelle cosiddette democrazie, che si fondano sul principio della sovranità popolare, una proporzione considerevole della cittadinanza non possiede ancora la consapevolezza di essere libera, di recare con sé la dignità della libertà”.
Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Regno dello Spirito e Regno di Cesare”, 1951

“Ama davvero la libertà solo chi la riafferma per il suo prossimo”.
Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Regno dello Spirito e Regno di Cesare”, 1951

“L’uomo veramente libero non vuole dominare, ma neppure essere dominato”
Khalil Gibran

“Cosa sarebbe l’essere umano senza immaginazione? Un automa, uno strumento. Lo sviluppo dell’immaginazione è accrescimento di vita, mentre la sua limitazione è una riduzione di vita, un impulso di morte”.
Stefano Fait, “Il Trentino”, 3 febbraio 2010

“L’idea della congiunzione degli opposti – la coincidentia oppositorum – che accomuna tanto il pensiero di Jung quanto quello di Eliade alla tradizione orientale e al pensiero mistico – non solo anima una più vasta concezione dell’essere umano in quanto unità psico-soma e unità microcosmo-macrocosmo ma diventa anche uno dei motivi che ritornano con forza all’interno della cultura del Novecento, sia come forza di un archetipo che si impone autonomamente, sia come fascinazione di un’idea che permette di riscoprire e attivare l’archetipo operante in ogni individuo”.
Aldo Carotenuto, “Jung e la cultura del XX secolo”

“È noto che gli uomini che agiscono in seguito a comandi sono capaci delle azioni più orribili. Quando l’autorità che li comandava viene abbattuta e li si costringe a guardare da vicino ciò che hanno fatto, essi non si riconoscono. «Io non ho fatto questo», dicono, e non è affatto vero che siano sempre consapevoli di mentire. Quando poi si portano dinanzi a loro dei testimoni, quando cominciano a vacillare, continuano a dire: «Io non sono così, io non posso averlo fatto». Cercano dentro di sé le tracce di quell’azione e non possono trovarle. È sorprendente: ne sono rimasti intatti. La loro vita successiva è davvero diversa, per nulla improntata dalla azione che commisero. Essi non si sentono colpevoli, non si pentono di nulla. Quell’azione non è entrata in loro. Sono uomini perfettamente capaci, in altre circostanze, di valutare il proprio comportamento. Ciò che fanno di loro iniziativa lascia in cui tracce che non dimenticano. Si vergognerebbero di uccidere una creatura sconosciuta e indifesa che non li ha provocati. Proverebbero disgusto a torturare qualcuno. Non sono migliori ma neppure peggiori degli altri fra cui vivono. Alcuni che quotidianamente li frequentano da vicino sarebbero pronti a giurare che li si accusa ingiustamente. Quando poi avanza la lunga fila dei testimoni, delle vittime, che sanno benissimo di cosa parlano, -quando l’uno dopo l’altro riconoscono il colpevole e gli richiamano alla memoria, in ogni particolare il suo comportamento, allora ogni dubbio diviene assurdo e ci si trova dinanzi a un enigma inesplicabile. Ma per noi non c’è in ogni caso nessun enigma, giacché conosciamo la natura del comando. Per ogni comando che il colpevole ha eseguito, è rimasta in lui una spina. La spina è però estranea così come lo era il comando stesso nell’istante in cui veniva impartito. Per quanto a lungo la spina resti confitta nell’uomo, continua ad essere un corpo estraneo: egli non l’assimila mai. È anche possibile –  come in precedenza abbiamo mostrato – che più spine si adunino insieme, costituendo un complesso mostruoso in chi le porta in sé; ma esse restano sempre nettamente isolate dall’organismo in cui stanno infisse. La spina è un intruso che non può mai acquistare diritto di cittadinanza; è indesiderata: ci si vuol sempre liberare di essa. Essa è ciò che si ha commesso: ha esattamente la forma del comando. La spina continua a vivere come istanza estranea in chi ricevette il comando, e gli toglie ogni senso di colpa. Il colpevole non accusa se stesso ma la spina, l’istanza estranea, il vero colpevole – per così dire –, che egli porta sempre con sé. Quanto più il comando fu estraneo, tanto meno ci si sente colpevoli per averlo eseguito, tanto più esso resta separato – come spina – dal suo esecutore. Il comando è dunque testimone perenne del fatto che non fu quella certa persona il colpevole dell’uno o dell’altro delitto, Chi eseguì il comando considera se stesso la vittima, e perciò generalmente non prova alcun sentimento per la vittima vera e propria. È dunque vero che uomini che abbiano agito in seguito a comandi si considerino perfettamente innocenti. Posti in grado di aprire gli occhi sulla loro condizione, essi possono restare stupefatti constatando in quale misura furono in balìa del comando. Ma anche questo giusto moto dell’animo è senza valore, poiché giunge troppo tardi, quando tutto è ormai finito da tempo. Ciò che è accaduto potrà accadere di nuovo, in essi non si costituisce alcuna difesa contro situazioni che siano identiche a quelle trascorse. Essi restano esposti senza difese al comando, solo molto oscuramente coscienti dei suoi pericoli. Nel caso più esplicito, che per fortuna è raro, essi riconoscono nel comando una fatalità e ripongono il loro orgoglio nel fatto d’esserne stati ciechi strumenti, quasi fosse una peculiarità della condizione umana arrendersi a tale cecità. Da qualunque parte lo si consideri, il comando nella sua forma compatta, compiuta, che oggi gli è propria dopo secoli di storia, è divenuto l’elemento singolo più pericoloso della vita collettiva degli uomini. Bisogna avere il coraggio di opporvisi e di spezzare la sua sovranità. Si devono trovare mezzi e vie per liberare da esso la maggior parte degli uomini. Non gli si può permettere altro che di scalfire la pelle. Le sue spine devono diventare solo più lappole di cui ci si sbarazza con un gesto”.
Elias Canetti, “Masse e potere”

