Sergio Romano, “L’Europa è prigioniera della NATO”

Sergio Romano: “L’Europa è prigioniera della NATO”, 10 giugno 2012

Il progetto di uno spazio comune tra Europa e Russia è auspicabile, ma reso impossibile dalla presenza di una NATO strutturata in funzione anti-russa che tiene l’Europa prigioniera della politica USA. Lo sostiene, in un’intervista esclusiva realizzata da Giacomo Guarini e pubblicata in Vent’anni di Russia Sergio Romano, storico, giornalista e diplomatico, considerato uno dei massimi esperti italiani di Russia. Già ambasciatore a Mosca durante gli ultimi anni dell’URSS, oggi è editorialista di varie pubblicazioni (tra cui Il Corriere della Sera e Panorama). Ha insegnato alle università di Milano-Bocconi, Pavia, Sassari, Harvard e della California. Fa parte del Comitato Scientifico di Geopolitica.

Secondo Romano, la priorità della nuova presidenza Putin sarà e dev’essere la modernizzazione economica, per uscire dall’eccessiva dipendenza dall’esportazione di risorse naturali. Tale modernizzazione è una precondizione imprescindibile anche perché il progetto putiniano di Unione Eurasiatica abbia successo.

Commentando i rapporti tra Russia e Cina, l’ex Ambasciatore afferma ch’essi sono eccellenti, ma favoriti dalla comune necessità di arginare la potenza statunitense. Non si può escludere che si tratti solo d’una tregua, e che in futuro la tensione torni a salire. 

Uno dei capitoli su cui Cina e Russia fanno fronte comune è quello relativo a Iran e Siria. Secondo Romano al Cremlino non si desidera un Iran dotato dell’arma nucleare, ma si è consci che una caduta dei governanti a Damasco o Tehran rappresenterebbe una vittoria degli USA. «La Russia – ricorda l’ex Ambasciatore a Mosca – è portata a pensare che ogni vittoria americana si traduca nell’allargamento dell’area in cui gli Stati Uniti sono la potenza dominante. E questo non le piace».

Parlando dei rapporti tra Europa e Russia, Romano ritiene che sia auspicabile uno spazio comune “da Lisbona a Vladivostok”, e che questo progetto sia già proprio alla Germania. Tuttavia, è impossibile realizzarlo «finché esiste una NATO che è evidentemente strutturata in funzione anti-russa»; l’Europa è «in qualche modo prigioniera della NATO», mentre dovrebbe avere «una propria politica estera, distinta da quella degli Stati Uniti».

Lo scudo ABM degli USA è uno dei capitoli più spinosi dei rapporti con Mosca: «Non credo – afferma l’esperto storico e diplomatico – che i russi abbiano completamente torto quando si sentono potenzialmente minacciati da queste basi anti-missilistiche americane».

Venendo ai rapporti italo-russi, Romano non prevede che vi sarà un peggioramento col nuovo governo italiano. Berlusconi «non ha mai messo in discussione veramente la strategia degli Stati Uniti», e comunque Monti ha delle priorità di carattere economico-istituzionale che lo distrarranno dall’intervenire in maniera rilevante sulle relazioni estere.

L’intervista in forma integrale può essere letta in Vent’anni di Russia, il primo numero di Geopolitica.

 

Sergio Romano “spiega” il Club Bilderberg (ma un’immagine vale più di mille parole)

Nelle riunioni del Royal Institute of International Affairs (l’associazione britannica per l’analisi dei problemi internazionali) esiste una regola generalmente nota come la «Chatham House rule», dal nome della casa londinese in cui l’istituto ha la sua sede. Le idee e le opinioni ascoltate nel corso dell’incontro possono venire divulgate, anche negli organi d’informazione, ma non devono essere attribuite alla persone che le hanno espresse.

Lo scopo è quello d’incoraggiare tutti i presenti, e particolarmente quelli che hanno responsabilità pubbliche, a parlare con libertà e persino con spregiudicatezza. Si vuole, in altre parole, che un uomo politico, un alto funzionario, un imprenditore o un banchiere parlino senza le ipocrisie, le omissioni e gli artifici retorici a cui ricorrono quando sanno che le loro parole potrebbero essere lette il giorno dopo sulle pagine di un giornale. Bilderberg è andato più in là.

Nato nel 1954 per iniziativa del principe Bernardo di Olanda, marito della regina Giuliana, il gruppo è in realtà un club costituito da soci che vengono periodicamente rinnovati con il criterio della cooptazione. Coloro che ne fanno parte hanno generalmente un importante profilo pubblico e accettano l’invito tanto più volentieri quanto più sanno di potere contare sulla discrezione dei loro interlocutori. Nemmeno a Bilderberg, ne sono certo, tutti rivelano interamente il loro pensiero. Ma in queste riunioni vi è probabilmente più franchezza di quanta ve ne sia quando tutti parlano sotto gli occhi delle telecamere. So che questo può spiacere a chi pensa che tutto debba essere fatto alla luce del sole. Ma vi sono circostanze in cui la trasparenza e le pareti di vetro favoriscono dichiarazioni generiche, reticenti e inutili, se non addirittura dannose.

La Open Diplomacy (la diplomazia alla luce del sole), predicata dal presidente americano Woodrow Wilson dopo la Grande guerra, si dimostrò nella realtà un’idea difficilmente praticabile; e i primi a farne un uso molto modesto furono proprio gli americani. È certamente vero, tuttavia, che Bilderberg è un club elitario, composto da persone che possono rafforzare, grazie a questi incontri, i loro legami personali e fare magari, con l’occasione, qualche affare. Non giovò al club, per esempio, il fatto che il principe Bernardo, negli anni Settanta, apparisse coinvolto in uno scandalo di tangenti pagate da Lockheed per la vendita dei suoi aerei in Europa. Ma gli errori di un socio non possono giustificare la condanna dell’associazione. Soprattutto in una parte del mondo che è orgogliosa della sua democrazia liberale.

Sergio Romano

Fonte: http://www.corriere.it/romano/

14.06.2012

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