“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Italo Calvino, “Le città invisibili”

“L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non verrà mai meno. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto”.
Lettera ai Corinzi 13: 4-10

“Nella giustizia delle favole come nella psiche profonda, la gentilezza verso ciò che sembra di poco conto viene premiata con il bene, e il rifiuto di fare del bene a chi non è bello viene punito. Lo stesso accade nei grandi sentimenti come l’amore. Quando ci espandiamo per toccare il non-bello, siamo ricompensati. Se lo disprezziamo, siamo separati dalla vita vera e lasciati fuori al freddo. Per alcuni, è più facile pensare pensieri superiori e bellissimi e toccare le cose che positivamente ci trascendono, che toccare, aiutare ed assistere il non-così positivo. Come la storia illustra, è facile cacciare il non-bello e sentirsi falsamente nel giusto”.
Clarissa Pinkola Estés, “Donne che corrono coi lupi”.

“tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt 7,12; Lc 6,31)
“quel che non desideri per te, non farlo neppure ad altri uomini” (Confucio, Dialoghi)
“non fare ad altri ciò che non vuoi che essi facciano a te” (rabbi Hillel, Sabbat)
“Nessuno di voi è un credente, fintanto che non desidera per il proprio fratello quel che desidera per sé” (al-Nawawi, Hadith)
“L’uomo dovrebbe comportarsi con indifferenza verso le cose mondane e trattare tutte le creature del mondo così come vorrebbe essere trattato” (gianismo, Sutrakritanga)
“una condizione, che non è gradita o piacevole per me, non lo deve essere nemmeno per lui; e una condizione che non è gradita o piacevole per me, come posso imporla ad un altro?” (buddismo, Sanyutta Nikaya)
“Non bisognerebbe comportarsi verso altri in un modo che non è gradito a se stessi: questa è l’essenza della morale” (induismo, Mahabharata).

“La carità non risolve la povertà, perché perpetua il rapporto di dipendenza. Nessuno è perfetto e nessuno ha perfettamente ragione. Condividere le esperienze personali è l’unico modo per cambiare le cose. L’interesse personale sarà sempre al centro delle umane azioni, ma può essere indirizzato verso la cooperazione e la condivisione. La radice dei conflitti non è l’egoismo o l’avidità, ma la nostra incapacità di porci nei panni del prossimo. L’altruismo trova applicazione pratica in una molteplicità di piccole cose che poi si espandono per diventare sempre più grandi”.
Lü K’un (1536-1618)

“Posso dirvi questo: il poco che io so non l’ho imparato all’università, ma in compagnia di uomini come voi. La fraternità è la verità sacra dell’uomo. L’uomo mutilato della sua fraternità è un albero senza radici e senza rami, una pianta sterile… Per non morire bisogna ricominciare col riscoprire la fraternità. Amici, io sono venuto per dirvi questo: è necessario, è urgente stare assieme, metterci insieme, creare in questo paese cellule viventi di uomini interi cioè fraterni, difenderci dal contagio della morte”.
Ignazio Silone, “Ed Egli si nascose”

Per prima cosa lasciate che vi suggerisca che se vogliamo avere pace sulla terra, il termine fedeltà per noi deve avere un significato ecumenico, non parrocchiale. La nostra fedeltà deve trascendere la razza, la tribù, la classe sociale, la nostra patria stessa: e questo significa che dobbiamo sviluppare una prospettiva mondiale. Nessun individuo può vivere solo; nessuna nazione può vivere sola; è provato che se qualcuno tenta l’isolamento, questo qualcuno perpetua la guerra. Ecco perché io ho ancora un sogno. Ho il sogno che un giorno gli uomini si rizzeranno in piedi e si renderanno conto che sono stati creati per vivere insieme come fratelli
Martin Luther King, “Discorso della Vigilia di Natale 1967 ad Atlanta”

“Ognuno di noi è irripetibile ed unico, non c’è nessun volto uguale ad un altro, e proprio per questa unicità e singolarità siamo tenuti tutti ad assumerci le nostre responsabilità nei confronti della storia”
Alex Zanotelli

“L’oggetto dell’obbligo, nel campo delle cose umane, è sempre l’essere umano in quanto tale. C’è obbligo verso ogni essere umano, per il solo fatto che è un essere umano, senza che alcun’altra condizione abbia ad intervenire; e persino quando egli stesso non ne riconosce alcuno. Quest’obbligo non si fonda su nessuna situazione di struttura sociale, né sui rapporti di forza, né sull’eredità del passato, né sul supposto orientamento della storia. Perché nessuna situazione di fatto può suscitare un obbligo. Quest’obbligo non si fonda su nessuna convenzione. Perché tutte le convenzioni sono modificabili secondo la volontà dei contraenti, mentre in esso nessun cambiamento nella volontà degli uomini può nulla modificare. Quest’obbligo è eterno. Esso risponde al destino eterno dell’essere umano. Soltanto l’essere umano ha un destino eterno. Le collettività umane non ne hanno. Quindi, rispetto a loro, non esistono obblighi diretti che siano eterni. E’ eterno solo il dovere verso l’essere umano come tale”.
Simone Weil, “Obbedire all’amore nella giustizia”

“Mi sono spesso domandato perché mai gli esseri umani abbiano dei diritti. E sono sempre giunto alla conclusione che i diritti umani, le libertà umane e l’ umana dignità hanno le loro radici profonde da qualche parte al di fuori del mondo percettibile. Questi valori sono tanto potenti perché in determinate circostanze, la gente li accetta senza esservi costretta ed è pronta a morire per essi. Questi valori hanno un senso solo nella prospettiva dell’infinito e dell’eterno”.
Vaclav Havel, “L’idolo infranto dello Stato sovrano”

“Il mondo non si muove sui piccoli viottoli, sui piccoli viottoli si muovono le persone che valorizzano se stesse, però passeggiano da sole”
Oscar Luigi Scalfaro

“Siamo così pochi. Qualche miliardo in tutto. Una manciata! Forse siamo qui per fare esperienza delle persone come una ragione per amare”.
Andrei Tarkovsky

“So we’ll live and pray and sing and tell old tales and laugh at gilded butterflies”
[King Lear, let’s away to prison – Il re Lear si converte finalmente alla saggezza, dopo una vita di vanità ed ossessione per lo status/prestigio. Si rende conto che ora non gli interessa più e che preferisce vivere nell’anonimato con l’unica figlia che lo ama sinceramente, Cordelia – tatuato sulla spalla di Megan Fox].

“Tutti gli uomini hanno il sentimento della pietà e della vergogna (per i propri difetti) e della repulsione (per i difetti altrui), della reverenza e del rispetto, del diritto e del torto. Il sentimento della pietà e della commiserazione è la benevolenza, il sentimento della vergogna e della repulsione è la giustizia, il sentimento della reverenza e del rispetto è il rito, il sentimento del diritto e del torto è la sapienza. La benevolenza, la giustizia, il rito, la sapienza non sono infusi in noi dall’esterno: noi li possediamo sicuramente, (solo che) non ci pensiamo. Perciò si dice: “cercali e li otterrai, trascurali e li perderai”. Gli uomini non sanno esprimere tutte le loro capacità, chi il doppio di altri, chi il quintuplo, chi innumerevoli volte”.
Meng-tzu (Mencio)

“Capite che la vostra coscienza è quella del resto dell’umanità. L’umanità, come voi, affronta ogni genere di difficoltà, dolore, travaglio, ansia, solitudine, depressione, afflizione, piacere – ogni essere umano le affronta, ad ogni latitudine. Perciò la nostra coscienza, il nostro essere, è l’intera umanità. Siamo così riluttanti ad accettare questo semplice fatto, perché siamo abituati all’individualismo – io, per primo”.
Jiddu Krishnamurti

Philip K. Dick ricorda di quando tormentava uno scarafaggio che si era andato a nascondere nel guscio di una lumaca. Quando lo costrinse ad uscire, la credulità fu soppiantata dalla comprensione che la vita era una sola e che tutto dipende dalla gentilezza: “Voleva vivere, proprio come me, e io lo stavo ferendo. Per un istante – fu come per Siddharta, come per quello sciacallo morto – fui quello scarafaggio. Nel momento immediatamente successivo ero diverso. Non fu mai più lo stesso”.

“Ero venuto qui per sparare ai fascisti, ma un uomo che si tiene su i pantaloni non è un fascista, è manifestamente una creatura come me, e uno non si sente di sparargli”.
George Orwell, vedendo un miliziano franchista che fugge con i pantaloni in mano

“Avevo di fronte un uomo. Un uomo! Un uomo! Ne distinguevo gli occhi e i tratti del viso. La luce dell’alba si faceva più chiara ed il sole si annunziava dietro la cima dei monti. Tirare così, a pochi passi, su un uomo…come su un cinghiale! Cominciai a pensare che, forse, non avrei tirato. Pensavo. Condurre all’assalto cento uomini, o mille, contro cento altri o altri mille è una cosa. Prendere un uomo, staccarlo dal resto degli uomini e poi dire: “Ecco, sta’ fermo, io ti sparo, io t’uccido” è un’altra. …Uccidere un uomo, così, è assassinare un uomo”.
Emilio Lussu, quand’era soldato nella Prima Guerra Mondiale

“Fra gli junghiani si chiama “partecipazione mistica”, un termine ripreso dall’antropologo Levy-Bruhl, usato per designare una relazione in cui “una persona non può vedersi come individualità separata dall’oggetto o dalla cosa che contempla”. Tra i freudiani si chiama “identificazione proiettiva”. Fra gli antropologi si chiama “magia simpatetica”. Con tutte queste definizioni s’intende la capacità della mente di allontanarsi per un poco da suo Io e di fondersi con un’altra realtà, cioè con un altro modo di comprendere”.
Clarissa Pinkola Estés, “Donne che corrono coi lupi”.

“Sappi per vero che lo spirito libero, quando permane in un autentico distacco, costringe Dio a venire al suo essere e, se potesse permanere senza forma e senza accidente alcuno, assumerebbe l’essere proprio di Dio”.
Meister Eckhart, “Del distacco”

“Perché i re non hanno pietà per i sudditi? Perché pensano che non saranno mai essere umani. Perché i ricchi sono così severi coi poveri? Perché non hanno paura di diventare poveri. Perché i nobili disprezzano così i contadini? Perché non saranno mai contadini”.
J.J. Rousseau, “Emilio”

La trance catalettica (esperienza mistica) dell’ateo Bertrand Russell, scatenata dalla visione empatica della sofferenza della moglie di Alfred North Whitehead: “Sembrava tagliata fuori da tutto e da tutti da muri di agonia ed improvvisamente fui sopraffatto dal senso di solitudine di ogni anima umana. Da quanto mi ero sposato la mia vita emotiva era stata calma e superficiale. Mi ero scordato di tutte queste questioni più profonde, accontentandomi di frivole arguzie. All’improvviso mi sentii mancare il terreno sotto i piedi e mi trovai altrove…Al termine di quei cinque minuti ero diventato una persona completamente differente. Per un momento, una sorta di illuminazione mistica s’impadronì di me. Sentivo di conoscere i pensieri più intimi di tutte le persone che incontrato per strada ed anche se questo era indubbiamente un’illusione, mi trovai effettivamente a più stretto contatto con tutti i miei amici e molte delle mie conoscenze. Da imperialista, in quei cinque minuti, divenni un sostenitore dei Boeri ed un pacifista. Dopo aver passato lunghi anni interessandomi solo alla precisione ed all’analisi, mi ritrovai inondato di sensazioni semi-mistiche riguardanti la bellezza, con un intenso interesse per i bambini, e con un desiderio quasi altrettanto profondo di quello del Buddha di trovare una quale filosofia che rendesse tollerabile la vita umana. Fui preda di una strana eccitazione  che conteneva in sé un dolore intenso ma anche degli elementi di trionfo per via del fatto che riuscivo a dominare la sofferenza, trasformandola, così credevo, in un cammino di sapienza. Da allora l’intuizione mistica che immaginavo di possedere si è annebbiata e l’abitudine all’analisi si è riaffermata. Ma qualcosa di quel che ho pensato di vedere in quel momento mi è restato dentro, motivando il mio atteggiamento nei confronti della prima guerra mondiale, il mio interesse per i bambini, la mia indifferenza per i piccoli inconvenienti ed un certo tono emotivo in tutte le mie relazioni umane”
Bertrand Russell, “The autobiography of Bertrand Russell”, vol. 1, London: Allen and UNwin, 1967.

“Il mondo intero non è niente se messo a confronto con la personalità umana…con il suo fato esclusivo”.
“L’uomo è personalità non di natura, ma di spirito. Di natura è solo individuo”.
“La dimensione personale dell’uomo è solo ciò che in lui non è in comune con gli altri, ma in ciò che non è condiviso con altri è compreso anche il potenziale dell’universo”.
“L’universo è parte della personalità, è la sua qualità”.
“Il segreto dell’esistenza della personalità risiede nella sua assoluta insostituibilità, il suo aver luogo una sola volta, la sua unicità, il suo essere senza paragoni”.
“Il valore dell’uomo è la sua personalità. Non c’è altro di valore nell’umanità al di fuori della personalità”.
“La personalità come centro esistenziale presuppone la capacità di sentire la sofferenza e la gioia. Nulla, nel mondo degli oggetti, la nazione, lo stato o la società, o istituzioni social o la chiesa, possiede questa capacità”.
“La personalità è comunitaria; presuppone la comunione con altri e la comunità con altri. La profonda contraddizione e difficoltà che affligge la vita umana è dovuta a questa comunitarietà”.
“La liberazione spirituale dell’uomo è la realizzazione della personalità nell’uomo. È il conseguimento dell’interezza ed al tempo stesso è incessante conflitto”.
Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Schiavitù e libertà”, 1939

“Egli è Dio dell’eterno. Tu, invece, con le tue opere compiaciute, sei legato al tempo e al luogo, al fine e all’intenzione, così come il frutto del matrimonio, che, legato al tempo, ha bisogno di nove mesi per maturare. Tu guardi col tuo proprio io al tuo modo di agire, e cerchi e vuoi qualcosa con esso: te stesso e la tua ricompensa. Tu pretendi di cercare Dio; in verità fai di Dio una candela, con la quale cerchi qualcos’altro e, quando lo hai trovato, getti via la candela. Tu abbassi Dio al ruolo di una vacca da latte, che l’uomo custodisce per il proprio profitto, per il latte e per il formaggio.”
Meister Eckhart

“Possedere tutte le cose come se ci fossero imprestate, non donate: senza alcuna proprietà –corpo o anima, sentimento o facoltà, beni esteriori, onori, case e terreni, amici o parenti.”
Meister Eckhart

“Provavo un senso di estraneità, lo stupore e la meraviglia di esserci. Nello stesso tempo, percepivo di essere immerso nel mondo, di farne parte, e che il mondo si estendeva dal più piccolo filo d’erba fino alle stelle. Il mondo mi era presente, intensamente presente. Molto più tardi avrei scoperto che questa presa di coscienza del mio essere immerso nel mondo, questa impressione di appartenenza al Tutto, era ciò che Romani Rolland ha chiamato il “sentimento oceanico…Un sentimento di coappartenenza essenziale tra me stesso e l’universo circostante”
Pierre Hadot

“Perché Gino Strada è triste? […]. Strada ha capito che la sua predicazione pacifista non approderà a nulla. E non perché lui sia un cattivo predicatore, non perché i suoi argomenti non siano persuasivi, non perché le persone di buona volontà non si riconoscano in lui. Ma lui deve aver capito che la brama di potere, la volontà di potenza, lo scontro con gli altri e infine la guerra sono un istinto della nostra specie. Non è un vizio, non un’indole perversa da rieducare: un istinto che convive con quello della generosità e con l’amore per gli altri. L’uomo è un groviglio di due amori: quello per gli altri e quello per se stesso. E se mai ci si chiede quale sia il più forte e il più irruente di questi due istinti amorosi, s’arriva presto a concludere che l’amore per sé è quello dominante. Lo si può contenere, si può fare in modo di arginarne la pericolosità, ma non si riuscirà mai a spegnerlo perché si dovrebbe trasformare l’uomo in un angelo, dotarlo cioè di un’altra natura che estingua la natura umana”.
Eugenio Scalfari, “L’amore per sé e quello per gli altri”, L’Espresso, 22 aprile 2011
Commento di un lettore: “A me sembra che dalla filosofia dei Vangeli, espressa in parabole, risulti chiaramente che non la violenza su sé stessi, controproducente e fonte di nevrosi, bensì solo la conoscenza di sé e dei propri meccanismi profondi, possa portare al superamento dell’egoismo e ad un giusto amore per sé stessi, imprescindibile da quello per gli altri”.

“Se le posizioni sociali sono squilibrate, al punto che da una parte sta la libertà illimitata di concedere o non concedere un beneficio e, dall’altra, la necessità riaccettarlo; se c’è libertà contro necessità; se l’uno può tutto, l’altro niente, si può parlare, in questi casi, di dono? Il dono che si fa con la mano del potere è davvero un dono? Sì, ma solo se rimane in superficie. In realtà si tratta dell’esercizio d’una supremazia che approfitta d’una condizione di bisogno per manifestarsi. Quel “dono”, al quale non si ha diritto ma che è frutto d’una concessione graziosa e, pertanto, può essere in ogni momento revocato, sta nell’essenza d’un rapporto servile. È violenza che si esercita tramite mezzi non maligni, ma benigni. Anche con i doni si può far del male. È sfruttamento di uno stato di necessità in cui altri versano; cioè è violenza di natura morale: una violenza da cui ci si aspetta un tornaconto la cui materia è il sentimento di obbligazione verso il donante. Non è vera gratitudine, perché la gratitudine dettata dalla necessità è finta, malata. Se poi il “dono” è reso pubblico, pubblicizzato, diventa violenza usata a fini pubblicitari”.
Gustavo Zagrebelsky, “Sulla lingua del tempo presente”

“La generosità dell’amore consiste nel dono all’altro della sua libertà, nel riconoscimento del suo bisogno (che è costitutivo di ogni essere umano) di espandersi, di crescere, di trascendersi”
Aldo Carotenuto, “Attraversare la vita”

“Meglio astenersi dal governare il destino degli altri, dal momento che è già difficile ed incerto pilotare il proprio”
Primo Levi, “La chiave a stella”.

“È da se stessi, non dagli altri, che bisogna innanzitutto esigere l’onestà, lo zelo e l’intrepidezza; queste virtù, quando le possediamo cessano molto rapidamente di sembrare amabili se pretendiamo troppo dagli altri”
Li Zhi

“Sai bene che il dolore e la colpa non possono essere eliminati dal gesto di una mano fatata. Le cose che portiamo con noi ci rendono ciò che siamo. Perdendole, perdiamo la nostra identità. Non voglio che mi portino via il mio dolore, ne ho bisogno!”
James T. Kirk

Morpheus: Lo leggo nei tuoi occhi. Hai lo sguardo di un uomo che accetta quello che vede solo perché aspetta di risvegliarsi. E curiosamente non sei lontano dalla verità. Tu credi nel destino, Neo?
Neo: No.
Morpheus: Perché no?
Neo: Perché non mi piace l’idea di non poter gestire la mia vita.
Morpheus: Capisco perfettamente ciò che intendi. Adesso ti dico perché sei qui. Sei qui perché intuisci qualcosa che non riesci a spiegarti. Senti solo che c’è. È tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra, nel mondo. Non sai bene di che si tratta ma l’avverti. È un chiodo fisso nel cervello. Da diventarci matto. È questa sensazione che ti ha portato da me. Tu sai di cosa sto parlando.
Neo: Di Matrix.
Morpheus: Ti interessa sapere di che si tratta? Che cos’è? Matrix è ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità.
Neo: Quale verità?
Morpheus: Che tu sei uno schiavo, Neo. Come tutti gli altri, sei nato in catene, sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore. Una prigione per la tua mente. Nessuno di noi è in grado, purtroppo, di descrivere Matrix agli altri. Dovrai scoprire con i tuoi occhi che cos’è.
* Matrix è un sistema, Neo. E quel sistema è nostro nemico. Ma quando ci sei dentro ti guardi intorno e cosa vedi? Uomini d’affari, insegnanti, avvocati, falegnami…. le proiezioni mentali della gente che vogliamo salvare. Ma finché non le avremo salvate, queste persone faranno parte di quel sistema, e questo le rende nostre nemiche. Devi capire che la maggior parte di loro non è pronta per essere scollegata. Tanti di loro sono così assuefatti, così disperatamente dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo.
* Neo: Cosa cerchi di dirmi? Che posso schivare le pallottole?
Morpheus: No, Neo. Cerco solo di dirti che quando sarai pronto, non ne avrai bisogno.

“Tu puoi essere pacifista fino all’estremo ed essere disposto al martirio per testimoniare la tua fede, ma ti sentiresti di rimanere inerte quando altri che non partecipano della tua fede sono esposti alla violenza? Ti sentiresti di dire loro: in nome di ciò che io credo, tu lasciati massacrare? Non sarebbe questa, a sua volta, un’estrema violenza, per di più rivestita di buoni sentimenti?”
Gustavo Zagrebelsky, “La felicità della democrazia: un dialogo”, 2011

“Da dove ha preso tanti occhi, con i quali vi spia, se non glieli offrite voi? Come può avere tante mani per colpirvi, se non le prende da voi? I piedi con cui calpesta le vostre città, da dove li ha presi, se non da voi? Come fa ad avere tanto potere su di voi, se non tramite voi stessi? Come oserebbe aggredirvi, se non avesse la vostra complicità? Cosa potrebbe farvi se non foste i ricettatori del ladrone che vi saccheggia, complici dell’assassino che vi uccide e traditori di voi stessi?… Siate decisi a non servire più, ed eccovi liberi. Non voglio che lo scacciate o lo scuotiate, ma solo che non lo sosteniate più, e lo vedrete, come un grande colosso al quale è stata tolta la base, piombare giù per il suo stesso peso e rompersi”.
Étienne de La Boétie, Discorso sulla Servitù Volontaria

“Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete di più chi può far perire sia l’anima che il corpo”.
Matteo 10, 28

“La differenza [fra sinistra e destra] è fra chi prova un senso di sofferenza di fronte alle disuguaglian¬ze e chi invece non lo prova e ritiene, in sostanza, che al contrario esse producano benessere e quindi debbano essere sostenute. In questa contrapposizione vedo il nu¬cleo fondamentale di ciò che è sinistra e di ciò che è de¬stra”.
Norberto Bobbio, “La sinistra nell’era del karaoke”

“La misura della vita non sta nella sopraffazione reciproca o nella prestanza bellica, ma nella misura, nella socialità, nella gentilezza e perfino nell’eleganza, che non è una colpa ma una disciplina. […]. Si tratta di scegliere come stare al mondo; con quali idee, quali speranze, quali gusti e quali disgusti”
Michele Serra, Il Venerdì, 1152, 16 aprile 2010

“Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”.
K. Marx- F. Engels, Opere scelte, Roma, 1969, pag. 962

“Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno”.
Atti degli apostoli 4, 34-35

“Lévinas mostra come il nazismo consista nella filosofia dell’asservimento al corpo, nell’accettarne l’incatenamento, nel cancellare ogni esigenza di evasione. L’appello all’eredità, al passato, al sangue, l’idea della società a base consanguinea, annientano la libertà, precludono ogni possibilità di presa di parola, di critica, di scarto, di rimorso, di pentimento. Le idee che legano l’Io lo legano in maniera indissolubile, egli vi aderisce perché scaturiscono dalla sua carne e dal suo sangue, dal suo passato, dalla sua razza. L’Io non ha più il potere di sfuggire a se stesso. E se le idee con cui si identifica completamente, assumendole come la verità stessa del proprio corpo, pretendono in quanto verità di essere universali, malgrado il loro razzismo, la loro diffusione diviene espansione, diventa violenza, guerra, sterminio. L’origine del nazionalsocialismo è da ricercarsi fondamentalmente nella dedizione all’essere, nell’adesione incondizionata all’essere, da cui solo il peso della responsabilità per altri può disancorarare l’io, schiodarlo. La “filosofia dell’hitlerismo” non è un’anomalia contingente, ma si iscrive come una stabile minaccia nella filosofia occidentale, affetta com’è da allergia all’alterità. Senza il superamento di tale allergia, il liberalismo e la democrazia non possono nulla, dato che essi si sono costituiti fondamentalmente per la difesa dei diritti dell’Io, piuttosto che di quelli dell’Altro; si sono attestati a difesa degli appartenenti, dei comunitari, e non dei non appartenenti, degli extracomunitari”.
Augusto Ponzio, introduzione a “Dall’altro all’io” di Lévinas, Roma, 2002, p. 28

“Diretta conseguenza dell’emigrazione di massa è stata la creazione di tipi completamente nuovi di esseri umani – individui che si radicano in idee piuttosto che in luoghi, tanto nelle memorie quanto nelle cose materiali; gente che è stata obbligata a definirsi – perché così vengono definiti da altri – sulla base della loro alterità; gente nel cui io più profondo avvengono strane fusioni, unioni senza precedenti fra ciò che sono stati e il luogo nel quale si vengono a trovare. L’emigrazione comprende la natura illusoria. Per vedere le cose così come sono, è necessario attraversare una frontiera”.
Salman Rushdie, “Patrie Immaginarie”.

“E di nuovo Trimbali avvertì il privilegio della sua cultura – e della sorte che gli permetteva di sapere molto di più, di potersi sentire, in ogni caso, ovunque, come un “io”. Altre volte, parlando con i soldati, lo aveva colpito il senso totale di sradicamento che, allontanati dalle famiglie, e dal paese, sembravano coinvolgerli; quasi una pianta che, strappata dalla terra, dall’humus, in cui era cresciuta, si inaridisce improvvisamente. Sempre lo avevano attratto questi frammenti di vita, questi ambiti così, ancora, chiusi, ristretti. Eppure c’era un’esistenza, in loro; e affetti; amori; passioni, a volte; più forti, all’occorrenza, delle sue, filtrate com’erano dalla cultura, dalla lontananza”.
Mario Spinella, “Lettera da Kupjansk”

Altre citazioni utili per la creazione di un Mondo Nuovo:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/02/13/citazioni-per-un-mondo-nuovo-2/

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